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G r u p p o G i o v a n i

Incontro alla FELICITA’


Tutti gli esseri umani vogliono essere felici; peraltro, per poter raggiungere una tale condizione,
bisogna cominciare col capire che cosa si intende per felicità.
(Jean-Jacques Rousseau)

à (58 d.C.)

Provate a googlare “felicità”: verrete travolti dalle citazioni. Oppure provate ad aprire
un libro di aforismi: felicità, felicità dappertutto. O ancora provate a leggere la Bibbia,
o un libro a caso, o guardarvi un film, e ditemi se a un certo punto non parla di felicità.
Persino la Dichiarazione D’Indipendenza americana ne parla. Ci pensiamo tutti. Ognuno
trae la sua lettura, i suoi antidoti, le sue conclusioni. Un paradosso rende oggi
particolarmente difficile il continuo rincorrersi di desiderio e felicità, che plasma le
attese del mondo giovanile e non, e disegna l’architettura della vita personale e
comunitaria: un’inflazione di promesse di felicità – più o meno autentiche e liberanti –
non riesce a estinguere la sete del desiderio. Cresce in modo pervasivo l’offerta di
felicità a buon mercato, ma nello stesso tempo anche la domanda continua a crescere,
secondo una dinamica che si riflette sull’orizzonte del desiderio, strappandolo da quel
cielo stellato in cui sembrerebbe avere la sua origine (de-sidera) e sfigurandolo nel
frullatore del consumismo. Nell’epoca del disincanto,
la domanda di felicità resta altissima, ma non sembra
più trovare nell’altezza del desiderio una misura
esigente e costruttiva; al contrario, rischia di piegare
il desiderio alle proprie voglie effimere. L’uomo è un
essere perennemente desiderante, un inquieto
esploratore delle terre abitate dalla felicità e, nello
stesso tempo, è un essere insoddisfatto, nella misura
in cui si scontra con “il male”, la contingenza, la
strutturale limitatezza cui la sua vita soggiace.
L’uomo desidera la stabile permanenza del bene che Marco Romano, Trottola di Felicità
gode, e invece i beni della vita sono labili e caduchi.
L’uomo cerca, dunque, la stabilità dei suoi beni, che, tuttavia, sono continuamente
insidiati dalla presenza ineludibile della morte, e finiscono, così, per essere solo
momentanei, frammentati, acquisiti e smarriti in un ciclo esistenziale da riconoscere
con un vivo senso della vulnerabilità, della fragilità con cui abitiamo il mondo.

E per un cristiano che cos'è la felicità? Mi piace allora riportare una frase che mi
ritorna in mente costantemente: Chi ha incontrato Gesù Cristo è felice, ma
se non lo è, vuol dire che ha
incontrato qualcun altro! Solo
Cristo è capace di dare senso alle
profonde domande che si muovono
nelle viscere umane, e per questo
solo lui ha la “ricetta” giusta della felicità tanto desiderata dall’uomo.

Ode al giorno felice


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Pablo Neruda

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