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I : I Legami.

- Legame ionico: il legame tra due atomi avviene tramite uno scambio di elettroni che non implica la
condivisione: in questo caso abbiamo un atomo donatore, che cede un elettrone, ed un atomo
accettore, che riceve appunto l’elettrone. L’atomo donatore acquista una carica netta positiva (ha
perso un elettrone), mentre l’atomo accettore acquista una carica netta negativa (ha acquistato un
elettrone). Si ricorda inoltre il concetto di elettronegatività, ovvero la tendenza di un atomo a ricevere
su di sé gli elettroni di legame.

- Legame covalente: qui il legame implica un’effettiva condivisione degli elettroni di legame. A tale
proposito si sono sviluppate diverse teorie che giustificano la formazione di tale legame:

 Teoria degli orbitali molecolari: gli elettroni condivisi non sono obbligati a stazionare negli orbitali
atomici ma percorrono orbite vicine ai nuclei, creando una vera e propria nube elettronica. In questo
modo essi si trovano ad un livello energetico inferiore rispetto agli orbitali atomici, e dunque il legame
è stabile e gli atomi restano legati.

 Teoria dell’ibridazione (o di valenza): non tutti gli elettroni che si trovano nell’orbitale di valenza (il
più esterno) partecipano al legame; alcuni si accomodano in orbitali non condivisi e contribuiscono
alla forma della molecola. In alcuni casi (es. carbonio), non tutti i legami possibili vengono utlizzati;
ad esempio nell’etilene vengono utilizzati solo 3 legami disponibili su 4. Ciò avviene a causa della
presenza del doppio legame, un legame più forte del legame singolo ma più reattivo, che si compone
di un legame σ forte, che si crea a metà strada tra i nuclei, dove la nube elettronica è più densa e
legame π debole, costituito da due densità di carica separate, di segno opposto, poste agli estremi dei
nuclei.

 Teoria VSEPR: secondo tale teoria il legame dipende dal numero totale degli elettroni presenti nel
guscio di valenza, che si organizzano in modo da minimizzare la reciproca repulsione secondo il
seguente schema: 𝑅1 > 𝑅2 > 𝑅3 , dove R1, R2, R3 indicano rispettivamente la repulsione tra due
elettroni non di legame, due elettroni di cui uno di legame e uno non di legame, due elettroni di legame.

- Legame dativo (o di coordinazione): differisce dal legame covalente in quanto l’atomo donatore non
condivide gli elettroni, ma li cede direttamente all’atomo accettore.

- Legame metallico: estensione del legame covalente: è presente un reticolo cristallino costituito da
ioni positivi, dunque gli elettroni non hanno più un atomo di riferimento e sono liberi di muoversi, di
fluire attraverso tale reticolo. Da questo particolare legame derivano le peculiari caratteristiche dei
metalli (conducibilità elettrica, termica, lucentezza, plasticità etc).

- (Legami deboli) Interazioni di Wan Der Waals: si tratta delle forze dipolo – dipolo (attrazione di tipo
Coulombiano tra poli di segno opposto) e dei legami dipolo – dipolo indotto (molecole apolari
polarizzate da molecole polari, e dunque legate a queste ultime ancora una volta mediante attrazione
di tipo Coulombiano). Ricordiamo inoltre il concetto di polarizzabilità, ovvero della facilità tramite
cui gli elettroni di valenza possono essere spostati dalla loro posizione media. Essa aumenta
all’aumentare della distanza nucleo – guscio di valenza, anche a causa dell’opera di schermo effettuata
dagli elettroni dei gusci inferiori.

- Legame Idrogeno: particolare legame dipolo – dipolo. Si ha quando l’idrogeno è legato ad un


elemento molto più elettronegativo, ed esso presenta almeno una coppia di elettroni non di legame
(lone pair, elettroni spaiati). L’idrogeno acquista una carica netta positiva e se disposto in modo da
rientrare nella sfera di azione della coppia di elettroni viene attratto da essa, in un legame dipolo –
dipolo più forte rispetto a quello tradizionale (qualcuno si sbilancia parlando di legame dativo).

II : Gli stati di aggregazione.

- Stato Gassoso: modellizzato come insieme di particelle legate tra loro da legami deboli, trascurabili,
libere di muoversi nello spazio in cui sono contenute. Il loro comportamento muta in funzione delle
condizioni dell’ambiente in cui si trovano.

- Stato Liquido: modellizzato come insieme di particelle legate tra loro da legami di media intensità; un
liquido è incomprimibile, e tende ad occupare tutto il volume del contenitore in cui è contenuto.

- Stato Solido: modellizzato come un insieme di particelle legate tra loro da legami forti, in cui dunque
tali particelle non sono libere di muoversi ma vincolate. Anche il solido è incomprimibile.

Stato Gassoso (ipotesi di gas perfetto):

- Legge di Boyle – Mariotte:

𝒕 = 𝒄𝒐𝒔𝒕 → 𝑷𝑽 = 𝒄𝒐𝒔𝒕 → 𝒑𝟏 𝑽𝟏 = 𝒑𝟐 𝑽𝟐

- 1 Legge di Gay – Lussac:

𝐩 = 𝐜𝐨𝐬𝐭 → 𝐕(Т) = 𝐯𝟎 𝛂 𝐓
- 2 Legge di Gay – Lussac:

𝐕 = 𝐜𝐨𝐬𝐭 → 𝐏(Т) = 𝐩𝟎 𝛂 𝐓

dove 𝑣0 , 𝑝0 sono rispettivamente la pressione ed il volume alla temperatura di 0 °C (273K),


1
ed 𝛼 = 273 °𝐶 −1 .

- Equazione di stato dei Gas Perfetti:

𝑷𝑽 = 𝒏𝑹𝑻

𝐽 𝑙∗𝑎𝑡𝑚
dove 𝑅 = 8,31 = 0,821
𝑚𝑜𝑙∗𝐾 𝑚𝑜𝑙∗𝐾

Introduciamo inoltre il numero di Avogadro, ovvero il numero di atomi contenuti in un


grammo di idrogeno : 𝑵𝑨 = 6,03 ∗ 1023 . Definiamo 1 mole come una quantità di materia
contenente un 𝑵𝑨 di elementi.
Ricordiamo inoltre che il comportamento di un gas reale in condizioni di bassa densità o di
alta temperatura è assimilabile a quello di un gas perfetto.
Miscele di Gas.

- Legge di Dalton: La pressione totale esercitata da una miscela di gas è uguale alla somma
delle pressioni parziali 𝑝𝑖 di ciascun gas, da esse esercitate se fossero presenti da soli in un
egual volume di gas.
𝑞

𝑃 = ∑ 𝑝1 + ⋯ + 𝑝𝑞
𝑖=1

𝑅𝑇
𝑝𝑒𝑟 𝑖 𝑔𝑎𝑠 𝑝𝑒𝑟𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖: 𝑃 = ∑ 𝑛𝑖
𝑉
𝑛 𝑛 𝑚𝑜𝑙𝑖 𝑠𝑖𝑛𝑔𝑜𝑙𝑜 𝑔𝑎𝑠
Oss: 𝒑𝒊 = 𝒙𝒏 𝑷, con 𝑥𝑖 = ∑ 𝑛𝑖 = , p = pressione totale.
𝑖 𝑡𝑜𝑡 𝑚𝑜𝑙𝑖 𝑚𝑖𝑠𝑐𝑒𝑙𝑎

- Legge di Amagat: a temperatura e pressioni date il volume di una miscela di gas è la somma
dei volumi che i singoli gas avrebbero nelle stesse condizioni di T e P.

𝑣𝑖 = 𝑣1 + ⋯ + 𝑣𝑞

𝑛 𝑛 𝑚𝑜𝑙𝑖 𝑠𝑖𝑛𝑔𝑜𝑙𝑜 𝑔𝑎𝑠 𝑉𝑖


Inoltre 𝑥𝑖 = ∑ 𝑛𝑖 = = , dove 𝑽𝒊 è il volume del singolo gas, V è il volume
𝑖 𝑡𝑜𝑡 𝑚𝑜𝑙𝑖 𝑚𝑖𝑠𝑐𝑒𝑙𝑎 𝑉
totale.

- Legge di Henry: un gas che esercita una certa pressione sulla superficie di un liquido vi entra
in soluzione fino a quando avrà raggiunto nel liquido la stessa pressione che esercita sopra
di esso.

Stato Liquido – Soluzioni.


Definiamo i concetti di solvente (gas, solido, liquido) e soluto (gas, solido, liquido). Un soluto può
essere ionico, polare, non polare; un solvente può essere polare o non polare. In generale i soluti
tendono a sciogliersi in solventi simili, dunque un soluto polare o ionico si scioglie in un solvente
polare, un soluto non polare si scioglie in un solvente non polare, ed un soluto polare non può
sciogliersi in un solvente polare. Vale la seguente relazione: 𝑠𝑜𝑙𝑢𝑡𝑜 + 𝑠𝑜𝑙𝑣𝑒𝑛𝑡𝑒 = 𝑠𝑜𝑙𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 ± 𝑄.
Se 𝑄 > 0 la reazione è esotermica (cede calore) e la solubilità diminuisce all’aumentare della
temperatura, se 𝑄 < 0 la reazione è endotermica (assorbe calore) e la solubilità aumenta
all’aumentare della temperatura. Si definisce solubilità di un soluto la quantità di quella sostanza
(espressa in grammi) che rende satura una quantità di 100 grammi di solvente. Si definisce inoltre
solvatazione la condizione per cui il solvente circonda le molecole di soluto ed interagisce con loro.
Si definisce inoltre concentrazione o titolo di una soluzione la quantità di soluto presente nella
soluzione o, in alcuni casi, nel solvente. Una soluzione si dice concentrata se tale quantità è di poco
inferiore al limite di saturazione, mentre si dice diluita se tale quantità è assai inferiore a tale limite.
Definiamo i concetti di:
- Molarità (M) : numero di moli n disciolte in 1 litro di soluzione:

𝑛 (𝑚𝑜𝑙𝑖 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑙𝑢𝑡𝑜)
𝑀= (𝑚𝑜𝑙⁄𝑙)
𝑣𝑜𝑙𝑢𝑚𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒

- Molalità (m) : numero di moli n di soluto presenti in 1000 g di solvente puro:

𝑛 (𝑚𝑜𝑙𝑖 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑙𝑢𝑡𝑜)
𝑀= ∗ 1000 (𝑚𝑜𝑙⁄𝑔)
𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑠𝑜𝑙𝑣𝑒𝑛𝑡𝑒

- Frazione molare (𝒙𝑨 ) : rapporto tra numero di moli di soluto 𝑛𝐴 e la somma di moli di soluto
e moli di solvente 𝑛𝐵 .
𝑛𝐴
𝑥𝐴 =
𝑛𝐴 + 𝑛𝐵
- Normalità (N) : numero di equivalenti 𝑛𝑒𝑞 di soluto presenti in 1 litro di soluzione:

𝑛𝑒𝑞 𝑠𝑜𝑙𝑢𝑡𝑜
𝑁= (𝑒𝑞⁄𝑙)
𝑣𝑜𝑙𝑢𝑚𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒

In generale 𝑵 = 𝑴 ∗ 𝝂 , dove N è la molarità e 𝜈 è il numero di 𝐻 + in gioco nella reazione,


oppure numero di elettroni scambiati se si tratta di un’ossidoriduzione.

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