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IL MEDIOEVO

Il medioevo è un'epoca che copre quasi 1000 anni di storia: va all'incirca dalla fine
del V secolo fino al XV secolo. In questo lungo periodo storico la musica è usata con
funzione pratica per essere eseguita in occasione di una festa o una celebrazione.

LA MUSICA PRIMA DEL MILLE

IL CANTO GREGORIANO

Dall'evoluzione del canto religioso romano nacque il canto gregoriano che prese il
nome proprio da Gregorio Magno (590-604) che ne attivò una revisione. In questo
periodo nacque la notazione neumatica che permise di ricordare con più precisione le
melodie.

Il canto gregoriano era basato su un testo latino ed era monodico, usato per le
cerimonie religiose.

LE PRIME FORME D NOTAZIONE

Nei codici musicali del medioevo si incontrano tre tipi di notazioni : alfabetica,
neumatica VII secolo, mensurale.

NOTAZIONE ALFABETICA
Nel medioevo le note venivano indicati con le lettere dell'alfabeto.

Tale notazione è ancora in uso nei paesi di lingua anglosassone:

A=La B=Si C=Do D=Re E=Mi F=Fa G=Sol

nei paesi di lingua tedesca la nota Si viene indicata con la lettera H, mentre B
corrisponde al Sib.

Boezio (470 - 525 circa) fu il primo trattatista del medioevo a impiegare le lettere
dell’alfabeto latino relativamente alla suddivisione del monocordo.

Oddone da Cluny (ca. 878 - 18 novembre 942) applicò la notazione alfabetica al


sistema perfetto dei greci premettendo la nota (gamma) e differenziò graficamente le
ottave, impiegando le lettere maiuscole per la prima ottava, le lettere minuscole per la
seconda, e le doppie minuscole per la terza. Inoltre distinse il suono B in molle e duro.
La prima lettera indica la lettera greca gamma corrispondente alla nostra G.

http://www.istitutovarrone.it/documenti/7_d.doc

Notazione alfabetica

Contrariamente a quanto avveniva nella musica greca, in età medievale la notazione


alfabetica venne usata solo nei trattati e negli esempi musicali annessi, quasi mai per
scrivere melodie. Severino Boezio fu il primo teorico ad impiegare le lettere dell'alfabeto
latino, dalla «a» alla «p» (notazione normanna), non indicando però le note
corrispondenti ma i punti in cui suddividere il monocordo.
Il complesso della notazione alfabetica venne introdotto ed illustrato nel «Dialogo de
musica», o «Dialogo del Maestro lombardo», che è un trattato in forma di domande e
risposte, di stile tipicamente medievale, tra maestro e discepolo e databile all'inizio del
secolo XI. La tradizione attribuiva quest'opera a S. Oddone di Cluny (fu uno dei primi
abati e pur conoscendo la musica non esplicò alcuna attività teorico-musicale
documentata). Gli studi moderni del francese Michel Hughò dimostrano che non può
essere lui l'autore di questo trattato il cui autore, rimasto anonimo, viene indicato da
Hughò come pseudo-Oddone. Questo trattato è molto importante perché rinnova la
teoria musicale medievale; conserva il sistema perfetto greco ma non la sua terminologia
e non lo divide in tetracordi ma in ottave (da «A» ad «a» e da «a» ad «a doppio»
aggiungendo un sol grave indicato con la lettera Gamma maiuscola in quanto è la prima
lettera differente tra l'alfabeto greco e quello latino). Altra caratteristica importante della
notazione dello pseudo-Oddone è la esplicita alternativa tra il si bemolle ed il si
bequadro .

NOTAZIONE NEUMATICA

I canti gregoriani medioevali, sacri e profani, ci sono pervenuti nella notazione detta
neumatica (dal greco neuma = segno).

La notazione gregoriana nasce da un sistema greco basato sugli accenti: l'accento


acuto ( / ) indicava l'innalzarsi della voce, l'accento grave ( \ ) l'abbassarsi, il punto ( .
) una pausa. Dall'evoluzione del primo è nata la virga e dal secondo il punctum

Nel medioevo vennero introdotti sopra il testo da cantare alcuni segni


detti neumi (segno) che indicavano la direzione (ascendente o discendente) della linea.
Da questi primitivi segni è nata la moderna notazione

La notazione tipica del canto gregoriano è la notazione neumatica che nasce intorno al VII
secolo ed ha uno sviluppo differenziato nei vari paesi europei dando origine a quindici principali
famiglie di neumi

I neumi derivati dagli accenti della parola, assunsero forme che corrispondevano ad
un solo suono virga e punctum a due suoni pes o podatus etc. sono dette ligaturae.

Un neuma poteva essere allungato anche aggiungendo un piccolo segnale, un piccolo


trattino detto episema.

http://www.hapaxlegomenon.it/musica/teoriamusica/notazione-musicale.php
Si intende per notazione musicale la scrittura musicale. Esistono indizi di una prima
notazione babilonese e supposizioni sulle possibili scritture egiziane e cretesi, ma il
primo sistema di notazione veramente documentato e interpretato è quello greco, che ha
visto due fasi chiaramente distinguibili. Il primo tipo di notazione greca (detto
strumentale) si serve di segni (in parte lettere di un alfabeto arcaico) che possono
assumere tre posizioni (dritta, rovesciata e orizzontale) per indicare le note anche nelle
loro possibili alterazioni; il secondo sistema, posteriore (detto vocale), non usa
distinzioni di posizione, ma utilizza una lettera dell'alfabeto ionico per ciascun suono
oltre ad altri simboli convenzionali per la durata. Presumibilmente, questo tipo di
notazione fu adottato anche dai romani che però sostituirono le lettere greche con le
prime 15 (A-P) dell'alfabeto latino (Boezio e Cassiodoro, secc. v-vi), poi (Odo di Cluny,
secc. ix-x) limitate a 7. Se le note del mondo classico sono essenzialmente alfabetiche,
nel corso del Medioevo si sfrutteranno i simboli grafici degli accenti acuto e grave,
sull'esempio delle notazioni bizanitina (a cominciare dalla più antica, detta ecfonetica,
risalente forse al iv secolo, derivata dai segni della prosodia e riferita a un tono di lettura
fra il parlato e il cantato), siriaca, armena, copta ed ebraica, che ebbero (specie la prima)
una precisa ed identificabile influenza sull'evoluzione della grafia musicale occidentale.
Solo alcuni testi teorici adottano in questo periodo forme di notazione non nemsatica:
ricordiamo la dasiana, in cui compare un primitivo rigo nel quale è inserito il testo da
cantare.

Ma la notazione tipica del canto gregoriano è la neumatica, che nasce circa nel sec. viii
ed ha uno sviluppo estremamente differenziato nei vari paesi europei, tale da dare
origine a quindici principali « famiglie » di neumi; citiamo, tra esse, quelle di Nonantola,
di S. Gallo, di Benevento, di Metz e l'aquitana, da cui deriva la notazione quadrata ancor
oggi usata nei testi liturgici. I neumi assunsero presto forme distinte corrispondenti ad un
solo suono, virga e punctum, derivate rispettivamente dall'accento acuto e dal grave, a
due, a tre. La prima notazione neumatica, detta adiastematica o in campo aperto, vede la
semplice sovrapposizione alle sillabe del testo di questi segni, che vengono più o meno
distanziati per indicare approssimativamente il profilo della melodia, ma che non
precisano né l'altezza assoluta del suono né la sua durata. Maggiore chiarezza venne
dall'adozione di una linea (prima descritta a secco poi in rosso) che indicava la posizione
del fa, cui segui una seconda (generalmente gialla) per il do (notazione diastensatica),
agevolando l'identificazione dell'intervallo intercorrente tra due note successive; davanti
alle linee vennero poste rispettivamente le lettere C e F, antesigna ne delle attuali chiavi
musicali di do e di fa. La nascita del vero e proprio rigo musicale risale però solo al sec.
xi, quando Guido d'Arezzo propose l'adozione del tetragramma (rigo di quattro linee),
che poteva essere attraversato da stanghette di diverse dimensioni per dividere tra loro le
frasi musicali o parti interne di esse.

http://www.istitutovarrone.it/documenti/7_d.doc

La notazione neumatica

Il termine neuma deriva dal greco e significa segno; in passato è stato a lungo discusso il
problema della sua origine poiché la notazione neumatica ( come anche la neumatica
bizantina) appare come un filone isolato sia rispetto all'antica notazione alfabetica sia
rispetto alla notazione delle epoche successive. Nel secolo scorso si formularono sulla
sua origine le più diverse ipotesi: la più seria e degna di credito è quella del
Coussemaker che sostiene la derivazione dei neumi dagli antichi accenti grammaticali
delle lingue classiche, accenti che servivano a dare l'esatta intonazione alle parole. I
neumi quindi, secondo tale teoria, sono il prodotto della trasformazione degli antichi
accenti acuto, grave e circonflesso; dall'evoluzione del primo è nata la virga e dal
secondo il punctum. Nel corso dei secoli si formarono numerose famiglie neumatiche,
diverse fra monastero e monastero e fra un manoscritto e l'altro. Alcune scritture
curavano maggiormente le indicazioni ritmiche, altre delineavano con più precisione la
melodia. Alcune fornivano un punto di riferimento per l'intonazione e in base a questo
distanziavano i neumi (notazioni diastematiche), altre invece erano in campo aperto
(notazioni adiastematiche) e servivano solo per rammentare al cantore determinate
melodie che egli già conosceva

http://it.wikipedia.org/wiki/Musica_medioevale#Scuola_di_Notre_Dame
La notazione neumatica

La trasmissione orale del canto gregoriano non impedì l'utilizzazione, dal punto di vista
teorico, di una scrittura alfabetica medievale, che, a differenza di quella greca, utilizzò le
lettere dell'alfabeto latino. La notazione che venne utilizzata fu quella di Oddone da
Cluny. Si tratta di una notazione tuttora impiegata nei paesi anglosassoni, che utilizza le
lettere dalla A alla G, per indicare la successione dei suoni dal La al Sol. Le lettere
maiuscole si riferiscono alla prima ottava (quella più bassa), le lettere minuscole alla
seconda ottava(ottava intermedia).Per quanto riguarda il si, nota mobile, si utilizzava il si
dai contorni rotondi se bemolle, mentre il si dai contorni quadrati se naturale . Dal punto
di vista pratico, per facilitare le memorizzazione dei canti, si posero degli accenti
(neumi) sul testo, che ricordavano, a chi cantava o leggeva il testo, l'andamento della
melodia. E poiché in greco l'accento si chiama neuma, questa notazione venne chiamata
neumatica. Inizialmente, gli accenti furono l'accento acuto (), l'accento grave (),
circonflesso () e l'anticirconflesso (). Gli vennero dati anche nomi, quali, ad esempio,
notazione in campo aperto (perché i neumi erano liberamente posti sul testo), notazione
adiastematica (da "diastema" = intervalli + "a privativa, cioè incapace di indicare
l'altezza precisa dei suoni, ma solo l'andamento della melodia) e notazione chironomica
(da "cheiros" = mano, perché riproponeva, in pergamena, il movimento della mano del
"precento" (= direttore d'orchestra), che guidava il coro.

* Le notazioni si complicano in ordine decrescente: la notazione di S. Gallo e quella di


Metz sono molto più complesse della notazione inglese, in quanto offrono una grande
quantità di informazioni supplementare sulle sfumature esecutive;
* La notazione aquitana presenta segni dislocati nello spazio, dunque, pur essendo
ancora adiastematica, suggerisce la disposizione delle note, grazie alla disposizione
spaziale dei neumi. I neumi utilizzati dalla notazione aquitania hanno forma quadrata,
che sarà la forma delle notazioni successive.

Un momento decisivo nell'evoluzione della scrittura musicale fu quello in cui un ignoto


copista tracciò una linea a secco, senza inchiostro, sulla pergamena. Prima di questa
linea pose la lettera C (= Do, nella notazione alfabetica medievale). I neumi che stavano
sopra della linea erano al di sopra del do, mentre quelli che stavano sotto erano al di
sotto del do. Successivamente venne aggiunta una seconda linea, prima della quale
venne messa la lettera "G" (che indicava il sol) ed una terza linea, preceduta dalla lettera
F (che indicava il Fa). L'evoluzione di queste lettere ha portato alla nascita delle chiavi
di Do, Sol e Fa. Inizialmente ogni linea aveva la sua chiave ed era colorata, per essere
distinta della altre. Il punto di arrivo di questo tentativo, di questo sforzo di trovare una
notazione che indicasse l'altezza reale dei suoni, quindi che non si limitasse ad indicare
l'altezza della melodia fu appunto la notazione quadrata guidoniana, una notazione
costituita da quattro linee e tre spazi (= tetragramma). La 5° linea nacque quando si
sviluppò un canto più ampio dal punto di vista melodico. La chiave utilizzata era una
sola. Dal punto di vista della forma dei neumi, questa notazione deriva da quella
aquitana.

La tavola dei nèumi di S. Gallo

Precisiamo che con il termine neuma si indica la nota o il gruppo di note che corrisponde
ad una sillaba. Quando la sillaba è resa da una sola nota grave, si ha il punctum; quando,
invece, è resa da una sola nota acuta, si ha la virga.

La tavola dei neumi di S. Gallo fu formulata dai benedettini di Solesmes. Prevede una
lettura in senso verticale e una in senso orizzontale:
Nella lettura in senso verticale vengono raggruppati i neumi che derivano dagli accenti, i
neumi che derivano dall'oriscus e neumi che derivano dall'apostrofo.
1.I neumi che derivano dagli accenti: i più importanti sono il punctum, che è una singola
nota al grave, e la virga, che è una singola nota all'acuto. I neumi che derivano da più
note: i più importanti sono:

* il pes, che indica due note ascendenti, perché è dato dall'unione del punctum con la
virga;
* La clivis, che indica due note discendenti ed è data dall'unione di un accento acuto, che
indica la nota più alta, e dall'unione di una virga con un punctum, che indica la discesa;

I neumi di tre note sono:

* Climacus: indica 3 o più note discendenti ed è reso da una virga con due punctum;
* Scandicus: è dato da tre note ascendenti ed è reso da un punctum e una virga;
* Torculus: è una nota acuta fra due gravi;
* Porrectus: è una grave tra due acute;

La particolarità di questi segni è che devono essere pronunciati senza separazione.

1. I neumi che derivano dall'apostrofo: indicano note ribattute;


2. I neumi che derivano dall'oriscus

Nella lettura in senso orizzontale, invece, si hanno i vari modi con cui un neuma può
essere modificato. Normalmente un neuma poteva essere modificato, nella sua forma o
per mezzo di lettere, per indicare un mutamento nell'esecuzione. Le lettere utilizzate
erano la "t" e "c", che significano rispettivamente "tenete" (= il neuma deve essere
allungato) e "celerite" (procedere rapidamente). Un neuma poteva essere allungato anche
aggiungendo un piccolo segnale, un piccolo trattino detto episema.

Poi abbiamo un particolare tipo di intervento sulla scrittura, lo stacco neumatico. Con
esso si nota che il tropatore, mentre sta scrivendo, improvvisamente stacca la penna. Si
vede, quindi, un pezzo bianco. Lo stacco neumatico evidenzia un momento di respiro.
C’è poi un ultimo carattere che è la liquescenza che veniva posta sopra sillabe
particolarmente complesse, per esempio, sopra le sillabe che presentavano scontri
consonantici. Quando questo segno veniva posto sopra queste sillabe, il cantore sapeva
che doveva ridurre il volume della voce in modo da non far percepire eccessivamente lo
scontro consonantico. Così facendo, il carattere aspro, sgradevole di queste sillabe
veniva ridotto. Il quilisma è un segno neumatico che si trova quasi sempre nel mezzo di
una terza ascendente. Indica una nota di transizione cantata con voce leggera e flessibile.
Questi vari tipi di neumi legati alla notazione di S. Gallo ritornano uguali nella notazione
quadrata guidoniana, quindi una singola nota grave viene indicata da un singolo neuma
quadrato. La differenza fra neuma quadrato e neuma di S. Gallo è che il neuma di S.
Gallo, da cui il neuma quadrato deriva, non dava l'altezza, mentre il neuma quadrato
indica l'insieme delle note che vanno sulla sillaba, ma ci da anche la loro altezza precisa.
Analizzando un brano in scrittura quadrata vediamo che ci sono delle stanghette. La
stanghetta alta più piccola divide due incisi, la stanghetta che sta nel mezzo del
tetragramma separa due frasi, la doppia stanghetta indica l'alternarsi di un coro con
l'altro o del coro col solista.

Se si confronta la versione in notazione quadrata guidoniana con quella di S. Gallo e di


Metz, possiamo dire che la notazione quadrata guidoniana guadagna in precisione,
perché chi legge sa l'altezza precisa dei suoni, ma perde in ricchezza di informazioni.
Quindi quello che si ottiene in precisione si perde sul piano delle informazioni
espressive. Per questo i professionisti che seguono il canto gregoriano, leggono
contemporaneamente la notazione quadrata e le due scritture più complesse.

Parlando della polifonia, quando si cominciano ad utilizzare lo stile di discanto, si sente


la necessità di fare un'organizzazione ritmica più rigorosa che viene data da 6 schemi
ritmici che nacquero dalla prassi musicale. Questi sei schemi ritmici furono tutti
caratterizzati dalla suddivisione ternaria per il discorso trinitario. Nel momento in cui
questi schemi vennero codificati per acquisire una maggiore legittimità culturale, si
utilizzarono i piedi della metrica classica, quindi il primo modo fu dato da una virga e da
un punctum.

* 1° modo: longa brevis


* 2° modo: brevis e longa
* 3° modo: longa, brevis, brevis
* 4° modo: brevis, brevis, longa
* 5° modo: longa, longa
* 6° modo: brevis, brevis, brevis

Detto questo, che si trattasse di un'applicazione artificiosa a dei modelli ritmici


preesistenti è dimostrato dal fatto che, in alcuni casi, il piede della metrica greca
corrisponde al ritmo effettivo, mentre in altri casi no. Ogni voce aveva il suo modo
ritmico, per esempio la voce di tenor di una composizione sempre al 5° modo, cioè il
canto gregoriano al tenor veniva dato sempre con la scansione ritmica che camminava
meno velocemente delle voci superiori alle quali venivano dati altri schemi ritmici un
po’ più movimentati. Era essenziale nell'organizzazione di un modo ritmico l'Ordo(=
ordine). Gli ordines consistevano nell'indicare quante volte si doveva ripetere uno
schema ritmico prima di una pausa.

La suddivisione della longa viene detta Modus. Il modo è perfectus se la longa è divisa
in 3 brevis, imperfectus se la longa è divisa in due brevis. La suddivisione della brevis
viene chiamata tempus, detto perfectum se è divisa in tre e imperfectum se è divisa in
due semibrevis. La suddivisione della semibrevis viene chiamata Prolatio e si dice Maior
se la semibrevis è divisa in 3 minime e minor se la semibrevis è divisa in due minime. In
Italia abbiamo, inoltre, una notazione dell'ars nova italiana che deriva da quella francese,
ma che è un po’ più complessa. Questa notazione venne impostata da Marchetto da
Padova in un trattato chiamato "Pomerium in arte musicae censurate". In essa viene
aggiunta anche la semiminima e le varie suddivisioni delle varie figure, dalle più grandi
alle più piccole, sono ancora più complesse di quelle dell'ars nova francese. Inoltre, vi
erano delle scritture nere e bianche.

La prima notazione neumatica detta adiastematica (senza segno) o in campo aperto, vede la
sovrapposizione dei neumi alle sillabe delle parole non precisando l'altezza della melodia, la cui
variazione di altezza veniva indicata alzando ed abbassando la mano, da qui la notazione
chironomica (dal greco mano).

Ad essa seguì la notazione diastimatica con l'introduzione di linee orizzontali. A partire dall'XI
secolo compaiono nei manoscritti i righi.

Prima venne introdotto un rigo, successivamente ne vennero altri e introdotte le


chiavi, inizialmente costituite dal lettere, C e F, che stabilivano l’altezza delle note sul
rigo.

Infine l'utilizzo del tetragramma portò alla definitiva della grafia medioevale.

Guido Aretino (990 circa - 1050 circa), è considerato l'ideatore del tetragramma.

http://it.wikipedia.org/wiki/Canto_gregoriano#Il_Rigo
L'Introito Gaudeamus omnes, scritto in notazione quadrata nel XIV - XV secolo
Graduale Aboense, hymn book of Turku, Finland. 14th-15th century.
Pagina dal testo intitolato Graduale Aboense Rappresenta una melodia su St. Henry, un
santo finlandese. I segni scuri sopra le parole mostrano la musica.
La melodia inizia alla lettera G al centro della pagina.

La notazione dasiana viene già abbandonata con Guido d'Arezzo.


Le tappe storiche fondamentali dell'evoluzione della notazione sono l'introduzione
del tetragramma attribuita a Guido d'Arezzo (990 c. - 1050 c.) e la scrittura delle
durate, attribuita a Francone da Colonia ottenuta proporzionalmente, cioè non
indicando la durata effettiva della nota, ma la durata di essa in proporzione alle altre.
Il tetragramma è un sistema di notazione che usa quattro righi anziché i cinque del
nostro moderno pentagramma.

L'attuale denominazione, nata come aiuto mnemonico per le varie altezze della scala,
in uso nei paesi latini è attribuita a Guido d'Arezzo conosciuto anche come Guido
Monaco o Guido Aretino monaco benedettino nato tra il 990 e il 1000 e morto intorno
al 1050, corrisponde alle sillabe iniziali dei primi sei versetti di un inno a San
Giovanni Battista di Paolo Diacono.

Guido d'Arezzo creò un sistema mnemonico (mano guidoniana) per aiutare l'esatta
intonazione dei gradi della scala (esacordo), attribuì alla prima sillaba di ciascun
verso una nota della scala diatonica, il Si verrà aggiunto dallo spagnolo Bartolomeo
Ramos de Pareja nel '400, nel '600 Gian Batista Doni cambierà l'Ut in Do.

UT queant laxis
REsonare fibris
MIra gestorum
FAmuli tuorum
SOLve polluti
LAbii reatum
Sancte Johannes
La solmisazione attribuita a Guido d'Arezzo. Rappresenta la nota G in relazione alle varie
denominazioni che assume nell'esacordo naturale, duro o molle. L'esacordo era distinto in
naturale in cui il semitono era rappresentato dalle note Mi-Fa, duro quando era tra il Si indicato
con b duro, cioè usando effettivamente un b quadro da qui bequadro, molle quando veniva usato
il Sib indicato con b molle, cioè usando effettivamente un b rotondo (molle) da qui bemolle.

http://www.istitutovarrone.it/documenti/7_d.doc

Guido d'Arezzo

E' vissuto tra il 990 ed il 1050 circa. Entrò a far parte dell'ordine benedettino di
Pomposa-Ravenna dove vi applicò per la prima volta il suo sistema didattico-musicale e
fino a quando, osteggiato da una parte dei monaci, dovette abbandonare il monastero
stabilendosi ad Arezzo ed affermando in fine la sua riforma.. Ad Arezzo sperimentò e
raffinò i suoi metodi e nel giro di pochi anni, tra il 1028 ed il 1032, poté comporre le sue
opere maggiori: Regule ritmiche, Prefatio in antifonarium e l'Epistola a Michele nella
quale espone i capisaldi del suo metodo. Intanto riceveva l'approvazione papale; Papa
Giovanni XIX volle conoscere il nuovo sistema pedagogico e Guido si recò a Roma
intorno al 1030 istruendo i cantori papali.
La notazione proposta da Guido su linee colorate (dapprima quella rossa per il fa e poi
quella gialla o verde per il do) fissa l'altezza le altezze dei suoni e individua i semitoni. Il
sistema esacordale e gli altri accorgimenti aprono un'era nuova nella pedagogia musicale
ma va considerato però che il suo contributo più interessante lo produce nella teoria della
scrittura polifonica.
Guido concepì un metodo che aveva alla base uno schema di sei note ( le quattro finali
più altre due poste un tono sotto ed uno sopra) e fissando l'intervallo di semitono tra il
terzo ed il quarto grado. Per facilitare la memorizzazione di questo schema esacordale
fece notare che nell'inno a San Giovanni la nota iniziale di ciascuno dei primi sei
emistichi (versi) si collocava rispetto alla nota precedente proprio alla distanza prevista
dal suo modello. Pensò così di attribuire alle note dell'esacordo il nome dato dalla sillaba
iniziale di ciascuno emistichio per formare una successione (ut- re -mi -fa -sol -la) in cui
l'unico semitono era indicato dalla successione mi - fa.

La ritmica

Quando, poco più di cento anni fa, i primi studiosi moderni si proposero d'interpretare la
metrica, il valore delle note del canto gregoriano, si trovarono di fronte a grossi
problemi. Quando infatti, molti secoli prima, Guido d'Arezzo aveva introdotto la novità
rivoluzionaria del rigo musicale su cui fissare l'altezza delle note, non poteva
immaginare che avrebbe indirettamente provocato la perdita definitiva della tradizione
ritmica originaria. Questa infatti era stata tramandata oralmente insieme alle melodie per
le quali non vi era altra scrittura se non quella neumatica nella quale egli elementi
metrici e quelli melodici erano comprensibili soltanto per chi già conoscesse a memoria
il canto. Dopo la riforma di Guido d'Arezzo, a partire da 1050 circa, a poco a poco i
neumi cadono lentamente in disuso e con essi si perde anche la metrica antica. Il primo
studioso di Solesmes che affrontò sistematicamente il problema fu Don Pothier che si
basò sul principio equalistico secondo il quale tutte le note sono in linea di massima
uguali e con un valore rapportabile a quello della nostra croma; il suo sistema di
esecuzione del canto gregoriano è chiamato ritmo libero oratorio (poiché fa riferimento
al ritmo del testo). Se il canto è sillabico si accenta la nota che corrisponde nel testo alla
sillaba accentata, se è melismatico si accenta invece la prima nota di ciascun gruppo
neumatico. Più tardi Don Mocquereau affermò il cosiddetto ritmo libero musicale; anche
in questo sistema tutte le note sono uguali in partenza ma sono previsti diversi casi di
allungamento dei valori, di accentuazione, di somma metrica, di unisoni e così via.
Alcuni di tali casi sono effettivamente suggeriti dai codici, altri sono introdotti e
interpretati discutibilmente dal Mocquereau. Uno dei suoi meriti comunque è
l'affermazione del fraseggio musicale, nel senso che la melodia suggerisce un suo
proprio ritmo. Soltanto Mocquereau ne da una
Queste indicazioni del trattato di Lampadius non vanno riferite alla notazione
gregoriana ma all'uso fattone in epoca successiva, legata alla musica mensurale.

http://www.chmtl.indiana.edu/tml/16th/LAMCOM_TEXT.html

Compendium musices, tam figurati quam plani cantus ad formam dialogi, in usum
ingenuae pubis ex eruditis Musicorum scriptis accurate congestum, quale ante hac
nunquam uisum, et iam recens publicatum. Adiectis etiam regulis de concordantiarum et
componendi cantus artificio, summatim omnia musices praecepta pulcherrimis exemplis
illustrata, succincte et simpliciter complectens (Bern: Samuel Apiarius, 1554).
Compendio di musica, di canto sia figurato che plano sotto forma di dialogo, ad uso

De Ligaturis.
Sulle ligature

Quid est ligatura? Est unius notae ad aliam coniunctio, ex quadris uel obliquis figuris
formata.
Cos'è una legatura? E' una nota all'altra congiunta, formata da figure quadrate o oblique.

Quot notarum species ligantur? quatuor, scilicet


Quante specie di note sono legate? Quattro specie, ovviamente [massima, longa, breve e
semibreve].

Quot illarum mutant valorem? tres, longa, breuis, et semibreuis. Maxima enim siue
ligata siue non, nunquam valorem immutat.
Quante di quelle note mutano valore? Tre: longa, breve e semibreve. Infatti la massima
non muta valore sia che sia legata che no.

Quomodo ergo iste valor deprehenditur? per caudam dùntaxat, figuris in scriptam, quae
est valoris notarum ligabilium certum indicium. Nam cauda, in sinistra parte sursum
tracta, notas minuit, deorsum vero, in utroque latere, eas adauget, id quod ex ordine
patebit.
In che modo dunque possiamo capire questo valore? Per mezzo della posizione della
gamba [cauda - coda] della figura scritta, che è indizio certo del valore delle note
legabili. Sicuramente la gamba segnata a sinistra verso l'alto diminuisce il valore della
nota, inversamente posta verso il basso d'ambedue i lati lo aumenta. E questo in ordine
sarà chiarito.

Da regulas ligaturarum.
Sulle regole delle legature
De Initialibus
Sulle note iniziali

I.
Omnis ligatura, habens in sinistra parte virgulam sursum tractam, semibreuis est cum
proxima.
Ogni legatura [nota iniziale] che ha la gamba a sinistra rivolta verso l'alto, vale una
semibreve così come la seguente. [Nell'esempio indicate da un puntino]
[Lampadius, Compendium Musices, f.Diijr,1]

II.
Si uero in descensu caudam habuerit, ipsa sola breuis est.
Se la prima nota della legatura ha la gamba a sinistra rivolta verso il basso, vale una
breve, ma solo lei. [Nell'esempio indicate da due puntini]
[Lampadius, Compendium Musices, f.Diijr,2]

III.
Ligatura, qualitercunque formata, conscendens, cuius prima nullam habet caudam, facit
eandem breuem.
La legatura in qualunque modo formata, ascendente e con la prima nota senza gamba,
rappresenta sempre una breve. [Nell'esempio indicate da due puntini]
[Lampadius, Compendium Musices, f.Diijr,3]

IIII.
Prima carens cauda, longa est cadente secunda.
Se la prima nota è senza gamba e la seconda scende è una longa [Nell'esempio indicate
con quattro puntini ].
[Lampadius, Compendium Musices, f.Diijv,1]

De Medijs.

V
Sulle note medie
Quaelibet in medio breuis est, una excipienda.
Tutte le note in mezzo sono brevi, una esclusa [eccezione distinta da linea]
[Lampadius, Compendium Musices, f.Diijv,2]
. Excipe.

VI
Omnis nota, inter primam et ultimam, ligata, est media.
Tutte le note tra la prima e l'ultima legata è media

De Vltimis.

VII.
^

PRIME FORME DI NOTAZIONE POLIFONICA

La prima testimonianza di musica polifonica ci è pervenuta attraverso Muisca


Enchiriadis trattato anonimo del IX secolo

NOTAZIONE DASIANA

Uno dei primi esempi di notazione polifonica (organum) dasiana nel Musica
Encheiradis (manuale di musica) di anonimo IX sec.
Sempre nel solito trattato vengono presentati anche organum liberi in cui le voci
precedono anche per moto obliquo e contrario (discanto) ed inoltre vengono presentati
anche organum paralleli a 3 e 4 voci in cui le due voci vengono raddoppiate all'ottava.

Nell'Organum ad una voce detta vox principalis tiene il canto dato, una melodia
gregoriana e per questo definita tenor, ne veniva aggiunta un'altra detta vox
organalis che partendo in unisono se ne allontanava a distanza di 4 o 5 o ottava
calando nuovamente all'unisono percorrendo gli intervalli di terza e
seconda, organum parallelo.

Ad una nota o punto di una voce corrispondeva una nota di un'altra, da qui il termine
contrappunto. Al moto parallelo venne aggiunto il moto obliquo e contrario,
definito discanto, alle voci oltre l'organum venne aggiunto un triplum ed
un quadruplum. Solo in Inghilterra si ebbero forme di voci parallele per terze, gymel e
in terza e sesta, falso bordone.

Questa ricerca la ricerca musicale dal X secolo al XII.

NOTAZIONE POLIFONICA ALFABETICA

http://www.chmtl.indiana.edu/tml/9th-11th/ADORFAC_TEXT.html

http://www.chmtl.indiana.edu/tml/9th-11th/ADORFA_TEXT.html

Dal trattato anonimo Ad organum faciendum , Biblioteca Ambrosiana, Milano. (ca.


1100)
Cuncti potens genitor Deus omni creator eleyson,
Christe Dei splendor virtus patrique sophia eleyson
Amborum sacrum spiramen nexus amorque eleyson

Onnipotente genitore, Dio creatore di tutte le cose, abbi pietà di noi.


Cristo, luce di Dio, virtù e sapienza del Padre, abbi pietà di noi
Afflato sacro di entrambi, nesso e amore, abbi pietà di noi

Melodia gregoriana tratta dal primo verso del Kyrie IV con tropo Cunctipotens genitor
Deus, per le messe delle feste degli apostoli
FONTI NOTAZIONE MEDIOEVALE

Muisca Enchiriadis trattato anonimo del IX secolo

Ad organum faciendum, Anonymous Biblioteca Ambrosiana, Milano. (ca. 1100)

^
LA MUSICA PROFANA NELL'ALTO MEDIOEVO

L'alto medioevo è, per convenzione, quella parte del medioevo che va dalla caduta
dell'Impero Romano d'Occidente 476 al 1000 circa.

La musica profana è sempre stata presente durante il medioevo ed era legata a feste,
danze, cerimonie, spettacoli teatrali, accompagnate dal canto e dal suono degli
strumenti musicali.

Fino all’anno Mille la musica profana era affidata ad artisti girovaghi, giullari e i
menestrelli. Le loro canzoni basate su semplici melodie narravano per lo più
avvenimenti storici e gli strumenti ne raddoppiavano la linea.

IL MILLE

TROVATORI E TROVIERI

(franc. troubadour e trouvèr) Indicano rispettivamente i poeti-musicisti fioriti in


Provence (regione della Francia sudorientale sulla costa del Mediterraneo) e nella
Francia del nord dall'XI al XIII secolo.
La lingua dei trovatori era quella d'oc (vari dialetti della Francia meridionale), mentre
quella dei trovieri era quella d'oil da cui si sarebbe sviluppato il francese moderno.
Non erano artisti erranti come i giullari e i menestrelli ma, specialmente all'inizio
signori principi e castellani e dame di alte famiglie. Componevano canzoni monodiche
rivelanti un raffinato piacere per la vita e la natura. Le loro composizioni sono
raccolte in collezioni dette chansonniers.
Dei trovatori rimangono 2600 composizioni poetiche e 300 melodie, mentre dei trovieri
1400 melodie e 4000 liriche.
La maggior parti delle canzoni sono liriche d'amore accompagnate all'unisono da
strumenti che forse eseguivano anche preludi interludi e postludi. Forme dei trovatori
erano l'alba, la pastorella, il planh (lamento), quelle dei Trovieri oltre all'alba e alla
pastorella sono la ballata e il rondeau. Per l'accompagnamento il Troviere che spesso
era nobile si faceva accompagnare da un giullare (joueur) con la viella (ad archetto) o
da una piccola arpa.
La tradizione dei Trovieri non s'interrompe nel XIV secolo, ma riceve un incremento
con le chansons del Roman de Fauvel e le melodie accompagnate ed i mottetti profani
di G. de Machault, il più importante esponente dell'Ars nova francese.

Il canto dei trovatori ispirò i nobili Minnesänger, poeti e musicisti di corte che con i
loro minnesang, minne (amore) e sang (canto), poesia o canzone scritta in tedesco. Le
loro canzoni si ispiravano alla poesia d’amore cavalleresco.

Sotto l'influsso innovatore della musica popolare e profana si apre la nuova sensibilità
che porterà nell'arco di vari secoli affermare della sensibilità tonale. Sensibilità che
verrà acquisita anche dalla musica polifonica.

http://www.istitutovarrone.it/documenti/7_d.doc

. Dai «Minnesinger» ai «Meistersinger».

Leggermente posteriore alla produzione dei trovatori, e da essa largamente influenzata,


si svolse in Germania l'attività dei Minnesinger, o cantori d'amore. Ma la «Minne» che
essi celebravano era notevolmente diversa dall'amor cortese: né così artificiosa e
manierata, né - soprattutto - così crudelmente sensuale. V'è invece una continua ansia
d'elevazione spirituale [...] che si riflette anche sul carattere delle melodie, semplici, sì, e
popolari, tuttavia più austere delle vivaci canzoni trovadoriche, e più lige all'indistinta
gravità dei modi gregoriani. [...]
Naturalmente i Minnesinger von si limitarono al canto amoroso. Un fresco gusto della
natura primaverile ingentilisce le espressioni poetico-musicali [...]. Wolfram von
Eschenbach (1170 - 1230) legò il suo nome all'elaborazione del grande poema
«Parzival» [...] ci rimane l'austera e cupa melodia su cui venivano intonate le venti strofe
del «Hildebrandslied»8 .
Mentre la figura del trovatore scomparve, nei paesi latini, col trapasso dalla vita
cavalleresca del regime feudale alle nuove consuetudini - commerciali, civili, cittadine -
dell'età comunale e delle prime signorie, in Germania i cantori superarono la crisi
sociale, raggruppati in solide corporazioni professionali. Ma [...] s'imborghesirono, e alla
figura avventurosa del trovatore errante e bellicoso successe la figura sedentaria e
prosaica del Meistersinger, il maestro cantore artigiano. E tanto quelli erano stati incolti
e irregolari, debitori della propria arte alle sole forze dell'ispirazione, altrettanto questi
diverranno meticolosi e pedanti, e inaridiranno la poesia e la musica in un casellario di
regole astratte.[...]
^

IL MILLECENTO

ARS ANTIQUA

Ars antiqua è un termine usato in contrapposizione ad Ars Nova ed indica la polifonia


medioevale dei sec. XII e XIII. I primi sviluppi polifonici si ebbero presso la scuola
dell'abbazia di S. Marziale di Limoges sec. XII, un ulteriore sviluppo si ebbe alla fine
del secolo con la scuola di Notre Dame rappresentata da Leoninus attivo tra il 1160 e
il 1190 e Perotinus tra il 1190 e il 1220. La maggiore complessità di scrittura rese
necessaria una nuova notazione, si formò il sistema dei modi ritmici.

La scuola di Notre-Dame, Magister Leoninus e Magister Perotinus, utilizzò organa in


cui a una melodia basata sul canto gregoriano, chiamato tenor in quanto "teneva"
questo canto, venivano sovrapposte fino a tre altre voci chiamate rispettivamente
duplum, triplum e quadruplum.

Magnus liber organi de Graduali et Antiphonario

Nel secolo XII vene indicato col termine tenor la voce più bassa, quella che teneva la
melodia (tratta dal canto gregoriano e più tardi tratto da canzoni profane o di libera
invenzione) detta Cantus firmus sul quale si muoveva il Discantus.

Dal secolo XII la melodia gregoriana chiamata cantus firmus venne arricchita con
libere ornamentazioni melodiche, organum melismatico del repertorio dell'abazia di
S.Marziale a Limoges e del Codex Calixtinus di Santiago de Compostela in Spagna.

NOTAZIONE ARS ANTIQUA

La maggiore elaborazione portò alla necessitá di conferire significati metrici alla


notazione che fino ad allora ne era priva: fu cosí che la virga e il punctum divenirono
longa e brevis, in cui la prima aveva doppia durata rispetto alla seconda. Dalle
combinazioni di longae e brevis si ottennero sei diversi modi ritmici. Ci troviamo
quindi di fronte al primo tentativo di dare dei valori ritmici alla composizione. La
notazione in ogni caso rimase quella gregoriana quadra e l'interpretazione dei vari
modi ritmici a cui era sottoposta non è chiara e univoca.
Longa brevis

I modi ritmici sono notazioni ritmiche applicate nel XII e lungo il XIII sec. Sono una
combinazione tra la metrica greca (da cui derivano) ed i valori musicali in epoca medioevale
della longa e della brevis, i sei modi ritmici si basano su valori ternari. (Leoninus e Perotinus)

http://www.hapaxlegomenon.it/musica/teoriamusica/notazione-musicale.php
Con lo sviluppo della polifonia (secc. xii-xiii) si avvertì sempre più l'esigenza di definire
esattamente il valore di durata delle note, problema che fu risolto in un primo tempo
con la teorizzazione dei modi ritmici (Leoninus e Perotinus), ossia di successioni di
durate tratte dalla metrica greca: (ritmo trocaico, giambico, dattilico, anapestico,
spondaico e tribrachico. In funzione di questi schemi veniva organizzata la scrittura
musicale, alla base della quale stanno i valori della longa (il cui simbolo grafico è il
punctum ) e della brevis (indicata con la virga) organizzati in un rapporto di tre a uno
(longa perfecta) o di due a uno (longa imperfecta). Questi due segni fondamentali si
possono variamente combinare in gruppi detti ligaturae, con cui viene caratterizzato
ognuno dei sei modi ritmici.

Le note lunghe potevano essere suddivise in note più brevi


Da: Loris Azzaroni, Canone infinito, La scrittura musicale.

PEROTINUS

La scuola di Notre Dame raggiunse il punto culminante verso il 1200 con gli organa di
Perotinus, che contribuì all'ampliamento del Magnus Liber Organi, raccolta di
composizioni musicali raccolte dal magister Leontinus (Leonin) che contiene un ciclo di
graduali, responsori e alleluja a due voci per l'intero anno liturgico. .Perotinus aumentò
il numero delle voci superiori e compose organa a tre e a quattro voci (organa triplum e
quadruplum).

Gli organa di Perotinus rappresentano il primo grande monumento della polifonia


europea: organa da 2 a 4 voci, i due più noti sono “Viderunt omnes” e “Sederunt
principes”.

IL MILLEDUECENTO

NOTAZIONE FRANCONIANA

Nel XIII secolo si sviluppó una nuova forma musicale oltre a quelle della scuola di
Notre-Dame, il mottetto (moteus, dal francese mot, parola), dove veniva utilizzata la
nuova notazione mensurale franconiana.

Quest'ultima, teorizzata da Francone da Colonia (metà del XIII secolo) nel suo
celebre trattato Ars Cantus Mensurabilis , alla longa e alla brevis affiancava due
nuovi valori di durata, la duplex longa e la semibrevis e determinava la durata dei
suoni con le figure: longa ( tre brevis), brevis (tre semibrevis).

duplex longa o maxima - longa - brevis - semibrevis. Notazione franconiana del XIII
secolo.

http://www.hapaxlegomenon.it/musica/teoriamusica/notazione-musicale.php
Nel corso del sec. xiii ha luogo l'evoluzione di questa notazione, detta modale, con
l'introduzione di segni specifici per l'indicazione delle pause e di nuovi tipi di ligaturae,
che cominciano ad assumere un significato ritmico autonomo. Fondamentale per la
teoria della notazione del sec. xiii è l'Ars cantus mensurabilis (1260 ca.) di Francone di
Colonia, che introduce due nuove figure: la maxima o duplex longo e la semi brevis, di
valore rispettivamente superiore e inferiore alla longa.

FORME ARS ANTIQUA

Si distinguevano tre forme di canto a più voci:

Il Conductus

Era simile al Mottetto ma mancava il canto fermo gregoriano.

Canto medioevale su testo latino di carattere religioso destinato ad accompagnare a


"condurre" gli spostamenti del clero; quindi canto processionale. Ebbe origine dai
tropi divenendo presto un canto autonomo, usato nei drammi liturgici in seguito
anche profani. Sorto nel sec. XI come canto monodico, costituì il corrispondente
latino della poetica musicale dei Trovieri, divenne nel sec. XIII uno dei generi
musicali accanto all'Organum alla Clausola ed al Mottetto, si distingue da essi perchè
non adotta come base detta Tenor una melodia preesistente del repertotio liturgico, ma
una melodia appositamente composta, caratterizzato da una scrittura meno varia si
mantenne nota contro nota a due e meno spesso a tre voci.

Rondellus o Rota

Era anch'esso a due o tre voci di derivazione profana dalla danza preannunciava la
forma a canone poiché era costituito da un'unica formula melodica che passava in
tutte le voci. E' proprio da questo andamento che deriva il termine Rondellus.

http://it.wikipedia.org/wiki/Ars_antiqua
La Rota, cioè il procedimento del canone. In sostanza, una voce comincia dopo la stessa
sequenza melodica di un'altra voce, imitandola. Il primo esempio di canone fu una rota
inglese simile a Fra Martino Campanaro, cioè un meccanismo per cui ogni voce
ricomincia da capo e si può non finire mai, perché le voci sono tutte sfasate e ritornano
al punto di partenza.

Mottetto

Era formato da tre voci, una grave detta tenor che costituiva il canto fermo o canto
dato, preso di solito dal repertorio gregoriano, e due delle parti superiori,
dette mottetus o duplum e triplum.

http://it.wikipedia.org/wiki/Ars_antiqua
Esemplificando, un canto gregoriano può essere paragonato ad una retta divisibile in
sezioni(o sequenze). Vi era, infatti, una prima parte del canto gregoriano, cantata in
cantus planus dal coro dei fedeli, a cui faceva seguito una seconda sequenza, in
polifonia, che non poteva essere cantata dai fedeli perché presupponeva un maggior
professionismo. Poi c’era una terza sezione che era ancora in cantus planus, quindi
cantata dal coro dei fedeli. Infine poteva esserci un'ultima sezione, data in polifonia. Le
sezioni interne venivano messe in polifonia in stile di organuum melismatica. La parte
finale di un canto gregoriano si chiamava clausula (= chiusura) ed aveva circa 20 note.
Se si fosse data la clausola, l'allungamento delle venti note avrebbe determinato una
sezione enormemente grande, più grande di tutto ciò che veniva prima. Quindi, nella
clausola, si introdusse lo stile di disegno nello stile di discanto: le note del tenor
procedevano molto più rapidamente che nello stile di organuum, cioè non venivano
allungate, ma procedevano con una certa rapidità.

Il risultato fu che la clausula piaceva perché in essa si percepiva il gioco


contrappuntistico, cioè la presenza di due voci che camminavano abbastanza
velocemente, anche se il tenor camminava più lentamente rispetto alla voce superiore,
ma pur sempre con una certa rapidità. La clausola diventa l'oggetto dell'interesse tanto
del compositore quanto del fedele che ama ascoltare queste sezioni più movimentate.
Accade quello che era avvenuto con i tropi di complemento cioè la clausula si stacca dal
canto gregoriano e diventa un canto autonomo, fermo restando che le note del tenor sono
quelle della parte finale di un canto gregoriano. A questo punto si pose un problema,
cioè finché si era alla fine di un canto la parola domino aveva un significato perché era la
conclusione di un testo di un canto gregoriano. Nel momento in cui domino è il testo del
tenor su cui si costruisce un canto staccato, questo canto non ha più un senso. Si risolve
il problema dando un testo alla seconda voce detta Mottetus, nome che venne a
designare la forma del mottetto che deriva dalla clausola, proprio perché è una clausola
polifonica, che si è staccata dal canto originale ed è diventato un canto autonomo. Per
dare un senso a questo canto si è dato un testo ala seconda voce. In un primo momento il
testo del mottetus era collegato alla parola del tenor, quindi il testo del mottetus parlava
di dominus cioè di Dio. Dunque, partendo da un testo coerente, si aggiunse in seguito
una terza voce che ha il suo testo. Si costruiscono, così, mottetti in cui c’è il tenor che
ha, come testo, la parola domino, la seconda voce detta mottetus o duplum che aveva il
suo testo e la terza voce detta triplum che aveva un suo testo. Il titolo di un mottetto è
molto strano perché ha l'inizio della terza voce, l'inizio della seconda voce e il testo del
tenor. Ad esempio: Dominus eternus (inizio della terza voce) Domino… (inizio della 2°
voce), Domino (testo del tenor), cioè si trovano tre parole o più che segnano gli inizi
delle tre voci di un mottetto.

Mottetto politestuale

http://it.wikipedia.org/wiki/Ars_antiqua
Finché il mottetto restò in ambito sacro non ci furono problemi: si dava alle voci
superiori un testo che faceva riferimento alla parola conclusiva della clausola. Il
problema nacque quando il mottetto diventa una forma profana. A questo punto accade
che i testi che vengono aggiunti sul tenor gregoriano originale sono testi in lingua
francese e in lingua volgare di contenuto profano. Accade che si hanno mottetti profani
sull'antica clausola gregoriana. Il mottetto diventa, dunque, una forma politestuale e
plurilinguistica. Ebbe un vantaggio: favorì l'idea della presa autonomia di ciascuna voce,
cioè ogni voce era concepita con totale autonomia rispetto alle altre.

Da: Giulio Bas, Trattato di Forma


Il mottetto dei secoli XIII-XIV, non era che un seguito di variazioni polifoniche intessute
intorno ad un canto fermo, che si ripeteva da un capo all'altro del pezzo.

Anonimo: Alle, psallite cum, luya - Testo originale: Alleluja, concrepando psallite cum
corde voto Deo toto, alleluja.- Alleluia., cantate intesamente con tutto il cuore per fare
voto a Dio. Alleluia (Motetto a tre voci, sec. XIII, dal codice della «Bibliothèque de
l’École de Médecine» di Montpellier, H 196)
Il tenor è suddiviso in tre sezioni 2 + 2 + 2. Nelle prime due parti della prima sezione il
tenor intona la melodia, nella sua ripetizione il duplum ed il triplum si invertono le
parti. Ugualmente avviene nelle successive sezioni in cui il tenor è leggermente
variato. Il mottetto si chiude con una coda.

FONTI ARS ANTIQUA

http://www.examenapium.it/meri/fonti.htm#wolfen1
Egerton 2615 London, British Library, Eg.2615
Presumibilmente il codice più antico fra quelli di Notre Dame, redatto forse a Beauvais,
presso Parigi. È il ms in cui, oltre al Viderunt omnes di Perotinus, compare anche la
musica monodica del Ludus Danielis

Magister Leoninus (c. 1163-1190),


Viderunt omnes (Organum duplum, sec. XII, dal «Codice Pluteo 29.1» della Biblioteca
mediceo laurenziana di Firenze)

Magister Perotinus (c. 1200),


Sederunt principes (Organum quadruplum, sec. XIII, dal «Codice Pluteo 29.1» della
Biblioteca mediceo laurenziana di Firenze)

Wolfenbüttel 1
Esemplare redatto in Scozia (ca. 1240) della scuola di Notre Dame

Wolfenbüttel 2
manuscrit de Wolfenbuttel, Herzog August Bibliothek, Cod. Guelf. 1099 Helmst.
(Heinemann catalogue 1206) [W2]. -
Redatto presumibilmente a Parigi verso il 1250, contiene i due organa a quattro voci di
Perotinus, Viderunt omnes e Sederunt principes

http://www.examenapium.it/meri/fonti.htm#wolfen1

Codex Montpellier H 196, Bibliothèque de l’École de Médecine di Montpellier


La più vasta raccolta ms di mottetti del medioevo, redatta verso il 1270

http://www.chmtl.indiana.edu/tml/13th/GARDMM_TEXT.html

Johannes de Garlandia, De mensurabili musica

Anonimo IV (Coussemaker), De mensuris et discantus

Philippe de Vitry,.Ars nova musicae (1320)

Francone da Colonia, Ars cantus mensurabilis (secolo XIII)

CARMINA BURANA

http://it.wikipedia.org/wiki/Carmina_Burana
I carmina burana sono testi poetici contenuti in un importante manoscritto del XIII
secolo, il Codex Latinus Monacensis, proveniente dal convento di Benediktbeuern
(l'antica Bura Sancti Benedicti fondata attorno il 740 da San Bonifacio nei pressi di Bad
Tölz in Baviera) e attualmente custodito nella Biblioteca Nazionale di Monaco di
Baviera. Il termine Carmina Burana è stato introdotto dallo studioso Johann Andreas
Schmeller nel 1847 in occasione della prima pubblicazione del manoscritto. Tale codice
comprende 315 componimenti poetici su 112 fogli di pergamena decorati con miniature.
Sembra che tutte le liriche dovessero essere destinate al canto, ma gli amanuensi autori
di questo manoscritto non riportarono la musica di tutti i carmi, cosicché possiamo
ricostruire l'andamento melodico solo di 47 di essi. Il codice è suddiviso in sezioni:

* Carmina moralia (1-55), argomento satirico e morale;


* Carmina veris et amoris (56-186), argomento amoroso;
* Carmina lusorum et potatorum (187-228), canti bacchici e conviviali;
* Carmina divina, argomento moralistico sacrale (questa parte fu probabilmente aggiunta
all'inizio del secolo XIV).

I testi (tutti in latino eccetto 47, scritti in alto tedesco) hanno argomento evidentemente
molto diverso tra loro, e dimostrano la poliedricità della produzione goliardica. Se da un
lato troviamo i ben noti inni bacchici, le canzoni d'amore ad alto contenuto erotico e le
parodie blasfeme della liturgia, dall'altro emergono un moralistico rifiuto della ricchezza
e la sferzante condanna alla curia romana, dedita solo alla ricerca del potere.

Così recita il carme n. 10: La morte ormai regna sui prelati che non vogliono
amministrare i sacramenti senza ottenere ricompense [...] sono ladri e non apostoli, e
distruggono la legge del Signore.

Ancora il carme 11: Sulla terra in questi tempi il denaro è re assoluto. [...] La venale
curia papale ne è quanto mai golosa. Esso impera nelle celle degli abati e la folla dei
priori, nelle loro cappe nere, inneggia solo a lui.

Queste parole dimostrano chiaramente come gli autori di questi versi (i cosiddetti clerici
vagantes) non fossero unicamente dediti al vizio, ma che si inserissero anche loro in
quella corrente contraria alla mondanizzazione della Chiesa e alla conformazione
monarchica del papato, ma al contempo fautrice di una ideologia progressista, lontana
dalla clausura della vita monastica. D'altra parte la varietà di contenuti di questo
manoscritto è anche indiscutibilmente ascrivibile al fatto che i vari carmina hanno autori
differenti, ognuno con un proprio carattere, proprie inclinazioni e probabilmente propria
ideologia, non trattandosi di un "movimento letterario" compatto ed omogeneo nel senso
moderno del termine.

I testi originali sono inframmezzati da notazioni morali e didattiche, come si usava nel
primo Medioevo, e la varietà degli argomenti (specialmente religioso e amoroso ma
anche profano e licenzioso) e delle lingue adottate, riassume le vicende degli autori, i
clerici vagantes [giovani ecclesiastici o studenti universitari nomadi che vagavano per
l'Europa per seguire le lezioni dei maestri viventi] altrimenti detti goliardi (dal nome del
mitico vescovo Golia) che usavano spostarsi tra le varie nascenti università europee
assimilandone lo spirito più concreto e terreno.

IL TRECENTO

ARS NOVA

Il termine Ars nova al trattato di Philippe de Vitry Ars nova (1325 ca), nel quale
l'autore contrappone la musica del suo tempo a quella precedente, in particolare alle
innovazioni nella notazione. Con questo termine si indica genericamente alla
polifonia dal secoli XIV al XV. Essa si identifica in un nuovo sistema di notazione
mensurale teorizzato altre che da Vitry da Johannes de Muris e Marchetto da Padova.
Con Ars nova ci si riferisce alla polifonia della prima metà del Trecento, in
contrapposizione ad Ars antiqua indicante la musica del Duecento, il nome deriva
dal trattato di Philippe de Vitry (1291-1361). Vitry e altri teorici introdussero un
nuovo valore, la minima, le indicazioni di tempo, e un metodo più pratico per indicare
le pause.

Nell'Ars Nova si sviluppò l'isoritmia, basata sull'impiego del modulo ritmico costante,
già usato nel tenor dei mottetti dell'ars antiqua, applicandolo anche alle voci superiori
di mottetti e di parti di messe polifoniche.

NOTAZIONE ARS NOVA

Se nell’Ars Antiqua Francone da Colonia (metà del XIII secolo) nel suo celebre
trattato Ars Cantus Mensurabilis, teorizza nuovi valori, alla longa e alla brevis
affiancava due nuovi valori di durata, la duplex longa e la semibrevis e determinava la
durata dei suoni con le figure: longa ( tre brevis), brevis (tre semibrevis), nell'Ars
nova Philippe de Vitry, de Muris e ad altri teorici, introdussero la prolazione che
include, oltre al tempo ed alle suddivisioni ternarie proprie della simbologia cristiana
come rappresentazione della Trinità, il tempo e le suddivisioni binarie.
Modus è il termine che indica nella notazione mensurale del XIV e XV sec. i
rapporti tra i valori di durata lunghi e brevi. I teorici P. Vitry, F. Gaffurio, J
Tinctoris, quattro diversi modi relativi alla suddivisione della maxima, della longa e
della brevis.
1- modus major perfectus, dove una maxima si suddivide in tre longae
2- modus major imperfectus, dove una maxima si suddivide in due longae
3- modus minor perfectus, dove una longa si suddivide in tre breves
4- modus major imperfectus, dove una longa si suddivide in due breves

duplex longa o maxima - longa - brevis -semibrevis - minima - semiminima - fusa.


Notazione nera dei secoli XIV e XV

Prima della metà del XV secolo tutte le note erano rappresentate con la testa piena
(notazione nera) ma dopo questo periodo le note di maggior valore verranno
rappresentate con la testa vuota (notazione bianca).

Notazione bianca dei secoli XV e XVI

Tempo Perfetto - Prolazione Maggiore / Tempo ternario - Suddivisione ternaria


(9/8)

Tempo Perfetto - Prolazione minore / Tempo ternario - Suddivisione binaria (3/4)

Tempo Imperfetto - Prolazione Maggiore / Tempo binario - Suddivisione ternaria


(6/8)

Tempo Imperfetto - Prolazione minore / Tempo binario - Suddivisione binaria (2/4)


http://www.hapaxlegomenon.it/musica/teoriamusica/notazione-musicale.php
Ma i progressi più notevoli si verificano nel corso del sec. xiv. grazie all'opera di
Philippe de Vitry, che nel trattato Ars nova (1325 ca.) rifiuta il sistema dei modi ritmici e
teorizza le quattro prolationes, che costituiscono le mensurazioni tipiche della musica
occidentale fino a tutto il '500. Esse consistono nelle diverse combinazioni di tempus
(rapporto tra breve e semibreve) e prolatio (rapporto tra semibreve e minima, nuova
figura introdotta da Vitry), ognuno dei quali può essere perfetto, cioè pari a 1/3, o
imperfetto a valere 1/2. La notazione mensurata vede casi la definizione delle misure
2/4, 6/8, 3/4 e 9/8; il 2/4, ad esempio, è l'equivalente del tempus imperfectum cum
prolatione imperfecta. La suddivisione binaria dei valori di durata, prevalente
nella teoria musicale dei secoli seguenti, fu però adottata sistematicamente solo dai
teorici italiani dell'epoca (ad es. Marchetto da Padova), in contrapposizione al principio
della divisione ternaria prevalente in Francia.
FORME ARS NOVA

MOTTETTO

Fra le forme di quest’epoca assume importanza l’uso dell’isoritmia: una tecnica


compositiva che consiste nel riprendere una struttura ritmica più volte durante il
brano anche se con note differenti. L’isoritmia veniva spesso utilizzata nella voce del
tenor - voce tenuta scritta con valori lunghi.

L’elemento melodico denominato color consisteva in una successione di intervalli

Alla linea melodica si applicava uno schema ritmico denominato talea.

MOTTETTO ISORITMICO DEL 1300

Nell'Ars Nova la sua struttura raggiunse la perfezione con l’uso dell’isoritmia. Fra le
collezioni più importanti di mottetti si annovera il Codice di Montpellier, quasi
esclusivamente di autori anonimi.

L'isoritmia consiste nel riprendere una struttura ritmica più volte durante il brano su
una voce del tenor , voce “tenuta” scritta con valori lunghi, in modo più o meno
rigoroso.

L’elemento melodico denominato color consisteva in una successione di intervalli.

Alla linea melodica si applicava uno schema ritmico denominato talea (dal
greco thaleia - fioritura) .

I testi delle varie voci possono essere in relazione con la melodia gregoriana
del tenor oppure avere carattere profano con testi differenti per ciascuna voce.
L'impiego di questi testi profani trasformerà il mottetto, che in origine era sacro, in
forma profana, e il conductus che rappresenta la prima forma di polifonia profana
cadrà in disuso.

http://www.mondimedievali.net/Sire/arsnova.htm
«Alla base del procedimento sta la concezione una data melodia (il tenor su cui costruire
il brano) come combinazione di due distinti elementi: l’uno ritmico e l’altro melodico.
L’elemento melodico, denominato color, era inteso come una successione di intervalli
che non doveva necessariamente mantenere uno specifico profilo ritmico. A tale linea
melodica il compositore applicava un determinato schema ritmico, denominato talea, che
veniva ripetuto senza tener conto di quella che era la configurazione della melodia
originale preesistente. A questo schema ritmico (talea) veniva adattata la serie melodica
originale (color), cosicchè il risultato finale era la combinazione di due diversi tipi di
ripetizione: l’una che riguarda le durate (in note e pause) e l’altra inerente la linea
melodica. L’aspetto significativo ed esclusivo della isoritmia è che le ripetizioni delle
talee e dei colores erano considerate come entità o unità indipendenti l’una dall’altra e
venivano pertanto costruite in maniera che i due schemi non dovessero coincidere in
quanto a lunghezza. Poniamo che la melodia originale preesistente fosse composta di 20
note e che lo schema ritmico ne utilizzasse soltanto 15: il color doveva allora iniziare
necessariamente la sua seconda ripetizione in un punto che non coincideva più con
l’inizio della talea, dando così luogo alla sovrapposizione tra la prima parte della nuova
talea e l’ultima parte del color. Mantenendo lo stesso procedimento fino al punto in cui i
due schemi dovevano per forza arrivare alla conclusione insieme, sarebbero occorse in
tutto tre ripetizioni del color rispetto alle quattro della talea».

La tendenza della melodia di rispondersi nelle varie voci sposta l'interesse melodico
dal tenor al cantus. Intorno al tenor si vennero organizzando il contratenor altus e
bassus (da cui basso e contralto). Questo avviene anche sotto l'influsso della monodia
accompagnata dei trovatori.

Nel contrappunto la linea melodica è la ricerca primaria e l'aspetto verticale ancora


cerca la sua connotazione definitiva. Si seguiva una osservanza stretta tra i rapporti
del tenor e quello delle voci altre voci, ma ancora non era chiarito l'uso della
dissonanza tra le voci discantanti. Solo con Pierluigi da Palestrina (Palestrina 1525-
Roma 1594) si arrivò ad una chiarificazione dell'uso della dissonanza.

CHANSON

La chanson rappresenta una forma polifonica francese del tardo medioevo e del
rinascimento.

http://it.wikipedia.org/wiki/Chanson
Le prime chanson erano scritte nelle forme codificate della ballata o del rondò,
successivamente molti compositori musicarono delle poesie popolari in varie forme.
Le prime chanson erano per due, tre e quattro voci. La quarta voce venne aggiunta
soltanto a partire dal XVI secolo. In alcuni casi i cantori erano accompagnati da uno
strumento
Il primo importante compositore di chanson fu Guillaume de Machaut che compose
chanson a tre voci durante il XIV secolo

BALLATA

http://it.wikipedia.org/wiki/Ballata
È composta da una o più strofe, chiamate stanze, e da un ritornello, detto ripresa, che
veniva cantato all'inizio della ballata e ripetuto dopo ogni stanza.

La stanza della ballata comprende due parti. La prima parte è divisa in


due piedi o mutazioni con un numero di versi uguali e uguale tipo di rima, la seconda
parte, chiamata volta, ha una struttura metrica uguale a quella della ripresa.

FONTI ARS NOVA

http://it.wikipedia.org/wiki/Codice_di_Chantilly

Codice di Chantilly, Chantilly, Musee Conde MS 564


Manoscritto di musiche medioevali contenente musiche di autori vari che scrissero nello
stile dell' Ars subtilior. Il Codice di Chantilly contiene musiche dei seguenti compositori:
Johannes Symonis, Jehan Suzay, Pierre des Molins, Goscalch, Solage, Baude Cordier,
Grimace, Guillaume de Machaut, Jean Vaillant, Franciscus Andrieu, Cunelier e
Senleches.

http://www.chmtl.indiana.edu/tml/13th/GARDMM_TEXT.html

Johannes de Garlandia, De mensurabili musica

Anonimo IV (Coussemaker), De mensuris et discantus

Philippe de Vitry, Ars nova (1320)

Johannes de Muris, Musica practica

Squarcialupi Codex (Florence, Biblioteca Medicea Laurenziana, Med. Pal. 87)

MUSICA FICTA
http://it.wikipedia.org/wiki/Ars_nova#Forme_musicali_dell.27Ars_Nova
(cioè "falsa musica") Espressione latina adottata dai teorici del '300 per designare la
musica che fa uso di note alterate non catalogabili dalla scala diatonica esacordale della
solmisazione di Guido D'Arezzo. Tali note, impiegate sempre più frequentemente,
furono indicate mediante i segni di alterazione di bemolle, bequadro e diesis; la musica
ficta rappresentò l'elemento disgregatore della tradizionale grammatica modale e lo
sviluppo della sensibilità tonale.

STRUMENTI DELL'ARS NOVA

http://it.wikipedia.org/wiki/Ars_nova
* Organo
* Salterio
* Viella
* Cornetto
* Tromba
* Flauto
* Arpa

MACHAUT Guillaume de
(Reims, 1300-05 – Reims, 1377)

Massimo esponente dell'Ars Nova francese e poeta, le sue composizioni usano forme
tipiche di quel periodo Mottetti Sacri e profani, chanson, ballades, rondeau, virelais,
lais e la Messe de Notre-Dame.
Machaut usa il mottetto isoritmico e ne estende il principio costruttivo alle altre forme
polifoniche, le parti della Messe de Notre-Dame si basano sul modello del mottetto
isoritmico.

http://it.wikipedia.org/wiki/Isoritmia
Tenor isoritmico della prima sezione del Kyrie della Messa di Guillaume de Machaut
(circa 1360). Il color qui è costituito dall'intera frase di 28 note, a cui si applicano 7
ripetizioni della talea.

Melodia gregoriana tratta dal primo verso del Kyrie IV con tropo Cunctipotens genitor
Deus, per le messe delle feste degli apostoli
http://www.rolandorivi.com/Testi/Gregoriano/gregorian.htm
Soprattutto tra il IX e il XIII secolo i canti del Kyriale Romanum, ma non soltanto
questi, sono stati arricchiti con l’introduzione di tropi: nuove frasi musicali e nuovi testi,
dei quali ogni singola sillaba è stata assegnata a una nota dei melismi già presenti nei
brani. Sono questi nuovi testi che danno il nome ai vari Kyrie (Cunctipotens genitor
Deus, Cum iubilo, De Angelis, Orbis factor, ecc.). I tropi permettono di seguire
l’evoluzione dei sentimenti religiosi e della coscienza liturgica delle chiese locali, che li
hanno prodotti. Attestano, ad esempio, per l’epoca carolingia un particolare significato
del Kyrie, considerato una preghiera trinitaria - non più cristologica - con forti
accentuazioni laudative, che prevalgono sulle invocazioni di perdono.

Codex Las Huelgas, tropo, XIII-XIV secolo, f. 1r

CORDIER Baude
(Reims c. 1380 - prima del 1440)

Duee chanson sonodel codice di Chantilly: la canzone d'amore "Belle, Bonne, Sage"
la cui partitura è a forma di cuore e colorata, l'altra è un canone "Tout par compas
suy composé" scritto in modo circolare.

http://en.wikipedia.org/wiki/Ars_subtilior#Notational_characteristics
One of the techniques of the ars subtilior involved using red notes, or "coloration"; these
red notes indicated a reduction of note values by one third. For instance, a three bar
passage if written entirely in red notes would only be two bars long. If a "perfect"
passage would be written in red notes it would become syncopated; this syncopation was
considered a hemiola (see example 1). Triplets occurred when an "imperfect" passage
was transcribed into red notes (see example 2).

* Example 1: time signature of 3/4. If three dotted half notes were written as red notes,
each of the notes would lose one quarter note, becoming a series of three half notes,
therefore fitting into two bars. The quarter note on the third beat of the first bar would be
tied to the quarter note on the first beat of bar two.

* Example 2: time signature of 2/4. If three quarter notes were written as red notes, each
one would become equivalent to 0.66 of a beat. [ 0.66 x 3 (three quarter notes) = 2
quarter notes ]

Composers in the ars subtilior style often wrote their manuscripts themselves in unusual
and expressive shapes. In addition to the circular canon by Baude Cordier, a piece by
Jacob Senleches, La Harpe de melodie, is written in the shape of a harp; this and other
examples of the unusual notational style of the ars subtilior are preserved in the
Chantilly Codex, the primary source for this music, and also the Modena Codex.

Belle, Bonne, Sage


Tout par compas suy composé

ARS NOVA IN ITALIA

http://it.wikipedia.org/wiki/Ars_nova
Rispetto all'Ars Nova francese, la forma italiana risulta più semplice e meno
contrappuntisticamente intricata.
* mottetto: questa forma non ebbe gran diffusione. Si ricordano tre mottetti scritti da
Marchetto da Padova, uno di Jacopo da Bologna e altri frammenti di mottetti composti in
onore di dogi veneziani.
* madrigale: è un componimento a forme fixe, strofico; era solitamente a due voci.
Importanti autori di madrigali sono Giovanni da Cascia, Piero, Jacopo da Bologna.
* caccia: a tre voci, nei suoi testi si presentano scene di caccia, gare, giochi all'aperto,
mercato.
* ballata: è una forme fixe monodica destinata ad accompagnare danze collettive; per
questo ogni stanza (strofa) viene divisa in due piedi (o mutazioni), intonati su uno stesso
motivo. Il maggior esponente di questo genere fu Francesco Landini di Firenze.

IL QUATTROCENTO

LA SCUOLA FIAMMINGA

Nel Quattrocento si conclude il movimento dell'Ars Nova, e il movimento letterario,


artistico e fìlosofìco dell'Umanesimo si diffuse un po' in tutta Italia. In Europa il
nuovo movimento musicale si sposta a nord, nelle zone della Borgogna e delle Fiandre
corrispondenti agli attuali nord della Francia, Olanda e Belgio.

I maestri fiamminghi , andavano elaborando forme contrappuntistiche, sia sacre sia


profane, tecnicamente molto complesse aumentando esageratamente il numero delle
voci e la tecnica contrappuntistica più usata fu l'imitazione a canone, famosi i
Canoni enigmatici tali composizioni furono considerate artificiose.

E' in questo periodo dunque che viene a delinearsi la tecnica del contrappunto e la
disposizione a quattro voci delle composizioni. In questo periodo la melodia
gregoriana che si trovava al tenor passa al cantus, diventando ritmicamente più mossa
e arricchendosi di fioriture, e la parte grave tenderà a muoversi secondo i fondamenti
armonici

La scuola polifonica inglese ebbe una molta influenza sui fiamminghi, in


particolare John Dunstable.

Con la metà del secolo si afferma la cosiddetta scuola borgognona, in cui si formò la
figura di Guillaume Dufay, tra i più grandi compositori della scuola fiamminga, che
introduce la messa ciclica, in cui ogni parte ha lo stesso tenor.

I fiamminghi praticarono le forme della messa, del mottetto, sviluppandosi fino a


composizioni come il mottetto "Deo Gratias" di Johannes Ockeghem , a 36 voci
reali. La chanson profana a 3 voci è caratterizzata da una semplice polifonia.

http://www.istitutovarrone.it/documenti/8_d.doc
La tradizione del mottetto medioevale suggeriva di collocare il cantus firmus al tenor ma
le diverse esigenze della musica quattrocentesca richiedevano che la voce più grave si
rendesse libera di fungere da appoggio e fondamento delle frequenti progressioni
armoniche di tale stile soprattutto in fase di cadenza; l'uso, allora, di un cantus firmus
che non poteva essere ulteriormente manipolato avrebbe limitato i margini di manovra
del compositore e condotto alla ripetitività armonica. Questa difficoltà fu risolta facendo
del tenor non più l'ultima ma la penultima voce dell'impianto, collocando al grave una
parte detta contratenor bassus (poi bassus), al di sopra del tenor un contratenor altus e
all'acuto un cantus o superius o anche discantus.

FORME DEL QUATTROCENTO

MOTTETTO

Da: Giulio Bas, Trattato di Forma, pag. 121


(Qui s'intende parlare del Mottetto dell'età florida della polifonia vocale, intorno al
secolo XVI, e non già del mottetto primitivo dei secoli XIII e XV.)
E' una forma di grande importanza nella polifonia vocale, e consiste nel prendere il
motivo d'ogni singola frase di canto fermo come tema d'uno sviluppo ad imitazioni o
addirittura fugato L'intero pezzo diventa così un seguito di episodi aventi ognuno un
tema proprio.

Ave Maria, Mottetto di Josquin Desprez


CHANSON Quattrocento

http://www.sapere.it/tca/MainApp?srvc=vr&url=/4/1599_1
In senso lato può indicare diversi generi della storia musicale francese, dalla canço
trobadorica alle composizioni vocali profane dell'ars nova (ballades ecc.), fino ai generi
più recenti. Più specificamente, va però riferita a un ben definito genere di composizione
polifonica profana tipica della scuola franco-fiamminga, fiorita nella seconda metà del
sec. XV e in tutto il XVI con diffusione europea. La chanson così intesa fu di modello
alla canzone strumentale, che ne riprese il tipico incedere dell'inizio, con note ribattute
sul ritmo di una lunga e due brevi, la scrittura imitativa e a tratti omofonica, la libertà
formale. Rispetto alla prima fase della sua storia, bene illustrata dalla produzione dei
fiamminghi Johannes Ockeghem, Jacob Obrecht, Josquin Desprès, Pierre de La Rue e
altri, con i francesi Clément Janequin, Claudin de de Sermisy, P. Certon ecc., il genere fu
affrontato con atteggiamento meno severo, di elegante scioltezza, e con una propensione,
in alcuni casi, al pittoresco, al descrittivo, che portò alla composizione di celebri pezzi,
come le chansons di Janequin, volte a descrivere una battaglia o il canto degli uccelli.

IL FALSO BORDONE

Il termune falso bordone si contrappone a bordone in cui un Cantus firmus dato alla
voce inferiore è accompagnato dalle voci superiori in 3/6. Nel falso bordone la
melodia non è data al basso ma ad una voce superiore; la linea che segue parallela al
basso rappresenta un falso bordone. falso in quanto non è la linea della melodia.

http://www.sapere.it/tca/MainApp
procedimento che è caratteristico della polifonia dei secc. XIV-XVI e che consiste
nell'andamento parallelo di 3 voci che formano accordi di terza e sesta. Noto anche col
nome di discanto inglese perché ebbe origine in Inghilterra come tecnica di
improvvisazione su un canto dato, fu usato da Guillaume Dufay (ca 1430), che lo
qualifica come faux-bourdon, e, in misura minore, nella seconda metà del sec. XV e nel
XVI. Nel canto liturgico, indica l'alternanza di versetti intonati secondo l'originaria
melodia gregoriana e di versetti dove tale melodia è armonizzata a 3 o 4 voci. Tale
pratica si sviluppò nel sec. XVI ed è ancora viva. Nel sec. XVII si considerò falso
bordone il canto improvvisato con fioriture da varie voci, una dopo l'altra, su uno stesso
motivo eseguito come basso dall'organo.
http://it.wikipedia.org/wiki/Falso_bordone
Il falso bordone (o falsobordone) è una tecnica di armonizzazione usata nel tardo
medioevo e nel primo rinascimento particolarmente dai compositori della Scuola di
Borgogna. Guillaume Dufay fu il più grande compositore ad usare questa tecnica di
composizione e probabilmente anche il suo inventore.

Nella sua forma più semplice, il falsobordone consiste in un cantus firmus e due altre
parti a intervallo di sesta ed una quarta perfetta in basso. Per prevenire la monotonia o
creare una cadenza, la voce più bassa alcune volte scende di una ottava e ciascuna delle
voci di accompagnamento può avere meno abbellimenti. Normalmente solo una piccola
parte della composizione impiega la tecnica del falso bordone.

La prima e la terza linea sono composte in modo libero (in questo esempio la linea
superiore è basata sulla melodia dell'antifona gregoriana); la linea di mezzo, designata
come falsobordone, segue l'andamento della linea superiore, ma esattamente una quarta
perfetta sotto. La linea inferiore, è spesso ma non sempre, una sesta sotto la prima linea;
Essa è abbellita e scritta con una cadenza all'ottava.

NOTAZIONE NEL QUATTROCENTO

Notazione bianca dei secolo XV e XVI


Notazione moderna

La musica non è organizzata in partitura e mancavano le indicazioni di battuta.

GUILLAUME DUFAY (1400 - 1474 c)

Con la metà del secolo si afferma la cosiddetta scuola borgognona, in cui si formò la
figura di Guillaume Dufay, tra i più grandi compositori della scuola fiamminga, che
introduce la messa ciclica, in cui ogni parte ha lo stesso tenor.

Missa L'homme armé, mottetto Nuper rosarum flores composto per l'inaugurazione
della cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze nel 1436.

http://it.wikipedia.org/wiki/L%27homme_arm%C3%A9

L'homme armè è una canzone profana dell'epoca rinascimentale.

L'homme armè è molto ben ricordato al giorno d'oggi perché usato da molti compositori
del rinascimento come cantus firmus per le messe in lingua latina. Questa melodia fu
probabilmente usata per la composizione di molte canzoni profane; 40 di queste sono
pervenute ai nostri giorni. Molti grandi compositori del rinascimento scrissero almeno
una messa su questo tema. Questa moda finì nel secolo XVII con l'opera del compositore
Giacomo Carissimi. La maggior parte delle messe chiamate L'homme armè sono state
composte nel periodo che va dal 1450 al 1500.

Si ritenne che la melodia venne usata per la prima volta nella canzone: Il sera pour vous
conbatu/L'homme armé attribuita a Robert Morton, che tramite alcuni riferimenti del
testo, si ritiene composta nel 1463. Un'altra possibile prima versione è un'opera anonima
a tre voci che non può essere datata. Nel 1523 Pietro Aron, nel suo trattato Il
Thoscanello, afferma che la canzone fu composta da Antoine Busnois. Mentre si
concorda con il fatto che la canzone è stilisticamente conforme alle opere di Busnois,
non vi sono altre fonti che possano confermare l'assunto di Aron ed egli scrisse il trattato
circa 70 anni dopo la prima apparizione della melodia. Richard Taruskin ha affermato
che Busnois scrisse la prima messa conosciuta sulla melodia, ma questa versione è
contestata da coloro che affermano essere Guillaume Dufay il compositore della prima
messa L'homme armè.

Le origini della popolarità della canzone è l'importanza dell'uomo armato sono oggetto
di diverse teorie. Alcuni affermano che l'uomo armato è San Michele Arcangelo mentre
altri suggeriscono che era il nome di una taverna presso la quale Dufay risiedeva a
Cambrai. Esso può anche rappresentare il cavaliere per una nuova Crociata contro i
Turchi. Esistono ampie evidenze che indicano uno speciale significato per l'Ordine del
Vello d'Oro. È utile notare che la prima apparizione della canzone avvenne in
contemporanea con la caduta di Costantinopoli per mano degli Ottomani Turchi nel
1453, un evento che ebbe un grande effetto psicologico in Europa. Compositori come
Guillaume Dufay scrissero delle lamentazioni su questo argomento. Un'altra ipotesi è
che tutte le precedenti teorie siano valide e la canzone serva a dare la sensazione di
urgenza sulla necessità di approntare una spedizione che comprenda tutte le nazioni
europee per la riconquista di Costantinopoli.

Originale Francese
L'homme, l'homme, l'homme armé,
L'homme armé
L'homme armé doibt on doubter, doibt on doubter.
On a fait partout crier,
Que chascun se viengne armer
D'un haubregon de fer.
Italiano
L'uomo, l'uomo, l'uomo armato,
L'uomo armato
L'uomo armato sarà temuto, sarà temuto.
In ogni luogo è stato proclamato
Che ogni uomo armerà se stesso
Con un'armatura di ferro.

GILLES BINCHOIS (1400 - 1460)

JOHANNES OCKEGHEM (c. 1420 - 1496)

JOSQUIN DES PREZ (1440 c - 1521?)

Con Desprez ci si affaccia già al Rinascimento.

Ave Maria, Mottetto di Josquin Desprez

In questo mottetto le varie sezioni sono trattate in modo imitativo ed a canone

- Ave Maria, Gratia plena,


Ave Maria piena di grazia
Canone all'ottava

Dominus tecum, Virgo serena.


Il Signore è con te,
Canone

Ave Maria, Gratia plena,


Dominus tecum, Virgo serena.
Ave cujus conceptio,
Solemni plena gaudio,
Coelestia, terrestria,
Nova replet laetitia.
Ave cujus nativitas,
Nostra fuit solemnitas,
Ut lucifer lux oriens,
Verum solem praeveniens.
Ave pia humilitas,
Sine viro foecunditas,
Cujus annuntiatio,
Nostra fuit salvatio.
Ave vera viginitas,
Immaculata castitas,
Cujus purificatio
Nostra fuit purgatio.
Ave praeclara omnibus
Angelicis virtutibus,
Cujus assumptio,
Nostra glorificatio.
O Mater Dei,
Memento mei.
Amen.
Desprès è uno tra i primi ad intendere il testo come stimolo all'ispirazione musicale.
Sviluppo della forma della chanson, nella quale la voce superiore è dominante sulle
altre,

IL QUATTROCENTO IN ITALIA

In Italia musicisti come Bartolomeo Tromboncino e Marchetto Cara preferirono


comporre lavori di carattere più semplice e popolare, dando vita a forme musicali
quali la frottola, la barzelletta e lo strambotto.

L’Italia fu terra d’approdo per gli artisti franco-fiamminghi Guillame Dufay (1400
ca.-1474), Josquin Desprès (1440 ca.-1521).

LA MUSICA STRUMENTALE NEL QUATTROCENTO

Nella seconda metà del Quattrocento l'arte vocale franco-fiamminga, con i monumenti
contrappuntistici, in cui la tecnica magistrale si fondeva con la più alta spiritualità,
dominava sovrana su tutta l'Europa, relegando la musica strumentale in un piano
nettamente inferiore. Di quest'ultima non ci è giunta nessuna traccia, a riprova dello
scarso interesse che doveva suscitare presso i compositori colti, e possiamo solo
supporre che essa fosse presente quasi unicamente durante le feste di corte o nelle
ricorrenze popolari sotto forma di danze. Le esecuzioni riunivano certamente i diversi
tipi di strumento, a fiato, ad arco. a pizzico, ma non andavano oltre un elementare
sviluppo melodico e un ancor più primitivo sostegno armonico. Malgrado questa
situazione apparentemente statica, nella vita musicale dell'epoca stava maturando un
fenomeno che doveva creare le premesse necessarie alla nascita ed allo sviluppo della
musica strumentale, consentendo in modo particolare al liuto di imporsi
improvvisamente agli inizi del secolo XVI.

In Italia l'influenza fiamminga, assorbita silenziosamente per lunghissimo tempo dopo la


lontana parentesi dell'Ars Nova, stava generando una cultura musicale autonoma , che
avrebbe condotto il nostro paese nel volgere di pochi decenni agli splendori del
Rinascimento, Le prime culle di questo risveglio furono le corti delle città settentrionali,
in particolare quella di Isabella d'Esta a Mantova, dove Marco Cara e Bartolomeo
Tromboncino crearono i primi germogli di un'altissima civiltà musicale. Le loro
"Frottole", affidate ancora alle voci, si prestavano assai bene al procedimento che si
ritrovò in seguito (1509 e 1511) nelle intavolature per liuto del Bossinensis [Bosnia
seconda metà sec. XV - inizio sec. XVI]. Esso consisteva nel limitare il canto alla voce
superiore, mentre le rimanenti erano eseguite dl liuto, che doveva così operare una
rigorosa condotta ritmica e un impegno tecnico di una certa difficoltà, assolvendo
inoltre ad una funzione molto congeniale alle sue qualità timbriche ed armoniche.

(...)

La possibilità di ottenere suoni simultanei suggerì poi agli esecutori di trasferire sul liuto
le intere parti delle composizioni polifoniche vocali, (...). A questo punto erano
maturate tutte le condizioni perché avvenisse il tentativo di impiegare il liuto in forme
autonome. Nulla sappiamo circa le prime edizioni musicali che dovettero prendere vita
dai numerosi liutisti, (...) essi ricorressero all'improvvisazione (...) o che più
semplicemente i loro manoscritti siano andati perduti .Certo è che la prima testimonianza
dell'arte liutistica ci giunge soltanto quando un grande avvenimento, destinato a dare un
grande impulso alla cultura musicale, avviene in Italia all scadere del Quattrocento.
Ottaviano Petrucci (Fossombrone, 1466 - ivi, 1539) inventa i caratteri mobili per la
stampa musicale, (...).

Il primo strumentista ad avvalersi dei caratteri mobili, era anch'egli nativo di


Fossombrone [fu Francesco Spinacino: Fossombrone, Pesaro seconda metà sec. XV -
Venezia dopo il 1507)].

Ruggero Chiesa, Storia della letteratura del liuto e della chitarra, Il Fronomo n 1.

IL CINQUECENTO
IL RINASCIMENTO

Abbiamo già accennato dell'’invenzione per opera di Ottaviano Petrucci da


Fossombrone e la diffusione della stampa musicale e dei molteplici effetti culturali.
. Il primo libro, «Harmonice Musices Odhecaton» ha la data del 15 Aprile del 1501.
E’ una antologia di 96 chansons polifoniche.

http://it.wikipedia.org/wiki/Harmonice_Musices_Odhecaton
Harmonice Musices Odhecaton è la prima raccolta di musiche interamente stampata con
caratteri mobili nel 1501 a Venezia dall'editore Ottaviano Petrucci da Fossombrone
(1466 - 1539) col sistema della tripla impressione, metodo di stampa consistente in tre
fasi successive: prima veniva impresso il rigo musicale, poi le note ed altri simboli
musicali ed infine il testo letterario. Il titolo della raccolta Harmonice Musices
Odhecaton si riferisce alle "Cento canzoni (in realtà 96) di musica armonica", cioè
polifonica: le composizioni in essa contenute sono soprattutto chansons a tre e quattro
voci. Fra gli autori i cui lavori erano contenuti nella raccolta si possono citare, Agricola,
Antoine Busnois, Isaac, Josquin Desprez e altri compositori franco-fiamminghi. La sua
importanza è data dal fatto che con essa si ebbe un grande sviluppo nella diffusione delle
opere musicali in tutta Europa e quindi lo sviluppo capillare di questa arte come mai
prima era stato possibile dovendosi manoscrivere ogni spartito musicale.

La seguente descrizione della nuova estetica tratta da: Lineamenti di Storia della
Musica di Guido Pannain ed. Curci mi sembra chiarificatrice del processo
formativo compiuto dall'arte, dalla mistica visione del medievo al risveglio
dell'umanesimo rinascimentale ed all'elaborazione successiva che per schematismo
definiamo Barocco.

La musica nel Secolo XVI


II movimento che fin dal secolo XVI tende a rinnovare la musica nelle sue basi
fondamentali, si collega alla cultura del Rinascimento, a quel profondo mutarsi della
sensibilità per cui l'umanità, già assorta nella mistica visione del Medioevo, cominciò a
destarsi alla realtà della vita terrena.
Il primo segno di questa rinascita umana, di questo ritorno dello spirito alla concretezza
della vita presente, si manifestò nel campo intellettuale, nella ricerca e nello studio dei
monumenti dell'antica cultura, delle opere d'arte, della letteratura. Al contatto di essi i
gusti e le tendenze vennero profondamente modificandosi. Questo movimento radicale e
complesso si manifestò indecisamente durante il secolo XV; un secolo più tardi già si
confermava vittoriosamente in Francia e in Germania. Elementi importanti del
Rinascimento furono gli umanisti, come vennero chiamati gli appassionati studiosi delle
antichità greca e romana.
^

NOTAZIONE NEL CINQUECENTO

L'uso del pentagramma risale al sec. XVI.

FORME NEL CINQUECENTO

MOTTETTO del Cinquecento

Da: Giulio Bas, Trattato di Forma, pag. 121


(Qui s'intende parlare del Mottetto dell'età florida della polifonia vocale, intorno al
secolom XVI, e non già del mottetto primitivo dei secoli XIII e XV.)
E' una forma di grande importanza nella polifonia vocale, e consiste nel prendere il
motivo d'ogni singola frase di canto fermo come tema d'uno sviluppo ad imitazioni o
addirittura fugato L'intero pezzo diventa così un seguito di episodi aventi ognuno un
tema proprio.

CANZONA Cinquecento

http://phonoarchive.org/grove/Entries/S04804.htm
The spelling ‘canzona’ was fairly frequently used in Italy after 1600 and has become
standard in England and not infrequent in Germany; in older Italian sources, however,
‘canzone’ and ‘canzon’ (with the plural ‘canzoni’) are practically universal, and
‘canzone’ has subsequently remained the standard Italian form. It should be noted that
‘canzone’ as the plural of ‘canzona’ is rare. (For a discussion of the Italian poetic form,
see Canzone.) The word ‘canzone’ or ‘canzona’ in its instrumental connotation
originally denoted an arrangement of a polyphonic song, usually a French chanson, since
although arrangements of Italian works were quite common these were usually called
‘frottola’ or ‘madrigale’. Although it was used at least until the end of the 16th century
to mean a straightforward arrangement, there are quite early instances of new
compositions based on existing chanson material, and the term eventually came to be
applied to original compositions using idioms familiar through arrangements and
reworkings. Since chansons of the type favoured for these purposes (i.e. the Parisian
chanson as represented in the books of Attaingnant starting in 1528) frequently began
with fugal imitation, the canzona came to be considered a fugal genre. It is described by
Praetorius (Syntagma musicum, iii, p.17) as a series of short fugues for ensemble of
four, five, six, eight or more parts, with a repetition of the first one at the end (although
this feature is in fact rare; see Fugue, §4). Expressions such as ‘canzon francese’ and
‘canzone alla francese’ appear to indicate nothing beyond the form just described (they
are used both of arrangements and of original works), while ‘canzon da sonar’, a phrase
that played a part in the genesis of the term ‘sonata’ (see Sonata, §I), specified only that
it was an instrumental (usually ensemble) form.

LA SCUOLA ROMANA TRA CINQUECENTO E SEICENTO

http://it.wikipedia.org/wiki/Scuola_romana_%28musica%29
Nella storia della musica, la Scuola romana fu costituita da un gruppo di compositori,
quasi tutti di musica sacra, attivi a Roma fra il XVI e il XVII secolo, spaziando dal tardo
rinascimento al primo barocco. Il termine si riferisce anche alla loro produzione
musicale. Molti di questi compositori erano legati con la Santa Sede e con la Cappella
musicale pontificia anche se lavoravano per diverse chiese di Roma. Il loro stile era
diverso da quello della Scuola veneziana le cui musiche erano più innovatrici. Il più
famoso compositore della scuola romana fu Giovanni Pierluigi da Palestrina il cui nome
venne associato, per oltre quattro secoli, con la più eterea e cristallina perfezione
polifonica. In ogni caso operavano in quel periodo altri compositori che scrivevano
musica in diverse varietà di stili e forme.

Le musiche della Scuola romana possono essere viste come il culmine di uno sviluppo
della polifonia attraverso la contaminazione con la Scuola franco fiamminga nel corso
degli ultimi cento anni. I compositori di questa scuola erano arrivati numerosi a Roma
per lavorare e vivere nella città eterna. Josquin Des Prez, Jacob Obrecht, Jacques
Arcadelt e molti altri fecero dei lunghi soggiorni a Roma ed il loro stile musicale fu
decisivo per la nascita della Scuola romana
Sotto la guida del Vaticano e con il coro della Cappella Sistina, uno dei più importanti
del tempo, fu inevitabile che il centro della polifonia sacra tornasse ad essere Roma. Il
Concilio di Trento, che fu tenuto fra il 1543 e il 1563, ebbe un impatto significativo sulla
musica della Scuola romana: si può arguire che la riforma nella Chiesa cattolica, che era
parte della Controriforma, definì i canoni musicali della Scuola romana. Il Concilio di
Trento raccomandò che la musica sacra, specialmente quella eseguita durante la liturgia,
fosse scritta in uno stile sobrio e degno del luogo in cui veniva eseguita. Il Concilio
autorizzò l'uso della polifonia a patto che il testo cantato rimanesse comprensibile ai
fedeli. In ogni caso, mentre non esisteva un divieto dell'uso di melodie profane nella
composizione di musica sacra, questa pratica venne comunque osteggiata dalla gerarchia
ecclesiastica.

La combinazione della riforma del Concilio di Trento con la presenza di molti talentuosi
compositori appartenenti alla Scuola franco-fiamminga, diede luogo ad una produzione
musicale polifonica che raggiunse la perfezione nell'ambito della musica rinascimentale.

La principale questione del Contrappunto del XVI secolo o Polifonia Rinascimentale,


discussa nelle scuole di musica contemporanee, è lo stile codificato dalla Scuola romana
come ebbe modo di notare Johann Fux nel tardo XVIII secolo.

È importante riconoscere che lo stile del Palestrina non fu il solo stile utilizzato in quel
periodo ma ebbe però la maggiore importanza. Lo stile polifonico del Palestrina
rappresentò il culmine dello sviluppo di un secolo di musica franco-fiamminga, ma esso
fu una corrente delle molte che erano presenti in quel tempo, e contrastava con la musica
della Scuola veneziana ma anche con quella prodotta in Francia ed Inghilterra nello
stesso periodo.

PALESTRINA Pierluigi da

LA SCUOLA VENEZIANA TRA CINQUECENTO E SEICENTO


http://it.wikipedia.org/wiki/Scuola_veneziana
Nella storia della musica la Scuola veneziana è un termine usato per descrivere i
compositori operanti a Venezia dal 1550 al 1610; essa descrive inoltre la musica da loro
prodotta. Le composizioni policorali veneziane del XVI secolo furono il più importante
fenomeno musicale in Europa ed influenzarono moltissimo la musica europea di quel
periodo. L'innovazione introdotta dalla scuola veneziana, assieme al contemporaneo
sviluppo della monodia e dell'opera a Firenze rappresentano la fine della musica
rinascimentale e l'inizio della musica barocca.

Il massimo dello sviluppo della scuola veneziana venne raggiunto nel decennio 1580-
1590 quando Andrea e Giovanni Gabrieli composero grandissimi capolavori per cori
multipli, gruppi di ottoni, archi e organo. Questi lavori sono i primi ad includere il
dinamismo nella musica ed i primi anche nell'includere specifiche istruzioni
sull'orchestrazione. Anche gli organisti partecipano a questa musica con Claudio Merulo
and Girolamo Diruta; essi iniziano a definire uno stile ed una tecnica che trasferita nel
nord Europa darà, nelle successive generazioni, vita ai lavori di Dietrich Buxtehude, ed
infine di Johann Sebastian Bach.

LA MUSICA STRUMENTALE NEL CINQUECENTO

Oltre alle forme strumentali di origine polifonica nel cinquecento si sviluppo una
letteratura strumentale che accompagnava le danze. In origine queste danze erano
composte da due danze una al passo e una saltata, Passemezzo, Pavana, Padovana e
Salterello, Gagliarda, Romanesca: d'andamento binario lento e grave la prima e
ternario vivace la seconda.

Ce ne offre un esempio Giacomo Gorzanis (ca 1525 - ca 1578) ventiquattro Passa e


mezzo (antichi e moderni corrispondenti ai nostro modi minore e maggiore) accoppiati
col Salterello in cui viene compiuto un completo ciclo sui dodici gradi della scala
precorrendo di oltre 150 anni il WTC di J. S. Bach.

La Suite In Italia Partita e in Francia Ordre (successione) si viene così delineando


nelle seguenti danze di andamento alterno: Allemanda Corrente Sarabanda e Giga,
alcune volte precedute da un preludio, forma usata in Germania e in Italia, la suite
francese aggiunge alcune delle danze varabili dopo la Sarabanda come il Minuetto la
Bourré e la Gavotte alcune volte associate in I° e II°. Come conclusione dopo la Giga
poteva essere introdotta la Ciaccona e la Passacaglia.
In origine la Partita italiana indicava un danza successivamente variata ed in seguito
venne ad identificarsi nella Suite; nel tardo Settecento la Suite sfocerà nel
Divertimento nella Cassazione e nella Serenata.

IL BAROCCO

Musica barocca - Wikipedia


Il termine musica barocca indica la musica composta durante il periodo di diffusione del
barocco nell'arte, che convenzionalmente fa riferimento al periodo 1600-1750.

http://www.geocities.com/Tokyo/Temple/8529/musica/storia/barocca.html
Normalmente questa età viene contraddistinta da queste due date: il 1600, con la nascita
del melodramma, ed il 1750, data della morte di J.S. Bach. Si nota, in questa epoca, una
unità di fondo tra la musica rinascimentale e quella barocca, ma verso la fine del XVI
secolo si evidenzia un cambiamento di stile significativo: lo si può vedere confrontando
alcune delle ultime opere di Palestrina con quelle più mature di Monteverdi, in cui si
nota una forte influenza dell'Umanesimo.

Barocco - Wikipedia
Il barocco è il termine utilizzato correntemente per indicare la civiltà letteraria,
filosofica, artistica e musicale caratteristica del periodo che va dalla fine del XVI secolo
alla metà del XVIII secolo. Per estensione, si indica quindi col nome «barocco» il gusto
legato alle manifestazioni artistiche di questo periodo.

Sulla derivazione del termine ci sono due ipotesi: 1) Deriva da un'antica parola
portoghese, barroco (barrueco in spagnolo), usata per definire una perla scaramazza,
ovvero una perla non coltivata, non simmetrica. Proprio per le particolarità del suo stile
l'arte barocca si accosta alla perla scaramazza. 2) Deriva dalla figura più complessa del
sillogismo aristotelico, il barocco.

Il termine musica barocca è utilizzato per classificare la musica composta durante il


periodo di diffusione del barocco nell'arte. I principali compositori che oggi vengono
considerati barocchi sono Bach, Händel e Antonio Vivaldi. L'utilizzo del termine
"barocco" riferito alla musica è, tuttavia, uno sviluppo abbastanza recente, ed è fatto
risalire ad una pubblicazione del musicologo Curt Sachs del 1919.

La musica barocca è caratterizzata dall'uso della fuga e spesso da passaggi difficili e


molto veloci. Risulta quindi estremamente importante l'abilità del solista (virtuosismo).
"La musica barocca non esiste!". L'affermazione può sembrare brutale, sommaria e in un
certo senso scoraggiante. E invece si tratta di farina fine, proveniente dal generoso sacco
concettuale di Manfred Bukofzer, uno dei maggiori musicologi del Novecento. Non ha
alcun senso — sostiene lo studioso nel suo libro più fortunato, The music in the baroque
era (1947) — mettere una sola cornice intorno ad un secolo e mezzo di musica che ha
fatto della varietà e della differenza il proprio programma estetico.

Meglio, molto meglio, parlare di "primo barocco francese", di "tardo barocco italiano", o
di "medio barocco francese", distinguendo innanzitutto, all'interno dei grandi confini
della "epoca barocca", il quando e il dove. La tesi di Bukofzer continua a destare ancora
oggi, nonostante sia passato più di mezzo secolo, un certo scandalo, forse perché mette
in crisi una delle certezze "assolute" coltivate sia nella storiografia musicale che dal
"mercato" della musica. La convinzione cioè che esista un genere, una categora, una
qualsiasi casella dentro la quale sistemare tutti i fenomeni che sembrano appartenere
all'"epoca barocca": una sonata per clavicembalo di Scarlatti e un ballet de cour di
Couperin, una Passione di Schutz e un concerto di Vivaldi. Stendendo così una patina
uniforme su oggetti, forme e linguaggi che si differenziano, invece, per il carattere
esattamente opposto: il contrasto, l'opposizione, la diversità.

È per questo motivo che Bukofzer propone di evitare per quanto possibile l'espressione
"musica barocca" e di adottare, invece, il criterio della distinzione tra i tre grandi stili che
attraversano la musica occidentale tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento:
lo stile concertante italiano, lo stile contrappuntistico tedesco e lo stile strumentale
francese. Operando all'interno di questa grande tripartizione una ulteriore bipartizione:
quella tra idioma strumentale e idioma vocale.

NASCITA DEL BASSO CONTINUO

Monteverdi nel suo quinto libro di madrigali fu il primo ad usare l'espressione basso
continuo.

IL RECITAR CANTANDO, LA CAMERATA FIORENTINA, LA NASCITA


DELL'OPERA

[segue Pannain]

In questo nuovo ambiente la musica profana ebbe agio di esplicarsi; le nuove tendenze
popolari si poterono confermare e svilupparsi, mentre la tecnica polifonica, descritta la
sua parabola, volgeva al tramonto. L'avvenire sarà, ormai, della musica monodica e
strumentale.
La caratteristica delle argomentazioni di coloro che propugnavano la nuova tendenza
verso il canto a voce sola (monodia) fu un'accanita, profondissima avversione al
contrappunto. Mentre, come abbiamo veduto, monodia e basso continuo venivano
delineandosi nella pratica, durante gli ultimi decenni del secolo XVI sorgeva una
corrente diretta a combatter il contrappunto e la polifonia.

L'origine dell'opera è parallela a quella della cantata e dell'oratorio e il loro sviluppo


è legato all'avvento del basso continuo.

LA PRIMA META' DEL SEICENTO IN ITALA

MONTEVERDI Claudio (Giovanni Antonio)

Battezzato il 15 maggio 1567 a Cremona nel ducato di Milano


morto il 29 novembre 1643 a Venezia.

Claudio Monteverdi cominciò la sua istruzione musicale con Ingegneri, che a quel
tempo era Maestro di Cappella alla Cattedrale di Cremona, come un cantore nella
cattedrale di Cremona. Si sposò nel 1592 e fu assunto da Vincenzo Gonzaga Duca di
Mantova come violista nella cappella diretta da Jacques de Wert, intorno al 1590. Nel
1607 venne rappresentata a Mantova la sua prima opera, l’"Orfeo". Alla morte del
duca nel 1613 Monteverdi divenne Maestro di Cappella della Cattedrale di S. Marco a
Venezia . E' ricordato principalmente per i suoi contributi all' opera (Orfeo ed
L'incoronazione Poppea), ed allo sviluppo di quello che più tardi venne conosciuto
come lo stile barocco (nel suo quinto libro di madrigali fu il primo ad usare
l'espressione basso continuo). Monteverdi è considerato la prima grande figura della
musica barocca e un importante innovatore, sintetizzo gli elementi del nuovo stile sia
nella sacra che in quella profana, tra cui Messe, mottetti, madrigali, Vespri, e
Magnificat.
Criticato nel 1600 per le libere dissonanze nei suoi nuovi lavori rispose che la musica
adesso ha due pratiche: la prima severa per i lavori sacri e la seconda più espressiva
per la musica mondana o temporale.

(baptized May 15, 1567, Cremona, Duchy of Milan


died Nov. 29, 1643, Venice) Italian composer.

The first of his nine books of madrigals appeared in 1587, the second in 1590. He visited
the court of the Gonzagas in Mantua, and his next book (1592) shows freer use of
dissonance and close coordination of music and words. He married in 1599 and settled in
Mantua. Attacked in 1600 for the even freer dissonance in his newest works, he replied
that music now had two "practices," the stricter first practice for sacred works and the
more expressive second practice for secular music. It was his first opera, Orfeo,
performed in 1607, that finally established him as a composer of large-scale music rather
than of exquisite miniature works. In 1610 he completed his great Vespers. Having long
tried to obtain his release from Mantua, he was finally granted it in 1612, and the next
year he was put in charge of music at San Marco Basilica, Venice. After the first opera
house opened in Venice (1637), he wrote his last three operas, including Il ritorno
d'Ulisse in patria (1640) and the remarkable Incoronazione di Poppea (1643).
Monteverdi is the first great figure of Baroque music, a remarkable innovator who
synthesized the elements of the new style to create the first Baroque masterpieces of
both sacred and secular music.

© 2005 Encyclopædia Britannica, Inc.

Da: Claudio Monteverdi

Il volgere del secolo portò al compositore dei grattacapi, nella persona del dotto
canonico G.M. Artusi da Bologna, il quale, nel dialogo L’Artusi, overo Delle
imperfettioni della moderna musica (1600), si scagliava contro quelle innovazioni di cui
ho fatto cenno, praticate non solo da Monteverdi ma anche da altri madrigalisti
dell’ambiente mantovano e ferrarese (Luzzaschi, Gesualdo, il giovane Sigismondo
D’India), perché contrarie alle regole del contrappunto classico e a tutta la tradizione
della musica “pura” e concettuale di stampo pitagorico che a quelle regole era sottesa.
Monteverdi rispose in alcune lettere, firmandosi l’Ottuso Accademico, e come da regola
in ogni querelle che si rispetti, seguì la controrisposta dell’Artusi nella Seconda parte
dell’Artusi (1603). Ma la risposta migliore a queste critiche furono il Quarto (1603) e
soprattutto il Quinto (1605) Libro dei Madrigali, dove il Nostro intensifica tutti gli
espedienti formali già sperimentati nel Terzo, aggiungendo in quest’ultimo un’altra
fondamentale innovazione: la prescrizione di un basso che doveva sostenere le linee
vocali, ma non raddoppiandole meramente, bensì ponendosi con esse in un rapporto di
larga indipendenza: per distinguerlo dal basso che raddoppiava, in uso nella musica
liturgica e chiamato basso seguente, questo venne chiamato invece basso continuo. La
funzione di questo basso era quella di consentire alle voci superiori, tre, due o una voce
acuta, nella tradizione del Concerto delle Dame ferrarese, di muoversi con grande libertà
per esprimere gli affetti del testo, mentre il basso doveva fungere da collante sonoro che
ripristinava per altra via la fluidità polifonica compromessa. Ma la polemica non si
fermò qui: l’Artusi (si pensa sia lui a celarsi sotto lo pseudonimo di Antonio Braccini da
Todi, ma il fatto non è accertato) ebbe ancora la voglia di rispondere: a questo punto
intervenne a difesa del fratello Giulio Cesare Monteverdi, anch’egli compositore, in una
Dichiaratione premessa agli Scherzi musicali (1607) di Claudio, mentre questi meditava
di esporre più diffusamente i
suoi principi in un trattato intitolato polemicamente Seconda pratica, overo Perfetione
della moderna musica, che però non venne mai stampato. L’ultima parola la volle avere
l’Artusi, il quale nel Discorso secondo musicale del 1608 ribatteva alle tesi di Giulio
Cesare, sempre sotto lo pseudonimo di Braccini. Ma l’ultima parola la ebbe invece
Monteverdi, e chi, come lui, rifiutava un astratto ideale di bellezza musicale fondato su
presunti fondamenti pitagorico-matematici in nome del valore espressivo della musica,
della sua capacità di esprimere e suscitare gli affetti dell’animo umano.
Perché il nuovo stile incontrò sempre maggior successo nei cenacoli culturali delle corti
di tutta Europa, facendo cadere ben presto nell’oblio il vecchio stile contrappuntistico
puro, che non venne più applicato a testi madrigalistici. Nasceva un nuovo linguaggio
musicale, che informò di sé la vita culturale dei due secoli a venire: il linguaggio
Barocco.
Inoltre, queste polemiche non influirono minimamente sulla carriera del compositore,
che proseguì a gonfie vele: infatti nel 1601 succedette a Benedetto Pallavicino, che a sua
volta aveva preso il posto di Jacques de Wert (morto nel 1596), quale maestro della
cappella di corte.
Ed era una corte, quella dei Gonzaga a Mantova, che, con quella degli Este a Ferrara e
quella dei Medici a Firenze, si poneva all’avanguardia dello sperimentalismo musicale di
quei decenni intensi e decisivi per l’evoluzione del linguaggio dei suoni. I Gonzaga
sapevano degli esperimenti della Camerata dei Bardi a Firenze: e vollero che il nuovo
genere, lo “stile rappresentativo”, facesse l’ingresso nella loro corte in una
rappresentazione, una favola pastorale, ch’era stata saggiata prima
nelle chiuse stanze dell’Accademia degli Invaghiti. Questa non era interamente in stile
rappresentativo, ma includeva madrigali, cori, balli e brevi ritornelli solistici, che solo
qualche tempo dopo si cominciarono a chiamare arie, ed ebbero una notevole fortuna…
Correva l’anno 1607, anno che andrebbe inciso in lettere d’oro in tutte le storie della
musica, poiché segna la nascita di quel genere che darà per così dire l’impronta a tutta
l’epoca barocca, facendo sentire la sua influenza in quasi tutte le forme musicali di
quella: il melodramma. In esso tutte le innovazioni che nei madrigali avevano tanto
scandalizzato l’Artusi e i puristi suoi compagni trovavano la loro piena giustificazione
nelle istanze liriche e descrittive suggerite dal testo, e ancor più dalle esigenze della
drammaturgia nel suo complesso, facendo cadere le ultime resistenze e spianando
definitivamente la strada all’affermazione del linguaggio Barocco.
L’apice della carriera del musicista Cremonese fu però funestato da un grave lutto: in
quello stesso anno 1607, infatti, moriva la moglie Claudia. E questo evento si riflette
nelle armonie lancinanti di molti dei madrigali del Sesto Libro, pubblicato solo (senza
alcuna dedica, cosa straordinaria a quel tempo) nel 1614, il più cupo e doloroso tra quelli
scritti da Monteverdi. Dal che si rende palese per la prima volta (ma in verità erano già
apparsi i Madrigali di Gesualdo da Venosa) un’altra
possibilità concessa al linguaggio musicale, che sarà sviluppata compiutamente solo
molti anni più tardi, nell’Età Romantica: quella cioè di dare espressione al mondo intimo
del compositore.

http://www.rodoni.ch/malipiero/intromonteverdi.html
I polifonisti italiani del XVI secolo, compreso il Palestrina si temprarono al rigore delle
leggi contrappantistiche che lo Zarlino promulgò definitivamente nei suoi trattati.
Il Monteverdi, senza nè punto nè poco rinunziare alle risorse infinite dell'intuizione,
preferì seguire le teorìe di Nicola Vicentino (L'antica musica ridotta alla moderna
pratica), ma non si può dire per questo che «il Monteverdi disponeva male le parti! ...»
Egli è stato accusato di essere un debole contrappuntista nell'ottocento, quando il
contrappunto si insegnava (come del resto in molte scuole italiane s'insegna tuttora)
avendo «il Cherubini» come guida. Questi ha ridotto il contrappunto a una esercitazione
scolastica che non ha più nulla a che vedere con la vera arte contrappuntistica dei grandi
polifonisti italiani, l'unica che dovrebbe interessare ora la gioventù studiosa, sia per
liberarsi da uno dei tormenti della scuola, che per acquistare la conoscenza della nostra
grande arte musicale.

(...)

e se talvolta egli non evita le proibitissime quinte e ottave parallele, lo fa per conservare
una linea più nobile e più vigorosa alle parti. Certamente avrebbe potuto accontentare i
suoi critici se, anzichè un innovatore egli fosse stato un arido accademico e avesse
pensato che due secoli dopo la sua morte, le leggi del contrappunto sarebbero state
dettate da Luigi Cherubini.

Nei primi libri dei Madrigali è innegabile che si riscontra già il germe della «seconda
pratica» perchè, specialmente nei madrigali più patetici, è sempre una parte che «canta»
e se il tema predominante passa serpeggiando da una parte all'altra, egli lo fa per ottenere
singolarissimi effetti di colore. Però fra la prima e la seconda maniera c'è un salto
enorme, che nelle altre arti non si potrebbe riscontrare nello stesso autore. Egli è Giotto e
Paolo Veronese, Mino da Fiesole e il Bernini.

Oggi noi troviamo più perfette e moderne le opere della prima maniera monteverdiana,
specialmente, per il fascino delle ardite armonie, ma chi nel Monteverdi della seconda
maniera deplora, quali sintomi di decadenza, la sobrietà armonica, le frequenti
progressioni, le parti che hanno lunghi procedimenti per terza o per sesta, le cadenze
troppo comuni, dimentica che la maggior parte di queste originalissime invenzioni
monteverdiane, per due secoli interi vennero sfrattate da tutti i «compositori», perchè
semplificando la tecnica musicale egli ha spianato il cammino ai faciloni e
all'improvvisazione melodrammatica. Nelle opere di Claudio Monteverdi, il diatonismo,
le progressioni, il canoro cadenzare sono ancora «materia vergine» uscita dalla fantasia
di un insaziabile innovatore.

Non è esagerazione «di parziali» il ritrovare nelle sue opere, per quanto in embrione,
anche il tema con variazioni. La Romanesca del VII libro lo conferma.
Se egli si inebbriava a girare anche per otto o più battute fra la tonica o la dominante,
non poteva immaginare che da buon alchimista stava filtrando un potentissimo veleno
che soltanto due secoli più tardi avrebbe distrutto l'armonia.
Nemmeno si deve giudicare una lacuna l'assenza di bemolli o diesis in chiave (quasi
tutte le sue opere sono in fa e in do, e nei relativi maggiori e minori, ma allora gli
esecutori, se necessario, cioè secondo le voci di cui disponevano, trasportavano la
composizione che dovevano cantare, in una tonalità più alta o più bassa) perchè alle
modulazioni da tono a tono egli preferiva la varietà delle armonie. Il frequente mutare di
tonalità si usò più tardi per mascherare la monotonia armonica.

Egli fu il precursore di tutto e dì tutti, anche di quelli che non poterono subire la sua
influenza diretta perchè nati quando ormai egli era stato fatalmente dimenticato. Nelle
sue opere ci sono spunti, temi, progressioni armoniche e ritmiche di Bach, Beethoven
(nell'ottavo Madrigale del sesto libro c'è un intero passaggio beethoveniano) Chopin e
Domenico Scarlatti, e di quest'ultimo non dobbiamo meravigliarci: Domenico Scarlatti
fu l'anello di congiunzione fra Monteverdi e tutta la musica del XVIII secolo e dei
romantici.

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