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Sophie M. Fosson
sophie.fosson@polito.it
Queste note
• seguono l’ordine cronologico delle mie esercitazioni in aula;
Buon lavoro,
s.m.f.
Contents
1 4 Marzo 1
1.1 Informazioni e materiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Vettori nel piano e nello spazio (R2 , R3 ) . . . . . . . . . . . . . . 1
1.3 Operazioni tra vettori nel piano e nello spazio . . . . . . . . . . . 2
1.4 Operazioni tra vettori nel piano e nello spazio . . . . . . . . . . . 2
1.5 Prodotto vettoriale (R3 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.6 Prodotto misto (R3 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
2 11 Marzo 5
2.1 Spazio vettoriale (SV) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.2 Spazi e sottospazi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
3 18 Marzo 11
3.1 Combinazioni lineari di vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
3.2 Basi e dimensioni di un spazio vettoriale . . . . . . . . . . . . . . 11
4 25 marzo 17
4.1 Matrici: riduzione e rango . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
4.2 Sistemi lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
5 1 aprile 23
5.1 Determinante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
5.2 Regola di Cramer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
5.3 Inversione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
6 15 aprile 29
6.1 Applicazioni lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
7 22 aprile 33
7.1 Matrice associata ad un’a.l. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
7.2 Cambiamento di base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
7.3 Applicazioni lineari e cambiamenti di base . . . . . . . . . . . . . 36
8 29 aprile 39
8.1 Autovettori, autovalori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
8.2 Molteplicità e diagonalizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
9 6 maggio 45
9.1 Matrici simmetriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
iii
iv CONTENTS
10 13 maggio 49
10.1 Coniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
10.2 Riduzione di coniche alla forma canonica . . . . . . . . . . . . . . 49
11 20 maggio 53
11.1 Geometria nello spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
12 27 maggio 57
12.1 Studio di funzioni in due variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
13 10 giugno 61
13.1 Esercizi di riepilogo: “simulazione” esame . . . . . . . . . . . . . 61
Chapter 1
4 Marzo
1. v vettore
5. vi = i-esima componente di v
1
2 CHAPTER 1. 4 MARZO
5. v e w sono ortogonali se v · w = 0
w = 2u − (u · v)(−9v)
.
u e w sono ortogonali?
Soluzione
Soluzione
a11 (a22 a33 − a23 a32 ) − a12 (a21 a33 − a23 a31 ) + a13 (a21 a32 − a31 a22 )
Osservazione 2
w·u=0
w·v =0
Soluzione
Soluzione
• Sol. smart: Sı̀, si vede subito, perché la componente lungo k è 0 per tutti
e tre.
1 c’è sempre qualche studente che “prova” l’ordine inverso: prima il prodotto scalare e poi
11 Marzo
b.1 chiusura: ∀u ∈ V , a ∈ K au ∈ V
b.2 solite proprietà: commutativa, associativa, distributiva, elemento
neutro (= elemento k ∈ K tale che ku = u, ∀v ∈ V ) 1
pensiamo un momento non è nemmeno chiaro come definire un inverso per il prodotto tra un
elemento di K e uno di V
5
6 CHAPTER 2. 11 MARZO
2. Sequenze di n numeri
Se U, S sottospazi
U ∩ S, U + S(o U ⊕ S) sono sottospazi
U ∪ S non necessariamente è sottospazio
Esercizio 5 Per ognuno dei seguenti sottoinsiemi di R4 , dire quali sono sot-
tospazi:
Soluzione
Soluzione
Soluzione
(b) (0, 0, 0, 0) ∈
/ B , B non è un sottospazio.
(c) C è un sottoinsieme di A. In particolare, se chiamo x2 = α ∈ R,
C = {(2α, α, α), α ∈ R}. E’ facile provare che lo zero sta in C e che
che C è chiuso rispetto a somma e prodotto.
(d) D è un sottoinsieme di B, quindi non può essere sottospazio (non
contiene lo zero).
(e) E è un sottospazio (contiene lo zero; la somma di due vettori con
prima componente nulla ha ancora la prima componente nulla; molti-
plicando per un qualsiasi scalare un vettore con la prima componente
nulla, ottengo ancora un vettore con la prima componente nulla)
2. • C ⊂ A, quindi A ∩ C = C e A ∪ C = A.
• A∩E = {(0, α, α), α ∈ R} (che chiaramente è ancora un sottospazio);
A ∪ E = {x ∈ R3 tali che x1 = 0 oppure x2 = x3 }. Non è un
sottospazio, perché per esempio (0, 1, 2) + (1, 0, 0) = (1, 1, 2) ∈
/ A ∪ E.
• C ∩ E = {(0, 0, 0)}. C ∪ E = {x ∈ R3 tali che x1 = 0 oppure x1 =
2x2 = 2x3 }; come nel caso precedente si vede facilmente che non è
un sottospazio
18 Marzo
11
12 CHAPTER 3. 18 MARZO
• Rn ha dimensione n
Soluzione
(α, α, β, −2α − β) α, β ∈ R
• Una sola regola: posso aggiungere a B solo vettori l.i. a quelli che già sono
in B
• B = {(1, 1, 0, −2), (0, 0, 1, 0)} genera B? Cioè dato un qualsiasi (α, α, β, −2α−
β) ∈ B posso scriverlo come c.l. di elementi di B, cioè esistono a1 , a2 ∈ R
tali che
Osservazioni:
• Quali sono le “basi migliori”? Per noi, le più semplici, perché nei nostri
esercizi dovremo spesso farci dei calcoli. Per esempio, in questo esercizio
ho scelto inizialmente α = 1 e β = 0. Nulla mi vietava di scegliere numeri
più complicati...
3.2. BASI E DIMENSIONI DI UN SPAZIO VETTORIALE 13
Applications corner [per dare una speranza a chi trova tutto questo troppo
astratto!]
Qual è un’applicazione pratica in cui usiamo la rappresentazione di un vet-
tore rispetto ad un certa base?
Quando usiamo il formato JPEG. La conversione di un’immagine in JPEG
è una procedura di compressione che prevede diversi step. Il primo step è
rappresentare la nostra immagine di partenza (che può essere pensata come
un matrice o un vettore) rispetto ad una base particolare. Quest’operazione è
nota come DCT (Discrete cosine transoform). Spesso, le rappresentazioni di
immagini rispetto a questa base hanno molti valori vicino a zero e questo è utile
perché rende l’immagine comprimibile.
Il paragrafo intitolato “The Discrete Cosine Transform” nell’articolo
http://msemac.redwoods.edu/ darnold/math45/laproj/f09/isnyder/paper.pdf
a fine corso dovrebbe essere totalmente leggibile per voi.
Soluzione
Se i polinomi confondono, si può equilantemente lavorare in Rn , con n oppor-
tuno. In questo caso:
2. B = A ∪ {(1, 2, π)}
4. D = A ∪ {(1, π, 0)}
Soluzione
D è una base. Nello specifico si veda la seguente tabella, dove riassumiamo i
risultati dei “test” sulle proprietà per essere base:
14 CHAPTER 3. 18 MARZO
gen li base
A NO SI NO
B NO NO NO
C SI NO NO
D SI SI SI
Soluzione
Questo esercizio è analogo ai precedenti, solo ci troviamo di fronte a matrici
invece che a vettori. Se la cosa ci spaventa, possiamo sempre cambiare forma
alla matrice e scriverla per esempio come un vettore (0, a, b, 2b) e lavorare in R4
invece che in R2,2 . Da quanto detto prima, vediamo immediatamente che tutti i
vettori del tipo (0, a, b, 2b) formano uno SV, che è di dimensione 2 (2 parametri
a e b) e scrivendo
1. V non è uno SV
Soluzione
4. Le funzioni continue e derivabili (in questo caso su [0, 1], ma il dominio di fatti
importa poco) formano uno spazio vettoriale, poiché la funzione identicamente
nulla f = 0 è continua e derivabile; la somma di funzioni continue e derivabile è
continua e derivabile; il prodotto per uno scalare non altera la natura continua
e derivabile di una funzione. Ma che dimensione ha questo spazio? Infinita,
perché non ho modo di trovare una base finita che mi generi tutte le funzioni
continue e derivabili.
1. V non è uno SV
2. dim(V )=1
Soluzione
1. Qui dobbiamo risolvere una piccola equazione differenziale: otteniamo che
f (x) = x3 /3 + c, c ∈ R. E’ chiaro che se sommo due funzioni di questo tipo
ottengo qualcosa del tipo 2x3 /3 più qualche costante, quel 2 iniziale mi fa essere
fuori da V , che quindi non è uno SV.
1. V non è uno SV
2. dim(V )=1
3. V ha una sola base
Soluzione
2. f (x) = kex/3/3 , k ∈ R. Ma allora f = 0 ∈ V , se sommo f (x) = kex/3/3
e g(x) = hex/3/3 ottengo (k + h)ex/3/3 ∈ V , e facilmente si verifica anche la
chiusura rispetto al prodotto. V è dunque uno SV. La sua dimensione è 1 perché
qualsiasi vettore di V (cioè qualsiasi funzione del tipo kex/3/3 è univocamente
determinata dallo scalare k ∈ R. Una base è semplicemente {ex/3/3 }.
16 CHAPTER 3. 18 MARZO
Chapter 4
25 marzo
• Matrice ridotta (per righe): ogni riga non nulla ha un elemento speciale
RANGO ρ
k
dim dello SV generato dalle righe
k
dim dello SV generato dalle colonne
k
num di righe l.i.
k
num di colonne l.i.
k
num di righe non nulle della ridotta per righe
• A ∈ Rm,n
• b ∈ Rm,1
17
18 CHAPTER 4. 25 MARZO
e b = (1, 0, 0)T .
Soluzione
Procedura:
• Ridurre
• Applicare Rouché-Capelli per capire se ci sono soluzioni e quante
• Trovare le soluzioni (dopo aver ridotto è semplice)
Per ridurre in modo “ordinato” possiamo usare il metodo di eliminazione di
Gauss, che prevede di ottenere l’elemento speciale della prima riga nella prima
colonna, l’elemento speciale della seconda riga nella seconda colonna, e via di-
cendo, in modo da ottenre una matrice a “scalini”, con tutti gli zeri in basso
a sinistra. Procediamo con Gauss su su (A|b). Le trasformazioni che facciamo
sono, nell’ordine (ri indica la riga i-esima):
1. r3 → r3 − 3r1
2. r2 → r2 − 2r1
e b = (1, 0, 0)T .
Soluzione
Si può procedere esattamente come prima e si ottiene
1 0 1 1
0 1 −2 −2 (4.5)
0 2 −4 −3
Questa non è ancora ridotta: procediamo con r3 → r3 − 2r2 :
1 0 1 1
0 1 −2 −2 (4.6)
0 0 0 1
Notiamo che 2 = ρ(A) < ρ(A|b) = 3, quindi il sistema non ha soluzione.
Esercizio 17 Per quali α ∈ R il sistema Ax = b con
1 0 1
A= 2 1 0 (4.7)
3 2 −1
e b = (1, 0, α)T ha
• ∞1 soluzioni
• ∞2 soluzioni
• ∞0 = 1 soluzione
• nessuna soluzione
Soluzione
Si procede come nell’esercizio precedente e si ottiene
1 0 1 1
0 1 −2 −2 (4.8)
0 0 0 α+1
A questo punto studiamo il parametro α e notiamo che
20 CHAPTER 4. 25 MARZO
Soluzione
Qui non usiamo Gauss: il nostro occhio algebrico nota che la seconda riga
di A è somma delle prima e della terza, quindi abbiamo un modo di annullarla
subito tutta: r2 → r2 − r1 − r3
1 0 0 1
0 0 0 −1 − α
1 1 2
(4.11)
α
π π π β
Ora riordiniamo:
π π π β
1 1 2 α
1
(4.12)
0 0 1
0 0 0 −1 − α
e poi facciamo r2 → r2 − r1 /π
π π π β
0 0 1 α − β/π
1
(4.13)
0 0 1
0 0 0 −1 − α
1 aprile
5.1 Determinante
Come già accennato all’inizio del corso, il determinante è un numero associato ad
ogni matrice quadrato. E’ un numero che da solo può dirci alcune informazioni
importanti sulla matrice, per esempio la sua invertibilità e informazioni sul suo
rango.
Si calcola cosı̀:
In R2,2 :
a b a b
= ad − bc
det = (5.1)
c d c d
In R3,3 :
a b c
= a e f
d f d e
d e f i − b + c (5.2)
h
j h j h i
i j
det Ai
xi = i = 1, . . . , n. (5.3)
det A
Ai è la matrice ottenuta A sostituendo la i-esima colonna con b.
Chiaramente dobbiamo avere det A 6= 0 (cioè A invertibile)
Dimostrazione di Cramer:
Data una matrice quadrata, se facciamo la trasformazione sulle colonne:
ci → ci + αcj il determinante resta lo stess; se invece facciamo: ci → αci ,
α ∈ R, il determinante della nuova matrice è il determinante della vecchia
moltiplicato per α.
23
24 CHAPTER 5. 1 APRILE
Consideriamo ora
b1 a12 a13 ... a1n
b2 a22 a23 ... a2n
A1 = .. .. .. .. .. (5.4)
. . . . .
bn an2 an3 ... ann
Pn
e poiché bi = j=1 aij xj , i = 1, . . . , n, abbiamo det A1 = x1 det A che prova
la tesi per x1 . Iterando la procedura per gli altri xi , i = 2, 3, . . . otteniamo la
regola di Cramer.
usando Cramer.
Avrebbe senso risolvere con Cramer il sistema omogeneo con questa stessa
A?
Soluzione
1 2 0
= 1 1 3
1 3
1 1 3 2 − 2 + 0 = (1 − 6) − 2(1 − 3) = −1. (5.6)
1
1 1 1
2 1
0 2 0
= −2 0 3
0 1 3 = 6. (5.7)
1 1
1 2 1
1 0 0
1 0 3 = −3 (5.8)
1 1 1
1 2 0
= 1 1 0
1 0
1 1 0 2 − 2 + 0 = 1 − 2 = −1. (5.9)
1
1 1 1
2 1
Quindi
x1 = −6, x2 = 3, x3 = 1.
5.3 Inversione
Inversa di un matrice quadrata A: matrice X tale che AX = I (I= identità).
Scriviamo: X = A−1 .
Invertibilità:
A ∈ Rn,n ammette inversa ⇔ |A| =
6 0 ⇔ ρ(A) = n (è massimo)
5.3. INVERSIONE 25
Esercizio 20
1 0 1
A= 0 1 0 . (5.10)
3 0 −1
A ammette inversa? Se sı̀, calcolare A−1
Soluzione
|A| = −4 quindi la matrice è invertibile. Calcoliamo l’inversa.
Metodo 1: risoluzione di un sistema lineare (con incognita vetto-
riale) per ogni colonna
Sia b = (1, 0, 0)T e si risolva Ax = b dove x = (x11 , x21 , x31 )T è la prima
colonna dell’inversa.
Si ottiene x31 = 34 , x21 = 0, e x11 = 41 .
Ripetere con b = (0, 1, 0)T e b = (0, 0, 1)T per ottenere la seconda e la terza
colonna.
Metodo 2: super riduzione Se A−1 esiste, AX = In . Poiché AA−1 =
A A = In , moltiplichiamo ambo i membri AX = In per A−1 : A−1 AX =
−1
Per concludere,
1/4 0 1/4
A−1 = 0 1 0 (5.15)
3/4 0 −1/4.
Metodo 3: Complementi algebrici
Consigliato per chi è veloce nel calcolare i determinanti.
1
A−1 = CT
det(A)
dove Cij sono ottenuti come segue:
26 CHAPTER 5. 1 APRILE
Esercizio 21 E’ vero che qualunque vettore di R4 può essere scritto come c.l.
di vettori in
B = {(2, −1, 2, 1), (3, −1, 1, 3), (1, −2, 2, 2), (0, 1, 2, 3)}?
Soluzione
La domanda finale è per farci riflettere sul fatto che spesso gli esercizi che
facciamo si possono risolvere conoscendo poche nozioni di teoria, ma più teoria
sappiamo, meno tempo ci mettiamo. Chiamo: b1 , b2 , b3 , b4 gli elementi di B
(nell’ordine presentato sopra).
• Se conosciamo solo il concetto di c.l. e le relative operazioni:
Prendiamo un generico v ∈ R4 e usiamo la definizione di c.l., cioè ci
domandiamo se esistono αi , i = 1, 2, 3, 4 tali che, fissato un qualsiasi v
4
X
v= αi bi .
i=1
v = Bα.
15 aprile
• Nucleo di un’a.l.:
kerf = {u ∈ U : f (u) = 0V }
• Immagine di un’a.l.:
Soluzione
Prima di tutto, notiam che B = {b1 , b2 , b3 }, dove b1 = (1, 2, 1), b2 = (0, 0, 1),
b3 = (0, 1, 0), è un base di R3 . Il nostro obiettivo è srcivere esplicitamente
f (u) = ... per ogni u ∈ R3 . Poiché B è una base sappiamo che esistono (e sono
unici) α, β, γ ∈ R tali che u = αb1 + βb2 + γb3 , da cui calcoliamo α = u1 ,
β = u3 − u1 , γ = u2 − 2u1 . Ora, usando la linearità:
29
30 CHAPTER 6. 15 APRILE
Soluzione
1. ∀u, v ∈ R3 , α, β ∈ R,
2. ∀g, h ∈ U , α, β ∈ R,
3. ∀u, v ∈ R2 , α, β ∈ R,
4. ∀u, v ∈ R2 , α, β ∈ R,
Quiz 2 Sia f : R≤2 [x] → R3 un’a.l. tale che f (1) 6= 0, f (19x) 6= 0, f (2x2 −x) 6=
0. Quale delle seguenti affermazioni è necessariamanete vera?
1. f è iniettiva
2. f è suriettiva
6.1. APPLICAZIONI LINEARI 31
3. dim(Imf ) ≥ 1
4. dim(kerf ) = 2
Soluzione
Quiz 3 Data l’a.l. f tale che (1, −1) ∈ kerf e (2, −1) ∈ f −1 (1, −1, 1, −1)
(f −1 = controimmagine), la matrice M t.c. ∀u ∈ R2 , f (u) = M u è
1.
2 2
−1 −1
M =
2
2
−1 −1
2.
1 1
−1 −1
M =
1
1
−1 −1
3.
1 −1 1 −1
M=
1 −1 1 −1
4.
1 −1 1 −3
M=
1 −1 1 −1
2. dim(kerf ) + dim(Imf ) = 4
Soluzione
Quiz 3: 2.
32 CHAPTER 6. 15 APRILE
Soluzione
Quiz 4: 1.
Sappiamo che dim(kerf ) + dim(Imf ) = dim(R2 ) = 2. Quindi 2. è falsa. Nulceo
e immagine contengono almeno un vettore non nullo, quindi dim(kerf ) ≥ 1,
dim(Imf ) ≥ 1, ma poiché la somma è 2, dim(kerf ) = dim(Imf ) = 1, e 1. è
vera. 3. è falsa perché kerf non può essere generata da due vettori l.i. e 4. è falsa
perché (0, 0) non appartiene mai ad una base! (mentre kerf = L{(1, −1), (0, 0)}
sarebbe stato corretto!).
Provare a risolvere l’esercizio anche in modo costruttitivo, cioè senza guardare
le risposte multiple. Come si deve procedere?
Chapter 7
22 aprile
.. .. .. ..
. . . .
MfB,C
= (f (b 1 ))C (f (b2 ))C ··· (f (bm ))C
.. .. .. ..
. . . .
Soluzione
33
34 CHAPTER 7. 22 APRILE
Soluzione
Iniziamo a lavorare sulla (c), dato che conosciamo già i valori di f sugli elementi
u e v della base data.
Esercizio 26 Sia E la base canonica di R3 e C = {(1, 2, 3), (1, 0, 0), (0, 0, 1)}.
• ... e P C,E
Soluzione
1 1 0
P E,C = 2 0 0
3 0 1
(Volendo P C,E si puà anche calcolare come inversa di P E,C : per esercizio,
verificare che sono l’una l’inversa dell’altra.)
Per v = (1, 2, 3)T , si ha (v)C = (1, 0, 0)T .
36 CHAPTER 7. 22 APRILE
Esercizio 27 Siano
• U = R≤2 [x], B = {1, x, x2 − 5} base di U .
• C = {(1, 0), (1, 1)} base di V = R2 .
• D = {(0, 1), (1, 2)} base di V = R2 .
• f : U → V data da f (a0 + a1 x + a2 x2 ) = (a0 + a1 , a1 − a2 )
Soluzione
1.
f (1) = (1, 0)T ⇒ (f (1))C = (1, 0)T
f (x) = (1, 1)T ⇒ (f (x))C = (0, 1)T
f (x2 − 5) = (−5, −1)T ⇒ (f (x2 − 5))C = (−4, −1)T
da cui
1 0 −4
MfB,C =
0 1 −1
quindi
quindi
D,C −2 −1
P =
1 1
In conclusione:
−2 −1 1 0 −4 −2 −1 9
MfB,D = =
1 1 0 1 −1 1 1 −5
29 aprile
3. Calcolo autovalori:
det(A − λI) = 0
det(A − λI) = polinomio caratteristico.
Quiz 6
1 1 1
0 −2 0
3 0 −1
(a) non ha autovettori perché è quadrata
(b) ha solo autovalore λ = −2
(c) ha due autovalori complessi
(d) ha due autovalori reali
Infine, calcolare autovettori e autospazi
(a) è falsa (gli autovettori si calcolano solo per matrici quadrate!). Per valutare
le altre risposte, calcoliamo gli autovalori.
Soluzione
Autovalori:
1−λ 1 1
det 0 −2 − λ 0 = (2 + λ)(4 − λ2 ) = 0
3 0 −1 − λ
⇒ λ1 = 2, λ2 = −2
39
40 CHAPTER 8. 29 APRILE
−1 1 1
0 −4 0 v = 0 ⇒ v = (α, 0, α)T = α(1, 0, 1)T , α ∈ R
3 0 −3
Soluzione
Quindi:
1
1 0 1 2 2
f = ⇒ (f (e1 ))E =
0 0 0 0 0
0
1−λ α 0 0
2
2−λ 0 0 = (1 − λ)(2 − λ) − 2α (1 − λ)2 − 4 .
0
0 1−λ 2
0 0 2 1−λ
• (1 − λ)2 − 4 = λ2 − 2λ − 3 ha zeri λ1 = −1 e λ2 = 3
√
3± 1+8α
• (1 − λ)(2 − λ) − 2α = λ2 − 3λ + 2 − 2α ha zeri: λ3,4 = 2
Notiamo che
√
3+ 1+8α
• λ3 = 2 > 0 e coincide con λ2 = 3 se α = 1
√
3− 1+8α
• λ4 = 2 < 0 e coincide con λ2 = −1 se α = 3
3
• λ3 = λ4 = 2 se α = − 81
In tutti gli altri casi abbiamo 4 diversi autovalori, quindi l’endomorfismo è sem-
pre semplice per α ∈ / {1, 3, − 18 }.
Nei suddetti casi invece dobbiamo verificare le molteplicità per verificare se
la matrice è diagonalizzabile (⇔ f è semplice)
Nello specifico otteniamo (β, γ ∈ R):
• α = − 18
3
Autovalori λ1 = 3 λ2 = −1 λ3 = 2
0 0 1
0 0 −4
Autovettori v(1) = γ
1 v(2) = γ
1
v(3) = γ
0
1 −1 0
Molt. alg. µ1 = 1 µ2 = 1 µ3 = 2
Molt. geom. ν1 = 1 ν2 = 1 ν3 = 1
⇒ Non semplice
8.2. MOLTEPLICITÀ E DIAGONALIZZAZIONE 43
• α=1
Autovalori λ2 = −1
λ1 = 3 λ3 = 0
β 0 1
2β 0 −1
Autovettori v(1) =
γ
v(2) = γ v(3) = γ
1 0
γ −1 0
Molt. alg. µ2 = 1 µ2 = 1 µ3 = 1
Molt. geom. ν1 = 2 ν2 = 1 ν3 = 1
⇒ Semplice
• α=3
Autovalori λ1 = 3 λ2 = −1 λ3 = 4
0 β 1
0 β 1
Autovettori v(1) = γ
1 v(2) = − 23
γ
v(3) = γ
0
1 −γ 0
Molt. alg. µ2 = 1 µ2 = 2 µ3 = 1
Molt. geom. ν1 = 1 ν2 = 2 ν3 = 1
⇒ Semplice
/ {1, 3, − 81 }
• α∈
√ √
3− 1+8α 3+ 1+8α
λ1 = 3 λ2 = −1 λ3 = 2 λ4 = 2
λ3 −2 λ4 −2
0 0 2 2
0 0 1 1
v(1) =γ
1 v(2) =γ
1
v(3) = γ v(3) = γ
0 0
1 −1 0 0
6 maggio
Soluzione
Possiamo cioè usare le proprietà delle matrice simmetriche in negativo per es-
cludere i casi in cui sicuramente non c’è simmetria:
• A non diagonalizzabile ⇒ A non simmetrica
• autovettori di A non ortogonali tra loro ⇒ A non simmetrica
Inoltre ricordiamo che una matrice è diagonalizzabile se e solo ammette una
base di autovettori e che
Quindi abbiamo: Per α = −1/8, gli autovettori sono a due a due ortogonali,
ma non formano una base, cioè la matrice non è diagonalizzabile e quindi non
può essere simmetrica.
For α ∈ 1, 3 gli autovettori non sono ortogonali,quindi la matrice non può
essere simmetrica.
/ {− 81 , 1, 3}, gli autovettori formano una base, e sono ortog-
Infine, per α ∈
onali per α = 2. Infatti si verifica facilmente che tutti gli autovettori sono
sempre ortogonali tra loro, indipendentemente da α, tranne v3 e v4 , per i quali
dobbiamo impostare l’equazione:
45
46 CHAPTER 9. 6 MAGGIO
v3 · v4 = 0.
Soluzione
(a) è vero perché gli autovettori (= i vettori di base di U e V ) formano una
base. (c) e (d) sono false perché gli autovettori non sono ortogonali (per esempio
(1, 2, 3)·(0, 1, 0) = 2). Se pensiamo all’endomorfismo come una matrice A ∈ R3,3
sappiamo che dato un autovettore v ∈ R3 , esiste λ ∈ R tale che
Av = λv.
da cui vediamo chiaramente che A(2) non può mai essere (1, 1, 1)T .
Domanda: i soli autovettori definiscono univocamente la matrice? No. Nel
caso sopra, diversi valori di λU e λV danno luogo a matrici diverse. Una volta
però fissati gli autovalori la matrice è univocamente fissata. Con semplici calcoli,
otteniamo infatti:
1 1
A(1) = λU (1, 0, 1)T − λV (1, 2, 3)T − λU (0, 1, 0)T
2 2
A(2) = λU (0, 1, 0)T
2A(3) = λV (1, 2, 3)T − λU (1, 0, 1)T − 2λU (0, 1, 0)T
Soluzione
(c) I vettori di U e V formano una base e sono ortogonali. Possiamo quindi
sicuramente costruire matrici simmetriche che li hanno come autovettori.
Con calcoli analoghi al quiz precedente, otteniamo:
quindi
1/2 0 1/2 1/2 0 −1/2
A = λU 0 1 0 + λV 0 0 0
1/2 0 1/2 −1/2 0 1/2
13 maggio
10.1 Coniche
a11 a12 a13
a11 a12
B = a12 a22 a23 A=
a12 a22
a13 a23 a33
x
x x
f (x, y) = (x, y)A + 2(a13 , a23 ) + a33 = (x, y, 1)B y
y y
1
49
50 CHAPTER 10. 13 MAGGIO
2. P −1 AP = P T AP = D
(D= matrice diagonale degli autovalori)
0
x x
3. =P (sistema di riferimento ruotato)
y y0
4. Sostituisco 3. in 1.
0 T 0 0
x x x
P AP + 2(a , a
13 23 )P + a33 = 0
y0 y0 y0
x0 x0
0 0 T
(x , y )P AP + 2(a13 , a23 )P + a33 = 0
y0 y0
x0 x0
0 0
(x , y )D + 2(a13 , a23 )P + a33 = 0
y0 y0
x0
λ1 x02 + λ2 y 02 + 2(a13 , a23 )P + a33 = 0
y0
L’ultima equazione è quella che dobbiamo tenere a mente per gli esercizi e
rappresenta la conica nel sistema di riferimento ruotato. In essa, non ci sono
più termini “misti” in x0 y 0 . Procediamo poi con la traslazione, aiutandoci con
il metodo del completamento dei quadrati.
Soluzione
4 2 0
4 2
B= 2 1 1/2 A= (10.1)
2 1
0 1/2 0
det A = 0, quindi la conica è una parabola. Gli autovalroi di A sono λ1 = 0 e
λ2 = 5. Gli autospazi corrispondenti sono Vλ1 = L{(1, −2)} e Vλ2 = L{(2, 1)}.
Normalizziamo gli autovettori di base, cioè dividiamoli per
√ la loro norma. In
questi caso entrambi gli autovettori di base hanno norma 5. Quindi la matrice
ortogonale speciale P che determina la rotazione è:
1 1 2
P =√ (10.2)
5 −2 1
Soluzione
A è uguale a prima, mentre detB = 0, quindi abbiamo una parabola degenere.
Sfruttando lo studio degli autovalori e autovettori dell’esercizio precedente,
otteniamo:
1
5y 02 + 2(1, 1/2)P (x0 y 0 )T = 5y 2 + √ (−2, 1)(x0 , y 0 )T =
5
02
√ 0
5y + 5y = 0.
1
y 0 (y 0 + √ ) = 0.
5
Soluzione
x002 y 002
3/4 + 3/8 = 1.
Soluzione
x02 y 02
33/8 + 33/16 = 1
52 CHAPTER 10. 13 MAGGIO
Soluzione
x02 y 02
3/4 − 3/8 = −1
Soluzione
√ √
x + y = 3 e x + y = − 3.
Soluzione
(d). f (x, y) = 4x2 + 12xy + 9y 2 = (2x + 3y)2 quindi f (x, y) = 0 se e solo se
2x + 3y = 0, che è una retta
Soluzione
t 1 0
(b). det 1 t 1 = −t quindi la conica è non degenere per t 6= 0.
0 1 0
t 1
det = t2 − 1 = 0 per t = ±1.
1 t
20 maggio
ax + by + cz + d = 0
Equazione della sfera
(x − c1 )2 + (y − c2 )2 + (z − c3 ) = r2
r = raggio; C = (c1 , c2 , c3 ) centro.
Esercizio 36 In R3 , consideriamo
H : x+y+1=0
S : x2 + y 2 + z 2 − 2x + 2y − 4z + 3 = 0
(a) H è tangente a S?
Soluzione
Tramite completamento dei quadrati
√ in x, y, z, vediamo che S è una sfera di
raggio C = (1, −1, 2) e raggio 3. L’equazione canonica è
53
54 CHAPTER 11. 20 MAGGIO
Soluzione
(a) γ è l’interesezione tra il piano z = 0 e la sfera x2 + y 2 + z 2 − 6z − 16 = 0:
z=0
(11.1)
x2 + y 2 = 16.
quindi C = (0, 0, 0) e R = 4.
(b) S : x2 + y 2 = 162
(c) E’ sufficiente pensare alla proiezione del centro: spostando (0, 0, 0) nella
direzione di L. Quando z = k il centro è (0, k, k). Quindi x2 + (y − k)2 = 16.
Generalizzando per ogni z, l’equazione è x2 + (y − z)2 = 16.
h=8
h = −8
Quiz 13 Q : z 2 = 2x2 + 3y 2
(a) Sia πc : z = c . Allora Q ∩ πc sono circonferenze
(b) Esistono piani π tali che π ∩ Q sono iperboli
(c) E’ un’ellisse
(d) E’ una sfera
Soluzione
(b) Provare per esempio col piano x = 1.
56 CHAPTER 11. 20 MAGGIO
Chapter 12
27 maggio
∂2f ∂2f
• ∂x∂y = ∂y∂x
Esercizio 38 Studiare
p
z = f (z, y) = 1 − 1 − 2x2 − y 2
Soluzione
57
58 CHAPTER 12. 27 MAGGIO
1
∇f = p (4x, 2y) = (0, 0) ⇔ (x, y) = (0, 0).
2 1 − 2x2 − y 2
(Notare che ∇f non è definita sul bordo, cioè sull’ellisse).
Per verificare se il punto critico (0, 0) è un massimo o un minimo o una
sella possiamo usare il test sulla matrice Hessiana. Per velocizzare il calcolo si
può notare che la derivata rispetto a y di √ 1 2 2 (4x) è sicuramente nulla
2 1−2x −y
∂ √ 1
in (0, 0) perché è uguale a 4x ∂y , quindi qualsiasi sia il valore della
2 1−2x2 −y 2
derivata, sarà moltiplicata per −4x che si annulla in (0, 0).
2 2
Abbiamo poi ∂∂xf2 (0, 0) = 2 e ∂∂yf2 (0, 0) = 1. Quindi il determinante è 2 e
secondo il test (0, 0) è un minimo.
Potevano ottenere lo stesso risultato notando che f (0, 0) = 0, P = (0, 0) è
certamente un minimo globale per quanto detto prima sull’immagine.
Studiamo ora il bordo. Su 1 − 2x2 − y 2 = 0, f (x, y) = 1. Secondo quanto
detto sull’immagine,
p tutti i punti sull’ellisse sono di massimo globale.
z = 1 − 1 − 2x2 − y 2 implica che 1 − 2x2 − y 2 = (1 − z)2 ⇒ 2x2 + y 2 =
1 − (1 − z)2 . Le curve di livello sono quindi delle ellissi.
Le informazioni ottenute ci permettono di disegnare almeno approssimati-
vamente il grafico della funzione.
Esercizio 39 Studiare p
f (x, y) = x|y|
Soluzione
Dominio: {(x, y) : x ≥ 0}
Immagine: z ≥ 0
Punti critici:
p q
y
• per y > 0: ∇f = 12 x,
x
y
p q
• per y < 0: ∇f = 1
2 − xy , − xy
Soluzione 14 (d). f (x, y) = 3xe2y ha gradiente ∇f = e2y (3, 6x), che non si
annulla mai. f non è limitata (basti mandare x o y all’infinito) ed è costante
per x = 0, ma non per y = 0. La derivata direzionale nella direzione (0, 4) non
è altro che la derivata parziale rispetto a y, che in (0, 0) è nulla.
60 CHAPTER 12. 27 MAGGIO
Chapter 13
10 giugno
2 0 0
Quiz 17 Sia M = 1 1 1 .
2 2 2
(a) 3 non è autovalore di M
(b) 0 non è autovalore di M
(c) (0, 1, −1)T non è autovettore di M
(d) M è diagonalizzabile
Quiz 18 x = z = y + 2
(a) è una conica
(b) è un sottospazio di R3
(c) è una retta di direzione (1, 1, 1)
(d) è perpendicolare a (7, 7, 7)
61
62 CHAPTER 13. 10 GIUGNO
Quiz 20 x2 − y 2 + 2x + 2y = 0 è
(a) una parabola
(b) un’iperbole non degenere
(c) un’ellisse
(d) una coppia di rette incidenti
2
Esercizio 40 Sia f (x, y) = y 2 ex /(x−1)
+ 1.
1. Studiare il dominio di f
2. Studiare l’immagine di f .
Il gradiente è infatti (ex−y , −ex−y = (1, −1)f (x, y). Chiaramente non è un
endomorfismo (non è lineare!). Per x → −∞ avrò un inf, non un min.
Soluzione Ex 40
Il dominio è R2 \ {x = 1}. E’ formato quindi da due piani non connessi; è
aperto, è illimitato.
Per studio dell’immagine intendo quali valori può assumere z = f (x, y). Qui
per esempio possiamo notare che y 2 ≥ 0, e... > 0, quindi z ≥ 1. Inoltre se per
esempio calcolo il limite per y → ∞, vedo subito che f → ∞, quindi posso dire
che z ∈ [1, ∞). So già quindi che non avrò massimi assoluti.
Attenzione! In certi casi (e questo è uno di quei casi) l’analisi dell’immagine
è fondamentale per completare l’esercizio!
Per trovare i punti estremi, calcoliamo il gradiente:
2
ex /(x−1)
y 2 g(x), 2y
2
x
dove g(x) è la derivata di x−1 . Il valore di g(x) non è necessario per valutare
dove il gradiente si annulla: è immediato vedere che il gradiente si annulla se e
solo se y = 0. In altri termini, tutti i punti della retta y = 0 (escluso (1, 0) che
non sta nel dominio) sono punti critici.
Per classificare i punti critici uno potrebbe provare a calcolare la matrice
Hessiana nei punti tali che y = 0. Tuttavia, non solo il calcolo è lungo, ma
alla fine il test non risulta conclusivo. Come procedere? Basta notare che
f (x, 0) = 1, cioè nei punti critici f è sempre pari a 1. Ma dal nostro studio
dell’immagine, sappiamo che 1 è la quota minima che f può avere, quindi si
tratta di punti di minimo assoluto!
In generale il piano tangente π alla superficie
z = f(x, y) è perpendicolare
∂f ∂f
al gradiente di F (x, y, z) = f (x, y) − z, cioè, ∂x , ∂y , −1 . In questo caso, in P
tale gradiente è ∇F (P ) = (0, 0, −1).
Quindi π è dato da ax + by + cz + d = 0 dove possiamo sostiuire i coefficienti
a, b, c con le componenti d ∇F (P ). Otteniamo −z + d = 0. Siccome P ∈ π,
allora d = 1 e π : z = 1. Questo ha senso perché P è un punto di minimo
(y = 0) e quindi il piano tangente deve essere orizzontale, cioè paralello a z = 0.