Você está na página 1de 15

■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ Hi

__ _____________ M OZIONE ' glior servizio educativo dei Capi che si svolge secondo
un Progetto Educativo elaborato dalla Comunità Ca-
Il Consiglio Generale 1990 Pi-.
3) Gli organismi dell’Associazione ai diversi livelli garan­
Decide tiscono la partecipazione di tutti i Capi alla maturazio­
ne ed alla definizione delle linee dell’Associazione.
che la parte del documento formulato dalla Commissio­ 4) Il progetto pluriennale di ogni livello trae origine da
ne Giotto a partire da pag. 27 ultimo capoverso (“La parte­ una attenta lettura della realtà e indica:
- le aree di impegno prioritario;
cipazione dei Capi”) fino a pag. 31 (“limiti di decisionali-
tà”) di Agescout n. 2/90, diventi riferimento e guida per le - gli obiettivi concretamente realizzabili;
modalità di lavoro delle strutture associative. - lo stile e le procedure generali di lavoro;
- una previsione delle entrate e delle spese connesse al­
la realizzazione degli obiettivi stessi.
5) Il programma annuale:
______________ _ M OZIONE ___________
- indica gli strumenti, le risorse, i modi e i tempi per la
realizzazione degli obiettivi del progetto;
Il Consiglio Generale 1990 - garantisce la coerenza dei diversi interventi operativi
e la relativa verifica.
Decide 6) Poiché l’Associazione si rivolge a bambini, ragazzi e
giovani attraverso il Metodo scout, le Branche rappre­
che le future modifiche dello Statuto si ispireranno ai se­ sentano l’attuazione, l’approfondimento e la diffusio­
guenti principi: ne del patrimonio metodologico secondo le diverse fa­
1) l’Associazione si articola a diversi livelli - Gruppo, Zo­ sce di età; sensibili alla realtà giovanile partecipano al­
na, Regione, Centrale - con funzioni specifiche. l’elaborazione e all’aggiornamento del progetto gene­
2) Il loro lavoro è finalizzato alla realizzazione di un mi­ rale ed alla realizzazione dei programmi.

M OZIONE

Il Consiglio Generale 1990


Decide
di avviare una sperimentazione dell’uso di nuove strutture associative così come descritto nell’articolato che segue.
Tali articoli sostituiscono “ad experimentum” i corrispondenti articoli dello Statuto dall’alt. 11 all’art. 35, più l’art.
40, ed entrano perciò in vigore con la pubblicazione degli Atti del Consiglio Generale 1990.
In considerazione delle variazioni proposte e per consentire un adeguamento non traumatico degli organismi as­
sociativi, si impegnano i vari livelli, a partire dall’approvazione della modifica fino alla primavera 1992 ad organiz­
zarsi operativamente al fine di garantire la continuità e l’acquisizione graduale del nuovo stile di lavoro consen­
tendo la verifica di un ciclo triennale “a regime” con il Consiglio Generale 1995 e quindi la eventuale definitiva va­
riazione statutaria.
Il Comitato Centrale è incaricato di prendere contatto con la Conferenza Episcopale Italiana in relazione ai punti
della riforma delle strutture associative per l’approvazione delle relative modifiche.
Tale disposizione non è valida relativamente al Consiglio Nazionale che deve attuarsi con l’autunno del 1990; il
Comitato Centrale nella nuova struttura verrà eletto nel Consiglio Generale ’91 prevedendo una durata in carica
in modo da produrre un avvicendamento a scalare.
Il Consiglio Generale 1992, sulla base del lavoro preparatorio condotto dal Consiglio Nazionale, elaborerà ed ap­
proverà il progetto nazionale.
PUNTO 5

R iform a delle strutture


ASSOCIATIVE
Conseguenti modifiche a
Statuto e Regolamenti
• il ruolo dei Consiglieri Generali, con riferi­
mento anche al documento presentato al
Consiglio Generale ’89, per quanto riguarda la
funzione eminentemente progettuale del
Premessa
Consiglio Generale;
• l’opportunità di un organismo intermedio tra
Questo documento nasce per rispondere al il Consiglio Generale e il Comitato Centrale,
mandato del Consiglio Generale 1988 che chie­ che abbia due funzioni:
deva al Comitato Centrale di presentare al Con­ - deliberare e verificare la traduzione del pro­
siglio Generale 1990 “un’ipotesi complessiva for­ getto elaborato in programmi;
mulata in articoli che traduca coerentemente per - mantenere il raccordo tra le Regioni e il li­
tutti i livelli dell’Associazione il documento appro­ vello centrale;
vato sulle strutture”; è stato fatto anche in consi­ • l’evidenziazione della Comunità Capi come
derazione della mozione approvata dal Consi­ referente principale sul piano delle strutture e
glio Generale 1989 che, nel ritenere concluso del funzionamento dell’Associazione;
Tesperimento come citato nell’art. 46 dello Sta­
tuto (alternanza dei temi del Consiglio Genera­ • l’ipotesi di sperimentare una rappresentanza
le), dà mandato al Consiglio Generale 1990 di unitaria della dimensione metodologica, che
“definire, all’interno della più ampia e articolata non significhi eliminazione delle Branche ma
riforma delle strutture, funzioni, tempi e modalità modifica dello strumento di rappresentanza di
di lavoro del Consiglio Generale. In attesa di tale questi vari organismi attraverso una rappre­
regolamentazione individua per il Consiglio Gene­ sentanza unitaria del livello metodologico,
rale ’90 i seguenti argomenti da porre al centro dei mantenendo peculiare l’aspetto della Forma­
lavori: zione Capi.
- la traduzione operativa, a tutti i livelli, del docu­
mento strutture approvato dal Consiglio Gene­
rale 1988” (...). Il lavoro della Commissione

Tale Commissione, denominata “Giotto”, ha


Compiti della commissione tentato di comporre, come in un gigantesco af­
fresco, varie immagini operative per poter dare
A tal fine, con delibera approvata nel corso della una risposta complessiva all’esigenza espressa di
riunione di Comitato Centrale con i Responsa­ riforma delle strutture associative.
bili Regionali del 9-10 settembre 1989, è stata co­ Si è preferito comporre, anziché inventare, per­
stituita una Commissione formata da: ché ricche sono risultate le tracce delle opinioni,
dei pareri, delle valutazioni prodotte nella storia
- 2 membri del Comitato Centrale associativa recente e non.
- 2 Responsabili Regionali Ed il fatto che probabilmente la scelta delle varie
pennellate innovative, gli accostamenti e gli im­
- 3 Consiglieri Generali pasti di colore proposti, i toni forti e quelli più te­
nui non riscuoteranno unanimi consensi, è indi­
con il compito di elaborare una proposta di speri­ ce dell’importanza che il tema ha assunto.
mentazione per l’Associazione che presenti la tra­ Certo, per una valutazione complessiva, molto
duzione operativa del documento approvato dal dipende dal punto di osservazione; è difficile, in­
Consiglio Generale '88 e che dovrebbe interessare fatti, in un quadro così articolato, offrire a tutti
un arco di tempo di almeno 5 anni. un’identica prospettiva e rendere evidente il
senso di profondità. Più che il documento in sé,
Tale proposta deve tener conto, per rispettare il saranno i cambiamenti reali prodotti a costituire
mandato assegnatole, dei seguenti orientamenti metri di valore e verifica comuni.
e indicazioni: Ugualmente, pare necessario inserire in questa
premessa il senso di inadeguatezza e di imprepa­
• la progettualità a tutti i livelli dei temi di un razione provato dai componenti la commissione
certo respiro (non meno di tre anni); nella predisposizione del documento. Più che
sulle competenze tecniche o scientifiche utili
• gli interlocutori diversi sia per quanto riguarda per la gestione della tematica del cambiamento
Zona-Regione-Centrale sia per quanto riguar­ organizzativo, oppure su tempi larghi di rifles­
26 da le Branche e la Formazione Capi; sione e ripensamento che non erano possibili, si
è puntato sulla disponibilità ed il gusto per il vocano resistenze al cambiamento. Non si
confronto unitamente alla convinzione che un può liquidare il problema unicamente con ap­
ulteriore rinvio, nella ricerca delle soluzioni pos­ pelli alla buona volontà.
sibili, potrebbe penalizzare senza senso l’intera
Associazione. Nel presentare ai Responsabili Regionali il frut­
to dei lavori della Commissione Giotto è stata
proposta la Filastrocca impertinente di Gianni
Qualche considerazione e sottolineatura Rodari che bene interpreta la necessità del mo­
di politica associativa mento:
Si possono a questo punto inserire anche consi­ Filastrocca impertinente,
derazioni di politica associativa che non sono ir­ chi sta zitto non dice niente,
rilevanti, nel momento in cui siamo chiamati a chi sta fermo non cammina,
decisioni sul nostro modo di fare, perché le re­ chi va lontano non s ’avvicina,
gole in parte veicolano un costume e in parte rie­ chi si siede non sta ritto,
scono a radicarlo, se non a costituirlo. chi va storto non va dritto,
e chi non parte, in verità,
1. L’evoluzione della Associazione e la sua cre­ in nessun posto arriverà.
scita numerica sono avvenute con questa or­
ganizzazione associativa e quindi bisogna co­ (G. Rodari: “Filastrocche in cielo e in terra” Ei­
gliere quello che di vitale questa organizza­ naudi 1960)
zione ha saputo dare.
2. Le modifiche di cultura nell’Associazione so­ Si riparte dal documento strutture
no abbastanza lente e quindi si può accettare approvato al Consiglio Generale ’88
di correre il rischio di modifiche strutturali
anche coraggiose perché l’Associazione avrà Il documento sulle Strutture Associative appro­
la capacità culturale di reggere l’impatto e di vato dal Consiglio Generale 1988 ed il dibattito
reagire. Resta, comunque, il fatto che fino ad ad esso collegato, sono solo l’ultimo pezzo di un
oggi sono stati tentati dei palliativi, che sono cammino che in realtà ha sempre contraddistin­
rimasti tali. to il confronto in Associazione, ma è comunque
3. Crediamo di offrire un piano con una sua coe­ il punto fermo da cui ripartire.
renza interna. Crediamo essenziale che il pia­
no venga discusso, corretto, rifatto, ma che Il Consiglio Generale ’88 ha enunciato alcuni
poi venga approvato in modo unitario, direm­ criteri che a questo punto fanno parte delle scelte
mo in blocco, perché ci sono troppe correla­ associative. Il documento va riletto necessaria­
zioni fra un livello e l’altro perché si possa cre­ mente in concomitanza con gli altri documenti
dere che una modifica non abbia ricadute ed approvati dallo stesso Consiglio Generale e con
effetti in altre parti del sistema. la relazione del Comitato Centrale, proprio per­
ché la riflessione sulle strutture associative, nel
4. Non abbiamo ritenuto che fosse nostro com­ documento approvato, parte dal dire quale As­
pito la mediazione, ma che il nostro contribu­ sociazione siamo, quale identità di Associazio­
to dovesse essere quello di presentare un pia­ ne prendiamo a riferimento e anche a criterio di
no che onestamente riteniamo applicabile, verifica del funzionamento delle strutture per
anche se rischioso; non crediamo ai cambia­ fare un qualsiasi discorso di tipo organizzativo.
menti che lasciano tutto come prima. Nel documento ci sono tre capitoli:
5. In coscienza riteniamo che convenga dare un - le scelte politiche di fondo di una organizza­
segnale piuttosto chiaro all’Associazione su­ zione che vuole mantenere la sua identità;
gli orientamenti che si vogliono perseguire;
in un secondo tempo saranno possibili corret­ - le scelte di tipo operativo concreto;
tivi. Al contrario, ci pare che una terapia trop­ - i nodi ancora da sciogliere, da capire e articola­
po in punta di piedi corra il rischio di essere re bene.
inefficace perché non avvertita.
6. L’esigenza di cambiare le strutture associati­ Questa impostazione potrebbe essere così ripro­
ve non nasce dalla sensibilità di pochi raffina­ posta:
ti, ma si inserisce con costanza, negli ultimi
anni, nei punti nodali di intreccio associativo. 1. la partecipazione dei Capi alla elaborazione
“È impossibile per l’Associazione lavorare delle scelte associative è un valore e non un
così”, si sente ripetere nei Comitati, nei Con­ mezzo per meglio diffonderne l’accettazione.
sigli, nelle Assemblee, nel Consiglio Genera­ La partecipazione dei Capi viene cioè consi­
le. Allora occorre tener presente questo diffu­ derata un aspetto della più vasta partecipazio­
so disagio ed utilizzarlo come spinta ai muta­ ne alla vita della società nella quale viviamo,
menti richiesti quando i variati equilibri pro­ cioè all’impegno politico e sociale, ed ha co­
me obiettivo la costruzione del patrimonio siasi modifica delle strutture ha quindi senso
associativo e la partecipazione alla evoluzio­ se è funzionale al raggiungimento di questi
ne del pensiero sull’educazione. scopi.
2. L’Associazione è centrata sul suo intervento
educativo; quindi il luogo dove questo avvie­
ne (il Gruppo) è il luogo di attuazione delle L’organizzazione a livelli
scelte, cioè il vero centro decisionale, di fatto
e di diritto. Questo si indica con il termine di La struttura dell’Associazione è ripartita su
Associazione distribuita per sottolineare che quattro livelli:
gli interventi (quello propriamente educativo - il Gruppo
come quello più mirato all’impegno politico e
sociale) localmente vengono realizzati in mo­ - le Zone
do significativo e compiuto. - le Regioni
3. L’Associazione, nei suoi interventi, ha deciso - il Centrale.
di operare per progetti, definendo un disegno
dell’intervento (scopo, motivi, attori, resi­ Pur essendoci interrogati in profondità se i quat­
stenze,...) che poi viene tradotto in una suc­ tro livelli, in cui è suddivisa l’Associazione, sia­
cessione di azioni, cioè in un programma. Il no la migliore soluzione possibile ed accoglien­
risultato viene valutato in relazione al proget­ do con attenzione le numerose ipotesi di sempli­
to, ed ogni singolo intervento viene quindi ficazione proposte in varie occasioni, siamo arri­
letto rispetto alla sua congruenza per la realiz­ vati alla conclusione che rimpianto organizzati­
zazione del progetto stesso. vo oggi esistente è difficilmente sostituibile con
alternative altrettanto organiche. Quindi i livelli
Dai punti precedenti occorre trarre un paio di organizzativi potrebbero restare quelli noti, spe­
conseguenze ovvie, ma proprio per questo di so­ cificandone bene competenze, interlocutori e
lito poco considerate: struttura.
- visto che l’educazione, in sensp proprio e
compiuto, si realizza solo nell’intervento del È da sottolineare, in questo contesto, che “i ter­
Gruppo, questo è l’unico livello dove si faccia mini Zona e Regione non rappresentano strutture
un “progetto educativo”-, agli altri livelli, pur pensate in funzione associativo-educativa, ma so­
avendo dei riferimenti di tipo educativo, si fa­ no legate alla realtà esterna, cioè alla suddivisione
rà un progetto di Formazione Capi, di soste­ politico-amministrativa-ecclesiale delle Province,
gno all’intervento educativo e così via; delle Diocesi e delle Regioni”.
E se anche qualcosa è cambiato negli ultimi an­
- proprio perché siamo Associazione (e non fe­ ni, siamo ancora in presenza di problematiche
derazione di gruppi) la congruenza fra il Grup­ diversità: “come si può pensare a del/efunzioni e a
po scout e la missione educativa della Associa­ un ’organizzazione ugualmente efficaci per la Zona
zione viene valutata in primo luogo dalla Co­ di Brescia e per quella di Isernia? Per il Veneto e_
munità Capi, ma viene anche riscontrata dal per la Basilicata?Nell’impossibilità di moltiplica-
livello superiore, cioè dalla Zona. Questo pro­ re le risposte adeguandole a domande tanto diver­
cesso si ripete a catena fino al Consiglio Gene­ se, il nostro discorso è rimasto generico epoco inci­
rale. sivo "(O. Losana 1987 - contributo al Centro Stu­
di e Documentazione).
4. Bisogna favorire al massimo la presa di re­
sponsabilità personale di ogni Capo: la sosti­ Il documento del Consiglio Generale ’88 preci­
tuzione non rinforza chi viene sostituito, ma sava che “occorre orientativamente riferirsi al
lo uccide. Nell’aprile 1910 B.-P. scriveva che numero di Gruppi per Zona (12-20) tenendo
“il valore della formazione scout consiste per conto delle esigenze particolari di aree metropo­
una buona metà nel porre delle responsabili­ litane e non, e che una assemblea con più di 200
tà sulle giovani spalle del ragazzo” (Taccui­ persone è ingestibile almeno con il nostro stile”.
no). Quando un livello superiore (Zona nei Bisogna andare più in là (...Area al posto di Re­
confronti del Gruppo per le attività dei ragaz­ gione? Regioni a Statuto Speciale? ecc.), anche
zi e così via...) si sostituisce ad uno inferiore, se la Commissione Giotto non ha formulato
letto come “debole”, scopre che alla prima oc­ proposte ulteriori.
casione l’organo che è stato assistito (com­
missariato) è più debole di prima. Si è invece ribadito il ruolo dei quattro livelli:
5. Siamo un’Associazione in cui le strutture esi­ - il Gruppo come insostituibile soggetto per
stono in quanto permettono ai Capi e alle Co­ l’azione educativa, in cui il Progetto Educativo
munità Capi di realizzare un migliore servizio elaborato da una Comunità Capi diventa ri­
educativo e garantiscono la partecipazione sposta ai bisogni educativi di un territorio e
di tutti i Capi alla maturazione ed alla defi­ proposta di originale Progressione Personale
nizione delle linee dell’Associazione. Qual­ Unitaria “dalla Promessa alla Partenza”;
- la Zona, di cui più volte si è sottolineata la cen­ esempio a vivere momenti di formazione per­
tralità, base della nostra democrazia (perché a manente.
contatto diretto con le Comunità Capi), strut­ La seconda garanzia di democraticità della par­
tura primaria di progettazione nel territorio, tecipazione sta nella chiarezza di compiti e di ruoli
strumento insostituibile per sostenere e vita­ dei diversi organismi”.
lizzare le Comunità Capi, sintesi della dimen­
sione associativa, luogo privilegiato di con­ Accanto alle riflessioni succitate, la Commissio­
fronto e dialogo con la realtà civile ed ecclesia­ ne Giotto ritiene di formalizzare il funziona­
le; mento di due tipi di sistemi: il circuito informati­
- la Regione, luogo “tattico” di lettura dei biso­ vo e quello programmatorio.
gni educativi, di elaborazione di proposte per Per circuito informativo si intendono i canali che
\&formazione dei capi, di realizzazione dei ser­ permettono la circolazione delle idee, delle
vizi organizzativi e di rappresentanza necessari esperienze, delle proposte, la conoscenza delle
per poter essere Associazione educativa di vo­ quali consente di predisporre i progetti ed i pro­
lontariato, di cura del raccordo tra le Zone e di grammi.
filtro e sintesi associativa; I canali per la realizzazione dei progetti e dei
programmi utilizzano invece il circuito program­
- il Centrale, luogo “strategico” di sintesi e gover­ matorio (assemblee, convegni, consigli, comita­
no associativo, di analisi permanente, custodia ti).
intelligente e costante aggiornamento del Me­ La comprensione delle differenze e dell’interdi­
todo scout, di coordinamento e di gestione pendenza tra questi circuiti è fondamentale per
delle iniziative di Formazione Capi, di esecu­ risolvere alcuni nodi e confusioni oggi esistenti.
zione dei mandati di elaborazione e studio af­
fidatigli dal Consiglio Generale, di rappresen­ Le attività, le riflessioni, gli studi e le iniziative
tanza ai livelli nazionali, di coordinamento dei effettuate in Associazione, vengono comune­
servizi organizzativi e del circuito informati­ mente trattate dai Capi con attenzione diversa a
vo. seconda dell’approfondimento e del grado di
operatività che hanno raggiunto. In realtà, per
essere radicati nella tradizione e rispondere ad
Il circuito programmatorio una realtà in continuo cambiamento, occorre
ed il circuito informativo che siano affrontati molti argomenti in stati dif­
ferenti di definizione.
.. dovremmo interrogarci sui rapporti che legano Nel lavoro di preparazione ed elaborazione di
alla democrazia l’educazione e, all’interno di que­ un progetto, nella sua traduzione in programma
sti, scoprire come il dialogo intervenga e a quali e nella verifica periodica, gli aspetti e gli argo­
condizioni sia possibile instaurare una comunica­ menti toccati si possono allora suddividere in tre
zione che non sia scambio formale delle parti ma categorie:
reale processo di maturazione delle idee, piuttosto a) linee innovative e di lungo respiro;
che sterile gestione del consenso. b) ambiti ed elementi che richiedono sperimen­
Il significato del lavoro sulle strutture che stiamo tazione ed approfondimento;
facendo è il problema della democraticità. È diver­ c) elementi operativi su aspetti consolidati.
so pensare alla democrazia come semplificazione Nella prima categoria vi sono sostanzialmente i
della gestione o pensare alla democrazia per con­ contributi alla formazione della volontà associa­
sentire lo sviluppo del pensiero...”{M.L. Celotti - tiva; essi vanno raccolti e utilizzati in occasione
Consiglio Generale 1989). di eventi relativi ai livelli superiori a quello che li
ha evidenziati.
Il tema delle strutture è spesso intrecciato con il Nella seconda categoria vi è ciò che richiede un
tema della democrazia associativa, e alle volte approfondimento ed uno sviluppo ulteriore in
l’ordito è così fitto che è difficile seguirne la tra­ funzione di una generalizzazione e diffusione
ma. da proporre ai livelli superiori. In alternativa po­
Su questo, il Consiglio Generale ’88, nel sottoli­ trebbe essere una sperimentazione da effettuare
neare che la partecipazione è un valore, ha evi­ su mandato dei livelli superiori.
denziato che “... ciò che conta non è tanto la pre­ Infine all’ultima categoria appartiene ciò che è
senza formale alla decisione ma l’elaborazione acquisito ed è elemento centrale di un progetto
condivisa che porta alla decisione; la necessità di “operativo” in senso stretto. Le decisioni prese e
basare i rapporti di delega sulla fiducia costrutti­ le elaborazioni effettuate dal Consiglio Genera­
va...”. le appartengono a questa categoria.
E ancora: “La prima garanzia della democratici­
tà della decisione è che siano individuati con II buon circuito informativo è quindi determinan­
chiarezza gli ambiti in cui essa avviene. Deve es­ te per raccogliere e diffondere quanto appartie­
sere chiaro in partenza quando un organismo è ne alla prima e seconda categoria. Sono i contri­
chiamato a decidere, elaborare o verificare e buti che vanno analizzati e selezionati in modo
quando è chiamato a fare qualcosa d’altro, per da fornire agli opportuni organismi associativi
(es. i Consigli Regionali) gli elementi per indivi­ - ricondurre i progetti ad obiettivi, stili ed atten­
duare i temi su cui impostare la parte di progetto zioni comuni, scegliendo le aree di impegno
di più ampio respirto e con scadenze in tempi prioritario;
lunghi.
- suscitare una crescita culturale omogenea;
Accanto alla raccolta ed alla sintesi si colloca - specificare il circuito informativo.
l’eventuale elaborazione e formalizzazione del­
le idee emergenti in proposte organiche (a cura, Lavorare per progetti, nella terminologia che
per esempio, delle Branche e della Fo.Ca). usiamo da tanto tempo, è scelta necessaria per
governare il cambiamento, per avere una possi­
Nel momento dell’attivazione del circuito pro­ bilità di incisività sul piano educativo, sul piano
grammatone, si scelgono gli aspetti emergenti della realtà più in generale. Dopo il Consiglio
meritevoli di attenzione e si integrano le richie­ Generale ’89 il lavorare per progetti fa assumere
ste di servizi ed i mandati appartenenti alla terza una rilevanza particolare alla intenzionalità del­
categoria. l’educatore.
È chiaro che tra i due circuiti, quello più consoli­
dato sembra essere il programmatorio, mentre La differenza tra il momento progettuale e quel­
l’informativo, pur essendo dotata l’Associazio­ lo programmatorio è in realtà difficile da coglie­
ne di complessi strumenti di informazione, sten­ re in modo netto: certamente occorre la massi­
ta ad acquisire un riconosciuto ruolo per la par­ ma democrazia e partecipazione sui progetti,
tecipazione di tutti e la circolazione e la matura­ con accentuazione del tratteggio dello scenario,
zione delle idee. dei grossi obiettivi e della definizione degli in­
terlocutori; diversamente, i programmi che tra­
La formalizzazione di compiti e ruoli forse po­ ducono le linee progettuali esigono grande ope­
trebbe accentuare il rilievo del sistema elaborati- ratività, con ricorso abituale alla delega, privile­
vo delle informazioni in Associazione. Fra que­ giando la definizione dei tempi, di obiettivi spe­
sti sono da attribuire: cifici e di modalità concrete di attuazione.
- punti di rilevazione di informazioni interne/ La proposta di lavorare per progetti successivi,
esterne (sono le osservazioni sulle nuove ten­ articolando in modo rigido i tempi (prima la Zo­
denze, sui fatti emergenti, sulle analisi delle na, poi la Regione, infine il Centrale), ha incon­
perdite o sul successo delle proposte fatte); trato nel Consiglio Generale ’88 decisa opposi­
- punti di produzione (sono la nascita voluta di zione.
novità: soluzioni nuove, particolari iniziative, È comunque da ribadire che il riferimento tem­
un tentativo di risposta,...); porale per la formulazione dei progetti ai diversi
livelli resta quello di 3 anni. Pare utile specificare
- punti di catalogazione e smistamento (le in­ che gli obiettivi indicati dai progetti possono ri­
formazioni vanno ordinate, ma soprattutto chiedere più tempo rispetto a quello concesso
occorre che giungano al destinatario corrette dalla frequenza di attivazione del circuito pro­
non annegate nel rumore di informazioni di grammatorio (3 anni). Ciò significa che si effet­
scarso rilievo per quel destinatario); tueranno periodicamente delle verifiche e degli
- punti di lettura-interpretazione-sintesi; aggiustamenti e saranno compresenti obiettivi a
diversi gradi di realizzazione.
- punti di distribuzione;
- un sistema organizzativo (la funzionalità di Rispetto alle integrazioni dei progetti e program­
un tale circuito richiede consapevolezza della mi dei vari livelli, sempre il Consiglio Generale
sua importanza ed un’adeguata considerazio­ ’88 ha evidenziato che la “crescita dell’elabora­
ne della necessità di organizzarlo). zione del patrimonio associativo e la formazio­
ne della volontà associativa avvengono con un
movimento privilegiato dal basso verso l’alto.
Progetti, programmi e integrazione fra gli stessi Questo vale anche per la lettura delle esigenze di
formazione”. Nel recepire tale sottolineatura si è
Lavorare per progretti significa concretamente anche manifestato il rischio che i progressivi
adottare, da parte di tutti i livelli associativi, le tentativi di sintesi ai livelli superiori, senza la cu­
modalità di lavoro della Comunità Capi: ra di una adeguata ricaduta operativa (con un
movimento dall’alto verso il basso), possano
- indicare i problemi e le attenzioni emergenti, rendere vano lo sforzo di pervenire a riferimenti
sia all’interno che all’esterno dell’Associazio­ culturali e a linee educative comuni. Forse è un
ne, connessi con il “fare educazione”; falso problema, in quanto nel momento incui le
- precisare la collocazione e la posizione del­ strutture funzionano, non c’è movimento privi­
l’Associazione rispetto alle attese esterne; legiato; ovvero, lo stesso ha un andamento cir­
colatorio, portando verso l’alto i problemi, i bi­
- orientare i rapporti con gli interlocutori ester­ sogni, le elaborazioni per la formulazione del
ni; progetto che, una volta formulato, ritorna verso
la base. Certo, su questo aspetto, prima di conta­ Responsabili e dell’A.E. ; i primi eletti al ruolo dal­
re su meccanismi collaudati, occorrerà un perio­ le rispettive Assemblee/Convegni/Consiglio
do di sperimentazione che potrà accentuare Generale ed il secondo nominato dalla compe­
l’uno o l’altro movimento a seconda delle esi­ tente autorità ecclesiastica. Tale procedura di
genze. elezione al collegio dovrebbe portare nei Comi­
tati dei quadri in possesso di una visione associa­
Indubbiamente andrà accentuato, accanto ad tiva più che come espressione di una Branca o di
elementi di analisi e di riferimento comuni, il ca­ un Settore. All’interno dei Comitati, particolare
rattere di specificità del progetto di ogni livello rilevanza avranno i Presidenti/Responsabili
associativo e poiché un livello si troverà impe­ che, eletti al ruolo, dispongono del collegio (e re­
gnato su aspetti decisi in base alla autonomia e lativi staff) e rispondono a chi li ha eletti.
alle necessità “locali”, i livelli superiori dovran­
no evitare di “caricare” il livello inferiore. Proponiamo che queste finalità vengano perse­
Mediante lo sforzo di sintesi, la regolazione ed il guite da una diarchia (con l’eccezione di quella
controllo, un livello “guiderà” il livello più basso organizzativa) perché ci pare che sia una via spe­
e stabilirà i reciproci lifniti di decisionalità. rimentata in AGESCI con successo di avere pre­
senti due punti di vista nel momento di elabora­
zione, gestione e sintesi di interventi che sono
Il momento del Comitato tutti orientati alla educazione, anche se non di­
rettamente educativi.
Ci è parso che una modifica strutturale significa­
tiva dovesse avvenire intorno al momento del I vari Incaricati potranno (ma è senz’altro oppor­
Comitato. Questo momento ha una funzione di tuno) farsi aiutare da Pattuglie e nominare a loro
gestione, ma nei fatti e nella esperienza associa­ volta degli Incaricati o staff per settori specifici.
tiva, anche di indirizzo. In una parola, ad esso è Nella composizione delle varie Pattuglie do­
affidato il Governo dell’Associazione ai diversi vranno avere rilevanza il ruolo di lettura della
livelli e per questo deve poter contare su una fat­ realtà (mediante adeguate rappresentanze terri­
tiva collegialità ed una agilità operativa. toriali) ed il ruolo di specifica competenza (me­
diante adeguata presenza di esperti). I Settori
Proponiamo che le medesime funzioni siano potranno essere di carattere stabile (come molti
presenti ai vari livelli (Centrale e Regioni, in Zo­ attualmente), oppure legati a singole necessità,
na con qualche modifica), anche se con interlo­ ma comunque inseriti nel progetto generale di
cutori e finalità differenti. ogni livello e sotto la piena responsabilità del
Comitato.
A. Le figure di Presidenti/Responsabili con una
finalità di coordinamento e sintesi delle diver­ II ruolo delle Branche merita qualche specifica­
se azioni (educazione e formazione capi) e di zione, anche se la Commissione Giotto è co­
colloquio con il territorio. sciente che la loro presenza nei Comitati solo
B. Due Incaricati con finalità di supporto alla con una sintetica rappresentanza sarà uno dei
educazione, cioè alla custodia intelligente del punti su cui facilmente si accenderà il confronto.
metodo, con costante lettura dell’impatto ed Le maggiori obiezioni di cui in Commissione
efficacia del metodo con i ragazzi, con rifles­ Giotto si è parlato sono queste:
sione ed elaborazione pedagogica. In questo A. se il progetto di un’Associazione educativa
ambito rientrano le Branche nel senso tradi­ come la nostra nasce e viene elaborato da or­
zionale del termine. ganismi in cui “le Branche non ci sono” si
C. Due Incaricati con una finalità di supporto al­ corre il rischio di andare in direzioni non pro­
laformazione dei capi, sia in senso personale, prio rispondenti ai bisogni educativi;
che nella loro intenzionalità di essere Capi. B. le Branche hanno una loro storia, un proprio
D. Un Incaricato/a con finalità di supporto orga­ patrimonio culturale che è ricchezza per
nizzativo, comprendendo in esso i vari servizi l’Associazione. Ancor di più, le nostre Bran­
logistico/economico/gestionali propri delle che vivono e sono una dimensione di movi­
Associazioni complesse. mento (forse le Branche R/S più delle altre
ma non in termini assoluti) e ciò non solo è
E. Un Assistente Ecclesiastico con una finalità positivo per quanto esse possono realizzare
di concreto segno di comunione con la Chiesa in quanto tali, ma anche per il contenuto
universale e di espressione dei carismi, sacer­ educativo che in tale dimensione è espresso.
dotali.
La proposta di una rappresentanza unitaria delle
Proponiamo che queste finalità siano perseguite Branche all’intemo dei Comitati nasce non dal
da organismi collegiali sufficientemente ristretti desiderio di annullare il patrimonio associativo
da poter raggiungere un punto di sintesi davvero che esse sono, ma di corrispondere anche strut­
condiviso ed in cui i ruoli siano suddivisi da mem­ turalmente allo sforzo di unitarietà a tutti i livelli
bri stessi del gruppo con l’eccezione dei Presidenti/ associativi; la focalizzazione della Partenza co­
me obiettivo educativo di tutte le Branche, le ri­ Ed in effetti, l’esigenza di essere operativi con la
flessioni sulla Progressione Personale Unitaria, necessaria rapidità e dove richiesto, dovendo ga­
il rievidenziato protagonismo delle Comunità rantire il più ampio coinvolgimento di tutti i Ca­
Capi, sono tutti segnali che abbisognano di una pi, fanno ritenere che l’organizzazione a livelli
rappresentazione “forte” nelle strutture associa­ con connessioni strette tra di essi sia più funzio­
tive. nale ai bisogni “interni” che alle esigenze susci­
tate dall’esterno. Gli organismi di livello più al­
E comunque due Incaricati “al Metodo” posso­ to, Regione e Centrale, pur avendo precisi inter­
no adeguatamente garantire il coordinamento locutori, dovranno svolgere, verso l’esterno, un
delle funzioni attribuite alle Branche che man­ ruolo’ di orientamento, di relazione e supporto;
terranno i loro Incaricati (nominati) e le loro inoltre essi ricercheranno ed offriranno ad Enti
Pattuglie. Il loro cambiamento reale sarà che le e organismi pubblici e ad altre associazioni la
Branche non avranno più “potere” autonomo: collaborazione su progetti di più ampio respiro
ad esempio di convocare i Capi o di avviare atti­ che hanno a che fare con l’immagine dell’Asso­
vità per ragazzi, ecc. Dovranno, come ora, go­ ciazione. La corretta formazione della volontà
vernare il processo di evoluzione-attualizzazio- associativa, la delega ed il mutuo controllo-veri-
ne del metodo, valutare la formazione metodo- fica daranno al livello intermedio e altro le indi­
logica dei Capi, tenere sotto controllo Parco di cazioni sufficienti per agire con la garanzia da
età e l’efficacia dell’uso del metodo sui ragazzi/ parte dei Capi di un ampio consenso e conver­
e, indicare e formare Capi competenti nel meto­ genza sulle posizioni espresse.
do di Branca per gli eventi di Formazione Capi e
trovare le adeguate sintesi degli sforzi di elabo­ Le funzioni che caratterizzano le strutture del­
razione metodologica per i progetti ai vari livelli. l’Associazione sono:
“Al di là degli sforzi, consapevoli e ben orientati, di - la gestione del circuito informativo;
tanti di noi, accanto ai tantifrutti positivi di questo - la formazione;
lavoro, si è sviluppata una mentalità ed una abitu­
dine di lavoro per Branca che, innestandosi su una - la elaborazione;
consolidata tradizione associativa - formatasi - la sintesi;
quando ancora non avevamo “inventato” la Co­
munità Capi - hafinito per andare contro gli scopi - il supporto organizzativo;
per i quali abbiamo ideato le Comunità Capi. Qua­ - la regolazione ed il controllo.
si solo a queste, in buona sostanza, è stata delega­
ta da tutta l’Associazione per un lungo periodo la
responsabilità - pur avvertita come primaria da La Comunità Capi
tutti - di impegnarsi perché la proposta mantenes­
se un carattere unitario e globale” (M. Millo - “La Comunità Capi prima di essere una struttura
Convegno Quadri dicembre ’85). associativa è un sogno e va trattata con il rispetto e
la cura, con l’attenzione e la discrezione proprie di
un sogno gelosamente cullato nel cuore che male
Interlocutori, competenze, funzioni resiste alle indagini, alle inchieste, ai metodi. Non
perché analisi, inchieste e metodi non posono stu­
Occorre che siano chiari gli interlocutori privile­ diarla, ma perché se manca il sogno delle persone
giati, le competenze e le funzioni ai vari livelli. che la vogliano e la vivono, non resta che una pelle
Già il Documento Strutture del Consiglio Ge­ secca e vuota. Il sogno è che sia possibile veder vi­
nerale ’88 cercava di definire in modo abbastan­ vere un gruppo di persone, diverse per età, per espe­
za lucido gli interlocutori, la separazione delle rienza, per molte sensibilità, per sesso, che insieme
competenze tra i vari organismi e la separazione si riuniscono e riescono a collaborare ad una com­
dei poteri. plessa opera di educazione, non gelosi delle inizia­
tive che ciascuno prende o di quanto è più sotto il
Nel proporre un riassestamento delle strutture diretto controllo di ciascuno, perché è da! lavoro
associative bisogna precisare con molta atten­ corale, globale che l’intervento ha un senso, una
zione questi dati per non correre il rischio di ave­ continuità una validità anche nel precario di un
re meccanismi di riferimento chiari nella forma tempo che tutto consuma velocemente. Il sogno che
ma non nella sostanza. D’altra parte ci si rende non sia l’identità di carattere, di temperamento o
conto che definizioni puntigliose riescono ad es­ difede politica che è cemento, ma lo scopo per cui
sere norme coerenti e chiare sulla carta, ma ina­ ci si riunisce e i motivi che hanno indotto ciascuno
datte a cogliere le diverse sensibilità ed esigen­ a scegliere quella che diviene la scelta di operare
ze. Senza dubbio la definizione di interlocutori per gli altri attraverso l’educazione non è entusia­
privilegiati, di competenze e di funzioni ai vari li­ smo di un un momento, ma scelta di un modo di ve­
velli deve essere accompagnata, più di altre cose, dere e di giocare la vita: unità quindi realizzata in­
dal buon senso, facendo riferimento soprattutto torno al motivo, intorno allo scopo prima che in­
al senso globale dell’impostazione più che ai sin­ torno al modo. Ed anche qui il sogno ignora la dif­
goli tasselli che compongono l’intera struttura. ficoltà che deriva dal diverso stato di maturazione
delle scelte fondanti la vita che la sensibilità, munità Capi. Allora, se siamo certi della scelta
l’esperienza e l’età possono portare”(Cocagenda della Comunità Capi quale perno dell’Associa­
’89-’90). zione dobbiamo dare segnali chiari per favorire
la sua effettiva crescita di ruolo e di qualità nella
Niente da cambiare rispetto alle norme dello proposta educativa.
Statuto; lo sforzo per identificare nella Comuni­ In questa direzione vanno numerosi documenti
tà Capi il “perno ”dell’Associazione va fatto nella associativi recentemente approvati (Documen­
direzione di un rilancio operativo delle linee e to sull’Impegno Politico e Civile, Consiglio Ge­
definizioni già patrimonio associativo, soprat­ nerale ’88 - Documento sull’Educazione alla
tutto nei tre aspetti di: rapporto con il territorio, Fede, Consiglio Generale ’88 - Piano Operativo
luogo privilegiato di formazione permanente E.P.C., Consiglio Generale ’89, solo per citarne
dei Capi (intendendo per formazione anche la alcuni) e quindi occorre accentuare l’investi­
riqualificazione), luogo di elaborazione e di co­ mento di energie e di attenzioni per porre le Co­
gestione di un progetto educativo che non sia munità Capi in grado di rispondere alle attese.
solo “scritto” ma vissuto e verificato.
Così l’affermazione che /' ragazzi sono interlocu­
Gli interlocutori privilegiati della Comunità Ca­ tori privilegiati della Comunità Capi vuol signifi­
pi sono innanzitutto i radazzile, cui è rivolta la care che ad essa e non alla Zona o alle Branche è
proposta educativa; sono loro i soggetti princi­ affidato il compito di proposta educativa diretta,
pali del Progetto Educativo elaborato dalla Co­ vuol dire che la festa di S. Giorgio, la Caccia di
munità Capi. Collegate a questi troviamo le loro Primavera, il Fuoco di Pentecoste possono esse­
famiglie: senza un rapporto ed intreccio con loro re momenti efficaci di esperienza educativa solo
le esperienze che il Gruppo scout propone ri­ se inseriti con attenzione nei Progetti Educativi
schiano di restare occasioni di gestione del tem­ di Comunità Capi.
po libero e non progressione educativa. Sul pia­
no esterno il rapporto con il territorio si concre­ Così il ruolo del Capo Gruppo e dell’Assistente
tizza con gli interlocutori individuati e scelti con Ecclesiastico di Gruppo va preso a reale riferi­
il Progetto Educativo; fra essi emergono come mento nella stesura dei programmi di Zona
riferimenti la Parrocchia, la Scuola, gli Organi (Consiglio di Zona), favorendo e stimolando oc­
Istituzionali territoriali, ecc., ma sono ugual­ casioni specifiche di formazione, ma anche po­
mente importanti le altre associazioni giovanili nendolo al centro degli sforzi per far diventare
ed agenzie educative, i luoghi e le persone signi­ prassi comune nella Comunità Capi l’uso del
ficative, ecc. Non ultimo è il ruolo di interlocuto­ Progetto del Capo.
re che assumono i bambini, i ragazzi, i giovani
che (o “non”?) hanno avuto l’opportunità di vi­ Relativamente alla gestione del circuito informa­
vere la proposta scout. tivo, il Gruppo resta un importante punto di rile­
vazione di informazioni inteme/esterne ed an­
La sottolineatura che da vari anni identifica nel che un punto di produzione. Spesso la ricchezza
Progetto Educativo di Gruppo il riferimento prin­ di letture attente del territorio e dei ragazzi/e, la
cipale per una educazione realizzata nel territo­ ideazione e realizzazione di iniziative originali e
rio ha superato varie fasi; dal concentrare gli “furbe”, non trova adeguati canali di documen­
sforzi in attente e a volte esagerate analisi d ’am­ tazione e di confronto, spegnendosi in verifiche
biente, si è passati ai consigli pratici per semplifi­ approssimative o rituali. Lo sforzo di storicizza­
care in pochi obiettivi documenti con articola­ re esperienze ed idee in forma documentata, de­
zioni e spessori senza possibilità di interpreta­ ve diventare prassi comune nei Gruppi e, supe­
zione, per giungere infine al pratico superamen­ rando timidezze e superficialità, porsi come
to della centalità del Progetto Educativo di Grup­ strumento di confronto e crescita associativa
po, per la verità spesso inesistente, con superiori concretizzando quel movimento “dal basso ver­
schemi progettuali di Branca, di Zona, Regiona­ so l’alto” più volte dichiarato e ribadito utile per
li, ecc. Così, oggi (ad esempio), una Comunità l’Associazione. Il Gruppo, poi, rappresenta un
Capi che con onesta attenzione rileva nel suo importante punto di distribuzione delle infor­
territorio l’esigenza di accentuare l’azione edu­ mazioni: riviste per Capi non lette, riviste di
cativa intorno al tema della catechesi, si ritrova Branca non utilizzate per le attività, fogli e noti­
in realtà ad applicare linee operative sulla Liber­ ziari regionali marginalizzati rispetto alla* pro­
tà, Solidarietà, Politica, ecc., altrove decise e su grammazione di Comunità Capi rappresentano
analisi forse poco aderenti alle sue esigenze. in realtà uno sforzo enorme con risultati a volte
Certamente si può ritenere che Capi preparati minimi. Deve crescere nella Comunità Capi la
sanno dosare con attenzione gli elementi di,con­ coscienza dell’importanza della circolazione
tenuto a loro disposizione e sanno accogliere (non a vuoto) delle informazioni.
positivamente gli “stimoli progettuali” da qua­
lunque parte arrivino; ma certo il bombarda­ Riguardo alla Comunità Capi luogo di formazio­
mento di “messaggi progettuali” sui Capi crea al­ ne, crediamo che ci potrà essere dibattito su mo­
le volte confusione e disagio, spinge ad indivi­ dalità e applicazioni, ma non sulla funzione stes­
duare semplicistiche identità alternative alla Co­ sa. La progressiva sensibilità associativa intorno
al già citato “Progetto del Capo”può facilitare al ruolo della Zona non è di semplice coordinamento
già citato "Progetto del Capo ”può facilitare nuo­ ‘dall’esterno’ di Comunità Capi isolate fra loro,
ve sottolineature sulla Comunità Capi, luogo ma è invece quello di animazione e continuo rin­
privilegiato per la formazione permanente del sanguamelo di Comunità Capi composte di Capi
Capo. scout, tuttifortemente unitifra loro, per scelta pro­
Rispetto alla elaborazione (come istruzione e fonda del loro essere educatori scout”, (dagli atti
preparazione di proposte educative, di interven­ del Convegno Quadri del dicembre ’85).
to politico, di intervento sociale), alla sintesi (co­
me custodia intelligente della tradizione scout, Pensiamo ormai consolidata l’idea che interlocu­
come valutazione dei contributi e delle proposte tori principali della Zona siano le Comunità Capi;
di innovazione educativa e come analisi delle ri­ occorre però che siano superate tendenze quali
sorse e dei Capi a disposizione) ed al supporto or­ il ritenere la Comunità Capi unica e sola respon­
ganizzativo», la Comunità Capi dispone dello sabile dei due compiti associativi affidatigli (ga­
strumento del Progetto Educativo che, superate ranzia delfunitarietà della proposta e formazio­
le fasi e le accentuazioni sopra accennate, ha le ne permanente dei Capi) o lo scavalcare le Co­
potenzialità per essere riferimento centrale della munità Capi giudicandole sostanzialmente ina­
azione educativa. deguate rispetto ai grandi compiti loro affidati
che, forse mai presenti in forma assoluta, ridu­
Da ultima, la funzione di regolazione e controllo, cono la Zona a pura coordinatrice di Gruppi se­
che nella verifica del Progetto Educativo trova il parati fra loro oppure gli fanno assumere un ruo­
suo momento più qualificante. Perché questo lo di fornitrice di “ricette metodologiche” pre­
sia possibile occorre che i progetti ed i program­ confezionate fin nei dettagli... La Zona è la base
mi abbiano una scadenza temporale ragionevo­ della nostra democrazia associativa ed essere As­
le e siano verificati da chi li ha vissuti, valutando sociazione è la capacità di unità, di fraternità, di
gli obiettivi proposti ed i risultati raggiunti. Un intesa fra gli uomini, di vittoria sui pregiudizi, di
altro importante momento di regolazione e con­ vero gioco di squadra a livello adulto.
trollo è rappresentato dalla corresponsabilità che
lega i componenti di una Comunità Capi nella Importante quindi prevedere nelle strutture di
consapevolezza che di tutto ciò che accade nel Zona luoghi e spazi perché la “cultura”associati­
Gruppo la responsabilità è equamente distribui­ va possa diventare patrimonio di tutti i Capi, at­
ta tra tutti i membri della Comunità Capi. traverso il confronto, l’approfondimento, la for­
mazione permanente.
“Non ridimensioniamo il sogno: significherebbe Per questo si prevede in Zona, ogni anno, un in­
stravolgere, cancellare il senso stesso de! nostro contro di tutti i Capi in forma di Assemblea (ogni
stare insieme; cerchiamo vie per realizzarlo guar­ tre anni Convegno), con lo scopo di analizzare la
dando alle carenze di oggi, alla realtà di oggi, alle realtà ambientale ed associativa, prendere co­
persone di oggi (...), che possono decidere di essere scienza dei bisogni educativi ed organizzativi ed
segno e di realizzare lo scopo comune a tutti i Capi elaborare il progetto di Zona (ogni triennio), ga­
della Associazione” (Cocagenda 89-90). rantendo la circolarità delle informazioni tra le
Comunità Capi e discutendo le linee del proget­
to regionale e/o nazionale. In questi incontri sa­
La Zona ranno eletti i componenti il Comitato di Zona
(con scadenza triennale) come segue:
“Molti sono tentati di vivere l’Associazione come
una scelta obbligata, fatta perfruire dei servizi che - un Responsabile ed una Responsabile di Zo­
solo l’Associazione può garantire; oppure, nella na;
migliore delle ipotesi, come un dato di realtà da ac­
cettare perchè è l’unica risposta sensata da dare - un “collegio di 5 persone” (almeno 2 sesso mi­
pensando ai limiti umani di fronte alla grandezza noritario) tra le quali due assumeranno l’inca­
del compito educativo. Essere Associazione è inve­ rico di seguire la formazione capi e gli altri tre
ce una grande ricchezza. È la scelta consapevol­ incarichi specifici in attuazione del Progetto di
mentefatta, efortemente ricercata, di chi ha com­ Zona;
preso la complessità, l’estensione, lafecondità del­ - completerà il Comitato di Zona l’Assistente
la rete di rapporti umani in cui si inserisce il singolo Ecclesiastico nominato dalla competente au­
rapporto educativo; ha perciò compreso la povertà torità ecclesiastica.
dell’individuo quando si chiude in se stesso e la
bellezza invece della comunità, perchéfatta di per­ I Responsabili di Zona, per tradurre in program­
sone che riescono ad essere tali ed a crescere pro­ mi le linee progettuali scelte dal Convegno
prio perché in comunità. Tutto ciò non può essere triennale di Zona, convocheranno almeno 4 vol­
vero solo nel piccolo numero della Comunità Capi te l’anno il Consiglio di Zona, formato, oltre che
e contraddetto a livello di grandi numeri. Si tratta dal Comitato anche dai Capi Gruppo ed Assi­
di dimensioni diverse che richiedono tipi di rappor­ stenti Ecclesiastici. Compito del Consiglio di
ti diversi, ma non può esistere una contraddizione Zona è quello di formulare, verificare e delibera­
radicale nel vivere queste due dimensioni. (...). Il re in merito al programma di Zona predisposto
per gli scopi specifici della stessa e di deliberare la Zona, ma certamente da lì si deve cominciare”.
in merito ai conti consuntivo e preventivo pre­ (dagli Atti del Convegno Quadri del dicembre
sentati dal Comitato. ’85).

Il Comitato può far ruotare secondo le sue esi­


genze gli incarichi dei suoi membri, eccetto i Re­ La Regione
sponsabili che hanno la rappresentanza legale
della Zona, potendo avvalersi anche del suppor­ Se tante parole sono state investite per illustrare
to di Pattuglie e Incaricati che nomina sotto la le funzioni e le competenze del Gruppo e della
sua responsabilità. Zona in presenza di cambiamenti strutturali
neanche tanto rilevanti, al momento di descrive­
re i compiti ed il molo della Regione, cui invece
Il Comitato di Zona rappresenta l’Associazione si collegano variazioni di struttura importanti, si
verso l’esterno in uno sforzo di presenza e testi­ potrebbe aspettare un fiume di larghe espressio­
monianza nel territorio che diventa condivisio­ ni; in realtà, quanto sostenuto precedentemen­
ne di esperienze nella Chiesa e nell’ambito civile te, semplifica molto l’approccio al tema e, per
portando lo specifico patrimonio associativo e la esclusione, porta ad identificare le Regioni co­
sensibilità educativa che ci è propria. La Zona ha me livello “tattico” di lettura dei bisogni educati­
la responsabilità di porsi in relazione con gli in­ vi, di elaborazione ed offerta-di eventi di Forma­
terlocutori che il territorio esprime. zione Capi, di realizzazione dei servizi organiz­
zativi e di cura delle relazioni ambientali al livel­
Nella gestione del circuito informativo la Zona ha lo regionale.
importanti compiti di smistamento e distribu­
zione di informazioni. Deve rilevare le informa­ Gli interlocutori per la Regione sono soprattutto
zioni interne ed esterne utili all’azione educati­ due: le Zone ed i Capi.
va nel suo territorio, deve porsi come punto di
raccordo tra le Comunità Capi e gli altri livelli as­ Il rapporto con le Zone serve per svolgere quel
sociativi, e gestire i rapporti con i mass-media lo­ molo di sintesi e filtro associativo che impedisce
cali, strutturando, se necessario, semplici im­ che l’Associazione si trasformi in Federazione
pianti organizzativi per questo scopo. di Zone. Lo Statuto già chiaramente attribuisce
alla Regione il compito di “animazione delle Zo­
Relativamente alla formazione dei Capi la Zona ne e il collegamento tra esse” e probabilmente il
ha l’impegno di stimolare le Comunità Capi per­ livello regionale è la dimensione giusta per fun­
ché spingano i Capi a percorrere l’iter di forma­ gere da osservatorio dei bisogni educativi supe­
zione e di aiutarle perché sappiano armonizzare rando analisi troppo “locali” e nello stesso tem­
i “Progetti di Capo” dei loro componenti con le po esprimendo linee di fondo che restano den­
occasioni di educazione permanente fomite dal­ tro interpretazioni realistiche. Ugualmente pare
l’Associazione e da altre agenzie. Ma deve an­ che la Regione possa essere il livello giusto per
che promuovere ed organizzare occasioni parti­ elaborare linee guida attuabili anche nelle Zone
colari di formazione permanente in risposta ai bi­ e tese a superare il limite del particolarismo. De­
sogni educativi evidenziati nel Progetto di Zona ve essere chiaro però che interlocutori privile­
accettando l’idea di costruire eventi dove la par­ giati della Regione restano le Zone: un raccordo
tecipazione sia legata a bisogni specifici piutto­ diretto con le Comunità Capi priverebbe di sen­
sto che a generiche identità e appartenenze. so la realtà di Zona.
Nello stesso tempo, la Regione ha come interlo­
Rispetto alle funzioni di elaborazione, sintesi e cutori i Capi, in quanto offre loro risposte di ca­
supporto organizzativo, la Zona ha, fra gli altri, il rattere formativo e particolarmente di formazio­
compito di predisporre un apposito progetto “svi­ ne metodologica; i Capi sono punto di riferi­
luppo”per promuovere la costituzione di nuovi mento anche nel percorso di collegamento e ap­
Gruppi scout, e, intrecciato con la funzione di re­ partenenza alle linee associative.
golazione e controllo, ha il ruolo di coscienza cri­
tica e dinamica, entrando in contradditorio con i Il rapporto con gli interlocutori esterni del livello
Capi quando serve, al fine di essere garante della regionale deve essere attuato partendo dalla
tradizione associativa. Infine, autorizza i Gruppi consapevolezza di essere una ricchezza per il
al censimento di nuove unità, ed è un anello im­ territorio nel quale siamo inseriti, ed anche che
portante per la partecipazione dei Capi agli la mancanza di relazioni e legami con chi altro
eventi dell’iter di Formazione Capi. lavora per i ragazzi e nel sociale svuota di senso
la nostra azione educativa. Allora la faticosa ap­
“Vogliamo impegnarci afare del nostro meglio per­ partenenza ad organismi di coordinamento, il
ché l’Associazione sappia dare una risposta sem­ rapporto spesso solo burocratico con gli Enti
pre più efficace alla domanda di educazione che le Istituzionali, la ricerca di linguaggi comuni con
giunge dai giovani ed a quella di formazione che altre associazioni, ecc. sono pane per i denti del
viene dai Capi. A tutto ciò non può rispondere solo livello regionale.
Per riuscire a dare a questi sforzi, certo non sem­ propri e di collegamenti strutturati con le agen­
plicistici, una dimensione progettuale, ogni tre zie d’informazione locali, regionali, nazionali.
anni è convocato un Convegno Regionale con tut­ Deve coordinare gli sforzi e le iniziative delle
ti i Capi con lo scopo di analizzare la realtà asso­ Zone.
ciativa e quella esterna, di evidenziare i bisogni
educativi e quelli organizzativi, arrivando ad in­ Relativamente alla Formazione Capi, resta chia­
dividuare obiettivi, stili ed attenzioni comuni, ro che la formazione permanente, intesa come
scegliendo aree di impegno prioritario, orientan­ aiuto alla intenzionalità dell’educatore, è compi­
do i rapporti con gli interlocutori esterni, co­ to prioritario delle Comunità Capi e delle Zone.
struendo, in due parole, il Progetto Regionale. La Regione deve saper appoggiare ed aiutare
Una volta all’anno è convocata una Assemblea Zone e Comunità Capi in questo sforzo e deve
Regionale Capi (che alcune Regioni stanno spe­ soprattutto occuparsi di offrire occasioni éì for­
rimentando con partecipazione delegata) con lo mazione metodologica. Ad essa è attribuito il
scopo di verificare l’andamento del progetto re­ compito di curare la realizzazione di eventi del­
gionale, discutere le linee del progetto naziona­ l’iter di Formazione Capi quali le Ruote di
le, proporre riflessioni ed esprimere un parere Orientamento al Servizio Associativo ed i Corsi
sull’ordine del giorno del Consiglio Generale. Regionali di Branca, ed anche di proporre inter­
Tale Assemblea elegge anche i componenti del venti metodologici mirati sui bisogni evidenziati
Comitato Regionale (con scadenza triennale) dalle Comunità Capi attraverso le Zone. Fra
come segue: questi, senza dubbio, Incontri per Capi Gruppo,
per Assistenti Ecclesiastici, per “Tirocinanti”’
- un Responsabile ed una Responsabile Regio­ per Capi di una Branca, per specializzazioni spe­
nali; cifiche.
- un “collegio di 5 persone” (almeno 2 sesso mi­
noritario) tra le quali due assumeranno l’inca­ Rientrano nelle competenze regionali sulla For­
rico di seguire la Formazione Capi, due assu­ mazione certamente anche la predisposizione di
meranno l’incarico di fornire supporto alle at­ eventi per ragazzi. Campi di specializzazione,
tività educative ed una infine seguirà i vari ser­ Cantieri, Work-shops, laboratori, sono tutte oc­
vizi organizzativi; casioni utili e importanti, la cui realizzazione è
possibile ed efficace se è legata effettivamente ai
- completerà il Comitato Regionale l’Assistente bisogni espressi dai ragazzi attraverso le Comu­
Ecclesiastico nominato dalla competente au­ nità Capi.
torità ecclesiastica.
Sempre riguardo alla Formazione occorre citare
I Responsabili Regionali, per tradurre in pro­ la necessità che la Regione curi la formazione
grammi le linee progettuali scelte dal Convegno dei Formatori, anche attraverso una verifica co­
Regionale Capi triennale, convocheranno il stante delle iniziative realizzate.
Consiglio Regionale, formato, oltre che dal Co­
mitato Regionale anche dai Responsabili ed As­ Rispetto alla elaborazione la Regione svolge un
sistenti Ecclesiastici di Zona e dai Delegati Re­ ruolo primario. Se, come abbiamo sostenuto,
gionali al Consiglio Generale. Fra i compiti del qui può esserci un osservatorio ottimale dei bi­
Consiglio Regionale vi è quello di formulare, ve­ sogni educativi, ne discende che questo è il luo­
rificare e deliberare in merito al programma re­ go da dove possono partire le prime importanti
gionale annuale e di deliberare in merito ai conti elaborazioni e risposte. È chiaro però che per po­
consuntivo e preventivo presentati dal Comitato ter essere spazio di elaborazione la Regione de­
Regionale. ve dotarsi di strutture e risorse apposite (Bran­
che, Pattuglie, Settori, ecc.), tentando di lasciar
II Comitato Regionale può far ruotare secondo separato il momento della elaborazione da quel­
le sue esigenze gli incarichi dei suoi membri, ec­ lo della decisione (separazione dei poteri). In
cetto i Responsabili che hanno la rappresentan­ questo giocano un ruolo primario le Branche
za legale della Regione, avvalendosi anche del che intorno alla continua verifica dell’efficacia
supporto di Pattuglie e Incaricati che nomina dell’uso del metodo possono assemblare gli ele­
sotto la sua responsabilità. menti per una sua giusta evoluzione e per una
sua corretta trasmissione ai Capi attraverso gli
La Regione offrirà il meglio di sé come struttura eventi di formazione metodologica.
se saprà davvero interpretare un ruolo di sinte­
si elaborativa e operativa. Ad essa è senza dub- . La Regione come luogo di sintesi trova il suo
bio affidato un ruolo chiave nel circuito informa­ momento forte nel coordinamento delle Zone,
tivo: alla catalogazione e smistamento delle in­ dove però spiccano più qualità di mediazione e
formazioni deve aggiungere capacità di lettura, filtro piuttosto che pericolosi restringimenti. Ed
interpretazione e sintesi per poter produrre ela­ è proprio diventando punto di passaggio di in­
borazione e raccolta di idee significative. Abbi­ formazioni, confronto, dibattito e decisioni che
sogna certamente di un sistema organizzati­ la Regione può interpretare al meglio ciò che
vo che consenta l’uso di strumenti informativi l’Associazione chiede al suo livello.
Crediamo che lo sviluppo numerico e l’aumento nale, la novità grossa è la proposta di formalizza­
dei servizi necessari ad essere Associazione at­ zione di una Commissione Permanente del Consi­
tenta ed efficace nel vivere un ruolo da protago­ glio Generale, presieduta e coordinata dal Capo
nista nella realtà di oggi, evidenzino per tutti Scout e dalla Capo Guida e formata da un Con­
l’urgenza di centrare rinnovate attenzioni intor­ sigliere Generale per Regione, con lo scopo di
no ai temi organizzativi. E, un protagonismo de­ “raccogliere le proposte educative avanzate ai
centrato nei servizi fa della Regione un luogo vari livelli dell’Associazione, studiarne i conte­
ideale per il supporto organizzativo alle iniziative nuti ed elaborare le proposte per il Consiglio
educative dell’Associazione. Il progetto di poli­ Generale, deliberando sui temi da inserire nel­
tica economica approvato al Consiglio Generale l’Ordine del Giorno dei lavori del Consiglio Ge­
’89, le cooperative/rivendite scout, i terreni di nerale” (1). La istituzione di questa Commissio­
campo, e mille altre iniziative sono una realtà ne non ha lo scopo di burocratizzate le cose, ma
che esige dalla Regione un investimento di at­ al contrario àifacilitare gli scopi elaborativi e deli­
tenzioni e di risorse umane. berativi del Consiglio Generale accentuando il
suo ruolo di sintesi delle diversità culturali stori­
Da ultimo la funzione di regolazione e controllo, che e territoriali dell’Associazione. Nella sostan­
presente al livello regionale soprattutto nel Con­ za è il tentativo di semplificare e organizzare il
siglio Regionale, che è luogo di confronto, dove flusso dei documenti/temi in arrivo al Consiglio
si decide e insieme si verifica il programma re­ Generale (e non lasciando la gestione delle pro­
gionale.
poste solo al Comitato Centrale) curandone
l’adeguata illustrazione e predisponendo un
pacchetto votabile”, per giungere a formulare
Il Centrale
un piano organico piuttosto che un puzzle di
mozioni che talvolta sono paradossalmente dif­
Il livello centrale porta a sintesi finale gli sforzi di formi tra loro, oppure non tengono in considera­
essere Associazione iniziati molte pagine fa. E zione quanto approvato pochi anni prima (man­
significativamente è qui che si giocano i cambia­ canza di memoria storica). Tale Commissione
menti strutturali più evidenti, nello sforzo di ri­ eviterebbe l’affluire al Consiglio Generale di te-
condurre ad omogeneità le linee già tracciate. mi/problemi frammentati, parziali o che per la
loro minore importanza possono essere dirottati
La Commissione Giotto ritiene che il Consiglio ad altri organismi associativi. Ogni tre anni dun­
Generale debba continuare ad essere il punto que un Consiglio Generale “alla grande” per ela­
focale di riferimento delle dinamiche di demo­ borare il Progetto Nazionale e negli altri due il
crazia associativa. La sua composizione e le sue Consiglio Generale delibera, più che provvedi­
funzioni vengono lasciate pressoché inalterate menti di normale amministrazione, documenti­
pur sottolineando le sue competenze primarie e quadro fissando linee politiche ed educative per
affiancandogli due organismi con lo scopo di l’Associazione. La Commissione Permanente
semplificarne il funzionamento. del Consiglio Generale evidenzia la figura del
Capo Scout e della Capo Guida dandogli più
Scopi principali del Consiglio Generale sono di ve- chiaramente funzioni di unità associativa e di in­
dfìcare lo stato dell’Associazione e di deliberarne dirizzo notevoli. Il Comitato Centrale predi­
l indirizzo politico, di deliberare sugli orientamenti sporrà una signora” relazione solamente ogni
metodologici dell’Associazione. Per far ciò, ogni tre anni, essendo materiale di lavoro nei due an­
tre anni, il Consiglio Generale è convocato per ni intermedi i vari documenti pervenuti od ela­
leggere lo stato dell’Associazione ed elaborare il borati nella Commissione Permanente.
Progetto Nazionale Triennale verificando quello
giunto a scadenza. È il Comitato Centrale che il­ Ogni anno il Consiglio Generale, oltre alle fun­
lustra in una relazione i dati di analisi e le propo­ zioni succitate, delibera sulle modifiche allo Sta­
ste di linea, ma all’occasione contribuiscono an­ tuto e ai Regolamenti inseriti nell’Ordine del
che i contenuti e le prospettive indicate dai pro­ Giorno (non tutte dunque!), elegge per un trien­
getti di Zona e Regionali attraverso il circuito in­ nio la Capo Guida e il Capo Scout, elegge i com­
formativo o il contributo diretto dei Consiglieri ponenti del Comitato Centrale che risulta così
Generali. Tale Progetto è dunque, in qualche composto:
modo, la sintesi della realtà associativa rappre­
sentata dagli altri livelli, ma nello stesso tempo - un Presidente ed una Presidente del Comitato
supera tale sintesi rilanciando verso il basso idee Centrale;
ed elaborazioni in uno sforzo di “movimento”
continuo. - un “collegio di 5 persone” (almeno 2 sesso mi­
noritario) tra le quali due assumeranno l’inca­
Negli altri due anni il Consiglio Generale affron­ rico di seguire la Formazione Capi, due assu­
ta temi di indirizzo politico dell’Associazione ed meranno l’incarico di fornire supporto alle At­
elaborazioni pedagogiche del metodo e delibera
in merito.
ti) Dal testo dell’art. 32 bis delle proposte di modifica allo
Oltre alla introduzione di questa ciclicità trien­ Statuto.
tività Educative ed una infine seguirà i vari circuito informativo è fondamentale il ruolo
Per il
Servizi Organizzativi; giocato dal Centrale: la struttura attuale che
poggia sulle Riviste, sulla Segreteria, e su Settori
- completerà il Comitato Centrale l’Assistente specifici deve trovare slanci organizzativi nuovi,
Ecclesiastico Generale nominato dalla com­ ma non è questo il momento per risolvere il pro­
petente autorità ecclesiastica. blema. Agli strumenti di catalogazione e smista­
mento delle informazioni bisogna aggiungere
Il Comitato può far ruotare secondo le sue esi­ capacità di lettura, interpretazione e sintesi per
genze gli incarichi dei suoi membri, eccetto i poter produrre elaborazioni e raccolta di idee si­
Presidenti, avvalendosi anche del supporto di gnificative.
Pattuglie e Incaricati che nomina sotto la sua re­
sponsabilità. È compito del Comitato Centrale di promuove­
re la Formazione Capi a tutti i livelli, coordinan­
I Presidenti, per tradurre in programmi le linee do e divulgando il metodo delle Branche. I due
progettuali scelte dal Consiglio Generale trien­ Responsabili della Formazione Capi attivano
nale, convocheranno il Consiglio Nazionale, for­ momenti di verifica e sintesi con gli Incaricati
mato, oltre che dal Comitato Centrale e dal Ca­ Regionali, coordinano gli eventi di livello nazio­
po Scout e dalla Capo Guida anche da due fra nale e per questo si avvarranno dell’aiuto di In­
Responsabili e Assistenti Ecclesiastici di ogni caricati e Pattuglie per problemi specifici.
Regione. Al Consiglio Nazionale sono affidati
compiti di sviluppare le linee di politica associa­ Sempre riguardo alla Formazione, occorre cita­
tiva espresse dal Consiglio Generale, formulare, re la necessità di curare la Formazione dei Forma­
verificare e deliberare in merito al programma tori, cui il Consiglio Generale ’89 ha dedicato
annuale nazionale, deliberare in merito ai conti una apposita mozione.
consuntivo e preventivo presentati dal Comitato
Centrale, mantenere il raccordo tra le Regioni e Rispetto alla elaborazione, il Centrale ha il com­
tra Regioni e Centrale. pito di portare a sintesi riflessioni, stimoli, inizia­
tive che vengono elaborati agli altri livelli, do­
La scelta di composizione sia della Commissio­ tandosi di Settori specifici cui affidare ruoli di
ne Permanente del Consiglio Generale che del studio, di raccolta, di documentazione. In que­
Consiglio Nazionale privilegiando la presenza sta funzione si collocano anche le Branche che
delle Regioni al posto di altri criteri si sostanzia devono, come già detto “governare il processo
nella necessità di salvaguardare la rappresentan­ di evoluzione-attualizzazione del metodo, valu­
za territoriale dei livelli associativi. tare la formazione metodologica dei Capi, tene­
re sotto controllo l’arco di età e l’efficacia del­
La composizione del Comitato Centrale così ri­ l’uso del metodo sui ragazzi/e, indicare e forma­
dotta nel numero vuole andare incontro all’esi­ re Capi competenti nel metodo di Branca per gli
genza di operatività e di sintesi molte volte av­ eventi di Formazione Capi”.
vertita e richiesta ma di difficile realizzazione
per la mole di compiti in quantità e qualità affi­ La funzione di regolazione e controllo, è presente
datigli. Il ruolo dei Presidenti, con una posizione al livello Centrale in più momenti: senza dubbio
in parte autonoma rispetto al collegio, può farne nel Consiglio Generale triennale che verifica il
un importante punto di riferimento per l’intera Progetto Nazionale giunto a scadenza, poi nella
Associazione. Al Comitato Centrale, nell’ambi­ Commissione Permanente del Consiglio Gene­
to delle linee stabilite dal Progetto Nazionale o rale che rappresenta un filtro importante, ed in­
dei programmi elaborati dal Consiglio Naziona­ fine nel Consiglio Nazionale che è luogo di con­
le, è data piena facoltà e responsabilità di gover­ fronto, dove si decidono e insieme si verificano i
nare l’Associazione nelle scelte di “normale am­ programmi.
ministrazione”.

Interlocutori privilegiati del livello centrale


sono pertanto le Regioni ed i Capi. Il raccordo
con le Regioni è garantito dal circuito informati­
vo e dalla presenza regionale in alcuni organi­
smi centrali; quello con i Capi è sostanziato
dagli eventi di Formazione Capi di livello nazio­
nale.
Rispetto agli interlocutori esterni occorre accen­
tuare il ruolo dei Presidenti, che hanno la rap­
presentanza legale dell’Associazione e che scel­
gono degli incaricati cui affidare i molteplici
compiti che le pubbliche relazioni, associative e
38 non, richiedono.
Proposta di mozione (indicativa del tipo di delibera da prendere in Consiglio Generale - non si
richiede intatti l’approvazione del documento)

Il Consiglio Generale, riunito a Bracciano il 28-29-30 aprile e 1° maggio 1990, in esecuzione al


mandato del Consiglio Generale 1988 che chiedeva al Comitato Centrale di presentare al Con-
Slgll° 9 ei},erj 1<r„1?90 U n’ipotesi complessiva formulata in articoli che traduca coerentemente per
tutti i livelli dell Associazione il documento approvato sulle strutture”, anche in considerazione
della mozione approvata dal Consiglio Generale 1989 che, nel ritenere concluso l’esperimento
come citato nell art. 46 dello Statuto (alternanza dei temi del Consiglio Generale), dà mandato
al Consiglio Generale 1990 di “definire, all’interno della più ampia e articolata riforma delle strut-
turejunzioni, tempi e modalità di lavoro del Consiglio Generale. In attesa di tale regolamentazione
individua per il Consiglio Generale ’90 i seguenti argomenti da porre al centro dei lavori:

~ ja9 t8™d( ZÌ° ne °Perativa>a tutti livelli>del documento strutture approvato dal Consiglio Generale

decide

di avviare una sperimentazione dell’uso di nuove strutture associative così come descritto nel-
1articolato allegato.

Tali articoli sostituiscono “ad experimentum ”i corrispondenti articoli dello Statuto (dall’art 11 al-
Iart. 35Jed entrano perciò in vigore con la pubblicazione degli Atti del Consiglio Generale
In considerazione delle variazioni proposte e per consentire un adeguamento non traumatico
degli organismi associativi, si impegnano i vari livelli ad attuare le nuove norme statutarie entro la
primavera del 1992, consentendo in ogni caso la verifica di un ciclo triennale “a regime” con il
Consiglio Generale del 1995 e quindi la eventuale piena variazione statutaria Tale disposizio­
ne transitoria non è valida relativamente alla Commissione Permanente del Consiglio Gene­
rale ed al Consiglio Nazionale, che devono attivarsi con l’autunno del 1990- il Comitato Cen­
trale nella nuova struttura verrà eletto nel Consiglio Generale ’91 prevedendo una durata in ca­
nea di due o tre anni in modo da produrre un. avvicendamento a scalare.

Si impegna altresì il Comitato Centrale ad incaricare un gruppo di esperti di leggere con criteri
scientifici ì cambiamenti prodotti con la “sperimentazione” di nuove strutture associative al fi­
ne di consentire una verifica approfondita della stessa.

la Commissione Giotto
Roberta Pinotti - Consigliere Generale Liguria
Titta Righetti - Presidente Comitato Centrale
Antonio Roncaglia - Responsabile Regionale Emilia Romagna
Andrea Vettori - Consigliere Generale Piemonte
Stefano Zanin - Responsabile Regionale Friuli V.G.
Mario Zorzetto - Consigliere Generale Veneto.

Você também pode gostar