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Luigi Coppola - Dipartimento di Ingegneria e scienze applicate, Università degli Studi di Bergamo
Alessandra Buoso – PhD, Ingegnere civile, Libero Professionista
Tratto dal libro di Luigi Coppola e Alessandra Buoso, edito da ULRICO HOEPLI, dal titolo “IL RESTAURO DELL’ARCHITETTURA
MODERNA IN CEMENTO ARMATO - Alterazione e dissesto delle strutture in c.a. - Diagnostica – Interventi di manutenzione e
adeguamento antisismico - Materiali, tecniche e cantieristica”.
Introduzione
Prima di procedere alla definizione di un intervento di ripristino (in termini di materiali, sistemi, tecniche e
cantieristica) è indispensabile definire le cause che hanno promosso gli effetti macroscopici dell’alterazione, del
degrado e/o del dissesto dei singoli elementi in c.a. ed eventualmente dell'opera nel suo complesso. Questo
obiettivo – la ricerca delle cause (la diagnosi) – è fondamentale nella manutenzione delle strutture esistenti,
poiché il fine primario dell’intervento è rappresentato proprio dall'eliminazione delle cause responsabili delle
patologie e/o delle carenze di cui l'opera è affetta. Al fine di risalire agevolmente alle cause delle alterazioni
rilevate, non sempre immediatamente individuabili mediante la semplice osservazione del manufatto (il
sopralluogo), potrà risultare necessario avvalersi di alcune tecniche di indagine per determinare le
caratteristiche chimico-fisiche dei materiali da costruzione, misurarne le prestazioni residue dal punto di vista
meccanico ed elastico, valutare se, inoltre, l'acciaio o il calcestruzzo sono interessati da alterazioni di tipo
chimico e/o elettrochimico prodotte dall'ambiente esterno o da cause endogene (legate, per esempio, ad errori
nella scelta dei costituenti per il confezionamento del conglomerato).
La diagnosi degli stati di alterazione/degrado e/o dissesto di una struttura in calcestruzzo armato deve avvenire,
pertanto, attraverso un percorso metodologico che si basa innanzitutto sull'analisi visiva del manufatto in
occasione del quale si procederà non solo al rilevamento delle patologie di cui l'opera è affetta (fessure, zone di
anomalo ristagno dell'acqua, espulsioni di parti di calcestruzzo, presenza di armature corrose, ecc.), ma anche
all'acquisizione di informazioni (dati storico-geografici) che riguardano l'opera durante e dopo la sua costruzione,
il sito ove la stessa è stata realizzata, le condizioni al contorno (edifici o strutture adiacenti, eventuali scavi
effettuati successivamente alla costruzione dell'opera oggetto di indagine, ecc.). I dati rilevati dalla semplice
osservazione visiva e quelli storico-geografici possono essere sufficienti, nei casi più semplici, per emettere una
diagnosi definitiva. Molto più spesso, invece, essi consentono di emettere soltanto un sospetto diagnostico, sulla
base del quale verranno effettuate delle indagini mirate (in situ o in laboratorio) che consentiranno di ampliare
la conoscenza del manufatto e che condurranno, dapprima, alla diagnosi vera e propria e, successivamente, alla
definizione delle terapie da intraprendere (gli interventi di manutenzione e restauro da attuare).
Durante l'esame visivo dovranno essere identificate tutte le possibili patologie, gli stati di alterazione e degrado
dei materiali, dei singoli elementi oltre che dell'opera nel suo complesso. Occorrerà, ad esempio, rilevare le zone
ove l'acciaio è interessato dalla corrosione, quelle interessate da espulsione del copriferro o da deformazioni
(per esempio, imbarcamenti, fuori piombo, ecc.), o quelle che si presentano fessurate.
Relativamente alla rilevazione dei quadri fessurativi sarà necessario stabilire innanzitutto la cronologia di
manifestazione della soluzione di continuità (Fig.1). Le fessure, infatti, possono comparire durante la
realizzazione dell'opera generalmente per mancata maturazione umida o per fenomeni di ritiro autogeno
soprattutto nei calcestruzzi ad alta resistenza oppure di ritiro igrometrico non opportunamente fronteggiato sia
in fase progettuale che esecutiva. La situazione si presenta ben diversa allorquando le fessurazioni dovessero
manifestarsi in concomitanza con eventi che interessano le aree circostanti la struttura oggetto di indagine, quali
la realizzazione di nuovi edifici o di scavi. In questa evenienza, le fessure potrebbero essere ascritte a cedimenti
delle fondazioni legate proprio alle variazioni delle condizioni di pressione sul terreno determinate dalle mutate
situazioni al contorno. Sempre in relazione alle fessure sarà necessario valutare sia la localizzazione che
l'andamento delle stesse in relazione allo schema statico della membratura fessurata al fine di stabilirne la
pericolosità dal punto di vista strutturale (Fig. 1). In definitiva, quindi, durante il sopralluogo sarà abilità del
tecnico quella di stabilire un sospetto diagnostico che dovrà "pilotare" non solo i sondaggi (i saggi) – finalizzati
alla rilevazione del dissesto e all'accertamento della sussistenza di un presunto danno (non palesemente visibile)
– ma, anche, l'indagine sulla storia del fabbricato.
Fig. 1 – Modalità per il rilievo dei quadri fessurativi negli elementi in c.a.
Nel caso di un sopralluogo effettuato dopo un evento sismico, la ricerca e l'individuazione dei quadri fessurativi e
dei dissesti – sia degli elementi strutturali che di quelli accessori – sono principalmente finalizzate a stabilire la
carenza nella risposta sismica sia a livello del singolo elemento strutturale che dell'opera nel suo complesso. A
questo proposito, l'indagine non può prescindere da un'attenta valutazione delle modalità di collasso dei
tamponamenti, dei pilastri e dei nodi travi-pilastro e nei casi di danneggiamento più gravi dei solai e delle scale
(Fig. 2). In linea di massima, l'indagine deve riguardare, inizialmente, i tamponamenti situati al piano terreno,
accertando il tipo di lesione, l'eventuale ribaltamento fuori dal piano e/o schiacciamento degli spigoli. L'analisi
proseguirà sulle membrature in c.a. che circoscrivono i tamponamenti maggiormente danneggiati onde
individuare, ad esempio, lesioni nei nodi travi/pilastro conseguenti al fenomeno del puntone compresso. Il
sopralluogo verrà poi esteso a tutti i pilastri del piano terra – in particolare all'attacco con le travi del primo
orizzontamento (per i pilastri dei fabbricati industriali l'indagine sarà focalizzata in corrispondenza dell'attacco
con le fondazioni) – al fine di stabilire il livello di danno raggiunto in occasione del sisma sulla base del quadro
fessurativo (flessionale o tagliante), dell'eventuale schiacciamento del calcestruzzo e/o di svergolamento delle
barre di armatura. Il sopralluogo dovrà, inoltre, mettere in evidenza eventuali fenomeni di martellamento con
edifici adiacenti, fenomeni torsionali legati ad errori nella distribuzione delle masse e delle rigidezze, elementi
con comportamento prevalentemente tagliante (pilastri tozzi con ridotta duttilità). Si proseguirà, quindi, a
rilevare eventuali cinematismi con formazione di cerniere in testa e al piede dei pilastri, ad analizzare il
danneggiamento delle travi, dei solai e delle scale.
Fig.2 – Quadri fessurativi e dissesti nei tamponamenti e nelle membrature in c.a. prodotti da una
scadente risposta all'azione sismica
Per quanto riguarda il rilievo delle principali forme di alterazione delle superfici e di degrado dei materiali che
costituiscono le membrature in c.a. e gli elementi accessori si evidenzia come in linea di massima queste forme
siano connesse con difetti di costruzione e/o legate a fenomeni di tipo fisico o a reazioni di tipo chimico tra i
materiali da costruzione e l'ambiente in cui una determinata opera è situata. Sebbene le casistiche di degrado
siano innumerevoli, tuttavia, esse possono essere raggruppate in tre grandi categorie (Tabella 1):
- alterazioni delle superfici dei materiali da costruzione;
- alterazioni delle sezioni degli elementi costruttivi;
- fessurazioni, perdita, distacco ed espulsione di materiale dalla sezione in c.a..
In linea di massima, le alterazioni delle superfici e delle sezioni sono di facile diagnosi in quanto sono legate
principalmente ad errori durante l'esecuzione dell'opera e/o a difetti dei particolari costruttivi con particolare
riferimento a quelli legati allo smaltimento delle acque piovane. Più difficoltosa risulta la ricerca delle cause di
quelle forme di degrado che si presentano in forma di fessurazioni, distacchi ed espulsione di materiale. Queste
forme di alterazione, infatti, possono essere riconducibili a cause diverse non direttamente individuabili
attraverso la mera osservazione visiva, tanto da necessitare di un approfondimento di indagine da condursi
mediante prove effettuate generalmente in laboratorio su reperti prelevati in occasione del sopralluogo. Ad
esempio se si evidenzia dal sopralluogo la presenza di corrosione delle barre di armatura, accompagnata da
macchie di ruggine sulla superficie del calcestruzzo, fessurazione e distacco del copriferro sarà necessario
individuare, innanzitutto, se vi sono errori nella raccolta e smaltimento delle acque. Successivamente, si potrà
procedere alla valutazione dello spessore di calcestruzzo contaminato dall'anidride carbonica e/o dal cloruro
mediante metodi colorimetrici oppure ricorrendo all'analisi chimica elementale. Lo spessore di materiale
contaminato, unitamente alla conoscenza dell'età della struttura potrà fornire indirettamente utili indicazioni
sulle caratteristiche del calcestruzzo utilizzato in termini sia di resistenza che di rigidità. Queste informazioni,
unitamente alla determinazione della riduzione di sezione dell'armatura per effetto della corrosione potranno
indirizzare l'intervento di manutenzione verso un reintegro dell'armatura corrosa oltre che nella scelta dei
sistemi di protezione superficiale.
Il sopralluogo di un determinato oggetto, in definitiva, costituisce un'attività non banale per il professionista
incaricato dell'intervento di ripristino, in quanto egli dovrà non limitarsi soltanto all’osservazione visiva delle
forme di alterazione, degrado e dissesto palesi, ma dovrà ricercare anche le manifestazioni macroscopiche del
danno non direttamente visibili se non attraverso dei saggi puntuali mirati. Per questo motivo, contestualmente
all'osservazione visiva delle forme palesi di dissesto, il professionista dovrà elaborare un preliminare sospetto
diagnostico che dovrà indirizzare (pilotare) tutte le attività da effettuare durante il sopralluogo visivo.
Relativamente a questo aspetto, ai fini della elaborazione preliminare del sospetto diagnostico, sarà opportuno
acquisire quelle informazioni inerenti l’oggetto (dati storico-geografici) che possono essere correlate al sospetto
stesso che il tecnico avrà elaborato durante l'esame visivo degli elementi danneggiati.
Tra i dati storici più significativi (Fig. 3) sono da annoverare quelli concernenti la collocazione geografica e le
condizioni climatiche dell'area ove l'opera è situata in quanto strettamente collegati ai possibili meccanismi di
degrado promossi dalle sostanze aggressive ambientali. Per esempio, se una struttura presenta una superficie in
calcestruzzo polverosa, con una scadente coesione superficiale, associata a corrosione dei ferri, diventa
importante conoscere la cronologia di formazione dello stato di alterazione per comprendere se il
danneggiamento registrato è da associare ad un difetto presente sin dalla costruzione dell'opera (lo
sfarinamento superficiale potrebbe essere colpa di un bleeding eccessivo e/o di una mancata maturazione
umida) o se è l'azione aggressiva ambientale (gelo-disgelo, sali disgelanti, dilavamento, ecc.) l'unica responsabile
degli stati di alterazione rilevati. Ovviamente, le informazioni relative al luogo ove è situata la struttura sono
fondamentali anche per la scelta dei materiali da utilizzarsi nell'intervento di ripristino. Oppure, la collocazione
geografica dell'opera può rivelarsi un dato storico significativo anche in presenza di reazione alcali-aggregato.
Per esempio, in Italia questo tipo di fenomeno è molto ricorrente lungo la fascia adriatica per problemi legati alla
geologia di queste aree. Pertanto, la presenza di fessurazioni ad andamento caotico, con ampiezze rilevanti, in
elementi che operano prevalentemente all'esterno in contatto con acqua piovana o con fiumi, torrenti ecc., che
si sono manifestate dopo qualche mese anno dalla realizzazione e che sono situate proprio in queste zone della
fascia adriatica sono con ragionevole certezza da attribuirsi alla reazione alcali-aggregato. Questo preliminare
sospetto diagnostico ovviamente dovrà essere confermato, per esempio, mediante un'analisi al microscopio
ottico di sezioni di calcestruzzo, al fine di evidenziare sia le forme alcali-reattive presenti negli aggregati che i
bordi di reazione con evidenti i segni di alterazione all'interfaccia pasta di cemento/aggregato alcali-reattivo.
Queste determinazioni sono di fondamentale importanza per individuare il corretto intervento di ripristino da
attuare in quanto si intuisce come in una struttura che ancora non avesse esaurito la reazione alcali-aggregato,
diventa di fatto impraticabile qualsiasi intervento che non sia quello radicale di completa demolizione
dell'elemento costruttivo.
Tra i dati storici sensibili, quelli che riguardano gli aspetti progettuali ed esecutivi e quelli relativi ai materiali
utilizzati per la realizzazione delle opere si rivelano di fondamentale importanza. In molte situazioni è
importante, infatti, conoscere il tipo di calcestruzzo (in termini di resistenza a compressione, di modulo di
elasticità, oltre che relativamente agli ingredienti utilizzati per il suo confezionamento) e di acciaio (liscio o ad
aderenza migliorata, il diametro del tondino, il tipo di acciaio, ecc.). Ovviamente, ove presente, sarà opportuno
anche conoscere il tipo di protettivo superficiale applicato in precedenti interventi di manutenzione sulla
struttura in calcestruzzo. Infine, possono risultare molto utili anche le informazioni sugli aspetti esecutivi e
progettuali di una certa opera in c.a. Per esempio, informazioni riguardo all'esecuzione dell'opera sono
fondamentali laddove gli stati di alterazione riguardano perdite di boiacca, vespai e macchie congenite sulla
superficie del calcestruzzo. Gli aspetti progettuali fanno riferimento ai particolari costruttivi quali giunti,
pendenze, sistemi di raccolta e smaltimento delle acque, ecc. Il rilievo del funzionamento di questi particolari in
occasione del sopralluogo è fondamentale per comprendere i meccanismi di degrado legati all'azione dell'acqua.
Prima di concludere il sopralluogo il progettista dovrà stabilire se, in relazione alla forma di
danneggiamento/alterazione rilevata e ai dati storico-geografici raccolti, è in grado di elaborare la diagnosi
definitiva o se, invece, necessita di ulteriori accertamenti da effettuarsi in situ o su campioni prelevati dalle
strutture oggetto di indagine da analizzare, successivamente, in laboratorio (Fig. 4). In quest'ultima evenienza
dovrà mettere a punto un programma di indagini sperimentali avendo chiaro l’obiettivo di quali siano le
informazioni necessarie da acquisire e quindi le relative prove da effettuare per poter ottenere i dati necessari
alla formulazione di una diagnosi definitiva per elaborare correttamente il progetto di ripristino. In particolare
dovrà localizzare le aree ove effettuare l'indagine e/o il prelievo e, in relazione alle prove da eseguire, il numero
e la geometria dei campioni da prelevare.
Fig.4 – L'iter metodologico per la diagnosi delle forme di alterazione, dissesto e degrado delle strutture in c.a.
Le indagini in situ (Fig. 5) hanno come obiettivo quello di integrare le informazioni acquisite durante il
sopralluogo al fine di confermare o meno il sospetto diagnostico formulato dal progettista incaricato della
definizione dell’intervento di ripristino. Una caratteristica peculiare delle prove non distruttive è di analizzare la
struttura nella sua globalità in modo semplice e sufficientemente rapido.
Le indagini attualmente in uso, sia distruttive (saggi ed ispezioni locali, ecc.) che non (ultrasoniche, termografiche
ecc.), si basano principalmente sull’individuazione di alcune proprietà fisiche (contenuto d’umidità, conducibilità
elettrica, potenziale libera corrosione, ecc.) ed elasto-meccaniche (resistenza a compressione, resistenza a
trazione, modulo elastico, ecc.) dei materiali oppure sull'individuazione di sezioni di elementi in c.a. che si
presentano danneggiati (fessure, riprese di getto, vespai, ecc.). Esse possono, infine, essere utilizzate per
monitorare l'efficacia e lo stato di interventi di manutenzione effettuati in passato. Un ulteriore scopo che ci si
prefigge con il ricorso alle prove non distruttive in situ è quello di "guidare" il prelievo di campioni da sottoporre
a prove di laboratorio, riducendo globalmente il numero di campioni da estrarre e di prove da eseguire in modo
da contenere i costi complessivi della diagnosi.
Le principali prove di laboratorio (Fig. 6) per la diagnostica delle strutture in calcestruzzo armato sono utilizzate a
completamento delle informazioni desunte sia durante il sopralluogo che dalle prove condotte direttamente in
situ.
Tratto dal libro di Luigi Coppola e Alessandra Buoso, edito da ULRICO HOEPLI, dal titolo “IL RESTAURO DELL’ARCHITETTURA
MODERNA IN CEMENTO ARMATO - Alterazione e dissesto delle strutture in c.a. - Diagnostica – Interventi di manutenzione e
adeguamento antisismico - Materiali, tecniche e cantieristica”.