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La mujer de ámbar: un omaggio di Ramón a Napoli.

Ramón Gómez de la Serna (Madrid 1888-Buenos Aires 1963), pur


avendo sempre manifestato uno sviscerato amore per la città che gli diede i
natali, prima di trasferirsi definitivamente in Argentina nel 1936, lasciò
spesso la Spagna per recarsi in quell'Europa che, nei primi anni del secolo,
fu scenario dei fermenti culturali che avrebbero dato vita ai movimenti
d'avanguardia. Tuttavia, tra le molte città visitate, soltanto Lisbona e Napoli,
esercitarono su di lui una tale attrazione da indurlo a stabilirvisi. In effetti,
dopo essere stato costretto a vendere El Ventanal, la casa che si era costruito
in seguito alla morte del padre nei pressi di Lisbona, nel 1926, per la terza
volta1, si recò a Napoli, deciso a rimanervi fino alla fine della sua vita. Così,
infatti, si legge in Automoribundia (1948): «Ya es la tercera vez que lo
visito, pero ahora pienso establecerme allí para siempre. Me atrae la
grandeza de su multisecular optimismo.»2.
La profonda inquietudine che, già in quegli anni, segna la vita dello
scrittore, provocata dalla consapevolezza dell'inevitabile cammino
dell'essere umano verso la morte3, sembra trovare in quei luoghi una
soluzione ideale, perché, continua Ramón, «Nápoles es la ciudad más
inmortal que he conocido»; è il posto ideale per morire: «Si hay un sitio
electivo para vivir hasta morir, y morir bien (...), es Nápoles, la ciudad
indecible, impresionante, con sabor a esa persistencia que sólo tiene la
inmortalidad. // La vida allí se siente como un atardecer imperecedero, no
como cosa que pasa, sino como coquetería de lo eterno.»4.
Lo stesso concetto si evince dalle dichiarazioni rilasciate ad alcuni
giornalisti italiani: «Io morirò scrivendo. Anzi, spero di morire davanti al
tavolo durante l'eruzione del vulcano, carbonizzato dalla lava: perché nei
millenni futuri, i visitatori mi vengano a guardare in una vetrina di museo,
con la penna fra le dita, stecchito, così...»5.
La Napoli che visita Ramón è però profondamente diversa dalla città
solare che attrae i turisti; conoscerla per lui significa soprattutto carpirne
l'essenza, percepire la coscienza tragica che governa l'animo di chi vi è nato:

Sin embargo, en ese Nápoles hermoso, paradisíaco y cadavérico, encontré


su abrumadora parte trágica, llena de funerarias, con su aglomeración de
gentes, con su perol de macarrones en medio de la calle esperando la noche,
con su lucha atroz por la vida, con sus gatos lamiendo en los restaurants los
platos del que está comiendo hasta dejarlos limpios como un lavador
mecánico, con su estar llenas las tiendas de familias que las han tomado por
viviendas, lo que hace ver el nacer y el morir al pasar por la calle.6
Ed è proprio il contrasto tra morte e vita percepibile per le strade e
nell'intimità delle case, la forte tensione verso l'immortalità, la disperata fuga
verso l'infinito che mette in pratica la protagonista attraverso il suicidio, che
animano le pagine de La mujer de ámbar (1927), frutto, insieme al racconto
El hombre de la galería (1926), dei soggiorni napoletani dello scrittore.
Mentre nel secondo, interamente ambientato nella Galleria Umberto I, viene
presentato un luogo ben determinato, dal quale è possibile intuire solo uno
spaccato della città7, nel primo è evidente una conoscenza più approfondita
dei luoghi e della gente, risultato di un'osservazione più cosciente,
dell'esperienza personale dello scrittore.
L'intreccio de La mujer de ámbar si sviluppa interamente nella città
partenopea, città allegra per i visitatori, ma grigia, cupa, e a tratti
opprimente, per i suoi abitanti, in balia di un destino il cui artefice principale
sembra essere il dio Vesuvio, sentito dal protagonista dell'opera come una
minaccia costante, ma al contempo ritenuto fonte di vita da chi è abituato a
vivere al suo cospetto. La sua figura si staglia sulla città e il suo carattere
ambivalente, sintesi di vita e di morte, rispecchia il temperamento dei
napoletani, il loro modo tragico di intendere la vita, di affrontarla con un
sorriso amaro.
Il protagonista, Lorenzo, è un giovane spagnolo, che si reca in Italia, nella
speranza di trovare una soluzione alla sua crisi esistenziale. Come la
maggior parte dei protagonisti ramoniani8, sente la necessità di un contatto
con l'altro sesso e, in concreto, con una donna, la cui persona racchiuda in
sintesi il significato della città e della sua gente. In un primo momento,
l'uomo rimane attratto da una ragazza vestita a lutto, vista per strada.
Incapace di farsi avanti, a causa dell'indecisione, che permea la totalità delle
sue scelte, affidate sempre alle circostanze, mette un annuncio su un
giornale. Le donne che rispondono non soddisfano tuttavia i suoi desideri.
In un parco, cornice ideale per appuntamenti sentimentali, avvicina una
donna, Lucía, che, per il colore della sua pelle, egli soprannominerà la mujer
de ámbar9. Il loro amore si connota negativamente sin dal primo momento:
un odio atavico della famiglia di Lucía nei confronti degli Spagnoli, che
hanno ucciso un antenato della ragazza, insieme alla moglie, in attesa di un
bambino, impedirebbe la loro unione. Apparentemente risolto il problema,
se ne presentano altri. Si tratta in effetti di una famiglia, i cui componenti si
distinguono per una certa violenza, che in alcuni momenti, giunge a
spaventare Lorenzo. Quest'ultimo, si va rendendo conto dell'errore che ha
commesso impegnandosi con Lucía e, in opposizione all'amore casto che gli
offre la fidanzata ufficiale, si rifugia tra le braccia di Nazarena, una
prostituta, amante di Raffaele, fratello di Lucía.
La donna gli rivela che la sua fidanzata, sotto la sua ipocrita innocenza,
nasconde un figlio nato da padre sconosciuto. Una volta scoperta la verità,
ovvero che la madre del bambino illegittimo è Lisa, la sorella di Lucía,
riprendono i preparativi delle nozze. L'atteggiamento morboso di Lorenzo,
che in alcuni casi sembra agire come un moderno don Juan10, esacerbato da
un forte spirito trasgressivo, si materializza infine nel desiderio di possedere
Lisa.
Lucía si rende conto che il comportamento di Lorenzo, la sua apparente
sottomissione è dettata solo dalla mancanza di coraggio, dalla sua incapacità
di rompere l'impegno preso con la sua famiglia. Dopo una notte insonne, il
giorno stesso del matrimonio, indossato l'abito da sposa, amortajada, la
ragazza si suicida, gettandosi dal balcone, tra la gente che l'attende per
celebrare le nozze. L'uomo, con un gesto che conferma le perplessità della
fidanzata, si allontana, per timore della reazione dei parenti e si perde per i
vicoli di quella città, di cui, alla fine, non è riuscito a cogliere il segreto.
Dal punto di vista strettamente compositivo, La mujer de ámbar rivela,
per alcuni versi, l'eredità del romanzo realista, in quanto Ramón, attraverso
una storia d'amore alquanto comune, sembra voler offrire al lettore il vero
volto di Napoli e dei suoi abitanti. La vicenda è infatti raccontata da un
Narratore eterodiegetico, che, da un punto di vista onnisciente, presenta i
personaggi, ne coglie i pensieri, ne descrive le azioni, e, in alcuni casi, anche
l'aspetto fisico11.
Il racconto ha inizio con una descrizione, ovvero con la presentazione
dell'ambiente, dei giardini comunali in cui si incontreranno Renzo e Lucía;
nelle pagine successive, mediante le frequenti passeggiate del giovane, e in
un secondo momento, della coppia, il lettore viene condotto nei luoghi più
intimi della città, potendo cogliere così il suo lato più genuino, quello che
normalemente sfugge all'occhio poco critico di un turista normale 12. Le
escursioni di Lorenzo mettono in risalto soprattutto il carattere tetro,
impenetrabile dei vicoli e della gente di Napoli; la costante presenza della
morte, che si riflette anche nel carattere particolare della religione, e gli echi
angosciosi del passato, della tradizione, che rivestono un ruolo determinante
nello svolgimento del presente.
Il romanzo, in sintesi, contiene tutti i temi che ricorrono nella narrativa di
Ramón (la città, la religione, la minaccia costante della morte, simbolizzata,
in questo caso, dal vulcano, la funzione della donna), la cui compresenza,
nelle pagine de La mujer de ámbar, genera una visione molto personale della
città, che tuttavia riflette il tentativo di dare un'immagine fedele della realtà
napoletana.
La presenza di un giovane spagnolo, inserito in uno spazio, che appare
sconosciuto innanzi ai suoi occhi, è infatti un ottimo espediente per condurre
il lettore nei meandri della città, permettendogli di cogliere anche ciò che
normalmente rimane occulto allo sguardo dei turisti. Tuttavia, nelle pagine
de La mujer de ámbar, anche il suo aspetto più esteriore, il paesaggio, con il
radicale cambiamento dovuto al sopraggiungere dell'autunno, che prepara il
lettore alla consumazione della tragedia, non è quello che suole offrire ai suoi
visitatori:

Habían comenzado esos días grises en que el Vesubio se esconde detrás


de las tupidas nubes y los turistas se desesperan de no verle en la perspectiva.
// Nápoles sin Vesubio se volvía vulgar...(241); ¡Qué lejos estaba el Nápoles
florido de los turistas! Se habían roto todas aquellas flores en añicos de
cartas de amor. (243)

Lorenzo però non si è recato a Napoli da turista; egli è una sorta di figliol
prodigo che ritrova nella città i luoghi della sua memoria, le radici della sua
cultura: «Lorenzo cada vez se enteraba más de Nápoles y encontraba con
sobresalto el eco español. // No quedaba más que un eco oscuro, empozado,
pero vivo y vibrante.»13 (11), un'eredità che mostra, sin dalle prime pagine,
l'importanza del ruolo del passato nella vita dei personaggi.
L'aspetto più cupo della città costituisce per il protagonista una chiave di
lettura delle opere del pittore Ribera:

En el oscuro y tétrico resumen del Nápoles de los lunes se comprendía la


sombridez del Españoleto que recibió la impresión de una Toledo en que la
religión y la muerte imperan con más profundidades que en Toledo y en
medio de eso hay un resplandor clarividente, luminoso y férvido, que es el
que pone de pronto en su arte claridades que encrudecen más sus carnes con
más crudeza que ninguna carne, iluminándolas sobre fondo renegrido la luz
de la orilla del mar donde el alma acongojada de negruras se asoma a una
luminosidad de paraíso, a ese balcón desgarrado por el que se abre el
purgatorio a los resplandores del cielo. (57)

Sin dall'inizio, dunque, viene sottolineato il contrasto tra la vita e la morte,


la bizzarra compresenza, apparentemente priva di contrasti, tra i due poli che
creano il dinamismo dell'essere dei napoletani (l'immagine del purgatorio
inoltre non è casuale; Lucía verrà infatti paragonata proprio ad un'anima
condannata all'espiazione).
Uno dei primi aspetti messi in rilievo dal Narratore è l'incidenza della
morte nella quotidianeità del «pueblo de la agonía feliz» (67), e come questa,
a causa della tradizione, sia affrontata in una maniera prettamente
napoletana:

En esa memoria de otro tiempo que queda en los que continúan viviendo
y en los que se repite la memoria de los muertos, ese sobrecogimiento de las
pestes mortíferas tenía su efecto en los momentos más plácidos,... Ese asalto
de lo que puede volver a pasar en racimos de muerte, angustiaba a la ciudad
aglomerada, sin especificarse el sentido de aquel soplo en una aprensión
oscura de muerte que nublaba la lamparilla de los corazones y tendía
caminos de crespón en el fondo de los vicos. // Era tan verdadero aquel
pueblo, que estaba dispuesto siempre para la catástrofe: el mar, el terremoto,
la nube espesa, el cólera... (14-15)

La minaccia costante della morte è percepibile soprattutto negli spazi più


nascosti della città: «Jóvenes de ojos de enfermeras un poco calenturizadas
por la visión del morir ajeno tan cercano y tan visibles en los vicos angostos»
(65).
Lorenzo sembra rendersi conto che è proprio la coscienza della fugacità
della vita a definire il carattere del luogo, così diverso nella sua essenza dalla
maschera che suole offrire ai suoi visitatori: «-Nápoles es para llorar
alegremente...para llorar con gritos de felicidad. ¡Qué equivocados están los
que creen que es para reir sin llorar. Sólo comprendo que vengan a Nápoles
los que quieran curarse de un gran dolor, los que traigan bastante dolor en su
corazón.» (134)
Anche lui ha scelto l'Italia con uno scopo ben preciso; afferma infatti: «yo
venía a cargar mi corazón de amor, que es el dolor de los dolores, todos los
dolores en uno y ese dolor único rejuntado con la felicidad de las
felicidades.»(134) Il suo desiderio d'amore però non verrà soddisfatto perché
«Nápoles, con todo su ofrecimiento de amor apenas ofrecía amor sino
tragedia, y para arrastrar la tragedia brindaba las góndolas desesperadas de
los simones.» (233)
Via via che si procede nella lettura, i riferimenti alla morte si fanno più
intensi, creando una sorta di climax, che si sviluppa parallelamente alla
tensione drammatica che raggiungerà il suo culmine nell'epilogo del
romanzo.
L'atmosfera funebre, non a caso, si accentua nelle zone popolari e, in
particolare, nei vicoli angusti e labirintici del quartiere di Lucía:

Iba (Lorenzo) con más voluntariedad a aquel Vico Sombro en que se


mezclaban humos de incendios que no lo son, ceguera del pobre de pedir
limosna en cuyos ojos se han clavado duramente los clavos de la cegación,
humo y olor de cola que envía por los aires perfume de cadáver quemado,
torvedad de gatos que desenredan los ovillos de las basuras amontonadas,
cuadros viejos y oscuros que desahogan su oscuridad en la calle y en medio
de todo, muchas cortinas a medio caer, cortinas que al fin caen sobre la calle
al atardecer. (173); Reino plutónico aquel de Nápoles, tenía ajustadas sus
cuentas para que no se enredase toda su fauna abisal.(173-174)

Il netto contrasto tra la Napoli occulta e quella a cui è abituato il turista


viene ribadito poco dopo dal Narratore: «El contraste entre esa cueva
sombría de la ciudad y el aire de la costa y de la falda de la campiña, daba la
irritación alevosa, la que los españoles debieron de sentir dedicándose por
eso a la fechoría.» (174)
Queste due Napoli, apparentemente antitetiche, in realtà riflettono il
conflitto tra l'inesorabilità del destino umano e la vitalità dei napoletani; nella
loro città infatti la vita e la morte, come si è detto, convivono senza sussulti:
«Aquellas mujeres sabían lo que es ver morir diez hijos y vivir otros diez y
ver jugar a los veinte, los unos en los jardines de la vida y los otros en los
jardines de la muerte. De ahí su sonrisa triste. // Surten por igual la vida y la
muerte.» (92) Anche nei momenti più tragici si nota l'irrompere dell'allegria
tipica del carattere della gente di Napoli: «A la vuelta del funeral, aparecía
un rincón de mujeres alegres vestidas de sombrilla de papel de seda.» (26)
Una delle note dominanti dell'opera è quindi la presenza minacciosa della
morte, che incombe sullo scorrere incessante della vita.
Ramón dimostra un costante interesse nei confronti del destino a cui è
statocondannato l'uomo ed è fermamente convinto che la morte rappresenti
solo una delle fasi dell'esistenza umana; è la morte stessa che genera la vita.
Ne consegue che nei suoi testi, la morte viene concepita come un elemento
fondamentale per lo svolgimento della vita, con la quale interagisce
costantemente e contro la quale ogni sforzo risulta vano14. Ed è proprio per
questa ragione, che spesso, morte e vita, vengono inserite, in una stessa
immagine; esse non sono che due facce della stessa medaglia e lo stretto
legame che le unisce viene ribadito anche da Lucía. La donna, nel tentativo
di spiegare l'odio atavico, che potrebbe ostacolare il matrimonio con
Lorenzo, sottolinea come dalla morte del suo antenato paradossalmente sia
scaturta una nuova vita: «El tirano español mandó matar a mi tatarabuelo y
a su esposa, sin tener en cuenta que estaba embarazada, uniéndose muerte y
nacimiento, pues de allí nació mi bisabuelo,...» (74)
Anche la natura dimostra la coesistenza del binomio vita-morte,
un'ambiguità perfettamente sintetizzata dall'immagine del vulcano («-
Hoy quema oro el Vesuvio -dijo Lorenzo, entusiasta de aquella enervación
de vida y muerte.»; 146) o da quella del mare: «En aquella ribera se sentía
que el mar moría y acariciaba corales vivos.» (96)
Alla coppia vita-morte ne corrisponde simmetricamente un'altra, quella
costituita da allegria e dolore; anche in questo caso si tratta di due elementi
inscindibili, inconcepibili indipendentemente l'uno dall'altro, ma che spesso
non vengono individuati a prima vista, perché sono un'espressione
dell'essenza intima dei napoletani: «Cuando baja la sombra sobre Nápoles ya
no queda nada, sino la alegría y el dolor congregados bajo las techumbres.»
(95)
Anche Lorenzo, nei suoi viaggi precedenti, è riuscito a percepire soltanto
gli aspetti più superficiali della città e della sua gente; solo con il trascorrere
dei giorni, impara a vedere la realtà sotto tutt'altra luce:

Cuando estuvo por primera vez en Nápoles había encontrado un Nápoles


alegre, viviendo de la riqueza con cascabeles de los excursionistas. // Ahora
cada vez veía un Nápoles sino triste, muy alternado de tristeza y alegría por
partes iguales en que quizás predominaba la tristeza, el susto de la vida y de
la muerte y la suscitación de los problemas de la vida haciendo nacer hijos.
(84)

Tuttavia, come si è accennato, l'unione, quasi simbiotica, tra la vita e la


morte, che viene espressa dalla città di Napoli, trova la sua sintesi più
concreta nella presenza del vulcano, il Vesuvio, che in un certo senso
rappresenta un altro protagonista del romanzo.
Esso è uno degli elementi fondamentali della storia; la sua presenza,
sentita come una costante minaccia dallo straniero, è fonte di vita per i
napoletani, che nel corso della storia hanno appreso a convivere con la
montagna, fino ad ignorarla, come nota lo stesso Lorenzo, quando da turista
giunge ad essere un morador: «el Vesubio apenas figuraba en la vida de
Nápoles.» (37)
Questo modo antitetico di interpretare la sua presenza, la funzione
attribuitagli, nasconde un conflitto molto più profondo. Si tratta infatti di una
delle incomprensioni inrisanabili che caratterizzano il rapporto tra i due
protagonisti (e che costituiranno una delle cause della tragedia finale), di una
diversa Weltanshauung, risultante soprattutto dalla inreconciliabilità di due
razze e, quindi, dalla fusione di due culture, le cui differenze si sono
mantenute nel tempo.
Una conferma di ciò viene fornita dal seguente stralcio di dialogo tra i due
futuri fidanzati:

-Ese humo del Vesubio, siempre tendido sobre vuestro cielo, es como un
presagio de muerte que da miedo. // -Nada de eso -repuso Lucía-... Además,
fíjese también que es el cielo por el que más bandadas de aves pasan y ese
es un presagio de vida... El caso es ponerse a vivir la vida... Aceptar pronto
todas sus alegrías y sus dolores... (70)

Le parole di Lucía, oltre ad evidenziare l'insanabile differenza culturale


nei confronti di Lorenzo, espongono quindi la filosofia di vita degli abitanti
della città partenopea, il loro modo di vivere gli imprevisti o i dolori insiti
nell'esistenza umana, affrontando con allegria le tragedie a cui, comunque,
non possono sottrarsi.
Il protagonista, tuttavia, pur avendo compreso le ragioni di certi
comportamenti, non accetta pienamente il carattere dei napoletani. In un
primo momento, infatti, se non si lascia intimorire dalla presenza del
vulcano, mostra riserbo nei confronti del temperamento focoso della gente,
evidentemente condizionato dal peso delle tradizioni, da un odio antico15,
dalla razza:
Lorenzo comprendía ante aquel modo de ser desgarrado y veraz que no
tenía importancia la hipotética amenaza del Vesubio. // ¡Qué mayor amenaza
que la muerte por causa desconocida! // Al lado de la muerte invisible no
había ningún peligro en el Vesubio airado. // Mas había que calmar los
Vesubios íntimos, las infecciones de la sangre, todo lo que alentaba de
antiguo en el lóbrego arroyo, y ni eso tenía importancia ante aquella
apetencia de inmortalidad que excitaba la ciudad... (15)

Il vulcano infatti, più che intimorire i napoletani, sembra regolare le loro


vite, condizionare i loro comportamenti; anche Lucía ne rimane fortemente
influenzata; a proposito della sua aggressione a un cartomante, Lorenzo
sottolinea come il gesto della ragazza possa essere stato ispirato proprio dal
Vesuvio: «Lorenzo veía en Lucía la que tiene valentía contra los grandes
temores y desgarrones de la vida. Ella había sentido en un sacudimiento
alevoso y rebelde la proximidad del volcán y aunque jamás hablaba de él lo
tenía presente hasta en sus sueños, todos con un horizonte volcanizado al
fondo.» (190)
Lucía appare dominata da questa presenza silenziosa, a tal punto che il suo
fidanzato avverte una totale identificazione tra le due creature: per lui, sia la
donna che il Vesuvio sono due anime di purgatorio: «El volcán era una
permanente lección de purgatorio atizante y vomitante.» (165); «Las tierras
caídas, las entrañas petrificadas, daban un aspecto tumefacto al monte en
carne viva. //...// Ahora veía (Lorenzo) que el Vesubio era la gran ánima y su
pobre Lucía la pequeña ánima16.» (202)
Un'altra caratteristica di Napoli, strettamente connessa al ruolo svolto
dalla morte, è il rapporto che la gente instaura con la religione, intesa sia
come cattolicesimo, sia come bisogno umano di una dimensione spirituale.
La mujer de ámbar, nonostante sia stato scritto alcuni anni prima della
riconversione dello scrittore, come molte altre opere, non rimane immune da
tale problematica, soprattutto quando uno dei protagonisti della storia è una
città, in cui la vita si svolge proprio in funzione della morte e della religione17.
Anche questo aspetto di Napoli e dei suoi abitanti viene colto attraverso lo
sguardo curioso di Lorenzo che, dopo il suo ingresso ufficiale nella famiglia
Smili, viene introdotto in un mondo che sente estraneo e che non smette di
osservare con certe perplessità.
Sin dall'inizio egli sembra rendersi conto del ruolo da protagonisti che le
anime dei morti giocano nella vita religiosa dei napoletani e la cui presenza
è costante tra i vivi. Ciò è particolarmente manifesto il lunedì, giorno
interamente dedicato al culto delle anime del Purgatorio, con le quali verrà
identificata la stessa Lucía. La città intera, in questo giorno, ricorda i suoi
defunti: «Frente a las tiendas, sobre los pretiles que daban a las escalinatas,
en las sillas del asiento roto, en la mesita de non o sobre el cajón con el que
no se sabe qué hacer, aparecían los grupos de ánimas, bustos rematados por
peanas de fuego, a cuya desnudez se ceñían las llamas.» (54)
Tuttavia, l'opportunità per penetrare in questo mondo, gli viene offerta
dalla famiglia della sua fidanzata, che lo iscrive ad una confraternita, quella
del santo dal suo stesso nome; Lorenzo non si tira indietro, anzi si sente
disposto a tutto, anche a sottomettersi alla religione, a ciò che, per lui,
rappresenta il peggior tipo di ipocrisia: «Ya estaba dispuesto a amoldarse a
la mayor hipocresía de la vida. Suicidarse en la piedad de la religión.» (117)
La descrizione dell'ingresso ufficiale nella confraternita rappresenta per il
Narratore un'occasione per rivelare la sua posizione critica e dissacratrice nei
confronti della religione, ma, soprattutto, dei suoi aspetti più esteriori,
folklorici:

Los viejos aquellos que habían salido veinte años en la gran comparsa y
hasta habían soportado la lluvia que quiere desorganizar las procesiones, y
habían sufrido la esperma de las velas en su traje de etiqueta, y la risa entre
admirativa y supersticiosa de las multitudes, miraban al intruso con torvedad
cristiana, es decir, poniendo de lenidad entre su intención y su mirada18.
(154)

Lorenzo inizia, in questo modo, a prendere parte alle attività della


confraternita, ma è proprio in questo ambiente sacro che sente più tangibile
il senso della vita e il suo rapporto con la morte. Più che mai si mostra scettico
nei confronti di un'altra vita al di là di quella terrena: «En aquella atmósfera
de trasteatro, sobre aquellos bancos relucientes y desgastados como tramos
de escalera, sentía Lorenzo el responso que es la vida entre dos muertes.»
(153)
Un'altra manifestazione del soprannaturale, ampiamente percepibile nella
cultura napoletana, è la superstizione, la fede nei poteri occulti, nella magia.
Lucía, prima di compiere il passo più importante della sua vita, per sapere
che destino di moglie le è stato riservato, e, soprattutto, per conoscere la
ragione del misterioso silenzio di Raffaele19, decide di andare da un
indovino. Anche questa volta però Ramón sembra prendere le distanze e
tinge l'episodio di un forte carattere tragi-comico. Il cartomante, infatti, dopo
aver avvertito Lucía del pericolo che sta correndo («-El te olvidará y tomará
el tren que va muy lejos...»; 186), cerca di abusare della ragazza, che, senza
alcuna esitazione, lo ferisce con uno stiletto, dimostrando così di non essere
immune dal carattere violento degli altri membri della sua famiglia20.
Strettamente connessa alla preoccupazione per la morte è un'altra delle
tematiche costanti nell'intera produzione di Ramón, ovvero la
consapevolezza degli effetti del fluire del tempo21, del quale rimane vittima
l'essere umano e il mondo in cui egli è inserito.
In questo senso, è estremamente illuminante El hombre perdido22 (1947),
romanzo in cui il Narratore, probabile incarnazione fittizia dello stesso
Ramón, sottolinea il concetto di tempo circolare, giungendo alla conclusione
che, nonostante le leggi del divenire, passato, presente e futuro si mescolano
in una «identidad abrumadora»23.
Già vent'anni prima Ramón aveva manifestato la sua inquietudine causata
dalla dimensione temporale dell'uomo, a tal punto da costruire un'intera
opera su questa problematica. In effetti, La mujer de ámbar, oltre a
racchiudere tutti gli altri elementi ricorrenti nella sua narrativa, si incentra
soprattutto su un tema, un leit motiv costituito proprio dal tempo, che si
trasforma in artefice assoluto di tutti gli elementi della narrazione, dei
comportamenti dei personaggi e, soprattutto, dell'essenza dei luoghi stessi,
che non sfuggono alla sua forza.
Lorenzo avverte chiaramente il rapporto tra Napoli e il suo passato: «El
rudo esquinazo le clavaba su arista y encontraba aquella cosa de inmenso
esqueleto del pasado, que sin dejar de ser esqueleto, tenía una gran vida.»
(26); «En la Plaza Dante, Lorenzo se sentía en un sitio central del pasado, en
la plaza en que las diligencias dan la vuelta y después del viaje al presente
vuelven a lo pretérito.» (64)
La città reagisce in un modo peculiare allo scorrere del tempo, secondo un
modus vivendi che trova le sue radici proprio nella continuità del passato:

Pero lo español allí no era capital24, era un detalle, pues cuanto más
conocía a Nápoles Lorenzo, más encontraba en aquella ciudad la ciudad
excesiva, que ha pasado por todos los tiempos. Por eso daba tan poca
importancia al día y lo pasaba como un escalón más en la escalera sin fin. //
Aquel «ir tirando» de todos, sin aspaviento, sin dar importancia al tiempo
pequeño, era lo que daba tipo a Nápoles de las telas de araña en que no se
para mientes -¡valiente pequeñez para miradas ruines!-. El alma grande de
Nápoles iba de un tiempo remoto, en el pasado a otro tiempo remoto en el
porvenir y lo demás le resultaba filfa y ruindad. // Era hermoso encontrarse
toda la credulidad de antaño entre desgarrones de realidad. Entre ceniza el
tizón vivo del más antiguo tiempo. (12-13)25

Per questa ragione, il passato si rivela determinante per lo svolgimento del


presente e lo stesso concetto viene chiarito da una metalessi del Narratore:
«Las pestes antiguas dan más vida a la vida, más perentoriedad. Se escucha
el azote antiguo y hace aprovechar el vivir y lo acentúa.» (13)
È proprio questo azote antiguo che ha conferito ai napoletani un modo di
affrontare la vita determinato dalla coscienza della morte: «Una oscura
amenaza alienta en los días. //(...)// De sus grandes pestes le ha quedado,
también, el pánico de vivir.» (13-14) Allo stesso tempo, è proprio il passato,
secondo quanto afferma il Narratore, che conferisce ai napoletani la forza
necessaria per superare la precarietà della vita: «Un napolitano se podía reir
del mundo advenedizo de otros lados. El tiene poso de los siglos.» (93)
Anche la quotidianeità, le piccole cose, la gente sembrano provenire da un
altro tempo: «Numerosas cabras de orejas grandes y perilla de brigadier
volvían de lo antiguo, de pastar en el pasado» (16); «un fraile de medias
blanquigrises y arrugadas que lee un pasquín reciente como hubiera leído
uno del tiempo antiguo;...» (65)
Se la città, nel suo insieme, risente della natura circolare del tempo e
mantiene quindi un costante legame con la sua storia, gli esseri, che in essa
si muovono, sembrano avanzare in una direzione obbligata, in balia di forze
a loro superiori.
Come si è accennato, Lorenzo, un uomo quasi privo di determinazione
(decide infatti di presentarsi alla famiglia Smili solo dopo essere stato
sorpreso in compagnia della ragazza da Raffaele, uno dei suoi fratelli), si
lascia coinvolgere dagli eventi. La vera ragione del suo viaggio26 viene
svelata dal Narratore: «También había ido a parar allí como siguiendo una
huella de sí mismo en el pasado. Se buscaba el mismo que en otra época, en
la época de credulidad en que no se sabía aún dónde iba ningún destino ni
dónde acababa ninguna ambición, había estado allí.» (8-9)
È chiaro quindi che la scelta di Napoli dipende da un impulso proveniente
dal passato e Lorenzo sembra avvertire le cause della tragedia futura, dovuta
ad un'insanabile incomprensione tra due razze, della quale, in realtà,
anch'egli non è altro che una vittima: «su alma moderna clamaba desesperada
entre el cordaje de las pasiones antiguas, de las fatalidades de la vida y la
inminencia del fuego central.» (16) Egli teme infatti di trasformarsi nel
bersaglio di una vendetta, che sembra forgiarsi nell'atmosfera tragica che
racchiude la casa di Lucía: «A su alrededor todo vibraba en una maldición
común. Quizás no comprendían que aquello no era moderno ni justo, pero de
aquel pozo en que fué metido el abuelo, salió la voz implacable, el 'no
perdonéis' que atravesaba el tiempo.» (176)
I suoi timori non sono infondati, in quanto, nel corso della narrazione egli
subisce un processo di identificazione con il tiranno che diede origine alla
tragedia della famiglia Smili. Tale trasformazione si manifesta soprattutto in
un atteggiamento violento nei confronti di Lucía, che non esita a paragonarlo
ai suoi antenati:

Otro escalofrío retoñó en el fondo de Lorenzo que la cogió del brazo con
violencia. // -¡Qué brusco eres! Me has hecho daño. // Toda la cortesía de la
tarde se había descompuesto. Los enemigos irreconciliables vibraban de
enemistad bajo su sincero amor. // -Tienes manos de torturador. // -No es
para tanto... No seas tan delicada... Ni que tuvieses carne de cera. // -Eres el
español que vuelve... Bien me lo dicen todos. (150)27

Sarà ancora la ragazza, pochi attimi prima di suicidarsi, che indicherà


nell'origine spagnola di Lorenzo la ragione del fallimento della loro unione.
Ad un'amica, Lucía confessa infatti di sentirsi ingannata da Lorenzo, che,
sebbene sia apparentemente privo di colpe, rimane pur sempre uno straniero,
colui che non potrà mai comprendere la loro anima e che, da invasore, è
pronto a ripetere il crimine antico: «sigue siendo el que no nos comprende.
Sería capaz de volver a cometer el crimen si pudiese...» (251); «Lo siento
extranjero, desdeñoso y condescendiente... Me repugna su sumisión.» (252)
Anche la ragazza è condizionata nei suoi comportamenti e il suo stretto
legame con la circolarità del tempo, è più evidente che nel caso dello
spagnolo. In alcuni momenti, infatti, avverte persino un fastidio fisico, un
vero e porprio dolore: «Era el momento confidencial de Lucía, cuando hacía
un gesto tal como si la doliese una herida antigua:...» (105) Tuttavia, a
differenza del suo compagno, incapace di reagire, lei manifesta il desiderio
di liberarsi dal peso di un'eredità che le giunge da un passato tutt'altro che
morto e, in alcuni momenti, la sua volontà di sfuggire al destino si trasforma
in una vera e propria ossessione. Descrivendola dinnanzi allo specchio,
mentre si pettina con un pettine rotto, sottolinea il Narratore:

Al peinar sus cabellos largos echaba hacia atrás el ayer. // Y el peine decía
una y otra vez: // <<el ayer a la espalda>> // <<el ayer a la espalda>> // <<el
ayer a la espalda>> Y el peine seguía diciendo <<los días tristes deben salir
entre mis púas como los pelos sobrantes, los pelos que en cada peinado
deben caer>>. // Pelos invisibles y pelos visibles fuera, fuera. // Y se la veía
sentirse aliviada, completamente aliviada y curada del ayer, después del
peinado con el peine mojado en aguas frescas y sonrosadas. (175-176)

In realtà Lucía, più che mai, è depositaria dell'eredità del vittimismo del
suo antenato. Il primo a rendersi conto di ciò è proprio Lorenzo, che crede di
aver compreso il mistero della sua essenza all'interno di una chiesa: «En una
da aquellas iglesias encontró Lorenzo la solución de aquel enigma que era la
incandescencia de Lucía.» (119) Si sofferma ad osservare le figure dell'altare

hasta que encontró un reflejo de Lucía en el retablo, algo así como si se


le ahogase en llamas. //(...)// Avanzó hacia la cueva de las ánimas y cada vez
encontraba más parecido entre Lucía y las ánimas. // El color sudor de fuego
del ánima escaldada y dorada al horno28, le aclaraba profundamente aquella
cosa sufriente que tenía Lucía. // ¡Sí! Era el ánima rediviva que pagaba
culpas ajenas probablemente, el ánima que, como en vacaciones o con un
permiso especial de ánima sufrida, estaba en la tierra. (120)

A partire da questa rivelazione, Lorenzo comincia a considerarla come


una vittima e la ragazza conserverà queste caratteristiche fino al momento in
cui si consuma la tragedia. Poco prima di morire, infatti, viene ancora
paragonata a un'anima di purgatorio, condannata a scontare le sue colpe;
Lucía però non lascerà che si compia il suo destino: «En el corazón de Lucía
bullían las llamas. Era más ánima que nunca. // Ella sabía que si había una
víctima sería ella la victimada. // Iba a dar su vida entera como fuese
necesario.» (248)
Il matrimonio con lo spagnolo chiuderebbe il circolo originatosi con la
morte del suo antenato e il suo suicidio, apparentemente assurdo, rappresenta
l'unico mezzo per sottrarsi alla schiavitù della vita coniugale, che si connota
inevitabilmente come ripetizione del crimine passato. Con il disperato atto di
volontà della ragazza anche Lorenzo riotterrà la sua libertà e potrà riprendere
la sua vita libera da vagabondo.
Anche Ramón, per problemi economici, si vedrà costretto a lasciare
Napoli, ma, al contrario di quanto accade al suo personaggio, dimostra di
aver compreso lo spirito che anima la sua gente: il suo modo di osservare la
realtà, seppur lontano dal realismo del sec. XIX, riesce a cogliere gli aspetti
più intimi della città, le sue credenze, i suoi dolori, la tragica coscienza della
morte, del destino, che regola la sua esistenza e si cela dietro la vitalità della
sua allegria. Infatti, come sottolinea Rey Briones, sia per quanto riguarda
l'atteggiamento dello scrittore verso Madrid, luogo verso il quale converge
tutta la sua narrativa, che nei confronti di tutte le altre città in cui egli
ambienta le sue opere, «la perspectiva desde la que está contemplada la
ciudad nada tiene que ver con los enfoques realistas o costumbristas, ya que
el escritor trata de ofrecernos sobre todo una visión subjetiva mediante la
captación de numerosos y sugerentes detalles en los que intenta sorprender
su entraña más auténtica, su más íntima fisonomía.»29. La presenza
dell'elemento soggettivo, tuttavia, lungi dall'offrire una visione parziale,
genera un multi-prospettivismo, che non si limita alla descrizione degli
aspetti più appariscenti e mostra la realtà in tutte le su sfaccettature. Penetrare
nelle profondità del reale significa infatti per Ramón «indagar en otras
realidades menos superficiales»30, che sebbene egli non riesca a cogliere in
tutte le sue opere, dimostra di raggiungere ne La mujer de ámbar.
È questo l'omaggio che l'autore ha voluto offrire a quella città, amata forse
quanto Madrid, con questo romanzo; egli ha voluto svelare il lato più
sconosciuto di Napoli, quelle verità insospettate, che rimangono
inaccessibili allo sguardo distratto di un osservatore di passaggio. Per questa
ragione, non è possibile affermare che

in his novels in general, and in La mujer de ámbar in particular, he


appears as a verbal magician, a self-indulgent trifler, indifferent to the
structural potentialities of the novel form and blind to the complexities of the
human world. Gonzalo Torrente Ballester was close to the mark when he
commented that Gómez de la Serna erred in his approach to the novel
because he failed to take into account «el destino»31.
Non si può accusare quindi lo scrittore madrileno di deformare la realtà
per soddisfare esclusivamente le sue esigenze espressive. Egli, infatti, in
quest'opera, come nei romanzi di taglio più costumbrista (fermo restando
che nel suo caso non si può parlare mai di vero e proprio costumbrismo),
attraverso una visione personale, ma che si situa nell'ambito di un realismo
«progressista»32, e apportando, allo stesso tempo, un'innovazione
fondamentale ad una tradizione narrativa che gli appare ormai stereotipata,
dà un'immagine veritiera di Napoli, di quella città a cui si sentiva
intimamente legato.

1
Ramón si reca per la prima volta a Napoli nel 1909, con Carmen de Burgos; la seconda durante
la prima Guerra mondiale.
2
Automoribundia (1888-1948), Ediciones Guadarrama, Madrid 1974, p. 450.
3
La morte, insieme all'erotismo e alla religione, costituisce una delle costanti della narrativa dello
scrittore madrileno. Su questo argomento cfr. J. Begoña Rueda, El tema de la muerte en la obra
de Ramón Gómez de la Serna, Salamanca 1975 e Mª. L. García-Nieto, El mundo imaginativo de
Ramón Gómez de la Serna, Tesi Dottorale, Salamanca 1973.
4
Ibidem, p. 450.
5
Ibidem, p. 454.
6
Ibidem, p. 451.
7
L'intera storia si incentra su uno strano personaggio, don Giovanni, la cui unica occupazione è
passeggiare all'interno della galleria. L'opera, in realtà, manca di una vera e propria azione ed è
un espediente per disegnare uno spaccato di Napoli e dei personaggi che popolano la galleria.
L'epilogo, che viene a interrompere bruscamente la monotonia delle sequenze narrative, sfiora
l'assurdo: don Giovanni rimane ucciso da un lampadario che si stacca dal tetto.
8
Il tratto più peculiare di gran parte dei protagonisti maschili dei romanzi di Gómez de la Serna è
la loro continua ricerca dell'unità dell'essere, perduta al momento della nascita. Essi, sradicati
dalla società, in cui sono inseriti loro malgrado, dedicano la vita alla ricerca di un medio ser, una
donna, che, puntualmente, delude le loro aspettative. Si tratta di una costante della narrativa di
Ramón, le cui caratteristiche sono state analizzate, con particolare riferimento alle opere giovanili,
da Fidel López Criado, in El erotismo en la novela ramoniana, Espiral Hispanoamericana, Madrid
1988.
9
Ramón ricorre spesso ad un tratto fisico per caratterizzare i suoi personaggi; a questo proposito
basti ricordare La viuda blanca y negra (1917) o La Nardo (1930).
10
Il parallelo tra Lorenzo e don Juan viene proposto da R. Ruiz in La mujer de ámbar y las tres
etapas de Kierkegaard, in G. Paolini (Ed.), La Chispa '89: selected proceedings, New Orleans
1989, pp. 269-275.
11
In particolare il Narratore si sofferma sull'aspetto dei membri della famiglia Smili e di
Nazarena.
12
Su questo aspetto non siamo del tutto d'accordo con Anthony Percival che, citando Eugenio
D'Ors, afferma nel suo saggio Ramón Gómez de la Serna's 'La mujer de ámbar': 'la novela libre'?:
"Gómez de la Serna's mode of describing, evoking and presenting character, situation and space
calls to mind the efforts of a whimsical literary cartoonist, sometimes content to doodle. As an
observer, he is quirkly, and Eugenio D'Ors went so far as to point out that Ramón 'se encuentra
tan ayuno de cualidades de observación verdadera, como rebosante de fantasía transmudadora.
El suyo no es espejo deformador, sino un espejo mágico.' " (A. Percival, cit. p. 201, in Studies on
Ramón Gómez de la Serna, Dovehouse Editions Canada 1988, pp. 199-208; le parole di E. D'Ors
sono tratte da Novísimo glosario, Madrid, Aguilar, 1946, p. 811). La Napoli che ci viene
presentata è in effetti una città reale, le cui sfaccettature più recondite vengono colte con acutezza
da Ramón, che trasmette alle pagine del romanzo una forte carica autobiografica.
13
La mujer de ámbar, Espasa Calpe, Madrid 1981, p. 11.Le citazioni tratte dal romanzo, a partire
da questo momento, saranno indicate solo con il numero della pagina.
14
Si legge a p. 218: "...es inútil volverse contra la muerte, la otra burla feroz de la vida...". La prima
burla a cui si riferisce il Narratore è l'inganno perpetrato dalla donna. Alcuni anni dopo, in
Automoribundia, l'autore riprenderà lo stesso concetto: "Contra la muerte no tenía más consuelo
que esa observación de los contrastes de la vida, de su impasible burla, de su continuidad de portal
que se queda atrás y tienda que sigue sus transacciones." (cit. p. 309).
15
I suoi timori verranno confermati. Sia i fratelli di Lucía, che Lucía stessa manifestano una certa
violenza. I primi finiscono in galera, mentre la ragazza colpisce un cartomante con uno stiletto.
16
Il momento in cui Lorenzo si rende conto della vera "identità" della ragazza viene raccontato
con dovizia di particolari: Lorenzo si trova in una chiesa e, tra le figure straziate dalle fiamme che
compongono l'altare, crede proprio di riconoscere la fidanzata.
17
Ricordiamo che Lorenzo afferma che grazie a Napoli può comprendere la pittura di Ribera che
rimase colpito da una città in cui "la religión y la muerte imperan" (57).
18
Le parole del Narratore racchiudono l'evidente avversione che Ramón sente ancora, in quegli
anni, nei confronti della religione cattolica. È frequente infatti riscontrare un atteggiamento
ironico e, a tratti, sprezzante su questo aspetto. Riportiamo due esempi; il primo è tratto dalle
pagine dedicate alla descrizione del lunedì delle anime. Alla loro vista pensa Lorenzo: "<<Ni
siquiera camisetas de verano tienen las ánimas>>..." (54); o ancora: "En ese paseo de los lunes
por el Nápoles lleno de las lamparillas de sus ánimas, sentía Lorenzo ganas de buscar para ellas
un doctor que las envolviese en el apósito consolador en que se faja a los operados después de la
primera cura. La urgencia de una policlínica para ánimas desalaba la tarde poblada de los
altarcitos para niños de barba blanca, dedicados con toda seriedad al juego con aquellas almas
presentes de nuevo en el mundo sólo los lunes,..."(56).
19
Raffele cambia il suo atteggiamento nei confronti di Lorenzo nel momento in cui si rende conto
che è stato con Nazarena.
20
Ricordiamo che durante un processo subito da un fratello di Lucía, Raffaele pugnala uno dei
testimoni dell'accusa.
21
García-Nieto sottolinea l'importanza di Heidegger nella formazione del concetto di tempo. A
partire da Essere e tempo si è sviluppata tutta una corrente alla cui influenza Ramón non rimase
estraneo. Il tempo personale è l'ossessione dolorosa e lacerante che Gómez de la Serna nasconde
sotto la superficie, sotto la maschera dell'umorismo e dell'erotismo. (cfr. Mª. L. García-Nieto
Onrubia, El mundo imaginativo de Ramón Gómez de la serna, Tesis doctoral, Salamanca 1973)
22
È un'opera fondamentale per la comprensione di Ramón; si tratta infatti del romanzo che, oltre
a segnare il culmine nella traiettoria artistica dello scrittore ne rappresenta la sintesi più completa,
in quanto contiene tutte le tematiche ricorrenti nella sua scrittura.
23
El hombre perdido, Espasa Calpe, Madrid 1962, p. 78.
24
Il segno della dominazione spagnola, poco visibile in superficie, viene invece sentito da
Lorenzo; ciò viene messo in luce soprattutto da un passo tratto dalla descrizione del culto delle
anime: "A Lorenzo le parecía ver almas de españoles en aquellas guerrillas de ánimas, como si
aquélla fuese la última huella de la influencia española en Nápoles, los vestigios candileros de
almas antiguas, retazos de condenados conquistadores que aún penan arbitrariedad de
desafueros." (56).
25
La sopravvivenza del passato nel presente viene messa ulteriormente in rilievo dal Narratore
attraverso l'eccessivo credito che i Napoletani concedono alle tradizioni e, soprattutto, alla
superstizione.
26
Sul carattere del protagonista e sui motivi che lo hanno spinto a recarsi a Napoli, afferma R.
Mazzetti Gardiol: "He apparently has no purpose in Naples other than simply to be there. Unlike
Ramón, he is a weak character, vacillating constantly between lofty ideals and sensuous desires."
(R. Mazzetti Gardiol, Ramón Gómez de la Serna, Tawyne Publishers, Inc., New York 1974, p.
48).
27
Sempre a questo proposito si legge a p. 131: "Era brusco, osado, incongruente. Quería saber.".
28
Come si è visto, Ramón non perde l'occasione per dimostrare una certa ironia nei confronti della
religione cattolica; più avanti, l'immagine delle anime sarà paragonata a un bersaglio di luna park:
"...aquel altar con algo de tiro al blanco de feria."(122).
29
A. del Rey Briones, La novela de Ramón Gómez de la Serna, Editorial Verbum, Madrid 1992,
p. 54.
30
Ibidem, p. 71.
31
A. Percival, Ramón Gómez de la Serna's La mujer de ámbar, in N. Dennis (a cura di), Studies
on Ramón Gómez de la Serna, Dovehouse Editions Canada 1988, pp. 199-208, cit. p. 207. Il
corsivo è nostro.
32
Per la definizione di "realismo progressista", cfr. R. Jakobson, Il realismo nell'arte, in T.
Todorov (a cura di), I formalisti russi, Einaudi, Torino 1968, pp. 97-107.

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