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Storia di Pipino, nato vecchio e morto bambino

18 gennaio 201511841

di Maria Delli Quadri

pipino74Mi è stato detto che c’è anche un film: “Il curioso caso di Benjamin Button“, tratto da una novella
di F. Scott Fitzgerald, grande scrittore americano. Sarà pure vero, ma questo libro di cui mi accingo a
parlare, è un super classico della letteratura italiana per l’infanzia (1911); perché non bisogna dimenticare
che noi italiani abbiamo inventato quasi tutto in letteratura, in arte, in pittura ecc.

“Storia di Pipino, nato vecchio e morto bambino ” era il libro di lettura presente in tutte le biblioteche
scolastiche 50-60 e più anni fa, letto da me e da tanti altri ragazzi della mia età, quando frequentavamo la
scuola media. Oggi forse non c’è più. Dopo 104 anni è stato un po’ superato da testi più moderni. L’autore,
Giulio Giannelli, ha creato un piccolo capolavoro di fantasia, di avventure mirabolanti aventi come
protagonista un piccolo uomo, nato nel silenzio assoluto di una notte lunga e solitaria.

LA NASCITA DI PIPINO

Sul tavolo c’erano due cose: una pipa ancora calda e un piccolo bozzetto di creta, raffigurante un vecchio
sdraiato, immobile nella sua staticità. Erano circa le tre del mattino e il silenzio nella stanza regnava
sovrano. La pipa, che non riusciva a dormire, guardandosi intorno, notò la statuina abbandonata presso di
lei ed allora ebbe un’idea: “E se riscaldassi il bozzetto di creta? Io sono ancora calda, potrei infondergli la
vita”. Così fece: si spostò un poco e si posizionò vicino alla testolina. Poi attese. Passò più di un’ora, ed
ecco che le piccole membra cominciarono a sciogliersi: prima un piede, poi l’altro, una mano, l’altra; il
corpicino si animò, si mise in piedi, si stiracchiò, cominciò a muoversi.

“Chi sono”? disse.

“Sei Pipino ed io sono la tua mamma“, rispose la pipa.

Il nanetto, guardandosi allo specchio, esclamò:

“Mamma pipa, ma io sono vecchio, ho la barba bianca, le rughe intorno agli occhi, ho solo 22 denti. Quanti
anni ho?”

“Sessantacinque”, affermò la pipa

“Poco mi resta da vivere!”

“No – continuò la pipa- tu sei appena nato e vivrai esattamente 65 anni, ventitremilasettecentoventicinque
giorni. Sei fortunato, perché conosci già la data della tua morte. Adesso sei vecchio, ma poi diventerai un
uomo come gli altri, quindi un giovanotto, un fanciullo, un bambino. Infine, da lattante, ti daremo anche la
balia, poi dentro una culla si chiuderà la tua esistenza”.
Così comincia, grosso modo, l’avventura di Pipino. La sua vita si dipana in mille rivoli: l’incontro con le
formiche che fanno sciopero perché non vogliono più raccogliere cibo per l’inverno, con la fata, col grillo. E’
un bambino e vorrebbe giocare, ma i ragazzi lo scacciano, vedendolo così vecchio e lui si dispera.

A 50 anni è maestro di scuola, ma non conosce l’alfabeto. Pipino poi va a Napoli e diventa amico del
Vesuvio, quindi lo troviamo in Sicilia che assiste allo sbarco dei Mille.

Passano gli anni: Pipino perde la barba, poi i denti, è un bambino. La pipa madre diventa una donna vera; lo
prende per mano e lo porta a spasso.

Un giorno le fate dissero: “Il tempo è scaduto, noi veniamo a prendere Pipino”. Lo misero in una culla
verde, in mezzo al prato fiorito e nel silenzio della natura si compì l’ultimo prodigio: una nuvola si aprì e
Pipino con la mamma salì in cielo. La nuvola poi, come una porta silenziosa e scorrevole, si richiuse. E fu
quiete totale su questa vita vissuta a ritroso tra situazioni e personaggi fuori da ogni regola di vita naturale.

Così finì la storia di Pipino, nato vecchio e morto bambino.

Potete capire l’effetto che il libro ebbe su di me. Non l’ho più dimenticato.

Chi volesse trovare una morale in questa storia rimarrebbe deluso. Pipino non era altri se non l’autore,
Giannelli,, piccolo di statura, grande di età e, nell’animo, un bambino dalla fantasia molto fervida.La sua
amica fedele era la pipa che egli stringeva sempre tra le mani, quasi a trarne forza e coraggio. Il racconto
rimane sempre una fiaba incantata che viene narrata per diletto e per diletto si legge. Tutto il libro è poesia
pura e celebrazione della fantasia.

In ogni uomo c’è “un fanciullo” diceva Pascoli. Non conta l’età anagrafica, se egli sa mantenere viva dentro
di sé la disponibilità a vedere e a cantare la vita con l’ingenuo entusiasmo del bambino.

Il fanciullo fa volare in alto con la fantasia, può parlare con gli alberi, i fiori, gli animali; può crescere e
invecchiare conservando intatta la sua natura, con emozioni e sensazioni sempre nuove.

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