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Buonasera, mi presento, sono Davide Orlandini ho 23 anni, abito a Sesso e avrei dovuto essere
qui in qualità di figlio, ma purtroppo a causa di un impegno di lavoro, come vedete, non ci sono.
In ogni caso vi lascio qualche riflessione sul tema, cioè sulla percezione del rapporto famiglia-
comunità visto da un figlio.
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andato a S. Donnino. Comincio la scuola elementare, catechismo... ed ecco che tutta la famiglia
comincia ad inserirsi nella comunità locale. Tant'è che tuttora i legami più stretti dei miei
genitori a Sesso, sono genitori di amici miei o di mio fratello. La loro amicizia si è sviluppata in
modo indipendente ma è nata per il fatto che avevano un figlio che viveva una condizione
comune.
Ecco perché ritengo che per la coesione e l'integrazione di una famiglia in una comunità siano
più maestri i figli che non i genitori. Non penso che la situazione sia ottimale, ma mi sembra sia
così.
Forse gli adulti dovrebbero lavorare più su di loro e meno sui figli. Nel senso che si dovrebbero
trovare per parlare della loro condizione e non dei problemi e del futuro dei figli.
Il dialogo tipo è:
• “Ciao, come stai?”
• “Mah, un po' di corsa col lavoro, poi mio figlio non stava bene...”
• “Eh, è sempre così... Ciao!”
• “Ciao”
Se ci si bada, chi ha risposto, non ha risposto alla domanda, ha detto come va il lavoro e come
sta suo figlio, non come sta lui. Forse i genitori dovrebbero diventare più protagonisti nella
costruzione dei legami tra famiglia è comunità, cercando di slegare il loro inserimento a quello
dei figli.
La funzione delle odiose (per i papà) feste dei bimbi organizzate dalle mamme... qual'è? Far
giocare i bambini?
Falso, i bambini giocano senza che il genitore gli insegni come si fa.
Dar loro un'occasione di incontro? Vero, ma non ai bambini... ai genitori. Sono i luoghi in cui
condividono la loro condizione di genitore, sentono di avere situazioni in comune, cominciano a
sentirsi parte di una comunità. Sembra strano, ma forse i genitori si conoscono grazie a
candeline e regalini e pasticcini.
L'altra questione che dicevo prima, è che come coesione tra famiglia e comunità, siamo ancora
piuttosto indietro.
Mai i miei genitori mi avrebbero lasciato ad un'altra famiglia per andare via un weekend, e non
c'entra il “per non disturbare”. È così.
Si dice che nel momento del bisogno si è disponibili e si saprebbe da chi andare, ma di fatto nella
normalità quotidiana, spesso la vita della famiglia ruota attorno al giardino e al salotto
piuttosto che alla comunità.
Nella mia esperienza, quando il mio gruppo (quello dei giovani 14 - 18 anni) ha attraversato un
momento di confusione e problematiche varie, nessun genitore o adulto ci ha chiesto o si è
interessato. Non perché i sessesi siano più cattivi di quelli di Masone, ma perché il senso di
appartenenza comunitaria è molto debole. Nessuno percepisce i giovani della sua parrocchia,
quartiere, paese, circolo come i suoi giovani, ma più facilmente come figli degli altri.
Dialogo:
• “Hai sentito quello che ha fatto quel ragazzo là?”
• “Eh, d'altra parte con dei genitori così era chiaro che poi...”
Io chiederei al secondo che ha parlato, per chi lui è adulto e magari genitore... lui dov'era?
In conclusione, mi sembra che il senso comunitario non sia qualcosa che sentiamo normalmente,
ma piuttosto qualcosa su cui ragionare e capire cosa sia per cercare di individuare modalità e
idee per crescere su questo fondamentale aspetto del nostro vivere di figli, genitori, famiglie e
persone.