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(1948)
Introduzione
Il problema di Loki
Capitolo primo
Loki – I documenti
Sappiamo che il cristianesimo fu introdotto in Danimarca e in Svezia nel primo terzo del IX secolo (800-833), da due re
energici, ma che fu imposto alla Norvegia e agli arcipelaghi delle Orcadi e delle Far Oer appena due secoli più tardi
(mentre raggiungerà l'Islanda solo attorno all'anno 1000). L'epoca d'oro degli scaldi, i poeti di corte scandinavi, cade nel
cuore dell'epoca vichinga (tra 800 e 1000). Le opere scaldiche, che costituiscono l'ispirazione della c.d. Edda poetica,
risalgono al periodo 800-1200 e furono redatte attorno al 1250. Sappiamo che le opere che costituiscono l'Edda prosaica
(l'unica propriamente detta) sono opera dell'islandese Snorri Sturluson (1178-1241), il quale le collezionò nello stile
scaldico all'inizio del XIII secolo. Sappiamo che l'Edda di Snorri trova un complemento mitologico nei primi capitoli
della Heimskringla, cronaca dei re norvegesi, capitoli che riuniti formano l'Ynglingasaga. Sappiamo che le saghe
islandesi, che fioriscono dalla fine del XII secolo, occupano un lungo periodo, facendosi via via più romanzate.
Sappiamo che nella stessa epoca si colloca l'opera di Saxo Grammaticus, i Gesta Danorum, che nei primi libri
manifestano una preziosa conoscenza del mito nordico, altrimenti perduta.
Sintesi delle fonti:
• composizioni degli scaldi, confluite nella c.d. Edda poetica, in una Scandinavia in via di cristianizzazione;
• Edda in prosa dell'islandese Snorri (c. 1220);
• Ynglingasaga, tratta dalla storia dei re di Norvegia (Heimskringla);
• saghe islandesi;
• storia della Danimarca (Gesta Danorum) di Saxo Grammaticus.
8. Loki e Logi
I. Gylfaginning. Durante il viaggio seguente “l'incidente del caprone”, viaggio che ha come meta finale
l'infernale signore dei Giganti noto come Utgardhaloki, Loki viene sconfitto nella gara di velocità nel
mangiare da Logi (// Thjalfi perde nella corsa, Thor nelle bevute).
14. Sopravvivenze moderne. (“Sopravvivenze di Loki nel folclore moderno”, 1908, di Axel Olrik)
I. Isole Far Oer.
a) Lokka-tattur (ballata della fine del Medioevo). Un contadino perde una scommessa con un Gigante,
che pretende in palio suo figlio, a meno che non riesca a nasconderlo. Il contadino invano trova l'aiuto
di Odino e di Hoenir, ma non invano di Lokki (che inganna e infine uccide il Gigante);
b) Il Gigante e Lokki. L'umanissimo Lokki, con la sua furbizia, si mette al servizio di un ricco Gigante,
ingannandolo e uccidendolo, appropriandosi delle sue ricchezze;
c) Le metamorfosi animali di Lokki. Lokki si trasforma in ogni tipo di animale, per verificare chi ha la
vita più difficile... ma l'esperienza peggiore la fa da giumenta, quando è “incinto” di Grani.
d) Espressione proverbiale (riferimento ad un racconto perduto). Inutile avere fretta... va in cerca
dell'acqua del battesimo e torna che l'età è da matrimonio (e quindi butta l'acqua).
II. Islanda.
a) Racconto: un Re promette la figlia in sposa a chi lo obbligherà a dire “menzogna!” e il furbo Loki,
figlio di un paesano, le spara così grosse da vincere;
b) balle inaudite sono dette “menzogna, consiglio di Loki”;
c) chi va al mercato deve tenere sotto il braccio sinistro un “Loki d'acquisto”, una figura umana di carta;
d) Proverbio: Tutte le cose possono far uscire Baldr da Hel, meno che il carbone;
e) Proverbio: Lokie Thor camminano da mo', i temporali non sono finiti;
f) modo di dire: quando un filo da problemi, si dice che ha Loki dentro;
g) 1801, Antiquitates Boreales di Thorlacius, rettore di Copenhagen: ho sentito bambini chiamare la
puzza di zolfo... i fuochi fatui “odore di Loki”;
h) modo di dire: Lokabrenna = canicola;
i) modo di dire: la pianta nota come “moneta di Giuda” viene detta in Islanda “borsello di Loki”.
III. Inghilterra.
a) Aneddoto di Robt M. Kenley: una vecchia del Lincolnshire per scongiurare la morte del nipote malato
batte un martello su tre ferri di cavallo, prima invocando Padre, Figlio e Spirito Santo, poi Dio,
“Wod” e “Lok”.
IV. Isole Shetland.
a) Si dice “corda di Loki” un tipo di fuco da filo che si rompe facilmente; “lana di Loki” una cattiva
lana, che non si lascia filare.
V. Danimarca.
a) Il nome di Loki pare legato a diversi fenomeni di luce atmosferici: Thorlacius dice che quando i raggi
del sole filtrano le nubi e cadono su terra o acqua si dice che “Loki getta l'acqua”; in Jutland e in
Scania il cielo luminoso fa dire “Loki pianta la sua canapa”, “Lokkemand spinge le sue capre”; un
raggio di luce che dall'acqua si rifletta sul muro porta a dire “è il mercenario Loki, Loki lejemand”.
b) Proverbi del '600: un filo difficile fa dire che “Loki lo prende per i suoi pantaloni”; un filo spezzato
(Jutland) che “ha dentro un lyke”
c) Proverbi: “portare lettere di Loki” (dovere, essere in debito); “raccontare storie di Loki” (dire
menzogne).
VI. Norvegia e Svezia.
a) (Telemarken): quando il caminetto scoppietta forte, allora “Loki batte i suoi figli”.
b) (Telemarken): si getta un po' di latte nel fuoco (“per Lokje”).
c) (Svedesi, anche in Finlandia): il dente da latte si getta nel fuoco, chiedendo a Loki un dente d'oro per
uno da latte.
d) (Telemarken): si danno tre colpi di frusta la sera del Giovedì Santo per “riparare la slitta di Loki”, così
carica di pulci da spezzarsi in due (insomma, si esorcizzano i parassiti);
e) Loki = revenant, spirito malvagio che rapisce, colpisce i bambini, figura diabolica.
f) (Svezia): il ragno è locke, lock; la ragnatela è lockanat.
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Capitolo secondo
Controcritiche
A) Riabilitazione di Snorri. La maggior parte del dossier su Loki deriva dall'opera di Snorri, la c.d. Edda in prosa,
che contiene Gylfaginning, Bragaroedhur e Skaldskaparmal. A lungo l'erudito islandese fu considerato
testimone fedele di una materia ancora “viva” ai suoi tempi. Poi venne l'epoca dell'ipercritica, che si incarna
nella figura dello storico tedesco Eugen Mogk.
1. Dice Mogk: Snorri opera nel XIII secolo, più di duecento anni dopo l'introduzione in Islanda del
cristianesimo. Un'epoca di grande commercio, non solo materiale, col continente (Francia, Germania) e le
isole britanniche (Irlanda, Gran Bretagna). Snorri non operava da solo: agiva nel contesto di un gruppo di
intellettuali e letterati. Le sue fonti furono scritte, ma anche orali, ma l'immaginazione e le scelte di Snorri
furono altrettanto decisive. Insomma, lungi dall'essere un semplice testimone, Snorri fu un “creatore”. La
sua ricostruzione pare valida, ma si può tenere come fonte dell'età pagana? Secondo Mogk no, e lo
studioso porta alcuni esempi critici, naturalmente quelli che portano acqua al suo mulino. Vale la pena
porre tre obiezioni di metodo: primo, non si può fare a meno dell'insieme, dell'armonia delle versioni
apparentemente contraddittorie con cui certi miti sono stati tramandati (le contraddizioni testimoniano
l'esistenza di diverse versioni dello stesso racconto tanto quanto un'ipotetica opera di ricostruzione a
posteriori degli autori); secondo, le “ricostruzioni” degli autori si basano sul presupposto (indimostrato)
che essi non avevano a disposizione più materiale di noi moderni, ma al limite lo stesso; terzo, e decisivo,
non si può trascurare il metodo comparativo, anche in questa materia vera altra faccia del metodo
sperimentale.
2. Tyr mancino. Gylfaginning. Il Lupo Fenrir è giovane, ma già forte. Gli Asi lo temono e cercano di
incatenarlo. Le catene si spezzano e allora il saggio Odino si rivolge agli Elfi Oscuri, impareggiabili
artigiani, per fabbricare un filo apparentemente fragile, ma indistruttibile. Gli Dei sfidano per gioco il
Lupo a farsi legare (ha già spezzato “per gioco” le catene). Fenrir non rifiuta, per orgoglio, ma non si fida
del tutto: pretende che come pegno uno degli Asi metta la mano destra tra le sue fauci. Solo Tyr accetta. Il
Lupo in effetti rimane legato (fino al Ragnarok), Tyr rimane monco, mancino. Lokasenna: la mano di Tyr
fu mangiata dal Lupo. Varie fonti poetiche norvegesi-islandesi: Tyr è il dio con una mano sola. In sintesi:
le fonti attestano che Tyr ha perso la mano per colpa del Lupo, che il Lupo rimarrà legato fino alla Fine dei
Tempi, Snorri racconta nel dettaglio la fabula che connette i due fatti. Secondo gli ipercritici la stessa
iperprecisione del racconto di Snorri lo condanna come “inventore”. Ma chi è Tyr? Il rappresentante
presso i Germani dell'aspetto “benevolo, giurista” della sovranità (accanto all'aspetto “terribile, magico”,
incarnato da Odino). A Roma questa duplice rappresentazione si incarna nell'epica che ha per protagonisti
l'Orbo (Orazio Coclite, il Ciclope) e il Monco (Muzio Scevola, il Mancino). L'Orbo “vince” grazie a quel
suo unico occhio, alla sua “magia”; il Monco “vince” grazie ad un artificio giuridico, al sacrificio della
mano destra in pegno di un inganno necessario. Serve dire che il Veggente, Odino, ha perso un occhio (per
la cronaca, prima dell'episodio di Fenrir), così come Tyr perderà la mano (dopo l'episodio di Fenrir)? Ma
se la vicenda di Tyr ci rimanda al sostrato indoeuropeo della religione germanica antica, potremo accusare
Snorri di interpolazione (una coincidenza sospetta tra l'invenzione e la tradizione)? Tyr sta a Muzio
Scevola come Fenrir sta a Porsenna: i primi sono eroi che si sacrificano per il bene della loro società, per
ingannare un nemico (i secondi) ritenuto invincibile. L'essenziale qui pare proprio l'artificio giuridico. Sul
resto forse Snorri inventa, ma non c'è motivo di negare che l'essenziale risponde ad un materiale autentico,
seppure non germanico.
3. Nascita e morte di Kvasir. L'Edda di Snorri racconta della guerra primordiale tra Asi e Vani, una guerra
incerta, che porta a una pace diplomatica, sancita da un rituale: entrambi gli schieramenti divini sputano
dentro un vaso. Da questo vaso gli Asi ricavano una creatura, Kvasir. Kvasir conosce ogni risposta, è
saggio al massimo grado. Va per il mondo per educare gli uomini, ma incontra due nani, Fjalarr e Galarr,
che lo ingannano e poi lo uccidono, distribuendo il suo sangue in due vasi (Son e Bodn) e in un calderone
(Odhroerir). Aggiungendo miele al sangue essi ottengono un idromele che dona la saggezza e la poesia a
chi ne beve. Interrogati dagli Asi, i Nani affermano che Kvasir è annegato nella sua saggezza per non aver
trovato uomini abbastanza saggi da porgli le domande giuste. Segue la conquista del Sangue di Kvasir da
parte di Odino, che ne sarà il grande beneficiario. Mogk riconosce che Kvasir non è che una bevanda
inebriante personificata (kvas presso gli Slavi, ma in parte anche in Daminarca e e Norvegia, dove vale
succo di frutta fermentato). Il rito conciliatorio raccontato da Snorri risponde ad una tecnica conosciuta:
presso i primitivi lo sputo è il catalizzatore della fermentazione, e il liquido inebriante viene poi fatto
girare tra gli ospiti. Nonostante queste evidenze Mogk attribuisce la scena della creazione di un uomo
dallo sputo come un'invenzione del povero Snorri (anche se egli stesso ricordi la kenning, la perifrasi
scaldica, rinvenibile fin dal X secolo, che designa la poesia come “sangue/liquido di Kvasir”). Secondo
Mogk Snorri equivoca “liquido kvas” con “sangue di Kvasir”, quindi inserise la favola del personaggio.
Mogk non poteva conoscere invece come il tema della guerra originale tra rappresentanti della prima e
seconda funzione e quelli della terza, una guerra incerta, cui segue una pace eterna, sia un patrimonio
comune ai popoli indoeuropei (in Scandinavia, Asi contro Vani; a Roma, Romani contro Sabini; in India,
Deva contro Nasatya). In India in particolare Indra e i Deva in principio si ostinano ad escludere i Nasatya
dalla comunità divina. Un asceta amico dei Nasatya genera con la forza della sua ascesi un gigante così
potente che minaccia di inghiottire il mondo: Mada, “Ebbrezza”. Indra si piega, i Nasatya sono promossi,
non rimane che liquidare Mada, troppo pericoloso (il quale viene diviso in quattro parti, quelle che danno
ebbrezza agli uomini: bevande, donne, gioco, caccia). Differenze: in Scandinavia Kvasir nasce dopo la
pace e viene fabbricato, sono dei Nani che lo dividono in tre parti (accusandolo di essere troppo per il
mondo) e la divisione che ne fanno è quantitativa, e Kvasir (benefico fin dall'origine) ancora diviso porta
doni agli Dei e agli Uomini, ; in India Mada nasce prima (per ottenere la pace) e viene creato
misticamente, sono gli Dei che lo dividono in quattro parti (la sua presenza è effettivamente
intolerabileper l'universo) e la divisione è qualitativa, e Mada (malefico fin dall'origine) ancora diviso
porta malanni agli Dei e agli Uomini. Ma lo schema del racconto, in Islanda come in India, è comune (solo
cambia l'etica dell'ebbrezza). Insomma: anche se Snorri e l'autore del Mahabharata non comprendono più
il patrimonio ancestrale da cui traggono le proprie opere, qui vediamo alla luce (e solo qui, in questi due
casi) il collegamento tramite la bevanda inebriante delle prime due funzioni (sovrano-stregone e guerriero-
belva) con la terza (produzione, tecnica).
4. Snorri contro Eugen Mogk. Senza cadere nell'eccesso opposto, e prendere l'Edda come una raccolta priva
di interpolazioni di gusto cristiano medievale, Snorri non si può liquidare come un affabulatore che
inquina sistematicamente le fonti da cui attinge, ma come un fondamentale testimone di una tradizione
arcaica, come rivelano anche solo i due esempi di Tyr e Kvasir. Ma affermare questo significa non
rigettare a priori come “inutili” le numerose parti del dossier Loki contenute nell'opera di Snorri.
B) Gli abusi della “scienza dei racconti”. Un altro ostacolo sullo studio di Loki viene non più dalla filologia, ma
dal folclore, dall'analisi dei racconti popolari. L'opera giovanile di Friedrich von der Leyen, pur in parte
ricusata dallo stesso autore, godette di vasta eco in Svezia e Finlandia. Essa si concentra sulle concordanze di
“dettagli” tra le fonti mitologiche (alla Snorri) e quelle folcloristiche. Un po' come coler capire cosa
intendessero i Latini con la parola “deos” analizzando le ricorrenze delle singole lettere e delle sillabe in latino.
Il metodo del giovane folclorista porta naturalmente a trascurare l'insieme, la struttura del racconto, quindi ad
abbandonarlo nel campo dell'arbitrio del compilatore di racconti mitologici. Che senso ha per lo studioso di
religione primitiva insistere sulla presenza (ad esempio) di fiabe sul “dono meraviglioso” e trascurare che i
doni degli Dei corrispondono precisamente alla funzione sociale attribuita agli Dei stessi (al sovrano-stregone
l'anello che regola il passare del tempo; al guerriero-belva l'arma definitiva; al ricco-produttore il cinghiale
dorato)? In particolare nel racconto dei “doni degli Dei” la psicologia di Loki, qui personaggio fondamentale,
emerge ben delineata, e affatto contraddittoria (dispettoso quando taglia i capelli di Sif; leggero e abile quando
accetta il patto coi Nani; malizioso e scaltro quando cerca di vincere la scommessa barando e arzigogolando di
evitare di pagare pegno). Riportiamo per esempio come Jan de Vries smonta la critica di C. W. Von Sydow
(basandosi su un'indicazione di von der Leyen) al racconto della “nascita di Sleipnir”. In sostanza: il mito
ricorda il tema tipico del folclore europeo, non solo nordico, per cui un uomo (un prete, un santo, un mugnaio,
ecc.) scommette con uno spirito maligno (un diavolo, un gigante, un troll, ecc.) che questi non riuscirà a
completare un'opera (una chiesa, un mulino, un castello, una strada, un ponte, una diga, ecc.) prima che sorga il
sole (una notte, tre notti, prima che canti il gallo, ecc.), mettendo in palio un bene altissimo (l'anima propria o
di qualcun altro, il sole, la luna, ecc.), e gabbando lo spirito all'ultimo momento, causandone l'ira distruttiva,
puntualmente frustrata. Ma l'Edda introduce il racconto con una questione: cosa dire sul cavallo Sleipnir? Chi
lo possiede? Anche qui il ruolo di Loki appare decisivo e coerente con quello che sappiamo di lui da altre fonti:
1) Loki è l'unico degli Asi che si trasforma in femmina, 2) l'unico che partorisce mostri (Sleipnir, Fenrir, il
Serpente del Mondo, ecc.), 3) uno degli Asi con la massima capacità di trasformarsi in animali quanto mai
diversi (cfr. folclore delle Far Oer sopra). Perchè negare del tutto a Snorri di essere un verace testimone di una
tradizione antichissima?
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Capitolo terzo
Syrdon
Nel Caucaso vivono gli Osseti, l'ultimo resto di quelle tribù iraniche (Sciti, Sarmati, Alani, Rossolani) che dominarono a
lungo le terre della Russia meridionale, dal Mar Caspio al Basso Danubio, con escursioni verso Turkestan, Iran ed
Europa balcanica. Si può dire che rappresentino gli “Iraniani di Europa”. Nonostante siano stati convertiti ale religioni
monoteistiche, gli Osseti mantengono tradizioni pagane che hanno sorprendenti analogie con quelle che Erodoto
attribuisce ai loro antenati Sciti.
Ora, le tradizioni degli Osseti (ma anche dei loro vicini di lingua non indoeuropea: Circassi, Ceceni, Tatari, ecc.) sono
imperniate sulle vicende di una primitiva razza di eroi, i Narti. L'etimo non è chiaro, ma andrebbe connesso alla radice
*nar- (uomo coraggioso, eroe). Hanno tutte le virtù richieste dalla vita di montagna: coraggio, astuzia, resistenza,
collera violenta, devozione verso gli amici, gusto per il rischio, la lotta, il saccheggio. Vengono immaginati come gli
uomini di oggi giorno, solo più forti e valorosi. I loro villaggi, formati da case turrite, vengono riuniti attorno ad una
piazza, dove i Narti si attardano a bere, parlare, giocare.
Le tre famiglie più famose dei Narti (corrispondenti alle tre funzioni PIE) sono:
• Alægatæ, gli intellettuali (in realtà loro unica occupazione è preparare una bevanda comune in un vaso
magico);
• Æxsærtægkatæ, i guerrieri per eccellenza;
• Boratæ, gli agricoltori/i ricchi per eccellenza.
Emergono alcune figure eroiche: Batradz, l'uomo d'acciaio (l'Ares scitico dei Greci?) e Soslan, l'uomo luminoso
(l'Apollo scitico dei Greci?).
Secondo gli Osseti i Narti non sono dei, ma uomini, e vale la pena ricordare che anche Snorri all'inizio della sua opera
parla di Asi e Vani come di “popoli” vicini e rivali.
I capi dei Narti (e degli Æxsærtægkatæ, pare) sono due fratelli, ormai vecchi, Uryzmæg e Xæmyc, ancora buoni
guerrieri, ma “colpevoli” di anzianità. Hanno una sorella, Satana, che Uryzmæg ha sposato, incarnazione della matrona
osseta: diligente, provocante, ricca, buona, generalmente fedele, provvidenziale per suo marito e per tutti i suoi.
La seconda generazione, i “giovani”, si incarnano (come anticipato) nelle figure del terribile Batradz e del simpatico
Soslan (o Sosryko). Nato da un ascesso sulla schiena del padre (e dallo sputo di sua madre, una “figlia dell'acqua”),
Batrazd ha il corpo d'acciaio e l'animo crudele. La seconda parte della sua vita è dedicata a vendicare l'assassinio di
Xæmyc, opera dei Narti, che saranno liberi da questo flagello solo quando l'eroe si farà ardere su un grande rogo, che
essi con fatica trascineranno fino al Mar Nero, dove la Spada di Batrazd ancora riposa.
Soslan-Sosryko nasce dal seme di suo padre (eccitato dalla vista della bella Satana) sparso su di una pietra. Viene
allevato da Satana come “il figlio che non ha partorito”. Bello, luminoso, invulnerabile eccetto che alle ginocchia (o alle
anche), copre la terra con le sue imprese, sposa la Figlia del Sole, discende agli Inferi, muore per colpa di un'oscura
macchinazione.
E poi c'è Syrdon.
A) Il Narte Syrdon
Syrdon compare in tutti i racconti sui Narti. Indispensabile, agisce tuttavia in modo originale. Viene chiamato “il
bastardo dei Boratæ”, ha un che di inferiore. La sua nascita è “diabolica” (e forma dittico con quella “petrogena” di
Soslan-Sosryko). Viene trattato come un domestico: serve a tavola, agisce per conto di altri, fa da esploratore, procede
ai sorteggi. Compare e scompare improvvisamente. Ha una casa-labirinto sotto terra. Ha il dono della metamorfosi
(rondine, elmetto, giovane donna, vecchia, vecchio, ecc.). Ha un destriero con tre gambe che fila come il vento. Ha una
curiosità insaziabile, passa giorno e notte a spaccarsi la testa per scoprire tutto. E in effetti sembra sapere tutto, nello
spazio e nel tempo. Calcolatore, è il maligno per eccellenza, come e dopo Satana.
Ora, i Narti chiedono spesso la sua assistenza, specie nei loro difficili rapporti con gli stupidi Giganti. Eppure non si
fidano fino in fondo di lui, sapendo il suo gusto per il male. Uno degli epiteti comuni di Syrdon è infatti “il male dei
Narti, il flagello dei Narti”. Malfattore, amorale, dissoluto, non brilla nemmeno nei combattimenti (anche se non viene
tacciato di vigliaccheria). Il suo “coraggio” è più che altro una forma di “imprudenza”. Syrdon ama offendere, recare
cattive notizie, fare polemiche, dare cattivi consigli (anche se mai a favore dei Giganti contro i Narti). Lo si vede
protagonista di piccole malefatte e grandi crimini. Nutre una strisciante, costante ostilità verso i Narti, specie i due
anziani capi, ma soprattutto verso Soslan-Sosryko.
Sotto mentite spoglie Syrdon impedisce a Soslan di resuscitare l'amico morto. Scoperto il punto debole dell'eroe, lo
svela al di lui nemico, causandone la morte (nel contesto di un gioco!). Insulta Soslan morto (o morente), suscitando lo
sdegno dei Narti, che lo seppelliscono ai piedi della sua “vittima”.
Evidentemente, ruolo escatologico a parte (che nell'epica dei Narti non ha diritto di asilo), Loki corrisponde a Syrdon e
Syrdon a Loki. Sono entrambi malvagi, ma utili. Entrambi culminano una carriera di piccoli disastri con un grande
crimine.
B) I documenti
1. La nascita di Syrdon
a) Il pastore Sosæg-Ældar, giovane ma che non aveva mai visto una donna, conduce un enorme gregge lungo
il fiume Terek. Preceduta dal suo servo, la bella Æxsijnæ giunge sull'altra riva, e si denuda. Sosæg-Ældar
la vede, si addormenta, e ha una polluzione seminale. Si sveglia, si lava e se ne va. Ma Æxsijnæ, che ha
visto tutto, “conta i giorni della pietra”, e dopo nove mesi trova “nell'ombelico della pietra” un bambino,
che strilla di riempire una botte d'acqua e di immergerlo (il suo corpo diventerà di acciaio temprato). La
ragazza fa come gli viene detto, ma rimangono le ginocchia del bambino fuori dall'acqua, cosa per cui
questi si lamenta (chiedendo altra acqua). Æxsijnæ si precipita alla fontana, ma il Guardiano della Fontana
la trattiene e la metta incinta. Quando infine torna dal bambino, ormai è tardi: le sue ginocchia non sono
state temprate. Æxsijnæ allora riprende la sua veste, la scuote e da sotto ecco uscire un secondo
bambinetto, che corre via. Il Primo bambino apostrofa il Secondo: dove corri? Il tuo nome sarà Sirdon,
figlio di Natar Uatar! Il Secondo risponde al Primo: che il tuo nome sia Soslan il Valoroso, figlio di
Sosæg-Ældar, nato dalla pietra segreta (?). Da quel giorno e fino alla morte Soslan e Sirdon non saranno
mai in buoni rapporti.
b) La bella Dzerassa va al fiume a prendere acqua, ma il padrone dei fiumi, Gatæg, pretende che ella si doni
a lui. Dopo un primo rifiuto, Dzerassa accetta e da quel rapporto nasce Sirdon, di giorno in giorno più
intelligente. Sirdon può raccontare sia il passato che il futuro. Astuto, diverse volte egli inganna i Narti,
che tuttavia lo amano per la sua intelligenza e abilità.
c) La bella Satana si reca al fiume a lavare i panni. Si toglie i pantaloni e il suo corpo bianco come la neve
viene visto dal Diavolo, che tutto eccitato si unisce a una pietra, che rimane gravida. Satana si accorge di
tutto e conta i mesi, e al momento giusto torna alla pietra, che trova gonfia, ma che non riesce a tagliare
per far uscire il bambino. Chiama allora i suoi uomini da lavoro, armati di arak (una sua invenzione) e fa
aprire la pietra, da cui esce un bambino che chiama Sirdon. Sirdon è astuto e come figlio del Diavolo si
distingue per l'abilità a trovare espedienti. Ma i Narti non lo stimano granché: lo trattano come un
imbecille e gli affidano solo piccoli servizi.
d) Variante: una diavolessa (xæiræg) rimane gravida a causa di una maledizione e così nasce Sirdon.
2. L'astuto Syrdon
a) Durante la battaglia finale tra Æxsærtægkatæ (che qui contano tra le loro fila Uoræzmæg [Uryzmæg] e
Soslan) e Boratæ, i Guerrieri ottengono da Kænti Sær Xuændon l'utilizzo di un'armata magica, che egli
farà uscire dalle Porte di Ferro della Montagna Nera a una condizione: di sapere esattamente quanti
uomini saranno schierati, per calcolare con precisione quanti dovranno morire e quanti no. L'armata degli
Æxsærtægkatæ è però immensa, incalcolabile. Uoræzmæg si confida con Æxsijnæ-Æfsinæ-Satana, che
durante la notte cuce una culotte con tre gambe, che all'alba appende al recinto. Curioso come sempre,
ecco Sirdon, che dice: devi stare male Satana! L'esercito conta 30 volte 30 mila uomini e ancora 100, e
nessuno ha tre gambe! Satana rivela la cifra a Uoræzmæg, così che la sua vittoria sia assicurata. (Variante.
Uryzmæg ottiene un'armata magica facendola uscire da una tomba, ma non la può utilizzare se non ne
conosce il numero degli uomini. Satana cuce la culotte con tre gambe e la stende su una pietra. Arriva al
mattino Syrdon che dice che ha girato per le schiere tutta la notte e tra cento volte cento guerrieri e
trecento ancora non ha visto nessuno con tre gambe...) (Variante. Syrdon dice: i Boratæ sono cento volte
cento, gli Æxsærtægkatæ il doppio, ho visto uomini con un occhio solo, senza mani, con una gamba sola,
ma perché Satana hai cucito una culotte con tre gambe?...).
b) Syrdon avvisa Uryzmæg che dalla tomba della madre si sentono il pianto di un bambino, il nitrito di un
puledro e il guaito di un cagnolino.
c) Un giorno Uryzmæg e Satana si attardano nella steppa e i Narti non vedendoli arrivare li danno per morti.
Ma Syrdon li conforta: non sono morti! Quando torneranno riempiranno la pancia alla povera gente. In
effetti, Uryzmæg e Satana tornano e indicano la riunione di Ricchi e Poveri sulle nyxæs per una bevuta
formidabile.
d) Un giorno Soslan, disgustato dalla gelosia dei Narti, si nasconde in un sotterraneo con la bella Agunda, a
lui contestata. Solo l'astuto Syrdon lo scova, ma i Narti a questo punto lasciano a Soslan il suo amore.
e) Sosryko [Soslan] si reca all'estero per sette anni e i Narti lo credono morto. Syrdon si accorge della tristeza
generale e chiede il motivo. I Narti non vogliono più divertirsi: hanno perso uno di loro che valeva da solo
come tutti! Allora Syrdon dice: vedrete, vedrete come è morto quando ritornerà! In effetti Sosryko torna e
i Narti fanno gran festa. Syrdon ricorda come egli lo aveva previsto. Sosryko però comincia a malmenare
gli altri giovani: a chi taglia la mano, a chi il naso, a chi strappa un occhio. Syrdon se la ride: l'avete pianto
per sette anni e adesso venite trattati come bestie! I Narti sono inviperiti, ma Syrdon dice il vero e non
rimane loro che sopportare.
f) Riuniti per giocare, i Narti vedono arrivare da lontano una nuvola nera seguita da uno stormo di corvi. Ma
l'occhio di Syrdon vede e capisce tutto: non è una nuvola, ma il cavallo di Alymbæg! Non sono corvi ma
zolle di terra su quattro zampe! I Narti vedono il cavallo, ma non il cavaliere, e Syrdon: lo vedrete presto!
In effetti ecco sul cavallo del padre avanza Totradz, figlio di Alymbæg, che da poco ha ucciso Soslan...
g) Syrdon incontra tre Giganti che si contendono tre oggetti prodigiosi: una pelle d'animale che trasporta in
ogni luogo, una tavola con tre gambe che si imbastisce da sola e una corda magica che rimane ferma.
Syrdon propone di risolverla così: i Giganti lanceranno tre frecce in direzione diversa, le cercheranno, e si
divideranno gli oggetti in ordine di arrivo. Ma mentre i Giganti se ne vanno, Syrdon prende tutto e torna
dai Narti, cui grazie alla Tavola a tre gambe offre un grande banchetto.
h) Per decidere chi fosse il più forte dei Narti, essi si affidano all'arbitraggio di Syrdon, che affida loro delle
prove, che solo Batrazd porta a termine.
3. Syrdon e i Narti
a) Uoræzmæg, Xæmic e Soslan vanno a caccia, portandosi come valletto Sirdon. Lungo la strada, aducendo
come motivo la stanchezza del suo cavallo, Sirdon si fa portare a turno (e in ordine d'età, dal più giovane)
prima da Soslan, poi da Xæmic, infine da Uoræzmæg . A ognuno ruba dalle bisacce l'acciarino. La sera,
stabilito il campo, Soslan va a caccia e riporta un cervo. Ma al momento di accendere il fuoco, non si
trovano gli acciarini. Dall'alto di un albero di cui sta rompendo i rami, Sirdon li beffa: magari i vostri
accendini sono anche loro andati a caccia! Vedono su una montagna vicina del fumo, e inviano Soslan a
chiedere fuoco. Soslan incontra alcuni Giganti, seduti da una parte alta di un banco, che lo invitano a
sedere con loro (hanno messo della colla sul sedile). In breve, la stessa sorte tocca a Xæmic, infine a
Uoræzmæg. Rimasto al campo Sirdon accende il fuoco, vi pone la carne, quindi mette due strisce di trippa
sui baffi. Così conciato va dai Giganti. Lìtrova i tre Narti seduti (e incollati) uno vicino all'altro, in ordine
crescente d'età. Invitato a sedersi, si schermisce: non solo li avete messi in ordine sbagliato, ma ora volete
che io mi sieda a fianco dei miei signori? Di solito essi mi riempiono un sacco di cenere e lì mi siedo! Uno
dei Giganti lo accontenta, versa di nascosto la colla sul sacco, ma la cenere la assorbe. Quindi Sirdon
conduce i Giganti da uno all'altro dei suoi “signori” e li fa pestare a turno. Dopo eccita i Giganti gli uni
contro gli altri, finché si uccidono tra di loro. I Narti lo supplicano di liberarli con qualsiasi mezzo. Con
calma Sirdon si cucina la trippa che aveva attaccata ai baffi, leccandone il sugo colante e dice: l'unico
mezzo è trovare la grande Sega dei Narti e tagliarvi in due. I prigionieri lo implorano di trovare un altro
modo, di non privarli dell'onore. Mosso a pietà Sirdon prende dell'acqua bollente e scioglie la colla che li
bloccava. Liberi e pieni di carne, ma ancora ostili al loro “liberatore”, i Narti giurano tra loro di tagliare gli
angoli della bocca al cavallo di Sirdon. Ma Sirdon li sente e li anticipa, tagliando le code ai loro cavalli.
Indispettiti, ma decisi a non disonorarsi uccidendolo, i Narti puniscono Sirdon così: legano i suoi baffi ad
un albero che hanno piegato, quindi lo lasciano raddrizzare. I Narti se ne vanno, ma per fortuna di Sirdon
passa di lì un pastore con il suo gregge. Sirdon si mette a gridare: no! Non voglio essere io l'ældar (il
Capo!). Il pastore si avvicina e gli chiede cosa c'è che non vuole fare. Sirdon inventa: i Narti mi hanno
nominato loro capo, ma siccome rifiuto, mi hanno attaccato qui finché non cambio idea. In breve: Sirdon
si fa staccare dal pastore che prende il suo posto credendo di poter diventare il capo dei Narti, mentre
Sirdon gli ruba torce e gregge, tornando trionfante tra i Narti, stupiti da tanto bottino. Interrogato, Sirdon
risponde: tutto offerto dalle natiche [quelle rimaste attaccate al banco dei Giganti] di Uoræzmæg, di
Xæmic e di Soslan!
b) Variante. Un giorno Sosryko, Uryzmæg e Xæmic vanno a caccia e si portano come valletto Syrdon. In
breve: Syrdon chiede un pagamento per accompagnarli, schernendoli come gran signori, sapendo che essi
faranno sempre il contrario di quanto lui chiede. Durante il guado di un fiume egli, senza cavallo, viene
umiliato, da qui il rancore che porta al furto degli acciarini [insomma, la sua malignità non è casuale, ma
causata]
c) Una volta, sotto la guida di Soslan, i Narti fanno una spedizione, portando come guida Syrdon. Questisi
diverte a menarli in lungo e in largo, fino a farli passare la notte su di una montagna. I Narti vengono così
alloggiati in una caverna, salvo scoprire all'indomani di aver riposato sotto la scapola dello scheletro di un
gigante.
d) Un giorno, tristi per esser tornati da una caccia a mani vuote, i Narti si sfogano su Syrdon. Lo mandano
nel fitto del bosco, intendendo faro cadere in una pozza d'acqua, dove sarebbe affogato. Syrdon ne esce, si
asciuga e ritorna, rivelando di aver visto nel bosco animali meravigliosi. I Narti ingenuamente seguono le
sue indicazioni, finendo tra i rovi, senza via d'uscita. (Un'altra volta, reduci dal bottino fatto nella fortezza
di Gur, i Narti seppelliscono Syrdon in una fossa, convinti che solleverà polemiche tra loro sulla divisione
del bottino. Ma quando scoprono la fossa si accorgono di esser stati gabbati... [insomma: i Narti non si
fidano di Syrdon]).
4. Storie alla Nasr Eddin Hodja [sufi del XIII secolo, protagonista di aneddoti scherzosi e paradossali]
a) Syrdon aveva un montone che aveva ingrassato a dovere, come i montoni che si ingrassano per il
matrimonio. Un giorno Uryzmæg, Batradz, Sozyryko e Omar (della famiglia degli Alægatæ), decisi a
mangiare il montone, tennero a Syrdon un discorso strano: ecco la qajmæt (fine del mondo)! No serve a
niente fare scorta, mangiamoci il tuo montone! Ma qualche giorno dopo, approfittando del fatto che questi
stavano facendo un bagno, Syrdon prende i loro vestiti (tranne le camicie) e li brucia. Interrogato, si
giustifica: beh, se arriva la fine del mondo a voi non servono i vestiti più di quanto a me il montone...
b) Uryzmæg dalla barba nivea, “signore” dei Narti, aveva una vacca, che un giorno scompare. La cerca a
lungo e infine scopre che è stata rubata da Syrdon figlio di Gatag. Uryzmæg prende il suo cane, lo lega a
una corda e lo lancia all'inseguimento. Il cane lo conduce al rifugio sotterraneo di Syrdon, dove sul fuoco
sta bollendo in un calderone la carne della sua vacca. Syrdon fa lo gnorri, invita Uryzmæg a sedersi e a
cenare con lui, quindi si eclissa, il tempo di prendere la testa della vacca, nasconderla sotto il suo mantello
e farla scivolare sotto il posto dell'ospite. Si schermisce: che mangino cane e asino i genitori di coloro che
che siedono sulla testa della tua vacca! Quindi serve la carne e Uryzmæg se ne va. Ma qualche tempo
dopo, il cane riporta Uryzmæg al rifugio di Syrdon, proprio mentre Syrdon non c'è. Uryzmæg si vendica:
macella i figli di Syrdon e li mette in un calderone e se ne va. Syrdon quando torna passa dalla felicità
(una cena inaspettata) al dolore (rimescolando il calderone trova una testa, una mano e un piede).
c) I Narti costruiscono una casa comune per le loro feste e chiedono il parere a Syrdon. Con parole criptiche
Syrdon li avvisa: manca al centro la catena di casa e ad est, sulla finestra, la padrona di casa. I Narti
mettono a posto tutto e richiamano Syrdon, che solo dopo esser stato picchiato da Xæmic vi entra e deve
ammettere che ora è perfetta. Syrdon giura di vendicarsi: ruba e uccide la vacca di Xæmic. [Come nella
versione precedente il derubato viene guidato dal proprio cane al rifugio di Syrdon, nascosto “sotto un
ponte”... una delle due abitazioni del malandrino]. In breve: Xæmic uccide e cucina i figli e perfino la
moglie. Syrdon fatta la macabra scoperta trae dal calderone la mano del figlio, cui lega come corde le
vene, inventando uno strumento musicale, con cui piange la sua famiglia. Poi si reca dai Narti, che
rimangono incantati dalla sua musica. Syrdon promette di cedere loro quello strumento se essi da allora gli
apriranno le loro porte e lo tratteranno con rispetto. Cosa che essi promettono.
d) I Narti, amanti dei banchetti, rimproverano Syrdon di non onorare i propri morti. Egli allora prepara una
specie di birra, che non gli costa niente. Poi pone una domanda (chi è nato prima l'uovo o la gallina?),
sapendo che avrebbe sortito polemica tra quegli stupidi. In effetti ne nasce una lite, i litiganti rovesciano il
calderone e gli ospiti convenuti non possono che constatare il disastro e tornarsene a casa.
5. Syrdon, Uryzmæg e la Dama di Urup
a) Uryzmæg e il Signore di Urup sono “fratelli di giuramento”. Uryzmæg vive in terra, tra i Narti, il Signore
di Urup in Cielo. Un giorno che il Signore di Urup parte per un lungo viaggio e lascia in Cielo la bella
moglie, Uryzmæg prende Durdura, il suo cavallo, prende il suo violino e si reca nelle steppe della Kouma.
Seduto su una pietra comincia a suonare allegre melodie, dilettando la sposa del “fratello”, che ora canta
ora danza. Così fa Uryzmæg ogni giorno. L'allegro bugiardo, il malizioso Syrdon figlio di Gatag,
kævdæsard dei Boratæ, si interroga su dova vada il Signore dei Narti. Un giorno gli va incontro e gli dice:
che io mangi i tuoi malanni, signore Uryzmæg! Quando ti assenti dai tuoi Narti essi vengono battuti, sono
dei buoni a niente. Cosa ti spinge a frustare il tuo cavallo, già troppo magro, nella steppa della Kouma?
Hanno ragione i Giovani a dire che stai perdendo la testa! Uryzmæg si risente: tu bugiardo dissoluto, vuoi
scoprire i miei segreti? Syrdon si allontana beffardo: tranquillo! Non scoprirai il mio scopo e i miei segreti.
Una seconda volta si incontrano e la domanda e la risposta sono le stesse, solo stavolta Uryzmæg svela
che è la galanteria a portarlo nella Steppa. Allora Syrdon piange dal ridere e compatisce ironico il Vecchio:
hanno ragione i Giovani, hai perso la testa, ingenuo vecchio eroe! Uryzmæg si risente e propone una
scommessa, mettendo in palio i rispettivi cavalli. Syrdon ascende in Cielo e deve constatare che Uryzmæg
dice il vero. Disperato di aver perso il suo cavallo con tre gambe, veloce come il vento, viene consolato
dalla Signora di Urup e “graziato” da Uryzmæg. In breve: Uryzmæg viene sorpreso nel sonno dal Signore
di Urup a letto con la moglie, moglie che poco tempo dopo gli viene inviata come “svergognata”.
Uryzmæg si pente di aver tradito il fratello, prende a odiare la Signora e intende ucciderla con la spada,
quando Syrdon, che sa tutti i segreti dei Narti, che arriva non si sa da dove, lo saluta. Non disonorare te e
la tua schiatta uccidendo l'adultera, ma dalle la pena prevista: legala alla coda di un cavallo e lascialo
libero tra steppe e foreste. Infine Syrdon si applica per riconciliare di Due Fratelli, che trovano due nuove
compagne.
6. Syrdon e la guerra tra Boratæ e Æxsærtægkatæ
a) Gli Æxsærtægkatæ uccidono uno dei Boratæ, il giovane Krym-Sultan. I Boratæ lo danno per disperso, non
sanno della sua morte. Un giorno gli Æxsærtægkatæ offrono un banchetto ai Narti, ma non invitano
Syrdon. Gli Æxsærtægkatæ lo vedono e si scusano per non averlo invitato, ma Syrdon si vendica e chiama
quel festino una “tavola di sangue”. Sozyryko insorge contro l'insolente “schiavo”, ma Syrdon rivela a
tutti dell'assassinio segreto, scatenando la guerra tra Æxsærtægkatæ e Boratæ.
b) Variante: Syrdon, anche qui assiso sulla nyxæs [in piazza?], pensa: strano, prima uccidono il migliore tra
voi (Boratæ), poi vi invitano a un festino! La Dama dei Venti lo intende e rivela il segreto al suo amico
Soslan, che abbandona la festa. Da qui la bagarre.
c) Variante: sono i Boratæ a uccidere un giovane membro degli Æxsærtægkatæ, e come nel mito della “vacca
di Uryzmæg i figli di Syrdon vengono macellati, ma dai giovani Æxsærtægkatæ. Syrdon li sferza: facile
colpire un isolato come me, ma con quello che vi hanno fatto i Boratæ non avete nemmeno osato reagire! I
Boratæ chiedono a Syrdon cosa fare per offendere i loro rivali (risposta: decapitate il loro bambino,
mettete la testa su una pertica e usatela per bersaglio delle vostre frecce), che al ritorno dei loro “anziani”
scatenano la vendetta.
d) Qui la morte di Xæmyc si colloca nel contesto della guerra tra le due famiglie e del complotto ordito da
Syrdon. Sæjńag Ældar vuole uccidere Xæmyc, ma prima intende assicurarsi l'appoggio dei potenti
Æxsærtægkatæ: se ne occuperà Syrdon, che aizzerà la feccia della famiglia.
7. Syrdon e la carestia dei Narti
a) Nel corso di una terribile carestia ai Narti non rimane che un manzo, quello di Subælci. Syrdon lo ruba, lo
macella e griglia, e rimpinzato si attacca ai baffi delle salsicce. Quindi apre il fianco del suo cane e lo
conduce sulla nyxæs, dove i Narti si lamentano con Dio. Syrdon li arringa, strofina loro sulle labbra le
budella del cane, mentre egli stesso lecca il sangue che ora cola da un baffo, ora dall'altro. A questo punto
si desta Uoræzmæg, che si rivela alla saggia Æxsijnæ: basta così! I Narti sono afflitti e umiliati da Syrdon!
A suo tempo misi da parte in sette magazzini delle provviste per una festa. Usiamole! E così fa per la gioia
dei Narti.
b) Variante. Syrdon lascia che il suo cane “tormenti” i Narti affamati, leccandoli, rosicchiando i loro sandali,
ecc. La fine come sopra.
c) Variante. Durante una carestia si assiste a questa scena. Uryzmæg si trova seduto su un banco di pietra
nella nyxæs quando una cane passa di lì e lo lecca, facendo divertire Syrdon.
8. Syrdon, i Narti e Batradz
a) Batradz convoca i Narti sulla nyxæs e li minaccia: avete ucciso mio padre Xæmyc, rendendomi orfano, ma
non avete pagato alcuna compensazione secondo l'uso. Ora prenderò la spada e vi sterminerò... I Narti
affranti dalla minaccia si consultano con Syrdon, che suggerisce loro di mettersi a disposizione dell'eroe
offeso. Ma il consiglio è pernicioso: Batradz ne approfitta per affidare ai Narti missioni letali e così
sterminarli.
b) Variante. Syrdon, sotto mentite spoglie, dirotta l'ira di Batradz su altri “responsabili”, salvando i Narti.
c) Variante. Batradz è sempre offeso (per la morte del Padre, per l'offesa alla Madre), i Narti sempre afflitti,
Syrdon sempre consiglia loro di obbedire ai comandi dell'eroe. Ma quando i compiti assegnati si
dimostrano impossibili, essi tornano da Syrdon, che raggiunge Batradz e “rivela” che ad uccidere Xæmyc
furono gli spiriti celesti (non lo fa gratis: Syrdon vuole che da allora ogni anno al Giorno della
Ripartizione gli siano dati i buoi malandati, le vacche macilente e gli agnelli di un anno magro). Per la
cronaca intanto Batradz mena strage in Cielo, dove si è fatto tirare come una freccia...
9. Syrdon, Xæmic e la donna di Xæmic
a) Xæmyc va a caccia e incontra un giovane, che si rivela un abile cacciatore. Chiede al giovane di portarlo
dalla sua famiglia e di combinare un matrimonio con una delle loro donne. Xæmyc ottiene in sposa la
sorella del Giovane Cacciatore, che però avverte il fresco cognato: se qualcuno offenderà mia sorella ella
si dovrà uccidere o tornare qui dalla sua famiglia. Tornato tra i Narti Xæmyc mette la giovane sposa in
cima ad una torre, dove nessuno la possa offendere. Ma una mattina Syrdon, il Flagello dei Narti, la
raggiunge e la insulta (puttana, i tuoi non hanno coraggio di venire dai Narti! Quando scenderai da lassù?).
La Sposa si confida con Xæmyc e in cambio del figlio che non gli può dare (intende tornare a casa sua) fa
così: soffia tra le sue spalle, lo avvisa che ne nascerà un rigonfiamento, da cui a tempo debito (aperto)
scaturirà un uomo senza uguali, che Xæmyc dovrà (appena nato) gettare in mare...
b) Variante. Lo sconosciuto Figlio di Bcen vende la sorella a Xæmyc (per 3000 rubli), ma ricorda al fresco
cognato la suscettibilità della sua famiglia (se la offendono, riportamela). Xæmyc la mette al settimo piano
della sua casa e le proibisce di scendere. Ma un giorno Xæmyc va sulla nyxæs e mostra ai Narti la sua
nuova veste ed essi sono incuriositi di conoscere la donna che ha cucito una simile meraviglia. I Narti
sono attoniti di non poterla vedere e Syrdon decide di trovare un modo. In effetti Syrdon scivola nella casa
di Xæmyc quando il padrone è assente e vede la sua giovane sposa. Syrdon è stupito: hai denti che
potrebbero tenere un morso, un di dietro che striscia per terra. Tornato sulla nyxæs risponde alla curiosità
dei Narti, infangando la ragazza. Al ritorno di Xæmyc la sposa lo avvisa dell'accaduto e chiede di tornare a
casa sua, ma dato che era incinta sputa sulla schiena del marito, così che l'embrione passa a lui...
c) Variante. La giovane è la figlia di Don-Bettyr, Genio delle Acque, quindi è una delle Figlie dell'Acqua (cui
le donne ossete fanno offerte alimentari il sabato dopo Pasqua). Interviene un patto melusino: la donna non
sopporta la luce solare, quindi di giorno si copre col carapace di una tartaruga, che smette solo la notte.
Alle nozze ecco Syrdon, kævdæsard dei Boratæ, che capriccioso e maligno com'è decide di scoprire chi
sia questa giovane vestita da tartaruga. Mentre i Narti hanno in testa solo la festa, Syrdon (che siede sul
carro volante che porta la sposa al matrimonio) si spacca il cranio per poter scoprire il segreto e la bellezza
della Figlia dell'Acqua. Infine decide di introdursi nella casa di Xæmyc e nascondersi sotto il letto
nuziale. Quando la Sposa si spoglia, Syrdon rimane quasi accecato dalla luce che emana dal suo corpo. Ma
quando ella si addormenta egli prende il carapace di tartaruga e lo getta nel fuoco. In breve: all'indomani
la Giovane avverte il Marito che se ne deve tornare a casa sua, nonostante sia incinta. Passato l'embrione
al marito (sotto forma di escrescenza sulla schiena), sparisce...
d) Variante. La findanzata di Xæmyc è piccola e laida, ma egli la ama, e la porta smpre con se nascosta nella
sua tasca. Syrdon canzona i Narti: non avete più leggi! Portate le donne nelle tasche. Xæmyc mangia la
foglia e per non essere umiliato decide di rimandare la sposa dai genitori, che prima di andare pone
magicamente un loro figlio sulla schiena del marito...
e) Variante. Agunda, la moglie di Xæmyc, è una donna bellissima, ma si deve proteggere dal caldo del sole e
dal freddo della terra, così di giorno si trasforma in una ranocchia. La madre di Agunda la dona a Xæmyc
a patto che nessuno dei Narti la veda in forma umana, pena doverla restituire. Xæmyc accetta e porta con
se la ranocchia nella tasca. Un giorno Satana dà un grande banchetto per tutti i Narti, dove cameriere è
Syrdon, che si accorge del segreto e apostrofa i Narti (vedi sopra). Xæmyc deve ritornare la sposa, ed è lui
qui a sputare sulla schiena della donna per lasciarla incinta...
f) Variante. Come sopra, solo che la sposa è detta della Famiglia di Bcer, che Xæmyc percuote Syrdon per la
sua insolenza, che (come di solito) è la donna a trasferire l'embrione al marito tramite soffio...
10. Syrdon, i Narti e il vecchio Uryzmæg
a) I Narti indicono la solenne bevuta annuale presso la casa degli Alægatæ. Uryzmæg ormai è vecchio, e a
malapena si trascina sulla nyxæs. I Giovani lo vorrebbero vedere umiliato, ma non sanno come attirarlo
alla festa, occasione che da tempo diserta. Si offre di risolvere il problema Syrdon. Davanti ai rifiuti del
Vecchio, Syrdon lo provoca: non è giusto che tu sia ancora il più grande dei Narti. Allora Satana conforta
il marito e gli dice: vai alla festa... se ti minacceranno getta a terra questo fazzoletto di seta che ti do. Ala
festa i Giovani inviperiscono con la loro insolenza Uryzmæg, che si ricorda di gettare a terra il fazzoletto:
Satana allora prega Dio di inviare sulla terra Batradz, che subito appare, furioso e bruciante, proprio
quando stava iniziando la consueta gara di indovinelli. Syrdon lo vede e si trasforma in rondine, ma
mentre sta volando via Batradz con la spada gli fende la coda (e da allora tutte le rondini hanno la coda
così). Poi inizia un massacro...
b) Variante. Molto simile a sopra: l'insolenza di Syrdon, ecc. Durante la festa Syrdon si traveste e fa da
coppiere, quindi propone un brindisi. Allora Uryzmæg si ricorda del fazzoletto e Syrdon si salva dal
camino...
11. Syrdon e Soslan
a) Un giorno Syrdon porta suo figlio ai Narti e propone a questi ultimi di usarlo come bersaglio e di tentare
di ucciderlo o ferirlo, e in caso di fallimento di pagargli un bue per ogni casa. I Narti accettano, ma
falliscono nonostante i loro tentativi. Giunge quindi da una spedizione Soslan, che viene informato del
“gioco” e della posta in palio. Soslan uccide con una sola freccia il bambino, che Syrdon deve seppellire.
Da allora i due sono nemici giurati.
b) Una volta nato Soslan prega il Fabbro Celeste, Kurdalægon, di immergerlo nel latte di lupo, in modo che il
suo corpo diventi d'acciaio. Grazie all'intercessione di Satana, Kurdalægon accetta e i Narti (senza
comprendere) pensano stia creando una vasca da bagno in un albero. Si avvicina Syrdon che ha capito
tutto e dice: ma la vasca è quattro dita più lunga. Kurdalægon la corregge, ma a questo punto il bambino
non può stendere le gambe, lascia le ginocchia fuori dal latte di lupo e proprio per questo un gionrno
morirà.
12. Syrdon e i due “giovani” di Sosryko
a) Un giorno i due Giovani (kæstærtæ) di Sosryko si trovano da soli, senza il loro Senior (xistær), ad un
duello che Sosryko aveva preso con tre guerrieri nogaï. Trattenuto con l'inganno dalla bella Agunda nel
suo letto, Sosryko vi rimane fino a giorno fatto. I nemici uccidono i due giovani senza fatica. Syrdon,
passando davanti alla casa di Sosryko, gli urla: tu te ne stai tra le braccia di Agunda e i tuoi Giovani sono
intanto massacrati! Allora Sosryko si leva, stordisce con una gomitata la donna e giunge appena in tempo
per uccidere i Tre Nemici e tornare carico del bottino e dei corpi dei suoi Giovani.
13. Syrdon, Sosryko e l'estrazione a sorte
a) Un giorno i Narti furono colpiti da un grande inverno e non trovavano di che sfamare i loro tanti cavalli.
Interviene il servile Syrdon, che suggerisce di raggiungere la costa, dove la terra è libera dal ghiaccio.
Aggiunge: chi compirà l'impresa di salvare i cavalli portandoli nella steppa? Non Uryzmæg, troppo
vecchio, non gli altri signori, troppo orgogliosi. I Narti decidono in assemblea di tirare a sorte chi dovrà
condurre le mandrie alle steppe presso il mare e tira le sorti proprio Syrdon. Ma Syrdon non ha mai amato
Sosryko e fa in modo che la sorte (estrazione dal cappello di una tessera o xal... al terzo tentativo, secondo
l'uso) designi proprio il rivale, mandandolo incontro a pericolose avventure...
b) Variante. Uryzmæg durante l'Inverno micidiale rivela quali sono i pascoli buoni (quelli dei pericolosi figli
di Tar, Mukara e Bibyc). Syrdon estrae a sorte Soslan barando, quindi sogna di uccidere il rivale, ma
temendo per l'esito dell'impresa rinuncia.
14. Syrdon, Čelaxsærtæg e la corazza di Sosryko
a) Gli Alægatæ sono ricchi di ogni cosa da mangiare e da bere e un giorno danno una festa, dove
distribuiscono quel ben di dio tra quattro squadre, capitanate da Uryzmæg, Xæmyc, Sosryko e
Čelaxsærtæg (un ricco uomo della classe dei færsag, secondi dopo gli ældar). I Narti si mettono a
banchettare, li serve Syrdon. Ma scoppia una lite: Sosryko accusa Čelaxsærtæg di non essere degno di
presiedere una tavolata. Čelaxsærtæg sfida Sosryko ad una gara di danza: mette in palio sua sorella, la
bella Agunda, contro le armi di Sosryko (la corazza Cerek, l'elmo Bidas e la sua spada). Il primo scontro
(danza tra i pugnali) vede Čelaxsærtæg facile vincitore. Quindi i Narti riempiono la coppa a quattro
maniglie detta Nartamongæ (“rivelatrice dei Narti”), la riempiono di bevande, ma anche di serpenti,
lucertole, rane, ecc. e sfidano i due a danzare con questa coppa sulla testa senza versarne il contenuto.
Vince di nuovo Čelaxsærtæg. Sosryko allora dice: ti mostro tutte le mie corazze, se riconosci la Cerek è
tua! Čelaxsærtæg è in imbarazzo, ma gli si avvicina Syrdon che suggerisce: monta in sella, prendi la lancia
e corri gridando “Ecco la battaglia, Corazza Cerek”. Essa ama troppo la battaglia, verrà da te da sola. Così
fa Čelaxsærtæg, che riconosce la Corazza e la porta al suo castello, tallonato da Sosryko.
15. Syrdon e la morte del giovane alleato di Soslan.
a) Soslan con tutti i Narti assedia la fortezza di Gori, dove risiede J˙elaxsærdton, che intende conquistare la
sorella. Il Nemico possiede tre frecce magiche, infallibili. Zimajxuæ, un giovane narte, chiede a Soslan di
poterlo accompagnare, e infine l'Eroe accetta. Zimajxuæ propone un piano: salirà su di una roccia nera che
domina la fortezza avversaria, per frantumarla a pedate. Nel frattempo J˙elaxsærdton scaglierà contro di
me una delle sue Frecce, trafiggendomi il piede (il tarso), e io cadrò da quella altezza. Tu (Soslan)
prendimi al volo e portami attraverso sette fiumi. Poi sarà come Dio vuole: vinceremo e libereremo la
bella Agunda. Se fallirai nel portarmi, morirò e perderai la battaglia. Sono d'accordo. Il Ragazzino sale
sulla Roccia, comincia a far danni, il Nemico lo prende di mira, gli trafigge il tarso, il Ragazzino scivola
giù come un covone di grano. Con le sue potenti mani Soslan stende il suo burka e lo raccoglie al volo.
Comincia a portarlo attraverso i fiumi, e dopo il terzo guado incontra un vecchio (Syrdon travestito) che
gli chiede: dove vai Soslan con quel morto, mentre i Narti entrano a Gori e J˙elaxsærdton porta via
Agunda? Soslan non crede al Vecchio e giunge alla riva del Settimo Fiume. Qui incontra una vecchia
filatrice (sempre Syrdon) che gli ripete la storia. Stavolta cede alla menzogna, depone Zimajxuæ col burka
nero in un tumulo (kurgan) e torna dal suo esercito. Solo allora capisce di aver tradito il giovane alleato,
torna indietro, ma trova solo il cadavere (Syrdon vi ha gettato la Terra dei Morti). Soslan si arrende:
congeda i Narti, macella un bue e si adagia nel suo ventre (siamo tra giugno e luglio).
b) Variante. L'avversario di Sosryko si chiama Čilaxsærdton, chi raccoglie al volo il ragazzo (trafitto al piede,
con la freccia che sbuca dal ginocchio) è Uryzmæg, che per salvarlo deve attraversare tre vallate. Alla
seconda vallata superata ecco Syrdon che apostrofa Uryzmæg: la tua armata è in rotta e tu giri con sulla
schiena questo figlio di una strega! Uryzmæg scarica il suo fardello e il giovinetto muore.
16. Syrdon e la morte di Soslan (Sosryko)
a) Sosryko raggiunge a cavallo il Regno dei Morti, per consultare la sua prima moglie, deceduta. Ella gli
raccomanda durante il viaggio di ritorno di non attardarsi per nessun oggetto che incontri lungo la via.
Sosryko obbedisce, lascia dietro di se pezzi d'oro e una coda di volpe dorata. Ma di fronte ad un vecchio
berretto si da dell'imbecille e lo raccoglie per darlo come strofinaccio alle ragazze del mulino. Ma non si
trattava di un vecchio berretto, bensì del mentitore Syrdon, sotto mentite spoglie. Fino ad allora nessuno
sapeva come potevano morire Sosryko e il suo Cavallo, invulnerabili. Ma quando Cavaliere e Cavallo si
mettono a discutere (Sosryko sprona troppo), Syrdon scopre l'arcano: il Cavallo può avere la morte solo da
sotto gli zoccoli, Sosryko solo dalle gambe – e solo per opera della Ruota di Barsag. Syrdon allora salta
fuori dalla tasca dell'Eroe e convoca i Diavoli, cui comanda di bersagliare il Cavallo sotto gli zoccoli. Il
Cavallo esclama al suo Cavaliere: sto morendo! Ma riempi la mia pelle di paglia, fanne un burdjuk,
cercherò di resistere fino al ritorno. Syrdon si infuria e riprende aspramente i Diavoli, comandando loro di
usare frecce infuocate. Così fanno, la pelle del cavallo brucia e Sosryko deve tornare a piedi. Tempo dopo,
durante una caccia, Sosryko si vede minacciato proprio dalla Ruota di Barsag, un'arma strana, sorta di
ruota dentata dotata di parola. A gran velocità essa trancia le gambe dei Compagni dell'Eroe. Sosryko si
lancia al suo inseguimento, ma essa pare inarrestabile: invano l'Eroe prega il Platano e l'Ontano di
fermarla (essi si rifiutano, Sosryko li maledice). La Betulla, più coraggiosa, trattiene la Ruota, così che
Sosryko con tre frecce ne danneggia tre denti, quindi (benedetta la Betulla) la cattura e la frantuma con la
Spada, portandola dai Narti. Per dodici anni la Ruota serve i Narti portando il concime nei campi, infine
con solenne giuramento di uccidere il suo padrone, Barsag, viene liberata. Durante il ritorno la Ruota
viene intercettata da una giovane ragazza (Syrdon) che la ferma e le chiede perché deve uccidere Barsag.
In breve, Syrdon propone una furbizia che aggiri il tradimento: tagliare a Barsag le dita delle mani e dei
piedi (sarà anche peggio di averlo ucciso). La scena si ripete in altri due villaggi (dove Syrdon si tramuta
in vecchia e infine in vecchio). La Ruota si convince che i suoi incontri sono “disinteressati”: taglia le dita
del padrone (e da allora gli uomini hanno dita diseguali). Un giorno Sosryk insulta la Figlia del Sole che fa
il bagno presso il mare ed ella si vendica ingaggiando (per dodici vacche gravide) la Ruota di Barsag, che
coglie l'Eroe alla sprovvista e gli trancia le vulnerabili gambe. Mutilato, Sosryko prega il Corvo di
avvisare i Boratæ, ma egli si rifiuta e viene maledetto. Quindi prega la Rondine, che accetta e viene
benedetta. Sosryko si rassegna a farsi seppellire per raggiungere i Morti e Syrdon fa mostra di grande
(ipocrita) lutto. Quindi Syrdon prende il cavallo preferito da Sosryko, uno bianco, e messa sotto la sella
una pianta spinosa lo sprona, facendo colare sangue sul dorso. Raggiunge la tomba di Sosryko e gli dice
quanto sia felice della sua morte, quindi vi defeca sopra. E questo per più giorni. Infine Sosryko,
esacerbato, lascia partire dalla terra dei Morti una freccia in direzione della sua Tomba, dove Syrdon si
stava “liberando”, e lo trafigge, facendogli uscire la punta dalla testa.
b) Variante. La Ruota decide da sola di tagliare le dita al suo Padrone per liberarsi dal suo giuramento.
Appena mutilato Sosryko, compare Syrdon, cui l'Eroe chiede di avvisare i Narti (ma Syrdon non lo fa:
anzi gira a cavallo attorno al ferito, ingiuriandolo). Sosryko benedice il Lupo, il Gufo e il Corvo, che si
rifiutano di mangiare la sua carne. Sempre la Rondine va dai Narti ad avvisarli dell'accaduto (e viene
benedetta). La Rondine raggiunge i Narti sulla nyxæs, dove si trova Syrdon che li arringa: la novella è che
Sosryko ha presa tanta preda che non la può portare qui! Mandiamo dei carri per aiutarlo nella foresta. I
Narti vanno nella foresta, trovano Sosryko e lo riportano a casa. Sosryko li prega: fatemi uccidere Syrdon
con le mie mani, poi andrò dove devo andare. I Narti portano Syrdon davanti a Sosryko che lo uccide con
le sue mani. Quindi i Narti con dolore seppelliscono Sosryko (e Syrdon ai suoi piedi). Secondo un'altra
versione piantano Syrdon in piedi sulla tomba, specie di monumento funerario.
c) Durante una caccia Soslan riceve l'offerta amorosa di una sconosciuta, che respinge e insulta. Questa era la
Figlia di Padre Giovanni (o di Marsug Celeste). Saputo l'episodio, il Padre manda contro Soslan la Ruota
di Ojnon, che appena riforgiata dal fabbro Kurd-Alaugon si lancia all'inseguimento. Soslan la vede e si
mette sulle sue tracce: maledice l'Olmo e la Betulla, che non sanno arrestare la susa preda. Benedice il
Noce e il Luppolo, che gli offrono di tendere un agguato. Soslan cattura la Ruota, la colpisce e rovina, ma
la Ruota invoca pietà al modo del Caucaso: chiede altri tre giorni e promette di presentarsi al Kurgan di
Haram per farsi uccidere. Soslan la rilascia. La Ruota gira disperata e incontra, venuto non si sa da dove,
Syrdon. La Ruota lamenta il suo giuramento, il suo bordo smussato. Syrdon la conforta e consiglia: ha
preso dell'acciaio dalla forgia di Kurd-Alaugon, con cui la ritemprerà; suggerisce di colpire Soslan nel
sonno, sul Kurgan, ovviamente alle ginocchia, l'unico punto vulnerabile. Così succede, Soslan ha le gambe
tagliate. Ma egli si rizza sui moncherini e vuole inseguire la Ruota, che di nuovo viene guidata da Syrdon:
vai sul terreno arato, lì non ti seguirà! E così accade. Soslan rimane a terra sanguinante. Maledice il Corvo
e la Volpe che si fanno tentare dal suo sangue, benedice il Lupo che se ne astiene. Appare Syrdon che
piange la sorte di Soslan, il quale gli comanda di andare ad avvisare i Narti. Syrdon vuole un cavallo e
Soslan gli presta il suo, ma lo obbliga a montarlo di nascosto (aveva giurato di non vedere quel cavallo
mai montato da altri). Syrdon mette una pianta spinosa sul dorso del cavallo e lo monta. Il Cavallo (che si
lamenta con Soslan) porta Syrdon dai Narsi, riuniti alla tavola di Alæg. Saputa la disgrazia si prepara una
sontuosa tomba dove Soslan viene deposto ancora vivo. Soslan fa testamento: lascia le armi (e la vendetta)
a J˙eræxcau (che infatti distruggerà la Ruota di Ojnon); il suo amato Cavallo, dopo un anno, a Syrdon (e
Syrdon ne morirà: infatti una volta che lo sta abbeverando riceve un colpo mortale di zoccolo).
d) Variante. Balsæg, il padre della ragazza rifiutata da Soslan, manda la Ruota a ucciderlo, ma nel frattempo
dialoga con il Narte. Soslan lo sfida: che parte devo offrire al colpo della tua “arma”? La fronte (ma la
Ruota rimbalza). Poi: il petto! E Soslan cattura la Ruota, ne rompe due raggi, ottiene il suo giuramento di
fedeltà. Sulla via del ritorno la Ruota incrocia Syrdon che la irride: ora sei la Ruota di Soslan, che ne è
della tua forza? La Ruota, che ammette la sua natura malvagia, non intende rompere il giuramento, ma
Syrdon la arringa: versa del sangue dai tuoi mignoli [?] e sarai libera, libera di tentare di nuovo di uccidere
Soslan. La Ruota timorosa viene ancora consigliata da Syrdon: colpisci Soslan mentre dorme! Intanto fa
riparare i suoi raggi da Kurdalægon. Ma quel giorno Soslan non dorme e sono le gambe dei suoi dodici
compagni che vengono tranciate. Soslan si lancia all'inseguimento, maledice gli Alberi che non fermano la
sua preda, benedice il Nocciolo e il Luppolo che la bloccano. Soslan la raggiunge, le spezza i raggi con le
sue frecce e sta per finirla con la spada quando la Ruota invoca pietà, offrendo dodici vite in cambio di
quelle che ha tolto. A questo punto di nuovo interviene Syrdon, sotto mentite spoglie: un vecchio, una
vecchia e un giovane suggeriscono come aggirare il giuramento (tagliando le unghie di mani e piedi di
dodici uomini della sua famiglia. La triplice testimonianza infine la convince. Infine Syrdon (in persona)
aizza la Ruota (che intanto è stata riforgiata dal Fabbro Celeste) alla vendetta, anche se questa solo con
difficoltà si lascia convincere. In breve: mentre è acquattato ventre a terra in caccia Soslan viene sorpreso
e la Ruota gli trancia ginocchia (e gambe). Alla fine (cfr. versione “a”) Syrdon amareggia gli ultimi istanti
di Soslan; un giovane cugino di Soslan uccide la Ruota (dopo una gara di metamorfosi) e la pone spezzata
in due sulla tomba dell'eroe; Soslan tira una freccia da una delle finestre che volle nella sua tomba (una a
est, una a sud e una a ovest) e colpisce alla testa Syrdon uccidendolo.
e) (Fortemente alterata) Un giorno Sozruko vuole visitare il Mondo dei Morti, ma non conosce la strada. La
conosce la Ruota di Balsik. Sozruko la chiede in prestito a Balsik, ma nello spingerla, prima con la fronte,
poi con le ginocchia, ne rimane mutilato (colpa la Ruota che gira da sola, maligna). Nonostante la ferita
Sozruko la insegue, ma la Ruota fugge via. Sozruko chiede allora consiglio all'astuto Syrdon, che lo aiuta
[!], proponendo di catturare il miglior cavallo di una mandria, macellarlo e pulirlo delle interiora. Fatto
questo la Ruota compare da lontano, Sozruko la insegue, ne spezza due raggi, ma essa scompare nel Mar
Nero.
17. Syrdon e la fine dei Narti
a) (Varie versioni, sempre all'insegna della punizione divina, ma in una l'origine della fine è proprio Syrdon).
I Narti sono invincibili e non sanno più chi sfidare. Li consiglia il pernicioso Syrdon, che propone quel
Dio che essi sempre pregano. Per attirarlo allo scoperto basterà causare la sua ira: smettere di pregarlo,
fare finta che non esista, alzare le proprie porte per fargli capire che non si piegheranno più. Dio allora
parla con loro tramite la Rondine: come vi ho offeso? E i Narti: siamo stufi di servirti e vogliamo
misurarci con te. E Dio: e se vinco preferite morire tutti o sopravvivere come genia debosciata? E i Narti:
morire tutti! Preferiamo la gloria alla vita. E Dio comincia: per quanto grano potessero mietere, ne
ricavavano solo un sacco. Ma i Narti sono furbi: dividono il il raccolto in sette covoni che battono
separatamente, ottenendo sette sacchi di grano. Dio insiste: il loro mais matura solo la notte, verde durante
il giorno. Anche qui i Narti trovano uno stratagemma: creano frecce come forbici che possano tagliare le
pannocchie anche al buio. Ma dopo un anno di questa vita, preferiscono lasciarsi morire, come promesso.
18. Syrdon nelle leggende dei popoli vicini agli Osseti
a) Leggende dei Ceceni (e degli Ingusci) su Botoko-Širtta (Batuko-Šertuko). Egli si distingue dal Syrdon
degli Osseti per due tratti: più marcato carattere soprannaturale, rapporto più stretto con l'aldilà; ruolo di
consigliere saggio, mai ridicolo, e per lo più positivo [diciamo da “eroe civilizzatore”].
b) Leggende dei Circassi sulla vecchia strega e la morte di Sosryko. Non viene ricordato alcun Syrdon,
nemmeno col nome storpiato, ma il racconto della morte di Sosryko per colpa della Ruota vale la pena di
essere riportato, soprattutto perché al posto di Syrdon opera (in modo simile) una Vecchia Strega.
• Alle falde dei Cinque Monti vi è una piana, dove i Narti di tutta la Qabardia si riuniscono per ogni
genere di competizione: corsa, lancio di pietre, abbattimento di cavaliere a mano, tiro con l'arco.
Vinceva quasi sempre Sosryko, generando molte invidie. Un giorno si riunisce una folla immensa:
alcuni Narti si mettono sulla cima di un monte, altri a valle. Quelli in alto hanno una ruota magica,
Žan Šarx, munita di denti d'acciaio. Questa Ruota veniva spinta avanti e indietro. Poi ecco Sosryko,
che si mette a valle, e la spinge (come tutti) con le mani. Ma i Narti a monte gli dicono: prova col
petto! E lo fa. Poi: con le ginocchia, con la fronte! E lo fa. Scende la notte e Sosryko se ne va.
Durante la notte una Strega incontra i Narti e li consiglia: voi odiate Sosryko e io sua madre (Satanej).
Fatelo colpire alle anche, dove le pinze del fabbro lo hanno tenuto da neonato, l'unico suo punto
debole. E così l'indomani, Sosryko dimentico del proprio tallone d'Achille nel calore del gioco, offre
l'anca alla Ruota e cade a terra mezzo morto, con l'osso rotto.
• Variante. I nemici non sono i Narti, ma i Giganti (per altro alleati coi Narti Totreš). Sosryko respinge
la Žan Šerx con le mani, col petto, con la fronte. I Giganti si scoraggiano, ma interviene la strega
Barymbux, che odia Sosryko dalla culla. La Strega si trasforma in vari oggetti per attirare l'attenzione
di Sosryko sulla strada. Solo come Casco d'Oro viene raccolta e così scopre il suo punto debole: le
cosce. Rivela il segreto ai Giganti, che sfidano nuovamente l'Eroe. Nel calore del gioco Sosryko offre
le cosce alla Ruota e perde le gambe.
• Variante. Fu il Diavolo a scoprire il punto debole di Sosryko, le anche, trasformandosi in vecchio
borsello sulla sua strada, facendosi raccogliere, studiando il suo corpo da vicino.
• Variante. Una Vecchia avvisa i Nemici di Sosryko su come uccidere il suo Cavallo (colpendolo sotto
gli zoccoli). Così accade, ma Sosryko fa della pelle del suo cavallo uno scudo e resiste per sette anni
ai Nemici, salvo cadere l'ottavo, colpito da una freccia alla gamba (fuoriesce il midollo). Seuge la
scena degli animali.
• Variante. A svelare il segreto è la Madre dei Narti, Saq˚ǝnaż (Sequneż). Bagnato di sangue, l'Eroe
benedice Lupo e Lepre (che non leccano) e maledice l'Aquila Nera (che si nutre ingorda).
c) Leggende degli Abkhazi sulla morte di Sasrkva. Sono sul modello circasso (una strega rivela il punto
debole)
Capitolo quarto
Comparazioni
Loki e Syrdon sono evidentemente modellati sulla stessa struttura. Syrdon appare più “magico”, più “dotato”, ma sono
sfumature. Entrambi sono per i rispettivi “popoli” figure perniciose, sopportate, ma ritenute utili. Questa tensione verso
il Male caratterizza Syrdon come Loki fin dall'inizio, senza contraddizione, senza una “storia” che li conduca al delitto
finale. In particolare va segnalata l'omologo ruolo di Loki/Syrdon nella morte di Baldr/Soslan-Sosryko.
La mitologia indiana non conserva un racconto sulla fine dei tempi, ma Vikander ha dimostrato come lo faccia l'epica,
in particolare il Mahabharata, dove al posto degli dei (trifunzionali) agiscono gli eroi dell'epopea... capitolo 3 di “Gli dei
dei Germani”.
E) Ragnarök e Mahabharata
• Analogie puntuali. In Scandinavia ecco Odino coi suoi due figli, il giusto Baldr (*Mitra) e il cieco Hodhr
(Destino), la versione norrena degli indo-iranici Aryaman e Bhaga, degli epici Vidura e Dhrtarastra.
• In Scandinavia quello che doveva essere Mitra, Tyr, decade nelle sue funzioni, lasciando di fatto Odino come
unico dio sovrano. Non osta quindi che Odino sia da ravvicinare al terribile Varuna: nel Nord Mitra degenera,
tramonta.
• In Scandinavia infine ecco Loki, l'ispiratore dei mali del mondo, il demone della nostra epoca, figura che se i
Veda ignorano viene addirittura amplificata in Iran (Angra Mainyu), e comunque messa in scena nel
Mahabharata (Duryodhana).
• Il declino di Tyr corrisponde alla proiezione di Baldr a nuovo Mitra e nuovo Aryaman, corrispondendo così
agli epici Yudhisthira e Vidura, figlio e “figliastro” di Dharma.
• Si considerino infine i tre tempi del Ragnarök:
➔ Primo tempo, Loki con il suo consiglio usa il cieco Hodhr per esiliare dalla Terra il buon Baldr, nel corso
di un gioco solo apparentemente inoffensivo (=Duryodhana usa con il suo consiglio il buon Dhrtarastra
per esiliare dal Regno Yudhisthira, nel corso di un gioco solo apparentemente inoffensivo). Certo, in India
si gioca a dadi, e gli “assassini materiali” sono due (il Destino e il Magico alleato del Demone), e il
Destino sa cosa porterà il suo ordine: ma la struttura è comunque stringente rispetto al Nord-Europa (dove
non si gioca a dadi, ma a tiro al bersaglio; dove l'assassino materiale è il solo Destino cieco; dove il
Destino è ignaro delle conseguenze del suo gesto).
➔ Secondo tempo, segue l'epoca oscura (secoli al Nord, alcuni anni nel quadro epico indiano) in cui il Buono
è esiliato, il Malvagio domina come genio maligno la Terra. Seguirà la resa dei conti finale, in Scandinavia
scatenata (letteralmente) dalle forze del Male, in India dal ritorno dall'esilio delle Forze del Bene. Fatto
sta, che periscono nella Battaglia tutti i Malvagi e quasi tutti i Buoni. Nulla osta che al Nord i Buoni
cadano per lo più, mentre in Oriente sopravvivano.
➔ Terzo tempo, segue l'epoca d'oro, segnata in India dal governo del giusto Yudhisthira (per mezzo dei
consiglieri Dhrtarastra e Vidura) e in Scandinavia dal governo dei giusti Baldr (Yudhisthira+Vidura) e
Hodhr (Dhrtarastra).