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Una poesia lunghissima

tu, se sai dire, dillo, dillo a qualcuno.

No, non c’è posto qui per una misura

persino l’uomo, per l’uomo, gli può diventare già umano:

come avessimo avuto un senso, o guardavamo un mare

come avesse avuto un senso.

E c’è da riprovare il già provato

sterminare l’amore sterminato.

La molteplice natura del tempo

traveste il suo impercettibile fluire

Se la felicità sia il nostro vero

o il nostro vero la felicità.

vedo un futuro, è fatto di questa

gente che proprio non ne sa niente.

Il sacrificio è una

gara a eliminazione, e la sua ara,

il posto di lavoro.

effimero, passato, forse scritto

anch’esso nella memoria del creato.

Ti sia leggera questa terra, dixi,

provveda la chi mica chi mera.

orfeo! gli dice uno, erfeo! gridando, efreo! battendogli la

faccia con i piedi, ebreo! gli dice allora: “canta!”

Non si sa chi, non si sa dove, non si sa mai

non è possibile trovarsi in cerca di se stessi sempre

Illumino spesso gli altri ma io rimango sempre al buio.

Tu che dormi, ti affido la luce,


crescerà a breve fra la campagna e il noce.

Sii dolce con me.

Maneggiami con cura.

tutto

il tondo del

mondo è qui

Ora che i piedi abitano fermi il suolo

è estenuante l’attesa del paradiso.

Verrà la morte e avrà i mie occhi

ma dentro

ci troverà i tuoi

Io con la poesia vorrei fare mattoni.

Nessuna cultura toglierà le mani alle mani,

la pelle ai vestiti.

hai il sapore del riposo

con gli ultimi voli della notte e il brucare in silenzio

perchè tu sei con me

assorto in un tramonto spalancato

Io.Tu.Tu ed io.Noi.

Una, improvvisamente

s’alza dal letto dicendo

tu mi guardi mentre io ti guardo dentro

e se ti guardo dentro mi vedo.

poche le notti d’amore, pochi i baci, poche le strade

che portano fuori di noi, poche le poesie.

nere nuvole come tumori

come bianco pane di Spagna

Avrai poche cose, tra quelle cose


ci sarò io.

il vero amore

non ha le nocciole

In un lago di nubi e calce accesa,

si appresta l’uomo a soppravivere

e i soffitti sempre più bassi, le rose anche

Un Dio Ragazzo, che conosce il Ma-mul, cantando

urlava maledizioni di penisole

provo una discreta soddisfazione

un povero asino legato quel pioppo che cade

ci accomuna la conta differita dei morti

Tra le fronde c’è un mistero

Alba cerulea di primavera

cerco il fango, mio unico amico

La perfezione del primo vero male

Addolcito il tumulto dei giorni

non serba confini l’amore

Le parole d’amore appartengono ai poeti,

ai pazzi, o agli dei

Pigre, le foglie spaccate dal gelo,

vestono le strade della mia infanzia

Eludendo i tuoi cento sospiri

labbra che si possano credere cadute

A volte pare ciò che non si sa

Magari è proprio questa la virtù

Ma di’ soltanto una parola e l’anima mia sarà salvata

Attento abitante del pianeta,

guardati! dalle parole dei Grandi


un lungo silenzio acceso

dopo un lunghissimo bacio

e non si scioglie non si scioglie non si scioglie non si scioglie più?

Carta da bollo per gli incendiati un papavero

Leggimi di notte, come io scrivo,

Vipera spavalda a testa eretta

Perché non si stima un uomo dal vestito

ma per quanti scalpi di tiranno s’è adoprato.

il cane abbaiava alla luna

ma è questo tuo mancare la presenza

ginestre

ferrose

Nel silenzio dei fiori,

in quel silenzio al centro

scatti di linfa, clorofilla, luce

spiccano ogni volta felici il volo

incontro a chi spara.

chiodata sul ventre di carta

la nascita deforme dei nessi

e Dio non si sarebbe scomodato

Smettila, hai capito? di immaginarci

Nulla da aggiungere, nessun significato

Ripeto ogni mattina la lista e aspetto

che qualcuno mi dica cosa manca, e dove.

La verità che non è la poesia,

ma nel verso come nel segno trova

animale è l’amore

ma tu segui gli spacciatori di oracoli


Prendere in mano la sorte del suo destino e integrarlo

e diventare l’agognato essere dei sogni

Il corpo è la scure: si abbatte sulla luce

scostandola in silenzio

Il massacro è la mia storia, in allegoria.

se ti togliamo ciò che non è tuo

non ti rimane niente

Ho freddo, ma come se non fossi io.

Ho portato un libro, mi dico di essermi pensato in un libro

se riesci, dove finisce l’omero incomincia la mia fine

dove era il mio occhio oggi c’è mare e il cielo

Cosa dirai di me dopo che tutti i mutamenti

mi avranno riempito di difetti

I morti hanno la bocca cucita al perdono.

Nell’aborigeno mio cielo

il mio cielo è tronco d’ali e reti

l’agglutinarsi di dio

dentro di te.

Azzarda lo scompenso nel cammino

Veggente dalla bocca vuota e l’occhio cavo

Io volevo un amore non questa conversione della pena

tu cura il traguardo, l’ombra viva del pensiero

perché sia memoria.

in ogni verbo dove girano mano

e piede s’accampa una pietra

-ché siamo tutti deboli come una promessa

di quelle che (non) mantieni in silenzio

Occorre approntare la parola per gl’inverni a venire


stringendosi addosso assoluzioni e i colpi bassi delle ghiacciate

come si scrive inventariato? Te lo dico io:

si scrive con la lista precisa dei corpi che siamo stati

soma cosa?

peso irriso

Che età avevi quando irruppe il Medo?

Scrivere per disperazione e gioia

e sperare che giovi all’eco del corpo

Abbiamo altre parole questa notte:

un corpo musicale, a vendicare il tempo passato senza fuochi

La selva automatica e squillante, l’anonimato azzurro

ma non etereo: scrupoloso

M’è ditte ca na vote ng’ere amore

e sse durmije cu re pporte aperte

La bocca è un’alba schiusa

la meraviglia è nelle cose guardate

mai nessuno che sospetti che qualcosa va fermato

Chi è necessario dice ciò che resta

e non vuole niente

Avrebbe dovuto appartenere ad altri mondi

l’inerme che è germinato in noi

La gente è uno sbaglio anche quando è lontana.

Chi manca è più nitido,

si prende la ragione

corrisponde a un’incrinatura che si allarga nel tempo ogni nascita,

ben prima del grido che ne certifica l’orrore

riproporsi costante della voglia

di dire dirsi vedi ancora vado


La merce siamo noi, siamo la merce

che può fare acquisti

Quando l’acquisto riguarda il pane, i tempi

sono prossimi alla redenzione

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