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'r ALESSANDRO IVANOV

ROZANOV
TRA DIO E CAPRICCIO

L,== = E=DIT=OR=E ,-=T=RIE=ST=E


L'A=STE=RI=SCO =~
DIAGRAMMI
della cu ltura e della storia

ll fenomeno Rozanov [u profetiz-


wto dall'amico di Puik.iu, il prin-
cipe P.A. Vjo.zcnt!k.ii, nel suo Vec-
chio taccuino (1813-1877), dove
progettava di !Clriverc una Rcnsia-
de di nuo\'O p;t.nere, non eroica
come quella di M.M. Cherasov
ma un111 Rouiade casalinp;a, quoti-
diana. \lDA specie di csputacchicra:t
(pleool'nica).
Se non che il principe Vjaum.skij
era troppo figlio del teCOio dei lu-
mi, troppo garbato e scettico per
scrivere un tale • libro-pilota ~ da
imbottire con tutte le « minutaglie
della vita :t,
Occorreva che p8.!1!1n!!Se un secolo,
che si mutassero le psicologie indi-
viduali, che cntnasero io crisi e
un maestrucolo di pro\·incin si met-
tcsge a lrosC'rivere quello che chia-
mò il suo {atum, coso fino al suo
esempio inaudita : «Io ho in trodot-
to in letteratura il nlnleriale più
meschino ed effunf'ro, i moti invi-
sibili dell'anima, le rngnatele del-
l'~i!ften7.a •· Seeondo Vl. Pozncr
(Panorama de la littérature nuse
contemporaine, Paris, 1929), egli
vi introdu.<~SC anche la maniera dei
manO!ICritti, le combre d~lla voce»,
le sue intonazioni e i ailenzi .
D suo slj)e è un le<.~uto \-ivente. è
lo «Spirito della Terra :t nelle spo-
glie di un Ferdyben'ko o di un Le-
bjadkin.
Come Proust, come Joyee o in
Woolf, o come 1n moderna psico-
logia delle scuole di Freud e di
Jung, egli ha conl.ribuito a diswl·
ALESSANDRO !VANOV

ROZANOV
TRA DIO E CAPRICCIO

~==L='AS=TER=ISC=O=ED=ITO=RE=·=T=RIE=ST=E=~
DIAGRAMM I
della cultura e della storia
Ed. L'Asterisco . Tries te
© Copyrigth by Alessandro l vanov
ALESSANDRO IVANOV

ROZANOV
TRA DIO E CAPRICCIO

=TR=IES=TE=~J
L==L'A=STE=RI=SC=OE=DI=TO=RE=·=
"Nella Trinità di S. Sergio, sotto Mosca, giace V. V.
Rozanov, che esaurì la sua vita vagabondando dalla Spa-
lernaja al B. Kazacij, dal KazaCij a lla Zvenigorodoskaja
e di nuovo al la Spalernaja ('):
23-1-1919, all'età di 63 anni. 1856-1919 ».
Questa l'epigrafe dello scrittore R. Remizov (') per
il suo amico, lo scrittore V.V. Rozanov.
E il «vagabondando» di Ren1izov va d'accordo col
((vagabondo pensoso>> (3) di Zinajda Gippius e col giu-
dizio che Rozanov stesso scrisse di sè: « Un vagabondo,
un eterno vagabondo e dappertutto sol tanto un vaga-
bondo»(').
Perchè egli fu un fenomeno un ico nell'intelligencija
del secolo XIX, uno spirito inconsistente e proteiforme.
Per Trockij fu addirittura « vermiforme »: «contorto, lu-
brico, viscoso, si accorcia e si allu nga secondo la neces-
sità,( ' ).
Era il meno che un avversario politico potesse dire
di un letterato.
La Gippius se lo ricorda quando dal 1900 li andava
a trovare, lei e suo marito D.S. MereZkovskij, nel Dom
Muruzi, la loro casa sul Litejnyj Prospekt a Pietroburgo.
Là, ''in un'atmosfera da tepidario }) (()), convenivano i
decadenti, poeti e filosofi, a disputare ardue questioni
religiose coi d ignitari del clero e gli esponenti del Si-
nodo, proseguendo i dibattiti che si svolgevano nelle
cosiddette « Adunanze filosofico-religiose » che si tene-

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vano nella capitale all'inizio del secolo: Vasilij Vasil'evic
Rozanov, « parvenu » dopo tredici anni di insegnamen to
ginnasiale in un angolino di provincia, a Elec, era cap.iM
tato là nella primavera del 1893 (nato a Vetluga nel
1856).
Sistematosi alla bell'e meglio, grazie alle cure del
critico N .N. Strachov, dopo aver collaborato al « Russkij
Vestnik », s'era messo a bazzicare nella redazione di
una rivista d'avanguardia come il « Mir Iskusstva >> di
S.P. Djagilev ed era poi passato al « Novoe Vremja »,
giornale di indirizzo governativo d iretto da A.S. Suvorin.
Oltre ai Merezkovskie, aveva conosciuto F. Sologub, V.
Brjusov, A. Belyj, s'era già scontrato con VI. Solov'ev
che l'aveva soprannominato « Judu.Ska », col nomignolo
di Porfirij Golovlév, della Famiglia Golovlev, un altro
Tartulo. Era stata, dunque, preceduta l'opinione di
Trockij.
Se la godeva, stando seduto con una gamba sotto
di sè, sobbalzando fitto con l'altra e scrivendo su un
foglio con una calligrafia minutissima, quasi illeggibile,
cercando di contenere tutto in una pagina, perchè non
gli piaceva voltarla.
Eccolo nel ritratto !asciatoci da Belyj: «Mi sbalor-
dirono le punte tremolanti delle sue dita, come dieci
vermi grassi; afferrava il portacenere, il ginocchio di
Z.H. (') , il m io, chiamandomi Borija (' ) e la Gippius
ZinoCka; sobba lzavano danzando sul posto i suoi ginoc-
chietti, e quanto mai furbescamente sotto il brilllo delle
lenti ballavano i suoi piccolissimi occhi castani » ( 11 ).
V asja, come era chiamato familiarmente, amava con-
vita re con premurosa cordialità gli amici, p.es. il filosofo
Berdjaev, i coniugi poeti decadenti Merezkovskie, i pit-
tori Bakst e Somov, lo scrittore Rem izov, insomma gli
esponenti dell'élite culturale della Pietroburgo di a llora .
Della sua ospitalità così ancora s i ricordava Belyj : «Da
Rozanov le "domeniche" si facevano alla carlona, a lla

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rinfusa, con grande cagnara e allegria; il padrone ospi-
tale scioglieva i nodi; non si provava soggezione nella
sala da pranzo strettina e bianca ... ; V.V. da qualche
parte ai limiti del tavolo, impercettibi le e tranq uillo,
prendendo so ttobraccio ora l'uno o l'altro, chiocciolava
nelle orecchie ... palpeggiava (alcune, di quelle carine, si
lagnavano che desse dei pizzicotti)»( " ).
Ma Rozanov, evidentemente, fu capito da Belyj solo
in modo superficiale, in tono di caricatura, come capita
che succeda ai cerebrali.
Mo lto più s impat icamente, con ben a ltro humour, si
esprime Aleksej Remizov ricordando il primo incon tro
nella primavera del 1905 a Pietroburgo, a lla redazione
della rivista « Voprosy Zizni »: « Diceva qualcosa velo-
cemente e toccava colle mani. E tutti ridevano.
- Rozanov! Ma questo è Rozanov, Vasilij Vasil'eviC!..
- Ròzinov - Ròzinov! - , si presentava V.V., pronun-
ciando Rozi e non Roza, per r eagire al greve Rozànov
della maniera sem inarist ica. E continuava a conversare
con straord inaria partecipazione, s' informava delle cose
più personali. E si vedeva e s i sentiva come le pren·
deva a cuore, senza alcuna indifferenza, niente affatto
solo a parole . Lo notai anche in seguito, Rozanov si
avvicina dritto al la persona, a te, ti guarda direttamente
e senza mai badare agli occhi, ma solo al petto, o al
"piano inferiore" , o alla mano, coglie in te l'intero te
stesso fino ... al gingillino» (").
Col 1900 la Pietroburgo letteraria si faceva invadere
da fo late di letteratura e di cultura occidentale. Si fran-
tumavano le barriere dello slavofilismo e del provincia-
lismo nazionalistico. Dopo tanto gr igiore populistico,
dopo Lavrov, Michaj lovskij , dopo l'imperversare del poeta
Nadson, a parte i «mostri sacri » Dostoevskij e Tolstoj ,
era data via libera finalmente a Sha kespeare, a Oscar
Wilde, a Percy Shelley, a Baudelaire, Verlaine, Huys-
mans, Maeterlinck, agli spagnoli da Tirso de Molina in
poi, auspici i circoli dei decadenti o « modernisti », tra-
mite l'attività di traduttori poeti come K.D . Bal'mont,
come M. Volosin .
Dal Dom Muruzi dei Merezkovskie, dove imperava
la Gippius, sacerdotessa in tonaca bianca, rosario a
grossi chicchi neri e chioma rossa a mucchio scarduf-
fato, come una Messalina di Aubrey Beardsley, alla
«torre» di VjaC.eslav Ivanov, archimandrita della poesia
del momento, allo studio di Fedor Sologub, nella sua
scuola elementare dell'isola VasUij, era tutto un orgiare
di poesia, di esoterismo e di erotismo.
In questo vorticare di raffinatezza, nella delirante
esplorazione delle antiche religioni orientali, nella curio-
sità per le pratiche degli stessi settari nazionali, nau-
fragava il precedente interesse per il popolo sofferente,
per il muf.ik, e il Dio della tradizione ortodossa.
Un'esplosione d·i estetìs1no spinto rapidamente alla
morbosità sembrava dare ragione, purtroppo in ritardo,
alle idee di quel Leont'ev che le aveva preconizzate qual-
che decennio prima.
Rozanov compariva sulla cresta dell'onda, era l'ar-
biter di queste discussioni, dalle << Adunanze» al « Mir
Iskusstva >>, non si sentiva altro che « MereZkovskie, Ro-
zanov >>. Nei circoli ecclesiastici si andava dicendo che
«quelli là>> scuotevano le basi, Pobedonoscev, responsa-
bile del Sinodo, cominciava a preoccuparsi.
Rozanov s'insinuava dappertutto, strisciava, con la
sua statura media, biondo, sternpiato, con la barbetta
gialla e il« nasino ... non troppo bello, nazionale alquanto»
che gli aveva rilevato, in fotografia, l'amico K.N. Leont'ev
C~). Non assomigliava certo a un Brjusov, dalla si lho-
uette alla Félicien Rops. Era l'apoteosi della trivialità,
secondo Belyj: sul suo volto dal colore carota-pallido,
balenavano gli occhiali montati in oro; sulla fronte aveva
un ciuffo di capelli radi e morbidi, « come una cuffia
di clown»("). Un secondo Ferdysenko dell'Idiota.
Soffriva per il suo cognome. «Magari « Rudnev »,
« Bugaev »-scriveva nei suoi Solitaria (Uedinennoe)-
oppure il comune russo « Ivanov »... Per questo le OPE-
RE DI V. ROZANOV non mi attirano affatto. Anzi è ridi-
colo. - Che cosa scrivi, Rozanov? - Scrivo versi. -
Stupido. Meglio se cuocessi pagnotte. Del tutto naturale.
Un simile cognome in naturalmente repellente è stato
dato a complemento di un aspetto miserevole.. Una
faccia rossa. Pelle disgustosa, viscida (non asciutta),
Capelli color fuoco.. e tutti dritti, ma non a nobile
spazzola (carattere maschio), piuttosto come levati in
un'ondata del tutto alla bislacca, quale non ho visto in
altri(").
Belyj scorse soltanto la fanghiglia piccolo borghese
di Rozanov, la sua volga rità ostentata con compiaciu ta
provocazione, gli smaccati ammicchi sensuali, la sua greve
carnalità, la plot', che si poteva ridurre semplicemente
a un pio oppure a un p-p-p-pio(") ; fu solo la squisita
e infa llibile femminilità de lla Gippius che colse in lui
la natura dell'angelo e del demone decaduto, la sua
smarrita vocazione per le chimere.
Ma tale era la sua natura che più s'immergeva nella
mondanità, più diventava un dandy dei salotti intellet-
tuali e dei circoli letterari della capitale e più si rico-
nosceva distante e diverso, presente e assente nello stesso
tempo da loro. Questo isolamento (ricordiamo, n1a con
ben altro senso, Ia «divina solitudo }} di D'Annunzio)
lo faceva savio e bambino, gli donava la felice disin-
voltura di considerare ogge tti usuali della sua curiosità
e del suo gioco immaginoso le grandi idee di Dio, della
morte, del sesso, della sua personalità infine, passando
senza trasalire dal sublime alla più meschina bazzecola
della vita quotidiana. L'eterno diventava di casa nella
sua giornata e gli capitava di frugare fra i fatti e i
problemi del mondo con la stessa sprovveduta sicurezza
con cui lo faceva nei cassetti e negli angoli delle sue
stanze.
Già tanto, tra se stesso e il 1nondo, gli pareva di
non sentire nessuno e quindi non provava vergogna
alcuna a confessare quello che era convinto di essere.
« Mi trovo bene da so lo, e con tutti.. Ma quando sono
solo sono completo, mentre con tutti sono incompleto.
Da solo comunque mi sento meglio .. . perchè quando lo
sono, io mi trovo con Dio » ( 1 6 ) . E arrivava al cinismo:
<<- Perchè non fai che pensare a te? Prova a pensare
alla gente.
- Non ne ho voglia» ( 11 ).
Pensava: «Una donna non mi amerà mai, rlessuna.
Che cosa resta allora? Andarsene in se stessi, vivere
con se stessi, per se stessi (non egoisticamente, ma spi-
ritualmente) per il futuro(") .
Un caso di narcisimo spirituale. Fu anche un ona-
nista, del tipo, sembra, che fosse Leopardi? Ju. Ivask,
nella prefazione alla edizione delle Opere scelte di Ro-
zanov da lui curata, ricordando l'infanzia da questi tra-
scorsa a Kostroma, nella casa materna (una casetta
«che era, come dire - uh! uh! uh! - buia e malva-
gia >> {1 9 ), racconta che la madre soffriva a lungo di una
malattia femminile e costringeva il piccolo Vasja a farJe
iniezioni. I sensi gli si destarono presto e il vizio infan-
tile di cui Gide parla in Si le gran 11e meurt.. gli fiaccò
la volontà( " ). Ma l'amico E. Gollerbach, a proposito
di questa debolezza della volontà e all'indifferenza per
ogni scelta, osserva che si trattava di una deficienza
comune della genialità, qualcosa che compensava il trop-
po intenso sprofond arsi nella coscienza da parte di certe
vivissime individualità (2 1 ) .
Rozanov fu innamorato della propria anima, più
che del suo sesso, e per quanto lo avessero interessato,
pur da dilettante, tutte le anomalie daH'antichità in poi, i
culti fallici della Fenicia, di Babilonia e dell'antico Egit-

IO
to, la p rostituzione sacra, certi rituali degli antichi ebrei,
la pederastia, l'incesto e la sodomia, anteponeva sem-
pre la psiche all'eros.
Da una parte, in Foglie cadute (Opavsie list'ja),
diceva: « Talvolta sento in me qua lcosa di mostruoso.
E ques to mostruoso è la mia pensosità. Allora nel suo
cerchio non entra nulla.
Sono di pietra.
E la pietra è un mostro.
In condizioni di pensosità non potevo far niente.
E d'altro canto potevo far tut to (il " peccato») . Poi
mi rattristavo: ma era tardi. Essa ha divorato m e e
tutto attorno a me >> (2 2 ) .
Dall'altra, nella stessa opera, dichiarava: «Tutti i
miei vizi sono stati o una m inima curiosità dell'intel-
letto oppure <<così », «si è lasciato andare», e, in so-
stanza, immotivati. Ma ( il vizio) non mi ha mai <<morso
sotto le costole)} nè «mi ha fatto girare la testa}) es ).
E ancora : « Ho il prurito dei vizi, non trasporto
per essi, non la loro potenza. E' la porcheriola in cui
rovista il pidocchio ; il fuoco e la foga dei vizi non li
ho mai conosciuti. Perchè io sono tutto quanto som-
messo, << pacatarnente saggio)> (2 4 ) .
C'è un'ambiguità di fondo e forse anche della reti-
cenza. Tipico, questo, di Rozanov che si rivelerà anche
contradditorio e di alquanto dubbia sincerità, sebbene
non sempre. Mo! to da indovin are e da scoprire in lui.
Questo era qualcosa che lo divertiva.
Si trattava di una difesa, per chi si sentiva comun-
que e sempre estremamente solo e senza una forma
definita, come se non fosse nato, ma ancora creatura
uterina.
A proposito della fals ità si permetteva tranquilla-
mente di dire così: "Non mi ha tormentato. E per uno
strano motivo: "Che cosa vi importa di ciò che io esat-
tamente pensi?" "perchè sono obbligato a dire i miei

11
veri pensieri ?". "La mia profondissima soggettività (il
pathos della soggettività) ha fatto in modo che io pas-
sassi tutta la vita proprio come dietro una tendina che
non si potesse levare, non si potesse lacerare". Nes-
suno deve osare sfiorare questa tendina. Là sono vis-
suto io; là sono stato sincero con me stesso.. Dire
il falso - per cui occorre ancora "inventare" e "far
tornare i conti", "costruire", - è più difficile che "dire
ciò che è". E io semplicemente "mettevo sulla carta
ciò che è" : il che costituisce la mia veridicità. Essa è
naturale ma non morale.. Per questo mi è sembrato
spesso (e forse è così) che io fossi il più veridico e
sincero scrittore: per quanto senza alcuno scrupolo di
moralità.
Dio mi ha combinato così" (2:;) ».
Rozanov da una parte si scruta senza tregua, « io »
e « mio )) sono parole che s'incontrano a ogni passo,
dall'altra si confessa con un radicalismo, una smania
di nudità interiore che non s'incontrano nè in S. Ago-
stino nè in Rousseau. Neanche in Tolstoj.
Per la prima volta in Russia si esercitava lettera-
riamente il rito dell'autodenudazione praticato dai set-
tari molokani, Rozanov effettivamente accoglieva il mo-
tivo della «sfrontata verità)) che passa nell'opera di
Dostoevskij dalle Memorie del sottosuolo in poi .
Non ha alcun pudore, nè peli suJJa lingua, parla
con immediatezza, parla crudo e con intento provoca-
torio.
« Dalla giovinezza stessa, perfino dell'adolescen-
za, c'era di continuo in me una fusione della mia vita,
del « fatum », delle idee in specie e soprattutto degli
scritti col Divino « voglio )>. E da qui forse è scaturita
la mia trascuratezza. Ero trascurato per il fatto che una
voce interiore, una incoercibile convinzione intima mi
diceva che tutto quanto dicevo era Dio a volere che
lo dicessi. Non sempre questo avveniva secondo una

12
identica tensione: però certe volte questa fede, questa
conv inzione, arrivava fino a una certa incandescenza .
E ra come se diventassi tutto denso, l'anima si faceva
densa, i pensier i infilavano una ordine particolare e
cc la lingua parlava da sè » . Non sempre in questi casi
c'era una penna sottomano: e allora io scade/lavo in
parole (vygovarival) quanto avevo in animo.. Ma sen·
tivo che in ciò che scodellavo c'era una tale pressione
di forza (d'intensità) che non avrebbero potuto reggersi
m uri, mantenersi ist ituzioni, leggi estranee, anche estra·
nee cc convinzioni ».. . ln tali momenti sen tivo di dire
una verità assoluta e ((p ropr io sotto un ta le ango lo
d'inclinazione come si trova nel mondo, in Dio, nella
((verità medesima ». Però, per lo più, di ciò non si è
preso nota (non c'e ra una penna)» (2(i ). Aveva già detto:
«In me ogni moto dell 'anima si accompagna con lo
scadei/are in parole. E ogni scodellare lo voglio subito
annotare. E' un istinto. Non è nata forse la letteratu ra
(scritta) da questo ist into? Perchè non viene in tes ta
neanche l'idea de ll a stampa : e, d i conseguenza, Guten·
berg è capitato "dopo"»(").
Mette subito le carte in tavola: «Non so nemmeno
se nravstvennost' (''morale") si scriva con la "jat" o
con la "e".
E chi sia stato il bab bino suo io non lo so e chi
la mammina, e se abbia avuto bambini, e quale sia il
suo indirizzo, questo affa ttissimame nte io non lo so)) (2 8 ).
E poi passa senz'altro all'assa lto : c< Non immagina·
tcv i di esser e "più morali" di me. Voi non siete nè
mo rali nè immorali. Siete semplicemente degli oggetti
confez ionati. Una bottega di oggetti confezionati.
Ecco che io prenderò un randello e li spezzerò » (").
Il p iù grande rompiscatole della letteratura russa
c< mostrava la bandie ra )).
Con un a delle tante cont rad di zioni che sono la sua
essenza, passando sopra il disagio di sè, si permette

13
questo dispettoso autori trattino: c< Un tale che si lecca
le labbra ad occhi strabuzzati: sono io.
Brutto?
Che farci»( " ).
Non es ita perfino a rinnegarsi: « lo sono inutile; di
nulla sono così convi nto quanto del fatto che sono inu-
tile(").
Rivolge prima di tutto su di sè il gusto della dissa-
crazione per poi riprendersi, addirittura benedicendosi
da solo: <c La mia anima è impastata di fan go, tenerezza
e malinconia .
Oppure ancora:
« Si tratta di pesciolini dorati , "scherzanti al sole ",
ma messi in acquario, pieno di liquame di scolo. E non
soffocano. Anzi, "meglio così" ... Una cosa inverosimile.
Eppure è così.
Dio 1ni ha dorato tutto .
Lo sento ..
Dio m io, fino a che pun to lo sento» (3 2 ) .
Rozanov dall 'aspetto smaccatamen te russo, dalla vita
senza alcuno « charme», laconicamente riassunta dall'epi-
grafe di Remizov ( s:: ), si inventava, da verme o biscia
strisciante che era, metteva le ali alla « sua >> anima
scrivendo, o meglio, come voleva lui, «annotando » (ante
Gutenberg).
Egli, che da ginnasiale, a Simbirsk, aveva divorato
come un qualsiasi grigio intelligent dell'epoca i pesa n-
tissimi Buckle, Focht e Pisarev, idoli del positivi smo
materialista, avrebbe in seguito fatto questa scoperta
romantica: « Quando, mi sembra a un concerto di Hoff-
mann, sentii per la prima volta la Francesca da Rimini,
pensai: "è l'anima mia" » .
Quel punto della musica dove si sente così chiara-
mente il moto delle ali (sorprendente!!)('"').
Un momento prima gli parve di poter affermare:
« Ecco cosa io non so affatto e definitivamente: "sono

14
qualcosa" o niente? Mi gonfia un certo vigore e allora
sembra che io sia qualcosa». Ma «si svolge il lungo
r otolo>> (PuSkin) e allora risulta «niente>> (3 5 ) .
Un mmnento dopo, però, poteva quasi parafrasare
il Baudelaire dei Poemetti in prosa: << Corro come il
vento, non mi stanco come il vento. - Dove? Perchè?
E infme:
- Cosa a mi?
- Amo le n1ie fantas ticherie notturne. sussurrerò
al vento che m'incontra>> (3 6 ) .
Piccolo borghese « r evolté », atteggiandosi un po' a
voce del sottosuolo, un po' a ju.rodivyj, il santone matto
di certa re ligiosità popolare consueta a Mosca dal me·
dioevo in poi, Rozanov, alla fine dei conti, rin1aneva
al di fuori di ogni cliché, un poeta in cui i pesciolini
d'oro si mescolavano col liquame di fogna .
La sua rivolta investì il tabù del sesso entro un
discorso polemico a pro pos ito della religione cristiana.
Rozanov fu indubbiamente un pensatore religioso,
ma non di quelli consacrati, bensì di quelli ossessio·
nati e progressivamente sconvolti dal problema del di·
vino. Percorse sentieri in cui l'amore e la serenità furono
seriamente minacciate dalle cupe ombre del dubbio,
della disperazione, dell'odio. La sua vocazione di cerca-
tore di Dio sembrò, a volte , iniettata di un filtro di
morte invece che del balsamo della redenzione.
Dapprima Rozanov credette sinceramente all'orto-
dossia. Tuttavia già allora manifestava i dubbi agitan-
tisi nel suo animo. Contrapponeva nettamente l'Occi·
dente all'Oriente: il cristianesimo occidentale era visto
«lontano dal mondo», un « antimondo >> (3 7 ) . Alla luce
dell'ortodossia, il cristianesimo appare a Rozanov come
« pieno di letizia, meravigliosa levità spirituale, nulla
di melanconico o di grave (3 8 ). E ancora: «non si insiste
mai abbastanza sul fa tto che il cristianesimo è letizia
e soltanto e sempre letizia)) ( 311 ).

15
Erano gli anni '90, compresi fra l'uscita del su o
studio cri tico sulla Legge11da del Grande l 11quisitore di
F.M. Dostoevskij (1891) e quella delle raccolte di arti-
coli Religione e cultura (1899) e N el mondo dell'oscuro
e dell'i11deciso ( 1901). Fin da allora, però, Rozanov
avanza cede obiezioni.
Nell 'articolo Nominalismo e cristianeshno, dichiara
che tutto il cristianesimo «si è trasformato in dottrina»,
che il « nominalismo », la retorica, non è un fenomeno
eccezionale, « esso è, appunto, il cristianesimo, così con1e
s i è manifestato nella storia)) ("1°). Qui si legge anch e
che «il cristianesimo non è nemmeno cominciato, non
esiste neppure, e noi lo veneriamo come una leggen-
da» ( 41 ); <<tutto il tormento, tutto il problema terreno
della religione è quello di diventare operante, di real iz-
zarsi» ('' 2 ). Questa difesa di un «realismo» cristiano
dalle pure fonntde caratterizza la dialettica delle ricer-
che religiose di Rozanov. Egli sta scivola ndo verso la
seconda fase del suo pens iero, è già avvolto dai dubb i
relativi al cristianesimo «storico» che si contrappone
a quello autentico e vero : «nessuno ancora h a pene-
trato la profondità de l cristianesimo, e questo, che non
è nemmeno balenato aJI'Occ idente, forse è il problema
originale del genio russo ». Per la prima volta egli con-
trappone la « religione del Golgota » a lla « religione di
Betlemme» (~ 3 ) , che racchiude in sè il cristianesimo,
certo, ma espresso in modo così vitale, e dolce, che
accanto al Golgota, alla sua fa se ascetica, quella della
(( buona novella» appare come una nuova religione eu).
In seguito Rozanov vede senz'altro il Golgota con-
trapposto a Betlemme. Si fa critico del crstianesi mo
storico e il problema della fam iglia si pone al centro
delle sue riflessioni teologiche e filo sofiche.
Egli è ancora « accanto ai muri della Chiesa }} (co-
me intitolò una sua opera in due volumi), se non che
il messaggio del Figlio va impall idendo a poco a poco,

16
perdendo la forza «vita le e dolce " e allontanandosi, per
dar luogo alla religione del Padre, all'Antico Testam ento.
E' da notare che nel primo articolo del primo volume
di Accanto ai muri della Chiesa (1906), che s'intitola
La religione come luce e letizia, Rozanov scriveva an-
cora: «un esame diligente persuade che fra tutti gli
insegnamenti religiosi non c'è concezione più lum inosa
e colma di promesse del cristianesimo (4 :; ). Ma già si
parla di un grande equivoco sorto col momento della
crocefissione, da l sospetto che divenne poi ferma con-
vi nzione secondo cu i il Regno di Dio si ragg iungesse
attr averso le sofferenze. Per il suo tram ite « tutto l'atto
de lla redenzione è trascorso accanto all'uomo ed è pre-
cipitato nell'abisso, nel vuoto» ("' 6 ) .
Oggetto della critica di Rozanov no n è il cristiane-
simo come tale, ma la s ua elaborazione operata dalla
Chiesa. « L'essenza della Ch iesa e perfino del cristiane-
simo, scri ve in altro artico lo, s i è definila come vene-
razione della morte )) {'17 ). Nulla della vita di Cristo, si
legge inoltre, è assunto a ta le a lto e persistente sim-
bolo come la morte. Assimi larsi ai cadaveri, cessare
completamente di vivere, di muoversi, d i resp irare, è
l'ideale generale e grande della Chiesa.
Cristo era morto, ma perchè l'uomo r isorgesse. Dio
era ca lato nelle tenebre de l carcere inferna le perchè
l'uomo ne u scisse. «Ma il prigioniero (attento, le ttore)
che cosa fa? Si siede insiem e a Dio : «anche io sono
con te )). Resta nel carcere. Ecco la millenaria logica
del cristianesimo )) .
Quella corona di spine, quelle sofferenze che Dio
aveva accettato su di sè perchè l'uomo se ne liberasse,
il cristiano se le vo lle riprender e addosso ( « Crocifig
giam.oci con Cris to!») , anzichè imitare l'atto di chi nel-
l'orto di Getsemani pregava che il Padre a llon tan asse
da lui l'amaro ca] ice.
Da q ui quel pessimismo che sta n el supporre ch e

17
l'uomo, dopo la salvazione, resti sempre un peccatore.
Questo dubbio, questa angosciosa domanda è, se-
condo Rozanov, il secondo tranello, un'altra tentazione
diabolica per rovinare l'uomo, facendolo arrivare alJe
aberrazioni fanatiche dell'autobruciamento, dell'inuma-
zione volontaria.
Incredulo di essersi liberato dal peccato originale,
egli continua a morire «dalla paura e dalla tristezza)),
Se gli riuscisse di accostarsi, pur solo vagamente, << alla
colossale scoperta che noi siamo affatto incolpevoli, figli
di Dio, uccelli e gigli di Dio», allora capirebbe l'equi-
voco psicologico di cui è diabolicamente vittima, capi-
rebbe che " l'illusione del peccato crea davvero il pec-
cato» (" ). Rozanov s i rifà ai Fratelli Karamazov e alla
disputa che porta di fronte le due concezioni religiose
del padre Zosima e del padre Ferapont, l'una benedi·
cente e l'altra maledicente il mondo. Ricorda che a
questo proposito Leont'ev aveva contestato a Dostoevskij
una patente falsificazione dell'autentico spirito ascetico
nella figura del monaco Zosima.
Zosima non è che un sogno, accarezzato da Dostoev-
skij nella galera e forse anche da prin1a, mentre padre
Ferapont è ben più verosimile.
La sua mentalità purtroppo, è molto diffusa, sotto
una maschera di modestia e di dedizione all'ideale na-
sconde il demone dell'intolleranza, quello che finisce col
sovraneggiare la ragione, col pretendere di imbavagliare
i Galileo e i Copernico . « Tutta la storia del papato me-
dioevale è la storia di « padre Ferapont ».. una storia
che non è finita affatto nemmeno adesso.. perchè « Fe-
rapont)) è ben lungi dall'essere sconfitto e « Zosima »
è soltanto una fantasia, la personale fantasia di un
romantico e di uno psicologo, ma anche di un grande
credente, di un amatissimo alunno di Cristo» (" 9 ).
Rozanov, che tentava di continuo di concretarsi, di
<< fissarsi » nella vita, e]ucubrò le sue idee filosofico-reli-

18
giose in modo frammentario, asistematico, a lla maniera
dei presocra tici, tracciando in forma mitica piuttosto
che logica il suo pensiero . Per questo esso va giudicato
non tan to sul piano teorico quanto su quello lirico
e ricondotto a quell a intimità individuale che non si
discopre nella saggistica filosofica vera e propria, ma
piuttosto nelle confidenze estemporanee di Solitaria, di
Foglie cadute, dell'Apocalisse del 11ostro tempo, nelle
sue lettere .
Egli si diede a esa ltare la divinità del sesso.
In principio non fu il Logos, ma l'Eros, il sesso. Di o
è sostanza sessuale (") .
« Il legame del sesso con Dio, superiore al legan1e
dell'intelletto, perfino a quello del la coscienza con Dio,
appare dal fatto che tutti gli a-sessua listi si scoprono
anche a-teisti. Questi stess i signori , come Buckle o Spen-
cer, come Pisarev o Belinsk ij , che sul "sesso" non hanno
speso pill parole che intorno alla repubblica argentina,
e che non ci hanno evidenten1ente pensato di più, sono
nello stesso tempo degli ateis ti tali come se mai prima
e intorno a loro non vi fosse stata religione a lcuna. Sono
lettera lmente dei "non battezzati" in un certo senso
strano, particolare. L'essenza della "virata maeterlinckia-
na" dopo 20-30 ann i si concludeva nel fatto che moltis-
sime p ersone cominciarono a "badare a lla radice", a
tutti diventò interessante il loro sesso, il proprio sesso
personale » ( ).51

E di venne chiaro quan to segue.


«Come il sesso "si a lza" e "si abbassa" , e questo
è il suo essere, così, det pari, "si a lza" e si "abbassa"
tutto in noi, nell 'o rganismo nostro, nell'an ima nostra,
nell a vita nostra e per fino nel nostro destino. In tal
modo l'uomo intero è solta nto una trasformazione del
sesso, solo una mod ifi cazione, di quello proprio e di
quello universale ... dato che egli tutto quanto è appunto
costituito di due metà, provenienti da l corpo materno,

19
da quello paterno, separatosi nei loro organi sessuali e
nell'appassionato allo sessuale. Nulla di terzo, nulla vi
è là di non sessuale... E anche quando noi facciamo
o intendiamo qualcosa al di fuori del sesso, « in modo
spirituale», premeditiamo perfino qualcosa di antises-
suale, questo è proprio il sessuale, ma solo che così
velato e trasformato da non potersi riconoscere» ( 52 ).
La metaftsica dell'uomo è concentrata nella meta-
fisica della sfera sessuale. Per Rozanov, nel momento
del coito, l'uomo non solo entra in contatto con Dio,
ma si fa Dio. Gli organi sess uali sono i sacri ricetta-
coli di un seme umano e nel contempo divino. L'Antico
Testamento, secondo lui, svolgeva in pieno la dottrina
della sacralità sessuale del popo lo eletto, secondo la
quale la circoncisione da un lato, e la perdita della ver-
ginità col matrimonio dall'altro, erano i momenti nei
quali la natura umana con1unicava con quella divina.
Questo legame seminale, sanguigno, era quello reale,
il legame spirituale era opinabile.
La santità del sesso determina il sacramento matri-
moniale, fa dei coniugi i testimoni e gJi attori di u n
mistero religioso. Per questo Rozanov avrebbe vo luto che
la luna di miele si trascorresse in piccole celle {l3 ) entro
la chiesa stessa e che delle lampade ardessero a capo
del letto matrimoniale. Esse avrebbero dovuto essere
accese anche nel bagno, per illuminare e benedire la
nudità dei corp i. Bisogna sposarsi appena raggiunta la
maturità sessuaJe e avere quanti più figli possibile, per-
chè essi vengono da Dio col quale gli uomini comuni-
cano durante il coito.
Se Rozanov, dapprima, era incline ad accusare la
Chiesa, e il cristianesimo «storico>> in genere, di una
tendenza alla « condanna » ascetica del mondo, a poco
a poco il suo modo di vedere andò mutando, egli co-
minciò a trasferire i suoi dubbi sull'essenza stessa del
cristianesimo. << Il cristianesimo ha cessato da tempo di

20
essere fermento, lievito », esso « si è depositato )) c;~ ).
« Cristo ha levato l'insegna del Verbo per vincere
per sempre il Fallo e per questo, solo per questo, è
venuto ... E' questo il lato noumenico del Vangelo)). Cioè
nelle sue parole non si coglie alcun erotismo, non si
aspira odor di Venere. «In complesso, dal testo del
Vangelo, deriva con tutta naturalezza il monastero e il
monastero è fanatico avitalismo )).
Ma questo avitalismo è per Roza nov la massima
offesa alla legge di Dio. L'umiliazione della passionalità
e della sensualità vitale è il peggiore sacrilegio. E perciò
Dostoevskij e Leont'ev, l' uno col furore karamazoviano
e l'altro col culto per l'estetica, riproponendo entrambi
la verità del fallo, offeso una volta da Alcibiade nella
notte dell'orgia, ripudiato di nuovo da Cristo, ristabili-
rono veramente Ja fede. Rozanov si dichiara di essere il
loro naturale continuatore, vantando solo maggior deci~
sione e chiarezza di cosciente pensiero, senza ceder e alle
lusinghe di un ''evangelismo>> alla Tolstoj. «Io dico
francamente quello che loro non osavano nemmeno indo~
vinare)) ( 55 ) .
E le sue considerazioni sono queste.
La metafis ica del cri stianesimo consiste nella morte,
nella tomba e nel monastero . La morte è un orrore evi-
dente, immediato, onnipresente. La tomba trasforma la
morte in poesia, nella bellezza della melanconia, del
ricord o, della compassione. Il monastero trasforma la
tomba in tutta una civiltà poeticamente triste, melan-
conicamen te elevata .
La metafisica de l cristianesimo è basata sulla r ealtà
della morte, ci dice che Dio stesso ha sofferto ed è
morto. E' questo il terremoto cosmico p rocl ama to da
ciò che veramente è un «nuovo testamento )) .
Cristo volle rivelare agli uomini, così. infelici nel
loro mori re, che la morte racchiudeva dei mondi nuovi,

21
più dolci di quello creato, ma che per comunicare con
essi bisognava a llonta narsi dalla vita già vive ndo.
L'uomo si diede a provare. E da ll'attrito delle oppo-
ste componenti universali dell 'essere e del non essere,
della vita e della morte «si illun1ìnaron o fosforicamente
in lui tali qua dri , immagini, illusioni, speranze, co m~
passioni, tristezze, d isperazione e crudeltà mista a tene-
rezza, amore confuso coll'odio, per cui davvero ((è morto
l'uomo del Vecchio Testam ento » e ne è nato uno « nuo-
vo>> che solo verbalmente si sottomette a l « Padr e dei
mondi >>, ma in realtà segue tu tt'a ltro: appw1to il gioco
delle vis ioni fosforiche ch e si sono aperte in lui » ( 50 ) .
L'anticristianesirno di Rozanov non è affatto atei-
smo. Egli no n si ribella a Cristo « in toto », ma alla
tristezza, a lla paura e all'autonegazione vol ute da certo
ascetismo radicale.
Se riteneva Solitaria e Foglie cadute le sue cose
migliori per novità st ilistica e acutezza espressiva, il
nucleo del suo pensiero religioso si era manifes tato nella
Met.p:{isica del cristianesimo.
Proibita da principio, ques t'ope ra ven ne pubblicata
sotto a ltri titoli in due volumi: Il V olto Oscuro ( T emn_vj
lik) (1911) e Uomini lunari ( Ljudi lunnogo svela)
(1913).
Il Volt o Oscuro si apre affermando che il più carat-
teristico sentimento cristiano, quell o senza il qua le non
c'è cristianesimo, è la tristezza.
Un c ristiano a llegro è una (( contradictio in a dj ecto »
pari a quella di un q uadrato circolare.
La me lancon ia, l'aspirazione al deserto, a lla solitu-
dine, la preghiera e soprattutto le lacrime, lacrime a
non fin ire, ecco l'essenza de l cristianesimo, che vuole
l'uomo in disperazione, abbandonato al pianto.
Rozanov in tal modo p resci nde da l cristianesimo
sereno e fiducioso de lla <( perfetta letizia )) che supera ]e
più spaventose prove fi siche con l'esuberanza de lle sod-

22
disfazioni interiori, egli considera il caso del monaco
Zosima, ebbro d'amore per tutto il creato, u na ecce-
zione e un paradosso.
Per lui dal Vangelo è sortita solo una stortura, il
tetro umore del Savonarola con tutto l'odio per la «va-
nità » di questo mondo, l'un1ore analogo dei monaci
dell'Athos e del loro discepolo Leont'ev, l'astio del padre
Matvej, confessore di Gogol', verso i sorrisi della poe-
sia, verso l'entusiasm o dei sensi.
Sembra opportuno riportare qui di seguito le parole
del saggio Del dolcissimo Gesù e degli amori frutti del
mondo contenuto ne Il Volto Oscuro.
E' quanto mai illuminante circa Ja concezione roza-
noviana.

23
DEL DOLCISSIMO GESU'
E DEGLI AMARI FRUITI DEL MONDO

«Se noi introducessimo nel Vangelo un b rano della


prosa di Gogol', il più benevolo, il più orientato positi-
vamente per così dire, otterremmo una stridente, insop-
portabile cacofonia, derivante non solo dalla divergenza
tra l'umano e il divino, il debole e il forte, ma da una
differenza di categoria; non è possibile non solo intro-
durre un pezzo di Gogol' in un evangelista, ma nem-
meno nelle lettere di un apostolo. Saulo non si è edu-
cato fino a essere Pao lo, m a si è trasfigurato in Paolo ;
egli non ha app iccicato al rabbinismo di prima un
nuovo germe, mettiamo una testa nuova, la fede di
Cristo, no: egli ha espul so da sè il rabbinismo. In lui il
rapporto è tra Saulo e Paolo: due « io» di vorantisi a
vicenda. Questo avviene a chiunque si rivolga a Cri-
sto, che il nuovo divor i il vecchio. L'apostolo Paolo non
proponeva affatto agli ateniesi : << credete a Cristo oltre
il vostro frequentare le olimpiadi » . In un momento di
riposo, qualunque, di un giorno o di un'ora, egli non
si recò a vedere una tragedia nel teatro greco. Col senso
sottile delle sfumature psicologiche, noi sappia mo fer-
mamente che questo non solo non è stato narrato negli
Atti, ma non è 1nai avvenuto. Paolo a teatro: spettacolo
impossibile! Applaudente gli attori: cacofonia' distr u-
zione di tutto il cristianesimo!

24
Sì, Paolo lavorava, mangiava, sentiva, camminava,
si trovava fra le condizioni materiali della vita: ma ne
era uscito completamente, perchè non amava n iente in
esse, di nulla godeva. Egli trattava la materia solo nel
necessario e nell'utile, conosceva e desiderava solo la
prosa della carne . Cristo era l'unico fio re su di essa,
un n1onofiore, se è possib ile esprimersi così. << Io cam-
mino, mangio, dormo, sento: ma mi delizio solo di
Gesù», può dire di sè ogni autentico cristiano.
Cristo non rideva mai. Non è forse evidente che
tutto il riso di Gogol' era delittuoso in lui come cri-
stiano? Non ricordo se Cristo sorridesse. L'impronta della
tristezza, di una tristezza cinerea , è evidente nel Van-
gelo. Vi sono gioie in esso, ma del tutto particolari,
schematiche, celesti; gioie da un'altezza incommensura-
bile a l di sopra della terra e dell'umanità. Non lascia-
moci ingannare dai « gigli di campo ». Questa, in ogni
caso, non è botanica, nè giardinaggio, nè scienza, nè
poesia, ma solo un o schema, un sorriso sul conto della
terra.
Il fatto è che davvero il Vangelo non è un libro
terrestre, e tutto ciò che è terrestre è oltremodo diffi-
cilmente legabile o per nien te legabile ad esso in un
unico nodo; non legabile se non artificiosamente e tem-
poraneamente. Mi permetto u n piccolo confronto. Hanno
ronzato nelle nostre orecchie le parole : << matrimonio
cristiano))' << famiglia cristiana>>, <<figli cristiani». Che
illusione! Naturalmente nulla di simile c'è s tato nè mai
ci sarà fino a lla fine dei secoli!
Adesso vi propongo di rappresentarvi innamorata
una delle giovani donne del Vangelo o di qualche apo-
stolo, scusate l'ardire. Io chiedo scusa e voi sentite che
dovevo farlo . Perchè? Per l'universale incompatibilità
dell'innamoramento col Vangelo. Non ho letto la Vita
di Gesù di Renan, ma ho sentito sempre dire con parole
di profondissima insofferenza che l'audacia di questo libe-

25
ro pensatore francese aveva osato rappresentare come
innamorato un certo personaggio evangelico. Il gusto di
tutto il mondo, di tulti gli sciami di le ttori del Van~
gelo, sentì in questo un gravissin1o sacrilegio verso la
sua divinità .
Eppure, fra l'altro, apostoli come Pietro e Giacomo
erano sposati. Sì, ma con un matrimonjo particolare,
evangelico.
La chiesa permette ai pretj d i sposarsi, ma con una
qualLmque e subito, senza scelta e innamoramento, cioè
nel loro n1atrimonio tutto consiste in modo che il .fidan-
zato può e deve essere innamorato della fLdanzata non
più che un uAiciale del soldato. I rapport i fra ufficiale
e soldato permangono, non c'è amore; i rappor ti tra
marito e moglie si mantengono nel cristianesimo, ma
l'amore, da cui sembra nascere il matrimonio, viene pas-
sato in esso sotto un silenzio tombale, persino presta-
bi/ilo, fatale, dell'altro mondo. Non c'è nè riso nè inna-
moramento nel Vangelo, e una goccia dell'uno o del-
l'al tro incenerisce tutte le pagine del libro meraviglioso,
« lacera i sipari » del cristianesimo.
Nè Gogol', nè Ja letteratura in genere come gioco,
scherzo, sorriso, grazia, come fiore dell'esistenza umana,
non è affatto concili abile col mano-fiore, il « dolcissimo
Gesù » . E il mondo allora? ulul erò con Merezkovs kij.
E noi allora, nel fi orire giocondo della vita ?
Nel mondo cris tiano si sono insinuati le arti, le
muse, Gogol', la buona tavola, la marmellata. " Questo
è permesso »; ma nessuno aggiungerà: « questo fa bene >>.
La marmellata in genere è permessa: ma non molto
dolce, meglio se guasta, meglio ancora se non ci fosse
affatto; m a se ce n'è, e anche dolce, si perdona .. . Su
questo è fondata la magnanimità crist ia na. Colla reti-
cell a del "perdono», della sua bontà, della condi scen-
denza, il cristia nesimo ha abbracciato una caterva di
oggetti, che non gli accorrevano affatto, infimi al suoi

26
occhi; ha afferrato il « Principe di ques to mondo » e lo
ha trascinato verso la « umiliazion e~~ . Il cris tianesimo è
la religione di una progressione decrescente, una gran-
dezza che sempre si protende e non raggiunge mai:
((Cristo + ancora qu alcosa», ((Cristo + la ricchezza ''•
«Cris to + la Eama », «Cristo + le comodità della vita''·
Ma questo ((qualcosa ''• agg iunto a Cristo, si abbassava
e diJninuiva a misura che si possedeva Cristo. 11 « Prin-
cipe d i questo mondo,, si dissolveva come u n mucchio
di neve, come un pupazzo di neve a primavera vicino
al sole-C risto. I n veri tà , ai cristiani era s tata lasciata solo
la sagoma del << Principe di questo mo ndo ''· della fami-
glia, della letteratura, dell'arte.
Ma ne era stato strappato il nervo, era rimasto un
fantoccio, non un essere vivente. Appena proverete a
dar vi ta a ll a fami glia, all'a rte, alla letteratura, appena
vi dedicherete «coll'anima)) a qualcosa, comincerete fa-
talmente a uscire dal cristianes imo. Di qui i rimproveri
del padre Matvej a Gogol'. Non è perché Gogol' si
occupasse di letteratura. Che Io facesse pure. Ma la
marmellata deve essere ac ida. Gogol' si occupava di let-
teratura con passione, e questo è vietato. Il monaco può
peccare con una fanci ull a; p uò avere un bamb ino, ma
lo deve buttare in acqua. Appena si aggrappa a l bam-
bino e d ice: «Non lo lascerò» ; appena si aggrappa alle
fanciulle e elice : «amo e no n finirò di amare >l, il suo
cristianesimo come tale è finito. Appena la fami glia è
presa sul serio, diventa scherzo il cristianesimo, appena
si fa serio H cristi anes imo, diven ta scherzo la famiglia,
la letteratura, l'arte. Tu tto q uesto es iste, ma non dav-
vero. Tutto questo esis te, ma senza ideale.
Ma che fare allora? dove co llocare questo? D.S.
Mer ezkovskij s 'indigna p er l'aspetto grigio, ambiguo del
cristianesimo, per la sua striatura; una s trisciolina nera,
un a bianca; dolore, m a non eterno; monastero e di giuno,
ma in un bel paesaggio. Si può scrivere l'ode Medita-

27
zione sulla grandezza divina contemplando lo splerzdore
nordico, ma scrivere Il cavaliere di bronzo è peccato.
Che cosa è il colore puro? E' la morte, la bara, di cui
ho parlato in una relazione precedente e che non si
può decisamente estirpare dal cristianesimo. E' la sua
cresta e le quattro zampe.
« Come bara » esso corre avan ti, sulla bara si SO·
stiene. Cos'è il color hianco puro? L'elleno e il gi ud eo
risorto, l'Egitto risorto. Tutti tre in una nuova incar-
nazione luminescente, con certe nuove sfun1ature, ma
in sostanza sono loro. E' la danza davanti all'Arca del
Testamento, (( inneggiate al Signore con le arpe», come
diceva Giuditta. L'elleno è un giudeo tranquillo, non agi-
tato; un giudeo senza profondità. Il giudeo è il tuorlo
di quell'uovo pasquale, il cui guscio e albume sono for-
mati dall'ellenismo; un guscio dipinto, letterario, con
le scritte «Cristo è risorto», con immagini, pittura,
arte: tutta la civiltà ellenica. Ma il guscio con tutte le
sue iscrizioni è fragile, e l'albume è poco nutri ente e
non vegeta. Più importante di tutto è il tuorlo racchiuso
e la macchiolina embrionale, interna ( ... ).
Dio non ha un so lo figlio, Cristo. Ne ha due: il
mondo e Cristo. Il mondo è figlio di Dio, perché creato
da lui.
Ma la Chiesa non fece che nominare il Padre, non
essendo in grado di pensare qualcosa a Suo riguardo;
lo rappresentò come un vecchio, cadendo in aperto antro-
pomorfismo. « Mai e nessuno vide Dio », sono parole
del Nuovo Testamento: « non si può vedere Me e non
morire », disse di sè Dio a Mosè.
E in genere tutti i concetti della Chiesa sembrano
costruiti come attraverso un sogno : qui potete trovare
e uno spiritua1ismo arrabbiato e il più rozzo antropo-
morfismo e perfino del feticismo. Tutto trova posto in
questo edificio eclettico, « mul ticolore>> . Ecco che in que-
sta Inastasi del Padre, di significato solo numerico,

28
rientra appunto il mondo col suo splendore, i suoi ideali,
la commedia, la tragedia, la vita del popolo; il mondo
santo nella sua carne, ma santo non nella carne del
Figlio, ma perché discende dalla carne del Padre. In
questo modo nei limiti del Cristo-teismo, il quesito non
riceve alcuna risposta o la riceve nettamente negativa.
Ma nei limiti della confessione T ri-Ipostatica della Chiesa,
il quesito trova una soluz ione completa e soddisfacente.
Soltanto che Ia chiesa stessa, oltre a una rappresenta-
zione ant ropomorfica e pittoresca, oltre al «rilascio di
un documento di locazione sui generis», non ha fatto
nulla nei riguardi del Padre.
Essa, a dire il vero, dice : <<Creatore del mondo »,
<<Demiurgo» . Ma questi sono predicati astratti. Anche
gli ebrei pregavano il Creatore del mondo e il Demiurgo,
chiamandolo col suo nome proprio, che invero non si do-
veva mai pronunciare, anche gli egiziani e i babilonesi. In-
somma tutti i po poli conoscevano da sempre H Demiurgo
e il Creatore del mondo e un a volta ammessa 1'« lpo-
stasi del Padre )), i dottori della chiesa, per q uanto incon-
sciamente, amm isero in sostanza tu tto il mondo pagano.
Se questo fosse accaduto tre secoli addietro, l'aposto lo
Paolo non avrebbe avuto contro cosa lottare. La sua
lotta, dai più alti punti di vista della stessa chiesa, era
un equivoco. Non c'era alcun motivo reale per trasfor-
marsi da Saulo in Paolo . scuotere il Sinai, posare uno
sprezzante tallone sull'Olimpo e il Campidoglio, dove
sotto nomi angusti, non quelli veri, s'inchina va no alla
vera essenza di Dio; glorificavano nelle creazioni sante
il santo Creatore. Ma l'enigma della storia sta nel fatto
che vi fu appun to Saulo e poi divenne Paolo, e non vi
fu semplicemente un Paolo che aggiungesse alla saggezza
rabbin ica la scienza di Cristo. Resterà sempre un mi-
stero: perchè mai Nicodem o non riconobbe Cristo? Per w

chè non lo accolsero Gamal lei e e in genere i n1iti ebrei,


del tutto simili a i cristiani per tratto spiritua le, vita

29
e carattere? Essi non raccontarono niente a proposito
di questo e nascosero col silenzio il principale mi-
stero del mondo . E se l'avessero dichiarato, non ci
sarebbe stato lo scontro tra il padre Matvej e Gogol'.
Non ci sarebbe stata l'inquisizione, nè lo sterminio degli
incas e dei peruviani per mezzo di essa. Non sarebbe
nato con certi suoi segreti l'ordine gesuitico, fanatico
fino alla pazzia e n1endace come << quarantamila fratelli»,
secondo l'espressione di Shakespeare.
Il mondo si dilatò, e in esso piombò il Vangelo.
Il n1ondo lo accolse, lo accolse con wnore. Il Vangelo
intarsiò il mondo. Ma Gogol' non entra ad intarsio nel
Vangelo; l'amore, l'i nnamoramento non lo intarsiano. Il
Vangelo insomma non si dischiude al mondo, non lo
riceve in sè. Il mondo resta dietro la copertina del
libro celeste. E da esso svanisce il color roseo, esso
impallidisce, appena si accosta a quella copertina.
Gesù davvero è più bello di tutto al mondo e anche
del mondo stesso. Quando apparve, nascose le stelle
come il sole. Le stelle occorrono di notte. Le stelle sono
le arti, le scienze, la famiglia. Non si può negare che
il volto di Cristo tratteggiato nei Vangeli, come noi ne
abbiamo letto, come noi l'abbiamo accolto, è «più dol-
ce», più affascinante della famiglia, dei regni, del potere,
della ricchezza.
Con la nascita di Cristo, con l'accendersi del Van-
gelo, tutti i frutti terrestri divennero d'un tratto amari.
In Cristo si è inacidito il mondo e proprio a causa della
Sua dolcezza. Appena avete assaggiato il dolcissimo,
l'inauditamente e veramente celeste, avete perso il gusto
del pane comune. Chi dopo gli ananas vorrà le patate?
E quando la Sua straordinaria bellezza illuminò il
mondo, l'uomo, l'essere più cosciente nell'universo, per-
dette il gusto per il mondo circostante. Esso divenne
per lui semplicemente amaro, piatto, noioso. Ecco il
più importante evento accaduto con la venuta di Cri-

30
sto. Facciamo un p iccolo confronto. No i s tudieremmo i
principotti medioevali, se non vi fosse s tato Carlo Ma-
gno . Se non fosse esistita l'Ellade, noi, magari, avr em-
mo studiato con la massima attenzione anc he la storia
delle varie tribù mongoJiche. Saremmo s tati attenti al
piccolo e al brutto. In tal modo il mondo cominciò a
naufragare accanto a Cristo. Sopraggiunse il diluvio uni-
versale s ugli altr i oggetti ideali. Ques to diluvio si chia-
ma ap punto cristianes imo . Naufragavano gli « dei », i
« Geova>>, le « Diane»; naufragavano i re lativi ideali
umani dinan zi all' universale ideale celeste. Ed è impos-
s ibile non osservare, che solo a non fissare attentam.enle
Cristo, c i si può dare al le arti, a ll a fam iglia, alla poli-
tica, a lla scienza. Gogo l' dette un'attenta occhiata a
Cristo e buttò via la penna, morì. Ma il mondo intero,
a misura che contempla attentamente Cristo, getta via
tu tlo e ogni suo daffare, e muore. « Ti sarà impossibile
vedere Me e no n mori re » disse Dio a Mosè. Un giovane
di Sa is guardò l'« essere Divino» e morì. Insomma, la
morte e la conoscenza di Dio si richiedono reciproca-
mente in certo qua l modo. Dio non è il mondo. E
appena avete visto Dio, subito cominciate a « andar-
vene dal mo ndo >>, a <<mori re» . Ho notato che il tono
de l Vange lo è tri ste, malinconico, « premortale ». Ma
la tristezza è superiore a lla gioia, più ideale. La trage-
dia è s uperio re alla commedia. Noi adesso siamo tutti
buoni; ma diverremo mi gliori nel mondo della tristezza,
avendo perso la moglie, i figli. Un povero è più bello
di un riccone: anche i poe ti descrivono il po vero. Ma
ch i ha descritto un ri ccone ? E ' un soggetto da satira.
In questo m odo, uno dei masssimi enigm i del mondo
consis te nel fatto che la sofferenza è più ideale, più
es tetica della felicità, essa è più triste e più grandiosa.
Noi ci sentiamo incredibilmente attratti verso ciò che
è triste. Non sta forse qui il segreto del sacrificio reli-
gioso dei bambini a Dio, questo mistero di Moloch mai

31
risolto? Gli uon1ini subivano la tristezza celeste, cerca·
vano di sopravviverle; per questo sacrificavano tutto,
l'importante. ((La rnorte anche prima della morte )>:
ecco Moloch!
Torniamo al nostro quesito particolare. L'univer~
sale inumazione del mondo in Cristo non è il fenomeno
più estetico, il punto più alto della bellezza uni versale?
Non si può intarsiare Gogol' nel Vange lo; non lo si
può, dunque, neanche introdurre nel cristianesimo; lo
si deve semplicemente espellere. Ma non da un punto
di vista terreno, ma proprio da quello monacale, come
un dolce morire in Cristo. Questo trattiene la fine uni-
versale. In genere tutta la storia, il costume, le can·
zoni, la letteratura, la famiglia, sono dei freni, ormai
deboli, freni dell'incenerimento universale di tu tte le
cose in Cristo~rnorte. La morte, ecco il sommo dolore
e la dolcezza son1ma. Nessuno ha con1preso i n1isteri
della morte. Essa corona le sofferenze e nelle sofferenze
sta il languore di un'estetica segreta. Tragedia delle
tragedie. Da questo punto di vista Cristo è il Volto
tragico che come sempre si rivela all'uomo : e noi
non sappiamo che tutto questo è il divino, e appun to
non lo sappiamo, per quanto ancora vivian1o, dato che
la vita è «l'altra parte>>, il (<rovescio d i Dio ». Tentano
di identificare la morte con la nascita. E' possibile. Ma
perchè, per esempio, non identificare la nascita con la
morte?
Quando l'uomo è nato, in sostanza è morto; l'utero
materno è una tomba, già il mio inizio è passaggio alla
morte. Il fatto è che il « qui » e il <( là » son o separati
da un abisso, come il (<sotto» e il (<sopra», l'(( ester-
no» e 1'« interno». E che da una parte si metta qual~
siasi cosa, qualsiasi termine o segnacolo si tracci, sul~
l'altra toccherà apporre il termine opposto. Il <(Inondo»,
1'« esistenza », la «nostra vita» non sono cose divine.
O viceversa: il «mondo», l'(< esistenza», la« nos tr a vita»

32
sono cose divine; allora la « b ara >>, << dopo il decesso »,
l'« altro mondo» sono cose demoniache.
Ma è evidente che Gesù è << Quel mondo » che sta
soggiogando <<questo» , il nostro, e l'ha già soggiogato.
E i predicati ad esso, da qualsiasi direzione ugualmente
possibili, li potrete scegliere ad occhio voi stessi. La
chiesa ha sempre considerato Cristo come Dio e << eo
ipso » è cos tretta a considerare il mondo, la nostra
esistenza, la nascita stessa, senza parlare delle scienze
e delle arti, come cose demoniache, « situate nel male ».
Così essa si comportò. Non nel senso che qualcosa
debba migliorare, ma semplicemente che tut to debba
essere annientato (relazione letta nell a Società filoso-
fico-religiosa di Pietroburgo, nel novembre del 1907) (" ).

Di Uomìni lu nari Rozanov diede una spiegazione


all'a mico critico N.N. Strachov in una nota a una sua
lettera dell'aprile 1892.
Alla osservazione di costui che in Leont'ev si com-
binavan o in n1odo incredibile intelligenza, squisitezza di
gusti e omossessualità, rispondeva che nel mondo antico
tale fenomeno era considerato del tutto naturale e Pla-
tone, anzi, gli aveva dato una spiegazione filosofica e
religiosa, essendo lui stesso homo utriusque sexus. Per
influenza della Bi bbia, che aveva proclamato l'abominio
di Sodoma e Gomorra, un sipario di ferro calò a na-
scondere quel fenomeno a ogni comprensione, senza
che per questo esso cessasse di manifestarsi.
Passarono secoli e secoli in cui ogni sorta di dif-
famazione si rovesciò sulla sodomia, considerata peg-
gio del parricidio e dell'infanticidio .
Fino a che Weininger non scoprì l'esistenza di donne
dal bacino stretto, cioè maschile e p ertanto impotente
a generare. Cosa restava loro da fare e chi erano insom-
ma? Restava tu tto quello che si faceva ma non si chia-

33
mava per nome. La sodomia uscì dalla coltre notturna.
Rozanov ammette di aver letto Weininger, n1a « fino
al bacino stretto», il resto lo indivinò e lo riconobbe
come ovvia conseguenza delle osservazioni fatte da un
sodomita quale senza dubbio doveva essere, secondo
lui, lo scienziato viennese.
Scrisse Uomilli lunari in modo del tutto differente
da Sesso e carattere. La sua opera permise che « i feno-
meni più elevati, del più straordinario valore universale,
accogliessero nella loro <<radice>>, nel loro <<germoglio»,
quello stesso fenomeno « maledetto » dai tempi di Sodo·
ma e Gomorra al cui significato positivo e benefico nes-
suno ancora aveva mai pensato ».
Chi sono gli « Uomini lunari »? Rozanov li chiama
Uomini del mistero, Uomini dell'inconfessabilità, i maghi
e i sacerdoti dell'umanità, i suoi condottieri, i legisla-
tori, i profeti. Ne fecero parte Socrate e Platone, Raf-
faello, Michelangelo, Leonardo da Vinci, Shakespeare e,
«in parte», Goethe. La nota a Strach ov si concludeva
con la compiaciuta sicurezza con cui Mac hiavelli accom·
pagnava la sua «scoperta» della politica e delle sue
leggi: "Io scrivo questo del tutto apertamente, perchè
senza dubbio, in un futuro vicinissimo, si dovrà iniziare
la rivalutazione di questo fenomeno dal significato co-
lossale; esso dovrà ricevere altre misure, altre leggi,
altri pensieri su quanto semplicemente lo riguarda». Ro-
zanov non dimen ticava però che di fronte agli « uomini
lunari», col loro platonismo, l'estetica, J'eroismo, le
stelle, stavano gli altri, gli « uomini solari», quelli che
badano alla realtà, e lavorano, fanno famiglia e figli e
producono il pane senza il quale i « lunari » non potreb-
bero neanche esistere.
Se Leont'cv, col suo esclusivo appello romantico
alla « musica>}, era unilaterale, lo era altrettanto Stra-
chov quando si limitava a giustificare, a riconoscere il
buon diritto degli « uomini solari >> e a disprezzare gli

34
altri, i «viziosi))' perchè con questo «seppelliva l'eco
della di vina parola ellenica»(" ).
Rozanov insiste su ll 'idea, quella poi, di Weini.nger,
che il sesso sia un fenomeno instabile, parla delle sue
«tension i oscillanti )), di « vibrazione>> ( vibrirovanie) del
sesso fra i due poli della massima maschilità e femmi-
nilità e considera la fase in cui queste si equilibrano
come la soglia della sodomia, soprattutto di quell a spi-
rituale, « da cui è sorto l'albero che coi suoi rami ha
coperto tutta la terra e dai cui frutti si nutrono le
an ime di tutti i popoli >>.
Questo androgini smo spirituale ha generato l'atteg-
giamento ascetico, l'abnegazione dalla concupiscenza.
Sta tutta qui la differenza tra potenza e indifferenza
sessuale.
Tutto questo, il « piace >> e il « non piace » , penetra
l'uomo fino al mjdollo delle ossa, fino all'ultima vescica,
alla più piccola arteria; avvolge il suo cerveUo, Ja sua
vista, il suo udito e l'olfatto.. L'occhio del sodomita
spirituale è un altro, la stretta di mano è un'altra. Il
sorriso è tutt'altro ..
Se volete. egli è il terzo uomo vicino Adamo ed
Eva; in sostanza è quell'« Adamo ))' da cui non è uscita
ancora Eva; il primo Adamo compleLO.. Egli è una
formaz ione devoniana .. .
Per quanto ce ne siano pochi su11a terra a ogni
epoca, la loro opera , a cominciare dai due saggi della
Grecia, Socrate e Platone, è incommensurabi le, e non
solo è stabile, è anche eterna( ") .
Il sesso era argomento di comicità faceta nell'antica
letteratura popolare.
Divenne dramma in Padre Sergio e pornografia nei
romanzi di Arcybasev e della Bresko-Breskovskaja.
Rozanov lo divinizzò e scandalizzò le orecchie abi-
tuate alla discussione religiosa tradizionale, impaluda-

35
tasi nelle discettazioni sofisticate del Dom Muruzi e
della Torre.
Se Leont'ev introdusse il culto della donna fino a
spaventarsi della sua Confessione di un uomo, come di
una cosa bellissima ma alquanto depravata, Rozanov
introdusse il culto del sesso, scoprendo le opere di Wei-
ninger e di Krafft-Ebing.
Aprì le finestre alle più stimolanti ventate della cul-
tura europea, dalla problematica esistenzialista di Kier-
kegaard alla rivolta anticristiana di Nietzsche, quando,
per sua ammissione, gli era sfuggito da ll 'anima quell'ap-
pello al la « felicità della follia » a cui di lì a poco sareb-
bero seguiti « e il decadentismo, e il misticismo, e la
tempesta, e la nostalgia, e Nietzsche, e tutto, e l'Anti-
cristo!» ( 6 {1).
Ci si domandava per chi stesse Rozanov, così am·
biguo e contraddi torio nelle sue uscite, se per Cristo
o no.
Ci fu chi rispose che nell'anima cristiana ci sono
due metà, una rivolta alle suggestioni terrene e l'altra
prostrata ai piedi del salvatore: quest'ultima in Rozanov
dormiva.
Questi, però, non aveva « metà », non conosceva
separazioni nette nè assiomi.
Nella XVII ad unanza filosofico-religiosa del 1903,
ricordando il monito di Cristo circa i gigli di campo
che non hanno vesti, avvertiva: « Nei 33 anni della vita
del Salvatore le aeree sfere nebulose sembra si siano
calate sulla terra e cielo e terra sono venuti a con·
tatto sensibilmente, direttamente. Ma l'uomo non si
accontentò di ques to. Volle delle vesti. Pretese diven-
tare più bello di quei gigli evangel ici, dei pescatori Pie-
tro e Andrea ( ... ) . Così, disubbedendo ai moniti del
Salvatore circa i gigli e gli uccelli, i cristiani tra il IV
e il VII seco]o si misero a cucire canovacci di dogmi.

36
I pescatori di Galilea Pietr o e Andrea cedettero il posto
agli Ori gene e ai Clen1en te.
Il cristianesimo germogliante cominciò a diventare
pietroso : in apparenza più duro, ma non vivo» ( 61 ) .
An1biguità e contra ddizione sono i fermenti della
spiritua lità di Rozanov. Non per niente si è potuto
no tare in lui qualcosa di strisciante e di alato.
« Biscia alata» lo ha chiamato Ju. lvesk.
Non poteva essere altro che solo, fa rsi consapevole
della sua solitudine ed esaltarla come la sua esclusiva
nobiltà: « Il mio Dio è la mia infinita intitnità, la mia
individualità infinita. L'intimità assomiglia a un imbuto,
oppw·e anche a due. Dal mio "io " sociale>> parte un
imbuto che si rest ringe fmo a un punto. Attraverso
questo punto a pertugio passa solo un raggio: da Dio.
Da questo punto parte un altro imbuto, che ora non
si rest rin ge più, ma si allarga all'infinito; questo è Dio.
« Là è Dio >> . Così ch e Dio è

l) sia la mia intimità


2) sia l'infinito, nel qua le il mondo stesso è una par-
te(" ) .
Tutto in lui è doppio, tutto è fatto per confondere
e ha effettivamente portato ai giudizi più opposti su
di lui. Non consiste mai in una posizione, è inafferra-
bile alle formule.
Dappertutto si nota un continuo gioco di duplicità
e di equi voci : Dio e Cristo, Cristo amato e odiato, ses-
sualità spirituale e terrena, normale e anormale, Gogol'
e Tols toj accettati e messi a lla gogna.
E' un anarchico della re ligione e della le tteratura,
nell'uno e n ell'a ltro campo h a celebrato il sommo e
l'eterno coinvolgendo le « s ue cose >>, la quotidianità più
effimera la sua suscettibilità più arbitraria, l'impressio-
1

nab ilità più volubile, secondo il dettato di un'incostanza


incoercibile, prendendosi il lusso di sfidare ogni auto-

37
rità precedente con l'incessante morso della sua in1prov-
visazione.
Penava perchè Cristo non rideva, non sorrideva, non
prendeva 1nai la lira e la zampogna, perchè dalle gioie
evangeliche era bandita quella corporea; ma con tutto
questo sentiva l'incanto individuale di Cristo, si acco-
stava ai suoi lineamenti più segreti.
Ne sentiva la necessità dubitandone e negandolo,
come Dostoevskij, del resto.
Il loro era un amore mistico davvero, come quello
che si stabilisce inconsapevolmente fra certe persone,
fra Satov e Stavrogin, per esempio, fra AleSa Karama-
zov e lo starec.
Rozanov sente Cristo profondamente, ancorchè non
lo colga razionalmente e segue Dostoevskij in questo lega-
me viscerale col Salvatore.
Infatti chi negava il Cristo del dolore e del pianto
fu quello che comprese benissimo la sua intima verità
e la poesia di questa verità, fu quello che lo rico-
nobbe unico consolatore di cer ti momenti, il compagno
dell'estrema sohtudine, il miracolo in potenza da invo-
care oltre ogni negazione della materia e della realtà
positiva.
«Ecco la vittoria del cristianesimo. E' la vittoria
sul positivismo. Tutto il mondo antico, con tutta la
sua bellezza, era tuttavia positivo. Ma la malattia tra-
passò il positismo, lo lacerò : «Voglio il miracolo! >>.
Questo squarcio è appunto Cristo. Egli piangeva.
E solo alle lacrime Egli si rivela. Chi non ha mai
pianto non vedrà mai Cristo.. Cristo è le lacrime del-
l'umanità, allargatasi in uno strabiliante racconto, in
un evento strabiliante>> ( 63 ).
Rozanov per tutta la sua vita svolse un lungo e
stravagante racconto, espresso dapprima in saggi e arti-
coli alla maniera tradizionale e pervaso poi dal demone
della doppiezza.

38
Se da una parte l'esaltazione della divinità del sesso
lo portò a riconoscere la santità del matrimonio e della
famiglia, in cui i figli nascono « da Dio » attraverso
l'atto dell'accoppiamento, d'altro canto lo interessarono
tutte le anomalie del cul to fallico, dalla prostituzione
sacra degli an tichi egizi all'omosessualità degli elleni, al
narcisismo. S'era sposato due volte, la seconda in segre-
to, dato che la prima moglie non volle concedere il
divorzio; aveva avuto ci nque figli.
Lo entus iasmarono le famigli e patriarcali dell'An-
tico Testamento rigogliose di figli, amm irò il Dio tribale
del popolo eletto benedetto nella fecondità, ma questo
filosemitismo legato puramente a una sua arbitraria
mitologia sessuale non gli impedì di esprimere de11'an-
tisemitismo politico in certi articoli sul« Novoe Vremja >>
che dovevano procurargli la simpatia dei circoli razzisti
de11a cos iddetta "Alleanza del popolo russo»(" ).
Il suo antisemilisn10 e la glorificazione dell'auto-
crazia imperiale non erano poi tanto ortodossi se nel
1905, di colpo, manifestò le sue simpat ie per la rivolu-
zione e, pur continuando a scrivere sul « Novoe Vremja »,
si diede a co11aborare, so tto lo pseudonimo di V. Var-
varin, nel giornale progressista « Ru sskoe Slavo», inneg-
giando all'anarchia e perfino al terrore rivoluzionario.
In seguito ritornò alle idee reazionarie, al l'antise-
mitismo, divenne tmo sciovinista acceso nel 1914; il Di-
ciotto co] suo sconquasso, gli sembrò un sipario di
ferro calato fragorosamente sulla Storia Russa : la gente
avrebbe vol uto rimettersi le pellicce e tornarsene a casa,
ma <<non c'erano nè pellicce nè case» ( 65 ) .
Nel lungo racconto che si srotolò per gran parte
dei suoi anni ci fu molto astio, molto affanno e dubbio.
Capiva la minaccia della morte e ne aveva paura.
<< Il ventilatore fischia nervosamente ma senza dar fasti-

dio nel piccolo corridoio : sono scoppiato (quasi ) a pian-


gere: << ecco, voglio ancora vivere per sentirlo, e soprat-

39
tutto l' "amico" deve vivere ». Quindi un'idea : « passi·
bile che lui (l' "amico"), all' "altro mondo", non senta
il ventilatore?» : e la sete dell'immortalità mi afferrò
per i capelli così che io, per poco, non mi accoccolai
per terra >> ( 66 ) •
Allora viveva il proprio Getsemani, soffriva dialet-
ticamente, da uomo moderno, da psicopatico, la propria
fede ed esitando parlava con Cristo: «Davvero Tu ordini
di non aver paura della morte? Signore: davvero sei
Tu? Vieni nelle notti in cui l'anima è così orribilmente
triste» ( 67 ) .
Fino all'ultimo lo tormentò il d ubbio circa la mis-
sione di Cristo fra gli uomini.
« Se è così: ed egli è venuto a consolare nella sof-
ferenza, che non si può evitare, non si può vincere,
soprattutto in questo orribile tormento della morte e
del suo approssimarsi ..
Allora tutto si spiega. Allora Osanna ...
Ma è così? Non lo so»(") .
E nel 1918, poco prima di morire, nell'Apocalisse
del nostro tempo, concludeva una tetra meditazione chie·
dendosi: <<Signore Gesù. Perchè? Sei venuto a turbare
la terra? A turbare e a esasperare?» ( 69 ) .
Fino all'ultimo discusse su uno degli argomenti più
cari alla letteratura russa pre·rivoluzionaria: la Russia.
Anche in questo caso ora odiò e disprezzò la « Rus·
sia non lavata» di Lerrnontov; l'oziosa Russia di Ob·
lomov, la maialesca, ora vide nei russi degli artisti per
natura, deboli pensatori ma narratori meravigliosi, in·
somma dei «simpatici fannulloni» (Foglie cadute).
Essi si abbandonano agli innussi estranei. Ma quanto
più tale abbandono è disinteressato «fino al suicidio»,
tanto più misteriosamente esso agisce con forza mag·
giare su quelli verso i quali è r ivolto(") .
Durante la rivoluzione, in una lettera a Goll erbach
( 26 ottobre 1918), incitava ad amare la Russia male-

40
della e amata « .. .fino al tormento, fino al tormento
della propria anima» (").
Fino all'ultimo s'interessò degli ebrei e si riconciliò
finalmente con loro in nome della loro povertà, per la
quale essi amavano il loro ghetto, vi si riscaldavano e
si difendevano come in un piccolo nido (gnezdysko),
ricercato dallo stesso Dio, non il Dio dell'Universo, ma
quello che più piaceva a Rozanov: proprio il « Dio del
piccolo nido ».
Infatti la più tenace alternativa alla paura della
morte restava per lui l'intimità, quella familiare, che
aveva una immagine concreta nella casa.
Lasciava questo tes tamento agli adolescenti: « La
vita è la casa. E la casa deve essere calda, comoda e
rotonda.
Lavora per la « casa rotonda >> c Dio non ti abban-
donerà nei cieli » (7 2 ).

Quanto si può credere alla chiacchierata di Ro-


zanov?
Essa combina in sè una buona dose di virtuosismo
letterario, secondo quanto acutamente ha osservato Sklov-
skij nel suo saggio (Petrograd, !921), ma anche una
buona parte di bisogno umano a rifletters i nelle p arole
compiacendosi semp licemente di queste, con la s tessa
ingenuità o beata sconsideratezza con cui uno si diverte
a fare delle boccacce davanti a uno specchio, per vedersi
come può essere, per qualche occasionale raptus di estro
mimica in cui la fantasia si svaga.
Era attentissimo alla Jibera musica dell'ispirazione.
Gli importava cogliere gli atomi del suo presente;
con una testimonianza d iretta che s i ri chiama a volte
a lla comunicazione giorna listica, a volte a q uella ep isto-
lare, a volte agli appunti da taccuino, Rozanov attua

41
la sua rivoluzione letteraria scompaginando il modello
tradizionale del libro, sostituendolo con un fascio di
fogli o meglio di « fogl ie» come lui preferì chiamare
le sue pagine, a partire dall'apertw·a di Solitaria (Uedi-
nennoe) .
« Il vento rumoreggia a mezzanotte e rapisce le
foglie ...
Cosi anche la vita nel tempo precipitoso strappa
dall'anima nostra appelli, sospiri, semipensieri, semisen~
timenti... i quali, come frammenti fonici, hanno il signi-
ficato di ({essere colati » direttamente dall'anima, senza
elaborazione, senza meta, senza premeditazione, senza
nulla di estraneo... Semplicemente « un'anima vive » ... ,
cioè « viveva », « sospirò » ..
Da tempo remoto questi « appelli improvvisi » mi
piacevano non so come. Propriamente essi colano in noi
senza sosta, ma non si fa a tempo (manca la carta sot-
tomano) a trascriverli, e m uoiono. Poi non si possono
ricordare più. Tuttavia sono duscito a fissare qualcosa
sulla carta. Tutte le trascrizioni si andavano ammuc-
chiando. Ed ecco che mi sono deciso a raccogliere que-
ste foglie cadute • (").
Le due ultime parole sono riprese nel titolo della
seconda opera pienamente rozanoviana, dove l'autore
continua quelle prove di anarchia narrativa che rinno-
vano con forme e materiali insoliti convenzioni lette-
rarie ormai logore.
Solitaria uscì in prima edizione a Pietroburgo nel
1912 (").
Foglie cadute (Opavsie list'ja) uscirono in una pri-
ma parte a Pietroburgo nel 1913 (una ristampa sarebbe
uscita a Berlino nel 1929) e in una seconda a Pietrogrado
nel 1915. Le due parti si chiamavano «cesti, (koroby).
Complessivamente si tratta di un'opera narrativa in
tre volumi evidentemente anticonformista, da l tono di

42
manoscritti «ante Gutenberg }}' << del tutto nuovo dopo
tutti i secoli della stampa» (Solitaria).
L'autore vi si muove a suo completo agio, con estre-
ma scioltezza ricorre alle immagini pila ba na li del rea-
lismo quotidiano: (( sono sceso di un gradino rispet to
alla «stampa » solita (pigiama, brache) - e mi sono
calato « nudo come in bagno », cosa che non mi è stata
difficile» .
Demitizzazione del ruolo di scrittore. E subito, senza
pause, r ientro nel mito e, fra un'alternanza di immagine
ed en fasi biblica e un ritorno al realismo domestico
caro per un ricordo infanti le, ecco l'acrobatico balzo
verso una inattesa consacrazione: « Sta qui, in fin dei
conti, quel mistero (che confina con la follia) per cui
io parlo con me stesso .. . « Vento furioso intorno » re-
spira da me e accanto a me, - e non si vede niente,
nessuno mi vede, << noi col mondo non ci conosciamo ».
Davvero uno stecco fumigante (spesso da bambino lo
levavo dalla stufa) - mi assomiglia: non lo si vede
affatto, non si vedono le pinze con cu i lo si tiene.
E il Signore mi tiene con le pinze. « Il Signore
ha fumigato per mezzo mio nel mondo }} ,
Può darsi».
TI oezzo finisce con l'annotazione: (Notte) (7° )
Rozanov usava annotare a volte l'ambiente o il mo-
mento in cui gli era venuta in testa una certa idea .
Per esempio: « occupandomi di numi smatica », « in car-
rozza}>, « in attesa al tribunale distrettuale>}, «a notte
tarda e sempre», « quando avevo il mal di pancia . In
giard ino », « in water - closet».
Voleva con questo confutare il sensistico cc nihil est
in intellectu, quod non fuerat in sensu » e sottolineare,
parodiare la scoincidenza fra la vita interiore e l'este-
riore, celebrare l'autonoma ricchezza dell'anima che se~
condo 1ui proveniva da Dio e dalla nascita .
Ecco un esempio: Soffre D(io) per noi? Prova D(io)

43
del dolore per l'uomo? Prova D(io) in genere il dolore?
secondo le «proprietà>> dell'esistenza divina (vedi la
scolastica). (llado a procurarmi denaro) (").
Da questo punto di vista, Rozanov operava anche
lo << scoronarnento », per dirla con Bachtin, della no-
biltà e della eccentricità di certi spunti del suo umore
confrontandoli con la banalità dell'occasione. Ecco an-
cora: «Tutti immaginano che l'anima è una sostanza.
Ma perché non è della musica? E ne cercano le «pro-
prietà >> ( « proprietà di un oggetto 1>). Ma perchè non
può avere semplicemente una struttura?
(Bevendo il caffè la mattina) (" ).
La banalità con Rozanov riceveva cittadinanza let-
teraria, le cure e i trastulli della vita di casa, le per-
sonali « comodità >> scoprivano i loro pregi poetici.
Rozanov ostentava di assaporarli, parodiando, per
esempio, la predica profetica: « O genti, volete ch e vi
dica una verità tonante, che nessuno dei p rofeti ha
mai detto? ..
- Beh? Beh? ... Mm ..
- E' che la vita privata è superiore a tutto.
- Uh- uh- uh! ... Ohi- ohi- ohi! .. Ohi, ohi!
- Si, si. Non Jo ha detto nessuno; io, per primo ...
Semplicemente, starsene seduti a casa e magari fru-
garsi nel naso e guardare il tramonto ... » {1 9 ) .
Rivendicava la legittimità della letteratura « da cu-
cina » con quest'altro schizzo senza riguardi: « Il n1io
registro da cucina (dare -avere) vale le Lettere di Tur-
genev alla Viardot. Un'altra cosa, ma pure un uguale
asse del mondo e in sostanza un'uguale poesia .
Quanti sforzi! Quanta cura! Quanto spaven to di non
passare il «limite»! e quanta soddisfazione q u ando a l
« primo del mese >> i conti tornavano » ( 80 ) .
Al processo di r iduzione a domestico e q uotidiano
veniva sottoposto anche Dio, concepito nell'intimità di

44
una conversazione fam iliare, seppu re col giro di un
ritratto verbale de licatamente stilizzato.
In una stessa pagina il tema è ripreso in questi
tre n1omenti:
« Temo che mi punirà? No. Che darà u na vita fu-
tura? No. Che mi stia torturando? No. Che per mezzo
Suo io esista, sia creato? No.
Allora cos'è per mc?
E' la mia tristezza eterna e la gioia. Particolare,
ta le da non rifer irs i a nuiia ».
E a llora Dio non è forse « il mio un1ore ))?
Io amo chi mi costringe a essere tr iste e lieto, chi
paria con me; chi mi rimprovera e mi consola.
E' Qualcuno. E' il Volto. Dio per me è sempre« lui ».
Oppure ''tu"; è sempre vicino» ( 81 ).
La sua, chiamiamola pure, ideo logia, fondata sui
temi d i Dio, del sesso, del mat rimonio, de lla famiglia,
de lla casa, della coscienza, dell'inclinazione allo scrivere,
della Russia e della sua letteratura, dell' importanza del
momento presente, i fatti della sua vita privata, tu tto
questo eterogeneo complesso di motivi una volta pas-
sato attraverso Ia sua coscienza ha perduto Ia normale
coerenza espositiva di un'opera di pensiero, il suo spes-
sore, e no n mantiene nemmeno il fil o d i u na storia,
come s iamo soli ti a leggere, pur conservando qualcosa
de ll'una e dell'altra.
Tutto è stato fra ntuma to e messo sottosopra, senza
riguardi. Con tale terremoto del selciato narrativo ch e
portava allo scoperto materiali nuovi, con i b izzarri
straniamenti de l pensiero, col gioco dei contrasti, Ro-
zanov imboccava una via letteraria affatto nuova.
La rappresentò così: << Traverse di velte. Ghiaia. P ie-
tre. B uche.
- Che cos'è? Ri parazione del selciato?

45
- No, sono le « Opere di Rozanov ».
E per le rotaie di ferro corre sicuro il tram. (Sul
Nevskij, riparazione)"(").
In una sola facciata (dal primo volume di Foglie
cadute) s'incontra un sospiro lirico: «Qualcosa di Oscu-
ro mi taglia, mi taglia qualcosa di Nero. Che cos'è?
Non lo sa nessuno ».
Segue un frammento di confessione: « Nel n1ondo
sono stato sempre osservatore, ma non partecipe. Da
qui una simile malinconia».
Poi un aforisma: << Non amiamo secondo il pen·
siero, ma pensiamo secondo l'amore. Anche nel pensiero,
il cuore è la prùna cosa ».
Quindi una osservazione pungente: <( Dicono che fisso
un caro prezzo ai libri (Solit.), ma le n1ie opere sono
impastate non d'acqua e nemmeno di san gue umano
ma di seme umano » .
La pagina finisce celebrando, in un appunto di vi ta
familiare, la lettura di Sherlock Holmes: « Bambini, vi
fa male leggere Sherlock Holmes . E portato via il pacco
di libri, pian piano mi tuffo nella lettura io stesso.
Ognuno di essi ha 48 paginette. Adesso il percorso Si-
verskaja-Peterburg trascorre in un baleno come in sogno .
Ma io rubo le ore al sonno certe volte fino alle quattro
di mattina .... Terribili storie» ( 83 ).
Un'altra pagina è costruita includendo tipici temi
rozanoviani disposti a intreccio. C'è un breve dibattito
sul seme: « Il seme della mela è la mela, il seme del
frumento è il frumento, e il seme dell'uomo, evidel1te-
mente, è l'uomo?
E allora lui le ha dato un uomo? Certo, è un suo
bambino. E allora perchè dicono: (<questa è una por-
cheria » e « lui l'ha sporcata »?
Non capisco (13 dicembre 1912) "·
Segue un appello patetico : «Dio mio, mia Eternità :
perchè mi hai dato tanta tristezza?».

46
Infine u n aforisma : <c Senza piacere fisico non c'è
nemmeno am icizia spiri tuale. Il corpo è il principio dello
spirito. La sua rad ice. E lo spirito è il profumo del
corpo» (" ) .
Altrove si legge un lungo brano narrativo dedicato
al ritratto dell a figlia Tanja : esso è costruito come un
pretesto per introdurvi, smembrata apposta, in contra-
sto con la situazione e con gli atteggiamenti della banl-
bina, quella che Rozanov considera la migliore poesia
di Pu.Skin, « Quando al mortale tacerà il giorno r umo-
roso ». Dopo la recita della prima s trofa, segue il con1-
mento del padre che spiega lo sforzo di Tanja in qua n to
«attratta dal segreto tormento, nascosto in queste r ighe,
compiangendo qualcuno in queste righe, d ividendo in
risposta l'anima con qualcuno in queste righe. Mi tu r-
bai tutto nell'anima )).
E' una breve poesia in prosa, tu tta tramata d a
un sapiente gioco d i rima in ach e in oj (to - privle-
kaema ja tajno j mukoj sokryto j v etich strokach, k ogo-
- to Za.leja v etich strokach, s kem - to otvetno razde-
ljajas' v et ich strokach dusoj. Ja ves' vzvolnovalsja
duSoj) » . La commozione lirica viene bilanciata da un
comico errore di ingenu ità recitativa: Kaprida per Ki-
prida (Ciprigna), rilevato a metà e alla fine dell'epi-
sodio( " ) .
La confess ione di avere molta forfora alla radice
dei capelli porta a ben altro risvolto di pensiero e a l
sosp iro patetico: «Tra l'altro da qui deriva anche la
mia profondità (vedo le radici delle cose, sono umano,
non giudico, compass ione) . Ma quanto è duro vivere
così. Cioè il fatto che sono così» ( 86 ).
II particolare imbarazzante fa da sfondo a un con-
t rasto e l'i ntero fra mmento, a sua volta, prepara la
sorpresa della pagina seguen te, dedicata tu tta a Cristo,
alla sua funzione di consolatore e a i propri dubbi. Ora

47
è Cristo che parla agli uomini, ora è Rozanov che lo
considera monologando, ora lo in terpella.
Caratteristico è il morso polemico, la caricatura p la~
sticamente aggressiva. Circa Leont'ev, per esempio, alla
fine di un pezzo fra l'elzeviro e il saggio dedicato a
questo interessante personaggio della letteratura russa
dal cristianesimo pagano, innamorato della bellezza e
della lotta, usciva così: « I suoi dei sono del tutto
chiari: «spezza la schiena al nemico, conquista l'India »;
«e tu, Cambise, - trafiggi Api!}) ( 57 ) .
Con questo bengala Rozanov illuminava fulmineo
tutto il suo favoloso Oriente.
Lo ricordava anche nelle frecciate a Saltykov-Sce-
drin: « SCedrin accanto a Gogol' è come uno stalliere
vicino ad Alessandro il Macedone.
E Gogol' è infatti Aless. il Mac. Altrettanto grandi
e vaste le conquis te. E i « paesi appena scoperti ». C'è
perfino l'« India'' (a l tè di sera) (Foglie cadute, II) (" ).
Ma ne tocca anche a Gogol': <<Annunziata» era alta
di statura e bianca »: parole simili poteva dirle solo un
uomo che non avesse mai buttato l'occhio su una donna,
pur «con qualche interesse )) .
Nelle stesse pagine c'è un curioso commento critico
sull'enigma sessuale di Gogol'.
Non si trattava affatto di onanismo : gli riuscivano
m eravigliosamente i morti, però non s'interessava di
uomini. « Ha fat to sortire tutto un pensionato di de-
funte - e non di vecchie (nemmeno una), tutte gio-
vincetle e bellocce. Burul'bas avrebbe detto: "guarda
un po', quell'anima di turco, che cosa si è messo in
testa" . E si sarebbe fatto un segno di croce» (Foglie
cadute, II) (" ).
La vita di famiglia , i momenti biografici compaiono
ora sotto forma di pagine da diario, inframmezzate da
r iflessioni filosofiche («la mia "filosofia nuova", ormai

48
non più "della conoscenza" ma "della vita" com inciò
da una grande merav iglia». Foglie cadute, I)(") ; ora
in forma di scenette vivacemente dialogate ( « la mamma
mi chiamava sempre "a prendere la pensione" ... Sedu·
tomi prima di lei in carrozza, appena si accomodava,
io, saltellando sul sedi le, dicevo: - Su, su, cocchiere!
(Ed', ed', izvozcik!) - Avanti- diceva la mamma. E
solo a llora il cocchiere partiva». Foglie cadute, I)(" ) .
La nonna e la mamma sono ricordate in forma di
avviso funebre e di dedica: " Il 27 novembre spirava,
a 85 anni, a Elec, "la nostra nonna", Aleksandra An~
drianovna Rudne1'Cl, nata Zdanova ... Che questo libro sia
consacrato a lei e a fianco a lei - alla mia povera ma·
dre, Nadezda Vasil'evna Rozanova ». (Solitaria)( " ).
Si interpolano degli emistichi di poesia alla Nadson :
« Placide notti oscure ...
Spavento del delitto ...
Tristezza della solitudine ...
Lacrime disperate di paura, di sudore, di fatica ...
Eccoti, religione ..
Aiuto all'affranto .. .
Aiuto allo stanco .. .
Fede per il malato ...
Ecco le tue radici, religione ...
Eterne mirabili rad ici... » (Solitaria)( " ).
Oppure :
" Stellina incerta, stellina pallida
Tu sempre brilli solo per me.
Tu sei malata, tu sei tremante
Ecco del tutto ti spegnerai ...
(nella clinica E.P., - passeggiando dove si può fu-
mare. Foglie cadute, II) (").
A un certo punto, con le parole « nel caso che »,
viene inserito un piano di edizione postuma di articoli
non pubblicati in libri. Per la prima volta un m a teriale

49
simile fa il suo ingresso pittoresco come pagina lette-
rada, convenientemente elaborato. Esempio:
« l) Accanto ai muri della Chiesa, III . Articoli sulla
Chiesa, sulla sua direzione, sulle scuole religiose. Tutto
questo « in aiuto ai papi », fra l'altro in aiu to ai nostri
cari religiosi. Peredol'skj li chiamava bene " parentela
di Dio ». Essi lo sono appunto : attraverso mille anni
hanno portato e conservato senza esitazioni l'idea del
Cielo, quella della Verità, quella del Giudizio .. Che pre·
ghino per i poveri servi di Dio « Vasilij e Varvara ».
Il sac. Ust'inskij pregava sempre per noi. Grazie a lui,
caro.
2) Degli scrittori e dello scrivere. Circa quattro
volumi. Articoli di letteratura. C'è un'introduzione a que-
sto libro, scritta con molto trasporto da q ualche parte.
- Qui devono entrare (nei manoscritti) gl i articoli in-
compiuti « Pascal )), «Il cristianesimo e la lingua »,
<< Faust». E ancora:
5) La questione familiare in Russia, vol. 3. Là c'è
un articolo : Nel mondo dello spavento e della vergogna.
Questo per le buone martiri » .
Oppure cosi:
12) I proscritti della letteratura. « La corrispondenza
con Leont'ev >> (con note) e la «corrispondenza» con
Racinskij (con note). Le lettere a me del caro N.N.
Strachov (col suo ritratto, - segaligno, con le braccia
conserte e in giardino, ripreso a Jasnaja Poljana dopo
l'operazione) » . Foglie cadute, II) (" ).
E' evidente la man ipolazione artificiosa del mate-
riale che ne fa da pretesto; l'inserto dei commenti e
nell'ultimo caso l'uso della parola « corrispondenza » che
fa parte la prima volta di un titolo, la seconda è "espo-
sta» a parte e la terza è sostituita del tutto. Nel com-
mento al ritratto di Strachov il piano della m emoria
affiora da quello del semplice elenco bibliografico.
Nel secondo cesto di Foglie cadute Rozanov intro·

50
duce addirittura un pacco di corrispondenza. E' quella
di un suo vecchio con1pagno di scuola, Kostja Kondrjav-
cev, bocciato al ginnasio perchè non sapeva il cum e
poi perso di vista (" ).
Qui il materiale è lasciato allo stato grezzo, come
era di prima mano: è il ritratto cominovente di un gio-
vanotto sinceramente devoto, con tutta l'ingenuità, l'im-
peto e la rapita incoerenza dei suoi anni, ed è, nel con-
tempo, come se fra le Foglie dell'autore si sia aperto
improvvisamente uno spazio diverso, il magico « campo
lungo» di una storia altrui, detta da una voce a ltrui.
L1. breve commossa motivazione di Rozanov all'inizio
ha permesso ques to straordinario « collage », battezzan-
dolo come altro procedimento della nuova letteratura.
Il riattacco di questa « sortita » al r esto è gius tifi-
cato dall'espediente di una lettera aggiuntiva trasmessa
qui con finta reticenza per certo suo contenuto, è una
lettera~ documento: ne è autore il destinatario della cor·
rispondenza precedente, cioè Rozanov: « Io, Vasilij Roza.
nov, devo ricevere da Vladimir Aleksejevskij un ammo-
nite il 1 gennaio 1874. Per riceverlo gli concedo pieni
poteri sulla mia cameriera, miss Ketty. Se non avrà sue-
caso l'ammonite passerà nella mia collezione ».
Questa dichiarazione è stata così controfirmata: « V.
Rozanov, Vl. Aleksejevskij, teste K. Kondrjavcev. 13 dic.
1873 "·
Mentre nel primo cesto di Foglie cadute c'è solo
un accenno a Sherlock Holmes, qui, nel secondo, l' au~
tore lo ricorda varie volte .
Anzitutto avverte l'efficacia del gergo poliziesco, del
resto già notata da Saltykov-Scedrin, che se ne servì
per certe colorite espressioni di minaccia nei suoi rac·
conti satirici.
« Questo folklore mi piace )) , nota Rozanov. << Penso
che nella lingua ladresca e poliziesca vi sia qualcosa

51
di artistico. Dal'(" ) non farebbe male a darci un'oc-
chiata» ( !18 ).
In altro luogo Sherlock Holmes è paragonato ad
Arnadigi di Gaula alle cui Spaventose avventure si entu-
siasmava Don Chisciotte e probabilmente si divertiva
lo stesso Cervantes( " ).
In un altro punto ancora Rozanov individua in
Sherlock Holmes e nel suo inseparabile Harry la con-
dizione per lui tipica degli « uomini lunari»: essi infatti
si comportano come innamorati l'uno dell'altro, Harry
sarebbe invaghito di chi sentirebbe come una specie
di marito, Sherlock Holrnes tratta l'amico come un pa-
dre fa col figlio giovinetto, che è un po' fanciulla; essi
sono anche come cavaliere e scudiero col << gusto della
virtù» contro il «gusto del male», un <<ma le nell'ani-
mo >>. Per il loro contenuto morale i racconti di Sherlock
Holrnes sarebbero più utili da leggere che non certi
giornali letterari o d'indirizzo politico-sociale ( 100 ).
Altro materiale introdotto di peso nel nuovo genere
ibrido rozanoviano sono le conversazioni, presentate come
spunti colti al vivo ed elaborati, incidendo l'assurdo
esistenziale in esse afferrato, come mostra questo esem~
pio, un bozzetto con una « nuance }} alla Kafka:
- Sedetevi un po', Fedor Eduardovii'.
- Non posso. Mi aspetta Byzov.
- Cos'è questo « Byzov }}?
- Un compagno. Dell'università. E uscito anche lui.
-Beh?
- Ero venuto da voi. Ma sono passato da lui:
« Andiamo insieme, se no mi annoio ». Adesso mi aspetta
al portone }}.
E fino adesso non posso rappresentarmi « Sperk »
senza << Byzov >}. Sperk è sempre « con Byzov }}. Che
cosa sia « Byzov }) e che aspetto abbia, io non l'ho visto
mai...(1o1 ).
Frequenti le inserzioni di articoli (feui!letons) o di

52
parti di articoli sugli argomenti più diversi, alcuni di
questi p ezzi di giornale sono apertamente polemici, altri
in risposta a qua lche attacco. Autodifendendosi una
volta, Rozanov si esprime così : «Sì, mi è venuto in
mente molto che prima non veniva in testa a nessuno,
compresi Nietzsche e Leon t'ev.
Mi sembra talvolta di aver capito la storia come
se « me la tenessi in mano » ( 1 0 2 ) .
Sosteneva, ma è dubbio, di non aver letto nè Hegel
nè Nietzsche.
Sentiva il valore poetico della Bibbia e ne inserì
un passo (Ezech., cap. XVI), dove si parla dell'incon-
tro fra Dio e la fanciul la d'Israele, luogo che gli ricor-
dava il Cantico dei Cantici, solleticando la sua fantasia
erotica con la lenta, danzante cadenza dei particolari:
l'anello alle narici, i pendagli alle orecchie, le collane
al collo, e i seni nudi offerti per la strada all'Assiro e
a ll'Egizio ... "( "·' ).
Il tema del sesso nella sua essenza cosmi ca com-
pare variamente straniato.
In un esempio, veramente straordinario, Rozanov
ricorre a un complesso simbolismo biblico, che da una
prima figura rivelatrice, «il monte», passa a quella del
« tempio >> che non contiene nulla di ferroso, essendo
simbolo della conservazione della vita (mentre il ferro
serve a uccidere); il riconoscimento dell'oggetto è così
ritardato e mantenuto apposta a un livello elevato di
rivelazione mistica :
« Il sesso è la montagna delle luci: una montagna
alta alta, da cui partono le luci, i suoi raggi, e si d if-
fondono per tutta la terra, !ambendola tutta con un
nuovo nobilissimo significato.
Abbiate fede in questa montagna. Essa non fa che
reggersi su quattro piedini di legno (il ferro e in genere
il duro metal1o sono qui inammissibili come pure inam·
missibili sono i chiodi << che feriscono »).

53
Ho visto. Testifico. E per questo starò » eoo~).
Altrove Io straniamento è ottenuto col ricorso a
una allusività naturalistica o materiale dell'atto sessuale :
si cita l'esempio del pitone che riesce a inghiottire un
capretto intero o quello del guanto che, per quanto
sottile e << innocente » a vederlo viene indossato e deter-
mina una forte strettat.
« C'è una tendenza metafisica del mondo alla « forte
stretta ». In una « forte stretta » Dio tiene il mondo ..
E tutto tende non solo alla libertà e al << tentenna-
mento», ma c'è anche un appetito completamente oppo-
sto - quello di entrare nello << stretto cammino, un
cammino stringente ».
Tutto dipende dalla legge secondo la quale « la ma-
teria estensibile avvolge un oggetto inestensibile per
quanto sembri enorme. Essa è sempre «più gran-
de» ... ('"').
A questo punto bisogna osservare che non c'entrano
nè Weininger nè Krafft-Ebing, nient'altro che medici
patologi in fondo, qui invece c'è quello strambo osses-
sionato di genio, quello stralunato solitario che era Ro-
zanov, baloccantesi con le sue convinzioni per creare
un discorso tutto suo, bizzarramente diverso, sparpa-
gliandolo in frammenti come questo: « ... può darsi che
sia anche uno << stupido » (corrono voci), forse anche
un « imbroglione » (vanno dicendo) : solo che questa
larghezza di pensiero, questa incommensurabilità di
<<orizzonti in espansione)> non l'ebbe nessuno come me,
prima di me. E << tutto mi venne in mente » senza che
prendessi da altri nemmeno una iota. Cosa straordina·
ria. Io sono veramente un uomo straordinario (sulla
suola di una pantofola; in bagno)("').
Rivolgendosi alle sue simpatie letterarie, troviamo
che le più prossime erano due amici personali, scrit-
tori di nessuna risonanza ; uno era Fedor EduardoviC
Sperk, propriamente un filosofo o meglio semplicemente

54
un pensatore dal quale Rozanov ricavò dei consigli e
conferma autorevole a certe sue osservazioni, come, per
esempio, l'importanza di spostare un oggetto dalla sua
categoria consuetudinaria per veramente vederne la real-
tà, come sarebbe a dire quando un bambino concepisce
la « sedia >> fuori dalla ca tegoria {{ mobile )). L'altro, LE.
Romanov, citato nelle sue opere con lo pseudonimo
di Rcy, era un modestissimo letterato, autore di Listo-
pad (Autunno o Caduta di foglie), che sembra ricordare
proprio le Opavsie list'ja (Foglie cadute). Entrambi sono
nominati ripetutamente come interlocutori e suggeritori
di idee, critici pro e contro. Dietro costoro si affaccia
sub ito la memoria di personaggi di calibro diverso;
N.N. Strachov, critico e pubblicista, Govorucha-Otrok
e soprattutto K.N. Leont'ev. Tutti costoro, specie l'ulti-
mo, risvegliavano il trasporto, la solidarietà di Rozanov
per essere, come li chiamò in un titolo, I proscritti
della letteratura (Literaturnye izgnanniki), ingiustamente
misconosciuti dalla gloria che con tanta sovvrabbon-
danza aveva circondato Tolstoj, fino a farlo convincere
di avere i diritti del vate. In questo modo la r icono-
sciuta grandezza del creatore di Guerra e pace provo-
cava in Rozanov una cordiale antipatia. Di Strachov e
di Govorucha-Otrok aveva raccolto, in I proscritti della
letteratura (S. Peterburg, 1913), la corrispondenza, an-
notando con brillantissime osservazioni soprattutto quel-
le del primo; di Leont'ev, oltre ad aver pure raccolto
e annotato un gruppo di lettere (Iz perepiski K.N.
Leont'eva in {{ Russkij Vestnik », 1903) aveva inserito
in Foglie cadute (II) un saggio penetrante e rivela-
tore C'l1), oltre a molteplici altri riferimenti alla sua
personalità superba, dal talento originalissimo, per varie
ragioni perseguitato dalla sfortuna quanto a notorietà
e successo.
Per gli autori-simbolo della letteratura russa, Puskin,
Lermantov, Gogol', Tolstoj, Dostoevskij ebbe sempre un

55
grandissimo rispetto, quantunque gli ultimi tre fossero
oggetto propriamente di considerazioni dialettiche: ora
amore ora odio; Gogol', in modo p ar ticolare, era sen-
tito come una sostanza demoniaca, « perchè in lui c'era
la sostanza del riso» (l'osservazione viene data indiret-
tamente, come opinione della moglie, n1a è confermata
dell'autore nel senso che il riso è la più bassa cate-
goria dell'animo umano) ("' ). "Maledetto redivivo! Cre-
pa, impuro! » (1(1 9 ), impreca altrove.
Scrittore, p er Rozanov, era chi possedeva «una
eterna e involontaria mu sica nell'anima. Se questa non
c'è, uno può solo «farsi scri tto re». Ma non lo è ... »
(Solitaria)( '" ).
Da questo punto di vista, gli scrittori satirici gli
sembravano senza musica, per esempio Saltykov-SCedrin,
oltre che Gogol', e Herzen : « Un mercato, tutto un mer-
e
cato in una persona )) ll).
Invece, nonostante appartenesse alla corrente « di
denuncia » che lui odiava, amò Nekrosov perchè seppe
interpretare l'animo popolare come nessun 'altr o poeta
o prosatore russo.
Ne citava due versi, contraffacendo il secondo (Ro-
zanov manipolava a volte le citazioni): «Che io viaggi
di notte per una via oscura; Solitario amico ... » (invece
di: (( Che ascolti rapito la tempesta nella tetra gior-
nata») . «Versi del genere non ce ne sono ancora in
tutta la letteratura russa» .
E da esperto qual'era, r endeva il dovuto onor e al
suo ((dialetto», un po' scaltro e «sfacciato» (nachal'-
nym) ("').
Amava in Nekrosov, come in Lermontov e in Do-
stoevskij, quell o che essi gli trasmettevano di intimo,
di infini tamente enigmatico, quella nota toccante e so-
spesa che feriva l'anima e la inchiodava alla per plessità.
Dopo Dostoevskij gli era particolarmente caro Le-
skov.

56
Dei Merezkovskie, Dmitrij gli era incomprensibile
per l'amore che dimostrava verso di lui, come anche
Blok, nonostante gli articoli offensivi al loro indirizzo,
orribili « porcherie » (svinstva), affatto impossibili (ne-
VO<.moznejsie) . Zinajda Gippins, in Solitaria, figura sem-
plicemente come « Zina » o addirittura « Z » ( 113 ) . Anche
Belyj è appena nominato.
Scarsa la considerazione per Andreev e Gor'kj, col
quale ebbe una corrispondenza. « Gor'kj (in una lettera
molto simpatica, p iena d 'amore} mi predicava queste
verità: <<I vostri Solitaria li faranno a pezzi>> ( 11 ~ ). E
Rozanov r ispose: Vi siete trovato « nel m iele>> e nat u-
ralmente si è inaridita la forza della Vos tra voce, per-
c hè è sparita l'asprezza del tormento, la v ergogna (so-
ciale) del ieri ecc ... i « Sardanapoli » non sono stati mai
poeti» (u 5 ) . Gli piaceva moltissimo (uZas110) il dramma
Nei bassifondi (Na due), specie per la lingua.
Quasi non leggeva i « giovani » e verso d i loro era
del tutto indifferente. Un giorno presentò a ll'amico Gol-
lerbach una pila d i opere di Brjusov, con dedica auto-
grafa, e se ne sbrigò così: «Beh, fatemi vedere che c'è
qui di buono, Voi ci capite qualcosa, io non ci capisco
niente» {ll 6).
Questo sti le conversa livo era solito in Rozanov. Egli
ne fece il suo strumento letterario preferito. In nome
d i esso po teva vantarsi: <<Sento la letteratura come le
mie brache. Altrettanto prossima e jnsomma «come
cosa mia )) ( 117 ) .
La confide nza colloquiale e l'improntitudine del ma-
noscritto furono le due maschere del suo sotteso vi r-
tuosismo di scrittore. Si faceva guidare dal materiale
adoperato. L'amico Gollerbach ricorda dei foglietti , p ic-
coli e stretti, che teneva spar pagliati sul tavolo. Scri-
veva solo s u quelle striscie di carta, rifiutava altre mi-
s ure. Oppure gl indavano bene anche dei brandelli, un
pezzo d i copertina strappata, u na scatola di s iga rette.

57
Roba che lo aiutava a mettersi in pantofole, a sentirsi
«chez soi ».
Scriveva a frasi corte. Evitava le costruzioni parti-
cipiali e gerundive.
L'inizio delle proposizioni si apre spesso in forma
vivacemente discorsiva, col rafforzativo da e la ripresa
correlativa i, es.: da Pisarev i « Sovremennik » i est'
Nat-Pi11kerton. ("').
Oppure con tak veci'("') o il solo ved' ("'), o col
semplice '"'· ('" ) .
Di fronte a queste espressioni della parlata «viva »,
compaiono anche clichés h breschi, quel li che capitava
di usare secondo la moda dell'epoca nel corso della con-
versazione piccoloborghese, che senza d i essi sarebbe
sembrata piuttosto artefatta: vyuCeny v universitete; so-
i';i,jajut knigi (istruiti all'università; scrivono libri) ("').
Sono rare le parole propriamente popolaresche e
spuntano in contesti eccezionali, come nel caso della
forma breve ochoé, ochoéa (desideroso - a) nell'afori-
sma: Bog ochoi'; k miru. A mir oclwé k Bogu (Dio è
desideroso del mo11do e il mondo lo è di Dio) ("' ).
Un'elegante costruzione a chiasmo.
Ecco spuntare un'altra forma, un bonario vezzeg-
giativo come spesso nel fare del popolino russo: bro-
du/'ka (bighello11a); i bredet, bredet moja brodu/'ka
(e si trasci11a, si trascil.a la mia bighellona) ('"). Com-
pare anche, nel senso di «significativo», la forma breve
Z/1acusi'; ("'), il plurale ée/oveki per /judi (bednye my
celoveki, parodia di Dostoevskij?) ("' ); l'arcaismo pro-
gork per progork11ul (si è inacidito) ("'); volgarismi
colloquiali tipo dolbez (imbottire la testa, deverbativo
da do/bit') ("'), storpiature come bez sumlenija invece
di bez somnenija ("'), la forma do/doni/, variante par-
lata di do/bi/ (rintronava la testa)('"); ciarpame cor-
rente come vodit' za nos (menare pel naso) ('"), o

58
l'imprecazione O, cert by ich dral (che il diavolo li
scortichi) ("').
Cara tteris t. ica l'opposizione della fo r ma confidenziale
predstavte-ka co n i correlativi arcaizznati ibo {1 33 ) o da-
by ( '") ( imperoccltè), da seminario.
Nè meno caratteristico è l'affiorare di diminutivi e
dispregiativi così frequenti nella chiacchiera maligna e
servile dei piccoli impiegati, fiorellini di lingna tipo
redaktoriski i pisateliski, povesluska ('" ), skol'ko utro·
buski chvalit (quanto ne basta al pancino) ("'), me-
scan inislw (borghesucolo) ("') , flirtisko, date na skru-
pul (perfino in un attimo d'esitaziDite) ("'), so svoùn
narodcem (col loro popolino)( "" ), s borodenockoj (""),
borodka klinyskom (la barbella a pizzo) ('"), flirti-
sko ('") .
Una volta individuata la koiné della conversazione
da «mezze maniche», mezzo triviale e mezzo snob, Ro-
zanov osò contrabbandarla nella sua anti letteratura man-
te nendo anche un a specifica forzatura sin tattica fondata
sul la sostituzione di una forma verbale o di un gruppo
di parole al nome: Uedi11enie - « sobran duch ,, (sosre-
dotocennost'), cioè« la solitudine è spirito raccolto (rac-
coglimento)» e ·t3 ); tut moe glubokoe (( vse ravno »
(ravnoduSie), «qui sta il m io profondo non in1porta
(indifferenza)>>("'); o moe «ne chocetsja » (neielanie)
razbivalsja vsjakij naskok, «contro il m io non voglio
(apatia ) si spezzava qua lsia si sla nc io)) ('" 5 ).
Ne r isultarono deg li effetti stil istici d i particolare
vivacità e concretezza espressiva: «Il defunto nella bara
deve stare mani sulle cuciture ( ruki po Svam, sull'at-
tenti).
Per tutta la vita io sono mani sulle cuciture» ( 14 6 ).
Vorrei un c< ord ine sociale» senza «ideologia socia-
le», ma semplicemente un «allora ci trasferirem o in
un'altra via>> e un <c mi fa rò un a ragazz ina ( da ginna-
siali si voleva sempre una ragazzina)» (' 47 ) .

59
Rozanov fu l'artista di queste intrusioni di frasario
diretto, da piazza o da bottega, di questo cicaleccio
impertinente e indecoroso nella cornice di una motiva·
zione moralistica e filosofeggiante. Riviveva Socrate.
«Vorrei, forse, che si diffondesse la Inia dottrina?
No.
Ne risulterebbe un gran baccano, e io, invece, amo
tanto la pace.. il crepuscolo e il placido suono a ve-
spro )) e~s).
Oltre queste parole, quasi in fondo alla pagina, in
"neretto» corpo 12, un titolo: LA VOSTRA MAMMA ,
con sotto, fra parentesi, un indirizzo, Ai figli, così: V ASA
MAMA (Detjam) ("').
Rozanov volle che Gutenberg rnodelJasse la sua voce.
Erano gli anni Dieci, il futurismo « risuscita va >> la
parola (V. Sklovskij, Voskresenie slava, S. Peterburg,
1914 ) .
Rozanov si impegnò in distinzioni o cavilli grafici:
le virgolette, le parentesi, i puntini di sospensione, il
corsivo, il n1aiuscoletto, il brusco titolo a corpo 12
rispetto 1'8 della pagina oppure la riduzione a corpo 6.
Le parole veni vano fatte saltare agli occhi, tutto il
pezzo, così intitolato, acquistava una risonanza magica.
« E siamo vissuti pian piano, giorno dopo giorno,
molti anni. Ed è stata la parte migliore della mia vita
(25 febbraio 191l) » ("').
La pagina 220 dell'edizione sott'occhio presenta pa·
role fra virgolette, fra parentesi, in corsivo e a corpo
aumentato, neretto, perfino con doppio rilievo: « guar-
dare alla radice » ( « smotret' v koren' »).
Rozanov pretendeva che la stampa rendesse certe
sfumature non del senso, ma della voce, « in quel tale
momento».
Ricorreva a similitudini sconcertanti, vedeva il mon-
do «dall'altra parte » e per questo fu un bocconcino
preli bato per i formalisti come Sklovskij).

60
La tristezza era paragonata a sua madre("'); la
più bella pagina dello storico Kljucevskij equivaleva a
un banco di fun ghi di lunedì ( '").
Faceva calare H sublime : « Con un pesante ferro
stira l'uomo D(io) » ("' ). Dio è un sarto .
La vita cosmica è un «pettinarsi» davanti a Dio .
« Dio dice (Gel'!esi, 1): «com'è bello!» ( 15 ~) .
Oppure, viceversa, esaltava, come s'è già citato, il
suo registro da cucina, equivalente alle Letlere di Tur~
genev alla V iardot.
Quanto a se stesso, l'immagine tipica era quella
di <<una persona quanto mai meno nata>), come se
«giacessi ancora (a gomitolo) nell'u tero materno )) e
«ascoltassi concenti celesti » (come se udissi eterna-
mente una musica, la m ia condizione particolare) » ( 1 ~ 5 ) .
Il fenomeno Roza nov, quello dei « tre libri», da
Solitaria a Foglie cadute, fu profetizzato dall'amico di
Puskin, il principe P.A. Vjazemskij , nel suo Vecchio
taccuino (Staraja zapim aja kniika), dove progettava di
scrivere una Russiade di nuovo genere, non eroica, sul
tipo di quelle di Cheraskov .. ., ma una Russiade casa-
linga, quotidiana; .. .si trattava, insomma, di raccogliere,
se possibile, tutto quanto è stato creato da un terreno
russo in modo autentico, preparato e coltivato dal tempo,
dalla storia, dalle consue tudini, dalle credenze e da i co-
stumi esclusivamente russi. .
Qui si sarebbe sentito l'odore della Rus', fino, ma-
gari , a perdere la tes ta, fino a esporre le reliquie di
tutti i santi» (1 56 ).
Se non che il principe Vjazemskij era troppo figlio
del secolo dei lumi, troppo garbato e scettico per scri-
vere un tale «libro-pilota» (kormcuju krzigu), da im-
bottire di tut te le « minutaglie della vita» (drobi i izni ).
Occorreva che passasse un secolo, che si mutassero
le psicologie individuali, entrassero in crisi e un mae·
strucolo di provincia si mettesse a scrivere quello che

61
chiamò il suo fatum, cosa fino al suo esempio inaudita;
« Io ho introdotto in letteratura il materiale più me-
schino ed effimero, i moti invisibili dell'anima, le ragna-
tele dell'esistenza>> (H 1).
Ascoltiamo in via di conclusione il Rozanov roman-
tico, quello che, responsabie della sua missione di poeta,
si sente in dovere di proclamare un « exegi monumen-
tum».
Egli crede nella portata tragica dell'impresa com-
piuta.
Ha esaurito Ja Jetteratura, non come invenzione, il
che non è la sua sostanza, ma come bisogno di raccon-
tare il cuore (skazaz' serdce).
Ha dato fondo alla «questione ultima» del suo io.
E questo io individuale ha fatto in modo che in esso,
dialetticamente, « si sia spezzato e sia scomparso » il
colossale e millenario << io » della letteratura ( 158 ).
Cosa vuoi dire l'autore? A un certo punto, in Soli-
taria, egli ricorda, a partire dal 1880, la successiva com-
parsa di parole come «psicopatico» (nel senso, inizial-
mente, di poeta o filosofo), «decadente>>, infine « sen-
sibile».
Rozanov e il suo amico Sperk riferivano quei ter-
mini a se stessi prima ancora di sapere dell'esistenza
di un Brjusov o di un Belyj, i decadenti di proposito.
Que lle p arole, insolite in letteratura e nella vita quoti-
diana, spuntavano come indici graduali della scoperta
dell'uomo interiore nei momenti via via più segreti della
sua intimità .
<< Tutti divennero un po' dei « maeterlinck » e qui
sta l'essenziale. Ma lo diventarono prima che sentissero
parlare di Maeterlinck » ("').
Irresistibilmente, proprio come se lo chiamasse un
fatum e non perchè lo volesse, lo scrittore cercava un
nuovo materiale, estetizzava gli « atomi » della sua co-

62
scienza e li sostituiva all'io compatto, tutto intero, che
presiedeva abituamente alla struttura-tran1a.
Gli anni Dieci avrebbero visto in Russia l'eruzione
di questo nuovo materiale, di q uesta intim ità discinta
sotto forma di « foglie» rozanoviane, da Belyj a ChJeb-
nikov si sarebbero avviati gli esperimenti di nuove pa-
role, di gesti fonici incomparabili per rappresentare le
danze segrete dell'anima.
Rozanov ebbe il merito di confessare l'inquietudine
incon fessabile del mondo borghese alla vigilia del primo
conflitto mondiale, rifiutando filtri esotici ed esoterici
cari a certe evasion i teosofiche e teofaniche venu te di
moda sulla scia del decadentismo fra due secoli.
Non volle saperne di « antroposofia » alla Rudolf
Steiner, come Andrej Belyj, non assunse nemmeno pose
da superuomo, respinse la parentela con Nietzsche, piut-
tosto gli piacque posare a un cinismo modello Sologub,
da « demone meschino» d i provincia trap iantato nella
cap ita le.
Ripeto che, con tutto questo, non trad ì la sua spre-
giudicata missione di Socrate aggiornato, e qualche volta
di bislacca Sibilla, su foglie da disperdere al vento.
Partecipò insieme a Lev Sestov (Lev IzarkoviC
Schwa rzmann) e a Nikolaj Berdjaev a quel movimento
religioso-filosofico che nei primi due decenni del nostro
secolo condusse in Russ ia una strenua battaglia per il
riscatto dei valori spirituali a fianco dei decadenti e dei
simbolisti come Mcrezkovskij, Blok , Belyj e Vj. Ivanov,
continuando il carme amebeo fra filosofia e poesia, fra
pensiero e sogno iniziato già nell'opera di Vladimir
Solov'ev (1853-1900 ). riconosciuto profeta della rivo lta
t..:ontro il materialismo.
Par ti to da una personalissima a nalisi, La leggenda
del Grande f nquisitore di F.M. Dostoevskij ( con l'ag-
giunta di due «studi » su Gogol', S. Peterburg, 1906),

63
trovò il modo di continuare la lotta dell'autore delle
Memorie del Sottosuolo contro i farisei dell'epoca, com-
binando, per rivelare la libertà e le contraddizioni del-
l'io, gli estremi del più spietato cinismo ideologico con
la formula originale del discorso frammentario e di
palo in frasca che dava il via alle audaci avventure
della più moderna e aristocratica coscienza letteraria,
agli sconcertanti arabeschi narrativi e alla mimica arti-
colativa di Belyj, colle allusioni musicali dei suoi segn i
d'interpunzione.

64
V. V. ROZANOV

NOTTE
DI SUSSULTO

TRADUZIONE DI ALESSANDRO IVANOV

'&==~
.
NOTTE DI SUSSULTO

... Un antipatico cigolio o un frastuono accanto alla


testa mi costrinse a saltar su e a sedere sulla cuccetta.
• Cos'era? Ah ... La tempesta, non potevamo uscire in
mare •· Proprio alla foce della Dvina infuriavano tali
risacche, ribollenti di spuma e di spruzzi, che non si
potevano sfondare per arrivare al mare aperto, pode-
rosamente ondoso ma molto più fermo e sicuro. Questa
la mia meraviglia: • Perchè non si può procedere nella
tempesta lungo un fiume e per mare, invece, si?».
Mi dissero che non capivo niente e me ne andai
docilmente a letto, proprio quando il piroscafo gettava
l'ancora davanti a Dinimind. Non so se dormissi a lungo,
ma le parole della vigilia, che • il mare era in piena
tempesta », mi resero inquieto e preoccupato.
Mi misi in fretta i calzini, mi assicurai bene dove
stesse appesa la cintura di salvataggio a uno spago,
mentre con l'altro occhio vedevo come contro il vetro
stridessero grigie masse di acqua ghlacciata. • Si va?
vuoi dire che si va •, indovinai e mi diedi ancor più
da fare.
Il piroscafo procedeva agitato. Qualcosa gli strideva
dietro con una violenza spaventosa, mezzo minuto, un
minuto, e poi taceva; e tutto tornava in ordine: rom-
bava solo la macchina. Ma questo durava non più di
uno o due minuti, e di nuovo riominciava dietro uno

67
stridore per me incomprensibile che assordava del tutto
la macchina. Capivo che quando la macchina pulsava
«era bene •, e quando qualcosa strideva laggiù, di die-
tro, «non era bene». La marcia della macchina in un
piroscafo è come il battito del polso: quello del nostro
piroscafo batteva a intervalli e ciò mi spaventava. Molto
dopo volli sapere cosa era che strideva di dietro e mi
fu spiegato che la poppa, dato il forte beccheggio, si
levava tutta sopra il livello dell'acqua, e quando l'elica
si scopriva, le sue pale, non incontrando resistenza, si
mettevano a roteare con spaventosa velocità nell'aria,
come una trottola, e nello stesso tempo la macchina,
non sotto sforzo, pulsava dieci volte di più. Quando la
poppa si abbassava, l'elica si tuffava in acqua, trovava
resistenza, ruotava piano e la macchina andava di nuovo
con quella sicura regolarità per la quale era stata co-
struita. Quindi non mi ero sbagliato pensando: « non
era bene •, perché, infatti, no'l lo era, quando la mac-
china si trovava in condizioi!i non calcolate dal suo
ingegnere.
Lassù c'era panico, naturalmente, per via della stu-
pidità umana. La prua, è vero, ora si inalberava mo-
struosamente in alto, ora piombava giù, tagliando il
mare e sprofondando in 1,Ul caos di spuma e di spruzzi. ·
Comunque era straordinariamente bello. Io scelsi la
linea mediana che tagliava il piroscafo a metà e mi
sedetti nel punto che quasi non si muoveva .
...Bellissimo. Stupendo.
Soltanto qui, immergendomi nella contemplazione e
nella meditazione, mi diedi a ricordare uno strano sogno,
visto una volta. Il lettore conosce i cosidetti « pensieri
molesti •, idee e impressioni tavolta affatto futili, per-
fino sciocche, che tuttavia, non si sa perché, si inca-
strano per sempre nel cervello (non si può dire proprio
«nell'anima»). Per esempio, quasi vent'anni fa, un gio-
vane insegnante con pretese di semplicismo, mentre io,

68
bevendo il té, dicevo • ... Ioann III, Ivan III», esclamò
accennando in giù col naso: • Si, Ivan. V.O. Kljucevskij
ci insegnava cos1 », e il naso gli si arricciò in maniera
tale che me lo ricordai per sempre, e adesso, dovunque
senta o legga • Ivan III, Ivan IV • ecc., preciso men-
talmente: • Sì, Ivan », e ricordo il tipico cenno di testa
di questo insegnante e tutta la sua sagoma, e tutto il
suo carattere. Un'idea costante. Io chiamo appunto idee
costanti quelle per cui un brandello di realtà, che si
'tira dietro però un'altra enorme realtà, pur poco col-
legata ad eSsa, s'insedia nell'anima, e non ve ne potete
più liberare, vi abituate ad esso, lo trascinate con voi
come un pescecane fa col pesciolino-pilota, come una
goccia di gomma arabica che vi sia colata addosso per
caso.
Nel novero di impressioni siffatte, appiedatasi all'ani-
ma mia, rientra una scena dai « Fantasmi » di Turgenev.
In questi c Fantasmi», pare, qualcuno vola, vede qual-
cosa, si capisce, di fantomatico e di bello, come è d' ob-
bligo in Turgenev, compare « il ferreo Cesare • con le
sue legioni. Ma io ho dimenticato tutto questo o mi
si è confusa la testa, però un episodio è rimasto: come
quest'anima (l'anima di Turgenev?) guardava dentro la
piccola finestra di una chiesa di campagna. Che cosa
avesse visto e perché avesse guardato l'ho dimenticato
altrettanto, e mi ticordo solamente la circostanza di una
persona .che guarda dentro la finestra della chiesa. Nella
mia immaginazione, ormai da anni questa circostanza
si è alquanto concretizzata e sotto specie di chiesa io
mi rappresento sempre la chiesa di Paraskeva-Pjatnica
che si trova a Mosca, dirimpetto agli Ochotnye rjady ('),
quando si va dall'Università in direzione di via Neglin-
naja. n marciapiede passa . proprio dietro la chiesa, ed
ecco che io, da studente, passavo sempre per quel mar-
ciapiede e me lo sono sempre ricordato come luogo
alquanto più scuro e senza sole delle altre piazze e vie.

69
Ricordo che certe mattine io incontravo là una dome-
stica con la sua spesa giornaliera: e quella donna russa
si fermava sempre e metteva qualcosa. nel bussolotto
dell'elemosina. Arrivata a casa le avrebbe sentite dalla
padrona per aver cavato quel centesimo dalla spesa.
E lei avrebbe taciuto di non averli sottratti ma di averli
dati alla chiesa.
Mi capit6 in sogno un inverno tanto tanto tetro,
come se non fosse di queste parti, ma di un altro pia-
neta. Tutto era senza voce, tutto tenebre, deserto.
Eppure non si poteva dire che la terra fosse gelata
completamente. S'erano come gelati i miei sentimenti
e i miei rapporti con la terra, ma sempre sentimenti
di una categoria determinata e tendenti a un'unica dire-
zione; e non appena essi si erano spenti, n1i sembrò
che anche la categoria degli avvenimenti terreni, abbrac-
ciabili da tali sentimenti, fosse sparita. Ma la terra,
invece, con tutte le altre sue categorie viveva, rumo-
reggiava e anche, forse, più di prima. Eppure io, con
questo rumore, non avevo nulla a che fare e tutto il
mio cervello s'era rivolto a un unico punto, 41: che non
esiste più •· Qualcosa di miserevole e di buio e insieme
perfino di crudele mi stava nell'anima. • E' triste. Eb-
bene che sia ancora più triste, e quando lo sarà del
tutto, perfino pauroso, - proprio allora sarà bellissimo •.
Ed ecco che cominciai a sognare di andar vagando, io
inutile fra cose inutili. E me ne vagolo come da stu-
dente allora, solo che nella notte, nella solitudine, e
non per Mosca ma per qualcosa che la ricorda, e di
nuovo questo angolo di fronte alle botteghe, ma le bot-
teghe non ci son" più, solo questo marciapiede, da una
parte c'è un muro e dall'altra ia fila delle finestre della
chiesa di Paraskeva-Pjamica. Ma la chiesa è già sprofon-
data di un ar5in (') nella terra, cosi che le sue finestre
non arrivano nemmeno alla spalla ma piuttosto alla mia
cintura e bisogna chinarsi per darci un'occhiata.

70
Mi interromperò un minuto. Nel sogno, penso, si
saranno confuse molte mie impressioni quotidiane. Per
esempio una volta io visitavo la chiesa di San Basilio
il Beato. Fino allora ero stato nella chiesa durante la
messa, e sempre come un orante e fra la gente. La
chiesa valeva solo come tempio. Ma quando entrai in
Basilio il Beato fuori orario per interessi storico-archeo-
logici e mi diedi a esaminare le minuscole cappelline
interne in cui essa, come è noto, si suddivide, ne awer-
tii la straordinaria mondanità, il freddo, l'assoluta man-
canza di interesse, e passeggiatovi una mezz'ora senza
compunzione . e nel dubbio uscii. «Che cos'è questo?
Non serve! Non serve! ». E qui che capii per la prima
volta che la chiesa è il servizio divino, meglio ancora:
è il popolo orante e i sacerdoti che ad esso accudi-
scono. Ancora più chiaramente: è il rapporto tra popolo
e sacerdote e viceversa; questo è il tempio di Dio. Ag-
giungerò adesso per gli studiosi: nella primavera (del
1901) io visitavo molti tempi pagani: quello di Apollo
a Pompei, quello di Serapide sulla via da Napoli a Baia,
quello di Venere vicino alla stessa Baia. E non provavo
niente. Ma si può ben sentire il rapporto tra popolo e
servizio divino: quando però vicino a Serapide, Venere,
Apollo non c'è un servizio, nemmeno con occhio da stu-
diosi si può afferrare in essi alcunché né come visione,
né come sostanza: è semplicemente nulla. mucchi di
mattoni; e questo non perché Apollo, Serapide, Venere
siano nulla, zero, ma perché il rapporto zero e per cosi
dire nihilistico con loro dipende da chi contempla; e
questo a sua volta perché chi contempla quell'oggetto
lo fa nel momento in cui vale zero, come risulta ogni
momento fuori dal servizio divino. Era un sentimento
affatto mondano, quello col quale io, cristiano vivente,
visitavo Basilio il Beato fuori dal servizio divino; esso,
ma esso solamente, era il sentimento di un archeologo
e d'uno storico che visitasse il Serapeo vicino a Baia e

71
dicesse: • non capisco nulla. Nulla nemmeno vedo. Clti
pregavano questi imbecilli? •.
Sicuro. La preghiera è pregltiera. E clti non l'ha
ascoltata ha perduto l'eterno.
Io mi piegai verso la finestra della Paraskeva-Pjat-
nica che risplendeva nella notte. In complesso tutta la
fila di queste finestre non soltanto splendeva, ma lam-
peggiava di luce intensa e in quel brillio c'era qualcosa
di predeterminato, come fatto apposta. Qui si intrecciò
allf'Ora in me un veccltio ricordo, come Choma·Brut,
spaventato mortalmente, leggendo il salterio il;> nome
della defunta, « illuminò in pieno tutta la chiesa •. Così
si dice in Gogol' e così mi venne in sogno. Probabil-
mente dal cassetto apposito erano state tolte tutte le
candele, fino all'ultima. L'aria stessa delia chiesa, nera
d'anticltità, sembrava diventata splendente: tante erano
le candele ardenti presso le pesanti colonne quadran-
golari, sul c canone • (tavolo di legno con le offerte,
dove si collocano le candele per i defunti), ma più di
tutto, si capisce, pavanti all'altare, nei sostegni o così
semplicemente, e non solo davanti alla serie inferiore
delle immagini, ma davanti agli ordini superiori. Il sof.
fitto era molto basso; servivano messa nella cripta ...
Ho detto che • servivano messa •: ma che strana
messa era quella! C'era un solo sacerdote nella cltiesa.
Era in una pianeta argentata, a broccato, grigio di
capelli e alto, asciutto di lineamenti, ben vegeto e, a
quanto pareva, oltremodo desto nella coscienza. Atlra·
verso la doppia cornice della finestra, si capisce, non
udivo niente e potevo solo osservare la messa. Con fissa
ostinazione, come se non si accorgesse di nulla, pro-
nunciando a voce alta le replice a giudicare dal moto
delle labbra, egli eseguiva la messa di mezzanotte ( vse-
twsnaja), il servizio per me più caro nell'ortodossia.
Entrava e usciva dall'altare: le carskie vrata (') ora si
aprivano, ora si cltiudevano. Ed ecco sopravvenire il

72
mio momento prediletto in questo servizio: « Lodate
il nome del Singore, lodate o schiavi il Signore ... •,
quando il corteo dei sacerdoti comincia a muoversi per
la chiesa, per turibolare davanti alle immagini dei santi
martiri, mentre il popolo cade tutto in ginocchio. E in
questi minuti chi prega sente una particolare dolcezza
nel cuore ...
Il sacerdote e il diacono uscirono dall'altare e sci-
volarono per il tempio. Davanti veniva il diacono con
una grossa candela, speciale, da diaconi. Era un uomo
di media statura e di media età, con una corpulenza
che si faceva pinguedine. Si vedeva che aveva molta
paura e provava perfino imbarazzo del sacerdote, ma
al tempo stesso si comportava disciplinatamente con lui.
Aveva un viso malinconico e questa volta si vedeva che
gli obbediva malvolentieri. Fatti alcuni passi, si ferma-
vano, il diacono cantava qualcosa e il sacerdote lo
accompagnava, agitava il turibolo e s'inchinava. La luce
della grande candela del diacono cadeva su un'imma-
gine e ogni volta da sotto la pianeta pesante e le pie-.
tre preziose io vedevo sempre lo stessò volto, cioè muc·
chi di volti quasi uguali; scuri, severi, immobili e molto
vecchi. Tutti avevano occhi piccoli e acuti e senza muo-
vedi, ognuno a suo turno, attendevano l'inchino. Tutto
questo, si capisce, mi si presentava dalla finestra anche
perché, non udendo la messa, cercavo in qualche modo
di animarla e rendermela viva.
Tuttavia la chiesa era vuota e chiusa. E questa
non era poi la vseno!naja, ma proprio il. mattutino, per-
ché evidentmente, quella era l'ultima delle ventiquattro
ore. Non c'era nemmeno uno che pregasse, come in Basi-
lio il Beato, guando lo visitavo. Ma là si trattava di
un caso, mentre qui era un fatto preordinato, in un
certo modo perpetuo e definitivo. Quella solitudine della
terra, di cui avevo prima acè'ennato, s'era riflessa nel
mio cuore proprio dalla solitudine di quest'unica chiesa,

73
perché della terra non mi ero poi chissacché accorto,
mentre con lo sguardo appuntato, quadruplicato, io guar-
davo dentro la chiesa e provavo una terribile angoscia ...
Ma anche questa angoscia dell'anima era tale che io
la volevo ancora più mortale e assoluta.
Il sacerdote dava a vedere che non si accorgeva di
nulla e che solo l'ingenuo diacono fosse inquieto. E il
sacerdote, turibolando, davanti alle immagini, non si vol-
tava né indietro, né in parte, proprio come Choma-Brut,
quando leggeva i salmi, e per questo poteva far vedere
di non notare affatto l'assenza completa di oranti nel
tempio. Solo a badar bene alle sue labbra, notai che
pronunciava le repliche molto più forte del solito; così
come tutto il • lodate il nome del Signore » si svolgeva
con particolare solennità. Nello stesso tempo, tuttavia,
era evidente che il sacerdote svolgeva tutta la messa
con uno spavento mortale ,assai più intenso che la mo-
desta inquietudine esteriore del diacono. Come se cono-
scesse il segreto del tempio, che il diacono ignorava.
Le sue gambe si muovevano a stento. • Più presto, più
presto! Quando dunque si farà mattino?» le sue parole
sembrava ripetessero quelle di Choma-Brut. Ma este-
riorment~ egli s'inchinava con ostinazione e cantava a
voce spiegata: • Lodate il nome del Signore, lodate ,o
schiavi, il Signore».
Ma gli schiavi non c'erano. Non c'era nessuno. Non
c'era niente. « Crepa, impuro! » - sobbalzai io nel sonno
e mi svegliai.

Il piroscafo era ancora fermo. Mi sedetti sulla cuc-


cetta e asciugai il sudore freddo. • Cos'è stato, cosa ho
visto? Paraskeva-Pjatnica, lo studente, Basilio il ~eato,
l'archeologia, il Serapeum. Ma che razza di sciocchezze
sono? •· Il sentimento innocente del passeggero, fermo
all'ancora, superò l'ansia del filosofo e, . voltato il viso
al muro (dormivo sul piano superiore d'una cuccetta
marinara), mi addormentai di nuovo d'un sonno pro-
fondo.
E di nuovo frastuono. Ma stavolta degli elementi.
Notte. l;empesta. Il nostro piroscafo, appartenente a una
buona compagnia di Riga, taglia possentemente le onde
e io me ne sto vicino alla murata colla coscienza tran~
quilla di uno che ha fatto un corso di fisica e di mec-
canica: • Non fa niente ». Me ne sto sotto la murata e
sembra che questa sia altissima, e che vicino, in di-
sparte, si dibatta un vascelletto, fatto non da tecnici,
ma da dilettanti, di quelli su cui fra Arcangelo e le
Solovki (') viaggiano i fedeli. Ed ecco sognarmi di essere
non nel golfo di Riga, ma nel Mar Bianco, mentre il
nostro piroscafo è di Riga. Ma io non comprendo tutto
ciò, e non faccio che guardare il vascelletto. Vicino al
suo albero maestro, sui pennoni, su certe scalette guiz-
zano delle figure, e sembra che il vento sbatta indietro
un drappo, e tutte loro, queste figure, sono spavento-
samente goffe sul mare e oltremodo impaurite. « Di che
si tratta», non lo so capire affatto. Ed ecco (un capric-
cio del sogno), mi sembra di attraversare le onde e
salire sul vascelletto per dire: « Che cosa fate qui? da
dove e verso dove navigate? ».
Nessuno mi risponde a causa di una paura mortale.
Tutti si dibattevano da una parte all'altra, tiravano corde,
urlavano, si facevano coraggio a vicenda, senza che
nessuno ne avesse. Era dawero tm piccolo scafo, che
tornava dalle Solovki a Arcangelo con un ingenuo mo-
naco capitano e un monaco pilota. Dei ridicoli novizi
servivano da marinai. « Per volere nostro e dello Spirito
Santo... ». «Cos'è mai?» penso io. E il vento: « Vzzg!...
vzzg!... ». Come il mugolio di una belva nella foresta,
come un essere animato.
L'albero si abbatté. Uno scricchiolio spaventoso. Il
trambusto aumentò. E come capita in sogno, dove tutto
ci è. indifferente, io, con altrettanta tranquillità, come

75
dopo una VISita d'ufficio, me ne tornai al piroscafo:
• qui è più asciutto ». E mi diedi a guardare dalla mu-
rata e in parte.
«Per volere nostro e dello Spirito Santo • - sem-
brava giungere fino a me dal vascelletto in pericolo.
« Che cosa volevano dire? » mi chiedevo. Eppure avevo
udito chissà dove questa non so se formula o scongiuro
o lamento. Certamente volevano con questo far sapere
che erano usciti dal porto con vento bensl avverso, ma
dopo una preghiera e non senza super~ore benedizione.
Per consolarsi si lamentavano.
ll vento gemeva nel sartiame e i ~amini del nostro
bastimento dondolavano paurosamente di qua e di là.
Io mi posi fra due scaffalctti e i cesti del piccolo buffet.
Stavo a mio agio e non avevo freddo.
Il vascelletto restava indietro, sebbene anche il no-
stro piroscafo, contrastato dalle onde, si muovesse appe-
na. Brandelli di nuvole correvano per il cielo, ma il
cielo stesso era blu e splendeva una gelida luna.
Galoppano le nubi,
Vorticano le nubi,
Invisibile la luna
Illumina la neve in volo ...
Torbido è il cielo, torbida la notte ...
Lessi in Puskin ('),come sempre leggo le sue descri-
zioni, splendido compendio poetico delle bellezze natu"
rali. « Come s'impacciano nei teti e nelle larghe mani-
che! Quando occorre tirare una fune capita una manica,
tirano quella e non la fune. Sciocchezze dell'imperi-
zia ... », capivo in sogno e continuavo da Pu~kin:
Anche a crepare nulla si vede!
Ci sia m smarriti, cosa faremo?
Il diavolo ci trascina
E ci mena in giro pei campi.

76
La ruota del timone si mosse, il capitano gridava
qualcosa al megafono, pareva che volesse voltare il piro-
scafo, ma esso non girava. D'un tratto, proprio qui, vicino
a me, udii un debole gemito che mi arrivava appena.
« Che storia ancora è questa, o sto delirando in
sogno? ». Il gemito cessò o il vento lo soffocò. Comin·
ciai a ricordare nitidamente i pallidi volti dei fraticelli.
Quando mormoravano il loro: • per volere nostro e dello
Spirito Santo •, mi sembrava invece che le loro labbra
pronunciassero: « e per volere dello Spirito Santo », men·
tre nel cuore c'era solo un amaro, disperato: «per no-
stro volere» . J poverettLrìcordavano che, più precisa-
mente, il giorno e l'ora della loro spedizione erano stati
determinati non già da segni celesti , ma da certi cal-
coli venali, e per di più aspettavano un importante (per
loro importante) passeggero, un ricchissimo mercante
da Vjatka, ed ecco che, arrivato lui, essi aggiunsero:
« e per volere dello Spirito Santo», e, alzata l'ancora,
via! Ma non' guardarono il barometro e forse non l'ave-
vano.
Vzzg! ... Vzzg! ... crocchlava il vento in alto. «Pove-
retti », pensai.
Guardalo un po' che gioca laggiù,
Soffia e sputa su di me ...

Con piccola scintilla balenò,


Sparì nel tenebroso vuoto.

Dj girare più non resistiamo ...


Vicino a me si spalancò uno sportello e di nuovo
si chiuse di colpo. Tuttavia, quando s'era aperto, sentii:
• Baj-baj ». • Ecco un idillio in mezzo alla tempesta ... •.
« Ma dove hanno nascosto il loro mercante? Certamente
ha paura anche lui» . E io, per la balorda associazione
dei sogni, ricordai dall'Apocalisse come • i mercanti pian·

77
'

geranno, lamentandosi: quale ricchezza è perita! E anche


i re piangeranno lamentandosi pure di qualcosa • . c Beh,
mi corressi, là si trattava della mistica Babilonia, ma qui .,
di che piangere? •. Il mercantuccio ne ha in tutto quindi-
mila in portafoglio. I trichechi lo faranno a pezzi, men-
tre l'ernrio s11rà lieto di non cambiare in oro i biglietti
di credito. Ogni perdita di moneta cartacea è un bene,
dicono gli economisti, e in questo senso tanto i naufragi
quanto gli incendi sono segnati in vantaggio dall'erario.
Dalla parte del vascelletto echeggiò un orrendo
schianto. Io sussutai. Anche il nostro bastimento parve
avese un sussulto. Ma io continuavo a guardare laggiù.
Improvvisamente mi parve di scorgere al posto di uno
due vascelletti o meglio due grosse palle che ora sob- '
balzavano orribilmente sulle onde ora vi s'immergevano
del tutto. • Cos'è mai quello? Cosa è avvenuto di loro? •.
E mi buttai verso un marinaio che lavorava poco di-
scosto. « Che cosa succede? •. Non mi rispose nulla. c Af-
fogano? •· Taceva.
Mi ricordai che il piroscafo era tedesco e forse non
capiva le mie parole. • Ma perché non li aiutiamo? •
urlai. E di nuovo quell'ottuso silenzio del marinaio, come
se non esistessi per lui.
• Un passeggero. Sono solo un passeggero. Che cosa
posso fare? cosa ordinare? •. «Avete il biglietto e state
seduto, signore •, mi risponderebbe: c Riga-Pietroburgo;
salito a Riga, sbarcherete a Pietroburgo, ecco tutto. E
silenzio, fino a suo tempo».
c Fino a suo tempo, fino a suo tempo », mi offesi.
- Anche in Daniele è detto: • vi saranno tre tempi e
semitempi ». Che cosa fossero i • semitempi » - non lo
potei capire mai, e ridacchiavo della goffaggine dovu-
ta, certo, a una traduzione da seminario. «Beh, Cristo
predicava tre anni e mezzo: e allora, si tratta di • tre
' tempi e semitempi • forse? »... • E l'orrore della deva-
stazione s'installerà nel luogo sacro •... Beh, va bene,

78
si capisce,- l'orrore della devastazione, quando è rima-
sto il solo muro del pianto, attorno al quale piangono
a dirotto le fedine di Vilno e i barattieri di Kovno •.
• E cesserarmo i sacrifici »,, « Beh, eccoli finiti». Ed
Egli scenderà nel tempio e siederà sul trono e sarà al
posto di chi è detto Dio ». - Beh, ma questi sono I
fatti della venuta di Cristo, narrati d'accordo in Rudakov
e Ilovajskij ('). Che sogno stupido. E dopo che altro
ancora?».
• Proprio per il fatto - mi sembrò che gridasse
qualcuno - di non aver guardato il barometro, sono
finiti, bluf, in mare. Ecco le sole scheggie »,
« Le scheggie di chi?, replicai involontariamente e
mi voltai, come se parlasse con me una persona viva.
Ma non c'era nessuno. c E cos'è questo, un'allucinazione
forse? •.
• Per niente allucinazione, è realtà •. Ma io non volevo
una simile realtà, e con tutte le forze cominciavo ora ·
a credere che era un'allucinazione. La fine del mondo?
Un bimbo squittl da una fessura .
... Infiniti, mostruosi,
Nel torbido gioco lunare,
Demoni d'ogni risma
Si son messi a girare
Come foglie a novembre.
Quanti sono? Dove li cacciano?
Perché cosi penosamente cantano? ...
Il mare s'illuminò d'un tratto. S'alzò la luna piena.
« La luna ... Astarte... Cara ... •.
Al posto del battello non c'era niente(').

il
79

lJ
NOTE

(') Via di negozi a Mosca, una volta specializzata in mate--


riale da caccia (ochota).
(') Antica unità di misura pari a mt. 0,711.
(') Le • porte regie • che chiudono ai fedeli l'altare nelle
chiese ortodosse per buona parte del rituale.
( ) Isole del Mar Bianco.
(') E', infatti, la lirica l demoni (Besy).
(' ) Noti autori di testi per le scuole medie.
C) Da Temnyj lik. Metafizika christ;anstva. (Il volto oscuro.
La metafisica del cristianesimo), S. Peterburg, 1911, in V. V. Ro..
ZANOV, Opere scelte, New York, 196, pp. 108-119.

60
A PROPOSITO

Questo racconto, un « unicum » in tutta l'opera roza-


noviana, datato 1902, quasi a concludere la fase delle
riflessioni e delle teorie, anticipa la comparsa del poeta
di So/ilaria e di Foglie cadute.
E' il primo germoglio della ribellione stilistica di
l' Rozanov.
E' fondato su quei procedimenti della digressione e
del ritardo che facilitano lo straniamento (ostrannenie)
e la tensione, elementi caratteristic i della visione arti-
stica secondo Sklovskij, uno dei corifei del formalismo,
il noto indirizzo critico nato ne l Circolo linguistico d i
Mosca (1915) e neli'Opojaz di Pietroburgo (1916) .
Sklovskij fu il primo a interessarsi di Rozanov come
innovatore di struttu re e materiali letterari.
Notte di sussulto (TrevoZ,wja noé) è un racconto
a montaggio scoperto o, secondo Sklovskij, a artifici
denudati.
Comincia come descrizione di un viaggio fortunoso
per mare.
Fino dalle prime battute la voce del narratore è
in tersecata da quella del monologo interiore : «Perché
non si può procedere ... ; « Si va? vuoi di re che si va».
Poi, col pretesto della m edita zio ne e della contem-
plazione, si devia sulle fissazioni, sui ricordi personali,
anche letterari (Turgenev), che ritardano e motivano

81
un'altra maniera di raccontare, quella del sogno, e in
questo caso il suo tema: guardare dentro la finestra di
una chiesa.
Interviene ancora il ritardo, viene, anzi, dichiarato :
« Mi intcrron1però per un minuto ».
La motivazione del ritardo, il rapporto fra chiesa e
servizio divino, vale anche per introdurre lo svolgimento
del sogno, la « strana messa » notturna del sacerdote
solitario, che subito diventa sacerdote e diacono, così
co1ne anche la messa è lasciata nell'incerto se si tratti
della complica ta vsenoscnaja ( m essa d i mezzanot te ) o
di sempl ice utrenja (mattutino).
L'elemento enigmatico carica la tensione, permette
d'incamerare il tema di Gogol ' (ripetuto bersaglio della
critica di Rozanov) e di risolvere la suspense con una
maledizione-scongiuro (che si ritroverà in Foglie cadute,
I) : « Crepa, impuro! l>.
Riprende il racconto realistico, interrotto dalla di-
sgressione nel sogno iniziata con la formula «Mi capitò
in sogno ... » . Poco dopo, altra interruzione e disgressione
ritardante: <<Ed ecco sognarmi.. . ».
E' la vicenda del vascelletto dei monaci, della loro
speculazione sul << passeggero importante >> e del loro
naufragio. Anche qui la tensione riprende per la presenza
di motivi enigmatici: « Cos'è mai?», « Che cosa volevano
dire?», «Che storia ancora è q uesta? l>, << M a perch é non
li aiutiamo? ».
Si inseriscono b r ani da I demoni d i Pu~k i n, segui ti
da u n equivoco, demoniaco « Baj-baj », da frammenti
di monologo interiore, da un excursus sull 'economia era-
riale.
L'azione è ritardata ancora dal monologo col mari-
naio muto che motiva il passaggio alla citazione biblica
di Daniele e sospende il fatto del naufragio dei monaci
fra la sua reale causa probabile, il « non aver guardato
il barometro », e l'allucinazione : « mi sembrò che guar-

82
classe qualcuno », « come se parlasse con me una per-
sona viva)) .
La replica: « Le scheggie di chi? >> riporta il narra-
tore dal sogno al momento iniziale della sua navigazione.
Segue un'ultima contan1inazione con la « demoniade »
puSkiniana e quindi la « soluzione zero » di tutta la
tensione artificiosamente protratta: « Al posto del bat-
tello non c'era nient·e ».
Resta a vibrare in extremis il dettaglio di Astarte-
luna, l'ipostasi dei sogni e delle fantasticherie care a
Rozanov che, sotto sotto, si sentiva « uomo lw1are » non
meno dei grandi gen i a cui aveva affibbiato quella qua-
lifica.
E lo dimostra con la regia di questo racconto, <<col-
lage>> di materiali diversi: realtà, sogno, esposizione,
monologo, citazioni da Puskin, ricordi e critica di Gogol',
ricordi della Bibbia, di procedimenti economici, di fatti
personaH, di accidenti spiccioli: la serva e l'elemosina,
il giovane insegnante.
Rozanov gih trova comoda la serie dei puntini di
sospensione.
Basterà togliere del tutto le motivazioni ancora col-
leganti e giustificanti i passaggi dall'episodio personale
al ricordo, dal sogno alla letteratura, dal sublime al
banale e al quotidiano, dall'osservazione realistica all'an-
sia e al tremore religioso (che proprio quella di Pa-
raskeva-Pjatnica fosse l'ultima messa del mondo, in un
mondo abbandonato da Dio?) e avremo il selciato scon-
volto di Solitaria e i cesti di Foglie cadute, dove Rozanov
finge di raccogliere, così come gli cap itava, all'impronto,
la storia della sua navigazione nel mare dei suoi anni.

83
BIBLIOGRAFIE

Opere di Rozanov consultate:

V. V. RoZAxov, /zbrmmoe (Opere scelte), Introduzione e redazione


di Ju. P. Ivask, New York, 1956.
V. /z.brmmoe (Opere scelte), Introduzione di H. Stamm-
ROZ...\NOV,
lcr e E. Zigleviè, redazione di E. Ziglevié, Miinchen, 1970.
V. Ro7..A~Ov, OpavSie list'ja (Foglie cadute), vol. I , S. Petcrburg,
1913; vol. Il, Pelrograd, 1915.
V. V. ROZANOV, Iz perepiski K. N . Leont'eva, (Dalla corrispon-
de11za co/l K. N. Leont'ev ), << Russkij Vest nik u, vol. 284, 1903.
V. V. ROZANOV, Religija i kul'tura (Religione e culltlra), S. Pc-
terburg, II edizione, 1901.
V. V. ROZAN'OV, V 111ire 1!ejas11ogo i 1'/ereSennogo, (Nel mondo del-
l'osctlro e dell'indeciso), S. Peterburg, 1901.
V. V. ROZAKO\', Okolo cerkovnych sten, (Accanto ai muri della
Chiesa), vol. I e II, S. Peterburg, 1906.
V. V. ROU..'l:OV, Ljudi lunnogo svela, (Uomini lunari), II edizione,
S. Peterburg, 1913.
V. V. Rol.ANOV, Literaturnye izgnanniki, (I proscritti della lerte-
ratura), vol. I , S. Peterburg, 1913.

Bibliografia su Rozanov:

E. GOLtBRnACH, V. V. Rozanov, tizn' i tvorCestvo (V. V. Rozanov,


la vita e l'opera), Peterburg, 1922.
A. REMIZOV, Kukcha, Rozanovy pisma, (Kukcha, lettere di Ro-
zanov), Berlin, 1923.
Z. N. GIPPIUS, t.ivye fica (Volti viventi), vol. Il , Mi.inchen, 1971.
V. SKJ.OVSKIJ, Rozanov, Petrograd, 1921.
A. BELYJ, Nata/o veka (Inizio di secolo), Chicago, 1966.
L. TROCKIJ, Letteratura e rivoluzione, Torino, 1973.
A. RIPELL!NO, Letteratura come itinerario 11el meraviglioso, To-
rino, 1968.

84
NOTE

(!) Piazze e vie di Pietroburgo.


(') ALEKSBJ R.EMTZOV, Kukcha. Lettere di Rozanov, Berlin,
1923, pag. 125.
( ) Z. N. GIPPIUS, Volli viventi, Mi..inchen, 1971, vol. 2, pag. 7.
4

(' ) V. V. RoZANOV, Opere scelte, New York, 1956, pag. 225.


Le ulteriori ci tazioni saranno tratte da questa edizione, sa lvo
indi ca'lionc diversa.
( ~) Luv TROCK.U, Letteratura e rivolu zione, Torino, 1973,
pp. 36-37.
(' ) A. M. RIPELLINO, Letteratt1ra come itinerario nel mera-
viglioso, Tor ino, 1968, pag. 137.
C) Zinajda Hippius (Gippius), moglie di D. S. MereZkovskij.
( ) Diminutivo di Boris (Bugaev, in arte Andreij Belyj, poeta
3

simbolis ta).
(•) ANREJ BELYJ, Inizio di secolo, Chicago, 1966, pag. 436.
(" ) lbid., pag. 437.
(u) ALEKSE.J R EMIZOV, Kukcha, cit., pag. 13.
(!:) V. V. ROZANOV, Dalla corrispondenza con K. N. Leont'ev,
in • Russkij Vestink • , vol. 284, 1903. pag. 169.
(u) ANDREJ BELYJ, Inizio di secolo, cit., pp. 435436.
(") V. V. RoZANOV, Opere scelte cit., pp. 202-203.
(" ) ANDREI BELYJ, I nizio di secolo, cit., pag. 437.
(!' ) V. V. ROZANOV, Opere scelfe, cit., pag. 212.
(") V. V. ROZANOV, Opere seclt e, cit., pag. 229.
(" ) lbid., pag. 203.
e~ > l bld., pag. 260.
( ~) Ju. IVASK, Introduzione a V. V. RozANOV, Opere scelle, c it.,
pag. 14.
('') E. GotumBACH, V. V. Rozan.ov, Pete rburg, 1922, pp. 9-10.
(' 1 ) V. V. RozANOV, Opere scelte, c it., pag. 289.

(" ) l bid., pag. 359.


(') l bid., pag. 326.
(" ) lbid., pp. 222-223.
(" ) lbid., pp. 223-224.
(" ) lbid., pag. 211.
(" ) lbid., pag. 218.
(" ) lbid., pag. 248.
( ~ ) lbid., pag. 311.
(" ) lbid., pag. 216.
(" ) l bid., pag. 221.
(") Brevi e chiare biografie si possono rintracciare in E.

85
GOLLERB.\Cll, V. Rozanov. La vita e l'opera, Pcterburg, 1922; Ju.
IVASK, Saggio imrodttttivo a V. V. RozANOV, Opere scelte, New
York, 1956.
( ') V. V. Roz.wov, Opere scelte, ci t., pag. 221.
(~) lbid., pag. 229.
(") /bid., pag. 222.
('') V. V. RDZA"'OV, Religione e cuilLira, S. Peterburg. 1899
(si cita secondo l'edizione 1901), pag. 64.
(a) l bid., pag. 243.
(" ) lbid.
(*) V. V. ROZANOv, Nel mondo dell'oscuro e dell'imleciso,
S. Peterburg, 1901, pag. 47.
( ') l bid., pag. 267.
(") /IJid., pag. 103.
( ') IIJirl., pag. 57.
(') /bid., pag. 61.
(')) V. V. RoZANOV, Accanto ai muri della Chiesa, S. Petcrburg,
1906, vo l. I , pag. 15.
( ') lbid. pag. 18.
e;) V. V. ROZANOV. Accanto ai muri, cit., vol. 11, pag. 446.
('') V. V. ROZA:XOV, Accanto ai muri, cit., vol. I, pp 17-21
passi m.
(") lbid., pp. 10-11.
C,) V. V. RoZANov, Nei mondo dell'oscuro e dell'indeciso, ci t.,
pag. 7.
(") V. V. RoZA~Ov. Opere scelte, cit., pp. 219-220.
(~) V. V. ROZo\:XOV, Uomini lunari, Il ed., S. Peterburg, 1913,
pag. 73.
(~) Certegi braénve: cfr. V. V. RozMmv, Foglie cn.dwe, S. Pe-
terburg, 913 «cesto» I, parte I , pp. 61 segg.
11
( ) V. V. Roz,\NOV, Accanto ai muri, cit., vol. I , pag. 9 1.
("') VASII.IJ ROZANOV , Lettere a E. F. Gollerbach in Opere
scelte, cit., MUnchen, pp. 529-530 passim .
(~) V. ROZANOV, Accanto ai muri, cit., vol. II, pag. 483.
(~:) V. V. ROZANOV, Opere scelte, ci L, pp. 95-108 .
(:~a) V. V. RDZt\NOV, Uomini lunari, S. Pctcrburg 1913, pp. 324·
327 passim.
51
( ') V. V. ROZANOV, Uomini ilmari, S. Petcrburg 1913, H cd.,

pp. 99-10 1 passim.


(•) V. V. ROZANOV, l proscritti della lellerattlra, vol. l, S. Pe-
terburg, 1913, pag. 315 passim.
e•) V. V. ROZANOV, Accanto ai muri, cit., vol. II, pp. 455-456.
(a) V. V. RoZ,\:'{OV, Opere scelte, cit., pp. 212-213.
(«=) V. V. ROZANOV, Opere scelte, cit., pag. 318.
(•') Le «Centurie nere,., promotrici di pogroms o saccheggi
a danno degli ebrei in Russia.
0
( ) V. V. ROZA NOV, Opere scelte, ci t ., pag. 399.

86
(•) lbid., pp. 231-232. Coi nomi di «am ico» o «mammina»
(mamoCka), A. all ude alla sua seconda moglie, Varvara Dm i-
lrovna, gravemente ammalata quando scriveva Solitarie e Foglie
cadt~te.
(") l bid., pag. 292.
(•) l bid.
(•) l bid., pag. 404.
(") l bid., pag. 114.
(" ) lbid., pag. 410.
(") l bid., pag. 406.

('') l bid., pag. 195.


('A) Una seconda ed izione uscì a Pietroburgo nel 19J6 e una
terza a Pari gi nel 1928.
cn) v. V. R OZI\ NOV, Opere scelte, cit., pp. 265-266.
('') l bid., pag. 306.
(" ) l bi d., pag. 281.
('') lbid., pag. 217.
(" ) l bid., pag. 256.
(" ) l bid .. pag. 212.
('l) l bid., pag. 242.
(") / biti., pag. 28 1.
(") l biti., pag. 290.
(~) lbid., pag. 276-279.
(") l bid., pag. 29 1.
(") / bid., pag. 297.
(~) l bi d., pag. 321.
(") l bid., pag. 332.
(" ) l bid., pag. 261.
(") Jbid. pag. 267.
(r.) l bid. pag. 23 1.
(" ) l bi d., pag. 230.
(" ) l bid., pag. 370.
(") /biti., pp. 355-357.
(Gli ) V. V. RO ZANOV, Foglie cadute, Petrograd, 1915.
(~') V. I. Dal ' (Dahl), 1801-1872, etnogra[o e autore di un
Diziorwrio f'fimologico .
( 011 ) V. ROZANOV, Foglie cadute, cit., II pag 22.

(N ) !biti., pag. 96.


('" ) l bid., pp. 98-99.
(1°') /bid., I, pag. 225.
(~) / biti., II . pag. 92.
c·> lbid., pag. 210.
(~) l bid., l , pag. 293.
('") / bid., Il. pag. 417.
(*') V. V. ROZM\OV. Opere scelte, cìt., pag. 227.
('") lbid .. pp. 295-301.
("') V. ROZANOV, Foglie cadtlle, cit., l , pp. 24647.

87
(*') V. ROZANOV, Foglie cadute, cit., I, pp. 138-139.
( ' ) V. V. ROZANOV. Opere scelte, cit., pag. 199.
10

(Iu) V. ROZANOV, Foglie cadute, cit., Il, pp. 21-22.


eu) v . RoZA~OV, Opere scelce, cit., pag. 220 passim.
("' ) lbid., pp. 268-269.
) V. Ro 3k4cr:, Foglie cadute, cit., II, pag. 200.
11
('

('~) V. V. ROZA NOV. Opere scelte, cit., pag. 192.


("•) E. GOLLERBACH, V. V. Rozanov. La vita e l'opera, cit.,
pag. 84.
(
111
V. V. ROZANOV, Opere scelte, cit., pag. 287.
)

(m) V. ROZANOV, Foglie cadute, cit., II, pag. 384.


("' ) V. V. ROZANOV, Opere scelte, cit., pag. 288.
('") I bi d., pag. 325.
("') Ibid.
('") lbid., pag. 375 .
('") l bi d., pag. 377.
('") l bid., pag. 230.
("') I bid., pag. 275.
( ~ ) I biti., pag. 284.
("') l bid., pag. 106.
('" ) lbid., pag. 341.
("') Ibid. , pag. 373.
c•J lbid., pag. 270.
(m) /bid., pag. 214.
('" ) lbid., pag. 341.
e~ ) Jbid., pag. 315.
('") l bid., pag. 363.
(w) /bid., pag. 294.
c•J lbid .. pag. 373.
("") V. ROZANOV, Foglie cadute, cit., I, pag. 41.
(in) V. ROZI\NOV, Opere scelte, Mlinchen, 1970, pag. 39.
(~) Ibid., pag. 8.
40
(' ) lbid., pag. 9.

('") !biti., pag. 32.


('~) V. V. ROZANOV, Opere scelte, cit., pag. 370.
("') 1/lid., pag. 282.
(' ') lbid., pag. 269.
("') /bid., pag. 259.
c·> l bi d .. pag. 234.
(' '') /bid., pag. 235.
('") lbid., pag. 220.
('') lbid.
{'
10
) fbid.
('") l bid., pp. 253-254.
('") lbid., pag. 243.
('a) Ibid., pag. 248.
(" ') Ibid., pag. 377.
(w) /bid., pag. 204.

88
('.:. ) P. A. VJAZEMSKU, Staraja zapisnaja kniika in .Polnoe so-
bratiie soéinenij (Opere complete), vol. III, S. Peterburg, 1883,
pp .. 40-41.
{'~ ') V. V. RozANOV, Opere scelte, cit., pag. 311.
('u ) lbid., pag. 312.
('" ) lbid., pag. 210.

89
IN DI CE

Rozanov tra Dio e capriccio pag. 5

Del dolcissimo Gesù e degli amari frutti del


mondo 24

Notte di sussulto 65

A proposito . 81

Bibliografie 84

Note 85
DIRETTORE EDITORIALE
TULLIO REGGENTE

RESPONSABILE delia COLLANA


GIORGIO NEGRELLI

Finito di stampare nella Tipografia Arti Grafiche Friulane . Udine


nel mese di settembre 1974
vere la concet.ionc compatta del
mondo e della pcrwnalità.
Ora buffone, ora alrìsciante e ora
alato, vagabondo pensoso, poeta.
I suoi temi furono Dio, ì1 ses30,
la coscienza e la RuMin.
Nato il 20 aprile 1856 dtJ modestU-
sima famigli4 e vissuto fanciullo
!lelW ctua matenw a Ko5tromo. su.l
Valso, a nord-e$1 Ji .1tosca, maestro
per tredici anni a Elec ru>l gouer·
llatoralo di Ort>l', nd 1893 capita
a P~troburso, da dove si allonta-
nerà tU$0i di rado. CoUabora in va-
rie redazioni, ora d4 rMZiorwrio e
ora da progre»ista spinto, meritan-
dosi la fama di ipocrita e di volta-
{!obbana. Forma il SllO stile dopo il
,. 1890 nelle abbondanti Nntc acl ar-
ticoli e a vuri.a corrispondenza. Nel
1911, cort Solitario (Ucdincnnoe),
fissa il genere dell'irnm-ediatezza
med"iallica, aptJarcutemente irri.fles-
sa, fotta di C$ibizione scandalosa,
di prOtiOcazione, di r(lpimento e
smarrimelllO re.pentino. Continua
cosi. nei cluf! ' cf•sti » di Foglie
cadute (OJ)oviHc list'jn), tra il 1913
d il 1915, per CQncludere il discor-
so con l'Apocali.!.!le del nostro tem-
po (Apolalip:;i.<~. na~ego vremeni,
1917-1918) e le ~lume Lettere
di Roznno" a E. Gollcrbach (Pis'ma
Roo:nnova k E. Gollerlmcbu), Ber-
liri., 1922: testinwnioiWJ delL'epoca
della !flf'rTa c:h·ile.
.l'tfuore U 23 &ennaio 1919 nel Ser-
giev Posad delta Trinitir di S. Ser-
gio, la /amoMI. Troice Ser&ieva Lovra
(ora Zasorsk), vicino a .U'osca.
• Il vento rumoreggia a mezzanotte e rapisce le foglie ...
Cosi anche la vita nel tempo precipitoso
strappa dall'anima no.:;,tra appelli, sospiri. semipensferi,
semisentimenti. .. l quali, come frammenti fonici,
hanno il significato di • essere colati ,.
direttamente dall'anima, senza elaborazione, senza m'eta,
senza premeditazione - senza nulla di estraneo ...
Semplicemente "un'anima vive" ... , cioè "viveva",
"sospirò" ... Da tempo remoto questi "appelli improvvisi''
mi piacevano non so come.
Propriamente essi colano in noi senza sosta,
ma non si fa a tempo (manca la carta sottomano)
a trascriverli, - e muoiono.
Poi non si possono ricordare più. Tuttavia sono riuscito
a fissare qaalcosa sulla carta. Tutte le trascrizioni
si andavano ammucchiando. Ed ecco
che mi sono deciso a raccogliere queste foglie cadute •.

(Rosanov, • Solitaria •)

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