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Università degli Studi di Napoli

Federico II
FACOLTÀ DI INGEGNERIA
Corso di Laurea in Ingegneria Civile

Life-Cycle Cost Analysis di una


soletta da ponte in c.a.

Tesi di Laurea di: Relatore:


Lucio Grammegna ch.mo prof. ing. Gaetano Manfredi
Matricola: 37/1541 Correlatore:
dott. ing. Iunio Iervolino

Anno Accademico 2005-2006


La teoria è quando si sa il perchè
delle cose ma esse non funzionano;
la pratica è quando le cose
funzionano ma non si sa il perchè.
Ebbene qui abbiamo coniugato in
modo esemplare la teoria e la pratica:
le cose non funzionano e non si sa il perchè.
Albert Einstein

ii
Indice

1 Affidabilità strutturale: teoria e modelli 3


1.1 Approccio deterministico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2 Approccio probabilistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.3 Indice di affidabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.3.1 Esempio: calcolo di β . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.4 Calcolo di β: Z = G(X) non lineare . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.5 Stima della probabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.5.1 Metodo FORM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.5.2 Metodo SORM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.5.3 Metodo Monte Carlo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
1.5.4 Importance Sampling ed Adaptive Sampling . . . . . . 19
1.5.5 Esempio: stima della Pf con Monte Carlo . . . . . . . 21
1.6 Ridondanza e modalità di collasso: introduzione . . . . . . . . 23
1.7 Ridondanza delle strutture . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
1.8 Modalità di collasso in serie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
1.8.1 Esempio: affidabilità di sistema in serie . . . . . . . . . 27
1.8.2 Limiti del primo ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
1.8.3 Limiti del secondo ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
1.9 Modalità di collasso in parallelo . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
1.9.1 Esempio: affidabilità di sistema in parallelo . . . . . . 31
1.10 Sistemi generali: link-set e cut-set . . . . . . . . . . . . . . . . 32
1.10.1 Esempio: combinazione di serie e parallelo . . . . . . . 34

2 Modelli di manutenzione nel ciclo di vita delle strutture. 36


2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
2.2 Modelli di variabile aleatoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
2.2.1 Modello Failure Rate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
2.2.2 Modello Reliability Index . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
2.2.3 Modello Time Dependent Reliability . . . . . . . . . . . 42
2.3 Modelli di processo stocastico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
2.3.1 Processo di Decisione di Markov . . . . . . . . . . . . 51

iii
2.3.2 Processi di Rinnovo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
2.4 Calcolo del profilo di affidabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
2.4.1 Campionamento casuale di variabile aleatoria . . . . . 59
2.4.2 Stima del profilo di affidabilità in assenza di manuten-
zione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
2.4.3 Stima del profilo di affidabilità con manutenzione . . . 63

3 Calcolo del profilo dell’indice di affidabilità per una soletta


da ponte in c.a. 65
3.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
3.2 Oggetto di studio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
3.3 Caratterizzazione dei materiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
3.4 Analisi dei carichi e stima delle sollecitazioni . . . . . . . . . . 71
3.4.1 Carico di tipo g1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
3.4.2 Carico di tipo g2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
3.4.3 Carico di tipo q1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
3.4.4 Stima del momento sollecitante . . . . . . . . . . . . . 77
3.5 Formulazione del degrado strutturale . . . . . . . . . . . . . . 78
3.5.1 Tempo di innesco del degrado . . . . . . . . . . . . . . 80
3.5.2 Modello di degrado delle armature d’acciaio . . . . . . 82
3.6 Stima delle resistenze della struttura . . . . . . . . . . . . . . 85
3.6.1 Verifica SLU della sezione . . . . . . . . . . . . . . . . 86
3.7 Determinazione dell’indice di affidabilità . . . . . . . . . . . . 88

4 Analisi del ciclo di vita per una soletta da ponte in c.a. 92


4.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
4.2 Approccio del problema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
4.2.1 CT : costo iniziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94
4.2.2 CP M : costo manutenzione preventiva (ordinaria o ciclica) 96
4.2.3 CIN S : costo di ispezione . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
4.2.4 Attività di riparazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
4.2.5 Strategia ottimale di ispezione/riparazione . . . . . . . 105
4.3 Progetto della manutenzione su base probabilistica . . . . . . 110
4.3.1 Analisi e risultati del caso A . . . . . . . . . . . . . . . 111
4.3.2 Analisi e risultati del caso B . . . . . . . . . . . . . . . 112
4.3.3 Commento ai risultati dei casi A e B . . . . . . . . . . 113

5 Conclusioni 118

Bibliografia 120
Ringraziamenti

Eccoci arrivati alla fine (o principio?) di un percorso della vita agognato e


bramato. Questa è l’unica occasione che lo scriba ha di poter formulare alcuni
pensieri, magari privi di rigore matematico, in piena autonomia e rispettosi
solo del proprio libero sentire.
Il ringraziamento più sentito va al mio relatore prof. ing. Gaetano Man-
fredi, persona straordinaria sia sotto l’aspetto accademico che dal punto di
vista umano, che mi ha dato l’opportunità, pur essendo un “trasportista”, di
svolgere questo lavoro di tesi in un ambiente (il D.A.P.S.) dove l’eccellenza
accademica e la disponibilità verso il prossimo sono qualità vive ed indelebili.
Desidero ringraziare il mio correlatore ing. Iunio Iervolino: la sua prepa-
razione e la sua guida hanno acceso in me interesse e viva partecipazione in
argomenti dal freddo rigore logico e deduttivo.
Last but not least, desidero esprimere un sentimento di gratitudine per
l’ing. Gerardo Verderame che è stato sempre disponibile ad aiutarmi durante
la fase di test del codice di calcolo, e per l’ing. Renato Parretti che ha
gentilmente messo a disposizione la sua professionalità per discutere l’oggetto
di studio della tesi.
Sono tanti gli amici incontrati durante l’esperienza universitaria come
Stefano, Umberto, Dino, Igino, Peppino; ma solo in pochi possono fregiarsi
del titolo di compagni: dal latino “cum panis” cioè colui con cui si è diviso
il pane . . . tutto insomma.
Questo pensiero è per te Mauro, persona capace di aver riacceso in me la
voglia e la determinazione nell’affrontare le difficoltà del primo periodo (si-
curamente il più drammatico) della mia carriera universitaria: forse definirti
fratello non sarebbe esagerato.
Come non ricordare la fresca simpatia e rocciosa caparbietà di Giovan-
ni, una persona caratterialmente agli antipodi rispetto a me però capa-
ce di arricchire il prossimo con consigli ed idee degne di incondizionata
ammirazione.
Un pensiero anche per Graziano fidato compagno in numerosi esami: ca-
pace di ricordare la formazione dell’Italia di Mexico ’86 e di applicare al-

v
la perfezione il metodo dell’Ellisse di Elasticità . . . beh . . . che dire di più
. . . semplicemente un mito.
Un doppio grazie per Salvatore e Pasquale: persone capaci di essere
pragmatici e decisi nel momento dello studio ma senza svanire la luce della
semplicità.
Un grazie anche per il carissimo Pintuccio: un esperto di musica classica e
rock come pochi, bramoso lettore di romanzi di Philip K. Dick, fedele utente
di Linux . . . una persona che condivide con il prossimo la sua conoscenza
incondizionatamente.
La famiglia è il punto di riferimento per eccellenza di ognuno, raggiungere
un risultato cosı̀ importante è sicuramente dovuto anche all’appoggio che i
miei cari mi hanno offerto durante gli anni.
Ecco quindi che il mio abbraccio più forte e ringraziamento più sentito
sono per mio padre e mia madre: sia nei periodi nefasti che nei giorni di
buon auspicio la loro fiducia e supporto sono stati punti di riferimento per
il mio progredire. La continua ammirazione per ciò che oggi sono diventati,
sapendo in che modo hanno iniziato, sarà per la mia vita un punto riferimento
assoluto: un faro che rinfranca il cuore dei marinai nel mare burrascoso della
vita. Grazie a voi per tutto quanto.
I miei fratelli sono stati come dei pionieri: le loro esperienze hanno ar-
ricchito non solo le loro esistenze ma anche reso più fertile il mio cammino
di vita. La loro forza ed il loro impegno sono l’esempio più chiaro di ciò che
sarò “da grande”: oggi guardo lontano perchè poggio sulle loro spalle!
In fine, ma non per ordine di importanza, ho serbato un pensiero parti-
colare e speciale per la mia carissima Nunzia. Sono più di quattordici anni
che condividiamo il quotidiano, quindi chi meglio di lei può conoscere le mie
vicissitudini ed il mio percorso di vita fin qui compiuto. Averla al mio fianco
è stata la mia arma segreta per aver ragione delle avversità, il suo continuo
incitamento e la sua gioia di vivere mi hanno reso una persona migliore, il suo
affetto ed il suo sorriso sono la migliore delle ricompense dopo una giornata
di impegno debilitante. Non so, e non saprò mai, come sarebbe stata la mia
vita senza di lei: ma certamente in questo istante la sua presenza è la stella
Polare del mio vivere sereno. Lei, per me, è preziosa come e più del sale!

vi
Introduzione

Questo lavoro di tesi affronta l’analisi dell’affidabilità strutturale, per una


soletta da ponte, con l’obiettivo di implementare il progetto, su base proba-
bilistica, della manutenzione nel ciclo di vita. Per raggiungere tale fine viene

utilizzata l’analisi dell’affidabilità strutturale partendo dalle seguenti ipotesi


concettuali:

• resistenza e sollecitazione sono variabili aleatorie;

• criterio di collasso per flessione;

• indice di affidabilità calcolato col Metodo di Cornell;

• degrado strutturale uniforme delle barre d’acciaio dovuto all’attaco da

cloruri.

La valutazione dell’indice di affidabilità strutturale β all’istante di vita t =


0 permette di calcolare la probabilità di collasso del componente strutturale

tramite la seguente:
Pf ail = 1 − Φ(β)

Siccome la struttura degrada nel tempo, anche la sua capacità portante

flessionale sarà compromessa dalla progressiva riduzione dell’area delle barre


d’armatura. Tale degrado prosegue inesorabile nel tempo, quindi la valu-

tazione dell’affidabilità strutturale non può esaurirsi al tempo t = 0, ma


bisogna estenderla a tutta la vita utile. Per poter condurre tale studio di β

sono utilizzate tecniche di stima e valutazione su base probabilistica; la com-

1
pilazione di un codice di calcolo permette di stimare le seguenti grandezze
aleatorie:

• variazione nel tempo dell’area dei ferri;

• variazione nel tempo del Momento Ultimo;

• individuazione del profilo dell’indice β;

• individuazione del profilo delle probabilità di collasso.

L’evoluzione (profilo) nel tempo dell’indice di affidabilità è la base per svi-


luppare, in modo razionale, un progetto della manutenzione della soletta da

ponte. Tale progetto di manutenzione contiene una strategia di ispezione e ri-

parazione straordinaria, capace di minimizzare i costi attesi ad essa connessi.


Le ipotesi che vengono formulate a questo proposito sono le seguenti:

• vita utile della struttura pari a 75 anni;

• tasso di interesse costante nel tempo;


• minimo valore accettabile βlif e pari a 4 a cui corrisponde una Pf del-

l’ordine di 10−5 ;

• non sempre all’atto dell’ispezione segue un’attività di riparazione.

2
Capitolo 1

Affidabilità strutturale: teoria e


modelli

1.1 Approccio deterministico

Il primo approccio non empirico nella definizione della sicurezza struttu-


rale è sicuramente quello detto delle tensioni ammissibili, metodo largamente
utilizzato sia per le semplificazioni matematiche che, sotto l’ipotesi di distri-

buzione lineare degli sforzi, la teoria forniva, sia perché, negli anni, numerose
prove hanno dimostrato il comportamento soddisfacente in esercizio e un
adeguato margine di sicurezza rispetto al collasso delle strutture con esso

progettate. Il principio di sicurezza consiste nel verificare che la massima

tensione calcolata nella sezione maggiormente sollecitata della struttura, nel-


la condizione più sfavorevole di carico, sia inferiore ad una certa tensione

ammissibile. Questa tensione di riferimento viene derivata dalla tensione di


rottura del materiale, opportunamente scalata attraverso un fattore di sicu-

rezza che è misura delle incertezze legate sia al carico che alla sollecitazione.

3
In tale procedura si effettua il seguente confronto :

Rf
S ≤ Ramm = (1.1)
γ

dove S è la tensione applicata, Rf è la tensione di rottura del materiale e γ è il

coefficiente di sicurezza. I problemi connessi all’utilizzo di questo metodo per

la verifica della sicurezza strutturale sono vari: in primo luogo la difficoltà

di definire una misura, γ , adeguata specialmente nella valutazione delle


strutture esistenti nelle quali il sistema è presente e si degrada; in secondo

luogo la necessità di individuare grandezze da confrontare che esprimano

realmente il problema della sicurezza; infine l’eccessiva semplificazione del


problema meccanico in cui sono presenti fenomeni complessi diversi quali la

plasticizzazione, l’instabilità, etc.

1.2 Approccio probabilistico

A causa dei problemi e delle incertezze legate al metodo delle tensioni


ammissibili, gli ingegneri hanno cercato negli anni di affrontare il problema
da un diverso punto di vista definendo la sicurezza utilizzando metodi proba-

bilistici. Attraverso un approccio probabilistico sia la sollecitazione S agente

sul generico elemento che la sua resistenza R sono modellate come variabili

aleatorie, che descrivono l’incertezza intrinseca in tali grandezze dipendenti


da una innumerevole quantità di fenomeni non modellabili in via determini-

stica.
Tale punto di vista è quello detto degli stati limite in cui si definisce il rag-

4
giungimento di uno stato limite di una struttura, quando un certo parametro
caratterizzante la risposta strutturale raggiunge un valore limite. La verifica
è in questo caso del tipo:

S≤R (1.2)

Possiamo quindi definire la probabilità di rottura come la probabilità che la

disuguaglianza critica sia violata o meno:

Pf ail = P r[S > R] (1.3)

Psucc = 1 − Pf ail = P r[S ≤ R] (1.4)

Le suddette probabilità possono essere espresse come la probabilità che in

uno spazio di variabili aleatorie, un punto X , che rappresenta i parametri

significativi di input e di sistema, si trovi nel dominio di rottura F (Failure


Set) o nel dominio di sicurezza S (Safe Set):

Z
Pf ail = fX (x) dx (1.5)
F

Z
Psucc = fX (x) dx (1.6)
S

In tale notazione si è indicati con fX (x) la funzione di densità di probabilità

multivariata del vettore X = {X1 , . . . , Xn } dove Xn sono variabili aleatorie

semplici che possono descrivere i carichi, le dimensioni, le caratteristiche dei


materiali, ecc.

Inoltre si può definire una funzione G = G(x) detta funzione di prestazione

5
tale che:

G(x) > 0 ⇒ Successo

G(x) < 0 ⇒ Rottura

Facendo riferimento a due variabili casuali R e S (Resistenza e Sollecitazione)

tale funzione di prestazione è semplicemente definita dalla:

G(R, S) = R − S (1.7)

Avendo quindi introdotto la G(R, S) l’integrale 1.5 assume la seguente forma:

Z
Pf ail = fX (x) dx (1.8)
G(X)≤0

Da ciò si evince che il problema dell’affidabilità strutturale si riduce alla

risoluzione di questo integrale multidimensionale; in realtà una soluzione in

forma chiusa di questo integrale è possibile solo in rarissimi casi e sotto ipotesi
molto restrittive. In genere i passi da seguire per poter risolvere il problema

dell’affidabilità strutturale con un approccio totalmente probabilistico sono:

1. determinazione della funzione di densità di probabilità congiunta ovve-

ro della forma funzionale della fX (x);

2. determinazione della forma funzionale della funzione di prestazione;

3. calcolo della 1.8;

4. ottimizzazione della struttura rispetto alla Pf ail ;

6
Il primo punto è un problema standard di statistica inferenziale notevolmente
semplificato se si può fare l’ipotesi di indipendenza statistica tra le variabili.
Il secondo punto è un problema più specifico di teoria dell’affidabilità, in

molti casi conosciamo la forma analitica della funzione di stato limite G, ma

in altri casi questa funzione deve essere stimata dai dati ed è quindi nota solo

in forma numerica. Bisognerà in questi casi usare approcci particolari (come

quello della superficie di risposta) per determinare la forma di G.


Il terzo punto è un problema puramente computazionale, si dovrà quindi

cercare di risolverlo con i metodi propri dell’analisi numerica essendo esso


un problema di integrazione multidimensionale con domini di integrazione

definiti in forma implicita (sotto forma di disequazioni in uno spazio gene-


ralmente ad n dimensioni). Va inoltre ricordato che l’integrale 1.8 può essere
risolto solo grazie a delle simulazioni Monte Carlo che in genere sono molto

onerose computazionalmente.
Solo nel caso di problema bidimensionale di variabili indipendenti e di ipotesi
di funzione di prestazione lineare è possibile trovare una soluzione in forma
chiusa.

1.3 Indice di affidabilità

Il calcolo dell’integrale 1.8 rappresenta un problema matematico di so-


luzione non banale che nella maggior parte dei casi può essere risolto solo

numericamente con delle simulazioni onerose in termini di tempo e potenza

di calcolo. Per questo motivo diversi autori a partire dagli anni sessanta
hanno proposto l’idea di valutare l’affidabilità attraverso un indice β , detto

7
indice di affidabilità. Questo indice misura, in unità di deviazione standard,
la distanza tra il valore medio (design point) del vettore X ed il contorno
del dominio di rottura (G(X) = 0). La valutazione dell’indice β è quindi

un problema di ricerca di minimo vincolato. Una volta che questo indice sia

stato calcolato è possibile calcolare la probabilità di collasso e confrontarla

con dei valori di riferimento per poter valutare il grado di affidabilità della

struttura: maggiore sarà il valore di β, minore sarà la probabilità di


collasso.

Ora si mostrerà la procedura di calcolo dell’indice β ipotizzando che:

• lo spazio di variabili normaldistribuite ed indipendenti sia bidimensio-


nale;

• la funzione di stato limite G(R, S) = R − S sia lineare;

• le variabili R, S siano normali (Gaussiane);

Definiamo due variabili aleatorie R0 e S 0 tali che:

R − µR S − µS
R0 = S0 = (1.9)
σR σS

dove i simboli µ e σ rappresentano rispettivamente media e deviazione stan-

dard delle variabili stesse. Le relazioni 1.9 rappresentano una trasformazione

in uno spazio di variabili aleatorie normali standardizzate, quindi in uno spa-

zio di variabili normali aventi media zero e varianza unitaria. Inserendo le


1.9 nella G(R, S) = R − S si ottiene:

σR R0 − σS S 0 + µR − µS = 0 (1.10)

8
che è l’equazione di una retta la cui distanza dall’origine è proprio pari a β.

Figura 1.1: Spazio di stato limite (sx); Spazio di stato limite ridotto (dx)

Ricordando che la distanza di una retta ax + by + c = 0 dall’origine è



c/ a2 + b2 , l’indice di affidabilità sarà:

µR − µS
β=p 2 (1.11)
σR + σS2

Tale relazione è nota come Espressione di Cornell.

Si ricorda che l’esempio e le formule fin qui sviluppate valgono solo per

il caso trattato: spazio bidimensionale di variabili normaldistribuite ed indi-


pendenti.

9
1.3.1 Esempio: calcolo di β

Si consideri una trave di lunghezza L = 1 m e diametro d = 5 cm, realizza-


ta in acciaio, con modulo di elasticità normale E distribuito in modo Normale
con media 2, 1 · 105 N/mm2 e deviazione standard 3, 0 · 104 N/mm2 soggetta ad

un carico di punta aleatorio anch’esso Normale con media 100KN e deviazione


standard 20KN .

Figura 1.2: Elemento soggetto a carico di punta

Si vuole conoscere l’indice di affidabilità β e la probabilità di collasso Pf rispetto


allo stato limite di svergolamento.

Dalla teoria euleriana dell’instabilità, il carico critico o di svergolamento


Nc è dato dalla relazione:

E·I π 2 · d4
Nc = π 2 · = ·E
L2 64 · L2

Se si assume una formulazione della superficie limite del tipo G = R − S,

allora risulterà:

Pf = P [Nc − N ≤ 0]

10
Riscrivendo questa espressione in funzione delle variabili aleatorie presenti:

π 2 · d4
G = aE − N con a=
64 · L2

Applicando la 1.11 facilmente si ricava il valore dell’indice di affidabilità:

a · µ E − µN 0, 96 · 2, 1 · 105 − 100 · 103


β=p = p = 2, 91
2
a2 · σE2 + σN 0, 92 · 9 · 108 + 4 · 108

Dalle tabelle della Gaussiana Standard si ricava il valore dell’area sottesa


dalla curva fino alla coordinata z = 2, 91:

Φ(2, 91) = 0, 9982

La probabilità di collasso sarà il complemento ad 1 di tale valore:

Pf = 1 − Φ(β) = 1 − 0, 9982 = 0, 0018 = 1, 8 · 10−3

1.4 Calcolo di β: Z = G(X) non lineare

In questo paragrafo formuleremo in maniera più generale il problema

della determinazione dell’indice di affidabilità estendendo quanto esposto nel

paragrafo precedente a spazi dimensionali di ordine n, in cui le variabili non


siano necessariamente gaussiane e indipendenti. Si consideri la funzione di

stato limite Z = G(X) non lineare, in tale ipotesi la media µX e la matrice


P
di covarianza XX di Z non sono note. Se si utilizza lo sviluppo in serie di

11
Taylor nel punto µX :

Z = G(µX ) + (∇X G)TX=µX (X − µX ) + o(k(X − µ)2 k)

otteniamo le seguenti approssimazioni:

µZ ≈ G(µX )

X
σZ2 ≈ (∇X G)TX=µX · ·(∇S G)X=µX
XX

Ciò porta a definire un particolare indice di affidabilità detto MVFOSM


(Mean Value First Order Second Moment reliability index ):

G(µX )
βM V F OSM = q P (1.12)
∇X G)TX=µX · XX ·(∇S G)X=µX

Questo indice di affidabilità è affetto da un problema: non è invariante ri-


spetto alla sostituzione di una funzione di stato limite con una equivalente.

Il problema della invarianza fu risolto da Hasofer e Lind attraverso una ri-

formulazione del problema in uno spazio gaussiano standard grazie ad una


trasformazione lineare. Questi autori scoprirono che la causa della invarianza

era da imputare allo sviluppo in serie di Taylor nel punto µX ; essi proposero
di eseguire lo sviluppo in serie di Taylor in un punto della superficie di rottura

il più vicino possibile all’origine nello spazio normale standard. La distanza


di questo nuovo punto dall’origine rappresenta il βF OSM (First Order Second

Moment reliability index ).

12
1.5 Stima della probabilità

Adottando la classificazione proposta da Burcharth (1992,1997) si posso-


no distinguere metodi del I, II, III e IV livello per la stima di una probabilità,

a seconda della quantità di informazioni statistiche a disposizione e delle sche-

matizzazioni matematiche adottate per esse. Ecco una breve descrizione dei

metodi di stima suddetti:

• I Livello: è un metodo di stima, di natura quasi deterministica, che si

basa sull’uso di coefficienti di sicurezza parziale;

• II Livello: le variabili aleatorie sono trasformate in un insieme di


variabili indipendenti e normali, e la probabilità è stimata attraverso
un indice di affidabilità. Fanno parte di questo livello il metodo FORM

ed il metodo SORM;

• III Livello: la superficie limite è considerata nella sua effettiva espres-

sione e le variabili aleatorie sono descritte attraverso le reali funzioni


di probabilità. Fanno parte di questo livello i metodi della simulazione

numerica come il metodo Monte Carlo;

• IV Livello: sono modelli di ottimizzazione economica, basati sulle

stime dei costi di realizzazione e di manutenzione attesi nella vita

dell’opera.

1.5.1 Metodo FORM

La superficie di stato limite 1.7 divide lo spazio delle variabili aleatorie

R e S nel dominio di sicurezza (dove G > 0) ed in quello di rottura (dove

13
G < 0). La probabilità di rottura assume la forma della 1.8 in cui X è
il vettore delle variabili aleatorie di base e fX (x) è la funzione di densità
di probabilità congiunta delle stesse. Il metodo di II livello FORM (First

Order Reliability Metod ) è una procedura per poter stimare la Pf ail , i passi

da seguire in questo metodo sono:

1. le variabili aleatorie di base X sono state assunte distribuite secondo


legge normale e trasformate in variabili normali standard U ;

2. la funzione limite viene trasformata nello spazio U delle variabili nor-


mali standard;

3. la fX (x) assume la forma di φn (u);

La probabilità di rottura 1.7 assume la forma di:

Z
Pf ail = φn (u) du (1.13)
G(U )≤0

In relazione al punto 2 la funzione di stato limite assume la forma G(X) =

G(U ). Ad essa si sostituisce il suo sviluppo in serie di Taylor, troncato al pri-


mo ordine, intorno al punto della superficie limite avente la minima distanza

dall’origine degli assi (Design Point).

In relazione al punto 3 la φn (u) è la PdF di una distribuzione normale

standard ad n dimensioni. Questa funzione ha due importanti proprietà:


è simmetrica rispetto ad una qualsiasi rotazione di assi ed inoltre decade

esponenzialmente con il quadrato della norma di kuk. Quindi i punti che


contribuiscono in modo significativo all’integrale 1.13 sono quelli più vicini

all’origine dello spazio normale standard.

14
Se la G(U ) è lineare in U la probabilità di collasso diventa:

Pf ail = Φ(−β) (1.14)

dove la Φ è la CdF di una distribuzione normale standard, mentre β è l’indice

di affidabilità. Tale indice può essere definito come:

β = a T · u∗

con
u∗ = min{kuk : G(u) ≤ 0}

Il valore a indica il versore normale alla superficie limite mentre il punto u∗

è quello che precedentemente avevamo definito Design Point e che in questo


caso può essere anche inteso come punto di rottura più probabile nello spazio
normale standard. Geometricamente nel metodo FORM la superficie limite

viene identificata con l’iperpiano ad essa tangente in u = u∗ .

Nel caso in cui la G(U ) non sia lineare in U si procede al calcolo dell’indice
β e poi si stima la probabilità di collasso:

Pf ail ≈ Φ(−β)

1.5.2 Metodo SORM

L’approssimazione della superficie limite con un iperpiano (attraverso uno

sviluppo in serie di Taylor del primo ordine) può non essere soddisfacente se

la superficie ha una curvatura significativa. Anche se la funzione di stato

15
Figura 1.3: Definizione geometrica del Design Point

limite è lineare nello spazio originale, essa può diventare non lineare dopo
la trasformazione nello spazio normale standard. L’approccio più comune è
stato quello di approssimare la superficie limite reale con una superficie pa-
rabolica, quadratica o di ordine superiore, attorno al Design Point. Quando

la superficie di stato limite è approssimata nello spazio normale standard

da una superficie quadratica del secondo ordine attorno al Design Point, il

metodo di calcolo dell’affidabilità strutturale viene chiamato SORM (Second


Order Reliability Metod ).

Un modo per affrontare lo studio di affidabilità con metodologie di tipo

SORM è quello di utilizzare i risultati della teoria delle approssimazioni asin-

totiche. La probabilità di rottura può quindi essere stimata determinando


le curvature principali ki della superficie di stato limite nello spazio normale

16
standard nel Design Point ed applicando quindi l’espressione asintotica:

n−1
Y n−1
Y
−1/2
Pf ail ≈ Φ(−β) · (1 − βki ) = Pf ailF ORM · (1 − βki )−1/2 (1.15)
i=1 i=1

dove ki sono le curvature principali calcolate in u = u∗ e β è l’indice di

affidabilità calcolato come con il metodo FORM.

In sostanza la 1.15 rappresenta il prodotto dei risultati ottenuti con il metodo

FORM con un termine che rappresenta la correzione dovuta alla curvatura.

1.5.3 Metodo Monte Carlo

Nei paragrafi precedenti si è visto che il vero problema del calcolo della

Pf è che raramente l’integrale 1.8 sia risolvibile analiticamente ossia giungen-


do ad una soluzione esatta: la difficoltà computazionale di tale integrale sta
nella dipendenza da molti fattori delle variabili aleatorie. Esistono, tuttavia,
metodi numerici per calcolare (stimare) la Pf : uno di questi è il metodo Mon-

te Carlo. Le origini di tale metodo si possono individuare nei primi anni ’30

quando già Enrico Fermi sosteneva di utilizzare stime ottenute con tecniche

di campionamento statistico per lo studio del moto dei neutroni. Il metodo

di simulazione fu formalizzato negli anni ’40 da John Von Neumann e Steve


Ulam che partecipavano al progetto Manhattan per lo studio della dinamica

delle esplosioni nucleari. A quanto pare il nome Monte Carlo fu coniato da

Nicholas Metropolis nel settembre del 1949 in riferimento al celebre casinò,


sede per antonomasia dell’aleatorietà. Una simulazione Monte Carlo viene

utilizzata quando del problema in esame, che coinvolge un numero elevato


di variabili aleatorie, si conosce o si può ipotizzare la distribuzione di proba-

17
bilità di queste variabili. Esso calcola l’integrale 1.8 definendo una funzione
ausiliaria I(x) (detta funzione indicatrice) che assume valori nulli nell’insie-
me dove G > 0 e valore unitario nell’insieme dove G ≤ 0. La probabilità di

collasso Pf coinciderà con il valore atteso della funzione indicatrice I(x):



 0 se x ∈ S
I(x) = ⇒ Pf = E[I(x)] (1.16)

 1 se x ∈ F

Dalla Teoria della Stima dei parametri di variabili aleatorie, si può stimare
Pf dalla stima della media di I(x) calcolando il rapporto tra il numero di

esperimenti di esito negativo NF (quelli per cui risulta G ≤ 0) ed il numero

totale di simulazioni eseguite N :

NF
Pf = E[I(x)] = (1.17)
N

Il rapporto 1.17 è generalmente molto piccolo e quindi la probabilità cosı̀


stimata è soggetta ad incertezza. In particolare, la varianza del suddetto
rapporto decresce al crescere del numero N delle simulazioni: l’incertezza

nella valutazione di Pf decresce col crescere di N . Si dimostra che il numero

di simulazioni necessarie per ottenere una buona approssimazione della pro-


babilità di collasso è dell’ordine di grandezza di 10/Pf , per cui per stimare

una probabilità di 10−3 sono necessarie 104 simulazioni.

18
1.5.4 Importance Sampling ed Adaptive Sampling

Le simulazioni Monte Carlo, come detto precedentemente, richiedono un


elevato numero di campioni N per ottenere risultati accurati. Sono stati
sviluppati dei metodi simulativi che hanno come scopo il ridurre il numero

di campionamenti necessari senza peggiorare la qualità dei risultati: a parità


di campioni si riduce la varianza. Tra questi metodi ricordiamo il metodo

Importance Sampling ed il metodo Adaptive Sampling.

Modello Importance Sampling. Ricordando la definizione di funzione in-


dicatrice, è lecito scrivere la Pf in questo modo:

Z Z
Pf = fX (x) dx = I[G(x)]fX (x) dx
G(X)≤0 G(X)≤0

Questa relazione la possiamo scrivere in un modo equivalente introducendo


la funzione hV (x) di densità di probabilità detta di Importance Sampling:

Z
hV (x)
Pf = I[G(x)]fX (x) dx
G(X)≤0 hV (x)

Attraverso l’operatore Speranza Matematica E{·} è possibile esprimere tale

relazione come un valore atteso:

½ ¾
fX (x)
Pf = J = E I[G(x)]
hV (x)

quindi, la probabilità di collasso può essere stimata in questo modo:

N
" #
1 X fX (V̂j )
Pf ≈ J2 = I[G(V̂j ) ≤ 0] (1.18)
N j=1 hV (V̂j )

19
in cui V̂j è un vettore di valori generati a partire dalla funzione hV (·). La
varianza di J2 si può esprimere come:

Z · ¸2
1 fX (x)
V ar[J2 ] = I[G(x) ≤ 0] hV (x) dx − J 2 (1.19)
N hV (x)

È evidente che scegliendo in modo opportuno la funzione hV (x) è possibile


ridurre la varianza di J2 e quindi la Pf ; determinare in modo ottimale la

hV (x) è complesso: in genere si determina prima il Design Point e poi come

funzione di Importance Sampling si considera la fX (x) scalata in maniera


tale che la sua media coincida con il Design Point.

Modello Adaptive Sampling. Per poter ottenere una riduzione dell’one-


re computazionale legato alle simulazioni ed in contempo la riduzione della

varianza (e quindi dell’errore) legata al procedimento bisogna scegliere la fun-


zione hV (x) in modo opportuno. Questo è un problema complesso ma vi è
una possibilità per migliorare la funzione di Importance Sampling: si sceglie
una hV (x) di primo tentativo e si realizzano dei campionamenti preliminari.

Queste informazioni sono utili per poter calibrare la hV (x) affinchè converga
più rapidamente. Infatti è lecito poter scrivere la hV (x) come combinazione

di funzioni di densità di probabilità elementari:

X
hV (x) = wj · hVj (x) (1.20)

dove wj sono i pesi selezionati in maniera tale che la hV (x) abbia una forma
il più possibile simile a fX (x) all’interno del dominio di rottura. I pesi sono

20
espressi nel seguente modo:

fX (X̂j )
wj = Pk (1.21)
i=1 fX (X̂i )

X̂j è il punto dove sono centrate le funzioni hVj (x); una volta che i pesi siano

stati determinati grazie al campionamento iniziale, possono essere utilizzati,


e quindi iterati, ulteriori processi di campionamento grazie ai quali ottenere

stime dei pesi e quindi della probabilità di collasso sempre migliori.

1.5.5 Esempio: stima della Pf con Monte Carlo

Si consideri un tirante a cui è applicato un carico di trazione aleatorio con


distribuzione Uniforme nell’intervallo [40Kn, 48Kn] mentre la resistenza, an-
ch’essa Uniforme, è distribuita nell’intervallo [46Kn, 54Kn] come riportato in

figura 1.4. Calcolare la probabilità di collasso del tirante.

Prima di procedere alla stima della Pf del tirante è necessario chiarire


che tale esercizio può essere risolto molto agevolmente in forma chiusa; ma
raramente accade che le variabili aleatorie siano stocasticamente indipendenti

e quindi il calcolo della probabilità di collasso (cioè il calcolo dell’integrale 1.8)

non sempre è cosı̀ semplice ed immediato. A questo proposito si è utilizzata


la procedura Monte Carlo per poter stimare la probabilità 1.8, eseguendo

10.000 iterazioni. Una variabile aleatoria X ha una distribuzione Uniforme

o Rettangolare quando la sua Pdf è definita come segue [2]:




 1
b−a
per a ≤ x ≤ b; con b > a
fX (x) = (1.22)

 0 altrimenti

21
Figura 1.4: PdF della Sollecitazione e della Resistenza

dove i parametri a, b sono cosı̀ definiti:

• a valore minimo (min);

• b valore massimo (max).

Con l’ausilio del foglio elettronico Excel è stato possibile estrarre un campione

casuale delle variabili R, S: si assegna un numero casuale n ∈ [0, 1] e si


impone che il valore delle variabili risulti dalla relazione a + n · (b − a).

Come passo successivo si è stimata la funzione limite G = R − S e quindi

si è calcolato il rapporto:
NF
Pf = (1.23)
N

dove:

• NF numero di esperimenti tali che G ≤ 0;

• N numero iterazioni.

22
 









3G)

&G) 

)UHT

7RW













3I 3I

 









































* 56

Figura 1.5: PdF della G = R − S

La probabilità cosı̀ stimata risulta essere circa:

Pf = 0, 03

a questo proposito viene riportata nella figura 1.5 l’andamento della PdF e
della CdF: la Pf viene rappresentata sia come area sottesa dalla PdF prece-
dente il valore zero, sia come valore della CdF in corrispondenza dello zero.

1.6 Ridondanza e modalità di collasso: intro-

duzione

Dalla teoria dell’affidabilità si deduce che le funzioni di stato limite eser-


citano una influenza diretta sul comportamento del sistema strutturale in

23
condizioni di collasso. Per poter sviluppare tale tematica si deve tener conto
dei seguenti aspetti imprescindibili dal contesto principale:

• Ridondanza delle strutture e redistribuzione delle resistenze;

• Modalità di collasso delle strutture.

1.7 Ridondanza delle strutture

La Ridondanza è un’importante qualità dei sistemi strutturali: è la ca-

pacità di ridistribuire i carichi dopo il collasso di una o più componenti.

Questa qualità non è facile da calcolare. Durante gli ultimi quindici anni
molte definizioni di ridondanza strutturale sono state proposte ed utilizzate
per controllare la disponibilità di allarme prima dell’avvento del collasso. In
un recente studio, è stata utilizzata la seguente misura di ridondanza per i

ponti [4]:
αsys = βsys − βW M (1.24)

dove:

• βsys : indice di affidabilità del sistema ponte;

• βW M : indice di affidabilità del componente strutturale più debole (me-


no affidabile).

Dagli studi presenti in [4] è stata proposta la seguente misura di ridondanza:

γsys = βSM − βW M (1.25)

dove:

24
• βSM : indice di affidabilità del componente strutturale più forte (più
affidabile);

• βW M : indice di affidabilità del componente strutturale più debole (me-


no affidabile).

Quindi il livello di ridondanza di un sistema strutturale, in questo caso di un

ponte, è dato dal confronto tra la 1.24 e la 1.25 cosı̀ condotto [4]:

• sistema ponte molto ridondante: αsys > γsys ≥ 0;

• sistema ponte ridondante: γsys ≥ αsys ≥ 0;

• sistema non ridondante: αsys < 0;

L’affidabilità e la ridondanza di un sistema strutturale sono altamente di-


pendenti dal criterio di collasso che viene ipotizzato, dal moltiplicatore dei
carichi mobili assunto e dalla correlazione assunta tra le componenti della
stessa struttura.

1.8 Modalità di collasso in serie

Un sistema viene definito in serie quando la condizione di collasso si rag-

giunge nel momento in cui una qualunque delle sue componenti è in condizio-

ne di collasso. Un sistema cosı̀ schematizzato non ha evidentemente ridondan-

za e viene anche definito collegamento debole o Weakest Link. Indicando con

Fi l’evento collasso del i-esimo elemento, allora l’evento FS che rappresenta

25
Figura 1.6: Rappresentazione schematica di un sistema in serie

il collasso dell’intera struttura sarà pari alla unione dei singoli Fi :

[
FS = Fi (1.26)
i

È chiaro che l’evento successo SS del sistema è pari alla intersezione dei

singoli successi Si :
\
SS = Si (1.27)
i

La probabilità di collasso di un sistema in serie è data dalla seguente:


à ! à !
[ \
P (FS ) = P Fi =1−P Si (1.28)
i i

Il calcolo della probabilità di collasso di un sistema in serie definita dall’equa-

zione 1.28 è generalmente una operazione complessa e richiede la conoscenza


della correlazione tra tutte le modalità di collasso. Una procedura appros-

simata per valutare la probabilità di collasso è quella di calcolare un limite

superiore ed un limite inferiore alla probabilità stessa invece di cercare di cal-

colare il valore esatto. Per la valutazione di questi limiti possiamo utilizzare

due diversi tipi di formulazione:

• limiti del primo ordine;

• limiti del secondo ordine.

26
1.8.1 Esempio: affidabilità di sistema in serie

Si consideri un sistema che abbia tre componenti che siano disposti in serie,
ciascuno con le seguenti affidabilità:

• R1 = 99, 5%

• R2 = 98, 7%

• R3 = 97, 3%

Si calcoli l’affidabilità del sistema.


L’affidabilità del sistema è data dalla 1.27:

RS = R1 · R2 · R3 = 0, 955549245 = 95, 55%

È utile osservare che in una configurazione in serie l’affidabilità del sistema


risulta inferiore a quella del componente meno affidabile; a conferma di ciò è
utile considerare la seguente tabella:
Componente 1 Componente 2 Componente 3 Sistema
0,7 0,8 0,9 0,504
0,8 0,8 0,9 0,576
0,7 0,9 0,9 0,567
0,7 0,8 0,99 0,554

Tabella 1.1: Tabella variazioni affidabilità in serie

Nella tabella 1.1 viene esaminato l’effetto dell’affidabilità del singolo com-
ponente su quella del sistema; la prima riga contiene i valori delle affidabilità

dei componenti e del sistema, nelle altre righe viene aumentato del 10% un
valore mentre rimangono inalterati gli altri due. Come si può osservare l’au-

mento dell’affidabilità dell’elemento meno affidabile ha prodotto nel sistema

27
un incremento di affidabilità maggiore che negli altri casi presenti nelle righe
della tabella; tutto ciò si puo riassumere con la seguente frase: “Una catena
è tanto forte quanto il suo anello più debole.”

1.8.2 Limiti del primo ordine

I limiti del primo ordine del valore probabilità di collasso di un siste-

ma in serie non richiedono informazioni sulla correlazione tra gli eventi che

definiscono il sistema stesso.

Se gli eventi Fi si considerano perfettamente correlati, la probabilità di


un collasso del sistema è semplicemente il valore massimo tra le singole
probabilità di collasso:
max{P (Fi )} ≤ P (FS ) (1.29)

Se invece gli eventi Fi si considerano statisticamente indipendenti è possibile

determinare un limite superiore al valore probabilità di collasso. In questo


caso a partire dalla equazione 1.28 possiamo scrivere:
à !
\ Y Y X
P (FS ) ≤ 1 − P Si =1− P (Si ) = 1 − [1 − P (Fi )] = P (Fi )
i i i i
(1.30)

Combinando insieme la 1.29 e la 1.30 otteniamo i limiti superiore ed inferiore

che stavamo cercando:

X
max{P (Fi )} ≤ P (FS ) ≤ P (Fi ) (1.31)
i

I limiti cosı̀ calcolati sono ravvicinati, e quindi vicini alla soluzione esatta,

28
nel caso in cui esista nella struttura una modalità di collasso dominante;
altrimenti essi sono in generale troppo ampi per poter essere efficacemen-
te utilizzati come stima della probabilità di collasso. In quest’ultimo caso

è necessario ricorrere a limiti del secondo ordine che tengono conto della

correlazione tra coppie di modalità di collasso.

1.8.3 Limiti del secondo ordine

Questi limiti, conosciuti anche come limiti di Ditlevsen, tengono conto

della correlazione, e quindi della dipendenza, tra coppie di eventi collasso e


per questo vengono denominati metodi del secondo ordine. I limiti inferiore e
superiore alla probabilità di collasso, per un sistema costituito da k possibili
modalità di collasso, sono funzioni della probabilita congiunta:

P (Fi ∩ Fj )

Ricordando la relazione 1.14 a pagina 15 è lecito scrivere che:

P (Fi ∩ Fj ) = Φ2 (−βi , −βj , ρij )

dove:

• βi e βj : indici di affidabilità degli eventi i-esimo e j-esimo;

• ρij : coefficiente di correlazione tra βi e βj ;

• Φ2 (−βi , −βj , ρij ): funzione cumulativa di una distribuzione gaussiana


bidimensionale con media (0, 0) e varianza (1, 1).

29
Oltre ai limiti del primo ordine e a quelli del secondo ordine possono essere
definiti limiti di ordine superiore che però richiedono il calcolo della probabi-
lità dell’intersezione di più di due eventi e sono per questo, seppur più precisi,

molto più complessi da calcolare.

1.9 Modalità di collasso in parallelo

Un sistema viene definito in parallelo quando la condizione di collasso


si raggiunge nel momento in cui tutte le sue componenti sono in condizione

di collasso. Indicando con Fi l’evento collasso del i-esimo elemento, allora

Figura 1.7: Rappresentazione schematica di un sistema in parallelo

l’evento FP che rappresenta il collasso dell’intera struttura sarà pari alla

intersezione dei singoli Fi :


\
FP = Fi (1.32)
i

30
È chiaro che l’evento successo SP del sistema è pari alla unione dei singoli
successi Si :
[
SP = Si (1.33)
i

La probabilità di collasso di un sistema in parallelo è data dalla seguente:


à ! à !
\ [
P (FP ) = P Fi =1−P Si (1.34)
i i

Analogamente al caso dei sistemi in serie, anche per i sistemi strutturali in

parallelo la valutazione della 1.34 è generalmente difficile e quindi anche in


questo caso è necessario utilizzare un procedimento approssimato per la defi-
nizione di limiti superiore ed inferiore alla probabilità di collasso del sistema.
Utilizzando una procedura simile al caso dei sistemi in serie, si definiscono

dei limiti del primo ordine per poter approssimare la P (FP ). Nel caso in
esame si ha la seguente:

Y
P (Fi ) ≤ P (FS ) ≤ min{P (Fi )} (1.35)
i

Questi limiti sono eccessivamente estesi e non consentono quindi una buona
procedura di approssimazione.

1.9.1 Esempio: affidabilità di sistema in parallelo

Si consideri un sistema che abbia tre componenti che siano disposti in paral-
lelo, ciascuno con le seguenti affidabilità:

• R1 = 99, 5%

31
• R2 = 98, 7%

• R3 = 97, 3%

Si calcoli l’affidabilità del sistema.


L’affidabilità del sistema è data dalla 1.34:

RS = 1 − [(1 − R1 ) · (1 − R2 ) · (1 − R3 )] = 0, 999998245 = 95, 998%

È utile osservare che in una configurazione in parallelo l’affidabilità del

sistema viene influenzata dal componente più affidabile; a conferma di ciò è


utile considerare la seguente tabella:

Componente 1 Componente 2 Componente 3 Sistema


0,6 0,7 0,8 0,976
0,7 0,7 0,8 0,982
0,6 0,8 0,8 0,984
0,6 0,7 0,9 0,988

Tabella 1.2: Tabella variazioni affidabilità in parallelo

Come si può osservare l’aumento dell’affidabilità dell’elemento più affida-

bile ha prodotto nel sistema un incremento di affidabilità maggiore che negli


altri casi presenti nelle righe della tabella.

1.10 Sistemi generali: link-set e cut-set

I modelli di strutture in serie e in parallelo costituiscono due sistemi base,

a partire dai quali è possibile costruire ogni sistema più generale. Un sistema
generale consiste infatti in una combinazione di sottosistemi in serie ed in

parallelo. Si dimostra che ogni sistema può essere rappresentato come:

32
Figura 1.8: Rappresentazione schematica di un sistema Link-set

• Link-set: sistema in serie di sistemi in parallelo (vedi figura 1.8);

• Cut-set: sistema in parallelo di sistemi in serie (vedi figura 1.9).

Figura 1.9: Rappresentazione schematica di un sistema Cut-set

33
Soffermandoci sul caso di sistema Cut-set, il collasso del sistema è dato dalla
unione (serie) dell’intersezione (parallelo) degli eventi i-esimi di collasso:

[\
FG = F ij
j i

avendo indicato con Fij l’evento di collasso i-esimo nel percorso di rottura
j-esimo. La probabilità di collasso sarà data dalla seguente:
" #
[\
P (FG ) = P F ij (1.36)
j i

La valutazione di questa probabilità è generalmente difficile ed inoltre non


sono disponibili attualmente dei limiti per una valutazione approssimata.

1.10.1 Esempio: combinazione di serie e parallelo

Si consideri un sistema che abbia tre componenti. Come mostrato in figura

1.10, i componenti 1 e 2 sono disposti in serie, il componente 3 è disposto in

parallelo con i primi due; le loro affidabilità siano le seguenti:

• R1 = 99, 5%

• R2 = 98, 7%

• R3 = 97, 3%

Si calcoli l’affidabilità del sistema.

In questo caso bisogna ridurre il sistema ad uno equivalente sfruttando le

relazioni precedentemente viste. Il tratto 1 − 2 costituisce un subsistema in

34
Figura 1.10: Combinazione serie-parallelo

serie e quindi la sua affidabilità è:

R1,2 = R1 · R2 = 0, 982065 = 98, 2065%

A questo punto il sistema è stato ricondotto al caso di componenti in

parallelo e quindi l’affidabilità del sistema è:

RS = 1 − [(1 − R1,2 ) · (1 − R3 )] = 0, 999515755 = 99, 95%

In questo esempio è stato mostrato che i sistemi misti serie-paralleli

vengono risolti riconducendoli a sistemi equivalenti più semplici.

35
Capitolo 2

Modelli di manutenzione nel


ciclo di vita delle strutture.

2.1 Introduzione

Rispetto all’analisi e progettazione dei sistemi strutturali, la previsione

delle prestazioni durante il ciclo di vita delle strutture è molto più com-
plessa ed è in rapida affermazione in campo accademico. Ciò rappresenta

una sfida che amministrazioni e professionisti hanno raccolto, sviluppando


e implementando sistemi di manutenzione e modelli matematici per poter

prevedere i costi di intervento in relazione a scenari che tengano in conto sia


degli interventi manutentivi sia della loro totale assenza.

La gestione e manutenzione delle strutture richiede un approccio sistema-


tico e molto spesso le risorse economiche sono sottoposte a vincoli di bilancio.

Ecco la sfida che le amministrazioni ed i tecnici progettisti devono affrontare:


garantire le prestazioni delle strutture per tutta la durata della loro vita utile

36
avendo a disposizione risorse limitate. Ciò impone che le attività di ispezione
e manutenzione siano ottimamente pianificate nel tempo.

Questo lavoro di tesi si propone di affrontare il tema dell’analisi dei costi


durante il ciclo di vita delle strutture da ponte. L’incremento dei traffici, il

ripetersi di intensi fenomeni alluvionali, l’aggressività degli agenti atmosferi-

ci, impegnano le strutture di molti dei ponti esistenti a condizioni di lavoro

spesso critiche, sia nei riguardi della sicurezza statica, sia nei riguardi della
loro conservazione nel tempo. Sono infatti tuttora in esercizio ponti stradali

e ferroviari realizzati alla fine del 1800, i primi ponti in c.a. della prima metà
del 1900 ed i ponti in c.a.p. degli ultimi cinquant’anni: opere concepite per

situazioni di traffico di intensità molto minore a quella attuale e, a volte, rea-


lizzate in regime di massima economia e con scarsa attenzione alle prestazioni
in termini di durabilità. È quindi comprensibile la generale attenzione al gra-

do di affidabilità di molti dei ponti esistenti, non solo per quanto riguarda la
sicurezza, ma anche per i pesanti riflessi che l’interruzione di un ramo della
rete infrastrutturale genera sull’economia dell’area geografica circostante.

Tale lavoro di ricerca si avvale di particolari modelli di previsione detti

modelli di manutenzione. Ogni modello di manutenzione proverà a predire

ed estrapolare la prestazione futura della struttura in esame, o servendosi di


un approccio deterministico oppure utilizzando metodi probabilistici. Agli

stati attuale e futuro della struttura sono associati diversi livelli di incertezza

e quindi è necessario un approccio di tipo probabilistico. Grosso modo, ogni


modello di manutenzione può essere diviso in due parti:

• Modello di deterioramento: viene utilizzato per approssimare e predire

l’attuale processo di invecchiamento in termini di affidabilità;

37
• Modello di decisione: utilizza il modello di deterioramento per deter-
minare i tempi ottimali di ispezione e di manutenzione.

Dall’applicazione di questi modelli si determina una politica di manutenzione


(policy maintenance) ottimizzata ai costi con livello di prestazioni vincolato.
A loro volta le politiche di manutenzione si dividono in:

• periodiche: gli intervalli di manutenzione sono costanti;

• aperiodiche: gli intervalli manutentivi non sono uguali tra loro.

I modelli di manutenzione che verranno discussi sono:

• Modelli di variabile aleatoria: assumono che una o più variabili nel

modello di deterioramento siano casuali;

• Modelli di processo stocastico: assumono che il deterioramento nel


tempo sia rappresentato da una collezione di variabili casuali.

Essenzialmente, il deterioramento (che è incerto) si diffonde nel tempo.

2.2 Modelli di variabile aleatoria

I modelli di manutenzione che rientrano in questa classe sono tre:

• modello Failure Rate (coefficiente di collasso): in cui l’unica variabile


aleatoria è il tempo di vita della struttura;

• modello Reliability Index (indice di affidabilità): dove la distribuzione


del tempo di vita deriva da uno stato limite che è funzione di una o più

variabili aleatorie fisiche;

38
• modello Time Dependent Reliability (affidabilità dipendente dal tem-
po): dove l’affidabilità varia nel tempo in funzione della manutenzione.

2.2.1 Modello Failure Rate

Si definisce Coefficiente di Collasso (o Failure Rate) la frequenza media

con la quale un componente collassa. Tale coefficiente, spesso indicato con la

lettera greca λ, dipende dalla PdF dei collassi: essa descrive la probabilità di

collasso di un componente prima di un tempo specificato. Un altro modo di

esprimere tale coefficiente è attraverso l’acronimo anglosassone MTBF (Mean


Time Between Failure) cioè il tempo medio (o atteso) tra eventi di collasso.
Modello di Deterioramento. La distribuzione del tempo di vita rappre-
senta l’incertezza nel tempo al collassare di un componente o di una struttura.

Sia F (t) una distribuzione di probabilità cumulata e sia f (t) la funzione di


densità di probabilità; allora la funzione coefficiente di collasso è definita
come segue [7]:
f (t) f (t)
r(t) = = t > 0. (2.1)
1 − F (t) F (t)

Un’interpretazione probabilistica della 2.1 è che r(t)dt rappresenta la pro-

babilità che un componente di età t collasserà nell’intervallo [t, t + dt]. Il

coefficiente di collasso aumenta con il deterioramento dei componenti strut-


turali. Il problema serio del coefficiente di collasso è che non può essere

osservato o misurato.

Modello di Decisione. Il concetto di manutenzione ottimizzata tramite


modelli matematici, basato sulla distribuzione del tempo di vita, nacque nei

primi anni ’60. Il più famoso ed utilizzato è il modello di sostituzione che

39
stabilisce la sostituzione di un componente strutturale dopo il raggiungimento
di una età predeterminata k. Un altro modello è il modello di sostituzione a
blocco: ereditando i risultati del modello precedente, questo modello stabilisce

che la sostituzione deve avvenire periodicamente nei tempi k, 2k, 3k, . . .

2.2.2 Modello Reliability Index

L’Indice di Affidabilità β (o Reliability Index ) esprime una misura della

sicurezza strutturale: è la distanza, in unità di deviazione standard, dal

dominio di rottura.
Modello di Deterioramento. Nel modello G(R, S) = R − S o modello
Sollecitazione - Resistenza, R è la resistenza del componente o struttura
mentre S sono le sollecitazioni applicate. Sia R che S sono intese come

variabili aleatorie, questo modello è ampiamente trattato nel capitolo 1 di


questo lavoro di tesi.

Modello di Decisione. Una volta calcolata la probabilità 1.8 di pagina 6 si


utilizzano due approcci all’analisi della decisione [7]: Life-Cycle Costs (costi

del ciclo di vita) e Risk Ranking (classificazione di rischio). L’approccio che

tiene conto del ciclo di vita è il concetto preferito dai decisori che non sono solo
interessati alla sicurezza, ma anche ai costi. Per un’ottimale pianificazione

delle ispezioni e quindi delle manutenzioni conseguenti si utilizza un albero

delle decisioni. Dopo ogni ispezione viene presa una decisione che effettua la
scelta di eseguire la manutenzione A (ramo 1) oppure di non eseguirla (ramo

0). La probabilità di eseguire l’azione A sarà determinata dallo stato del

componente o del sistema.

40
Figura 2.1: Rappresentazione di un albero delle decisioni

L’utilizzo di tale diagramma ci permette di calcolare i costi associati ad


ogni decisione in modo da sapere l’intervallo che minimizza i costi previsti.
Sebbene sia un procedimento alquanto semplice ed immediato, purtroppo non

permette al decisore di inserire dei limiti alla soluzione. Per questa ragione,

il problema dell’ottimizzazione può essere formulato come un’ottimizzazione

non lineare vincolata.

L’approccio che contempla la classificazione di rischio è utile solo per


poter stabilire le priorità di ispezione nel momento della valutazione o in

un fissato momento nel futuro. Il rischio è definito come il prodotto della

41
probabilità di collasso (Pf ) per le relative conseguenze (D) [7]:

R = Pf · D

Pertanto il componente dal più alto rischio sarà quello che avrà sia la più

alta probabilità di collasso sia i danni più gravi. Uno strumento analitico

molto efficace comunemente utilizzato è la cosiddetta Matrice del Rischio che

classifica i componenti strutturali secondo la loro Pf e secondo i potenziali


danni da collasso.

2.2.3 Modello Time Dependent Reliability

In questo modello viene analizzato il profilo (andamento nel tempo) del-


l’indice di affidabilità per le strutture. Pertanto, questo tipo di modelli sono
stati sviluppati ed applicati per prolungare la vita utile delle strutture in
funzione di diversi scenari manutentivi.

Modello di Deterioramento. L’indice di affidabilità β è utilizzato come


misura della sicurezza strutturale. Infatti la vita utile di una struttura (di

un ponte) è una progressione di livelli di affidabilità [9]:

• Eccellente → Regione 5: β ≥ 9, 0

• Molto buono → Regione 4: 8, 0 ≤ β < 9, 0

• Buono → Regione 3: 6, 0 ≤ β < 8, 0

• Accettabile → Regione 2: 4, 6 ≤ β < 6, 0

• Inaccettabile → Regione 1: β ≤ 4, 6

42
Vi sono due tipologie di azioni manutentive che possono influire sul profilo
dell’indice di affidabilità. In accordo alle indicazioni fornite da vari studiosi
si hanno le seguenti definizioni [7]:

• manutenzione preventiva: viene eseguita quando l’indice di affidabilità

è superiore al valore di minimo di affidabilità accettabile. In genere que-


sto tipo di interventi ritarda il processo di deterioramento ed, inoltre,

riduce i coefficienti dell’indice di affidabilità in un intervallo di tempo;

• manutenzione ordinaria o essenziale: viene eseguita quando l’indice di

affidabilità raggiunge il valore di minima accettabilità. Lo scopo di tale

intervento è di migliorare l’affidabilità e la condizione del componente


o della struttura.

Le azioni preventive sono classificate come dipendenti dal tempo: basti ricor-
dare che la riverniciatura dei ponti in acciaio avviene ogni dieci anni. Le altre

azioni ordinarie sono applicate quando una specifica richiesta prestazionale


è non soddisfatta. Questo tipo di azioni sono dette interventi performance
based ; sia le azioni preventive che le essenziali possono essere applicate una

sola volta o ciclicamente durante la vita utile di una struttura.

La parte a sinistra della Figura 2.2 mostra il profilo dell’indice di affida-

bilità nel caso di assenza di manutenzione. Tale tipo di profilo è descritto

dalle seguenti [7]:

β(t) = β0 se t ≤ ti (2.2)

β(t) = β0 − α1 (t − ti ) se t > ti (2.3)

43
Figura 2.2: Profilo di affidabilità senza (sx) e con manutenzione (dx)

Si noti che una struttura, all’istante di vita t = 0, non necessariamente

si colloca nella Regione 5 e che l’andamento lineare del profilo rappresenta

un’approssimazione di una degradazione non lineare che avviene nella realtà.


Recentemente sono stati introdotti modelli non lineari di deterioramento per
il profilo dell’indice di affidabilità [7]:

β(t) = β0 se t ≤ ti (2.4)

β(t) = β0 − α2 (t − ti ) − α3 (t − ti )p se t > ti (2.5)

dove:

• α1 , α2 , α3 : coefficienti di deterioramento dell’indice di affidabilità;

• ti : tempo di inizio del deterioramento;

• p: parametro relativo agli effetti non lineari in termini di funzione

potenza nel tempo.

Si noti che i profili sopra descritti non vengono computati secondo gli algorit-

mi esposti nel capitolo 1 di questo lavoro di tesi, ma sono simulati con l’au-

44
silio del Metodo Monte Carlo con parametri direttamenti stimati da esperti
oppure ottenuti da rilievi statistici.

La parte a destra della figura 2.2 mostra come il profilo di affidabilità


(livello di performance) viene influenzato dagli interventi di manutenzione

essenziale e preventiva. Frangopol ha definito un modello ad otto variabili

aleatorie associate ad ogni aspetto dei processi di manutenzione ordinaria e

preventiva; ecco qui una loro decrizione [7]:

• β0 , indice di affidabilità iniziale;

• TI , tempo di inizio degrado;

• A, coefficiente di degrado dell’affidabilità senza manutenzione;

• TP I , tempo di applicazione della prima manutenzione preventiva;

• TP , tempo (periodo) di riapplicazione della manutenzione preventiva;

• TP D , durata dell’effetto della manutenzione preventiva;

• Θ, coefficiente di degrado dell’affidabilità durante l’effetto della manu-

tenzione preventiva;

• Γ, incremento dell’indice di affidabilità immediatamente dopo l’appli-

cazione della manutenzione preventiva.

Lo studio del modello ha messo in evidenza quanto segue: in assenza di ma-

nutenzione la distribuzione del tempo di riabilitazione TR (tempo in cui il

profilo attraversa il valore critico di performance) dipende solo da tre varia-


bili aleatorie: β0 , TI , A; mentre in presenza di manutenzione la distribuzione

45
Figura 2.3: Influenza delle variabili aleatorie sul profilo di affidabilità

del tempo di riabilitazione TRP dipende dalle otto variabili aleatorie pre-
cedentemente indicate. Nella figura 2.3 viene rappresentato come il profilo
di affidabilità venga influenzato dalle variabili aleatorie del modello, con la

simulazione Monte Carlo vengono generati gli indicatori delle otto PdF indi-
cate nel profilo dell’affidabilita; ciò serve anche a catturare la diffusione delle
incertezze durante l’intera vita utile della struttura che si sta degradando. I
valori che caratterizzano le PdF suindicate sono qui riassunti nella seguente
tabella 2.4 [10]. Tale tabella è stata ricavata da una sperimentazione con-

dotta su un gruppo di ponti a struttura mista acciaio/cls: è stato fissato un

valore α del coefficiente di degrado (la tabella è stata ottenuta con tre diversi

coefficienti di degrado, ecco perchè sono presenti tre diversi valori per il max
di A) e quindi è stata condotta la simulazione tramite Monte Carlo facendo

l’ipotesi di assenza di manutenzione. Nella figura 2.5 vi è un esempio di co-

me è stata ricavata la variazione della distribuzione della media dell’indice di


affidabilità β0 , nel tempo, associato alla modalità di collasso per Momento

Flettente [10]. La simulazione è stata condotta tenendo conto che sono stati

46
Variabile Tipo di Principali Indicatori
Aleatoria Distribuzione Taglio Momento
β 0 Log-normale
Media 8,5 Media 7,5
Dev. Std. 1,5 Dev. Std. 1,2
Media 15 Media 15
TI [anni] Log-normale
Dev. Std. 5 Dev. Std. 5
Min 0,005 Min 0,002
Max 0,1 Max 0,05
A [anni-1] Uniforme
0,15 0,075
0,2 0,1
Media 20 Media 20
TPI [anni] Log-normale
Dev. Std. 5 Dev. Std. 5
Min 10 Min 10
TP [anni] Triangolare Moda 15 Moda 15
Max 20 Max 20
Media 10 Media 10
TPD [anni] Log-normale
Dev. Std. 2 Dev. Std. 2
Θ [anni ] -1
Uniforme
Min 0 Min 0
Max 0,05 Max 0,025
Γ Log-normale
Media 0,2 Media 0,2
Dev. Std. 0,04 Dev. Std. 0,04

Figura 2.4: Variabili aleatorie associate alle modalità di collasso per Taglio
e Momento

ipotizzati tre differenti casi per l’inizio del TI :

• prima dell’applicazione del primo intervento di manutenzione preven-


tiva;

• dopo l’applicazione o riapplicazione della manutenzione preventiva;

• dopo il TP D della manutenzione preventiva.

Nella stessa figura 2.5 è stato confrontato il caso di assenza di manutenzio-

ne preventiva con il caso di presenza di manutenzione. I risultati ottenuti

mostrano che la media dell’indice β0 è più grande nel caso di manutenzione


preventiva effettuata. Altro aspetto non meno rilevante è che la sua disper-

sione risulta più piccola. In altre parole gli effetti delle azioni preventive

47
Figura 2.5: Confronto distribuzione della media di β0 nel tempo, con e senza
manutenzione

sui principali indicatori dell’indice di affidabilità prolungano la vita utile dei

ponti manutenuti.
L’effetto di un intervento i sul profilo di affidabilità iniziale j può espri-
mersi analiticamente come [12]:

nj
X
βj (t) = βj,0 (t) + ∆βj,i (t) (2.6)
i=1

in cui:

• nj è il numero di azioni manutentive associate al profilo di affidabilità

j;

• βj,0 (t) è il profilo dell’affidabilità senza manutenzione;

• ∆βj,i (t) è il profilo addizionale associato con la i-esima azione di ma-

nutenzione.

48
Risulta evidente che il profilo dell’indice di affidabilità del sistema si ottiene
dalla combinazione statistica dei profili di affidabilità dei singoli componenti.
Il modello di affidabilità di Frangopol è stato poi ampliato per incorporare

un indice di condizione (possibilmente ricavabile dalle ispezioni visive) e la

sua interazione col tempo. Conseguentemente il modello è stato adattato per

poter considerare che la prestazione del componente o struttura sia definita

come un’interazione tra condizione ed affidabilità. Gli indici di affidabilità e


condizione sono considerati costanti per un periodo uguale al tempo di inizio

del danno (tIC e tI ). Dopo tale intervallo un coefficiente di deterioramento


lineare viene considerato sia per la condizione che per l’affidabilità (αC e α1 ).

La formulazione analitica dell’indice di condizione è la seguente [7]:




 C0 per 0 ≤ t ≤ tIC
C(t) = (2.7)

 C0 − αC (t − tIC ) per t > tIC

dove C0 è l’indice di condizione iniziale, C(t) è l’indice a tempo t che si


assume decrescente col tempo.
L’interazione tra condizione ed affidabilità è modellata attraverso corre-

lazioni tra i parametri che definiscono le equazioni 2.6 e 2.7; nonchè dalle

relazioni deterministiche tra i profili ad ogni passo temporale.

Modello di Decisione. Il costo di manutenzione viene spesso considerato


fisso, indipendente sia dallo stato della struttura che dagli effetti sull’affidabi-

lità e condizione della stessa. Però, il costo di manutenzione non solo dipende

dal tipo di azione manutentiva, ma anche dall’affidabilità e condizione prima


e dopo l’intervento. Ecco un modello che rappresenta il costo per riparare

49
una trave d’acciao arrugginita [7]:

c = c1 + c2 (∆β)q1 + c3 (tD · α1 )r1 + c4 (∆C)q2 + c5 (tDC · αC )r2 (2.8)

dove c è il costo totale associato con l’azione manutentiva, ∆β e ∆C sono gli

incrementi degli indici di affidabilità e condizione, tD e tDC sono i ritardi in

termini di deterioramento degli indici di affidabilità e condizione, c1 è il costo

fisso, c2 e c4 sono i costi associati agli incrementi ∆β e ∆C, c3 e c5 sono i costi


associati ai ritardi tD e tDC , q1 e q2 sono parametri associati con una relazione

tra costo di manutenzione ed incrementi di affidabilità e condizione, mentre

r1 e r2 sono parametri associati con una relazione tra costo di manutenzione


ed i ritardi di affidabilità e condizione in termini di deterioramento.

Siccome si vuole perseguire una politica orientata all’ottimizzazione dei


costi, nasce l’esigenza di attualizzare l’investimento: la stessa somma di de-
naro spesa in due istanti temporali diversi ha un valore diverso se rapportata
al tempo presente. L’attualizzazione del costo può essere effettuata come

segue:
ct
(2.9)
(1 + r/100)t

dove ct è il costo al tempo t mentre r è il tasso annuale d’interesse.

2.3 Modelli di processo stocastico

I modelli che rientrano in questa tipologia sono due:

• processo di Decisione di Markov : è un processo stocastico in cui la

probabilita che, in un dato istante di tempo t, una variabile assuma il

50
corrispondente valore non dipende dagli istanti di tempo precedenti a
t;

• processi di Rinnovo: sono processi stocastici integrati non negativi che,


in senso statistico, riportano le condizioni allo stato iniziale.

2.3.1 Processo di Decisione di Markov

Il degrado di un componente o di una struttura viene inteso come un

processo stocastico dipendente dal tempo {X(t), t ≥ 0} dove X(t) è una


grandezza aleatoria per ogni t ≥ 0. Sia X(τ ) il valore assunto dalla X(t)
nell’istante τ > t: se i valori X(τ ) sono indipendenti dai valori X(u) con

u < t allora siamo in presenza di un processo di Markov.

Modello di Deterioramento. I tipi di processi che sono utili per modellare


il degrado sono processi di Markov discreti nel tempo e nello spazio {Xn , n =
0, 1, 2, . . .} chiamati Catene di Markov. La probabilità di evolvere in uno

stato j nell’istante n + 1, dato che all’istante attuale n l’oggetto è allo stato


i, è cosı̀ indicata [7]:

Pij = P r{Xn+1 = j|X0 = i0 , . . . , Xn = i} = P r{Xn+1 = j|Xn = i}

Se la probabilità di transizione non dipende da n (cioè da quanto tempo il


processo è iniziato), allora il processo è detto stazionario nel tempo. Per

definire la catena Xn è necessario stimare le probabilità di transizione tra

tutte le possibili coppie condizioni di stato. Se ci sono N stati, allora ciò

51
risulta in una matrice N × N [7]:

 
 P11 P12 . . . P1N 
 
 P21 P22 . . . P2N 
 
P = . .. . 
 .. .. .. 
 . . 
 
PN 1 PN 2 . . . PN N

dove la coppia di indici {ij} indica la transizione Xi → Xj . La matrice

suddetta gode delle seguenti proprietà:

• tutti gli elementi della matrice sono numeri reali, non negativi e non
maggiori di 1;

• gli elementi della i-esima riga sono le probabilità di transizione dallo

stato i ad un qualunque stato j (compreso i stesso);

• per il principio delle probabilità totali la somma degli elementi di ogni


riga è pari a 1;

• la matrice è quadrata: le righe rappresentano gli stati iniziali mentre

le colonne sono gli stati finali della transizione, che evidentemente sono

uguali.

La probabilità di muovere da uno stato i ad uno stato j in m passi può

essere calcolata cosı̀:

Pijm = P r{Xn+m = j|Xn = i}

Tramite la relazione di Chapman-Kolmogorov si può dimostrare che la pre-

52
cedente transizione in m passi può scriversi come il prodotto della matrice P
per se stessa m volte: P m

Modello di Decisione. Per poter intraprendere decisioni circa linee guida


ottimali per le azioni di manutenzione, si deve considerare un insieme di

azioni A e costi C(i, a) che possono essere intraprese quando il processo è

nello stato i e l’azione a ∈ A è stata scelta. I costi sono limitati ed una

politica deve regolare la scelta dell’azione. Quando si intraprende l’azione


a ∈ A, il processo muove in uno stato j con la seguente probabilità:

Pij (a) = P r{Xn+1 = j|Xn = i, an = a}

Quando una decisione per un’azione dipende solo dallo stato attuale del pro-

cesso e non dal tempo in cui l’azione è intrapresa, allora siamo in presenza
di una policy stazionaria. In questo caso il processo suddetto viene detto
processo di decisione di Markov. A questo punto è possibile formulare gli
sconti sui costi che tali decisioni comportano su un orizzonte illimitato:

N
X
Vα (i) = C(i, a) + α · Pij (a)Vα (j) (2.10)
j=1

dove:

• α è il fattore di sconto per 1 anno;

• Vα è la funzione valore in α;

53
Il fattore di sconto è definito come segue:

1
α= r
1 + 100

con r tasso di sconto annuale. A questo punto una decisione ottimale dal

punto di vista dei costi può essere trovata minimizzanto la relazione 2.10, nel

rispetto dell’azione a che è stata dettata dalle politiche manutentive. Ci sono

molti metodi per trovare una soluzione ottimale. Uno di questi è il cosiddetto
algoritmo policy-improvement che incrementa migliori politiche decisionali

fino a che nessun miglioramento possa essere fatto. Ci sono tre importanti

aspetti inerenti l’utilizzo dei processi di Markov per l’ottimizzazione della


manutenzione:

• la condizione di stato non è continua, ma discreta e finita. Ciò va bene

per le ispezioni visive, ma non è ottimale per ispezioni e valutazioni


non distruttive;

• l’ipotesi markoviana della non memoria degli stati passati è molto


criticata;

• le probabilità di transizione nella matrice P sono molto difficili da

stimare ed alquanto soggettive.

2.3.2 Processi di Rinnovo

Per poter modellare la variazione nel tempo della resistenza di una strut-
tura veniva utilizzato il processo stocastico detto Moto Browniano con devia-

zioni. La sua caratteristica principale è che la resistenza strutturale fluttuasse

54
tra incrementi e decrementi di valore nel tempo: queste fluttuazioni erano
simili all’andamento di un pacchetto azionario in una movimentata seduta
borsistica. Per questa ragione il modello Browniano è inadeguato a modellare

la variazione nel tempo della resistenza poichè è monotòna. Ecco quindi che

viene adottato il processo stocastico Gamma, che è decrescente nel tempo.

Questo processo è particolarmente adatto per modellare il danno che gra-

dualmente si accumula nel tempo: usura, fatica, corrosione, espansione delle


fessure.

Modello di Deterioramento. In termini matematici la funzione processo


Gamma {X(t), t ≥ 0}, con funzione di forma v(t) > 0 e parametro u > 0,

è un processo stocastico continuo nel tempo con incrementi indipendenti


distribuiti secondo la Gamma. Una quantità aleatoria X ha una distibuzione
di tipo Gamma,con funzione di forma v(t) > 0 e parametro u > 0, se la sua

funzione di densità di probabilità P dF è data dalla [7]:

u · (ux)(v−1) (−ux)
Ga(x|v, u) = e , x≥0 (2.11)
Γ(v)

R∞
dove Γ(a) = t=0
ta−1 e−t dt viene detta funzione Gamma di Eulero per a > 0.

Si denoti con X(t) il deterioramento al tempo t. Se X(t) è un processo

Gamma, con funzione di forma v(t) > 0 e parametro u > 0, allora il suo
valore atteso e la sua varianza saranno date da [7]:

v(t)
E[X(t)] = (2.12)
u
v(t)
V ar[X(t)] = (2.13)
u2

55
Ciò posto, un componente strutturale è in fase di collasso quando la sua
resistenza, che la si indica come R(t) = r0 − X(t), assume un valore infe-
riore ai carichi o sollecitazioni s. I valori r0 , resistenza iniziale, e s, carichi

applicati, possono essere considerati fissi o aleatori. Sia detto T il tempo in

cui si raggiunge il collasso strutturale; grazie alla distribuzione Gamma del

deterioramento, la distrubuzione del tempo di vita può essere scritta cosı̀ [7]:

F (t) = P r{T ≤ t} = P r{X(t) ≥ r0 − s} (2.14)

Il problema principale è sapere come varia (cresce) il valore atteso E[X(t)]

del deterioramento in un tempo t; prove empiriche hanno mostrato che il


valore atteso del deterioramento in un tempo t sia spesso proporzionale ad

una legge potenza:


v(t)
E[X(t)] = = atb (2.15)
u

dove a > 0 e b > 0 sono costanti fisiche. Infatti, al variare dell’esponente b si

possono descrivere i seguenti valori attesi:

• b = 1 → deterioramento da corrosione armature

• b = 2 → deterioramento da attacco solfati

• b = 0, 5 → deterioramento da invecchiamento controllato diffuso

• b = 1/8 → deterioramento da creep1

A seconda dei valori di b assunti nella 2.15, il processo Gamma viene detto:
1
deformazione progressiva, a temperatura elevata, di un materiale sottoposto a sforzo
costante

56
• stazionario se b = 1;

• non stazionario se b 6= 1

Modello di Decisione. Il processo di deterioramento Gamma è stato ap-

plicato con successo sia al modello di manutenzione preventiva basata sul


tempo che al modello di manutenzione preventiva basata sulla condizione. Il

primo modello è utilizzato ad intervalli regolari nel tempo, mentre il secon-

do viene applicato a seguito delle ispezioni e controlli sulle condizioni di una

struttura. Tutti i modelli di manutenzione fin qui esaminati utilizzano criteri


basati sui costi che sono definiti su un orizzonte temporale illimitato, come
il costo medio atteso per unità di tempo od il costo scontato atteso su un

orizzonte temporale illimitato. Siccome questi criteri di costo si basano su


processi di rinnovo, tale teoria viene utilizzata per la loro valutazione. Siano:

• F (t): distribuzione di probabilità cumulata (CdF ) del tempo di rinnovo

T ≥ 0;

• c(t): costo associato al rinnovo al tempo t;

• E[K(t)]: costo atteso non scontato nell’intervallo limitato (0, t] con


t > 0;

il costo medio atteso per unità di tempo può essere scritto come [7]:

R∞
E[K(t)] c(t) · dF (t)
lim = 0R ∞ (2.16)
t→∞ t 0
t · dF (t)

Il numeratore della 2.16 è il costo atteso in un ciclo di rinnovo (intervallo di


tempo tra due rinnovi), mentre il denominatore è proprio la lunghezza del

ciclo di rinnovo.

57
Il costo scontato atteso può essere scritto come [7]:

R∞
0
αt · c(t) · dF (t)
c0 + lim E[K(t, α)] = c0 + R∞ (2.17)
t→∞ 1 − 0 αt · dF (t)

dove:

• c0 : costo iniziale dell’investimento;

• 0 < α < 1: fattore di sconto;

• E[K(t, α)]: costo scontato atteso nell’intervallo limitato (0, t] con t > 0.

2.4 Calcolo del profilo di affidabilità

In questa applicazione è stata condotta la stima del profilo di affidabilità


di una struttura da ponte mentre la tabella 2.4 ha fornito media e deviazione

standard delle Pdf delle variabili aleatorie del modello di Frangopol in seguito
al criterio di collasso per Momento. Il profilo β(t) è stato stimato con metodo

Monte Carlo considerando 2.000 iterazioni, i calcoli sono stati eseguiti con il
foglio elettronico Excel. Le Pdf considerate sono le seguenti:

• β0 , indice di affidabilità iniziale (Lognormale);

• TI , tempo di inizio degrado (Lognormale);

• A, coefficiente di degrado dell’affidabilità senza manutenzione (Unifor-


me);

• TP D , durata dell’effetto della manutenzione preventiva (Lognormale);

58
• Θ, coefficiente di degrado dell’affidabilità durante l’effetto della manu-
tenzione preventiva (Lognormale);

• Γ, incremento dell’indice di affidabilità immediatamente dopo l’appli-

cazione della manutenzione preventiva (Lognormale).

Ecco i passi che sono stati sviluppati per poter stimare il profilo di affidabilità:

• campionamento casuale di variabile aleatoria;

• stima del profilo di affidabilità in assenza di manutenzione;

• stima del profilo di affidabilità in presenza di manutenzione.

2.4.1 Campionamento casuale di variabile aleatoria

La tecnica di estrazione di un campione casuale dipende dal tipo di di-

stribuzione, la quale viene assegnata con i suoi stimatori diretti: media e


deviazione standard. I tipi di PdF incontrati nell’applicazione sono:

• distribuzione Lognormale;

• distribuzione Uniforme.

Distribuzione Lognormale. Una variabile aleatoria X ha una distribuzione

Lognormale quando il suo logaritmo naturale ln X è Normale. In questo caso

la sua PdF è [3]:


1 1 ln x−λ 2
f (x) = √ · e− 2 ·( ζ
)
(2.18)
ζx 2π

dove:

• λ = E[ln X] viene anche detta Media Logaritmica;

59
• ζ = σln X viene anche detta Deviazione Standard Logaritmica.

Questi parametri sono legati alla media µ ed alla deviazione standard σ della
variabile X come segue [3]:

1
λ = ln(µ) − · ζ 2 (2.19)
s 2
σ2
ζ = ln(1 + 2 ) (2.20)
µ

Un’importante proprietà della Distribuzione Lognormale è che il prodotto di

variabili Lognormale è ancora Lognormale. Questa è una conseguenza della


proprietà che la somma di variabili Gaussiane è ancora Gaussiana.
Utilizzando il foglio elettronico Excel si è generato un campione casuale

delle variabili β0 , T i, TP D , Θ, Γ; avendo avuto cura di inserire i parametri λ e


ζ ricavati con le relazioni precedentemente illustrate; ecco il risultato grafico
per β0 :
Lognormale
160

140

120

100
n° campioni

80

60

40

20

0
0 5 10 15 20
valori

Figura 2.6: Campione casuale di β0 : µ = 7, 5 e σ = 1, 2

60
Distribuzione Uniforme. Una variabile aleatoria X ha una distribuzione
Uniforme o Rettangolare quando la sua Pdf è definita come segue [2]:


 1
b−a
per a ≤ x ≤ b; con b > a
fX (x) = (2.21)

 0 altrimenti

dove i parametri a, b sono cosı̀ definiti:

• a valore minimo (min);

• b valore massimo (max).

Con l’ausilio del foglio elettronico Excel è stato possibile estrarre un campione
casuale della variabile A: si assegna un numero casuale n ∈ [0, 1] e si impone

che il valore di A risulti dalla relazione a + n · (b − a). Il risultato grafico di


tale procedimento è riportato nella seguente figura:
Uniforme
140

120

100
n° campioni

80

60

40

20

0
0 0.02 0.04 0.06 0.08 0.1 0.12
valori

Figura 2.7: Campione casuale di A: min = 0, 002 e max = 0, 1

61
2.4.2 Stima del profilo di affidabilità in assenza di ma-

nutenzione

Avendo eseguito il campionamento delle variabili aleatorie, ora è possibile

poter stimare con metodo Monte Carlo il profilo dell’indice di affidabilità

nell’ipotesi di assenza di manutenzione. Le relazioni utilizzate sono:

β(t) = β0 se t ≤ ti

β(t) = β0 − α1 (t − ti ) se t > ti

Il calcolo è stato effettuato per tre diversi valori massimi del tasso di degrado:







DIILGDELOLWj






$PD[ 

$PD[ 

$PD[ 


        
DQQL

Figura 2.8: Profilo di affidabilità senza manutenzione

• Amax = 0, 05

• Amax = 0, 075

• Amax = 0, 1

62
Il profilo di affidabilità senza manutenzione è stato diagrammato con fo-
glio elettronico Excel in un intervallo temporale di ottanta anni ed è riportato
nella figura 2.8. Nel diagramma è stato riportata la media dei 2.000 valori

che sono generati dal campionamento casuale delle variabili aleatorie.

2.4.3 Stima del profilo di affidabilità con manutenzione

In questo caso è stato considerato solo il profilo con Amax = 0, 1. Si

è scelto di intervenire con un’azione di manutenzione preventiva al tempo

t = 40 anni e quindi sono stati stimati gli effetti sul profilo di affidabilità di
tale scelta. Le relazioni utilizzate sono:

β( t) = β0 (t) + ∆β1 (t)

dove:

• β0 (t): profilo di affidabilità senza manutenzione;

• ∆β1 (t): incremento di affidabilità del singolo intervento di manuten-


zione.

Risulta evidente che l’intervento di manutenzione prolunga la vita utile della

struttura; ecco la descrizione degli effetti sul profilo di affidabilità:

• istante di tempo t = 40: l’intervento di manutenzione riporta l’indice


di affidabilità a valori più elevati (ringiovanisce la struttura);

• intervallo di tempo [40, 40 + TP D ]: il profilo degrada con tasso inferiore

rispetto al caso di β0 (t);

63







DIILGDELOLWj






$PD[ 

PDQSUHY



        
DQQL

Figura 2.9: Profilo di affidabilità con manutenzione

• per t > TP D : il profilo riprende il tasso di degrado del caso β0 (t).

Il profilo di affidabilità con intervento manutentivo è stato diagrammato con


foglio elettronico Excel ed è riportato nella figura 2.9. Anche qui sono state

riportate le medie dei 2.000 valori che sono generate dal campionamento
casuale delle variabili aleatorie.

64
Capitolo 3

Calcolo del profilo dell’indice di


affidabilità per una soletta da
ponte in c.a.

3.1 Introduzione

In questo capitolo verrà affrontato il calcolo del profilo dell’indice di af-


fidabilità per una soletta da ponte. I passi necessari ad intraprendere tale
analisi sono:

• caratterizzazione dei materiali;

• analisi dei carichi e stima delle sollecitazioni;

• formulazione del degrado strutturale;

• stima delle resistenze della struttura;

• determinazione del profilo dell’indice di affidabilità β = β(t).

L’analisi dell’affidabilità strutturale è stata condotta per mezzo di simulazio-


ne con il metodo Monte Carlo: sono state eseguite 10.000 estrazioni casuali

delle variabili aleatorie presenti nel modello di calcolo. Per affrontare tale

65
complessità computativa è stato compilato un programma in MatLabr ; la
produzione dei grafici è stata in parte ottenuta con MatLabr stesso ed in
parte con Excelr . Il criterio di rottura scelto per valutare l’affidabilità e la

probabilità di collasso della struttura è il collasso per Momento Flettente:

le sollecitazioni sono rappresentate dal momento flettente indotto dai carichi

fisso e mobile, mentre le resistenze sono date dal momento ultimo.

3.2 Oggetto di studio

L’oggetto di studio è un ponte attualmente in corso di progettazione per


lo svincolo di Passo Corese, situato nel comune di Fara Sabina, sulla S.S.4

Salaria.

I dati progettuali sono qui di seguito elencati:

• luce (L): 25 metri

• larghezza: 11 metri;

• soletta in c.a.;

• 3 travi in acciaio a doppio T;

• interasse travi (λ) costante: 3, 70 metri;

• lunghezza sbalzi (Lsbalzo ) costante: 1, 80 metri;

• classificazione: I categoria;

• schema statico adottato: semplice appoggio.

66
La figura 3.1 mostra la sezione trasversale del ponte.
Per l’analisi strutturale si è fatto riferimento alle Nuove Norme Tecniche per

Figura 3.1: Sezione trasversale

le Costruzioni (NTC-05) pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 23.09.2005 -


Serie Generale n. 222.

3.3 Caratterizzazione dei materiali

Calcestruzzo. Il calcestruzzo impiegato è di classe RcK = 40 MPa; in


figura 3.2 è riportato il diagramma Parabola-Rettangolo adottato dal EC2 e
dalla Normativa Italiana.

Il valore RcK identifica una resistenza caratteristica cubica a compressio-

ne. Si è ottenuto il valore della resistenza cilindrica caratteristica a compres-

sione applicando la seguente:

f cK = 0, 83 · RcK = 32, 20 MPa

Con l’aggettivo caratteristica si intende una resistenza che può essere mi-
norata al più nel 5% dei casi. In virtù di tale definizione è stato possibile

67
Figura 3.2: Legame Parabola-Rettangolo del calcestruzzo

risalire al valore di media µ della P dF della resistenza cilindrica a com-


pressione del calcestruzzo, avendo ipotizzato che la P dF sia N ormale. La

deviazione standard σ è stata ottenuta tramite il valore[1]:

σ
COV = = 0, 20
µ

Servendoci della funzione Normale Standard si ottiene il valore della


media della variabile aleatoria:

X −µ X −µ
Z= = (3.1)
σ COV · µ
X
⇒ µ= = 49, 48 MPa (3.2)
1 + COV · Z

in cui:

• X: è il valore f cK = 32, 20 MPa;

• Z: e l’ascissa della Normale Standard a cui corrisponde la probabilità


del 5%;

68
Per ottenere il valore della tensione di design f cd basta dividere f cK per
il coefficiente γc = 1, 6:

f cK
f cd = = 20, 75 MPa
γc

In questo modo, avendo ricavato con µ e σ la P dF della f cK , al valo-

re della tensione di design f cd deve corrispondere una probabilità di essere

minorata al più del 5, 00 · 10−3 cosı̀ come previsto dalla Teoria degli Stati
Limite:

f cd = 20, 75 MPa ⇒ P r(f cd ) = 1, 85 · 10−3 ≤ 5, 00 · 10−3

Ecco rappresentato in figura 3.3 la casualizzazione della P dF della re-


sistenza cilindrica a compressione del calcestruzzo estraendo 10.000 valori.

450

400

350
Frequenze

300

250

200

150

100

50

0
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90
MPa

Figura 3.3: PdF della f cK del calcestruzzo

Acciaio. L’acciao impiegato è un FeB 44K, la cui resistenza caratteristica

69
a trazione è f yK = 440 MPa. In figura 3.4 è riportato il diagramma Elastico
perfettamente Plastico adottato dal EC2 e dalla Normativa Italiana. Il valore

Figura 3.4: Legame Elastico perfettamente Plastico dell’acciaio

della tensione di design f yd è ottenuto dividendo f yK con il coefficiente

γs = 1, 15:
f yK
f yd = = 382, 61 MPa
γs

400

350

300
frequenze

250

200

150

100

50

0
200 300 400 500 600 700 800
MPa

Figura 3.5: PdF della f yK dell’acciaio

Anche in questo caso, tramite la definizione di resistenza caratteristica,

è stato possibile risalire al valore di media della P dF , ipotizzando tale P dF

70
come N ormale. Il valore di deviazione standard è stato ottenuto tramite il
valore[1]:
σ
COV = = 0, 07
µ

In questo modo al valore della tensione f yd corrisponde una probabilità di

essere minorata di 5, 00 · 10−3 cosı̀ come previsto dalla Teoria degli Stati

Limite:

f yd = 382, 61 MPa ⇒ P r(f yd ) = 4, 94 · 10−4 ≤ 5, 00 · 10−3

Ecco una tabella che riassume quanto precedentemente svolto per indivi-
duare le P dF dei materiali:
Resistenza Prob distribuzione COV media dev. st.
MPa MPa MPa
CLS 33,20 0,05 Normale 0,20 49,48 9,90
Acciaio 440 0,05 Normale 0,07 497,25 34,81

Tabella 3.1: Caratteristiche dei materiali

3.4 Analisi dei carichi e stima delle sollecita-

zioni

I carichi utilizzati per l’analisi strutturale della soletta da ponte sono:

• g1 : peso proprio della soletta;

• g2 : carichi permanenti portati (pavimentazione, sicurvia. . . );

• q1 : carico mobile;

71
• q2 : incremento dinamico del carico mobile.

3.4.1 Carico di tipo g1

Il carico g1 corrisponde al peso proprio della soletta; esso è valutato come:

Figura 3.6: Condizione di carico dovuta ai pesi propri g1

• g1,1 = w · h · γCLS peso proprio della porzione di impalcato compresa

tra le travi di acciaio;

• g1,2 = w · (h + hm ) · γCLS peso proprio della porzione di impalcato sui


due sbalzi;

avendo indicato con:

• w: larghezza soletta assunta pari a 1, 00 m;

• h: spessore soletta pari a 0, 35 m;

• hm : spessore marciapiede pari a 0, 20 m;

• γCLS : peso specifico del calcestruzzo pari a 25 kN/m3 ed assunto

come variabile aleatoria.

72
Il problema comprende grandezze che non sono di natura deterministi-
ca. Nel paragrafo precedente si è mostrato che la resistenza dei materiali è
di natura probabilistica: due lampadine assemblate con tecniche identiche

e nello stesso tempo, non è detto che si brucino proprio nello stesso istan-

te. Per completare il quadro delle grandezze[14] che hanno natura non certo

deterministica si faccia riferimento alla tabella 3.2 nella quale i valori, es-

sendo privi di indicazione dimensionale, sono da intendersi come coefficienti


moltiplicativi:

parametro simbolo distribuzione media COV


peso specifico cls γcls Normale 1,05 0,105
peso specifico bitume γasph Normale 1,00 0,25
peso specifico acciaio γsteel Normale 1,03 0,082

Tabella 3.2: Variabili aleatorie e loro parametri: pesi specifici dei materiali

3.4.2 Carico di tipo g2

Il carico di tipo g2 rappresenta i carichi permanenti portati; ecco come si

ottengono i rispettivi carichi:

Figura 3.7: Condizione di carico dovuta ai pesi permanenti portati g2

73
• g2,1 = w · γpavim : peso proprio della pavimentazione;

• g2,2 = w · qparapetto : carico dovuto al parapetto;

• q2,3 = w · hpredalle · γpredalle : carico dovuto alle predalle;

avendo indicato con:

• w: larghezza soletta assunta pari a 1, 00 m;

• γpavim : peso specifico della pavimentazione pari a 3, 00 kN/m2 ;

• qparapetto : peso distribuito del parapetto pari a 0, 5 kN/m;

• hpredalle : spessore della predalle pari a 5 cm.

• γpredalle : peso specifico della predalle pari a 25 kN/m3 .

Le grandezze[14] che hanno natura probabilistica sono state riassunte nel-

la tabella 3.2: i valori che sono privi di indicazione dimensionale, sono da

intendersi come coefficienti moltiplicativi:

parametro simbolo distribuzione media COV


peso specifico predalle γpredalle Normale 1,05 0,105
peso specifico pavim. γpavim Normale 1,00 0,25
peso specifico parapetto qparapetto Normale 1,03 0,082

Tabella 3.3: Variabili aleatorie e loro parametri: pesi specifici dei materiali

La relazione che esprime il momento sollecitante nell’appoggio di estre-

mità, dovuto ai carichi di tipo G, è la seguente:

Gsbalzo · L2sbalzo
MG = + qparapetto · Lsbalzo (3.3)
2

dove:

74
• Gsbalzo : carico di tipo G che grava sullo sbalzo;

• Lsbalzo : lunghezza dello sbalzo.

Con l’ausilio di MatLabr si è proceduti all’estrazione casuale di tale

momento sollecitante per ipotesi considerato Normale:

0.15

0.1
Freq. relativa

0.05

0
22 24 26 28 30 32 34 36 38 40
kNm

Figura 3.8: PdF del MG dovuto ai carichi di tipo G

3.4.3 Carico di tipo q1

Il carico di tipo q1 corrisponde al carico mobile dovuto al traffico veicolare.

In riferimento alla Normativa[15], le azioni da carico si dividono in sei schemi

ma nel nostro caso solo gli schemi 1, 2, 3, 5 devono essere considerati. Lo


schema di carico che massimizza il momento flettente negativo nell’appoggio

di estremità è rappresentato nella figura 3.9. Nella figura si è indicato con:

75
Figura 3.9: Posizione del carico mobile massimizzante il M −

• Pd : impronta del veicolo convenzionale[15] assunta pari a 100, 00 kN;

Anche in questo caso si è proceduto alla identificazione della relazione che


lega il momento sollecitante con i carichi mobili:

d
MQ = · Pd (3.4)
wc

avendo indicato con:

• d: distanza o braccio dell’impronta rispetto alla trave esterna assunta

pari a 1, 50 m;

• wc : larghezza collaborante che deriva dalla diffusione del carico a 45◦ ,

assunta pari a 2, 70 m;

Con l’ausilio di MatLabr si è proceduti all’estrazione casuale di tale

momento sollecitante per ipotesi considerato Normale: si faccia riferimento


alla figura 3.10.

76
0.03

0.025

0.02
Freq. relativa

0.015

0.01

0.005

0
30 40 50 60 70 80 90 100 110 120
kNm

Figura 3.10: PdF del MQ dovuto ai carichi di tipo Q

3.4.4 Stima del momento sollecitante

Il calcolo del momento sollecitante è stato eseguito in MatLabr som-


mando i risultati delle estrazioni casuali di MG e di MQ . Utilizzando il
Distribution Fitting Tool è stato possibile ricavare la distribuzione della sol-

lecitazione: si faccia riferimento alla figura 3.11. In questo modo al valore

del momento sollecitante da progetto MSd , ottenuto moltiplicando per 1, 4 i

carichi fissi e per 2, 1 i carichi mobili, corrisponde una probabilità di essere

maggiorato di 5, 00 · 10−3 cosı̀ come previsto dalla Teoria degli Stati Limite:

MSd = 158, 75 kNm ⇒ P r(MSd ) = 5, 84 · 10−5 ≤ 5, 00 · 10−3

I dati della distribuzione della sollecitazione sono riassunti nella seguente

77
tabella:
parametro simbolo distribuzione media dev. std.
Momento Sollecitante MS Normale 108,05 13,16

Tabella 3.4: Variabili aleatorie e loro parametri: momento sollecitante

0.03

0.025

0.02
Densità

0.015

0.01

0.005

0
60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160
kNm

Figura 3.11: PdF del momento sollecitante MS

3.5 Formulazione del degrado strutturale

La causa principale del deterioramento strutturale è rappresentata dalla


corrosione delle armature d’acciaio; quindi poter misurare il tasso di corro-

sione delle barre di armatura è molto importante ai fini della stima delle
performance presenti e future della struttura. La corrosione causa la riduzio-

ne dell’area delle barre nelle strutture in cemento armato; essa è un processo

78
elettrochimico (fenomeno della Pila di Corrosione) che avviene in presenza
di ossigeno, acqua e di un mezzo conduttore che metta in comunicazione l’a-
nodo con il catodo. I quattro processi indicati nella figura 3.12 devono essere

Figura 3.12: Meccanismo elettrochimico del processo corrosivo

complementari e riprodursi con la stessa velocità:

• IA : corrente scambiata alla superficie delle armature in senso anodico;

• IC : corrente scambiata alla superficie delle armature in senso catodico;

• Im : corrente che passa all’interno dell’armatura dalla regione anodica


a quella catodica;

• ICLS : corrente che circola all’interno del calcestruzzo dalla regione


catodica a quella anodica e che chiude il circuito.

La velocità di corrosione (Icorr ) è la più lenta tra le quattro suindicate ed

è da intendersi come velocità di penetrazione (la si misura in µm/anno).


Sulle barre di armatura si forma un sottile film di ossido di ferro che, grazie

al pH elevato presente all’interno del calcestruzzo (pH13), rimane stabile ed

impedisce l’innescarsi delle reazioni Red-Ox. Una sufficiente concentrazione

di ioni cloruri può abbassare il pH e quindi distruggere la barriera di ossido

79
di ferro; basti pensare all’operazione di spargimento di sale sulla carreggiata
durante gli inverni rigidi: ciò provoca un consistente accumulo di ioni cloruri
che, penetrando all’interno della struttura, possono compromettere l’equi-

librio elettrochimico delle barre di armatura. È chiaro che il fenomeno di

corrosione si compone di due fasi temporali:

• t < TI : fase di penetrazione dei cloruri fino al tempo TI di innesco del

degrado;

• t ≥ TI : fase di depassivazione del film protettivo e riduzione dell’area

delle barre.

3.5.1 Tempo di innesco del degrado

Il tempo di innesco del degrado TI dipende dalla velocità di propagazio-


ne degli ioni attraverso il copriferro. La diffusione dei cloruri attraverso il
copriferro viene modellata dalla legge di Fick[16]:

∂C(x, t) ∂ 2 C(x, t)
= DC · (3.5)
∂t ∂x2

Il processo di degrado è legato al trasporto combinato di CO2 e ioni cloruro

che, attraverso i pori e le microfessure del congomerato, raggiungono le barre

di armatura. Quando gli ioni raggiungono le armature e depassivano la bar-

riera di ossido di ferro si innesca la corrosione. Integrando la relazione 3.5 si


ottiene la profondità di penetrazione nel tempo dei cloruri:

p
x= 2 · (D/a) · (C1 − C2) · t (3.6)

80
Figura 3.13: Fronte di carbonatazione rilevato tramite l’uso della
fenolftaleina su una carota di cls

dove:

• D: coefficiente di diffusione;

• a: quantità di CO2 necessaria a carbonatare un volume unitario di


calcestruzzo;

• C1 : concentrazione di CO2 sulla superficie del calcestruzzo;

• C2 : concentrazione di CO2 sul fronte di carbonatazione.

Considerando tali valori costanti la 3.6 si semplifica nel seguente modo:


x=k· t (3.7)

Imponendo nella 3.7:

• x: copriferro da 3, 00 cm;

• k: ipotesi cls di bassa qualità, assunto pari a 10 mm/anno1/2 .

81
si ottiene un valore del tempo di innesco del degrado TI pari a:

TI ' 9 anni

3.5.2 Modello di degrado delle armature d’acciaio

La propagazione della corrosione viene spesso espressa in termini di den-


sità di corrente di corrosione icorr . Ricordiamo la relazione che lega la velocità

di corrosione Icorr con la densità icorr :

Icorr
icorr = = [µA · L−2 ] (3.8)
π · Dbarra · L

dove:

• Dbarra : diametro dell’armatura d’acciaio;

• L: lunghezza dell’area polarizzata dell’armatura d’acciaio.

Si noti che l’equazione 3.8 considera che la polarizzazione della barra sia
uniforme lungo la sua circonferenza.

La valutazione della perdita di peso della barra dovuta alla corrosione è


resa attraverso la legge di Faraday:

M · icorr · t
m= (3.9)
z·F

dove:

• F : costante di Faraday;

• M : peso atomico del ferro;

82
• t: tempo in secondi;

• z: numero delle cariche negli ioni ferrosi.

Se si fa attraversare una barra d’armatura da una icorr = 1, per un periodo

di un anno, si ottiene dalla 3.9:

m = 9, 15 · 10−3 g/cm2

e ricordando il valore della densità dell’acciaio:

ρS = 7, 81 g/cm3

è facile ricavare che la perdita di sezione è stata di:

m
= 11, 6 µm/anno
ρS

Siccome l’ipotesi è di corrosione uniforme intorno alla barra d’armatura,

se ne deduce che una densità di corrente di corrosione unitaria ridurrà il

diametro di 23, 2 micron ogni anno. In accordo alla precedente relazione si


definisce il tasso di corrosione come segue:

rc = 11, 6 · icorr µm/anno (3.10)

La riduzione del diametro della barra può essere stimata in funzione di


icorr con la seguente:

Z Z
D(t) = D0 − 2 · rc dt = D0 − 0, 0232 · icorr dt (3.11)

83
In questo modello la variabile aleatoria è rappresentata proprio dalla den-
sità di corrente, la cui P dF è Uniforme mentre gli indici sono di seguito in-
dicati in tabella[1]: Nella figura seguente è rappresentato il profilo dell’area

simbolo distribuzione min max


icorr low Uniforme 1,00 2,00
icorr medium Uniforme 1,50 2,50
icorr high Uniforme 2,00 3,00

Tabella 3.5: Variabili aleatorie e loro parametri: indice di corrosione

media dei ferri soggetta al degrado da corrosione rappresentato dalla rela-


zione 3.11 per i diversi indici di corrosione icorr indicati nella tabella 3.5:

Degrado barre d’acciaio


1300
i low
corr
icorr medium
1200 icorr high

1100
mm2

1000

900

800

700
0 10 20 30 40 50 60 70 80
anni

Figura 3.14: Profilo temporale da corrosione dell’area dei ferri per diversi
valori di icorr

84
3.6 Stima delle resistenze della struttura

La sezione della soletta prescelta per la stima del momento ultimo è quella
in corrispondenza della trave di bordo: infatti in questa sezione si attinge

il momento max negativo. Di seguito si riporta uno schema della sezione

suddetta. I dati indicati in figura sono i seguenti:

Figura 3.15: Sezione retta semplicemente armata della soletta da ponte in


corrispondenza della trave di bordo

• B: base da 100 cm;

• d: altezza utile da 36, 1 cm;

• c: copriferro da 3, 0 cm al netto delle armature;

• Af : 5∅18 per un valore di 1270 mm2 ;

• Ms : momento sollecitante dato dalla somma di MG e MQ .

Il nostro scopo è di stimare la resistenza, rappresentata dal momento ultimo,


nel tempo. Per fare ciò bisogna eseguire una verifica della sezione allo stato

limite ultimo e quindi:

• imporre l’equilibrio alla traslazione;

85
• stimare l’asse neutro;

• imporre l’equilibrio alla rotazione;

• stimare il momento ultimo.

3.6.1 Verifica SLU della sezione

La verifica SLU della sezione ha portato con sè alcune difficoltà di carat-

tere computativo. Infatti bisogna ricordare che i valori delle aree dei ferri
vengono forniti da estrazioni casuali di variabili aleatorie. Ciò comporta che,

Profilo del momento ultimo


240
icorr low
icorr medium
220
icorr high
MS
200

180
kNm

160

140

120

100
0 10 20 30 40 50 60 70 80
anni

Figura 3.16: Confronto tra i profili del momento ultimo con il momento
sollecitante

fissato un istante temporale della nostra indagine, abbiamo 10.000 valori delle

aree dei ferri: occorre effettuare 10.000 verifiche SLU delle sezioni! Lo sforzo

computativo è stato affrontato compilando un codice di calcolo in MatLabr

86
che permetta di eseguire le verifice SLU della sezione semplicemente arma-
ta. Ecco nella figura 3.16 il profilo del momento ultimo medio. Tale grafico
rappresenta i valori medi in ottanta anni del momento ultimo, mentre la sua

P df è di seguito rappresentata nella figura 3.17. I dati della distribuzione

0.025

0.02
Densità

0.015

0.01

0.005

0
170 180 190 200 210 220 230 240 250 260 270
kNm

Figura 3.17: PdF del momento ultimo MU

del momento ultimo, all’istante t = 0, sono riassunti nella seguente tabella:

parametro simbolo distribuzione media dev. std.


Momento Ultimo MU d Normale 220,80 15,31

Tabella 3.6: Variabili aleatorie e loro parametri: momento ultimo

In questo modo si è verificato che il momento ultimo da progetto MU d


abbia una probabilità di essere minorato di 5, 00 · 10−3 cosı̀ come previsto

87
dalla Teoria degli Stati Limite:

MU d = 162, 70 kNm ⇒ P r(MSd ) = 7, 38 · 10−5 ≤ 5, 00 · 10−3

3.7 Determinazione dell’indice di affidabilità

Una volta determinate le P dF del momento sollecitante e del momento

ultimo, è possibile applicare l’ Espressione di Cornell per calcolare l’indice

di affidabilità strutturale:
µR − µS
β=p 2 (3.12)
σR + σS2

Nella figura successiva viene mostrato il profilo dell’indice β:

Profilo dell’indice di affidabilità


6
i low
corr
5.5 icorr medium
icorr high
5

4.5
affidabilità

3.5

2.5

1.5

1
0 10 20 30 40 50 60 70 80
anni

Figura 3.18: Profilo dell’indice di affidabilità

Ricordando che l’indice di affidabilità è intimamente legato alla proba-

88
bilità di collasso, il grafico 3.19 mette in nuce la “distanza” relativa tra le
sollecitazioni e le resistenze. Con il passare del tempo tale distanza o buffer

Resistenza e Sollecitazione in t=0

0.03

0.025

0.02
Densità

0.015

0.01

0.005

0
100 150 200 250
kNm

Figura 3.19: P dF della Resistenza e Sollecitazione a confronto in t = 0

di sicurezza viene progressivamente eroso dal degrado strutturale. Tutto ciò


viene mostrato nella figura 3.20 dove sono rappresentate le resistenze e le
sollecitazioni all’anno t = 80. Nella tabella 3.7 e nella tabella 3.8 sono stati

riassunti gli indici di affidabilità e le relative probabilità di collasso agli istan-

ti di tempo t = 0 e t = 80 per i diversi valori di icorr presi in considerazione:

t=0 affidabilità Prob. collasso


icorr low 5, 59 1, 17 · 10−8
icorr medium 5, 59 1, 17 · 10−8
icorr high 5, 59 1, 17 · 10−8

Tabella 3.7: Indici di affidabilità e probabilità di collasso in t = 0

89
0.03
Densità icorr low
0.02

0.01

0
60 80 100 120 140 160 180 200

0.03
Densità

i med
corr
0.02

0.01

0
60 80 100 120 140 160 180 200

0.03
Densità

i high
corr
0.02

0.01

0
60 80 100 120 140 160 180
kNm

Figura 3.20: P dF della Resistenza e Sollecitazione a confronto in t = 80

t=80 affidabilità Prob. collasso


icorr low 2, 86 2, 13 · 10−3
icorr medium 2, 11 1, 73 · 10−2
icorr high 1, 34 8, 97 · 10−2

Tabella 3.8: Indici di affidabilità e probabilità di collasso in t = 80

Il profilo delle probabilità di collasso viene mostrato nella figura 3.21,


ricordando la relazione che lega l’indice di affidabilità con la Pf è la seguente:

Pf = 1 − Φ(β)

Per motivi di leggibilità del diagramma, la scala di rappresentazione degli


assi dei tempi e delle Pf è logaritmica.

90
−1 Profilo delle probabilità di collasso
10
i low
corr
−2 icorr medium
10
icorr high
−3
10

−4
10
Pfailure

−5
10

−6
10

−7
10

−8
10

−9
10
0 1 2
10 10 10
anni

Figura 3.21: Profilo delle probabilità di collasso

91
Capitolo 4

Analisi del ciclo di vita per una


soletta da ponte in c.a.

4.1 Introduzione

La spesa per la gestione delle infrastrutture è una voce preponderante nel


bilancio dell’amministrazione pubblica: l’andamento della spesa pubblica per
i trasporti, settore strade e viabilità, è stato crescente nel biennio 2002−2004

fino ad attestarsi intorno alla cifra di 5, 86 miliardi di Euro all’anno[18]. Dato


questo massiccio ammontare di denaro, a fronte di una crescente scarsità di
risorse, è vitale che tali fondi siano utilizzati nel modo più efficiente possibile.

I ponti stradali, cosı̀ come le loro componenti, si deteriorano negli anni

ed hanno bisogno di un programma di manutenzione e di ispezioni che possa

individuare i danni, la perdita effettiva di resistenza dei componenti, le frat-

ture e le fessure. La vita di servizio della struttura è fortemente dipendente


dalla frequenza e dalla qualità dei programmi di manutenzione.

In questo capitolo verrà affrontata l’analisi del ciclo di vita per la soletta

da ponte oggetto di studio del capitolo precedente.

92
4.2 Approccio del problema

Il costo totale atteso del ciclo di vita è cosı̀ espresso[8]:

CET = CT + CP M + CIN S + CREP + CF (4.1)

dove:

• CT : costo iniziale;

• CP M : costo della manutenzione preventiva (ordinaria o ciclica);

• CIN S : costo delle attività di ispezione;

• CREP : costo delle attività di riparazione (manutenzione straordinaria);

• CF : costo di collasso.

Per implementare una strategia ottimale bisogna individuare il minimo

costo mantenendo, allo stesso tempo, l’affidabilità della struttura al di sopra

di un valore minimo accettabile. Infatti il problema lo si può riassumere nella


seguente[8]:

min CET con Pf,lif e ≤ Pf,lif e (4.2)

Ricordando la relazione:

β = Φ−1 (1 − Pf )

la strategia ottimale del costo è soluzione del seguente problema matematico[8]:


min CET con βlif e ≥ βlif e (4.3)

93
dove:

• βlif e : indice di affidabilità durante la vita della struttura;


• βlif e : valore minimo di accettabilità dell’indice di affidabilità.

Quando il costo totale della struttura è espresso in termini di ciclo di vita,

la strategia di minimo costo manutentivo può essere individuata utilizzan-

do tecniche di ottimizzazione; molte di queste strategie si basano su dati dei

danni di natura deterministica. Per poter “cogliere” il beneficio totale di una


ottimizzazione, basata sull’analisi del ciclo di vita, si devono utilizzare me-
todi speculativi basati sull’analisi dell’affidabilità congiuntamente ad analisi

e stime quantitative delle condizioni della struttura.


Nel caso in esame si è scelto di fare riferimento al profilo di affidabilità

individuato dall’indice di corrosione più alto, mentre il βlif e viene scelto pari

a 4.

4.2.1 CT : costo iniziale

Il costo iniziale CT consiste nel costo di realizzazione della soletta da pon-

te. Per determinare tale costo è stato consultato il Tariffario della Regione

Lazio per poter avere i costi, comprensivi di realizzazione e posa in opera,

della struttura e delle materie prime utilizzate. Nella tabella 4.1 viene rias-
sunto quanto detto precedentemente circa il calcestruzzo. I costi dell’acciaio

larghezza lunghezza spessore volume prezzo totale


m m m m3 Euro/m3 Euro
11,00 25,00 0,40 110,00 121,37 13.350,70

Tabella 4.1: Costo iniziale: costo del calcestruzzo

94
sono di seguito elencati nella tabella 4.2. Nel costo iniziale della soletta bi-

n◦ barre diametro lunghezza volume γF eB44K peso prezzo totale


mm m m3 kg/m3 kg Euro/kg Euro
192 28 10,90 1,288 7.850 10.115,87 0,75 7.586,90
140 20 10,90 0,479 7.850 3.763,35 0,75 2.822,51
78 16 10,00 0,156 7.850 1.231,10 0,75 923,33
152 16 8,00 0,244 7.850 1.919,26 0,75 1.439,44
38 14 10,00 0,058 7.850 459,20 0,75 344,40
76 14 8,00 0,093 7.850 734,72 0,75 551,04
192 14 3,00 0,088 7.850 696,05 0,75 522,03

Tabella 4.2: Costo iniziale: costo delle barre d’acciaio

sogna tener conto anche del costo di messa in opera della pavimentazione;

nella seguente tabella 4.3 vengono specificati i costi per lo strato di usura,
binder e base della pavimentazione.

larghezza lunghezza spessore volume prezzo totale


m m m m3 Euro/m3 Euro
usura 11,00 25,00 0,05 13,75 51,65 710,19
binder 11,00 25,00 0,02 5,50 54,23 298,27
base 11,00 25,00 0,13 35,75 10,85 387,89

Tabella 4.3: Costo iniziale: costo dello strato di usura, binder e base

Sommando i totali presenti nelle tabelle appena indicate si ricava il costo

iniziale CT della soletta da ponte: 28.936, 69 Euro.

Nella figura 4.1 viene mostrato il costo CT che è invariante rispetto al


numero di ispezioni.

95
¼

¼

¼

¼
(XUR

¼

¼

¼

¼
       
QƒLVSH]LRQL

Figura 4.1: Costo iniziale CT

4.2.2 CP M : costo manutenzione preventiva (ordinaria

o ciclica)

Il costo CP M computa i costi di tutti gli interventi detti ordinari o ciclici


come la rimozione e sostituzione della pavimentazione, riparazione delle fes-

sure, pulizia e recupero delle parti esposte della struttura. Tale costo non è
di semplice determinazione: spesso le società di gestione delle infrastrutture
possono utilizzare il costo medio per chilometro della riparazione, moltipli-
carlo per la luce del ponte e cosı̀ ottenere una stima del costo di questo tipo
di riparazione. Questi indici medi di costo derivano da osservazioni condotte

su numerosi ponti attualmente in servizio e raramente tengono conto delle


condizioni meteorologiche, età del ponte e sue condizioni.

Con buona approssimazione si può affermare che il lavoro della manuten-

zione ordinaria è proporzionale alle dimenzioni ed all’età del ponte. Siccome


tale costo è crescente nel tempo, bisogna che la sua stima debba considerare

96
anche l’effetto del tempo. Per un assegnato ponte, il costo della manutenzione
ordinaria (Cmain ) in un dato istante t è una funzione lineare cosı̀ definita[8]:

Cmain,t = Cmain · t

dove:

• Cmain : costo della manutenzione ordinaria all’anno 1;

• t: età del ponte espressa in anni.

Nel nostro caso si è assunto che tale manutenzione ordinaria consista

nella rimozione e sostituzione della pavimentazione ed avvenga con cadenza


quinquennale. Quindi si può scrivere che[8]:

CP M = Cmain,5 + Cmain,10 + . . . + Cmain,75

Siccome bisogna convertire i costi futuri nel loro valore attuale, ecco final-

mente come si calcola il costo dell’azione di manutenzione preventiva:

1 1 1
CP M = Cmain,5 5
+ Cmain,10 10
+ . . . + Cmain,75 (4.4)
(1 + r) (1 + r) (1 + r)75

dove:

• r: tasso di interesse netto pari al 6%.

Nella figura 4.2 si mostra il CP M rispetto al tempo (anni) tenendo conto

dell’attualizzazione.
Di seguito si riporta la tabella 4.4 che mostra il calcolo del costo di manu-

tenzione ordinaria considerando i prezzi elencati nel Tariffario della Regione

97
¼

¼

¼

¼

¼
(XUR

¼

¼

¼

¼

¼
        
DQQL

Figura 4.2: Costo manutenzione ordinaria CP M

Lazio. Sommando i costi presenti nell’ultima colonna della tabella appena


indicata si ricava il costo della manutenzione preventiva CP M della soletta
da ponte: 76.495, 01 Euro.

Nella figura 4.3 si mostra il CP M rispetto al numero delle ispezione (an-

damento costante).

4.2.3 CIN S : costo di ispezione

Quando si esegue un’ispezione, la capacità di individuare il danno è for-

temente dipendente dalla qualità della tecnica ispettiva che viene impiegata.
Se si impiega una tecnica ispettiva di alta qualità più facilmente si può indivi-
duare il danno strutturale. È chiaro che nessuna riparazione verrà effettuata

finchè il danno strutturale non sia stato individuato. Si definisce intensità di


danno la seguente[8]:
D0 − D(t)
η=
D0

98
stesa fresatura demolizione Cmain Cmain,t CP M
anno Euro Euro Euro Euro Euro Euro
0 710,19 85,25 596,75 1.392,19 0 0
5 710,19 85,25 596,75 1.392,19 6.960,94 5.201,62
10 710,19 85,25 596,75 1.392,19 13.921,88 7.773,90
15 710,19 85,25 596,75 1.392,19 20.882,81 8.713,67
20 710,19 85,25 596,75 1.392,19 27.843,75 8.681,81
25 710,19 85,25 596,75 1.392,19 34.804,69 8.109,44
30 710,19 85,25 596,75 1.392,19 41.765,63 7.271,82
35 710,19 85,25 596,75 1.392,19 48.726,56 6.339,58
40 710,19 85,25 596,75 1.392,19 55.687,50 5.414,06
45 710,19 85,25 596,75 1.392,19 62.648,44 4.551,41
50 710,19 85,25 596,75 1.392,19 69.609,38 3.778,98
55 710,19 85,25 596,75 1.392,19 76.570,31 3.106,26
60 710,19 85,25 596,75 1.392,19 83.531,25 2.532,19
65 710,19 85,25 596,75 1.392,19 90.492,19 2.049,89
70 710,19 85,25 596,75 1.392,19 97.453,13 1.649,62
75 710,19 85,25 596,75 1.392,19 104.414,06 1.320,75

Tabella 4.4: Costo manutenzione preventiva: costo della stesa, fresatura e


demolizione della pavimentazione stradale

dove:

• D0 : diametro iniziale della barra d’armatura;

• D(t): diametro all’istante t della barra d’armatura.

La tecnica di ispezione prescelta è di tipo non distruttiva (NDE), la sua


sensibilità ed efficacia nel rilevare il degrado è indicata dalla probabilità di

individuazione dello stesso. Con η0,5 si indica l’intensità del degrado che ha

il 50% di probabilità di essere individuato mentre il coefficiente di variazione


COV lo si assume[8] pari a 0, 10; in questo modo è possibile determinare i

99
¼

¼

¼

¼

¼
(XUR

¼

¼

¼

¼

¼
        
QƒLVSH]LRQL

Figura 4.3: Costo manutenzione ordinaria CP M : costante rispetto alle


ispezioni

seguenti valori[8]:

ηmin = η0,5 − 3 · σins

ηmax = η0,5 + 3 · σins

dove:

• ηmin : intensità del degrado al di sotto della quale è impossibile indivi-

duare il degrado;

• ηmax : intensità del degrado al di sopra della quale è certa l’individua-

zione del degrado;

• σins : deviazione standard della tecnica d’ispezione;

Per una struttura sottoposta a degrado con intensità η al tempo t, ispezio-

nata con una tecnica NDE, la probabilità di individuazione del degrado è

100
approssimata come segue[8]:

d(η) = 0 per 0 ≤ η ≤ ηmin


· ¸
η − η0,5
d(η) = Φ per ηmin ≤ η ≤ ηmax (4.5)
σins
d(η) = 1 per η ≥ ηmax

dove:

• Φ: funzione di distribuzione della variabile normale standard.

In questo modo la natura imperfetta di una tecnica NDE è descritta in termini


probabilistici.

Il costo associato ad un metodo di ispezione si calcola come segue[8]:

Cins = αins · (1 − ηmin )20 (4.6)

dove:

• αins : frazione del costo iniziale CT pari al suo 7%.

Per una strategia che richiede m ispezioni durante la vita della struttura,
il costo totale atteso delle ispezioni è cosı̀ formulato[8]:

m
X 1
Cins = Cins · (4.7)
i=1
(1 + r)Ti

dove:

• Ti : tempo dell’ispezione;

• r: tasso di interesse netto pari al 6%.

101
Nella seguente tabella 4.5 vengono riassunte le caratteristiche ed i costi
della singola operazione d’ispezione:

η0,5 σ ηmin ηmax αins Cins


Euro Euro
0,10 0,01 0,070 0,130 2.025,57 474,47

Tabella 4.5: Costo ispezione: costo della singola operazione d’ispezione

Nella figura 4.4 si mostra il grafico della 4.7 rispetto al numero di ispezioni

eseguite.
¼

¼

¼
(XUR

¼

¼

¼

¼
        
QƒLVSH]LRQL

Figura 4.4: Costo delle ispezioni CIN S

4.2.4 Attività di riparazione

L’attività di ispezione non influenza la probabilità di collasso della strut-

tura. A seguito di una ispezione, se viene individuato un danno, si può de-


cidere di effettuare una riparazione. La decisione di effettuare la riparazione
è strettamente dipendente dalla qualità tecnologica dell’attività di ispezione.

102
Generalmente quando al tempo t viene effettuata un’attività di riparazione
si ha che l’intensità del degrado si riduce: si passa da ηt− a ηt+ con ηt+ < ηt− .
Tutto ciò si traduce in un incremento della resistenza (incremento di capacità

flessionale) e lo si indica come segue[8]:

Mr,a − Mr,b
erep =
Mr0

dove:

• Mr,a : resistenza flessionale dopo la riparazione;

• Mr,b : resistenza flessionale prima della riparazione;

• Mr0 : resistenza flessionale iniziale del componente strutturale.

Dalla precedente si deduce che il valore dell’effetto della riparazione erep è

cosı̀ determinato[8]:
0 < erep < 1

Nell’analisi economica, che verrà in seguito illustrata, l’effetto della ripara-


zione erep sarà calcolato ogni volta che si deciderà di eseguire un intervento

di manutenzione straordinaria. È opportuno osservare che l’effetto della ri-


parazione può essere espresso anche in termini di rinvigorimento dell’indice

β; per questo lavoro di tesi si è ipotizzato che tale effetto della riparazione

sia posto pari a 0, 80 in modo che:

βr,a = βr,b + 0, 80

dove:

103
• βr,a : indice di affidabilità dopo la riparazione;

• βr,b : indice di affidabilità prima della riparazione;

Il costo dell’attività di riparazione può essere quantizzato in proporzione

all’effetto di riparazione come di seguito indicato[8]:

Crep = αrep · (erep )γ (4.8)

dove:

• αrep : costo di sostituzione pari a CT ;

• γ: parametro del modello pari a 0, 5.

Quindi la 4.8 assume la forma seguente[8]:


Crep = αrep · erep (4.9)

Anche in questo caso, per una strategia di riparazione che richiede n inter-
venti, bisogna trasformare il costo sostenuto negli anni nel costo attualizzato[8]:

n
X 1
Crep = Crep · (4.10)
i=1
(1 + r)Ti

dove:

• Ti : tempo della riparazione;

• r: tasso di interesse netto pari al 6%.

104
4.2.5 Strategia ottimale di ispezione/riparazione

L’obiettivo di una strategia ottimale di ispezione/riparazione è di mini-


mizzare i costi assicurando, nel contempo, un livello di affidabilità accettabile
durante la vita di servizio della struttura. Occorre uno strumento che per-

metta di valutare tutte le possibili attività di riparazione conseguenti alle


ispezioni effettuate. Tale strumento è l’albero delle decisioni detto anche

Albero degli Eventi.

Analisi dell’albero degli eventi

Con questo modello di analisi viene fornito uno strumento capace di va-
lutare in modo strutturato e completo tutte le opzioni di riparazione con-

seguenti alle scelte fatte su ispezioni programmate. Per costruire un albero


decisionale bisogna che siano codificate le scelte di riparazione come segue:

• 1: si effettua la riparazione;

• 0: non si effettua la riparazione.

In questo modo ogni ramo dell’albero (la decisione effettuata) è opportu-

namente codificato. Le decisioni intraprese dopo ogni nuova ispezione sono

influenzate dalle decisioni fatte precedentemente. Ad esempio, la decisione di

effettuare oppure no la riparazione dopo la seconda ispezione sarà influenzata


dalla decisione (positiva o negativa che sia) presa nella precedente ispezio-

ne. Detto m il numero prestabilito di ispezioni da eseguire, il numero dei

rami dell’albero degli eventi sarà 2m : l’analisi dell’albero diventa sempre più
complessa all’aumentare del numero delle ispezioni.

105
 E
7D
 E
7D
 E
7E
 E
7D
 E
7F
 E
7E
 E
7G

7
 E
7H
 E
7F

 E
7I
 E
7E
 E
7J
 E
7G
 E
W W W 7K
7 7 7 7

Figura 4.5: Albero degli eventi con 3 ispezioni

Ora verrà mostrato un esempio di analisi dell’albero degli eventi: si faccia


riferimento alla figura 4.5 dove il numero di ispezioni da eseguire sono 3 e
conseguentemente il numero di rami sarà pari a 8. Con il termine bi,j si
indica l’evento corrispondente alla scelta al tempo i del ramo j; l’intervallo
di ispezione è ti e la i esima ispezione accade al tempo:

j
X
Ti = tj
n=1

L’analisi delle scelte, che dovranno avvenire al tempo delle ispezioni (nodi
dell’albero), si concentra sulla condizione di vita della struttura negli istanti
di tempo immediatamente precedenti (Ti− ) e seguenti (Ti+ ) il tempo Ti di
ispezione. Ecco come si procede[8]:

intervallo (T0 ; T1− ): Si assume che la struttura venga posta in servizio al

tempo t = T0 . Al tempo T1− cioè poco prima che venga eseguita la

106
prima ispezione, si valuta l’indice di degrado η, come mostrato nella 4.5,
e la probabilità di collasso Pf,T1− . La valutazione di queste quantità è
fatta tenendo conto del profilo di affidabilità strutturale β e quindi delle

Pf e dei diametri delle barre d’armatura correllati. In virtù dell’indice η

si può decidere se effettuare oppure no l’attività di riparazione: quindi

si può stabilire di percorrere il ramo con codice 1 oppure con codice 0.

intervallo (T1+ ; T2− ): Al tempo T1+ si possono verificare due eventi possibili
che dipendono dal risultato dell’ispezione. L’evento b1,1 indica che la

struttura è stata riparata quindi bisogna tener conto dell’incremento

in termini di β di tale riparazione (erep = 0, 80); l’evento b1,2 indica


mancata riparazione (erep = 0). Si dovranno valutare le probabilità di

accadimento P (b1,1 ),P (b1,2 ) di questi eventi nel seguente modo:

· ¸
ηT1− − η0,5
P (b1,1 ) = Φ
σ

È chiaro che la probabilità dell’altro evento è pari a:

P (b1,2 ) = 1 − P (b1,1 )

Prima che si effettui la seconda ispezione devono essere valutate le Pf

di entrambi i rami e quindi gli indici di degrado.

intervallo (T2+ ; T3− ): Il procedimento è analogo al caso precedente, solo che


il numero di eventi bi,j è fortemente aumentato in ragione di 2m dove

m è il numero di ispezioni: nel nostro caso, dopo la seconda ispezione,

sono da analizzare 4 possibili eventi.

107
Prima di concludere l’analisi dell’albero degli eventi è opportuno porre l’ac-
cento sulle conseguenze del calcolo dell’indice ηTi− . Potrebbe accadere che il
valore di tale indice sia inferiore a ηmin della tecnologia NDE prescelta: in

questo caso è certo che non verrà eseguita alcuna manutenzione e quindi si

dovrà percorrere solo il ramo codificato con 0. In alternativa, il valore dell’in-

dice di degrado potrebbe essere maggiore di ηmax : in questo caso è certo che

verrà eseguita la manutenzione e quindi il ramo da percorrere avrà il codice


1.

Al termine dell’analisi dell’albero delle decisioni ci si ritrova con il valutare


8 possibili eventi (foglie) ai quali si è giunti percorrendo 8 percorsi possibi-

li e statisticamente indipendenti (sequenze di bi,j ). Detti B1 , B2 , . . . , B8 i


cammini compiuti, si valutano le loro probabilità come segue:

P (B1 ) = P (b3,1 ) · P (b2,1 ) · P (b1,1 )

P (B2 ) = P (b3,2 ) · P (b2,1 ) · P (b1,1 )

...

P (B8 ) = P (b3,8 ) · P (b2,4 ) · P (b1,2 ) (4.11)

Le probabilità di collasso dei singoli rami sono valutate come segue:

1 11 111
Pf,lif e,1 = max(Pf,T1− , Pf,T 1−
, Pf,T 1−
, Pf,T 1−
)
1 11 110
Pf,lif e,2 = max(Pf,T1− , Pf,T 1−
, Pf,T 1−
, Pf,T 1−
)

...
0 00 000
Pf,lif e,8 = max(Pf,T1− , Pf,T 1−
, Pf,T 1−
, Pf,T 1−
) (4.12)

108
dove con gli apici 1 (0) si è indicato lo svolgimento (il non svolgimento)
dell’attività di riparazione a seguito della ispezione effettuata.

Utilizzando le 4.11 e le 4.12 è possibile ricavare la probabilità di collasso


della struttura a seguito di questo scenario di manutenzione con m = 3

ispezioni eseguite:
8
X
Pf,lif e = Pf,lif e,i · P (Bi ) (4.13)
i=1

I costi di riparazione associati ai rami dell’albero degli eventi sono di

seguito specificati:

Crep,1,1 Crep,2,1 Crep,3,1


Crep,1 = T
+ T
+
(1 + r) 1 (1 + r) 2 (1 + r)T3
Crep,1,1 Crep,2,1 Crep,3,2
Crep,2 = + +
(1 + r)T1 (1 + r)T2 (1 + r)T3
...
Crep,1,2 Crep,2,4 Crep,3,8
Crep,8 = T
+ T
+ (4.14)
(1 + r) 1 (1 + r) 2 (1 + r)T3

Determinazione CF e CREP : costo di failure e costo di riparazione

Il costo CF viene definito costo di failure strutturale e lo si esprime come

segue:
CF = Cf · Pf,lif e (4.15)

La determinazione del coefficiente di costo Cf è molto complessa, in genere


in esso sono compresi:

• costi diretti di collasso strutturale come il rifacimento dell’opera che

comprende la demolizione, la riprogettazione e la ricostruzione;

• costi indiretti di collasso strutturale come il costo di maggior ritar-

109
do patito dagli utenti che non possono servirsi della struttura, disagi
gravanti sul tessuto sociale limitrofo alla struttura per la sua mancata
utilizzazione.

Nell’esempio proposto tale coefficiente è stato considerato proporzionale al

costo iniziale CT :

Cf = 100 · CT = 2.893.669, 14 Euro

In virtù della 4.13 è stato possibile ricavare il costo di failure per ogni scenario
(caratterizzato dal numero di ispezioni) considerato.
Contestualmente è stato possibile ricavare il costo totale di riparazione

per ogni scenario considerato:

2 m
X
CREP = Crep,i · P (Bi ) (4.16)
i=1

4.3 Progetto della manutenzione su base pro-

babilistica

Nelle pagine seguenti verrano riportati e confrontati due progetti della

manutenzione della soletta da ponte. Le ipotesi progettuali sono le seguenti:

1. strategia di ispezione ad intervalli uniformi;

2. valore minimo di indice di affidabilità pari a 4.

La differenza sostanziale tra il primo (caso A) ed il secondo progetto di

manutenzione (caso B) è la seguente:

110
caso A : la manutenzione straordinaria è estesa su tutta la vita utile della
struttura;

caso B : la manutenzione straordinaria la si effettua a partire dall’istante


T in cui il profilo di affidabilità raggiunge il minimo valore prestabilito.

I due casi progettuali condividono anche alcuni risultati dell’analisi economi-

ca: i costi CT , CP M e CIN S sono identici e quindi, per una migliore leggibilità
dei grafici, è stata diagrammata la loro somma.

4.3.1 Analisi e risultati del caso A

Ecco rappresentati nelle figure 4.6 e 4.7 i costi CREP e CF : Come si può
notare il costo di riparazione CREP è crescente rispetto al numero di ispezioni;

il costo di failure CF è decrescente. Sommando i vari costi fin qui esaminati


ci si trova in presenza di un punto di trade-off nel quale il costo totale ha
un minimo. Nella figura 4.8 sono mostrati i risultati dell’analisi dei costi per
diversi numeri di ispezioni. La migliore strategia di ispezione/riparazione è
identificata dal minimo costo totale atteso: la figura 4.8 mostra che il numero

ottimale di ispezioni durante la vita utile della soletta da ponte è pari a 5.


Per 5 ispezioni, il ramo dell’albero degli eventi con la probabilità più alta

di accadimento è indicato nella figura 4.9 in termini di profilo di indice di

affidabilità: come si può vedere è composto da 3 interventi di manutenzione


straordinaria. La strategia ottimale di ispezione/riparazione (m = 5 e n = 3)

è associata ad assenza di manutenzione dopo le prime due ispezioni, mentre

le riparazioni sono eseguite dopo le 3 ispezione rimanenti.

111
¼

¼

¼

¼
(XUR

¼

¼

¼

¼
       
QƒLVSH]LRQL

Figura 4.6: CREP : costo di riparazione totale atteso per il caso A


¼

¼

¼

¼
(XUR

¼

¼

¼

¼

¼
       
QƒLVSH]LRQL

Figura 4.7: CF : costo di failure totale atteso per il caso A

4.3.2 Analisi e risultati del caso B

Nelle figure 4.10 e 4.11 vengono mostrati i costi CREP e CF . Anche in

questo caso il costo CREP è crescente rispetto al numero di ispezioni, ed il

costo CF è decrescente. Il punto di costo totale atteso minimo è mostrato


nella figura 4.12: il numero ottimale di ispezioni per la strategia del caso B è

pari a 3. Per 3 ispezioni, il ramo dell’albero degli eventi con la probabilità più
alta di accadimento è indicato nella figura 4.13 in termini di profilo di indice

112
&UHS &I &WRWDOH &W&SP&LQV

¼

¼

¼
&RVWR

¼

¼

¼
       
QLVSH]LRQL

Figura 4.8: Costo totale A: strategia ottimale di ispezione/riparazione

di affidabilità: come si può vedere è composto da 3 interventi di manutenzione


straordinaria. La strategia ottimale di ispezione/riparazione (m = 3 e n = 3)
è associata ad azioni di riparazione eseguite dopo le ispezione programmate.

4.3.3 Commento ai risultati dei casi A e B

La figura 4.14 mostra i costi totali attesi dei casi A e B a confronto. La


scelta della strategia A comporta un onere economico rappresentato dalle

ispezioni condotte in intervalli temporali dove l’affidabilità strutturale è ben


lontana dal valore minimo prestabilito. Il caso B tende a non tener conto
dell’intervallo temporale in cui la struttura è ancora considerata “giovane”:

superato il tempo T in cui β = 4, si nota che ad ogni ispezione effettuata


corrisponde un’azione di manutenzione straordinaria.

113
QRPDQXWHQ]LRQH VLPDQXWHQ]LRQH






DIILGDELOLWj








         
DQQL

Figura 4.9: Profilo di affidabilità con manutenzione: caso A

114
¼

¼

¼

¼
(XUR

¼

¼

¼

¼
      
QƒLVSH]LRQH

Figura 4.10: CREP : costo di riparazione totale atteso per il caso B


¼

¼

¼

¼
(XUR

¼

¼

¼

¼

¼
      
QƒLVSH]LRQH

Figura 4.11: CF : costo di failure totale atteso per il caso B

115
&UHS &I &WRWDOH &W&SP&LQV






(XUR








       
QƒLVSH]LRQL

Figura 4.12: Costo totale B: strategia ottimale di ispezione/riparazione

QRPDQXWHQ]LRQH VLPDQXWHQ]LRQH






DIILGDELOLWj








         
DQQL

Figura 4.13: Profilo di affidabilità con manutenzione: caso B

116
FDVR% FDVR$






(XUR








       
QƒLVSH]LRQL

Figura 4.14: Confronto dei costi totali del caso A e B

117
Capitolo 5

Conclusioni

Il presente lavoro di tesi ha sviluppato una metodologia per l’analisi del-


l’affidabilità strutturale, per una soletta da ponte, con l’obiettivo di imple-

mentare il progetto, su base probabilistica, della manutenzione nel ciclo di


vita. Per la soletta in esame si è utilizzata la condizione di carico massimiz-
zante il momento negativo: lo spargimento del sale (per il de-icing) sulla pa-
vimentazione innesca la diffusione, nella struttura sottostante, di ioni cloruri

con conseguente degrado delle barre d’acciaio.

L’analisi dell’affidabilità strutturale per calcolare il profilo dell’indice β è


la base per sviluppare, in modo razionale, un progetto della manutenzione

della soletta da ponte. Sono state esaminate due tipologie di manutenzione

(caso A e B) che differiscono per quanto segue:

• caso A : scenario di manutenzione esteso a tutta la vita utile della


struttura;

• caso B : scenario di manutenzione esteso a alla parte di vita utile dove

118

β < βlif e;

Il confronto tra i due casi in esame mostra che la scelta della strategia A com-
porta un onere economico rappresentato dalle ispezioni condotte in intervalli
temporali dove l’affidabilità strutturale è ben lontana dal valore minimo pre-

stabilito. Il caso B tende a non tener conto dell’intervallo temporale in cui la

struttura è ancora considerata “giovane”: superato il tempo T in cui β = 4, si

nota che ad ogni ispezione effettuata corrisponde un’azione di manutenzione


straordinaria. Per la determinazione del minimo costo atteso, si nota la forte

influenza che il costo di failure CF esercita sul processo di valutazione eco-

nomica. L’analisi, inoltre, ha tenuto conto della qualità dei metodi ispettivi
e valutato in modo esaustivo ogni possibile opzione di ispezione/riparazione.
Punto critico per l’analisi strutturale compiuta riguarda le distribuzioni
delle grandezze aleatorie coinvolte. Come supporto alla caratterizzazione dei
materiali sono stati utilizzati i dati frutto di campagne di sperimentazioni,
ma un tale ausilio robusto è mancato per poter definire la natura aleatoria dei

carichi agenti sulla struttura in esame. Di conseguenza, per poter affrontare


la stima dell’indice β, si è fatto uso di valori bibliografici che forniscono gli

indici di posizione e dispersione delle distribuzioni dei carichi.

Lo spirito con cui è stato affrontato il presente lavoro di tesi è di poter

definire una procedura metodologica, su base razionale, capace di integrare


aspetti economici e tematiche inerenti la sicurezza nella progettazione strut-

turale. Tale procedura può essere adattata e resa valida anche per l’analisi di

altre tipologie strutturali sottoposte a degrado come le strutture in muratura,


in acciaio etc.

119
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no 2004 - Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti:
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122

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