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Corso di Laurea: LETTERATURA, MUSICA E SPETTACOLO (D.M.

270/04)
Insegnamento: STORIA DELLA MUSICA
Lezione n°: 4
Titolo: L'Ars nova italiana
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

L’ARS NOVA ITALIANA

© 2007 Università degli studi e-Campus - Via Isimbardi 10 - 22060 Novedrate (CO) - C.F. 08549051004
Tel: 031/7942500-7942505 Fax: 031/7942501 - info@uniecampus.it
Corso di Laurea: LETTERATURA, MUSICA E SPETTACOLO (D.M. 270/04)
Insegnamento: STORIA DELLA MUSICA
Lezione n°: 4
Titolo: L'Ars nova italiana
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere

1. L’Ars Nova italiana

Fino al Duecento, in ambito sacro o profano le


esperienze musicali prevalenti in Italia (ma anche in
Europa) erano state di gran lunga quelle che
prevedevano l’omofonia e la monodia, anche a
livello strumentale. I casi di produzione musicale
polifonica erano stati rari e circoscritti (all’ambiente
parigino di Notre Dame, soprattutto).
Ed è proprio nella Parigi del XIII secolo che, tra
Notre Dame, la cappella reale, e l’università, viene
elaborata, prende forma e si sviluppa un tipo di
polifonia ritmicamente ben più complessa.

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Lezione n°: 4
Titolo: L'Ars nova italiana
Attività n°: 1

Facoltà di Lettere
1. L’Ars Nova italiana

Per poter combinare linee vocali diverse sia per melodia sia per scansione ritmica
essa necessitò anzitutto della scrittura musicale (la notazione) in modo ben più
sistematico degli altri repertorî. In più, tale notazione doveva possedere
caratteristiche specifiche: oltre alle altezze, essa doveva infatti indicare anche le
durate delle singole note.
A causa di questa sua esigenza di determinare le misure di durata, questo tipo di
produzione polifonica fu detta musica mensurabilis o mensurata.
Sull’onda dell’irradiazione della cultura francese, dalla seconda metà del XIII secolo
queste nuove tecniche (definite nel loro complesso “Ars Nova”: cioè appunto “nuova
tecnica”) cominciarono ad essere conosciute e praticate anche in Italia. Dal primo
Trecento se ne hanno esempî negli ambienti universitari di Padova e Bologna (per
via della circolazione internazionale di docenti e studenti), e nelle corti degli Scaligeri
a Verona o dei Visconti a Milano.

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2. L’Ars Nova italiana

In Italia il più importante genere di polifonia misurata su testo in volgare nella prima
metà del Trecento fu il madrigale. Anzi, il suo nome forse rimanda proprio a questo dato
di fatto: il suo mettere in musica una forma di poesia in volgare (il madrigale, appunto)
che, come lingua letteraria, utilizza la lingua materna (matricalis: da mater).
I trattatisti coevi e immediatamente successivi che censirono e definirono le forme
poetico-musicali dei loro tempi lo dissero di soggetto perlopiù pastorale ed agreste.
Insieme, vi appaiono però spesso allusioni a personaggi ed avvenimenti politici, per cui
dobbiamo considerare quell’ambientazione bucolica come un travestimento nobilitante.
Alla fin fine, il madrigale ci appare come un prodotto ‘cortese’ (di corte) fiorito all’ombra
di feudatari della pianura padana con ambizioni colte.
Dal punto di vista musicale è una composizione in genere a due voci: quella inferiore
(tenor: dal verbo tenere) presenta appunto note tenute, sulle quali quella superiore si
snoda con valori più brevi e con fioriture vocalizzate (melismi). A volte le due voci entrano
sfasate, dando vita ad una specie di inseguimento (caccia). Compositori di madrigali
furono Giovanni da Cascia e Iacopo da Bologna, in competizione tra loro specie quando
furono alla corte scaligera.
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2. L’Ars Nova italiana

Proprio a Iacopo da Bologna si deve la veste musicale di un madrigale di Francesco


Petrarca, “Non al suo amante più Diana piacque”, che confluirà poi nel Canzoniere.
Su 366 liriche che compongono questa raccolta, i madrigali sono solo 4: evidentemente
perché considerati tendenzialmente estranei al tono lirico complessivo. Questo fu scritto
verosimilmente a Verona attorno al 1350, quando sia Petrarca sia Iacopo si trovavano alla
corte scaligera. Il testo letterario consta di 2 terzine di endecasillabi a rima incatenata,
sigillate da un distico finale.
Non al suo amante più Diana piacque,
quando per tal ventura tutta ignuda
la vide in mezzo de le gelide acque,
ch’a me la pastorella alpestra et cruda
posta a bagnar un leggiadretto velo
ch’a l’aura il vago et biondo capel chiuda,
tal che mi fece, or quand’egli arde ‘l cielo,
tutto tremar d’un amoroso gielo.
Anche la musica riflette tale schema: con una stessa melodia per le 2 terzine, e una
diversa per il distico/ritornello (AAB).
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3. L’Ars Nova italiana

La polifonia misurata su testo volgare è documentata anche a Firenze, ma solo verso la


metà del Trecento. Qui è centrale la figura di Franco Sacchetti (1332-1400), uomo
d’affari ma anche poeta e novelliere. I suoi testi per musica si collocano tra gli anni ’50 e
’70 del secolo, e vennero intonati ad esempio da personaggi come Lorenzo Masini,
Nicolò di Francesco (detto ser Gherardello), Donato da Cascia e soprattutto da Francesco
Landini (detto Francesco Cieco o Francesco degli Organi), cappellano e organista della
chiesa di S. Lorenzo.
Tipica di questa fase, e dell’ambiente fiorentino, è la ballata. Di argomento amoroso e di
ambito cittadino, come suggerisce il suo nome era una composizione da cantare e
ballare in cerchio (carola), come di solito usava. E a tale destinazione coreutica rimanda
anche la denominazione delle sue articolazioni: la ripresa esposta subito all’inizio (A), il
primo piede (B) e il secondo piede (B), la volta (C: i danzatori invertivano la direzione)
seguita immediatamente dalla ripresa (A).
Landini ne scrisse diverse, a due o a tre voci (pensabile anche come due voci sostenute
da uno strumento). Una delle più note, tramandataci da diversi manoscritti, è appunto la
seguente:
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3. L’Ars Nova italiana

Questa fanciulla, Amor, fallami pia,


che m’ha ferito ‘l cor ne la tuo via.
Tu m’ha, fanciulla, sì d’amor percosso,
che solo ‘n te pensando trovo posa.
El cor di me da me tu ha’ rimosso
co gli occhi belli e la faccia gioiosa:
però al servo tuo, deh, sie piatosa:
merzé ti chieggio a la gran pena mia.
Questa fanciulla, Amor, fallami pia,
che m’ha ferito ‘l cor ne la tuo via.
Se non soccorri a le dogliose pene
il cor mi verrà men, che tu m’ha tolto,
ché la mia vita non sente ma’ bene,
se non mirando ‘l tuo vezoso volto.
Da poi, fanciulla, che d’amor m’ha’ involto,
priego ch’alquanto a me benigna sia.
Questa fanciulla, Amor, fallami pia,
che m’ha ferito ‘l cor ne la tuo via.

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Facoltà di Lettere

4. L’Ars Nova italiana


Glossario e immagini

Monodia. Termine greco indicante il canto ad una sola voce. Può essere
esclusivamente vocale, oppure con accompagnamento strumentale (monodia
accompagnata, molto diffusa a partire dal Seicento).
Omofonia. Termine greco indicante un’unica linea melodica eseguita da più voci o
da più strumenti all’unisono (= tutti eseguono la stessa nota) o all’ottava ( = tutti
eseguono la stessa nota a distanza di ottava, più acuta o più grave). Da non
confondere con omoritmia, che indica linee melodiche vocali e/o strumentali diverse
tra loro ma simultanee, dotate del medesimo ritmo. In questo caso, l’effetto sonoro è
quello di una serie di accordi.

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Glossario e immagini

Musiche vocali con accompagnamenti strumentali

Simone Martini, Investitura di San


Martino (particolare), basilica inferiore di
san Francesco d’Assisi.

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