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ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA' DI BOLOGNA

SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI

Corso di laurea in D.A.M.S. - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo

ANIMARE LA GUERRA
CINEMA, SERIE E CORTI DI ANIMAZIONE DALLA PRIMA GUERRA MONDIALE AI
CONFLITTI IN MEDIO ORIENTE

Prova finale in Teoria e Tecnica del Montaggio Cinematografico

Relatore: Presentata da:


Alessandro Rossi Barbara Baingiu

Secondo appello
Anno Accademico 2015-2016
2
Indice generale
Introduzione................................................................................................................................4
1 Cinema d’animazione di propaganda bellica: la rappresentazione del nemico.......................6
1.1 La Prima guerra mondiale................................................................................................6
1.2 La Seconda guerra mondiale..........................................................................................13
2 La guerra animata: il punto di vista dei bambini....................................................................21
2.1 Italia e Giappone raccontano la Seconda guerra mondiale............................................21
2.2 La Tomba delle Lucciole .............................................................................................23
2.3 Bu-Bum! La strada verso casa........................................................................................30
3 Animazione e guerra: la vita del soldato in Medio Oriente...................................................36
3.1 Raccontare i traumi di guerra.........................................................................................36
3.2 Valzer con Bashir............................................................................................................37
3.3 Confusion through sand .................................................................................................44
Conclusioni...............................................................................................................................48
Bibliografia...............................................................................................................................50
Filmografia................................................................................................................................50
Sitografia...................................................................................................................................51

3
Introduzione
La parola “animazione” in riferimento al mondo cinematografico viene normalmente
associata dal grande pubblico a noi contemporaneo a una forma audiovisiva con delle
possibilità stilistiche e tecniche più o meno ampie (animazione 2D e 3D, stop-motion, motion
capture, ecc.) ma con un contenuto leggero, comico, prefigurato per un target ben definito: il
pubblico infantile.
In realtà, la violenza, la volgarità fisica e verbale, allusioni politiche o critiche a personaggi in
vista del nostro tempo sono solo alcuni dei temi che possiamo trovare all’interno di ogni
singola puntata di tantissime serie animate – i Simpson’s, South Park o i Griffin sono alcuni
degli esempi più eclatanti – presenti nei nostri canali televisivi; riferimenti che chiaramente
restano oscuri a un bambino che non ha ancora avuto accesso all'istruzione secondaria. Per
quanto i colori pastello e i tratti rotondeggianti di tantissimi personaggi dei disegni animati
possano essere attraenti per i bambini e fuorvianti per gli adulti, non tutto ciò che è
animazione è per l’infanzia o la preadolescenza; il cinema d’animazione per adulti è una
realtà innegabile.
Il tema della guerra è stato da sempre oggetto di rappresentazione da parte del mondo
cinematografico. Il cinema ha cercato di servire la causa bellica e successivamente raccontarla
con tutti gli stili, i linguaggi, i generi, le tecniche e i formati di cui disponeva. L’animazione
sviluppa una storia minoritaria all’interno della più grande storia del cinema di guerra, ma non
meno d’impatto. In molteplici contesti storico-culturali a livello globale, registi e animatori si
sono messi in gioco per perseguire obiettivi propagandistici e ideologici o per ricordare ai
posteri la tragicità dei conflitti bellici.
L’oggetto e lo scopo di questa tesi sarà operare un’indagine critico-analitica sull’evoluzione
storica, tecnica e stilistica del cinema d’animazione in riferimento al tema della guerra
moderna. Seguendo un approccio principalmente tematico – che in generale rispetta l'ordine
cronologico –, si analizzeranno alcuni prodotti audiovisivi di diverso formato e matrice
culturale, interessanti dal punto di vista estetico o politico, per delineare un mosaico delle
molteplici vie in cui l’animazione ha sviluppato il tema bellico nel corso degli anni e nelle più
distanti parti del mondo. L'indagine svolta – consapevolmente frammentaria – delinea delle
connessioni tra opere animate eterogenee per origine, formato e tecniche realizzative ma
equiparabili dal punto di vista del contenuto e della finalità.

4
L’analisi verterà su:
 La veicolazione di contenuti propagandistici nei corti d’animazione commissionati da
enti governativi o da privati dal 1915 al 1945. Tali prodotti audiovisivi venivano
mostrati sia alle reclute che ai cittadini e avevano, nel primo caso, la finalità di
convincere e fomentare i soldati nella lotta contro il nemico e, nel secondo, di spingere
i cittadini, sul fronte interno, alla partecipazione attiva nella vita industriale e
commerciale dello Stato.

 La capacità dell’animazione di raccontare le atrocità dei conflitti bellici da un punto di


vista inusuale per il genere di guerra: quello sospeso tra realtà e fantasia dell’infanzia.
La tomba delle lucciole di Isao Takahata del 1988 è l’emblema della forza dei bambini
di restare legati a un mondo meraviglioso, modellato dall’immaginazione e dal gioco,
anche quando hanno la piena consapevolezza della crudeltà e della miseria che li
circondano.

 Le potenzialità “curative” e auto-analitiche dell’animazione, che crea immagini capaci


di sostituire i ricordi perduti e così si impone come un ausilio terapeutico per riempire
i vuoti che un episodio traumatico ha scavato nella memoria. Ari Folman nel 2008 ha
scritto e diretto Valzer con Bashir, un film documentario animato che ricostruisce gli
eventi e i conflitti – da lui vissuti in prima persona – che sconvolsero il Libano nei
primi anni ‘80.

5
1 Cinema d’animazione di propaganda bellica: la rappresentazione del nemico

1.1 La Prima guerra mondiale


Il cinema è stato influenzato dalla guerra fin dalle sue origini: non solo per la necessità di
raccontare la Storia ma anche perché le più grandi innovazioni tecnologiche vengono spesso
sperimentate prima per il loro utilizzo militare e successivamente trovano impiego anche in
altri settori, artistici o del vivere quotidiano1. Tuttavia, nel caso del cinema di guerra, si può
teorizzare anche una sorta di processo inverso, in cui la guerra viene riadattata e semplificata,
con un linguaggio visivo o audiovisivo chiaro e d’impatto, per veicolare messaggi prestabiliti.
Anche l’animazione è stata fin dalle sue origini un utile mezzo per raccontare episodi storici.
Uno dei primi emblematici esempi è la resa animata dell’affondamento del Lusitania, silurata
dal sommergibile tedesco U-20 nel 1915. Vi furono 1198 vittime, di cui 123 statunitensi.
L'affondamento del Lusitania, secondo alcune fonti, contribuì a determinare l'intervento degli
Stati Uniti d'America nella prima guerra mondiale dandole una motivazione da proporre
all’opinione pubblica. Nel 1918, Winsor McCay (1869-1934), pioniere del fumetto e del
cinema d’animazione, diresse L’affondamento del Lusitania (The Sinking of the Lusitania),
corto animato che riproduce l’attacco del U-Boot tedesco al transatlantico britannico. Nella
storia delle guerre mondiali il cinema d’animazione assume un ruolo non trascurabile,
riuscendo a veicolare il messaggio politico in una veste estetico-linguistica innovativa. Il corto
si presenta come una combinazione di scene di animazione in bianco e nero e didascalie,
alcune delle quali sono accompagnate dalle fotografie di vittime illustri. Il film è molto curato
nei dettagli e ha richiesto alcuni anni di lavoro: uno dei pochi film animati tecnicamente
eccellenti in un’epoca che prediligeva la disponibilità del prodotto finito in brevi tempi a
discapito della qualità.
L’intento rappresentativo è apertamente teso a sottolineare la crudeltà dei tedeschi a bordo
dell’U-Boot che ha scatenato l’attacco e ciò si evince da una didascalia in particolare: “No
warning was given – no mercy was shown” (“Nessun avvertimento – nessuna pietà”, trad. it.),
accompagnata dalle immagini dei passeggeri che si lanciano in mare in un ultimo atto
disperato. L’intento di McCay era raccontare un fatto che lo aveva colpito profondamente ma,
lungi dal distaccarsi emotivamente dalla narrazione, il peso ideologico della sua condanna
viene espresso in maniera diretta. La funzione documentaristica è dunque inscindibile da

1 Un esempio sono la fotografia e le riprese aeree, ideate e sviluppate inizialmente per uso militare, o la
creazione e lo sviluppo di Internet, la cui origine è legata alla necessità delle comunicazioni militari.

6
quella morale e ideologica e il film si presta a una funzione propagandistica in piena regola,
sebbene sia stato realizzato da privati. Se da un lato il cinema si serve dei mezzi e dei
contenuti della guerra, dall’altro è la guerra che si serve del cinema fattosi propaganda, con
tutto il suo arsenale di linguaggi e tecniche.
La rappresentazione dei tedeschi come degli Unni, dei barbari senza morale incapaci di un
qualunque sentimento o gesto positivo, era molto comune durante la Prima Guerra mondiale.
In una guerra di trincea logorante che necessitava sempre di più approvvigionamenti di armi e
alimenti, lo sforzo bellico non ricadeva esclusivamente su chi combatteva in prima linea ma
anche sui civili, bersagliati tanto quanto i soldati – come accadde nel caso del Lusitania –, i
quali dovevano lavorare
duramente per provvedere
alla sopravvivenza degli
uomini al fronte.
In breve, il 1914 segna
l’inizio di una nuova
tipologia di conflitto, la
guerra totale, in cui la
distinzione tra civili e soldati
Figura 1: Disegno di McCay per The Sinking of The Lusitania decade inevitabilmente.
L’impegno attivo dell’intera popolazione nazionale doveva essere sollecitato e mantenuto
costante. In Gran Bretagna vennero costituiti il Department of Information (1917) e il
Ministry of Information (1918) che si occupavano di informare i cittadini sulle vicende di
guerra e sui comportamenti da seguire o evitare per il conseguimento degli obiettivi di guerra:
arruolarsi, finanziare lo sforzo bellico, razionare il cibo, risparmiare il carburante, non
diffondere notizie di carattere militare, ecc.
Come scrive Alonge:
[…] propaganda è l’attività di un’organizzazione ufficiale volta a sviluppare consenso – presso l’opinione
pubblica del proprio paese o di un paese straniero – attorno alla politica promossa dal governo di cui detta

organizzazione è espressione.2

Tuttavia,
nei paesi democratici, “propaganda” […] implica l’idea della persuasione occulta, del condizionamento

2 G. Alonge, Il disegno armato. Cinema di animazione e propaganda bellica in Nord America e Gran Bretagna
(1914-1945), Bologna, Clueb, 2000, p. 11

7
subliminale del cittadino, il quale viene privato del suo diritto di scegliere autonomamente come comportarsi. 3

Questa concezione negativa della propaganda è tutta moderna. Infatti, nonostante il tentativo
del MOI di mascherare la propaganda governativa con la veste dell’informazione, le
manipolazioni operate sui resoconti di guerra emersero tra gli anni ’20 e ’30, portando a
un’ulteriore sfiducia nei riguardi del governo e della stessa idea di propaganda. Inoltre, spesso
i corti di animazione venivano proiettati prima dei cinegiornali, che fin dal 1906 si facevano
largo come principale mezzo di informazione delle masse: se è vero che il giornale restava il
principale mezzo di comunicazione in generale, il cinegiornale, il cui linguaggio visivo
permetteva di informare anche gli analfabeti, avviava quel processo di diffusione di massa
delle informazioni che culminerà con l’arrivo della televisione. Non stupisce dunque che la
classe politica abbia attuato fin da subito una strategia di controllo dei contenuti, non solo dei
cinegiornali ma anche dei corti animati.
Il film di McCay4 è uno degli esempi più leggeri della hate propaganda messa in atto contro i
tedeschi durante il primo conflitto mondiale: sia il governo che i privati diffondevano
innumerevoli notizie di furti, stupri e omicidi ai danni dei cittadini dei paesi occupati,
rendendo spesso impossibile distinguere tra reale e fittizio. I cittadini venivano bombardati
sistematicamente con opuscoli, volantini, vignette satiriche, corti animati e cinegiornali che
estremizzavano la ferocia nemica, allo scopo di provocare orrore e repulsione verso gli Unni,
bestie senza traccia di umanità, che minacciano la libertà e la sicurezza della nazione e del
focolare domestico. Ad essere attaccata era la stessa Kultur tedesca, barbara e crudele,
contrapposta alla cultura civile e democratica, che tutela il più debole, con cui gli inglesi si
identificavano.
Un esempio di animazione inglese di hate propaganda radicale è lo sketch del 1915 The
Dream Man5: un bambino sogna di essere obbligato da un uomo grassoccio e baffuto6 a
mangiare una bomba. Che l’uomo dei sogni sia il Kaiser o il generale von Hindenburg,
l’intenzione dell’autore è comunque quella di demonizzare e al tempo stesso ridicolizzare una
delle figure più emblematiche della Germania del tempo.

3 Ivi
4 The Sinking of the Lusitania è statunitense ma il resoconto dell’attacco su cui il film si basa non è ugualmente
affidabile: nel film non vi è il benché minimo riferimento alle armi trasportate all’interno della nave all’insaputa
dei passeggeri. I tedeschi potrebbero aver attaccato con l'intenzione di distruggere l'approvvigionamento di armi
diretto verso la Gran Bretagna. L’omissione di alcune informazioni o la loro completa distorsione era parte
integrante della strategia propagandistica alleata e nemica.
5 Dicky Dee's Cartoons No.3, Anson Dyer, Gran Bretagna, 1915
6 Alonge identifica l’uomo come il generale von Hinderburg, mentre il British Film Institute
(http://www.bfi.org.uk/) lo riporta in descrizione come il Kaiser Guglielmo II.

8
Il “cuoco” porta un lungo grembiule, ha una grossa faccia su cui spiccano dei folti baffi e dei
piccoli occhietti nascosti da spessi occhiali tondi. La sua raffigurazione è tutt’altro che
spaventosa e, al contrario, il fatto che
l’animazione faccia muovere i baffi
come se il personaggio storcesse il naso
gli fa assumere una connotazione
estremamente buffa. Questa
rappresentazione ingannevole smorza
la ferocia con cui l’uomo obbliga il
bambino a ingerire la bomba. La
volontà caricaturale è ancora più
Figura 2: L'uomo dei sogni esclama “Eat it all up!” evidente se contrapposta all’anonimia e
normalità del bambino, un qualunque ragazzino dai capelli scuri, i cui tratti comuni gli
permettono di assumere una valenza universale: quanti bambini si sono sentiti minacciati nei
loro letti dalle bombe che cadevano sulla città durante gli attacchi notturni?

Martedì 19 gennaio 1915


Due Zeppelin nei cieli della Gran Bretagna
• Nella notte prima incursione aerea tedesca nei cieli della Gran Bretagna. Due Zeppelin sganciano le loro bombe

sulla costa del Norfolk uccidendo quattro civili.7

E ancora:
Il 31 maggio del 1915 il dirigibile tedesco Zeppelin LZ38 inizia a lanciare bombe sulla capitale inglese,
contravvenendo il proposito di qualche mese prima del Kaiser Guglielmo di non bombardare agglomerati urbani.
I tedeschi sono i primi a servirsi dei bombardamenti aerei sui civili come strategia di guerra e questo primato
viene realizzato con i leggendari dirigibili Zeppelin, spostando così il teatro di guerra dal fronte vero e proprio ai

luoghi della vita quotidiana, suscitando terrore e incredulità nella popolazione.8

Questi cartoons avevano tempi di lavorazione piuttosto brevi, è dunque plausibile che gli
avvenimenti del gennaio del 1915 siano stati d’ispirazione per l’intero sketch. Certamente il
primo bombardamento aereo su civili della storia non sarà passato inosservato e anzi, si sarà

7 1915 – Prima Guerra Mondiale (http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=GG191501)


8 Cento anni fa, lo Zeppelin tedesco bombardava Londra (http://www.corriere.it/foto-
gallery/cultura/15_maggio_30/cento-anni-fa-zeppelin-tedesco-bombardava-londra-f5e41efe-06a7-11e5-8da5-
3df6d1b63bb7.shtml)

9
rivelato un utile strumento di coinvolgimento del fronte interno nello sforzo bellico. La nuova
minaccia aerea venne subito bollata come un atto di inutile barbarie, che però ebbe seguito – e
in modo ancor più violento – durante la Seconda guerra mondiale.
L’impostazione dello sketch è ancora legata alla tradizione nata nelle sale del vaudeville del
lighting sketch, disegni satirico-umoristici tracciati molto rapidamente su una lavagna o su
una tela, di fronte al pubblico. Il legame con l’intrattenimento dal vivo è evidente fin dal
principio, in cui la mano dell’autore viene ripresa mentre inizia a delineare i contorni del
bambino e del suo letto. Con un trucco cinematografico si diminuisce la velocità di ripresa,
dando una visione accelerata che accentua ulteriormente la rapidità dello sketcher9. Con
l’utilizzo della tecnica a passo uno10 la mano scompare e con la tecnica del cut-out11 viene
inserito il primo balloon, in cui il protagonista dice: “Hope I shan’t dream” (trad. lett. “Spero
di non sognare”), per poi addormentarsi, senza accorgersi del gatto che si addormenta accanto
a lui. Una dissolvenza in nero ci avvisa del cambio di scena e l’ingresso nel mondo onirico si
palesa con la scomparsa improvvisa del gatto e la comparsa di Hindenburg/Kaiser. La volontà
di distaccarsi dal carattere attrazionale12 del lighting sketch, la cui funzione era di intrattenere
e meravigliare il pubblico, si manifesta con l’utilizzo dello stilema narrativo del sogno e i
riferimenti alla letteratura fiabesca dell’800. L’uomo baffuto che terrorizza il giovane, non è
altri che l’Omino del Sonno (The Dream Man) personaggio del folklore nordeuropeo che
cosparge gli occhi dei bambini con della sabbia magica mentre dormono. Sandman ha
generalmente un carattere positivo nel mondo fiabesco ma l’identificazione col nemico lo
porta a una degenerazione terrificante: da custode del sonno dei bambini e dei loro sogni felici
a carnefice, demiurgo dei loro incubi. Il ventre del bambino è gonfio per la bomba ingerita,
tanto che i bottoni del pigiama, simili a proiettili, si staccano, uccidendo l’Omino dei Sogni. Il
timer della bomba giunge al termine ed esplode, ponendo fine all’incubo del protagonista, che
si risveglia con un sospiro di sollievo.
L’odio incondizionato verso il nemico non era tuttavia l’unico fattore che avrebbe portato a
una conclusione vittoriosa del conflitto: in una guerra totale è necessario che i soldati siano sì
motivati ma anche ben equipaggiati e foraggiati. Nel 1916 in Inghilterra e Galles venne
9 Cfr. G. Alonge, Passo Uno. L’immagine animata dal cinema al digitale, Torino, Lindau, 2007, p. 19
10 Questa tecnica, per mezzo del fermo immagine, permette allo sketcher di disegnare tra una pausa e l’altra
simulando che il disegno si formi da solo sullo schermo.
11 Tecnica che consiste nell'utilizzare pezzi di carta ritagliati per creare una sorta di collage, e fotografarli a
passo uno per creare l'illusione del movimento.
12 Lo studioso Tom Gunning “recupera il termine ejzenštejniano di ‘attrazione’ per definire il cinema delle
origini […]” il quale “puntava a mostrare più che raccontare, a realizzare uno spettacolo «eccitante», che […]
agisse come stimolo sensoriale per il pubblico” Ibidem, p. 15

10
fondato il National Savings War Committee, una commissione che promuoveva la formazione
di associazioni locali con la responsabilità di incoraggiare le rispettive comunità nelle
“savings activities” (attività di risparmio). Il Committee aveva la funzione di raccogliere il
denaro necessario per il finanziamento bellico – ottenuto con la vendita dei war savings
certificates – e di sensibilizzare al risparmio quelle fasce della popolazione che per la prima
volta nella loro vita, con l’aumento del salario minimo, si ritrovavano a disporre di una
maggiore somma di denaro13.
Stand by the Man who have stood by you14, un corto ibrido tra live action e cartoon, è stato
prodotto appositamente per il Committee. Un’attrice dal vero, la personificazione della
Britannia scosta le tende per mostrare delle immagini di repertorio dei profughi belgi. La
scena successiva mostra il Kaiser che uccide una donna, il cui abito lacero lascia intendere
uno stupro, e un soldato tedesco che uccide un’infermiera inglese. Le scene live action sono
scollegate spazialmente e temporalmente le une dalle altre e sono scandite da didascalie che
invitano ad aiutare “these brave boys” i quali “have stood between you and the Hun”. Il
discorso, ancora una volta, si incentra sull’irruenza dell’Unno e sulla scia di distruzione che si
lascia alle spalle.
Il cartoon occupa la seconda parte del corto e si struttura in maniera diversa: la prima scena
mostra un uomo di mezza età che inserisce i suoi risparmi in una macchina con su scritto
“War savings certificates”. I risparmi vengono restituiti sotto forma di bomba che viene
sparata dal cannone a un enorme distanza, fino ad atterrare ai piedi del Kaiser. La bomba
cresce a dismisura – appare ancora una volta la dicitura “War savings certificates” – fino a
scoppiare: similmente ai trucchi di magia dei grandi prestigiatori, che ricordano ancora una
volta il legame tra animazione e intrattenimento dal vivo, un soldato inglese emerge dalla
bomba in una nuvola di fumo, imprigionando il Kaiser in una scatola.

13 The National savings movement (http://www.rbsremembers.com/banking-in-wartime/supporting-the-


nation/the-national-savings-movement.html)
14 Stand by the Man who have stood by you, National Savings War Committee, U.K., 1917 (?)

11
Figura 3: Immagini del cartoon Stand by The Man Who Have Stood by You

Il cartoon rappresenta chiaramente la destinazione del denaro ricavato dalla vendita dei war
certificates: il denaro alimenta l’industria, che produce le bombe utilizzate dall’esercito per
mettere sotto scacco il nemico. Il linguaggio visivo comunica con chiarezza e brevità un
processo che le parole impiegherebbero il doppio del tempo a spiegare con la stessa efficacia.
L’animazione gioca la sua parte, rendendo fluidi dei movimenti che sarebbero stati poco
fruibili se girati in live action, soprattutto con la tecnologia del tempo. Basti pensare alle
numerose trasformazioni e metamorfosi di cui il cartoon è costellato: per permettere, ad
esempio, alla bomba di crescere per poi tramutarsi nel soldato, sarebbero stati necessari un
gran numero di stacchi, i quali non avrebbero avuto lo stesso impatto visivo. La grande forza
dell’animazione (forse ancora più del cinema, a quel tempo) è quella di rendere verosimile
l’inverosimile, come un uomo che esce da una bomba troppo cresciuta.
Interessante la somiglianza tra il corto e un qualunque spot pubblicitario moderno: c’è un
prodotto (war savings certificates, dicitura che appare due volte nell’arco del cartoon) di cui
vengono mostrate le potenzialità (la fine della guerra) e un compratore soddisfatto. Potremmo
affermare che tutti i corti propagandistici che tentavano di vendere war bonds siano stati gli
antenati delle attuali pubblicità audiovisive e precursori di alcune strategie di cattura
dell’attenzione dell’audience, tant’è vero che grandi attori come Hayakawa e Chaplin si sono
prestati come testimonials per alcuni corti, pratica in voga tutt’oggi.
A differenza di The Dream Man, troviamo una struttura meno legata agli stilemi narrativi
letterari ma più simili alle gag di forte impatto visivo dei lighting sketch; tuttavia, in ambedue
le coordinate spazio-temporali restano poco delineate, certamente anche per motivazioni di
budget e tempistiche. Per quanto riguarda il montaggio, l’animazione seguiva le stesse regole
del cinema delle origini: abbiamo un punto di vista sostanzialmente fisso, centrato, con campi
medi o inquadrature a figura intera e un grande rispetto per i raccordi di movimento.

12
1.2 La Seconda guerra mondiale

Come accennato in precedenza, durante il primo conflitto mondiale il MOI e la propaganda


non ufficiale si resero artefici di numerose manipolazioni sui resoconti di guerra, inventando o
ingigantendo storie di orrori compiuti dai tedeschi, presentati come Unni privi di scrupoli e
umanità. Dopo il conflitto, si venne a conoscenza di queste falsificazioni e l’indignazione
pubblica portò a una profonda sfiducia nella propaganda. Durante la Seconda guerra mondiale
le notizie sull’Olocausto non vennero diffuse proprio perché si temeva venissero prese per
false15: la fragile fiducia della popolazione nei riguardi delle istituzioni ufficiali doveva essere
maneggiata con cautela e si preferì non rivelare informazioni di cui non si poteva dare prova
certa. Nonostante l’avversione pubblica, in una nuova guerra totale tale pratica doveva
comunque essere organizzata. L’onda della hate propaganda non era più cavalcabile e si
scelse la strada della ridicolizzazione del nemico: l’obiettivo era far ridere il pubblico dei
tedeschi e dei loro rituali, esorcizzando il terrore della minaccia rappresentata dal Terzo Reich
con l’ironia.
Anche il Canada, storico dominio inglese, che aveva già combattuto al fianco della Gran
Bretagna durante il primo conflitto mondiale e che aveva dichiarato guerra alla Germania il
10 settembre 1939, produce il proprio materiale propagandistico seguendo le nuove
coordinate. Nel 1939 era stato infatti istituito il National Film Board of Canada, il quale
assunse delle funzioni molto simili a quelle del MOI inglese: informare i canadesi sulla natura
del nemico e del conflitto e promuovere specifici comportamenti collettivi.
Nel 1941, la necessità di materiale propagandistico efficace e realizzabile in tempi brevi portò
l’NFB a rivolgersi ai Walt Disney Studios di Burbank, la casa di produzione di animazione
più importante dell’America settentrionale. Tra il novembre del 1941 e il gennaio del 1942, la
coproduzione portò a diversi corti animati a metà strada tra intrattenimento e propaganda
bellica. Mickey Mouse, Donald Duck, i Sette Nani e tanti altri volti disneiani ormai noti
all'immaginario collettivo divennero i nuovi araldi della lotta ai totalitarismi europei e modelli
di patriottismo e senso civico. Si attinge a piene mani anche dal repertorio fiabesco europeo –
tendenza che ha portato Disney alla celebrità – con il corto The Thrifty Pigs16, in cui il saggio
porcellino salva i suoi fratelli nella sua inespugnabile casa di mattoncini-war certificates,
arma di difesa e offesa contro lo spregevole lupo nazista. Per risparmiare tempo e denaro,

15 G. Alonge, Il disegno armato. Cinema di animazione e propaganda bellica in Nord America e Gran Bretagna
(1914-1945), cit., p. 116
16 The Thrifty Pigs, Walt Disney, Canada, 1941

13
molte delle sequenze di questo film del 1941 vennero “riciclate” da The Three Little Pigs del
1933 della serie Silly Simphony, così come accadde per il corto The Seven Wise Dwarfs, in cui
i Sette Nani vendono le loro gemme preziose in cambio di war bonds.

Figura 4: A sinistra, il lupo di Three Little pigs (1933), a destra, quello di Thrifty Little Pigs
(1941)

Oltre ai corti destinati alla promozione dei war bonds vi erano i training films, per insegnare
ai soldati sul campo come difendersi dalle malattie veneree o dalle punture degli insetti,
evitare di diffondere notizie di carattere militare, addestrarli all’uso delle armi e così via.
Disney era interessato a testare l’uso educativo dell’animazione, che si rivelava
particolarmente versatile nel mostrare il funzionamento di macchinari, fucili, aerei, bombe.
Emblematico il mediometraggio Stop that Tank!17, il quale adempie sia alla funzione ricreativa
che a quella istruttiva: la prima parte, di pochi minuti, è composta da un cartoon in cui, grazie
all’impiego dei fucili anti-carro Boys Mk I, i soldati spediscono Hitler dritto nelle grinfie del
diavolo; la seconda parte, ibrido tra live action e animazione, spiega alle truppe il
funzionamento tecnico del fucile, come caricarlo, smontarlo e pulirlo e come prendere la
mira. La speaker accompagna le immagini, esplicitando il corretto utilizzo delle diverse
componenti meccaniche dell’arma. Se fin dalle sue origini il cinema era stato pensato come
un efficace mezzo per l’acculturamento delle masse, per permettere anche ai ceti meno
abbienti di fruire di un patrimonio storico, artistico e letterario, l’alfabetizzazione visiva, ai
tempi della guerra, include anche l’intenzione di insegnare a maneggiare un fucile a un gran
numero di nuove reclute inesperte con un solo filmato.
In un contesto di rigido controllo del materiale audiovisivo, l’animazione era il mezzo di
comunicazione che meno preoccupava il governo: i corti animati erano appositamente
progettati per supportare la nazione che li produceva con una simbologia che poco si prestava

17 Stop that Tank, Ub Iwerks, Canada, 1942

14
alle interpretazioni, al contrario delle riprese al fronte che necessitavano un maggiore
controllo nella selezione delle immagini e nel commento dello speaker. A differenza delle
dittature nazista e fascista, le quali poggiavano su una retorica incentrata sull’estetizzazione
della politica estremamente coercitiva e violenta, i paesi democratici tentavano di conciliare
suggestione emotiva e persuasione razionale per mobilitare in modo consapevole e volontario
le masse. Se la retorica nazista inneggiava alla ricerca dello spazio vitale e alla superiorità
della razza ariana, quella delle società democratiche difendeva la sopravvivenza e il diritto
all’autodeterminazione dei singoli popoli.
Nel dicembre del 1941, dopo l’attacco di Pearl Harbor, gli Usa entrano in guerra al fianco dei
britannici e dei sovietici. Nel giugno del 1942 venne creato l’Office of War Information per
consolidare e uniformare i diversi servizi di propaganda governativa: per mezzo della radio,
dei giornali, delle fotografie, film e altri media rappresentava la connessione tra il fronte e le
comunità civili. L’intermediario tra Hollywood e il governo, come durante la Prima guerra
mondiale, era il Bureau of Motion Pictures che si occupava della promozione dei war bonds e
della direzione dei film di propaganda ad opera dei suoi registi più illustri – come Frank
Capra per la serie Why we fight18. Il numero di cartoons americani legati al tema della guerra
sbaraglia le cifre di una qualunque altra nazione, ammontando intorno ai 300, su cui esiste già
una letteratura consistente. All’interno di questo corpus, troviamo da un lato i film Disney – il
più importante fornitore del governo – che aveva delle finalità principalmente educative e
sfruttava gli stilemi narrativi letterari per meglio adempiere alle esigenze politico-militari, e
dall’altro i film della Warner Bros., della MGM e dei Fleischer Studios, caratterizzati da una
commistione tra intrattenimento irriverente e propaganda, ancora slegati da una struttura
narrativa rigida (ad eccezione, forse, di Superman).
Disney, che uscì dalla crisi economica in cui era caduto dopo la limitazione delle distribuzione
dei suoi film in Europa grazie alle commissioni governative, produsse diversi corti animati di
grande interesse estetico, tecnico e pedagogico, di cui ricordiamo: Der Fuhrer’s Face19, in cui
Paperino sogna di lavorare in una fabbrica di proiettili tedesca a dei ritmi che lo portano alla
pazzia, per poi svegliarsi nel suo letto rinvigorito da un profondo senso patriottico; Education
for Death20, il quale ragiona sull’indottrinamento a cui i tedeschi venivano sottoposti fin dalla
tenera età e che mutava anche il bambino più docile in un soldato senza scrupoli; I Tre

18 Ibidem, p. 172
19 Der Fuehrer's Face, Jack Kinney, USA, 1943
20 Education for Death, Clyde Geronimi, USA, 1943

15
Caballeros21, film di propaganda estera per consolidare i rapporti tra Usa e America Latina,
che introduce gli amici latino-americani di Paperino e rispettive culture.
Per quanto riguarda i corti delle altre case di produzione, l’unico cambiamento consistente
riguarda gli antagonisti: Daffy Duck e Bugs Bunny se la prendono con Hitler e Goering
(Daffy – The Commando, 1943), Braccio di Ferro si difende da un attacco navale giapponese
(You're a Sap, Mr. Jap, 1942), Superman salva Lois Lane e l’America dalla minaccia
giapponese e tedesca (Japoteurs, 1942; Jungle Drums, 1943).
Al pari della rappresentazione inglese dell’Unno tedesco durante la Prima guerra mondiale,
gli americani non sono stati meno razzisti nei riguardi dei loro nemici giapponesi, dei mostri
dalle fattezze grottesche: pelle giallastra, corporatura minuta, quasi nanesca, bocca distorta in
un sorriso ebete che mostra dei dentoni da topo ed enormi occhiali che malcelano occhi
eccessivamente a mandorla.

Figura 5: A sinistra, Braccio di Ferro in You're a Sap, Mr. Jap, a destra Superman in Japoteurs

Questa caratterizzazione fisica li fa apparire come degli inetti, mentre l’azione cartoonesca e
le gag comiche mostrano atteggiamenti subdoli e ambigui, proprio a riproporre le dinamiche
dell’attacco a Pearl Harbor, avvenuto senza una precedente dichiarazione di guerra. La
degenerazione del nemico a creatura non umana capace delle peggiori atrocità era funzionale,
ancora una volta, a legittimare la violenza contro l’avversario. Questa rappresentazione
inumana non coinvolgeva i nemici tedeschi e italiani che, in quanto occidentali rispettosi delle
norme del diritto internazionale – anche se solo contro gli americani –, potevano redimersi e
ripercorrere la strada della democrazia, al contrario dei nipponici privi di capacità decisionale
autonoma e totalmente assoggettati all'imperatore Hirohito. Non a caso, i cittadini americani
di origine giapponese vennero rinchiusi in campi di prigionia molto più spesso degli italo o
21 I tre caballeros (The Three Caballeros), Norman Ferguson, USA, 1944

16
tedesco-americani; una spietatezza che culminerà con i bombardamenti atomici di Hiroshima
e Nagasaki dell’agosto del ’45.
Da parte loro, nel teatro di guerra del Pacifico, i giapponesi non mostrarono alcuna pietà nei
confronti dei prigionieri di guerra né delle popolazioni asiatiche che reputavano inferiori. Nel
giro di poche decadi con la riforma e la modernizzazione dei sistemi sociali, educativi,
economici, militari, politici e industriali la "rivoluzione controllata" dell'imperatore Meiji
(1852-1912) aveva trasformato un regno feudale e isolato in una potenza mondiale.
Significativa fu la convinzione che il Giappone doveva competere con le potenze occidentali
sia industrialmente sia militarmente per poter raggiungere l'eguaglianza. In questo periodo gli
studi di animazione ebbero un notevole impulso grazie al blocco delle importazioni straniere e
ai finanziamenti del Ministero dell'Istruzione e dell'Esercito e soprattutto della Marina
Militare per i corti propagandistici. L'intervento governativo rese possibile una maggiore
reperibilità dei materiali e più agevole l'approvvigionamento elettrico. Tuttavia, ne risentì la
libertà di espressione degli autori, i quali misero la propria creatività al servizio del governo
spesso tradendo la propria fede politica. L'esercito imperiale giapponese aveva avviato negli
anni '30 una progressiva fase di militarizzazione del potere esecutivo e di isolamento politico
dal mondo occidentale, i cui momenti cruciali furono l'uscita dalla Società delle Nazioni Unite
nel 1933, il tentato colpo di stato del '36 e il Patto Anticomintern con la Germania nazista
dello stesso anno22. Questa nuova politica autoritaria e nazionalista, di fatto imposta al
governo civile dai militari, si basava sulla presunta supremazia del Giappone rispetto a tutte le
popolazioni dell'est asiatico, il quale, al contrario dei suoi vicini, era riuscito a diventare una
superpotenza sul modello dei paesi europei senza esserne soggiogato. Il Paese del Sol Levante
si erge così a difensore del sud-est asiatico dalle mire coloniali dell'Occidente, con l'unica
intenzione di diventare colonizzatore a sua volta, per far sentire il proprio peso sul piatto
internazionale.
A seguito dell'attacco del '41 contro la base navale di Pearl Harbor, il Giappone entrò in
guerra:
La macchina della propaganda bellica ministeriale entrò così a pieno regime, commissionando agli studi di
animazione sempre più cortometraggi da abbinare a cinegiornali. Si trattava di opere protese soprattutto a
celebrare le imprese dei militari al fronte e a esaltare l'amor patrio, ma anche a fornire modelli di comportamento
ai civili che fossero di supporto allo sforzo bellico23.

22 Guido Tavassi, Storia dell'animazione giapponese. Autori, arte, industria, successo dal 1917 a oggi, Latina,
Tunué, 2012, p. 59
23 Ibidem, pp. 61-62

17
In sintesi, il nazionalismo giapponese si palesa con la stessa intensità e gli stessi mezzi dei
corrispettivi occidentali. Al pari di questi ultimi, per sostenere e nutrire le teorie
nazionalistiche, si attinge al vasto repertorio fiabesco o letterario-fumettistico (manga) della
tradizione popolare, utilizzando spesso animali antropomorfizzati per veicolare la propaganda
bellica: se negli Stati Uniti il simbolo del patriottismo americano era rappresentato da
Topolino, nel Paese del Sol Levante si trattava di Momotarō – il fanciullo divino, nato da una
pesca gigante, famoso per aver sconfitto i demoni dell'Onigashima (Isola dei Demoni) – e dai
suoi amici animali. Tuttavia, secoli di contatti tra europei – e successivamente americani – e
giapponesi, avevano avviato un processo di assimilazione culturale dello scibile e dei
contenuti occidentali da parte dell'oriente, ma non il contrario. Del Giappone si conoscevano e
replicavano le esotiche usanze della cerimonia del tè, delle feste stagionali (matsuri) o se ne
esportavano le ceramiche, a patto che ogni aspetto culturale venisse estrapolato dal suo
contesto e vuotato del suo significato. Dal lato opposto, la cultura occidentale, in particolare
americana, era diventata talmente invasiva da non poter essere ignorata: la tentazione di
ritorcerla e rispedirla al mittente era esattamente identica a quella che ha spinto numerosi
artisti, giornalisti e registi a ridicolizzare i pomposi rituali della Germania nazista. Questa
permeabilità culturale unilaterale è la probabile ragione per cui gli americani si limitavano a
una rappresentazione razzista e stereotipata dei giapponesi mentre questi ultimi davano vita
fin dal 1934 a caricature feroci di Mickey Mouse, colpendo dritto al cuore non solo uno dei
rappresentanti più famosi del nazionalismo dell'America del Nord ma anche la più fiorente
industria dell'animazione dell'epoca bellica.

Figura 6: Momotarō difende l'isola dall'attacco di Mickey Mouse

Il corto in questione fa parte della Serie "Scatola di giocattoli". Nell'episodio 3: Libro


illustrato 1936 diretto da Hajime Komatsuzawa24, Topolino, a cavallo di creature demoniache
24 Serie "Scatola di giocattoli" episodio 3: Libro illustrato 1936 (Omochabako series dai-san-wa), Hajime

18
simili a pipistrelli attacca un'isola del Pacifico; gli abitanti, in preda al panico, si rivolgono a
un libro magico che evoca alcuni eroi giapponesi, come Momotarō, Issunbōshi25, Urashima
Tarō26 e altri, per sventare la minaccia. Il messaggio non potrebbe essere più chiaro: la
superiorità tra potenze non si misura unicamente sul campo di battaglia ma anche sull'altare
della cultura, in cui la tradizione giapponese pretende di battere l'industria culturale
americana.
Nove anni più tardi, per celebrare l'attacco a Pearl Harbor, viene prodotto Momotarō e le sue
aquile reali27, il quale palesa già dalla locandina lo stesso spirito di rivalsa della superiorità
culturale nipponica: in alto a sinistra troviamo Momotarō, lo sguardo fiero e i capelli al vento
cinti dallo hachimachi28, a destra, compare il pilota di un caccia Zero che indica la base navale
sottostante per dare il via all'attacco, mentre il presidente Roosevelt, Bluto, Braccio di Ferro e
Betty Boop – i cartoons preferiti dai “cani americani”29 – assistono impotenti dal mare, alla
deriva.

6. Locandina del film Momotarō e le sue aquile


Il film è un mediometraggio di 37 minuti, l'opera nipponica animata più lunga realizzata fino
a quel momento. La storia di Momotarō si prestavano facilmente a un'interpretazione

Komatsuzawa, Giappone, 1934


25 Bonzo nanetto alto un issun (tre centimetri) che usa una ciotola di riso come scudo e un ago appuntito come
spada.
26 Leggendario pescatore che salvò e la vita ad una tartaruga e poté visitare il palazzo in fondo al mare,
chiamato Palazzo del Drago.
27 Momotarō e le sue aquile reali (Momotarō no umiwashi), Mitsuyo Seo, Giappone, 1943
28 Fascia di tessuto della tradizione nipponica, simbolo di impegno e perseveranza; la versione più conosciuta è
quella con lo hi no maru, il simbolo del "sol levante".
29 Nella locandina appare la scritta “Annientamento dei cartoni animati dei cani americani!”

19
allegorica della Seconda Guerra Mondiale, in cui l'eroe giapponese, con l'aiuto dei suoi
tradizionali amici – cani, scimmie e fagiani, rappresentativi degli altri popoli asiatici –
sconfigge gli oni, i demoni Alleati. Il bambino guerriero aveva una grande influenza sul
pubblico giovanile, tanto che venne richiesta un'altra pellicola dedicata all'eroe, I divini
guerrieri del mare di Momotarō, prodotta nel '44, la quale tuttavia:

esordì nei cinema di una Tokyo ampiamente sfollata soltanto il 14 aprile 1945, quando le truppe americane erano
già sbarcate a Okinawa e […] avevano ormai già da alcuni mesi iniziato le loro devastanti incursioni aeree sulle
isole maggiori dell'arcipelago […].30

Nonostante la vittoria Alleata in Europa fosse ormai certa, molte città giapponesi fossero
ridotte a cumuli di macerie dalle bombe incendiarie sganciate dai B-29 americani e le
condizioni economico-militari fossero disastrose, pubblicamente i capi giapponesi
continuavano a dichiarare la loro intenzione di combattere fino alla fine.
Il sogno colonialista giapponese con cui si concludeva I divini guerrieri del mare di
Momotarō venne distrutto dalle due esplosioni atomiche dell'agosto del '45 e dalla
dichiarazione di rinuncia dell'imperatore Hirohito al suo mandato divino.

30 G. Tavassi, op. cit., p. 64

20
2 La guerra animata: il punto di vista dei bambini

2.1 Italia e Giappone raccontano la Seconda guerra mondiale


Se la prima parte è incentrata sui corti animati a tema bellico prodotti e fruiti durante i due
conflitti mondiali, la seconda si concentra sulla rappresentazione a posteriori della Seconda
Guerra mondiale, raccontata dal punto di vista dei bambini. L'analisi verterà sul confronto tra
La tomba delle lucciole di Isao Takahata e la serie animata Bu-bum! La strada verso casa di
Maurizio Forestieri, una produzione della Graphilm in collaborazione con Rai Fiction.

Figura 7: A sinistra, la locandina de La Tomba delle lucciole, a destra, un'immagine promozionale di Bu-
Bum! La strada verso casa

Oltre alle differenze macroscopiche di formato e tecniche di animazione31, il tema bellico


viene gestito con una sensibilità diversa, probabilmente dovuta alla differente concezione
culturale della stessa animazione.
Partiamo dalla sinossi:
Il 5 giugno 1945, la città giapponese di Kōbe subisce un pesante bombardamento ad opera dei B-29 americani. I
fratelli Seita e Setsuko perdono la madre e la casa durante l'attacco e dopo un breve soggiorno da una lontana
parente, decidono di andare a vivere in una grotta adibita a rifugio anti-aereo. I due bambini moriranno d'inedia
nel caos generale del dopoguerra, ma avranno modo di ritrovarsi in un'altra vita.

Similmente,
nell'Italia centrale del 1944, a seguito di un raid aereo, un bambino cade dal camion di sfollati che lo stava

31 La tomba delle lucciole è disegnato a mano mentre Bu-bum! è stato realizzato in digitale.

21
trasportando al sicuro insieme alla sua famiglia. Un gruppo di animali parlanti si prenderà cura di lui e lo
ribattezzerà Bu-Bum: il piccolo, in stato di shock, in un primo momento è incapace di parlare e non fa altro che
ripetere “Boom, Boom”, ossia l’ultimo rumore che ha sentito quando gli aerei hanno dato il via al
bombardamento.

Stesso contesto storico, due modi completamente diversi di raccontare il conflitto: nel primo
caso, il film di Takahata, anche nelle scene più crude, punta al realismo e alla verosimiglianza;
nel secondo, per quanto ci siano degli elementi realistici, la stessa ibridazione col genere
favolistico32 rendono la serie inverosimile. Le differenze sostanziali sono riconducibili alla
diversa provenienza, non solo culturale: se La tomba delle lucciole è stata prodotta dallo
Studio Ghibli33, uno studio d'animazione cinematografico indipendente, Bu-Bum è stata
prodotta con e per la Rai, la società che si occupa del servizio pubblico radiotelevisivo
italiano. Il target di questa serie non permetteva un eccessivo realismo, pena un gran numero
di lamentele dai primi fruitori di Rai Gulp e da parte dei loro genitori. La crudeltà e la
violenza della guerra vengono addolciti per i più piccoli dalla presenza di animali parlanti che
fanno le veci dei genitori persi dal bambino.
La pervasività del mezzo televisivo è dunque un altro fattore fondamentale: al cinema gli
spettatori scelgono cosa guardare; lo stesso può accadere nel caso dei prodotti televisivi ma è
più facile – soprattutto in canali come Rai Gulp – che i nuovi prodotti vengano fruiti al pari di
quelli a cui lo spettatore è ormai affezionato e fidelizzato. Per questo motivo si rivolge una
particolare attenzione ai contenuti televisivi, onde evitare che un qualcosa di inadatto possa
essere visto o sentito dai più piccoli. Perciò, più che di censura, si può parlare di auto-censura,
in quanto sono gli stessi autori a calibrare il prodotto audiovisivo in base a quella che
ritengono sia la sensibilità del loro pubblico di riferimento.
In ogni caso, la matrice culturale caratterizza necessariamente qualunque prodotto, qualunque
sia il target o il medium. In particolare, la cultura animata giapponese ha subito un
avanzamento vertiginoso negli anni '8034, grazie alla ricchezza di contenuti dei manga, i quali
hanno permesso all'animazione di svilupparsi fino a raggiungere lo stesso livello di categorie
e sotto-categorie del live-action35. L'animazione giapponese, per quanto tenga in grande
32 Gli animali non possono comunicare davvero con gli umani ma solo tra loro. L'antropomorfizzazione è
comunque percepita dagli spettatori, quindi, anche se solo in parte, il realismo viene meno.
33 Studio cinematografico d'animazione fondato nel 1985 da Isao Takahata, Hayao Miyazaki, Toshio Suzuki e
Yasuyoshi Tokuma.
34 Il cosiddetto fenomeno dell'anime boom, alimentato anche dalla diffusione dei videoregistratori e dalla
conseguente esplosione del mercato home video.
35 In Giappone la passione per i manga coinvolge ampi strati della popolazione, non solo i bambini o i giovani-

22
considerazione il target di riferimento nella scelta dei contenuti, non ha argomenti tabù. Non
si può dire lo stesso dell'animazione industriale italiana, strettamente legata a un canone
occidentale36 e moderno che non riesce né a distaccarsi dal binomio animazione-bambini37 né
a prendere spunto dalle eccellenze nazionali del fumetto – Pratt, Crepax, Manara, Pazienza,
Liberatore – se non all'interno di un mercato di nicchia di matrice autoriale e sperimentale38.

2.2 La Tomba delle Lucciole


Il 16 aprile 1988 nelle sale giapponesi vennero distribuiti Il mio vicino Totoro di Hayao
Miyazaki e La tomba delle lucciole di Isao Takahata. Gli spettatori poterono vedere entrambe
le pellicole, una dopo l'altra, al prezzo di un unico biglietto. Un'operazione di questo tipo
nell'Italia di quegli anni sarebbe stata inconcepibile, non tanto per la strategia di marketing
utilizzata39, quanto per la natura intrinseca dell'opera di Takahata, estremamente forte sia a
livello visivo che emotivo.

Figura 8: A sinistra una delle scene più famose de Il mio vicino Totoro, a destra Setsuko a una visita
medica in La tomba delle lucciole

In ogni caso, anche in Giappone ci furono diverse lamentele e lo Studio Ghibli, produttore di

adulti. L'incapacità di concepire quest'alto livello di diversificazione, soprattutto in Italia, ha spesso portato a
censurare i prodotti nipponici, cercando di adattare qualsiasi genere di anime a un pubblico prevalentemente
di minori.
36 Più che di canone occidentale si può parlare di canone americano di metà secolo, legato alla grande
diffusione e successo mondiale delle opere Disney e dal quale gli stessi Usa si sono già emancipati da diverso
tempo.
37 Un binomio da cui l'industria audiovisiva italiana, più che non vuole, non può distaccarsi proprio perché
ritiene che non potrebbe competere in un mercato già invaso dai contenuti d'oltreoceano.
38 Bruno di Marino, Giovanni Spagnoletti (a cura di), Il mouse e la matita. L'animazione italiana
contemporanea, Venezia, Marsilio Editori, 2014, p. 38
39 Una strategia commerciale già di per sé disastrosa vista la diversa natura dei due lungometraggi e del loro
pubblico di riferimento, senza contare il fatto che un unico biglietto per i due film non avrebbe mai potuto
coprire gli elevati costi di produzione.

23
entrambi i film, riuscì a coprire le spese solo più tardi grazie alla vendita delle vhs e del
merchandising legato a Il mio vicino Totoro40. Probabilmente, il fatto che questo film di
pregevole qualità tecnica e profondità emotiva sia stato distribuito in Italia solo nel 2015, non
è legato unicamente al fatto che Miyazaki abbia sempre oscurato il suo collega nel contesto
internazionale ma anche al timore – fondato – che il pubblico italiano sarebbe rimasto
interdetto nel guardarlo.
Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Akiyuki Nosaka (1930 – 2015), un'autobiografia
romanzata scritta nel 1967 sulle esperienze vissute dall'autore tra il giugno e il settembre del
1945. Il quindicenne Nosaka, troppo giovane per arruolarsi ma troppo prezioso come
lavoratore per essere trasferito nelle campagne, come molti altri ragazzi della sua età passò la
sua adolescenza tra il terrore dei raid aerei nemici e il caos del primo dopoguerra41. La guerra
portò via a Nosaka la sua famiglia adottiva e la sorella di due anni nel giro di un paio di mesi.
Fin qui, la tragica storia dell'autore e del suo alter ego Seita, si intrecciano. La rielaborazione
traumatica dei ricordi dell'estate del 1945, portano l'adulto Nosaka a far morire Seita per
inedia il 21 settembre 1945, un mese dopo la morte di sua sorella Setsuko. Per quanto nella
produzione letteraria la rielaborazione dei ricordi della guerra, dell'infanzia o dell'adolescenza,
sia più frequente, non si può dire lo stesso della produzione cinematografica, men che meno di
quella animata. La tomba delle lucciole di Takahata si pone dunque in questo contesto come
una sorta di unicum di grande valore. La narrazione filmica si avvia proprio con la morte di
Seita nella stazione di Sannomiya. Lo spirito di Seita fissa il pubblico, assume il ruolo di
narratore onnisciente e ci mostra il suo stesso cadavere. Quest'ultimo non spicca affatto tra gli
altri giovani moribondi della stazione e quando finalmente un addetto alle pulizie si accorge
di lui, evidentemente abituato a questo tipo di scene, non fa altro che frugare nelle sue tasche:
trova una scatoletta di caramelle, sorta di filo rosso della narrazione, che una volta gettato via
rivela i frammenti bianchi di ciò che resta della piccola Setsuko. Il regista mostra il terribile
epilogo della vicenda fin dall'inizio, per permettere agli spettatori di prepararsi allo scenario di
miseria, morte e devastazione che li aspetta. Tuttavia, nell'immaginario del regista, la morte è
anche l'occasione per i due fratelli di ricongiungersi e non doversi più preoccupare della fame,
della sete, della malattia, della solitudine. Li vediamo insieme, in salute e ben vestiti,
allontanarsi mano nella mano, senza più guardare il corpo emaciato, sporco e coperto di

40 E. Azzano, A. Fontana, Studio Ghibli. L’animazione utopica e meravigliosa di Miyazaki e Takahata, Milano,
Edizioni Bietti, 2015, p. 69
41 Nosaka Akiyuki, Hotaru no haka, tradotto da J. R. Abrams, su Japan quarterly, vol. 25, n. 4, p. 462, 1978.

24
stracci di Seita.

Figura 9: Seita e Setsuko e Seita nella stazione di Kōbe

La separazione del mondo fisico dal mondo degli spiriti si esplicita nella contrapposizione tra
le immagini tetre e scure della lurida stazione e quelle virate di rosso del prato in cui i due
fratelli si ricongiungono, illuminati dal bagliore delle lucciole. I due si mettono in viaggio su
un treno e dal finestrino osservano i bagliori delle bombe incendiarie dei B-29 americani,
sganciate sulla città di Kōbe il 5 giugno 1945, la stessa incursione aerea che li porterà su quel
treno: per mezzo dei loro ricordi o dei loro sguardi si crea una spaccatura temporale all'interno
della stessa inquadratura tra l'immagine dei protagonisti in primo piano e quella del
bombardamento sullo sfondo, che dà il via alla narrazione.
Gli eventi delle scene successive erano la norma per il Giappone e per molti altri stati del '45:
la popolazione viene allertata di un improvviso attacco aereo, per le strade è il panico, tutti
fuggono alla ricerca di riparo. Mentre il giovane Seita nasconde delle provviste in un buco in
giardino, la madre, malata di cuore, si avvia verso il rifugio, affidandogli la sorellina di
quattro anni. Il fischio delle bombe incendiarie avvisa i fratellini del pericolo e i due si
ritrovano in una strada, spaesati, mentre le fiamme iniziano lentamente ad espandersi. Una
volta giunti in spiaggia, i protagonisti guardano la loro città bruciare.
Una breve sequenza ci mostra degli scorci della devastazione che si sta consumando a Kōbe:
cadaveri tra le fiamme, macerie, pianti disperati. Takahata ancora una volta costruisce
un'inquadratura che si sviluppa su più livelli: in primo piano vediamo uomini, donne e
bambini terrorizzati che cercano riparo in un fosso e, sullo sfondo, l'incendio che sta
distruggendo le loro case; a metà strada, un singolo uomo, un addetto alla sicurezza cittadina
o un soldato, che tra le urla disperate dei bambini e il crepitio dell'incendio, esclama “Lunga
vita all'Imperatore!”.

25
Figura 10: Immagine dal film La tomba delle lucciole

Una scena surreale, che racchiude perfettamente i diversi aspetti della guerra totale: la
distruzione, l'esaltazione e radicalizzazione malsana del patriottismo, l'impotenza di una
popolazione innocente. Questa è l'unica sequenza in cui l'autore si distacca dai protagonisti
per ricordarci che le sofferenze dei due bambini vanno inscritte in un più grande contesto in
cui tutti sono vittime. Subito dopo, una carrellata simula una ripresa aerea e mostra in semi-
soggettiva, dal punto di vista di uno dei B-29, la distruzione sottostante. Il regista ci fa vedere
ciò che vede il nemico. La distanza reale tra l'aereo americano e la città di Kōbe è
proporzionale all'indifferenza morale esistente tra le nazioni belligeranti che, durante il film,
muterà in indifferenza sociale intrinseca a una stessa nazione nei riguardi dei più svantaggiati.
Più precisamente, gli orfani, i malati e tutti coloro che non avevano il supporto di terzi o non
potevano fornire un contributo reale allo sforzo bellico.
Una volta cessato il pericolo, i bambini accorrono al centro di assistenza medica. Un medico
conduce Seita dalla madre, rimasta ferita: ustioni sanguinanti, a malapena contenute dalle
bende, ricoprono tutta la parte superiore del suo corpo. L'estremo realismo stilistico che
caratterizza queste immagini erano una novità anche per il variegato mondo dell'animazione
giapponese. La tradizione dei manga è equiparabile a un grande serbatoio di contenuti, che
spaziano dal fantasy, al drammatico, al porno, al comico e così via, al quale l'animazione
attinge tutt'ora; tuttavia, alla molteplicità di contenuti non corrisponde una significativa
variazione stilistica, per cui, in generale, si prediligono delle linee nette e precise per la
raffigurazione dei personaggi e per rendere le ferite si utilizzano delle righe colorate di rosso.

26
Figura 11: La madre dei due fratelli prima e dopo il bombardamento

Takahata vuole dimostrare che l'animazione può creare delle immagini estremamente
impressionanti, che hanno il potere di far chiudere gli occhi o far volgere lo sguardo.
In sala, durante la prima proiezione della pellicola, vi erano dei bambini che erano rimasti
incantati da Totoro e da tutti gli altri animali fantastici del film di Miyazaki; poco dopo, hanno
dovuto assistere alla morte cruenta della madre di Seita. Nell'Italia del 1988 – e non solo –, la
risposta alla domanda “questi contenuti sono adatti ai bambini?” sarebbe stata certamente
negativa, poiché, nella concezione moderna, i bambini sono degli esseri fragili che vanno
protetti da tutto ciò che potrebbe turbarli. Il dibattito su ciò che sia o non sia adatto al pubblico
infantile non è oggetto di questa tesi; ciò che interessa è che, in generale, si crede che
contenuti di questo tipo potrebbero avere degli effetti non desiderabili sulla società – in questo
caso, turbamento o traumi psicologici più o meno gravi nei bambini –. Non a caso, la
decisione di Takahata di mostrare la pellicola in una sala occupata da spettatori di tutte le età
ha portato non solo a un esito fallimentare sul piano economico ma anche a una percezione
sociale negativa della figura del regista42.
In ogni caso, anche Seita nella narrazione decide di proteggere Setsuko, mentendole sulla
gravità delle condizioni della madre, la quale muore il giorno successivo. Le lamentele sul
caldo, gli insetti, i vermi, il cadavere lanciato senza alcuna riserva in una fossa comune:
questo è il funerale della madre dei due bambini, un rituale in cui ogni singolo elemento
concorre alla desacralizzazione della morte. La guerra disumanizza i vivi e i morti e non
lascia spazio alle cerimonie, al ricordo dei cari, ai fiori, alle offerte e nemmeno alle lacrime.
Tutto ciò che resta ai due fratelli è il padre, impegnato come ufficiale nella Marina Militare
giapponese, che Seita scoprirà essere deceduto poco prima della morte di Setsuko. I
42 In Giappone vi furono numerose proteste da parte delle associazioni dei genitori dopo la visione dei film. Cfr.
G. Tavassi, op. cit., p. 193

27
protagonisti sono due orfani a tutti gli effetti, le possibilità di ricomporre la loro famiglia sono
pressoché inesistenti. Lo straordinario, nella loro vicenda, risiede unicamente nella capacità
della piccola Setsuko di continuare a ridere e giocare. Setsuko è totalmente dipendente da suo
fratello, eppure è l'ultimo barlume di infanzia a cui Seita si aggrappa disperatamente. In
qualità di fratello maggiore, Seita ha dovuto crescere in fretta per preoccuparsi della
sopravvivenza di entrambi ma è Setsuko che gli permette di vivere. Nei classici film di guerra
vi è poco spazio per la risata, eppure, nel mondo dell'infanzia, il momento del gioco riesce
comunque a ritagliarsi un suo spazio anche nei momenti più bui, e così accade nel film. La
denuncia del film, più che le atrocità compiute in periodo di guerra, riguarda la privazione
dell'infanzia, un momento fondamentale della vita che è stato strappato via a Seita, a Nosaka e
ad altri milioni di bambini.
Anche nel momento della morte, in cui Setsuko perde del tutto la ragione, la sfera ludica non
viene meno: la bambina invita il fratello a mangiare una polpetta di riso e una schiacciata di
soia, fatte di fango. La forza dell'associazione risiede nei ricordi o nell'immaginario condiviso
legato all'infanzia: capita spesso di vedere dei bambini giocare con la sabbia o con la terra e
magari vedergli regalare ai genitori delle torte di fango. Seita però trova davvero Setsuko
intenta a succhiare una biglia, il che fa pensare che i morsi della fame l'abbiano spinta a
vedere una fonte di nutrimento in quelle palline di fango, come se fosse stata rapita da un
miraggio. Parimenti, durante il raid aereo, se Seita si è preoccupato del cibo, dei vestiti e del
mettere al sicuro la foto del padre, la bambina si è concentrata sulla sua bambola e sul
raccogliere i suoi pochi averi che custodisce come tesori: delle biglie, qualche spicciolo,
alcuni fiori di legno. Riuscire a meravigliarsi per degli oggetti superflui e privi di valore in un
momento in cui si soffre per la perdita dei propri cari, il razionamento del cibo e la penuria di
medicinali sono il chiaro segno dell'innocenza di Setsuko. Tuttavia, l'innocenza infantile della
bambina non deve essere percepita come incoscienza: prima della perdita del senno a causa
della debolezza, Setsuko era pienamente consapevole di ciò che le accadeva intorno. Ne è
prova la sequenza che dà il nome al film, in cui le lucciole che erano state liberate per
illuminare il rifugio durante la notte, sono state trovate morte il mattino seguente. Mentre la
bambina provvede a seppellirle, domanda al fratello: “anche la nostra mamma adesso è dentro
una tomba, vero?”. Seita resta profondamente scosso e in una sua soggettiva vediamo che
segue le mani della sorellina mentre raccoglie le lucciole morte e le ripone in un fosso:
l'associazione nella sua mente è immediata e viene esplicitata con l'inserimento di un

28
flashback lampo in cui rivede il cadavere della madre brutalmente lanciato nella fossa
comune. I cadaveri delle vittime di Kōbe non hanno ricevuto un trattamento diverso da quello
che la bambina riserva alle lucciole. Se nel primo caso percepiamo una degradazione della
sacralità della morte, legata all'eliminazione del rito funebre, nel secondo il piccolo funerale
organizzato dalla bambina pare del tutto superfluo e quasi relegato a un “rituale giocattolo”
senza valore. Mentre i due fratelli si ripromettono tra le lacrime di andare a trovare la madre
alla sua tomba, vediamo due lucciole, incarnazione degli spiriti dei due bambini fin dall'inizio
del film, entrare nel rifugio e illuminare l'angolo in cui Seita ha nascosto la scatola con le
ceneri della madre.
All'interno dei film i riferimenti politici sono
estremamente ridotti e vengono inseriti più per
creare dei riferimenti al contesto storico che per
simpatizzare con una delle fazioni in conflitto.
L'interesse di Takahata non è additare i buoni o i
cattivi, ma creare dei personaggi complessi con
cui i bambini possano identificarsi e i genitori
Figura 12: Setsuko seppellisce le lucciole
riescano a rivedere i propri figli o perché no, se
stessi. Infatti, lo stesso coinvolgimento emotivo dell'autore è imprescindibile dalla creazione e
dalla sensibilità del film: Takahata, il 29 giugno 1945, è stato egli stesso testimone diretto del
bombardamento di Okayama. Separati dal resto della famiglia, Isao e la sorella maggiore
lottano per sopravvivere, l’una gravemente ustionata e l’altro ferito da una scheggia. Saranno
solo due giorni ma basteranno a segnare Takahata, che al tempo credette di aver perso i
genitori. Alla fine, Takahata riuscì a ritrovare la sua famiglia, mentre per Nosaka la vicenda si
concluse diversamente:

La morte di mia sorella è in esatta corrispondenza con il racconto. È stato una settimana dopo la fine della
guerra. Nella campagna della prefettura di Fukui dove mi trovavo, era il giorno in cui le restrizioni
sull’illuminazione vennero rimosse. Doveva essere il 22. Era sera, e stavo raccogliendo le ossa di mia sorella.
Stavo tornando a casa come in uno stato di stordimento, quando vidi il villaggio illuminarsi. […] Mia sorella
morì nella mia parte di mondo e la luce tornò nell’altra. Il ritorno della luce implicava anche il ritorno della
pace, e a quel tempo, sentii dentro di me che ero sopravvissuto, il che era anch’esso piuttosto spaventoso. 43

43 “Takahata and Nosaka: two grave voices in animation”, Animerica anime & manga monthly, vol. 2, n. 11,
1995, p. 9 (http://ghiblicon.blogspot.it/2011/04/animerica-interviews-isao-takahata-and.html)

29
Nosaka decide di rendere Seita molto più premuroso nei confronti della sorellina, per placare,
almeno nella finzione, i sensi di colpa dovuti alle mancate attenzioni nei riguardi della
propria44 e di farlo morire a sua volta45. Takahata, dal canto suo, inserisce un finale addolcito,
in cui i fratelli infine si ricongiungono al bagliore delle lucciole. Che sia per motivazioni
religiose46 o per evitare un finale troppo duro, il loro ricongiungimento smorza il realismo che
ha guidato la narrazione. La conclusione della storia tradisce in parte l'intento di voler dare
una lettura animata realistica della miseria e della terribile situazione in cui tanti bambini si
sono ritrovati durante la Seconda guerra mondiale. Tuttavia, si tratta sempre di una pellicola
che vuole mostrare la guerra dal punto di vista dei bambini e la speranza del ricongiungimento
è ciò che ha guidato Seita e Setsuko così come Takahata e Nosaka. Il regista regala una
riunione ideale a tutti coloro che, diversamente da lui, non hanno potuto averne una reale.

2.3 Bu-Bum! La strada verso casa


Nel 1945, i bambini separati a causa di deportazioni, lavori forzati, pulizie etniche, assassini
di massa raggiunsero cifre senza precedenti: si trattava di soddisfare i bisogni primari e di
ristabilire l’equilibrio psicologico di circa 13 milioni di orfani in Europa, di ridare loro una
famiglia e, spesso, ricostruire la loro identità originaria, come nel caso dei bambini polacchi e
cecoslovacchi germanizzati dai nazisti, oppure assistere i bambini ebrei sopravvissuti alla
Shoah47. Prima o durante il conflitto, in particolare a seguito dei massicci bombardamenti
aerei nelle grandi città, praticamente ogni nazione si preoccupò di avviare piani di
evacuazione dei bambini verso le campagne, a cui fecero seguito veri e propri esodi.
La serie Bu-Bum! La strada verso casa, che ha debuttato su Rai Gulp nel luglio 2016,
ambienta le sue vicende proprio nella cornice dell'Italia centrale del 1944, spaccata tra
l'occupazione dell'esercito angloamericano a Sud e quella dell'esercito tedesco a Nord. Come
già detto, a seguito di un bombardamento aereo, un bambino cade dalla carovana di rifugiati
sulla quale si trovava coi suoi genitori. L'obiettivo primario che guiderà la narrazione per le
25 puntate successive sarà quello di permettere al piccolo di riabbracciare la sua famiglia. La

44 Re-post: Una tomba per le lucciole (1988), parte 1, 5 maggio 2016, (https://tersiteblog.wordpress.com)
45 La data della morte di Seita è particolarmente emblematica: il 21 settembre 1945, il giorno successivo
all'approvazione della norma sui Provvedimenti di tutela e assistenza degli orfani di guerra.
46 “Takahata ritrae i due protagonisti come fantasmi per riflettere la concezione dei giapponesi della vita e della
morte. I giapponesi generalmente credono che gli spiriti dei loro cari li circondino per proteggerli dai
pericoli.” cit. Masami Ito, Isao Takahata’s stark world of reality, 12 Settembre 2015
(http://www.japantimes.co.jp/culture/2015/09/12/films/isao-takahatas-stark-world-reality/)
47 Tara Zahra, I figli perduti. La ricostruzione delle famiglie europee nel dopoguerra, Milano, Feltrinelli, 2012

30
vicenda include un tempo della storia abbastanza ampio, dalla primavera all'inverno del '44. Il
bambino non sarà solo nella sua ricerca: ad aiutarlo e proteggerlo, troviamo un gran numero
di animali, un cavallo siciliano, una gatta romana, un gallo toscano e un'ape e un cane inglesi.

Figura 13: Immagine promozionale della serie Bu-Bum! La strada verso casa

Il target di riferimento è quello della fascia scolare e l'intento è quello di creare un connubio
vincente tra intrattenimento ed educazione, due degli obiettivi che hanno guidato le
produzioni Rai fin dalle sue origini. Questa serie chiude il discorso sull'animazione bambini:
se La tomba delle lucciole permette agli adulti di avvicinarsi alla percezione infantile della
guerra totale, in bilico tra la presa di coscienza e l'ingenuità, Bu-Bum vuole introdurre gli
orrori della guerra a chi non l'ha mai conosciuta ma senza urtarne la sensibilità. L'obiettivo
primario chiaramente non è impartire una lezione di storia, quanto piuttosto far comprendere
quali sono state le difficoltà delle famiglie italiane durante la guerra. Alcune problematiche di
cui le singole puntate si occupano, se decontestualizzate, possono riguardare un qualunque
conflitto: la ricerca del cibo e delle medicine, lo scontro con animali feroci – emblematici i
famelici cani randagi della prima puntata – e la ricerca di un riparo sicuro dalle intemperie e
dai nemici. Altre, sono inerenti al preciso contesto della Seconda guerra mondiale: i
riferimenti alla Resistenza partigiana formatasi a seguito dell'armistizio di Cassibile, i furti o
la distruzione di opere di valore artistico o culturale perpetuati dai tedeschi, l'utilizzo della
macchina Enigma da parte delle forze armate naziste per le comunicazioni in codice e così

31
via. Tutti questi elementi tracciano vagamente il contesto storico in cui si inserisce la vicenda,
proprio perché l'intenzione primaria è puntare sulla reazione emotiva più che su un reale
acculturamento dello spettatore. Più che delle “lezioni audiovisive” di storia abbiamo dei
concetti-precetti introduttivi allo studio della Seconda guerra mondiale: i bambini vengono a
conoscenza dell'esistenza dei partigiani mentre deducono che i tedeschi sono “i cattivi”.
Infatti, per quanto vengano inseriti anche dei personaggi italiani di dubbia moralità o che
aiutano l'esercito di occupazione, il giudizio negativo riguarda il singolo italiano, non la
comunità; viceversa, il giudizio positivo riguarda il singolo tedesco ma la totalità degli anglo-
americani – ciò accade per necessità diegetiche ma anche storico-culturali. Il male è presente,
ma in funzione educativa, per sollecitare comportamenti positivi grazie ai quali esso potrà
essere sconfitto.
Senza addentrarsi nella narrazione e prendendo la serie come un prodotto della cultura
odierna, ci rendiamo conto che Bu-Bum è molto più eloquente sull'attuale concezione della
Seconda guerra mondiale e del ruolo che l'Italia ha ricoperto che sulla guerra in toto. La
collocazione storica scelta dall'autore è di per sé significativa. Perché proprio il 1944?
Per una motivazione storica fondamentale: prima del 3 settembre 1943 eravamo noi italiani ad
essere “i cattivi”, complici della strategia bellica tedesca e delle deportazioni di massa. La
serie non racconta il falso, semplicemente lo tralascia. Le possibili motivazioni inerenti alla
scelta dell'ambientazione, che inevitabilmente ha delle ripercussioni sulla narrazione,
potrebbero essere molteplici:
• gli autori temevano di turbare l'animo dei bambini facendo assumere anche agli
italiani un ruolo da antagonisti;
• la trama sarebbe stata più complessa e difficile da gestire;
• la Rai avrebbe potuto sollevare delle obiezioni data la delicatezza del tema e il target
di riferimento;
• si voleva dare effettivamente spazio al periodo storico della Resistenza italiana.
Qualunque sia il motivo, gli italiani, in primis i genitori di Bu-Bum, vengono caratterizzati
come vittime innocenti della guerra, il cui unico obiettivo è ricomporre la propria famiglia e
ritornare a casa; evidentemente, dato il target, secondo gli autori non vi è spazio per nessun
riferimento politico ai fascisti, che sembrano non essere mai esistiti. Le uniche considerazioni
ideologiche che emergono nel corso della serie si attengono ad esprimere un giudizio
generalmente negativo sulla guerra: “Solo esplosioni, fumo e fiamme. Non ho ancora capito

32
chi sta vincendo a questo gioco.” dice la gatta Aurelia; “Non ci sono vincitori in questo gioco.
[…] Macerie, distruzione, paura. E per loro siamo noi le bestie […]” le risponde Leoncavallo.
Attraverso il punto di vista imparziale degli animali, si esprime la condanna moderna nei
riguardi della guerra, un gioco in cui nessuno vince. D'altra parte, il gioco genuino, ingenuo e
spensierato dei bambini si scontra col gioco della guerra.

Figura 14: Dettaglio della mano di Bu-Bum nell'episodio 1 Primavera di guerra

Proprio durante la prima puntata48, Filippo – vero nome di Bu-Bum – gioca con un
aeroplanino di legno all'interno del camion; al velato rimprovero della madre, una donna
commenta: “Lo lasci giocare signora, i bambini devono fare i bambini. E poi è così bello
vedere chi sa ancora essere felice!”. Quest'ultima battuta viene pronunciata in corrispondenza
dell'inquadratura in cui Filippo leva al cielo il suo aeroplanino giocattolo, quando
improvvisamente compaiono gli aerei nemici. Viene così a crearsi un'associazione formale tra
due elementi che non hanno però lo stesso valore semantico. “Il mondo degli adulti si
contrappone al mondo dei bambini”49, delineando una frattura di senso, in cui, tuttavia, Il
primo si contrappone al secondo ma non lo esclude, lo mina alla base ma non lo distrugge:
Bu-Bum, al di là dei momenti di sconforto, continuerà sempre a giocare col suo aeroplanino,
proprio perché è capace di discernere il giocattolo dallo strumento di distruzione, il cui
incontro – o meglio, scontro – lo ha traumatizzato a tal punto da fargli perdere la parola.
A proposito dell'improvviso deficit del bambino, tralasciando le diagnosi psicologiche e
mediche e attenendoci a un livello puramente metaforico, possiamo dire che non serva un

48 Bu-Bum! La Strada verso casa, ep. 1, Primavera di guerra, Rai Gulp, 1 Luglio 2016
49 Intervista del Future Film Kids a Maurizio Forestieri di Graphilm, creatore di Bu-Bum! La strada verso casa
(https://www.youtube.com/watch?v=Rkd9zK_ylVg)

33
trauma effettivo per far perdere la voce a un bambino in tempo di guerra. I bambini, per loro
stessa natura, non possono prendersi cura di se stessi, perciò hanno bisogno che qualcuno li
accompagni nel loro percorso di crescita fino al raggiungimento dell'autonomia personale. In
un contesto in cui vengono a mancare le figure genitoriali o chi ne fa le veci, la debolezza
fisica e la fragilità emotiva rendono i bambini estremamente esposti a pericoli di diversa
natura. I bambini da soli non hanno la forza di far valere i propri diritti e, in questo senso, non
hanno né nome né voce. Questa problematica si poteva cogliere già all'interno di La tomba
delle lucciole, in cui Seita e Setsuko sono visti come un peso ingombrante di cui nessun altro
è disposto ad occuparsi. Per un bambino, essere abbandonato a se stesso implica tutta una
serie di pericoli di cui la singola vicenda di Seita e Setsuko – essendo un lungometraggio
semi-autobiografico – non parla. Al contrario, in una serie, è molto più semplice trattare
argomenti di diversa natura. Vi sono due episodi in particolare che si occupano della
condizione dei bambini: nell'episodio 1150, ad esempio, i coniugi Mattone sfruttano gli orfani
per i loro traffici al mercato nero o per piccoli furti, mentre nell'episodio 2051, in un campo
della Croce Rossa, Bu-Bum e altri bambini vengono caricati a forza su un camion con la scusa
dell'assistenza ai minori da parte di alcune donne tedesche, per poi essere costretti a lavorare
gratuitamente in una lavanderia militare. Entrambe le puntate delineano dei casi del tutto
verosimili di sfruttamento della manodopera minorile, un tema estremamente attuale: pur di
avere un riparo e del cibo, non è difficile immaginare che un bambino possa agire seguendo le
direttive di un adulto a cui è incapace di ribellarsi. Non è dunque un caso che scopriremo il
nome del protagonista, e che Filippo riscopra il dono della parola, solo dopo aver ritrovato i
suoi genitori.
La serie sfrutta dunque l'occasione della narrazione storica per educare i bambini al rifiuto
della guerra e lo stesso autore afferma che a guidare la sensibilità della serie è stata anche la
consapevolezza della situazione attuale in Medio Oriente. Per ricollegarci alla prima parte, in
cui tutti gli sforzi della propaganda si concentravano nel coinvolgimento della popolazione
per alimentare l'industria bellica, non sembra più poi così scontato che nei prodotti audiovisivi
animati attuali ci si concentri invece sulla negazione della guerra. Si tratta in entrambi i casi di
tentativi di orientamento ideologico, eppure lo spettatore viene diretto verso orizzonti di senso
antitetici, dovuti certamente a una diversa concezione culturale della guerra: nel 1914 si
esaltava la “bella guerra” capace di ripulire la nazione dai compromessi e dai cedimenti

50 Bu-Bum! La Strada verso casa, ep. 11, Verso Sud, Rai Gulp, 11 Luglio 2016
51 Bu-Bum! La Strada verso casa, ep. 20, Il prigioniero, Rai Gulp, 20 Luglio 2016

34
morali, di far emergere le energie “virili” di un popolo in cerca di spazio52; parole simili non
trovano posto nella società attuale, se non tra le fila degli estremisti. Sia La tomba delle
lucciole che Bu-Bum! sono due prodotti della concezione moderna della guerra, in cui
l'attenzione non si concentra sulla possibile vittoria politica, economica e culturale sul nemico
ma sulla miseria delle vittime innocenti.

52 Adriano Prosperi, Paolo Viola, Storia del mondo moderno e contemporaneo. Dal 1870 alla Seconda guerra
mondiale, vol. III, Milano, Einaudi Scuola, 2004, p. 153

35
3 Animazione e guerra: la vita del soldato in Medio Oriente

3.1 Raccontare i traumi di guerra


Nei precedenti capitoli, sono stati analizzati dei prodotti audiovisivi animati che focalizzano la
loro attenzione su due diversi attori del teatro della guerra totale: nella prima parte i nemici,
rappresentati con una connotazione estremamente negativa, e nella seconda i bambini, gli
anelli più deboli della catena sociale del fronte interno. A chiudere il cerchio sono i soldati, i
quali si occupano della distruzione dei primi e della difesa dei secondi. Questi ultimi
combattono, volontariamente o involontariamente, per la difesa di un ideale, di una fede o per
obbligo sociale. Vengono feriti, catturati, torturati e, se possono, ritornano.
La Grande Guerra, prima guerra totale, creò un nuovo paesaggio psichico oltre che
geografico: i cunicoli, l'esplosione di mine, la paura di essere sepolti vivi, i rumori e le
vibrazioni assordanti, l’insidia del gas, il disorientamento, la cancellazione della differenza tra
notte e giorno53 sono stati gli elementi all'origine di disturbi a lungo termine quali stanchezza,
tremore, confusione, incubi, problemi di memoria, depressione, insonnia e disturbi della vista
e dell’udito. Si trattava di uno spettro clinico di condizioni neuropsichiatriche che andavano
dalla “commozione cerebrale alla pura e semplice paura”54.
Nonostante questi disturbi di grande portata interessassero un gran numero di reduci, l'idea
che si trattasse di una psicopatologia a tutti gli effetti venne screditata per lungo tempo:

Solo nel 1980 fu coniata l'etichetta disturbo post-traumatico da stress (PTSD) per definire l’insieme di sintomi
che colpiscono i combattenti, ma anche le persone che hanno fatto esperienza di eventi drammatici o catastrofi
naturali che hanno messo a rischio la loro vita55.

Tuttavia, la maggior parte delle persone, anche quando vivono eventi potenzialmente
traumatici, subiscono solo delle reazioni emotive transitorie (“reazioni normali ad eventi
anormali”) che, seppur dolorose, raramente si trasformano in un vero e proprio PTSD
strutturato56. In ogni caso, oggigiorno, in campo medico-psicologico, si ha maggiore
consapevolezza dei rischi psicologici, oltre che organici, in cui spesso incorrono i

53 Eli Zaretsky, I misteri dell'anima. Una storia sociale e culturale della psicoanalisi, Milano, Feltrinelli, 2006,
p. 137
54 Giuseppe Zanda, 12 Aprile 2014, Dallo shellshock al disturbo da stress post-traumatico. Note storiche e
psicoanalitiche, (http://www.psichiatragiuseppezanda.com/shellshockposttraumatico/)
55 Chiara Palmerini, I traumi della guerra nel cervello, non nella mente, 15 Giugno 2016
(http://www.focus.it/cultura/storia/i-traumi-di-guerra-nel-cervello-non-nella-mente)
56 William Yule, Disturbo Post-Traumatico da Stress. Aspetti Clinici e Terapia, Milano, McGraw-Hill, 2000

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combattenti. Alla conferma scientifica e alla più elevata possibilità di aprire un dialogo con i
veterani, sono conseguiti diversi prodotti mediali per raggiungere una maggiore risonanza
sociale: nel campo dell'animazione audiovisiva, ad affrontare il problema degli effetti della
guerra sulla salute mentale, troviamo Valzer con Bashir e Confusion through sand.

3.2 Valzer con Bashir


Valzer con Bashir è un film documentario animato del 2008 che ricostruisce le vicende della
guerra del Libano legate al massacro di Sabra e Shatila, avvenuto il 16 settembre 1982, in cui
circa 3.000 civili tra palestinesi e sciiti libanesi furono uccisi dalle milizie cristiano-falangiste
libanesi e dall'esercito del Libano del Sud, con la complicità dell'esercito israeliano57. La
strage ebbe luogo a seguito dell'attentato del 14 settembre in cui rimasero uccisi Bashir
Gemayel, 9 giorni prima dell'investitura ufficiale di Presidente della Repubblica libanese, e
altri 26 dirigenti falangisti. Folman, all'età di 19 anni, aveva prestato servizio nell'esercito
israeliano ed aveva assistito in prima persona all'eccidio. Eppure, prima di iniziare a lavorare
per il film, non ne serbava alcun ricordo.
Il film inizia con un branco di cani famelici che seminano il terrore per le strade di un
quartiere urbano.

15. Immagine dal film Valzer con Bashir (2008)

57 Chris Tolworthy, 03-2002, The Sabra and Shatila massacres - why do we ignore them?
(http://www.globalissues.org/article/333/sabra-and-shatila-massacres-why-do-we-ignore-them)

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Le fiere iniziano ad abbaiare incessantemente sotto la finestra di un edificio, da cui compare il
volto di un uomo che scopriamo essere Boaz, un veterano israeliano, ex-commilitone e amico
di Folman. La sequenza in realtà rappresenta l'incubo metaforico di Boaz, il quale, durante la
guerra in Libano era stato costretto a uccidere i cani randagi che avrebbero rivelato la
presenza delle pattuglie israeliane. I ventisei cani che aveva ucciso continuavano a
perseguitarlo in terribili incubi. Il compito gli era stato affidato a causa della sua incapacità di
uccidere le persone; eppure, questi incubi in cui i cani reclamano la sua testa, indicano che
anche uccidere gli animali andava contro i suoi principi morali. La tortura di un incubo che si
ripete ogni notte lo aveva portato a confidarsi, invece che con uno psicologo, con un suo caro
amico, Ari Folman.

Folman: Che c'entro io? Io sono un cineasta.


Boaz: Anche il cinema può essere terapeutico. Tu le tue angosce le hai sempre elaborate attraverso i film.

Una vera e propria dichiarazione di poetica sulle possibilità delle capacità di rielaborazione
dei traumi di guerra non solo personali, ma anche culturali e collettivi58, che il cinema può
acquisire. Il racconto di Boaz fa scattare qualcosa nella mente di Folman, che dopo vent'anni
di buio totale sui ricordi legati all'esperienza in guerra, pare avere un flashback: veniamo
catapultati a Beirut ovest, nel 1982, il cielo è illuminato dal bagliore dei razzi e per le strade
vediamo appesi le effigi di Bashir Gemayel; il giovane Folman, si ritrova improvvisamente
circondato da un gran numero di persone che piangono e gridano, ma senza emettere alcun
rumore. Il pubblico e il protagonista si trovano davanti ai sopravvissuti del massacro di Sabra
e Shatila ma ancora non lo sanno.

Figura 15: Flashback di Beirut ovest.

58 Fenomeno di cui si occupa tutto una corrente di studi americani, i cosiddetti Trauma studies.

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Questo è il momento in cui il regista prende consapevolezza delle sue amnesie e decide di
intraprendere un viaggio nella memoria e nei sogni, propri e degli altri testimoni, che gli
permetteranno di ricostruire gli avvenimenti del settembre dell'82 e raccogliere i materiali per
il documentario. Mentre in Confusion through sand si analizzano le reazioni psicologiche e
fisiche del soldato immediatamente seguenti a un attacco che mette a rischio la sua vita, in
Valzer con Bashir ci troviamo davanti ai traumi a lungo termine dei reduci, che devono fare i
conti con incubi e ricordi difficili da affrontare: il primo traccia il percorso verso la PTSD in
divenire, il secondo lo ricostruisce a posteriori.
A livello stilistico, il film è stato prima girato in un teatro di posa in real video e montato
come un film di 90 minuti. Successivamente è stato trasformato in uno storyboard e disegnato
utilizzando 3.500 fotogrammi chiave che poi venivano spostati sulle immagini fisse con la
tecnica del cut-out59 per creare le animazioni. L'autore ci tiene a precisare60 che il film non è
stato realizzato in rotoscopio61 ma con una tecnica mista di animazione in Flash (vettoriale),
animazione tradizionale e 3D, inventata dallo stesso studio Bridgit Folman Film Gang. Nel
caso di Valzer con Bashir la scelta di creare un documentario animato non è dovuta
unicamente a motivazioni artistico-stilistiche ma anche organizzative: alcuni dei testimoni non
volevano essere ripresi e molti altri raccontavano sogni62 o ancora esperienze di cui non si
possedevano materiali di repertorio. Grazie all'animazione non solo è stato possibile
rappresentare coloro che non volevano essere filmati ma anche dare vita ai sogni che
perseguitavano i veterani e rinnovare quelle memorie di cui non avevano alcuna prova
documentaria. Le sequenze animate andavano a riempire i vuoti o a sostituire i ricordi della
memoria frammentaria di Folman: ogni episodio era come un gradino che lo portava sempre
più vicino alla scoperta – o meglio, riscoperta – della verità. Il film assume così la valenza di
in un graduale processo terapeutico auto-somministratto.
Nel corso della sua indagine, Folman si confronterà non solo con altri suoi amici e soldati che
hanno prestato servizio in guerra ma anche con un suo amico, Ori Sivan, esperto in
psicologia, una psicologa militare esperta in PTSD, Zahava Solomon, e il reporter televisivo
Ron Ben-Yishai, ovvero quelle figure autoritarie e preparate in specifici campi del sapere che
conferiscono al documentario valenza scientifica e attendibilità.
59 Cfr. nota 12.
60 Debra Kaufman, 18-12-2008, How they did it: Waltz with Bashir, (http://www.studiodaily.com/2008/12/how-
they-did-it-waltz-with-bashir/)
61 Tecnica di animazione in cui il disegnatore ricalca le scene a partire da una pellicola filmata in precedenza
così da aumentare la realisticità delle figure.
62 Difficilmente rappresentabili in live action, soprattutto con un budget contenuto.

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Il regista, nel corso del film, sperimenta l'inserimento di sequenze e inquadrature che sono il
prodotto di ibridazioni tra diversi generi. Ad esempio, la prima intervista a Shmuel Frenkel,
ex-commilitone di Folman, è racchiusa e intervallata da una sorta di clip musicale.

Figura 16: Immagini dal film Valzer con Bashir

La sequenza non porta avanti la narrazione ma dà un'idea della follia e del distacco con cui i
soldati vivono il conflitto: la sfera della quotidianità, del divertimento ma anche del semplice
pasto, non è scindibile da quello del sangue, della morte e delle bombe. Le immagini sono per
lo più scollegate tra loro: un uomo “suona” il suo fucile come se fosse una chitarra, un
giovane fa surf in mezzo alle bombe, un altro cuoce un uovo sul cofano di una macchina
crivellata dai proiettili, dei soldati che bevono fuori da un bar vengono sparati dai terroristi.

Figura 17: Immagini dal film Valzer con Bashir

“Una lieve pressione sul grilletto


e dei perfetti sconosciuti finiranno dritti all'inferno.
Certo, ci va di mezzo qualche innocente
se ho rischiato la pelle non lo so”63
63 Testo di Beirut.

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Le immagini vengono accompagnate dalla canzone Beirut64 che descrive il modus operandi
della guerra totale: l'obiettivo è distruggere i terroristi e i nemici, se per farlo vengono uccisi
anche dei civili poco importa. Così è stato nel caso di Hiroshima e Nagasaki e la guerra in
Libano non fa eccezione. L'omicidio di civili innocenti per mano propria o altrui è una tra le
problematiche legate alla PSTD più ricorrenti, non solo nel caso di Folman. La stessa esperta
in PTSD Solomon racconta dell'esperienza di un soldato foto-amatore che cercava di
distaccarsi dagli orrori della guerra pensando di viverla attraverso una macchina fotografica
immaginaria. Durante la guerra, i soldati non vogliono vedere e sfruttano ogni occasione per
dimenticarsi di ciò che gli accade intorno o di ciò che hanno fatto; a guerra conclusa, vogliono
“solo dimenticare”, come dice il veterano Ronny Dayag.
Come detto prima, la sequenza-clip viene collegata all'intervista di Frenkel, uno dei pochi che
ricorda piuttosto bene gli avvenimenti dell'82. Il reduce racconta di un episodio in cui ha
ucciso un bambino che imbracciava un lanciarazzi insieme ai suoi compagni, tra i quali c'era
anche il regista. Anche in questo caso, Folman non lo ricorda.
Nel suo intervento, Solomon gli spiega che si tratta di amnesie dissociative, ovvero
“l'incapacità di ricordare fatti personali importanti in seguito a un evento drammatico”. Di
quel periodo, Folman ricorda solo quello della sua prima licenza: la sua città e la sua ex-
ragazza sono andati avanti senza di lui. La sequenza ci racconta del profondo senso di
alienazione che cattura i reduci quando tornano a casa. Folman, cammina, si guarda intorno,
sembra spaesato, come se si trovasse in un luogo mai conosciuto piuttosto che a casa propria.
I ragazzi giocano nelle sale giochi, fumano, bevono, ballano ma Folman resta in disparte, a
guardare. Osserva senza partecipare, al contrario di quando si trova sul campo di battaglia in
cui partecipa ma non osserva.
Folman regista raccoglie l'ultima testimonianza fondamentale dal reporter televisivo Ron Ben-
Yishai, il quale racconta le dinamiche del massacro. I falangisti cristiani libanesi avevano
costruito intorno alla figura di Bashir un vero e proprio culto e la sua morte non poteva che
portare a delle rappresaglie nei confronti dei palestinesi, indicati dalle autorità come i
colpevoli dell'attentato. I falangisti massacrarono più di 3.000 uomini, donne e bambini
all'interno dei campi profughi e quelli che non uccisero vennero insultati e minacciati, ad
alcuni venne addirittura intagliata una croce sul petto con le baionette.

64 Remake di Zeev Tene della canzone I bombed Korea della band americana Cake.

41
Figura 18: Massacro di Sabra e Shatila

Intorno al campo, in cerchi concentrici, troviamo i soldati israeliani: alcuni di loro potevano
vedere dai tetti la strage che si stava compiendo a pochi metri da loro ma venivano rassicurati
dai loro capi che la situazione fosse sotto controllo. Nessuno si rese conto di ciò che accadeva
o forse nessuno volle capirlo sul momento; in ogni caso, non venne fatto nulla per impedirlo.
Folman si trovava anch'egli poco distante, ad accendere i razzi che illuminavano i cieli sopra i
campi, complice inconsapevole del lavoro dei carnefici. Il regista ormai ricorda e Ori è capace
di dare al suo amico un'interpretazione del presunto flashback: Folman aveva paura di ciò che
aveva visto e fatto la notte del massacro perché associava il campo profughi ad altri campi,
quelli di concentramento. I genitori del regista erano dei sopravvissuti del campo di
concentramento di Auschwitz per cui i racconti di quella tragedia fanno parte del suo bagaglio
personale e culturale.

Ori: La ragione per cui non ricordi nulla del massacro è che dal tuo punto di vista i militari che formavano i tre
cerchi e gli autori dell'eccidio sono la stessa cosa. E quindi, si è fatto strada il senso di colpa, per aver sostenuto
il ruolo del nazista. Ed è vero che hai lanciato i razzi al fosforo ma il massacro non c'entra, non ne sei
responsabile.

Stando a quanto dice lo psichiatra Ahmed Hankir, la PTSD può essere dovuta non solo al
rischio della morte del soldato ma anche alla messa in repentaglio della sua stessa identità
fisica, sessuale o psicologica. Il PTSD colpisce dopo eventi che hanno un significato
personale o simbolico particolarmente difficile da elaborare. L'essere stato complice
inconsapevole o involontario del massacro, ha portato l'autore a nasconderlo nei recessi della
memoria, creando una lacerazione nel proprio io dovuta all'aver dimenticato una parte di se
stesso. Il processo catartico è culminato nel suo climax, la verità è stata scoperta, la memoria è
stata riabilitata, i ricordi sono stati recuperati. La pellicola si conclude con un'inaspettata

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cesura stilistica: le immagini di repertorio del campo profughi il giorno seguente al massacro
si susseguono nel silenzio più assoluto.

3.3 Confusion through sand


Grazie a un sito di crowdfunding65 come Kickstarter.com66, dopo aver raccolto 30.000
dollari67, nel 2011 Danny Madden ha potuto produrre il corto Confusion through sand. In soli
12 minuti, e senza che nessuno dei suoi personaggi dica una parola, Madden elabora una
rappresentazione sensoriale della confusione e del terrore provati da un giovane soldato sul
campo di guerra urbano e desertico del Medio Oriente.

Figura 19: Locandina di Confusion through sand

Nel fiore dell'era dell'animazione digitale, Madden rivela la capacità di saper sfruttare in
modo innovativo l'animazione “tradizionale” con un corto interamente realizzato a mano68.
L'opera, infatti, si caratterizza per la peculiarità della sua fase realizzativa: l'autore si è

65 Raccolta di fondi, per lo più tramite Internet, attraverso piccoli contributi di gruppi molto numerosi che
condividono un medesimo interesse o un progetto comune oppure intendono sostenere un'idea innovativa.
66 Sito di crowdfunding. (www.kickstarter.com)
67 The Horror of War, Captured in a Hand-Drawn Cartoon, 19 Febbrario 2015
(http://www.theatlantic.com/video/index/385407/the-horror-of-war-captured-in-a-hand-drawn-cartoon/)
68 La animazione tradizionale classica, o cel animation, prevede l'utilizzo dei cel, fogli lucidi sintetici di acetato
(rodovetro), utili per sovrapporre le parti da animare a quelle fisse. In realtà, la tecnica usata da Madden è più
vicina all'animazione piena, una produzione di alta qualità con un numero molto elevato di disegni per unità
di tempo: l'utilizzo dei fogli di carta riciclata non permette la sovrapposizione, per cui non vi è alcuna
distinzione tra immagini da animare e fisse. Tutti i disegni hanno in sé gli elementi della narrazione e, posti
l'uno dopo l'altro, permettono l'animazione.

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dedicato alla produzione del corto per quasi due anni, un anno in cui ha disegnato e colorato
circa 6.500 frame su diversi tipi di carta riciclata e due mesi in cui, insieme ai suoi soci
Cummings e Wiessner, ha fotografato e montato ogni singolo frame, a cui sono stati aggiunti
gli effetti sonori nel ranch cinematografico Skywalker Ranch69. Per la preparazione dei
disegni e degli articolati e dinamici “movimenti di macchina”70 che caratterizzano il film,
Madden si è basato su riprese live-action appositamente realizzate71.

Figura 20: Immagine dal making-of Confusion through sand e un frame del corto.

Confusion through sand è animato ma la dinamicità delle inquadrature e la colonna sonora lo


avvicinano alla qualità cinematografica. Lo stile dell'autore si differenzia per una linea spessa
e marcata mentre il colore particolare della carta riciclata permette di creare un'ambientazione
che richiama il deserto: uno spazio aperto che tuttavia assume i connotati cupi e asfissianti dei
luoghi chiusi. L'impatto visuale non rappresenta mimeticamente il reale, piuttosto è surreale,
come la guerra stessa.
Sul piano narrativo, veniamo catapultati in medias res sul campo di battaglia urbano. Nessun
dialogo ci comunica chi sia il protagonista e perché si trovi lì ma riusciamo a dedurlo dal suo
abbigliamento: mimetica, mascherina anti-sabbia, fucile. Così come riusciamo ad evincere le
coordinate spazio-temporali tramite gli elementi visivi e uditivi: ci sono sabbia, lucertole,
bambini in mezzo alle rovine, case abbandonate, cadaveri. Tutto il contesto richiama
l'immaginario condiviso delle zone di guerra desertiche dell'Iraq o dell'Afghanistan. I tre
soldati ispezionano alcune case vuote ma i loro nervi sono a fior di pelle: si spaventano per il
sopraggiungere di un innocuo ragazzo che cerca di mantenere una capretta, il quale, cercando

69 Un ranch, proprietà di George Lucas, dedicato alla creazione e produzione di film e prodotti televisivi, in cui
ha visto la luce il sound design di tantissimi blockbusters hollywoodiani.
70 Si tratta di movimenti di macchina fittizi e simulati che però prendono vita grazie all'abilità del disegnatore.
71 Making-of Confusion through sand (https://vimeo.com/116932414)

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di mantenere la calma, gli fa segno di non sparare per poi scappare via. All'improvviso,
diventa l'inferno: gli spari giungono da ogni direzione e si solleva una tempesta di sabbia che
separa il giovane soldato dai suoi commilitoni.
La sceneggiatura del film è stata costruita dall'autore sia attraverso i racconti dei loro amici
che tornavano dalle spedizioni in Medio Oriente che dalle testimonianze raccolte attraverso le
interviste ai veterani. Una di queste, richiama proprio questo passaggio:

Per la maggior parte del tempo è tutto molto noioso. Ti ritrovi in un posto orribile, hai sete e mangi schifezze.
Poi, all'improvviso, boom! L'adrenalina schizza al 100% e tutti si aspettano che l'azione sia perfetta 72.

La sabbia diventa l'incarnazione fisica del terrore che attanaglia il soldato: gli è nemica
quando lo disorienta ma anche quando infuria più forte e per maggior tempo dopo l'esplosione
di una bomba o una scarica di proiettili. L'eccesso di input che il cervello del soldato deve
elaborare quando si trova in una situazione di pericolo – il botto delle bombe, il fischio dei
proiettili, il lamento dei feriti, la sabbia negli occhi e così via – conduce a un eccesso di
reazioni emozionali – terrore, confusione, rabbia, senso di abbandono e solitudine – che non
gli permettono di reagire razionalmente.

Figura 21: Il protagonista di Confusion through sand in una tempesta di sabbia.

La sabbia, che annebbia la vista e ostacola l'udito, diventa così la metafora di una condizione
di stress emotivo e fisico estremo. Non tutte le tempeste di sabbia sono reali, alcune sono
create dalla mente annebbiata del soldato: le sue emozioni trasbordano all'interno
dell'inquadratura, in una sorta di soggettiva onirica, in cui egli stesso si percepisce in terza
persona in mezzo a una tempesta di emozioni incontrollate. La scena in cui il protagonista si

72 Max Blau, Confusion Through Sand captures life during wartime, 6 Marzo 2014,
(http://www.clatl.com/news/article/13077550/confusion-through-sand-captures-life-during-wartime)

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perde nella sabbia ricorda da vicino un'altra del biopic American Sniper73, in cui una tempesta
di sabbia si rivela la copertura perfetta per garantire la fuga all'unità su un camion militare ma
anche la causa per cui Chris Kyle, ferito, rischia di essere dimenticato a terra.

Figura 22: American sniper (2014)

La carica emotiva del terrore di essere abbandonati in territorio di guerra, circondati dai
nemici, è fortemente percepibile in entrambi i film. La risoluzione è tuttavia differente:
mentre Chris Kyle riesce a tornare a casa, Madden chiude il corto nella stessa nuvola di sabbia
confusa in cui lo ha fatto iniziare. Infatti, mentre la macchina da presa si allontana verso l'alto,
si sente in sottofondo il ronzio di un elicottero che si allontana, e la figura del soldato
scompare in mezzo alla sabbia. La conclusione del corto lascia intravedere una doppia
interpretazione: da un lato, il soldato potrebbe essere morto in azione; dall'altro, la peculiare
caratterizzazione delle immagini con l'effetto sabbia, l'amplificazione percettiva e l'assenza di
dialoghi potrebbero indicare una distorsione di un ricordo di guerra che un reduce non riesce a
rielaborare, esattamente come accade in Valzer con Bashir.
Entrambi i film possono essere riassunti con le considerazioni sulla guerra di Folman,
pronunciate durante un'intervista:

La guerra è talmente inutile da non crederci. Non ha niente a che vedere con quello che si vede nei film
americani. Niente fascino, niente gloria. Solo dei ragazzi giovanissimi che non vanno da nessuna parte, che
sparano a gente che non conoscono, che si fanno sparare da gente che non conoscono, e poi tornano a casa e
cercano di dimenticare. Qualche volta ci riescono. Ma la maggior parte delle volte no74.

73 American sniper, Clint Eastwood, Usa, 2014


74 Alberto Casiraghi, 12-01-2009, Valzer con Bashir: intervista ad Ari Folman
(http://www.lospaziobianco.it/4516-intervista-ari-folman/)

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Conclusioni
In questi tre capitoli sono state analizzate tre diverse finalità con cui il cinema d'animazione si
è occupato del tema della guerra moderna. Bu-Bum! è l'unico esempio tra tutti ideato
specificamente per un pubblico infantile: per quanto la tesi sia stata redatta per una finalità
precisa, non vi era la minima intenzione di svalorizzare i prodotti animati per l'infanzia. Il
tema è stato scelto appositamente per creare un corto-circuito che minasse lo stereotipo
ampiamente condiviso che l'animazione sia “solo per bambini”: una credenza ormai datata
visto il panorama dell'animazione odierna, in cui i film d'animazione – e non solo – vengono
costruiti su più livelli interpretativi a cui i bambini difficilmente hanno accesso, ma anche
perché la grafica digitale e la creazione degli effetti speciali al computer, di fatto, hanno
assottigliato le tradizionali barriere esistenti tra live-action e animazione. L'animazione è un
linguaggio cinematografico, non un genere minoritario, nato dagli studi sulla dinamizzazione
dell'immagine pittorica che stanno alla base della nascita del cinema stesso. Come tale, può
trattare – e tratta – ogni tematica, offrendo soluzioni grafiche innovative inaccessibili al
cinema tradizionale.

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Bibliografia
Nosaka Akiyuki, Una tomba per le lucciole, Ferrara, Novel, 2013
Giaime Alonge, Il disegno armato. Cinema di animazione e propaganda bellica in Nord
America e Gran Bretagna (1914-1945), Bologna, Clueb, 2000
Giaime Alonge, Alessandro Amaducci, Passo Uno. L’immagine animata dal cinema al
digitale, Torino, Lindau, 2007
Enrico Azzano, Andrea Fontana, Studio Ghibli. L’animazione utopica e meravigliosa di
Miyazaki e Takahata, Milano, Edizioni Bietti, 2015
Giannalberto Bendazzi, Lezioni sul cinema d’animazione, Milano, CUEM, 2004
Serenella Di Marco, Fumetto e animazione in Medio Oriente. Persepolis, Valzer con Bashir e
gli altri: nuovi immaginari grafici dal Maghreb all’Iran, Latina, Tunuè, 2011
Ari Folman, David Polonsky, Valzer con Bashir. Una storia di guerra, Milano, RCS Libri,
2009
Gianni Rondolino, Storia del cinema d'animazione. Dalla lanterna magica a Walt Disney da
Tex Avery a Steven Spielberg, Torino, Utet, 2003
Guido Tavassi, Storia dell'animazione giapponese. Autori, arte, industria, successo dal 1917
a oggi, Latina, Tunué, 2012

Filmografia
Bu-Bum – La Strada verso Casa, Maurizio Forestieri, Italia, 2015
Confusion Through Sand, Danny Madden, USA, 2013
Dicky Dee's Cartoons No.3, Anson Dyer, Gran Bretagna, 1915
L’affondamento del Lusitania (The Sinking of the Lusitania), Winsor McCay, USA, 1918
Momotarō e le sue aquile reali (Momotarō no umiwashi), Mitsuyo Seo, Giappone, 1943
Serie "Scatola di giocattoli" episodio 3: Libro illustrato 1936 (Omochabako series dai-san-
wa), Hajime Komatsuzawa, Giappone, 1934
Stand by the Man who have stood by you, National Savings War Committee, U.K., 1917 (?)
La Tomba delle lucciole (Hotaru no haka), Isao Takahata, Giappone, 1988
Valzer con Bashir (Vals Im Bashir), Ari Folman, Israele, 2008

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Sitografia
Bu-Bum – La Strada verso Casa, Maurizio Forestieri, Italia, 2015
(http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-e0dbae2a-0c6a-4048-a870-
a5013f85ff16-raigulp.html)
Confusion Through Sand, Danny Madden, USA, 2015
(https://vimeo.com/116932414)
Dicky Dee's Cartoons No.3, Anson Dyer, Gran Bretagna, 1915
(http://player.bfi.org.uk/film/watch-dicky-dees-cartoons-no3-1915/)
L’affondamento del Lusitania (The Sinking of the Lusitania), Winsor McCay, USA, 1918
(https://www.youtube.com/watch?v=zvXdp6HRXQs)
Momotarō e le sue aquile reali (Momotarō no umiwashi), Mitsuyo Seo, Giappone, 1943
(https://www.youtube.com/watch?v=a6I5FjPxDuU)
Serie "Scatola di giocattoli" episodio 3: Libro illustrato 1936 (Omochabako series dai-san-
wa), Hajime Komatsuzawa, Giappone, 1934
(https://www.youtube.com/watch?v=38bOcOjWaK8)
Stand by the Man who have stood by you, National Savings War Committee, U.K., 1917 (?)
(http://www.iwm.org.uk/collections/item/object/1060023075)
The National savings movement
(http://www.rbsremembers.com/banking-in-wartime/supporting-the-nation/the-national-
savings-movement.html)

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