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Kiko Argüello

Il Kerigma
Nelle baracche con i poveri
Un’esperienza di Nuova Evangelizzazione:
la missio ad gentes

Presentazione del Cardinal Antonio Cañizares


Commento del Cardinal Christoph Schönborn

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Ho voluto scrivere questo piccolo libro su suggeri-
mento del Card. Cañizares, al quale è sembrato im-
portante che dicessi qualche cosa su ciò che il Signore
ha fatto con noi nelle baracche, con i poveri, e anche
che pubblicassi un kerigma che possa aiutare, soprat-
tutto per i contenuti e l’antropologia, il Sinodo sulla
Nuova Evangelizzazione.

I benefici di questo scritto saranno devoluti per aiu-


tare la missio ad gentes nella Nuova Evangelizzazione.
Kiko Argüello

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Indice

Presentazione
Antonio Cañizares Llovera
Cardinale Prefetto della Congregazione
per il Culto Divino........................................................ 11

Nelle baracche: Testimonianza


Kiko Argüello. ............................................................. 17

Il kerigma: Commento
Christoph Schönborn
Cardinale Arcivescovo di Vienna.................................. 73

Kerigma “I tre Angeli”


nell’Abbazia di Sora (Italia)
Kiko Argüello............................................................... 79

Un’esperienza di Nuova Evangelizzazione:


La missio ad gentes
Kiko Argüello. ........................................................... 127

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Kiko Argüello

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presentazione

Cardinal Antonio Cañizares Llovera

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Alle soglie dell’Anno della Fede e del Sinodo dei Ve-
scovi sulla trasmissione della fede, o, se vogliamo, su una
urgente, pressante e Nuova Evangelizzazione, ci si offre
questo piccolo libro, vero regalo di Dio, che ci anima e
rinfranca nella fede, dissipa timori e paure e ci riempie di
coraggio per seguire il suo annuncio – kerigma –, per anda-
re là dove si trovano gli uomini, per essere, davanti a loro,
testimoni valorosi e annunziatori convinti del Vangelo.

È uno di quei libri che, nella loro brevità, contengono


grande ricchezza e sostanza, e che meritano di essere let-
ti; il libro non lascia indifferenti; uno si sente afferrato e
interpellato nella sua lettura; provoca, muove e rimuove.
Quasi quasi terminerei la presentazione qui e mi sentirei
tentato di fare da guida muta, limitandomi a segnalare
con il dito come il muto: ecco qui. Ma non posso rasse-
gnarmi a questo, dato che questo libro offre e raccoglie
qualcosa di tanto vivo e vitale com’è l’annuncio del kerig-
ma, tale e quale è stato pronunziato direttamente nel suo
momento, con tutta la forza e l’ardore, da chi sente nel
cuore il Vangelo come fuoco, da Kiko Argüello, fondato-
re e iniziatore del Cammino Neocatecumenale: un uomo
appassionato per Cristo e per darlo a conoscere a tutte le
genti, affinché si convertano e seguano Gesù.

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Leggendo e rileggendo, ascoltando una e un’altra volta
dal vivo e come parola viva questo libro, sento, come peso
contrario, la debolezza attuale nell’annuncio del Vangelo
che gli uomini chiedono, come la terra arida chiede l’ac-
qua. È importante che, con sincerità e umiltà, riconoscia-
mo questa debolezza e fragilità della nostra fede. Credo
che sia il cammino per metterci in movimento e rinno-
varci. Abbiamo bisogno di questo rinnovamento profon-
do; abbiamo bisogno che la nostra esperienza di Dio e
di Gesù Cristo si fortifichi per annunziare il Vangelo; ab-
biamo bisogno di accogliere di nuovo il Vangelo di Gesù
Cristo, che si faccia vita in noi, che viviamo di esso, come
il giusto vive della fede. In questo modo, e soltanto così,
evangelizzeremo, attireremo i non credenti e i lontani.

Il mondo ha bisogno del Vangelo. Ha bisogno di Gesù


Cristo. Non possiamo restare impassibili davanti a questo
bisogno: il più grande di tutti. Questo bisogno, neppure
cosciente, ma reale, ci arriva come clamore, non formula-
to forse, di coloro che si sono allontanati dalla fede, di co-
loro che non credono, di coloro che soffrono la perdita di
umanità o il vuoto del non senso, di coloro che soffrono
il disamore, l’ingiustizia o la dimenticanza degli uomini
che passano lontano dalle loro necessità e lamenti. Un
clamore è richiesta che grida verso di noi, i cristiani, anche
se siamo fiacchi: Aiutateci!

Viviamo tempi “duri”. Facilmente ci lamentiamo di


essi. Con una naturalezza sbalorditiva cerchiamo colpevo-

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li, oppure crediamo che non si possa far nulla per cambia-
re la situazione difficile, molto difficile, che attraversiamo.
Viviamo in una società tipicamente pagana. Ciò che in
questi momenti è in gioco è il modo di intendere la vita:
con Dio oppure senza Dio, con speranza di vita eterna, o
senz’altro orizzonte che i beni del mondo, con una morale
oggettiva, solida e valida per tutti, oppure con l’affermazio-
ne sovrana della propria libertà come norma assoluta di
comportamento fin dove lo permettono le regole esterne
del gioco. E questo è molto importante. Non è lo stesso
una cosa o l’altra. Questa è la sfida per noi cristiani: che
gli uomini capiscano e vivano la vita con Dio, con Gesù
Cristo e con speranza nella vita eterna; che gli uomini cre-
dano in Gesù Cristo, lo seguano e raggiungano con Lui
la felicità, la verità che ci fa liberi, l’amore che ci fa fratelli.

Noi cristiani non siamo meri spettatori. Non possiamo in-


crociare le braccia, né passare sotto silenzio ciò che abbiamo
ricevuto, né lasciar morire l’immensa ricchezza, l’apprezzato
e prezioso “tesoro” unico del Vangelo. Ci sentiamo spinti ad
evangelizzare. Non possiamo tacere. Ma soltanto possiamo
parlare se crediamo: “Ho creduto, perciò ho parlato”.

Bisogna di nuovo iniziare. Bisogna tornare ad evange-


lizzare. Bisogna vivere e annunziare il Vangelo nella sua
realtà più radicale e originale e nei suoi contenuti fonda-
mentali, e chiamare alla conversione. Annunciare il Van-
gelo, come se mai lo avessero ascoltato, nelle nostre case
e focolari, ai nostri vicini, alle persone con cui trattiamo e

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con cui viviamo, con cui lavoriamo o condividiamo com-
piti e desideri. Come nei primi tempi. Come se fosse la
prima volta che si annuncia Gesù Cristo in mezzo ad un
popolo; con tutta la sua forza di novità e di scandalo e con
tutta la sua ineguagliabile attrattiva; senza complessi, né
timori, con semplicità piena di speranza ed entusiasmo vi-
goroso; con audacia apostolica; con immenso amore ver-
so tutti. E questo annunzio fatto, partendo dall’esperienza
gioiosa di fede che ci trasforma dal di dentro e ci fa vivere
con piena fiducia e speranza in Dio che ci ama.

Viviamo in un ambiente pagano, senza palliativi di


nessun genere, che tocca anche noi battezzati – forse più
di ciò che ci sembra –. Dobbiamo imparare a vivere da
cristiani in questo ambiente, essendo lievito nella massa,
come l’anima nel corpo, dando vita e respiro, fermentan-
do il nostro mondo. E vivere da cristiani con tutte le con-
seguenze è vivere a fondo l’autenticità del Vangelo, darne
testimonianza, annunciarlo, essere ciò che è l’anima per il
corpo. Questa dovrebbe essere la nostra risposta di fronte
alla scarsità di annuncio evangelizzatore della nostra Chie-
sa a coloro che non credono oppure si sono allontanati
dalla fede. Con l’aiuto di Dio questo è possibile.

Lui stesso, nel nostro tempo, suscita persone che, “con-


nuovo ardore, nuovi metodi e nuove espressioni”, portano
il Vangelo alle genti, come fa l’autore di questo libro, Kiko
Argüello, e il Cammino Neocatecumenale che lui guida e
promuove, e che la stessa Chiesa approva e incoraggia.

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Il Cammino Neocatecumenale è un dono che lo Spi-
rito Santo ha fatto alla Chiesa nel post-Concilio, come
via o itinerario per l’iniziazione o reiniziazione cristiana,
e come strumento per promuovere una nuova e vigorosa
evangelizzazione. Rendiamo grazie a Dio per le grandi me-
raviglie che Egli sta realizzando a favore della sua Chiesa
e dell’umanità attraverso questo Cammino, per le grandi
benedizioni e frutti che per mezzo e attraverso di questo
Cammino sta spargendo in favore del suo popolo: frutti
di conversione, di vita cristiana, di vocazioni al ministero
sacerdotale, alla vita consacrata e all’azione missionaria
della Chiesa; frutti, inoltre, di carità, di vita secondo le
beatitudini, di donazione generosa, di famiglie rinnovate
e aperte alla vita… Grazie a Dio per questo libro, che, in
qualche modo, mostra anche e riflette il volto del Cam-
mino Neocatecumenale in uno dei suoi elementi basila-
ri: quello dell’annuncio del kerigma per la conversione. E
grazie al suo autore, che attraverso queste pagine parla ad
ognuno dei lettori con tutta la forza e la freschezza del
Vangelo, affinché, aperti gli orecchi alla parola, lo accolga-
no e lo seguano, senza timore, e con tutta l’allegria di chi
ha trovato un immenso tesoro.

Antonio Cañizares Llovera


Prefetto della Congregazione per il Culto Divino
e la Disciplina dei Sacramenti

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NELLE BARACCHE

Testimonianza di
Kiko Argüello

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I l cielo chiuso
e una luce all’orizzonte

Kiko Argüello nella baracca di Joaquin. Sul fondo si intravede il volto di Cristo,
disegnato da Kiko.

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Mi presento: sono spagnolo, nato a Leon (Spagna)
in una famiglia di classe medio-alta. Sono il più gran-
de di 4 fratelli. Mio padre era avvocato, mio nonno
materno era inglese. Ho vissuto solo 2 anni a Leon.
Dopo mio padre venne destinato a Madrid e noi ci sia-
mo trasferiti nella capitale. Il Signore mi ha concesso
di essere pittore. Già da piccolo ero molto stimato per
come disegnavo. Dopo ho studiato nell’Accademia di
Belle Arti di S. Fernando a Madrid.

I miei genitori erano cattolici. Mia madre andava a


messa tutti i giorni, mio padre la domenica. Ma subi-
to, quando ho cominciato Belle Arti, mi sono trova-
to in un ambiente diverso. Era l’epoca di Franco e lì
quasi tutti erano di sinistra. Con un gruppo facevamo
teatro e grazie ad esso ho conosciuto il teatro di Jean
Paul Sartre. Ricordo una delle sue opere intitolata: “A
porte chiuse” (Huis clos), in cui Sartre dice che l’infer-
no sono gli altri e presenta una scena nella quale i per-
sonaggi sono condannati a contemplare eternamente i
loro difetti. Nel fondo, in Jean Paul Sartre, ho trovato
una risposta: tutto è assurdo. Lì c’era una risposta. Per-
ché io mi domandavo: “Dio c’è o non c’è?”.

Ma perché dubitavo di Dio? Perché, nel fondo, a


casa mia la testimonianza dei miei genitori non era sta-

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ta sufficiente, come neanche quella dell’ambiente in
cui vivevo. Allora Dio permise che facessi una kenosis,
diciamo così, una discesa profonda. Ho cono-sciuto
anche il pensiero di altri esistenzialisti, come Albert
Camus, ad esempio, e ho trovato nell’assurdo una ri-
sposta. Ho pensato che non dovevo ingannare me stes-
so: e se non c’è nessun Dio? Ho tentato di vivere così,
seriamente: Dio non c’è. E mi si è chiuso il cielo; mi si
è formata sopra come una enorme piastra di cemento
e la vita ha cominciato ad essere molto dura. Nel fon-
do Sartre diceva: “Non esistevamo, oggi esistiamo e
domani lasceremo di esistere. Dobbiamo accettare di
vivere così, veramente, accettare questa realtà. Non bi-
sogna inventarsi nessun cielo né nessuna cosa esterio-
re a questo mondo, ma dobbiamo prendere in mano
la realtà dell’esistenza così com’è: cioè non c’è nulla”.

Ho provato a vivere così, ma presto mi sono reso


conto che, quando la vita diventa insopportabile, c’è
solo un’uscita: suicidarsi. Dicono che ogni secondo si
uccide una persona nel mondo. In Spagna il suicidio
è la prima causa di mortalità; dopo viene la morte per
cancro, per gli incidenti stradali, ecc. In tutta l’Europa
aumentano e aumentano i suicidi.

In questa situazione in cui mi trovavo, mi hanno


dato un premio nazionale straordinario di pittura (ne
ha parlato la televisione, i giornali.) che mi ha lascia-
to perplesso al comprovare che, nel fondo, il premio

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non cambiava nulla del problema che sentivo dentro.
Mi rendevo conto che fin dalla mattina, quando mi al-
zavo, mi domandavo: “Vivere, perché? Per guadagnare
soldi? Per essere felice? Perché?”. Già avevo soldi, già ave-
vo fama, e non ero felice; ero come morto dentro. Ho
capito subito che, se continuavo così, mi sarei ucciso.

In questa kenosis, in questo cielo chiuso, Dio ha


avuto pietà di me. Io mi domandavo: “Ma come vive
la gente? Come riesce a vivere la gente?”. Vedevo gente
normale, e pensavo: “Ma non si domandano: Chi sono,
chi mi ha creato, cos’è la vita? Forse che la gente non
si pone questi problemi? Non sarà che il problema sta
in me, che sono un narcisista, un tipo strano?”. Perché
sentivo su di me come una coperta bagnata che mi fa-
ceva costantemente cercare la verità: “Chi siamo, che
facciamo nel mondo?”. Per me non era indifferente se
Dio c’è o non c’è; era una questione di vita o di morte.

In quella situazione, in mezzo ad un’oscurità in cui


niente mi soddisfaceva, in cui tutto era diventato ce-
nere – anche l’arte, il sesso, ecc. –, in cui niente mi
motivava, ho avuto un raggio, uno spiraglio di luce.
Lessi Bergson, filosofo di origine ebrea, il quale dice
che l’intuizione è un mezzo di conoscenza della verità
superiore alla ragione. Ho pensato: “E se Bergson ha
ragione?”. Ho capito che nel fondo io ero troppo ra-
zionale. Se, come artista, domandavo alla mia intuizio-
ne se era d’accordo con l’assurdo totale dell’esistenza,

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scoprivo che qualcosa dentro di me non era d’accordo
che tutto fosse assurdo: la bellezza, l’arte, l’acqua, i fio-
ri, gli alberi… Qualcosa non quadrava!

Così cominciò ad apparire Dio all’orizzonte, una


luce debolissima, come una speranza. Seguendo quel-
la luce, in un momento tragico della mia esistenza,
entrai nella mia stanza, chiusi la porta e gridai a Dio:
“Se esisti, vieni, aiutami, perché davanti a me ho la
morte!”. Forse Dio ha permesso questa kenosis, que-
sta discesa, questo svuotamento di me stesso per farmi
umile, per farmi capace di gridare, di chiedere aiuto.
E in quel momento avvenne un incontro. Perché io
mi domandavo: “Che cosa mi può dimostrare che Dio
c’è?”. Le prove di S. Tommaso d’Aquino (non c’è oro-
logio senza orologiaio, ecc.) non mi servivano. La bel-
lezza della natura neanche. È curioso questo. Come
potrei arrivare ad avere una certezza?

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Un’esperienza
di Nuova
EvangelizzazionE:
la missio
ad gentes

La missio ad gentes di Karl-Marx-Stadt (Chemnitz) – Germania.

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Una forma sorprendente che Dio ci ha conces-
so per portare avanti la Nuova Evangelizzazione nel
Cammino Neocatecumenale sono le missio ad gentes.
La “missione ai gentili” fa riferimento ai luoghi dove
non è presente il Vangelo, dove bisogna realizzare la
“prima evangelizzazione”. San Paolo dice: “Andremo
ai gentili”.

Possiamo distinguere due tipi di luoghi in cui è


necessaria questa evangelizzazione: zone povere dove,
in genere, la gente è battezzata ed ha una religiosità
naturale e una grande devozione popolare e, in secon-
do luogo, città in cui la secolarizzazione ha fatto vere
stragi e della Chiesa Cattolica non resta quasi nulla.

Ci sono luoghi impressionanti, come la città di


Chemnitz (Germania), in cui quarant’anni di comuni-
smo hanno distrutto la religione. I comunisti credono
che la religione intossica il cervello e aliena l’uomo dal-
la sua funzione primaria, che è il bene sociale e la giu-
stizia. Chemnitz voleva essere una città modello dell’or-
dine sociale che crea il comunismo. A questo fine, ad
esempio, cambiarono il nome in quello di Città di Karl
Marx. E collocarono un’enorme scultura di undici me-
tri con l’immagine della sua testa al centro della città. Il

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