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University
M icrofilms
International
3 0 0 N. Z E E B R O A D . A N N A R B O R . Ml 4 8 1 0 6
18 B E D F O R D ROW, L O N D O N W C1R 4 E J , E N G L A N D
8115568
PECORA, LUCIANA
University
Microfilms
International 300 N. Zeeb Road, Ann Arbor, MI 48106
Copyright 1980
by
PECORA, LUCIANA
by
Luciana Pecora
Approved by:
Adviser
. Gius
XI.7.1980
CULTURA MAGICA E SUPERSTIZIONI POPOLARI NEI
NOVELLIERI TOSCANI DEL TRECENTO
Luciana Pecora
The purpose of this work is to gather together and study the truly
The present study has been divided into three parts. The first
fourteenth century.
of what may be called the magic mentality of the time. Then, through a
shows how the literary genre becomes a symptom of the culture and the
social class that produces, accepts and spreads it. Finally, the second
part presents the four writers in turn one by one, stressing the differ
political ideas and the social class to which they belong. The conclu
sion is that despite all the differences that separate them as indivi
The third part consists of a series of themes called from the various
in his stories tries to conciliate St. Thomas with Ovid and with chival
fact Sacchetti and Sercambi, as spokesman of that, the lower middle class
INDICE
Introduzione..................... * ...................... , . 1
V. Francesco da B a r b e r i n o ................................. 47
I temi.
Co n c l u s i o n e ................................................... 250
Bibliografia.................................. 256
INT RODU ZIONE
2
INTRODUZIONE
una tipica ricerca di storia della mentalitd,"*" per questo pensiamo che
espressione?
popolo ecc.). Se c'A una qualche utilitA che la lezione delle moderne
meno "razionale".
2
Cfr. Jacques Le Goff, La Civilisation de l1Occident medieval,
(Paris: Artraud, 1965); per il concetto di "civiltA tradizionale" cfr.
Mircea Eliade, II mito dell'eterno ritorno, trans. G. Cantoni (Torino:
Borla, 1966).
4
una storia dei tempi lunghi, i cui fatti e il cui spirito si modificano
4
lentamente, nel corso di anni, spesso di secoli.
3
A conclusioni analoghe giunge, sul piano di un'altra grande dico-
tonia, quella tra "storia dei fatti" e "storia delle strutture" Ernesto
Sestan; cf. Ernesto Sestan, "Storia degli awenimenti e storia delle
strutture," in DoklAdy KongrAssa (MosKvA, 1973), I, 1, pp. 255-94.
4
Cfr. le osservazioni essenziali di George Duby, "Histoire des menta-
litAs," in AA. W . , L'Histoire et ses mAthodes,(Paris, 1961) pp. 937-66;
sono altresi da tener present! sul piano dei fondamenti metodologici
per la storia della mentalitA, le considerazioni di Lucien Febvre, "La
sensibilitA e la storia. Come ricostruire la vita affettiva di un tempo?,"
in Problemi di metodo storico, ed., Braudel (Bari: La Terza, 1973), pp.
23-43.
5
che (per quanto non abbia molto senso scandire il tempo per generazioni,
fioranti - cioA quelle piA esposte alia corrosione della critica e dei
paragonabili con quelle dei nostri padri non diciamo del Medioevo, ma
essere portatori.
nella storia momenti per cosi dire "di crisi," che danno luogo a dram-
poi nel latente conflitto tra una economia sumpre piA a base monetaria
nelle zone di montagna), politico sociali (le guerre quali quelle dei
plutocrati che Bonifacio VIII aveva chiamato "il quinto elemento del-
nei borghi malsani delle cittA troppo anguste per l'eccedenza demo-
7
grafica morirono come mosche nelle Peste Nera dl metA secolo; i miseri
villani lasclarono le loro povere vite sui solchl avarl delle terra
spiegabile d'altro canto certo con l'insicurezza, ma anche col fatto che
nel profondo del suo cuore rurale il nostro Medioevo - anche quello
toscano, quello cioA della terra dalle splendide cittA, dai ricchi mer-
cipi delle superstizioni d'un mondo che resta nonostante tutto il loro,
riflettono nelle loro novelle quelle che furono le varie credenze magiche
PARTE I
presiedeva.
sul titolo del seguente capitolo e di tutto il lavoro, che noi usiamo
CAPITOLO 1
perchd, specie negli ultimi armi gli sforzi degli studiosi si sono
2
Chiariamo che abbiamo scelto di parlare di culture tradizionali-
secondo le indicazioni di tutta una scuola antropologica che va dall'E-
liade al Varagnac al Griaule al suo allievo Servier - perchd ci rifiu-
tiamo di usare termini quali "primitive" a qualificare culture che in
realtd non sono affatto tali. Cfr. le riflessioni di Sergio Moravia,
La raglone nascosta (Firenze: Sansoni, 1973). Ma su quanto abbiamo
fin qui detto cfr. Elemire Zolla, Che cos'd la tradizione (Milano:
Bompiani, 1971); Jean Servier, L'uomo e l'invisibile (Milano:
Rusconi, 1973).
3
Per i rapporti tra magia e folklore e religiositd popolare si
ricorra a Aldo Rossi, Le Feste dei poveri (Bari: La Terza, 1970).
Questo vale naturalmente per l'ltalia.
13
dell'industria culturale.^
Ora, per chi si occupi di storia, tutti questi modelli sono utili
zione permanente nella storiografia come nelle scienze umane, chi sia
quale dovrA sempre finire col piegarsi piuttosto all'esame del con-
L
Citamo a titolo orientativo su una materia che sarebbe meritevole
d'un interesse sociologico meno impreciso, E. Morin, P. Defrance, C.
Fischler, L. Petrossian, II ritono degli astrologi (Milano: Bompiani,
1972).
somnia dotata d'una logica interna esclusiva a lei sola e quindi suscet-
parola A usata nei modi piA vari, e il piA delle volte a sproposito,
interpretativa.
mente in Toscana durante il XIV secolo. E' utile a tal fine, e in che
del Tylor e del Frazer. Si tratta del metodo con il quale il Frazer
15
mostra in modo piA o meno esplicito, piA o meno polemico, piA o meno
cosciente - di prestar feder. E’, ancora, vero che una differenza tra
ermetica della simpatia universale: "ci6 che A in alto A come ci6 che
nel rapporto piA volte chiamato in causa tra magia, scienza e religione.'
mente coesiste, ma A a sua volta non giA preludio, bensi postumo d'un
lingia, poi ottomana, infine in quella "rinascita del secolo XII" che -
Non vogliamo certo qui dare tout court ragione alia tesi, che ha
istica li aveva posti, e che vorrebbe vedere nella magia non il primo
nuti solo certi schemi formali esteriori. Ma sta di fatto che la magia
germaniche e via dicendo), che a lungo andare non poteva non sfociare
riti magici, bensi anche della Weltanschauung che piii o meno celatamente
di rispondere nel primo capitolo della seconda parte. Ha gi4 fin d'ora
Ginzburg ha notato in una delle piii generiche ma anche piii felici in-
g
tuizioni contenute in un suo saggio.
g
Carlo Ginzburg, "Folklore, magia, religione" in Storia d*Italia.
I. I caratteri originali (Torino: Einaudi, 1972), p. 603.
19
CAPITOLO II
Nel primo capitolo abbiamo dato un breve quadro della magia, enun-
alio stesso periodo e sempre vis A vis con gli atteggiamenti della cris-
tale della ricerca. Dove tracciare la linea discriminante tra i due ter
mini del problema? Che cos'A, nel mostro Medioevo e piA specificamente
due versanti assegnare un problema che, se non giA nel Trecento, certo
biamo detto una parola chiara - nel corso del lavoro - su cii che dif-
streghe, sui loro processi, sulla tradizione del Sabba, su cose cioA che
realtl rimane.
Le streghe, poi che appartengono alle classi piA umili della popo-
uccidono bambini, fanno incanti e maledizioni; i maghi che non sono gente
infima, vengono in possesso di certi segreti che usano dopo aver stipu-
severa indagine del pensiero, n4 la faticosa opera delle mani: piA che
taria, mentre solo di recente studi quali quelli di Elio Conti per il
hanno "riscoperto" come legato a doppio filo alia realtd della terra,
al ciclo della fertility, teoria che nelle scienze umane porta il nome
famosi studi del Ginzburg e del Mandrou, dove 1' equazione fra strego
Certo, sarebbe bello poter fare tabula rasa di tutte queste di
tamente utilizzate poi, i novellisti, sono cosi diverse tra loro per
piA volte domandati fino a che punto sia giusto parlare genericamente
dire al di sopra dei novellieri. Tutto quel che noi possiamo portare
meccanismo di causa-effetto?
scientifiche?
25
rifugiato nei pagi, nei miseri insediamenti rurali? Come parte dai
romana proprio attorno agli anni in cui essa eleva, con la Summa di
piuttosto tanti poveri rustici che fino ad allora non avevano in fondo
per non indicare piA nulla di preciso, anzi per prestarsi agli equivoci
"popolo" nella sua accezione in fondo piA banale, cioA come sinonimo
rimasto) di forme rituali e culturali assai elevate che sono state poi
PARTE II
della magia e delle sue leggi insieme ad alcune distinzioni tra magia,
CAPITOLO III
DELLA MAGIA
mento dello uomo nella fissity della specie umana alio scandalo del
dell'universo.
maso d'Aquino, la magia aveva poco spazio per tentare gli animi. Nelle
sue forme pit elevate, quelle connesse alia gnosi neoplatonica, essa
teurgia e per tutta una tradizione magica che aveva i suoi asceti e i
vive nei pagi non meritavano che i severi rabbuffi dei vescovi e dei
stesso far "malie con erbe e con imago"'’ erano cose che preoccupassero
gli spiriti.^
o, per meglio dire, di quella magia che giunge a noi per il tramite
l'espressione.
ranza - che aveva fino a circa la metA del Duecento ispirato la teoria
culturale. Dal secolo XII in poi, per i motivi cui abbiamo accennato
peccato. Quanta buona gente che amava Cdsto-scopri d'un tratto, con
effetti nei versi purissimi d'un Virgilio o nel chiaro poetare d'un
Orazio.
scomparire dall'Europa.
sparsi rancore ed odio contro tutto cid che fosse cattolico romano,
esse erano certo state lontane fin 11 dal possedere nella coscienza
astrologia. Era quello del resto un tempo in cui non v'era interesse
Q
designata di quella, impegnA l'inquisizione ad una stretta vigilanza
O
Si tratt6, dopo quello di Bonifacio VIII e dei Templari, del
terzo "scandalo" che nel giro di pochi anni prendeva a pretesto la
magia e che in un modo o nell'altro coinvolgeva il papato. II fatto
che il "pericolo" della magia fosse diventato un buon pretesto per
coprire le manovre politiche, dimostra che a quel punto l’opinione
pubblica era giA vittima di una certa psicosi in merito.
41
tutto questo fece si che con maggior ansia s'investigassero gli astri
abbietti.^ I potenti che non si sentivano pift saldi nella loro posi-
q
Per queste osservazioni siamo principalmente debitori a La peste
nera, cit.
42
CAPITOLO IV
sono trattate sia le awenture amorose che gli scherzi salaci, gli
risolvendosi poi nel gusto del miracoloso, del favoloso, del mostruoso
sempre piii viva e nella quale sta ascendendo rapidamente quella nuova
tero questo brano d'un critico ormai sorpassato non perch4 ne condivi-
e di streghe.
sintomaticamente scomparsa.
2
Per la partecipazione culturale fiorentina cfr. Robert Davidsohn,
Storia di Firenze, (Firenze: Sansoni, 1965), IV, p. 15.
46
del Trecento son tutti differenziati fra loro, per carattere, valore,
CAPITOLO V
FRANCESCO DA BARBERINO
di magia.
Si pud dire che con Francesco di Neri ha inizio uno dei pii af-
mente pid tardi, passato a Firenze dal 1297 come notaio vescovile, ciod
negli anni "caldi" della lotta, fra magnati e popolani e fra vescovo e
^"Dai Documenti d ’Amore (Roma: Egidi, 1902), II, 137 e III, 10,
sappiamo che studid nello Studio generale di Padova dove scrisse un
libro ora perduto intitolato Liber Spei; precedentemente era stato a
Bologna dove in quegli anni insegnava come canonista Ottavante de*
Rigaletti contemporaneamente a Giovanni Gori da Montemurlo. Cfr. R.
Davidsohn, Storia di Firenze, IV, 3, 250-253.
48
era gilt stato insignito del titolo di "dominus" che spettava a chi oltre
che notaio fosse anche giudice. Nel 1304 viene esiliato evidentemente
Avignone•^
Doveva ess ere giA salito in uiia certa fama come giurista quando
potA - ma con certezza non prima del 1315 - riprendere il proprio posto
16 settembre del 1327 con un grande rogo nel quale bruciarono lo stesso
infatti che, come molti altri uomini della sua epoca, aveya ricevuto
figlio di nome Antonio a cui aveva cio£ imposto il nome del suo
prctettore.
quali solo una ventina hanno una certa estensione e un certo intreccio,
A
Era stato proprio Bonifacio VIII che aveva emanato un decreto
secondo il quale il celibato era ristretto ai chierici che avevano
ricevuto i tre ordini maggiori, mentre a quelli dei quattro ordini
minori si permetteva invece il matrimonio. Ma cii che si rimproverava
essenzialmente a questi "falsi" chierici era la loro ingerenza commer-
ciale negli affari della citti mentre avrebbero dovuto astenersene.
Cfr. R. Davidsohn, Storia di Firenze, cit., IV, 3, pp. 5-6.
50
cultura e dalla sua permanenza in Francia, l'amore che egli ebbe, una
volta tornato in patria, per tutto cid che fosse cavalleresco come si
stesso, non solo come poeta moraleggiante ma anche come artista, edu-
mente reagisse di fronte al mondo magico del suo tempo. Dalla lettura
sia delle novelle vere e proprie che dalle parti in versi che comple-
gli derivava proprio dal tipo di mansioni che era solito svolgere e
degli Orsi, nelle costituzioni emanate per il clero fiorentino nel 1311
laycus seu mulier in civitate vel dyocesi nostra, maleficia sive incanta-
tiones a iure prohibitos, vel brevia pro maleficus facere attemptet vel
incurrant."^
suo posto vi sono delle vecchie capaci di dare "mal d'occhio," donne
della potenza tnalefica del demonio - cosa che del resto sarebbe stata
stimarlo quell'Antonio degli Orsi che non sarA stato un fiore di virtA,
Fiori di novelle.
che hanno la mania - e il Salvemini l'ha ben dimostrato nel suo studio
V'A senza dubbio una forte Vis polemica nel tentativo di Francesco
il Reggimento o i -Ragionamenti.-
ristretta, e che per tanto il suo ruolo in questa ricerca non sia pari
CAPITOLO VI
GIOVANNI BOCCACCIO
sospetto che scrittori come lui siano divulgatori piii che registratori
di credenze magiche.
sul distacco creatosi fra lo scrittore e il suo tempo, fra l'epoca cioA
(AndalA del Negro) dal quale apprese i "nuovi mutamenti e gli inopina-
12
un brano tratto appunto dal Fllocolo 11 quale, con altrl e ben mag-
12
G. Boccaccio, Filocolo, cit., IV. Gi riferiamo alia XIII ed
ultima questione d'amore.
17
Un ricchissimo cavaliere chiamato Tarolfo si innamorA di una
nobil donna giA felicemente sposata la quale per scoraggiare il giovane
si disse disposta a ricambiare il suo amore se egli fosse stato capace
di far comparire nel "mese di gennaio in quella terra un bello giardino
e grande d'erbe e di fiori e d'alberi e di frutti copioso, come se del
mese di maggio fosse." Tarolfo recatosi in Tessaglia alia ricerca di
chi potesse compiere il miracolo, "levatosi una mattina, avanti a che
il sole s'apparecchiasse d'entrare nell'aurora....si vide davanti a
piA d'un monte un uomo, non giovane, nA di troppa lunga etA, barbuto,
e i suoi vestimenti giudicavano lui essere povero, piccolo di persona
e sparuto molto; il quale andava cogliendo erbe, e cavando con un
picciolo coltello diverse radici.... il quale quando Tarolfo il vide
si maravigliA, e dubitA molto non altro fosse" (forse una divinitA
campestre?). II vecchio qualificatosi come nativo di Tebe ed abile nel
fare "liquori....utili a diverse infermitA," segui Tarolfo nella sua
cittA in vista di una lauta ricompensa. Li, "entrato giA il mese,
Tarolfo comandA che il giardino s'apprestasse acciochA donarlo potesse
alia sua donna."
61
adatto "per lo giardino allato d'un fiume," "stese verso le stelle tre
iddio dei boschi e della segreta notte, per li cui aiuti io giA rivolsi
correnti cose star ferme, e le ferme diventar correnti, e che giA deste
tirare te, o luna, alia tua rotonditA, alia quale peraddietro i sonanti
suoi prieghi, poi tacendo,...un carro da due dragoni tirato gli venne
Per le quali cose non essendo ancora passato il terzo giorno, venne in
quel luogo onde partito s'era; e i dragoni che solamente l'odore delle
prese erbe aveano sentito, gittando lo scoglio vecchio per molti anni
62
erano terra due altari compose: i quali fatti, e sopra essi access!
nel raccolto sangue piA volte introdusse l'ardenti legni. Poi riponen-
dole sopra gli altari e talvolta con esse innaffiando quel terreno, il
strani luoghi, mettendovi ancora con esse diversi semi e fiori di non
preso un ramo di un secco ulivo e con esso tutte queste cose cominciA a
essi testimoniano appunto che la scienza del Boccaccio si era giA quasi del
tutto completata prima del suo ritorno a Firenze nel 1340. Anzi, poichA
ancora, una diversa scelta sul piano del "genere letterario," giacchA
dovevano prestare uno orecchio piA attento, piA esercitato e quindi piA
quotidians.^
porrebbe, piA che sul piano delle "classi sociali," su quello delle
modelli sul piano del genere di vita: i suoi ideali e i suoi modelli
assai di piA che nel Duecento, quando la lotta fra magnati e popolani
20
A Firenze, fino verso il 1325-28, epoca in cui si trasferisce a
Napoli, il Boccaccio aveva avuto come maestro Giovanni Mazzuoli da
Strada - padre di Zenobi da Strada che sarA insieme amico e concorrente
del nostro novelliere nei favori della corte angioina. (Cfr. N. Sapegno,
"La cultura del Boccaccio," in Pagine di Storia letteraria (Palermo:
Palumbo, 1960), pp. 119-123.
21
"Mio padre si sforzA in tutti i modi, sin dalla mia puerizia,
perchA divenissi negoziante, e mi diA per discepolo a un grandissimo
mercante presso il quale, per sei anni, non feci altro che perdere il
tempo, che non si riacquista mai. PerciA essendo da parecchi evidenti
indizi apparso che ero piA adatto agli studi letterari lo stesso mio
padre comandA che passassi ad ascoltare le decisioni pontificie per
poter diventar ricco; e sotto un famoso maestro, per quasi altrettanto
tempo lavorai inutilmente" (G. Boccaccio, De genologia deorum, cit.,
p. 726.)
22
^G. Boccaccio, 'torbaccio." in Ameto. Corbaccio e lettere, ed. N.
Bruscoli (Bari: La Terza, 1940), p. 305.
66
23
II Petrarca ci fa sapere in una sua lettera che il Boccaccio tra
il 1345 e il '46 si trovava appunto a Ravenna ospite di Ostasio da
Polenta e di questo soggiorno ne A testimonianza la famosa novella
del Decameron di Nastagio degli Onesti.
della stesura del Decameron, che verri terminato quasi sicuramente nel
mente nel '70-'71, preferisce optare per una vita politicamente meno
fino al 1375, anno della sua morte.28 In tal modo il Boccaccio assieme
occupazione di vita.
lema - che egli tende ad astrarsi dalla vita politica non solo perchd
fondo strumentale rispetto alia classe dirigente del tempo e che quindi
Firenze del Trecento, anche se mancano sul tema degli studi approfonditiv
famiglie fiorentine che vanno dai Bardi agli Acciaioli ai Nelli ai Rossi
zione del Garin e del Baron in ordine al sorgere del primo Umanesimo d
quanto merito magari involontario abbia in cid il pur schivo e poco im-
pegnato Boccaccio, ancor prima del Salutati che viceversa Garin e Baron
caccio, anche se non disdegna poi troppo visitare a sua volta i "tiraimi"
Abbiamo visto che gli episodi diplomatici del decennio '50-'60 sono
due opere, apparentemente diverse tra loro come tono e scope non puA
nuta nello stesso momento in entrambi, nel Petrarca dei Trionfi come nel
2Q
Cfr. Eugenio Garin, L'umanesimo italiano (Bari: La Terza, 1966)
p. 35.
^Cfr. g . Billanovich, "Dalla 'Commedia' e dall'Amorosa visione'
ai 'Trionfi'." G.S.L.I., CXXIII, 1946, pp. 1-52.
70
radice comune di questo ritorno alia letteratura etica sono gli exempla
affidare ai fiorentini, una lezione civica che concide per altro con il
"culto" di Dante tra i suoi concittadini del Trecento, con l'awio delle
letture dantesche pubbliche e cosi via. E' sempre del '60 la prima
notizia certa della sua "conversione" nel senso che il termine conversio
comunale recava con s4, n4 estraneo - se non altro sul piano del suo
esempio una certa apprensione che Giovanni deve aver provato nel '60.
grafica del '47-50, le famiglie il cui potere era legato alle transa-
alia crisi mediante il "governo forte" del duca d'Atene fallisce, e fal-
anti popolana del '60, scongiurata dai nuovi "padroni" di Firenze (Albiz-
Sul piano della amicizie senza dubbio: forse anche su quella delle
responsabilitA vere e proprie: e chissA che non sia stato il suo essere
fino al '65 (data in cui, appunto, gli esuli della faccenda del '60
Qui collabora strettamente col Petrarca, facendo per lui in loco delle
31
Si veda per6 A. Zini, 'La fortuna di San Pier Damiani nel Petjrarca
e nel Boccaccio," in Studi su San Pier Damiani in onore del cardinal
A.G. Cicogniani (Firenze: Le Monnier, 1961), pp. 133-165.
72
Passati col '65 gli scogli politic!, ecco gli anni del ritiro a
pubbliche letture di Dante e dai rapporti con quel centro di studi uma-
S. Spirito.
il Boccaccio degli anni '60 non avrebbe certo pensato n4 scritto sulla
magia (come su molti altri temi) le medesime cose che leggiamo nel
Decameron.
fica che non potrebbe in alcun modo competere con quella fino ad ora
come ho udito io piA volte quando ero fanciullo dA piA vecchi di quel
tempo, che la morte sua fu per questa cagione. Dicono che 6'si faceva
portare da' demonii a Napoli, dove egli era innamorato, a sua posta, e
che in dua hore egli andava e tornava. A tale che una sera tornando di
sonA in quel punto la Ave Maria, per il che lui disse: Lodato sia
uomini, i quali si elevano con gli studi e con lo ingegno tanto sopra
gli altri, e A creduto dalla moltitudine che egli habbino sempre del
soprannaturale."
nA la sola nA 1'ultima.^2
congiunto alia casa del poeta e ad una "sportata di terre" con la quale
attribuite a maghi - veri o falsi che fossero - molto piA famosi di lui,
*5/
a cominciare da Alberto Magno, Michele Scotto, Virgilio o Apuleio.
Si attua cioA anche nei confronti del novelliere quella facile confu-
furono mai compromessi nel giudizio dei posteri da una qualsiasi capa-
nel testo delle sue novelle,^® dimostrA senza dubbio una notevole
far parte dello stuolo di quei personaggi sopra i quali sorsero molte-
plici leggende.
sino d'oro o dal De magia di Apuleio, dai Fasti di Ovidio, dal Satyricon
sfiducia verso gli effetti sorprendenti che essi sanno ricavare dalla
di particolari. ^
dalla forza arcana che il mondo magico sprigionava. Per cui la solu-
Boccaccio deve larga parte della sua fama, & la diffidenza che ci ispira
diffidenza che mostrano nei confronti della magia ci lasciano molte volte
perplessi per "il quanto" o "il come" possano essere uno specchio fedele
vizio contrario.
Dal che risulta una cosa strana, almeno a prima vista. Il Boccac
cio, data la sua vasta cultura e la sua grande fama, pu6 essere stato
collettiva.
81
CAPITOLO VII
FRANCO SACCHETTI
Col Sacchetti scorgiamo un modus vlvendi che non solo sta all'estre-
chiuso all'influsso della magia sia nella vita che nelle opere.
mercante e uomo politico, che dette inizio alia stesura del Trecento-
Sacchetti uomo piA intero del Boccaccio proprio per il suo zelo cit-
o
tadino e per il suo profondo spirito religioso, A innegabile che
^"Per quello che pu6 interessare intomo alia vita del Sacchetti,
all'ambiente e al momento storico in cui visse, alia sua esperienza per-
sonale di scrittore e di cittadino, cfr. gli scritti introduttivi ed
alcune edizioni del Trecentonovelle fra cui quella a cura di E. Ligotti
(Milano: Bompiani, 1957).
2
Benedetto Croce, "II Sacchetti moralista e narratore," in Poesia
popolare e poesia d'arte (Bari: La Terza, 1933), p. 95.
82
novelle.
di quella stasi letteraria - dal '78 all ’81 - della quale il nostro si
e scialacquatore: ma, pi6 per vizio, pare che fosse la sua natura
Al tempo della guerra degli Otto Santi Giannozzo con tutti gli
maggioranza della citti, e si deve a uomini come lui se dal '75 al '78
politici.
3
Sulle virtfi mercantili e sulla mentaliti relativa si veda ora il
libro fondamentale di C. Bee, Les marchands ycrivains & Florence
(Paris: La Haye, 1967).
84
lo fece certo perchA gli awenimenti del tragico triennio '78-' 81, dai
4
Cfr. F. Sacchetti, I sermoni evangelici, le lettere e altri scritti
inediti ed altri, ed. 0. Gigli (Firenze: Loescher, 1857).
85
estremismi" d'un Giannozzo e forse un tantino (ma non del tutto) in-
raccolti nel Libro delle rime (al quale egli continuer! ad affidare
tori gi£ tanto vessati "al presente tempo e alia condizione dell'umana
limiti concreti del mondo reale, anzi tuttalpid operando "una continua
vaga di udire cose nuove", Franco racconta fatti veduti coi propri
e attiva.
9
trascriveva con la solita attenzione documentaristica.
denze piA diffuse nei diversi strati sociali e nelle diverse regioni
superstizione popolare.
rimpianto. Sembra anzi che quel suo insistere nel proporre al lettore
Quindi ogni volta che nel corso delle novelle il Sacchetti annota queste
"nuove mode", pare che operi un atto di forza verso quelli che sono i
serie dei fatti presce.lti nella loro interezza ma nello stesso tempo
corrispondenza col suo modo di pensare, col suo costume e col suo senso
e privata.
12
Ecco che il giudizio espresso verso ecclesiastici, uomini poli-
13
tici, teologi, filosofi, medici - anche se originato da diversa
12
Molto polemiche sono le parole indirizzate contro i predicatori
degli Ordini Mendicanti che non sapevano capire molto spesso ne' la
psicologia del pubblico (C) ne 1 il suo grado d'intelligenza (LXXII e
LXXIII), oppure contro i chierici che "sotto apparenza onesta..ogni
vizio di gola, di lussuria..senza niuno mezzo usano" (XXXIV) e che per
cupidigia sono sempre pronti "a dire menzogne, a fare escati, a tendere
trappole, a vendere Iddio e le cose sacre" (CCXII).
13
II Sacchetti rimprovera ai gonfalonieri e ai capitani di voler le
insegne "solo per vanagloria" e "quelli che in teologia si fanno
maestrare, non per altro se non per esser detto Maestro, dottore di leg-
gi, per esser chiamato Dottore; e cosl in filosofia e medicina, e di
tutte l'altre cose: e Dio il sa quello che li pifi di loro sanno!" (VII)
e i giudici che sono ignoranti e veniali (LXXVII e XXVII).
89
super o sub-umano non trova il suo adeguato spazio vitale. Anzi quelle
del Sacchetti d una aperta polemica, forse addirittura quella pid aspra
come una perenne irrisione verso qualunque categoria sociale, non stanno
14
Per 1'influenza che l'alta borghesia fiorentina, i cui interessi
concreti si appuntavano in sfere puramente mondane (economia, politica),
esercitd sia sulla Chiesa che sugli Ordini Mendicanti a vantaggio di una
religiositd libera da ogni forma di fede che richiedesse un'intima par-
tecipazione soggettiva a vantaggio di un'adesione composta e fiduciosa
ma in fondo indifferente imperniata pid sull'uso di opere buone e sul
culto dei santi in quanto intermediari tra Dio e i fedeli, cfr. F. Antal,
La pittura fiorentina e il suo ambiente sociale nel Trecento e nel
primo Quattrocento (Torino: Villardi, 1960), p. 169.
90
come uomo di poco senno che prima o poi dovrA amaramente pentirsi della
praticarle. "PerA che si dee pensare chi A colui che ti dice o che
Cosi egli si esprime nella novella, CCXVII (p. 667) a proposite delle
"donne" che credono alia virtA dei "brievi", "elle se ne rimangono poi
con le beffe e col danno"; o nelle novella CCXVIII (p. 670): "Credo io
che, qual femina va caendo brievi per volere fare una creatura grande
che Dio ha voluto far piccola, dovrebbe ringraziare Dio di ciA che fa;
in borsa e non gli dare a' judei". E nelle novella CCXX (p. 675): "0
quanto A stolta cosa che la donna, non volendo Dio che abbia figliuoli,
vorrA fare d'avergli per fattura d'uno judeo, o eziandio per fattura
cazione di un pesce dalle mirabili virtil, viene posto dal nostro novel-
19
liere nell'Olimpo dei veri maghi.
18
Ibid., XXIV; LX; LXXIII; CLVII; CCVII.
19Ibid., CCXVI.
93
CAPITOLO VIII
GIOVANNI SERCAMBI
4 un vero superstizioso.
quale ha compiuto una serie di rilievi che dimostrano una volta di pii
del novelliere preso in esame: per cui, com'y naturale, egli lascia
volontariamente fuori della sua pur densa indagine tutto quanto sappia,
fare nel troppo colto e troppo sensibile Boccaccio o nel pio e devoto
registra con relativa frequenza, il piiS delle volte con tono distaccato
in una qualche sia pur modesta misura coinvolto. Uomo di povera cultura
punta dei capelli, indulge alle superstizioni dei villani e alle resL-
stenti vestigia dei loro culti agrari. Proprio per questo le sue rapide
diretta. E' da una peste, quella del '99, che le novelle del Sercambi
95
scorcio di secolo.
politiche, la sua vicinanza agli ambienti della "corte" dei Guinigi, gli
dei quali egli era tanto fervido partigiano. Ma, Umanesimo e cancel-
correnti scientifiche del suo tempo, cosi dalla vecchia scolastica come
dei libri esistenti nella sua biblioteca. E del resto era lui stesso
e con cid pareva tutto sommato far tutt'uno di medici, giuristi, filo-
quello del bravo cittadino che fa il suo dovere, che difende le sue
e quando vuole, riesce a farsi onore anche con la penna e senza aver
pone dinanzi alle sue fonti. GiacchA, certo, le fonti ci sono: fedele
o
Giovanni Sercambi, Novelle, ed. Sinicropi (Bari: La Terza, 1972),
XVI, I, pp. 88-93.
filologica, egli pesca a piene mani dalla Bibbia come dai novellieri
base.
scienze che, quali astrologia e medicina, con la magia avevano dei punti
rabile dalle altre due. E in questa ricerca avremo rnOHodi notare una volta
lui "non la si fa", produce l'effetto che il "suo" ignoto cominci presto,
98
dei parassiti, cosi come gli accattoni sono in quanto tali sempre
sono di suo gusto perchA gli paiono esser dei buoni "cavalli di Troia"
secondo giustizia.
tanta di quella gentaccia che campa sui miracoli falsi, quelli veri
borghese molto rispettoso della cultura che non ha e che tutto sommato
lista dei libri che possedeva alia fine della sua giornata terrena con-
tiva frequenza capolino dalle sue novelle senza ch'egli provi il bisogno -
narra.
perchA la tastiera sercambiana, per altri versi cosi ricca, sia carente
mente, che nulla v'A di piA conservative della tradizione magica. CiA,
tanto piA che dei ventisette esempi utili solo in quattro casi l'autore
5S.N. LVI (I, pp. 249-252); LXIII (I, pp. 284-287); LXIV (I, pp.
288-291).
^Basti citare il caso della nov. CLVI (II, pp. 755-757), l'ultima
della raccolta. Vi si ripete il diffuso tema leggendario della dis-
truzione di Luni, a proposito del quale cfr. G. Sforza, La distruzione
di Luni nella leggenda e nella storia, (Torino: Paravia, 1922) originale
sembra tuttavia il tema del "beverone", del filtro capace di procurare
la morte apparente; un tema destinato com'A noto ad aver fortuna (cfr.
G. Chiarini, "Giulietta e Romeo," in Studi Shakespeareani.(Livorno .
1897, p. 225 sgg.).
102
atterremo alia pid semplice. Nei primi due casi si pud ritenere che
al suo pid ampio credito) se questo era noto. Nel terzo caso viceversa
eco in fine del suo personale mondo magico (ciod di quello, per esempio,
rotante attorno alia sua famiglia, ai luoghi della sua infanzia e via
della magia che il Sercambi riporta, la maggior parte sia con certezza
tuisce una prova della povertd d'interessi del nostro autore e del suo
®La nov. Ill (I, pp. 20-22) vanta parecchi riscontri nella novel
listica popolare del tempo; la nov. V (I, pp. 26-36) ripete un racconto
conosciuto in tema cipriota; la nov. XV (I, pp. 79-87) conta paralleli
lorenesi e bretoni; nella nov. XLVII (I, pp. 212-214) il tema centrale
viene dall’Oriente ma si trova giA nella Kaiserchronik del sec. XII
mentre un'eco di esso si coglie nella vicenda di Tristano e Isotta
(cfr. A.K. Krappe, "La leggenda della 'Bocca della VeritA'," Nuovi
Studi Medievali, II, 1925-1926, pp. 119-124); la nov. XCV (I, pp. 413-
415) corrisponde al tema folklorico del falso nome generante equivoco,
tipo il famoso "Nessuno" dell’Odissea. La nov. CXIII (II, pp. 662-673)
riprende la tematica di un fabliau. La nov. CL (II, pp. 717-722) A un
tema folklorico che altrove ha come protagonista il diavolo.
^La malia di cui si parla nella nov. XXXVI (I, pp. 169-172) ha un
precedente dell'Asino d'oro di Apuleio; la nov. XIII (I, pp. 72-74) A
una celebre favola alessandrina che il Sercambi utilizza razionaliz-
zandola (v'A difatti il furto del cadavere d'un impiccato, che egli
spiega come perpetrato dai suoi parenti, mentre di per sA la cosa
potrebbe avere una giustificazione magica; ma non sapremmo dire se lo
scrittore ignori di fatto o volontariamente scarti questa interpreta-
zione); la nov. LI (I, pp. 225-232) A la versione sercambiana dell'apo-
logo di Aristotele cavalcato dalla donzella.
^®Con la novella XXXIX (I, pp. 181-185) siamo in piena area edifi-
cante: si tratta di un exemplum giA narrato da Stefano di Borbone, che
ne. aveva fatto protagonista un castellano d ’Alvernia (Anecdotes histo-
riques, lAgendes et apologues, tirAs du recueil inAdit d ’Etienne de
Bourbon, Dominicain du XIIIe siAcle, A. Lecoy de la Marche, (Paris, 1877),
n. 129, p. 110) e rimbalzato dalla Leggenda aurea di Jacopo da Vara-gine
agli apologhi del carmelitano trecentesco Jean Golein al testo volgare
dei Miracoli della Madonna. La nov. XLI (I, pp. 195-200) appartiene
anch'essa alle molte e belle leggende sulla Vergine. La nov. CXXIV
(II, pp. 549-554), si trova negli Assempri di Filippo degli Agazzari ed
A inserita dal Sercambi stesso anche nelle sue Croniche, a c. di S. Bongi,
III, Lucca 1892, pp. 88-90: ricorda il caso del passavantiano "conte di
Matiscona", ma in certo senso anche il caso, posteriore ma storico, di
Gilles De Rais (che la montatura del "caso" (continued on next page)
104
n Per la nov. XXVIII (I, p. 130) cfr. A. Zenatti, "Una fonte delle
novelle del Sercambi," Atti della Regia Accademia Lucchese di Scienze,
Lettere ed Arti, XXVIII, 1895, pp. 491-505. A questo proposito si deve
notare che la novella rientra nel ciclo di quelle che hanno a prota
gonista monna Bambacaia dei conti di Montescudaio: si tratta probabil-
mente della parodia del "genere" cortese dei detti e conti d'amore resi
celebri a Andrea Cappellano. GiA Francesco da Barberino aveva ricordato
come noti i "giudizi" di monna Bombaccaia de Pisis. Si tratta di parodie
alle discussioni sull'amore cortese (cfr. F. Novati, "Monna Bambaccaia,
contessa di Montescudaio e i suoi 'Detti d'amore'," G.S.L.I., XXVIII,
1896, pp. 115-122). La nov. CXXIX (II, pp. 574-579) trova una piA
antica versione in una poesia dell'arciprete di Hita.
12
La nov. LXXXII (I, pp. 358-361) A il racconto di Decameron, II,
2, trasportato dal Polesine alia montagna tra Pistoia e Bologna, piA
familiare al Sercambi. La nov. CVII (I, pp. 469-474) riprende Decameron,
III, 3, approfondendo e razionalizzando quasi le cause dell'apparizione
nel sogno dei parenti morti ("della malanconia che mi venne, tutta notte
sono stata con morti") laddove nel Boccaccio la menzione dei morti veduti
in sogno era il puro pretesto per giustificare un'elemosina. La nov.
CXXVI (II, pp. 559-564) riassume Decameron, III, 8 , e anche li il
Sercambi si dimostra, dotato di qualitA, per cosi dire, concretizza-
trici: la "polvere di maravigliosa virtA, la quale nelle parti di
Levante (!'abate) avuta avea da un gran principe, il quale affermava
quella solersi usare per lo Veglio della Montagna quando alcun voleva
dormendo mandare nel suo paradiso, o trarlone", attraverso la quale il
Boccaccio sa evocare tutto un mondo di fiaba, viene sostituita dallo
speziale Sercambi con un'espressione tecnica, fredda: si tratta "d'un
polvere oppiata". Dagli incanti persiani a un banco di farmacia
lucchese. D'altronde bisogna ricordare che il Sercambi soccomberA,
anche lui!, al fascino del Veglio, e lo presenterA come protagonista
di un'altra novella (vedi sotto). La nov. CLI (II, pp. 723-728) in-
comoda nientemeno che un medico, laureato a Bologna per incantare i
vermi, terapia magico-popolare per la quale in Decameron, VII, 3, s'era
giudicato bastante un frate. In cambio perA il nostro speziale non
ama le parole che sanno di magico, ed elimina il boccacciano "io gli
incanterA (i vermi)" sostituendolo con un "io li ociderA". Da queste
brevi considerazioni si puA veder bene che il tipo di magia
boccacciana accolta dal Sercambi A quella piA semplice e volgare: si
tratta di due casi da retrobottega di speziale - un sonnifero e un
esperimento "vermifugo" - d'un sogno inquietante che peraltro la
protagonista non ha in realtA fatto, d'un storiella basata su una
devozione diffusa nel medioevo italiano. Nessuna eco hanno suscitato
nel Sercambi le grandi novelle di magia cerimoniale contenute nella
raccolta del Boccaccio; quella per esempio di madonna (continued on
next page)
105
i <j 4 <
un'altra riprende la figura del Veglio della Montagna, che tanto ha affa-
^ E ' la nov. XLIV (I, pp. 206-207), che ripete la narrazione del
Devotio di Marco Curzio, per la quale cfr. Titi Livii, Historiae, L,
VII, 6, senonchA il protagonista, per errore o per concessione al gusto
del pubblico che preferisce sempre gli eroi piA famosi, diviene uno
Scipione. Bisogna dire comunque che le cognizioni di storia romana
del nostro bravo farmacista erano quanto mai sommarie e confuse, come
A dimostrato dalla disinvoltura con cui egli faceva di Pompeo il marito
di Tullia confondendolo con Lucio Tarquinio, prendeva Porsenna per
Annibale e Muzio Scevola per un certo Formione, riusciva a rendere
contemporanei il poeta Virgilio e l'imperatore Adriano.
presente nel poemetto tedesco Per Pfaffe Amis, della prima metA del
I TEMI
108
Parte III
magica della classe di cui A portavoce la quale non manca mai di at-
massima parte dalla Teoria generale della magia, del Mauss e, poichA
1) Agenti
2) Atti
a) Strumenti e circostanze delllatto magico.
b) Discipline magico scientifiche.
3) Rappresentazioni
a) Le proprietA magiche della natura.
b) I personaggi soprannaturali della magia.
A) La superstizione:
a) Tra "magia mera" e superstizione: la stregoneria.
b) Le superstizioni collegate al culto cristiano.
109
CAPIT0L0 IX
1. II mago: un "protagonista"
a. Nel Boccaccio
inserire in modo concreto il mago nella societA del suo tempo e vederlo
problemi della magia, sanno che essa tende a presentarsi come una forma
era spesso un mercenario: di piA, era un uomo che vendeva merce mera-
zionale potere e il suo vivere da pitocco a dar esca alle piA convincen-
quella vedova cosi credula nella cultura magica dello scolare riflette
che si trattava d'una donna "poco savia", se si fidava del suo spasi-
XB .D ., VIII, 7, p. 940.
2
G. Boccaccio, Elegia di Madonna Fiammetta, ed. V. Pernicone
(Bari: La Terza, 1939), p. 138, cit. in M. Adrian!, Italia magica,
cit., p. 262. L'Adriani fa il punto sull'atteggiamento del Boccaccio
riguardo alia magia in modo che ci pare equilibrato e persuasivo e
dal quale ci sentiremmo di personalmente discostarei un pA solo per
quanto attiene l’adesione personale alle credenze magiche, secondo
l'Adriani assai limitata nel grande certaldese.
Ill
degli emarginati, dei raminghi, come tali guardati con sospetto in una
suoi prodigi mezzano d'amore, e di far tutto ciA per denaro, anche se
che possiede una propria autonomia rispetto alle altre scienze, anche
tato come tale solo per antica tradizione e i moderni perdigiorno del
mato — quasi per una sorta di velata omertA — senzAltro meno famosi
ma non per questo meno abili.^ Di pid: persino nei riguardi di coloro
non i rituali magici come tali ne' coloro che fanno finta dipraticarli.
7
Purgatorio a scontare il suo peccato di gelosia; un frate di "orrevole
g
famiglia" che s'improwisa "incantatore di vermi": frate Rlnaldo, che,
da Siena (cfr. D., p. 791). Altri "presunti" maghi sono: un altro prete,
ai loro giorni di una certa fama (in special modo Buffalmacco che fu un
anche iscritti all’arte dei medici e degli speziali nel 1320; non a
salace parla anche il Sacchetti (S.T., CXXXVI, p. 353; CLXI, pp. 461-
466; CLXIX, pp. 489-491; CLXX, p. 492; CXCI, pp. 562-567; CXCII, pp.
mente studiato a Parigi, non per vender poi la sua scienza al minuto
come molti fanno, ma per sapere la ragion delle cose e la cagion d'esse
delle Puglie vicino a Barletta, nel quale del resto si svolge l'azione
12
magica piA triviale di tutto il Decameron, 1 'ambientazione magica
12
Ibidem, IX, 10, p. 1089. Il Boccaccio mostra di conoscere abba-
stanza bene la vita pugliese (cfr. le Epistole, cit., p. 118 sgg. e
l'Ameto, cit., pp. 75— 76( forse perchA la compagnia dei Bardi aveva a
Barletta una delle sue succursali (cfr. D., p. 1089).
sul far dell'alba nel bel mezzo della "chiesa di San Piero in Ciel
18
d'oro di Pavia". In questa novella l'azione si svolge "in una gran
17Ibidem, X, 5, p. 1135.
18
Ibidem, X, 9, pp. 1202-1211.
quelle nelle quali la magia & usata per rendere una burla ancora pill
un uomo di Dio degno del massimo rispetto, salvo che per una certa sua
pena avrA sofferta che egli di questa sua gelosia sarA guarito, noi
tizzato con una "polvere di meravigliosa virti" che non A peri ne' la
pill o men dormire colui che la prendeva, che, mentre la sua virti
durava, non avrebbe mai detto colui in sA aver vita". A questo punto
usato ad esempio dal noto chirurgo Mazzeo della Montagna con il quale
rio (B.D., IV, 10, p. 556), da questa polvere- che l'abate sommistra
tutti gli abitanti della pieve non solo stupefatti, ma anche un po'
quale aveva tante volte diviso oltre che il tetto anche la strada, fa
2ft
Ibidem, IX, 10, pp. 1089-1093.
120
ficativi della vita umana dalla nascita fino alia morte, 4 11 pid
proprio alia religione e quello proprio alia magia non era awertito.
particolare (egli infatti toccando via via ogni singola parte anatomica
della donna ripete ogni volta: "Questa sia bella testa di cavalla...
Questi sien belli crini di cavalla...") perch4 nel silenzio che deve
regnare perfetto fino al termine del rito, davanti agli occhi esterre-
sospirato equino.
mostrata con le pratiche religiose era loro attribuita anche quella con
della donna ("che loica non sapea" ma che era molto abile nel trarsi
d'impaccio) la quale non trova per niente inverosimile far credere alia
sua metA che la stanza chiusa — per quanto si trattasse proprio della
altro che lo scenario piA idoneo alia perfetta guarigione del loro
Sacchetti, che oltre alia cura delle anime prowedevano anche a quella
del corpo dei loro fedeli, usando dei procedimenti che con estrema
che il frate.
Anche se Bruno non A un prete ne* intende fingersi tale per pren-
"una buona brigata tra di giovani fiorentini che per la villa erano",
avuto avrA il porco, non potrA mandar giA la galla, anzi gli parrA piA
ministrate delle galle" di quelle del cane" ricoperte con "uno aloA
pud notare come dalle capacitd imitative di Bruno e del suo fido
quella di Calandrino.
Gli stessi due amici non paghi di aver deformato a loro vantaggio
una cosi nota ordalia, riescono ad imitare anche una malia amorosa
tivo, tutto pelato e tutto graffiato" e per di pid "afflitto dai rim-
30
brotti della moglie". Sia l'esorcismo che la malia abbiamo gid
detto che sono delle truffe, ma ripetiamo che entrambe dovevano avere
more nato in Calandrino per la bella Niccolosa per fargli credere che
cazione. A tale scopo Bruno si fard portare "un poco di carta non nata
e dopo aver scritto "in su quella carta certe sue frasche con alquante
irraggiungibile amore.
31
Cfr. Statuto Arte della Lana di Siena: "per cagione de' brevi e
di scritture che si fanno ne' carte non nate'.
32
Dell'uso di pipistrelli in fatture magiche parla anche J. Passa-
vanti, Lo specchio della vera penitenza, cit., p. 372 sgg.
incorrere nelle ire della "bestia nera e cornuta" che fungerd da mezzo
diverse ed anche i due maghi sembra non aver molto in comune: colui che
viduo ramingo che se entra in contatto con dei veri signori 4 per un
cisa che potrebbe farlo incorrere nelle ire delle autoritd costituite.
Pavia giusto in tempo per evitare le nuove nozze della moglie, ha pre-r
stato pid volte la sua opera alia massima autoritd di quel paese ("II
O il
Ibidem, X, 9, pp. 1207-1211.
126
confrontare punto per punto temi boccacciani con temi desunti da altri
37
Al primo gruppo appartengono la maga Medea; naturalmente Virgilio,
abitudine di propinar dei filtri ai suoi seguaci come abbiamo giA visto
/o
dalla novella del Decameron.
complesso della "purezza del mago" che, quando cede ai sensi, perde le
38Ibidem, XLIC (I, pp. 217-219); LV (I, p. 243) e M.D., 3, pp. 238-
239. Anche se in quest'ultima novella non si cita direttamente Virgilio,
la caratteristiche di questo "grande maestro di anomangranzia" somigliano
molto a quelle attribuite alio scrittore romano. (Cfr. D. Comparetti,
Virgilio nel Medio Evo, cit., II, pp. 258-259.)
sue prerogative.
43 Uomini di posizione sociale notevole ma, evidente-
tale - che egli sia anche teologo, filosofo e, in quanto filosofo, indo-
ben poca considerazione e ben poca simpatia dimostrano poi per i bran-
/ *3
Ibidem, LI (I, p. 226.) L'idea che il mago non potesse essere
sposato ne' avere rapporti con donne era diffusa nella Lucchesia cin-
quecentesca (cfr. L. Fumi, Usi e costumi lucchesi, cit., p. 70), e,
dato il carattere conservative delle credenze inerenti alia magia, non
si rischia molto ipotizzando che lo fosse giA ai tempi del Sercambi;
del resto essa ricalca un tema comune a parecchie tradizioni magiche.
italico come si vede negli usi funebri: la novella III (I, p. 23) sem
secolo XVI in poi, il che fa pensare che a maggior ragione esse doves-
sero essere forti due secoli prima.47 Ma il Sercambi non era certo
sarcasmo per la stoliditA dei rustici non A minore della sua riprova-
di fra' Cipolla, dove si ride dei frati e dei contadini, di san Lorenzo
e dell'arcangelo Gabriele.
gabellarsi per preti imparentandosi in tal modo con quei frati che
48S.T., LIII, pp. 142-147; S.N., XXXVI (I, pp. 169-172); XXXVIII
(I, pp. 173-175); CXXVI (II, pp. 559-564); P., VIII, (I, pp. 154-157).
52
predicare, delle loro nozioni di medicine empirica e stregonesca.
atto a far concepire due sorelle sterili;8® due viaggi magici;8"*" un caso
52S.N., XXII (I, pp. 109-115); CXIV (I, pp. 408-412); S.T., CCXVII,
pp. 665-667.
tavia con ogni probability l'uomo piA colto della villa di Gello nel
ma gli approcci vanno male, chA si tratta d'una donna onesta. Allora
vanno lisce.
isuoi intenti. Quelli gli forniscono, che 'li porti al prete, dei peli
della loro scrofa. E qui l'effetto comico deve per forza passare attra-
fa scacciare dal paese. "E per questo modo prete Pasquino fu pagato".
si snoda come se la malia erotica fosse cosa comune nel Lucchese, ne'
certo soltanto li, come si pud vedere anche dalla simile novella
dimostrano paura ("Certo questo prete vorri fare qualche malia"; "Or 4
pi& colta della "villa", e attorno a cui aleggia un'aura pii arcana:
il prete.^
tore di poca fantasia che giuoca sulla superstizione puerile della con-
della ragazza d'esser mangiata sul serio, di luogo a una cerimonia che
66
S.N., XXXVII (I, pp. 137-175).
135
67
del rito battesimale, e che si tlene in chlesa.
tore, "per una piccola cosa" prende in affitto una vigna ubertosa dalla
paese sottosopra a causa di una "botta" dalle dimensioni fuori del nor
tratta invece delle natiche di certo Berto Folchi che stava amoreggiando
Vera o falsa che sia, questa botta terrorizza a tal punto gli animi di
Alio stesso modo 4 sentito come depositario dei poteri piA arcani
Marsilio che, nel contado Veronese, persuade una penitente d'esser ca
vita, e in certo senso riesce dawero a far cose del genere perchA, se
non proprio mago, quanto meno 4 pratico di filtri che danno un pro-
fondissimo sonno.^9
^Ibidem, XXI (I, pp. 109-125). Per scoprire chi sia il piA ricco
d'una "villa" del contado e per meglio raggirarlo, Giuda d'Ascoli si
traveste viceversa da accattone.
137
Questi versi erano ben noti al Sercambi, che li aveva riportati per
intero nelle sue Croniche. Pure, in lui - ed A un'altra prova della sua
egli si A ben ricordato poi della leggenda che Fazio riferisce immediata-
mente prima di questa, cioA quella che voleva situare nelle Marche il
giano, il piA noto forse e mago. Una tessera in piA a comporre l'imma-
Giuda "in modo di uno prelato con una gonnella lunga e con uno libretto
in mano" e Chello e Giano "vestiti con nuovi abiti e con barbe". Tutti
dallo splendore di una Stella e scavano finchA trovano quel tesoro che
Giuda giunto nel contado di Siena cambia nome (facendosi chiamare Zac-
pietra dorata" lo aiuterA, ma "una terra nomata ocria con alcune vene
cambi) per una "vena d'oro". E via a Siena a comprare dei crogioli; e
poi di nuovo nel recesso del contado e 1k Giuda "... edificA uno
bocca granella d'oro piA di oncia una, soffiando con un uno cannone innel
persuaso della bontA dell'affare; tanto che alia fine questo, piena-
sempre a Siena nel 1293; maestro Adamo, falsario di fiducia dei signori
di Romena.74
scialacquatori.
suoi, awertiva: "Mai non credere a niuno che 'ndovini, ne' a niuno che
t'insegni malie, ne' a niuno che ti consigli fare archimia, perd che
per trarti denari di borsa: e perd in cid sia tu molto serio e avisato
puoi il pid, sopra tutte l'altre cose, se niuna ria o malvagia persona
di farne nuova, che com'di cara la vita e la anima e'l corpo tu non vi
'ngegnoso quanto vuole, che'n cortissimo tempo e' non sia scoperto e
perversa a Cuosa (teatro gii delle sconce gesta di prete Ruffaldo) dove
per trovarsi "uomini e donne non meno matte", si di a fare dei "brievi"
parole senza senso ed k una palese irrisione per chi, senza "pensare
chi k colul che ti dice o che ti di la cosa", si affida alle cure del
simili agli accattoni o alia gente del contado che cerca fortuna in
con la pratica di vita del bravo "bottegaio" sia con quella del solerte
passo k breve.
dalla mancata crescita del suo unico figlio, confezionanadole per "otto
piedi), vengono pagati da due sorelle che non riuscivano ad aver figli
80
quattro fiorini in cambio di un "beverone" capaci di renderle madri.
serve di "due bocciuoli di canna" dentro alia quale mette delle "uova
Del resto anche la figura del buffone Gonnella aldilA della sim-
fin
Ibidem, CCXIX, pp. 671-675.
81
Cfr. K.W. Deutsch, "Anti-Semitic Ideas in the Middle Ages," Journal
of the History of Ideas, VI, 1945, pp. 239-251.
durante 1 suoi spostamenti per 1 ’Italia alia perenne ricerca "di fare
cose nuove". Ecco che giunto in "Puglia" alia fiera di Salerno, resosl
"s'addobbA d ’una veste in forma che parea uno medico venuto d'oltremare;
come venisse dal Torissi, fece trarre a sA diversa gente". Cosi con
al suo pubblico che quella rarissima mercanzia avesse "tanta virtA che
chi ne mangiava pur una, subito sapea indovinare". Solo dopo averle
00
S.N., CLI (II, pp. 723-728).
per un povero oste delle valli di Comacchio, affinchi, con una pesca
Egli infatti appartiene alia schiera dei "maghi buoni", alia schiera
fatti dal dotto sulle meravigliose virtih delle erbe e soprattutto dei
OC
Ibidem, CCXVI, pp. 661-664.
86
Basti ricordare che se Alberto Magno fu vescovo di Ratisbona,
Raimondo Lullo - anch'egli accusato dai posteri di pratiche magiche -
mori martire della fede.
87
Alberto fu anche ermetista e credeva, come del resto il suo dis-
cepolo Tommaso d ’Aquino, che l'alchimia fosse un’arte difficile ma veri-
tiera e nel suo trattato Sull*alchimia, sostiene che si possa fabbri-
care l'oro artificialmente. Autori contemporanei d'Alberto gli attri-
buirono anche la fabbricazione di un automa: l'androide, conformato
come un uomo, con ogni parte del corpo congiunta alle altre sotto 1 'in
fluenza di una determinata Stella (K. Seligmann, Lo specchio della magia,
cit., pp. 200-204).
1.47
medesimo.
a quello, ed entravano nelle reti, che appena gli potea trarre dell'ac-
che legava il pesce alia rete si ruppe ed esso se n'andA "git per lo
Po, in forma che mai non lo poteo ritrovare". Addolorato per l'acca-
pesce, "icciA che ritornasse in quella grazia che gli avea donato di
non posso; perA che io ti fo assapere che quando io ti feci quello pesce
che questo non puA awenire di qui a trentasei migliaia d'anni: si che
or pensa, come si puA rifare quello che io feci". Esempio chiaro questo
medievali.
148
di Malagigi sard destinato a una bella carriera magica nel poema caval-
QO
S.N., CXLII (II, pp. 662-673).
149
con tuoi incanti...ti dico che dignamente meriti esser arso per le tue
male opere..
mettere che Malgigi "...con suoi incanti" si dette "un bel piacere
far picchiare sodo dei frati ghiottoni, 4 per il resto di manica piut-
tosto larga: e nutre simpatia per questo suo incantatore gaudente, che
2. II cliente.
stante il cliente spesso abbia una parte attiva nel rito magico-si
d un agente della magia, per cui gli abbiamo dedicato poco spazio, nd
cid che abbiamo precedentemente detto ciod che la magia nel '300 fu
la tradizione cristiana.
quella che k una legge fissa del commercio, domanda e offerta tendono
ad equilibrarsi per cui ogni mago k quasi sempre degno del suo cliente
e alia sua altezza. Sarebbe inoltre norma che, almeno in un certo tipo
solo ai clienti, ma anche alle vittime; ma. dove perd l'atto magico d
che l'annata non sia stata cattiva - e sogna dei bei mucchi di fiorini
92
d'oro; il giovane mercante che ha gii un bel gruzzolo in tasca ma che
50
*B.D., IX, 5 VIII, 9, pp. 97-974; VIII, 7, pp. 930-962,
90
S.T., CCXVI, pp. 661-664.
parenti di quei due sposi che "vedendo che costoro non parlavano, pensa-
96 97
vano qualche malia fosse loro stata fatta’; la donna sterile; la
le vittime del truffatore che si spaccia per tale. Qui per la veritd
96
S.N. , LXXVIII (I, p. 343). In questo caso la faccenda finisce
li perchd si tratta di uno scherzo: la novella serve in realti solo a
documentare la credenza che con una malia si potesse togliere la
parola. A livello etnografico d comune che i colpiti da malie cerchino
l'aiuto del fattucchiere, e possibilmente di quel medesimo che l'ha
lanciata loro, persuasi che chi ha fatto il male possa anche richiamarlo.
da dire.
Vi sono due soli tipi di magia che possano realmente fare delle
pochissimi esempi.
lascia indurre a tentare la carta della magia, non lo fa per sua inizia-
101
S.N., XXXVI Cl, pp. 169-172).
154
CAPITOLO X
Passiamo ad esaminare gli atti del mago. Essi sono dei riti che
nelle nostre novelle ci accorgiamo che l ’uso che di essi vien fatto da
parte dei nostri novellieri, anche quando la magia ha per fine una beffa
-lficarsi fino al piti alto grado con certe tendenze fondamentali della
vita sociale dei suoi tempi, raggiunge la piA completa e coerente con-
a. Le Formule e i gesti
magia della parola e di magia del gesto presenti nelle nostre novelle.
1 nomi propri. Questa credenza nel potere magico del nome ha antece
egiziana del dio solare Ra, che rivolgendosi agli altri dei esclama:
"Io sono colui che ha molti nomi e molte forme.... Mio padre e mia
madre mi hanno dato il loro nome; 4 nascosto nel mio corpo dalla mia
nascita, perch4 nessun potere magico possa esser dato a chi voglia get-
farla apparire.
2
La voce 4 dunque potenzialmente il primo strumento di magia, in
suono.
linguaggio.3
fici effetti di una "botta" smisurata piA temibile del diavolo stesso,^
4S . N . , CXLII ( I I , p. 6 6 5 ) .
anche una semplice frase, pronunziata in non importa che modo, pu6
d'amore pu6 fare innamorare una giovane, quando sia formulata in un prato
E' vero che per mezzo di alcune preghiere 4 possibile sia evocare
«. • 1 1
nuta invasa.
che alcuni portavano addosso, nei quali erano scritte speciali preghiere
o parole magiche.
Barberino molto "efficace" per scacciare gli "spiriti rei" che eventual-
13
mente avessero invaso una casa su istigazione di certa "ria gente".
dei nostri novellieri, per quanto quasi ognuno di loro ne faccia piA o
taumaturghi. II primo della nov. CCXVII (p. 667), che doveva servire
12
A proposito dell'interpretazione cabalistica che venne attribuita
a particolari raffigurazioni geometriche tra le quali gli antichissimi
quadrati magici, cfr. M. Bouisson, I riti della magia, cit., pp. 117-
157 e F. Albergamo, Mito e magia, cit., pp. 104-108.
13
F.B. XVI, pp. 224-225 (continued on next page)
159
"Galllna, gallinaccia
L'Altro, riportato nella nov. seguente CCXVIII, (p. 670), doveva pos-
"Sali su un toppo,
Se tu mi giugni,
II cui mi pugni".
Mentre gli unici due versi che, non facendo parte di una burla, manten-
gono se non altro una certa serietA di intenti, offerti sempre dal Ser
questo novelliere non fu uomo che prese mai la magia troppo sul serio.
13(continued)
il simbolo del tau cfr.
Alphandern, La ChrAtientA
1 'idAe de croisade, voll.
Paris, 1954-1959.
160
giano quelle real! solo nella loro tipica ritmicitA. Esse, facendo
non vols'io: ma altrui fu, che tristo faccia Iddio, ed io son qui con
Gianni mio."
di parlar troppo!
sario, oltre alia formula propriamente detta con cui si ordina all'es
sputi.
L'uso dello sputare per allontanare un male non 4 del resto scom-
si sputa dietro a una persona che si pensa ci auguri del male, si sputa
Alio sputo, come alia virtii della parola che 1'accompagna, si attribuisce
18
appunto il potere di "sfasciare gl'incantesimi e le malie" e di fermare
malefiche.
malocchio dal bambino sputano tre volte su una persona estranea che lo
19
guarda mentre dorme, mentre per Apuleio lo sputo A un ottimo antidoto
18
G. PitrA , "Lo sputo e la saliva nelle tradizioni popolari an-
tiche e moderne," cit., p. 355.
19
Cfr. G. Bonomo, Scongiuri del popolo siciliano, cit., p. 81.
20
"Neque enim gravius est corpore quam corde collabi, pede potius
quam mente corruere, in cubiculo despui quam in isto splendissimo coetu
detestari". Apuleio, Della Magia. trad. C. Marchesi (Bologna: Romagnoli,
1969), cap. LIT, pp. 96-98.
163
abili mani - o non solo quelle! - dei presunti officianti possono aver
rappresentato per i novellieri il mezzo pid semplice per dar modo ai due
21
La mano d considerata una potente difesa magica. Nel mondo arabo
d molto diffuso un talismano a forma di mano detto "mano di Fatma" che
viene appeso al collo dei neonati e che le donne portano come gioiello.
Nella Cabala ebraica di Vulliaud si trovano riprodotte due "mani bene-
dicenti" che sono considerate simbolo del tetragramma ciod di Yahvd
(cfr. M. Bouisson, I.riti della magia, cit., p. 180).
^S.N., XXXVII (I, pp. 173-175). Che il lupo, o lupo mannaro, sia
stato pid volte identificato con il diavolo stesso d cosa nota. A questo
proposito cfr. M. Bouisson, Storia della magia (Milano: Sugar, 1972),
pp. 24-27 e F. Albergamo, Mito e magia, cit., 9,4;1;9,4,2, p. 200.
b. Le circostanze di tempo
della parola) piA adatti al rito magico, nel quale A importante l ’accordo
col cosmo, col volger dei corpi celesti, con gli elementi, con le forze
della natura?
momento piA adatto per esercitare le arti del mistero o per entrare in
ctoni (cui erano sacre le ore della notte) prodottosi col cristianesimo.
2^Per il ruolo che la notte ha avuto fino dai tempi pit anticbi e
nella mentalitd popolare cfr. F. Albergamo, Mito e magia, cit., 11,
4,10, p. 230 e 15,4,5, p. 304; a proposito della notte come scenario
magico cfr. M. Bouisson, Iriti della magia, cit., pp. 56-58.
amorosi:
29
Per i "motivi lunari" cfr. A. Seppilli, Poesia e magia, cit.,
pp. 280-290. Anche oggi infatti si ritiene comunemente che capelli e
unghie tagliati a luna crescente rinascano piA presto.
32
Cfr. F. Albergamo, Mito e magia, cit., 5, 6, 2, p. 162, e M. P.
Giardini, op. cit.
33
Apuleio, Della magia, cit., XXX, p. 59.
166
raccolto nella Lucchesia sempre nel XIV secolo con il quale si voleva
A I
in genere non sono tempo utilizzato per veri atti magici. Poca impor-
la mattina nel corso della quale Donno Gianni cerca di compiere una
39Ibidem, V, 8, p. 661.
167
minare quail slano fra 1 glornl della settimana quelli pifi rlcordatl e
per quail motivi, vediamo che il venerdl - giorno della morte di Cristo
stica*^ - puntualizza che fino dai suoi tempi il venerdi era comunemente
nei quali erano segnati due giorni per ogni mese che, secondo una con-
fra i due giorni cio& signoreggiati dai due astri "piloti" degli astro-
4®Ibidem, V, 8 , p. 660.
natura, tipico dei riti e dei culti delle societA agrarie ma nell'Europa
la dell'ottava giornata.47
zuti albori".49
45
S.N., XXIII (I, p. 131). Teatro dell'operazione magica A un campo
fiorito, si deduce quindi che siamo in primavera.
46
B.D., V;8 , p. 660. "Maggio e in generale la primavera erano le
stagioni classiche per la visioni, specie d'amore, secondo una ricca
tradizione accettata anche dal Boccaccio" (D. p. 660).
4®Un prodigio simile venne attribuito a Michele Scoto che fece com-
parire "essendo gennaio, viti piene di pampani et con molte uve mature"
[Anohimo Fiorentino, Commento alia Divina Commedia, ed. P. Fanfani
(Bologna, 1866-1874), I, pp. 452-453]; all'Ebreo di Sedacia il quale pare
facesse sorgere in presenza dell'imperatore Ludovico II uno stupendo
giardino tutto odoroso di fiori e risonante del canto di migliaia di
uccelli. II paradiso degli Albert', cit., II, pp. 180-217.
49B.D., X, 5, p. 1136.
169
di loro, in cii simile alia potenza divina che sola - in quanto padrona
di essa. Amore pui dar caldo in gennaio e freddo in piena estate: esso
produce effetti nei quali taluni studiosi moderni hanno visto un rifles-
Mi sembra la gelata,
~^Fioretti, 24.
170
e verzura la neve
E ancora:
biologico non giA alia temperatura esterna, ma alia interna forza del
zione ad Amore soffrendo per esso. Siamo appunto nel campo d'una tec-
godimento, per cui i Galois ricordano nel nome stesso l'ordine caval-
52
Raimbaut d'Aurenga, Ar resplan la flors enversa ibidem, pp. 332-
333.
53
Cfr. J. Huizinga, L'autunno del medioevo (Firenze, 1966), p. 119.
172
nei nostri novellieri quasi non v ’fe traccia.^ Altri oggetti che com-
57B.D., IX, 5, p. 1056; S.T., CC, p. 606; S.N., XXXVII (I, pp. 173-
175).
sizione della bevanda ed il fine truffaldino per cui era stata preparata,
preparano alcune con aloe e stereo di cane che dannp a mangiare proprio
Calandrino non solo rimane vittima della truffa, ma anche del dis-
prezzo degli astanti ai quali quella era apparsa una prova inconfuta-
accompagni lo svolgersi del rlto magico nel quale l'acqua della benedi-
d. Preocedure rituali
assoluto che essa deve avere nei confronti di determinati atti magici
speciale.
fatti di tradizione: atti che non si ripetono non sono magici; tras-
il suo effetto.
ficato in ogni sua parte come nel sec. XIV si eseguisse ed in cosa con-
sonno e tutta sola, sette volte con lei vi bagnate; e appresso, cosi
della luna ("essendo la luna molto scema"). 11 Mauss dice: "In genere
la strega Panfila prima di trasfomarsi in gufo sale sul tetto della sua
73
M. Mauss, Teoria generale della magia, op. cit., p. 43.
74
Nella cosi detta "ascenzione sciamanica" d'un albero che rappre-
senta l'asse cosmico, collegante le tre regioni del cielo, della terra
e del sottoterra, parla a lungo M. Eliade, Lo sciamanismo e le tecniche
dell'estasi, tr. it., Roma-Milano 1953, p. 110 sgg., e passim. Per la
analogia simbologica tra la corce e 1 'albero del mondo, ripresa nelle
simbologia agiografica medievale, cfr. R. Guenon, II simbolismo della
croce, tr. it., Torino 19.64.
alessandrina.^
Anche la raccomandazione che l'acqua in cui si bagna sia "viva",
"sette", a cui si accenna per ben due volte, ha non solo una lunghis-
sul pavimento e nuda deve essere anche la strega Gabrina mentro evoca
i diavoli.®^
Gli esempi di nuditA parziale o completa sono noti fin dai tempi
parole devono essere ripetuti una certa quantitd di volte secondo l'at-
viso rivolto verso uno dei punti cardinali, "essendo la luna molto
84(continued)
del mio amore tu sia stretto e ligato,
come fu noster JesA Cristo ch'el fu inchiodat,
ch'el non possi ne' andi, ne' std,
ne' foter, ne' bolgird,
finchd non sia compida la mia volontd,
in nome del gran diavol"
Qui la recitazione dello scongiuro d seguita dalla celebrazione del
rito: dopo averlo recitato occorreva che la donna entrasse nuda in un
cerchio tracciato con la punta di una lama e in ginocchio con le mani
appoggiate in terra invocasse il diavolo. Anche Gabrina Degli Albetti
di Reggio Emilia e li processata come strega nel 1375, aveva consigliato
una donna abbandonata dal marito di recarsi in un luogo solitario "et
nuda dicendo: Ego adoro te, magne diabole", G. Bonomo, Caccia alle
streghe, cit., p. 136.
182
denza l'influsso degli astri, e scrive: "Dico dunque che gi& erano gli
86
unendo la sua alia voce di alcuni cronisti del tempo. Un Sercambi per
tiliti nelle questioni teoriche, tende invece a non curarsi troppo delle
forze che non cadano sotto 1 'immediato controllo della fede ortodossa e
a lui di scrivere attorno alle vicende del genere umano in quello scorcio
alcuni peccati commessi, venuto fuoco e acque e sangue dal cielo per
®^S.T., Proeroio, p. 4.
184
protestare a modo loro contro la moda che faceva fiorire dovunque degli
noma, anche perch! bisogna tener presente che essa fiori assai pi! dopo
legata con l'Umanesimo come non poche altre rinnovellate allora dall'an-
tato da Roma e dalla sua storia fino dalla fine del Duecento, pud
canza dei suddetti nelle pagine del Decameron dal momento che delle
9 0
* S.T., CLI, p. 409; CCXI, p. 645; CCXIX, p. 671; X.N., V (I, p. 27);
XXII (I, pp. 110-11); XLIV (I, p. 207).
91
F. Gabotto, "L'astrologia nel Quattrocento," Rivista di filosofia
scientifica, VIII, 1889, p. 47.
nel 1327.
il suo capolavoro.
giudica le cose che debbono venire per rispetto delle passate, cii> &
umano, o per virtA delle stelle o de' pianeti, et del cielo, questo
97
cotal modo d ’antivedere A condannato per la fede cattolica". Pure il
rienze scientifiche."*"^
Dino del Garbo in virtfi dei suoi paludamenti farseschi e non del suo
sapere?^
di persone di ogni ceto e condizione che dopo aver sorbito tali bevande
cadono, non solo per ore ma anche per giorni, in questo stato quasi
%
10 .T., CLV, pp. 428-433.
precise sui vari "beveroni" che danno l'apparenza della morte, non li fa
dormire non solo durante il suo lungo viaggio, ma che abbia un effetto
vien sottoposto.^10
sostanza stupefacente.
112
B.D., IV, 10.
191
CAPITOLO XI
qui l'attenzione d'ogni cultura magica per i cieli e gli spiriti che li
abitano, per gli elementi, per gli esseri dotati d'un qualche tipo di
attribuite a
^Ibidem, X, 5.
4B.D., VIII, 7.
6S.T., CCXVI.
^S.N., Introduzione, I.
193
cio4 uno fuoco il quale andava ardendo a poco a poco la piazza. Era
questo fuoco in forma di una tana molto profonda et era tonda come un
g
pozzo al pari della terra, e la fiamma andava molto alta"; in ancor
elemento che non, si mostra mai nei riti magici descritti, se si esclude
accesa. ^
Nella novella XLIX del S.N., il bacino pieno d'acqua k uno strumento
10F.B., II.
esula in gran parte dal nostro,ne abbiamo comunque fatto qua e 14 cenno.
2. Gli animali
12S.T., CC.
a sua volta salvato la vita (stabilisce cosi tra di loro un legame, una
di tutti gli animali. Infatti nella novella CXXI1 (II), si noterA che,
di bronzo" dell’Esodo).
anche dalla Simona, in pochi minuti anch'essa cadde a terra morta "non
cesto di salvia appare tra le sue radici la cagione della morte dei due
miseri amanti: "era sotto il cesto di quella salvia una botta di mera-
Felice a Ema" prova nel credere di aver pestato "la maggior botta che
15B.D., IV, 7.
197
M. Francesco Dionigi da Fano che nella sua opera della fine del Cinque-
questo animale ha gli occhi accesi come di fuoco, e tanto pid pericoloso
quant'e pid ardente il suo aspetto e la sua vista. Odia la luce del sole
^ 1 1 rospo viene usato vivo dalla medicina popolare nella cura delle
febbri maligne applicandolo sulla pianta del piede perchd si dice che
attragga fuori "il principio cattivo gonfiandosi. L'anfibio per lo pid
muore e cid d segnale di buon effetto essendo la prova che la febbre del
malato k passata in esso. Peri bisogna guardarsi lo stesso dal rospo
che, anche se non aggredisce l’uomo sveglio, d molto dannoso per l'uomo
che dorme; se urina sugli occhi acceca, se passa sulla testa si diventa
calvi (cfr. Z. Zenatti, La medicina ecc., cit., p. 219).
18S.N., XV (I).
19
R.M.F. Dionigi da Fano, II Decamerone spirituale (Venezia 1594),
p . 62.
198
dole l'awelena; e peri negli ortl gli & nemica la ruta e amando i
luoghi puzzolenti e fangosi, odia dove sono gli odori e percid fugge
tici.
che nella testa del rospo vi era una pietra ricercatissima dalla streghe
per i loro malefici e che il corpo del rospo seccato e ridotto in pol-
Abbandonando gli anfibi per passare agli uccelli vediamo che questi
19S.N., XV (I).
20
Leggenda di San Marziale. "II Propugnatore" III, p. 343.
21
S.T., CLX. poichi si riteneva comunemente che l'aspetto fisico
indicasse anche le qualiti dell'animo, il corvo essendo nero era simbolo
non solo del peccato ma del diavolo stesso. (Cfr. F. Stabili, L'Acerba,
op. cit., p. 280.) Per il diavolo sotto forma di corvo o comacchia cfr.
De S. Guilelmo magno eremita. AA.SS. Februarii, II, p. 470.
22Ibidem, XLVIII.
199
Nel caso specifico ,del Sercambi una minaccia simile incombe su chi non
medievale non si deve mai dimenticare che esso qualifica anche una dis-
cano insieme in un rito che salva la citt4 di Roma e del quale il novel-
liere pur non cogliendone la portata sul piano magico, afferra il senso
23
S.N., XIV (I). Per il gallo come presagio di sventura special-
mente in riferimento al suo canto cfr. F. Albergamo, Mito e Magia, cit.,
6, 3, 4, p. 169 e 6 , 4, 10 p. 175.
26
misterioso e sacrale. Invece i bei cavalli d'ogni colore che il povero
mitologia che gli sta dietro: valori che il Sercambi assume dalla fonte
elementi magici entrano semmai nella terapia relative. Basti per ora
26
S.N., XL1V (I). In una cronaca cortonese trecentesca il cavallo
appare protagnoista di due atti di giustizia: due persone coinvolte in
un assassinio muoiono: uno perchl cade da cavallo, un'altro ucciso da
un cavallo (Cronache cortonesi di Boncitolo e d ’altri cronisti, Cortona
1896, p. 29).
27
Cfr. D. II Boccaccio proprio in questa descrizione traduce quasi
alia lettera un passo di Vincenzo di Beauvais "et post earn eques quidam
equo nigro insidens evaginato gladio velociter equitans..."
28B.D., V; 8 .
29
Per il significato che il colore nero assume contrapposto al
bianco, cfr. G. Thomson,- Eschilo e Atene, tr. it., (Torino 1949), p. 164
sgg.; F. Albergamo, Mito e Magia, cit., 10, 1, 3, pp. 210-211.
30
B.D., VII, 3; S.N., CLI (II).
201
dire che nel caso dei vermi intestinal! siamo dinanzi ad animali
quali ci si libera, come abbiamo gid visto per i rospi, per via
,, . 31
d esorcismo.
bestie.
3. I vegetali
d) I minerali
35
B.D., VII, 9. Quale antecedente di questa novella A quasi senza
dubbio la Comoedia Lydiae di Matteo di Vendome, poemetto che il Boccaccio
descrisse di propria mano nel Codice Laruenziano XXXIII, 31, cap. 71 sgg.
II motivo del pero incantato che pud far veder vero quello che non A,
diventerA un motivo della fiabistica popolare a cominciare dal XV sec. in
Francia [E. Langlois, Nouvelles francaises inedites du quinzieme siecle,
(Paris:Champion, 1909}, p. 18].
36Ibidem, IV, 7.
37
Difatti la radice etimologica stessa di salvia, salus, dovrebbe
attribuirle ben altre particolarita.
38
G.M. Carusi, Hetnorie di G. Carusi (NA 1861).
203
Plinio sia alle origini, magari mediata dalla componente piA propria-
astrologica:
39
M. Penna. La parabola dei tre anelli e la tolleranza medievale
(Torino: Rosemberg & Sellier, 1952), pp. 46-47.
204
che k chiamato a partecipare alia storia, di quel Maso del Saggio "come
pietra nel piA ampio discorso, cosi caro alle credenze e alle supersti-
zioni correnti:
chi vuol esser furo" e un ignoto autore nel poemetto sopra "L'intelli-
sciocca credenza nella sua novella, noi non siamo in grado di affermare
40
A. Graf, "Fu superstizioso il Boccaccio" in Miti, Leggende e
Superstizioni del Medievo, op. cit.
205
dell*, elitropia cui mostrano di credere tanto Dante che Cecco d'Aseoli.
tali per volere divino, invece comunemente si riteneva che esse facessero
per virtA propria quello che le reliquie facevano per virtA divina.
del "topazio che molto aiuta portar lo caraale suo desiderio, e provato
A che vale".
cerimoniale che poi - con la "rinascita" del sec. XII e l'ingresso mas-
nostro Medioevo e oltre esse, a parte quel che gid v ’era quale latente
perare ai voleri del mago, ne' pud intendere la scienza della costri-
loro gli angeli reprobi possono assecondarne le voglie pid basse per
ingannarlo e perderlo. Ora, se d vero che i demoni cristiani sono in
gran parte eredi delle caratteristiche dei demoni inferiori ellenistici,
con le anime dei morti, rimane anche vero che la familiaritd con gli
spiriti ribelli all'unico Dio riveste per il cristiano una gravitd ben
207
piA profonda e una ben altra pericolositi, che non per il pagano il rap-
essa qualora non sia dannata e giovevole anche al vivo a patto che il
favore.
officianti che divengono loro preda. II mortale non puA comandare agli
spiriti con le sue sole forze; che lo faccia per conto e nel nome del
Ai
Non assumes nomen Domini Dei tui in vanum, nec enim habebit inson-
tem Dominus eum qui assumpserit nomen domini dei sui frustra," Exodus, 20.
208
vi era anche una categoria di presenze che erano strettamente legate alia
recitazione di una formula) piuttosto che non alia fede che vi A sot-
^Marcus, 3, 22-30.
209
47Ibidem, XL (I).
Pud servire come esempio di questo rapporto una novella del Sercambi
quale sta sempre attento a far la natura umana perire, avendo pid volte
potere del diavolo sugli uomini abbandonati da Dio anzichd in una qualche
venditore di se stesso - che col darsi preda alle potenze infere infrange
fallito, un uomo disperato che non comanda (come invece comanda il mago)
52
ma implora e offre tutto cii che ha, corpo ed anima, senza chiedere in
fatto costretto a farlo dalla perentoriet4 di; una formula magica: per
dottor Faust dalla forza del suo scongiuro, il diavolo sercambiano ap-
pare come e quando vuole lui, sazio delle lamentele del conte e ben
52
Che non solo l1anima bensi con essa anche il corpo sia portato via
dal demonio in caso di particolare protervia del peccatore o di dedi-
zioni esplicita di questi a lui (cfr. M.D., 3, pp. 236-237) e che quindi
certe particolari categorie di dannati abbiano il "privilegio" di tro-
varsi all'inferno col proprio corpo ancor prima del Giudizio Univer
sale, 4 credenza forse residua dell'orrore pagano per i cadaveri e che
si trova con una certa frequenza nelle tradizioni medieval!: cfr.
1 1exemplum passavantiano del conte di Matiscona.
53
In questa fase dell'impegno magico si ha agio di controllare un
altro aspetto della metnalitd dei popoli nei quali v'e un prevalente
analfabetismo e la scrittura e riservata principalmente a funzioni sacre
o comunque elevate quali la sacerdotale, la legislativa, la filosofica:
la parola scritta assume valore e potenza sacrale.
212
in quel caso non c'A nulla da fare. Insomnia, un diavolo che agisce
dello scibile che un giovane "di tanta scienza, che nullo era in tutto
5.4
La procedura inquisitoriale prevedeva, a proposito delle arti
occulte, che si invetigasse presso i sospetti per stabilire se avessero
acquistato onori e ricchezze in modo misterioso (cfr. R. Davidsohn,
Storia di Firenze, cit., VII, p. 162).
55
Meraviglie Diaboliche, 2.
213
perd nulla valsero le preghiere sue e quelle di alcuni frati dai quali
dimenticato e d'aver scontato il suo peccato con una vita altamente degna,
e nessuno seppe piA "che poi si fosse di lui, della anima e del corpo."
E' solo precisato che per attirare l'attenzione del Maligno A neces-
56
La novella e data come probabilmente opera di Francesco de Barber
ino nell'edizione critica di G.E. Sansone.
sario recarsl in una foresta, luogo che fin dalle piA antiche tradizioni
diavolo qui non A un gran diavolo perchA pur essendo al momento della
l'amore non aveva ottenebrato il cervello a tal punto da volersi per una
rivelano un prezzo anche troppo alto per questo diavolo al quale non
assorbito nei problemi economici ed anche politici del tempo suo, questo
paio di scarpe nuove che riceve come ricompensa dal suo interlocutore,
58
A proposito della considerazione nella quale 4 stato tenuto il
diavolo nella letteratura popolare di devozione scrive G. Cocchiara,
II diavolo ecc. mostrando i vari modi con cui il diavolo non solo ci
appare vinto, ma anche coperto di ridicolo ed indica nei contadini e
nelle donne i beffeggiatori pid abili del medesimo.
59
La vecchia tenendo fra le braccia una cagnolina racconta alia
ragazza che quella "cucciolina" altri non era che la sua sventurata e
bellissima figlia che un giovane con "i suoi incantamenti" aveva diven-
tar bestia," perche non aveva corrisposto al suo amore.
farsl servlre dagll spiriti malign! non vuol dire esser candidato a
una spia del suo atteggiamento profondo nei confronti della magia. Al
61M.D.,3.
63M.D., 5.
64F.B., IX, X.
65S.N., XL (I).
66B.D., VIII, 7.
217
arte diabolica.
/
b) Le soprawivenze del demonio pagano
loro insieme - come abbiamo piA volte ripetuto — ad aprire le porte del
67B.D., VIII, 7.
218
primo incontro con quella creatura che gli pare addirittura "piA bella
stesso genere: "Lamiae dicuntur esse mulieres, quae noctu domos momen-
68Ibidem, IX, 5.
morto nel 1249, conferma che le lamie sono spiriti maligni che vanno in
pii congeniali nella credenza della "societA di Diana e pill ancora nella
74
trasformazione leggendaria della stessa Diana in Meridiana o Marianna.
Che il Boccaccio fosse ben informato sulla "societa di Diana" abbiamo gia
a una lamia, anzi sembra quasi un segno premonitore degli eventi che
stesse armi.
del XIV secolo si manifests nel mondo immaginario della novella I della
VII giornata. In essa una moglie infedele si serve della credenza nella
fa credere al proprio marito che quei tocchi siano dovuti ad una "fan-
tasima" che gii altre volte, quando era sola, le aveva fatto una gran
paura. Ma questa volta, forte della presenza del suo Gianni, awicinan-
quindi inoffensiva.
che cosa essa sia perchi questo vocabolo serve ancora oggi in varie
in comune solo l'idea del mostruoso e del pauroso. Nelle campagne to—
scane, anzi, l'idea della "fantasima" non si precisa neppure in una forma
forme e nomi diversi. Nel Sacchetti^ & una povera orsa*^ che legata
bizioni musicali, mentre nel Sercambi (111,1) compare come uno "spirito
fuggi generale.
loro novelle quella cultura magica diffusa dai bestiari, erbari e lapi-
78
M. P. Giardini, Tradizioni nel Decameron, cit., p. 22.
79
S.T., CC.
80
Che la fantasima potesse presentarsi sotto l'aspetto di un ani-
male, lo troviamo attestato anche nel Passavanti il quale precisa che
essa sembra "un animale a modo d'un satiro, o come un gatto mammone" che
va di notte e che da "molestia alle genti" (J. Passavanti, Lo specchio
della vera penitenza, cit., p. 399).
223
CAPITOLO XII
LA SUPERSTIZIONE
andati dispersi e molti non sono stati volutamente dati alia luce.^
che agli albori dell'EtA Moderna pervase quella societA in piena crisi
non troppo pericolosi per la fede. Verso la fine del XII secolo essa
3
aveva addirittura rinunciato alia repressione della stregoneria conten-
pena corporale.^
mento inquisitoriale.
M61to interessante e piA tardi una lettera di Giovanni XXII del 1317
coloro che egli riteneva avessero attentato alia sua vita usando pratiche
2
Nella Roma antica ad esempio, mentre esisteva una magia ufficiale—
per cosi dire "di stato"— si combatteve con energia la magia nera; fino
dal 172 a C. furono banditi gli stregoni contro i quali furono intentati
dei processi simili a quelli che successivamente si faranno contro gli
eretici e poi contro le streghe perchA si trova sancito l'uso della tor-
tura per ottenere la confessione, la pena del rogo e la confisca dei
beni. Cfr. A. Panizza, "I processi contro le streghe nel Trentino,"
Archivio Trentino, VII, 1888, p. 5, sgg. ed anche A. Castiglioni,
Incantesimo e magia (Milano: Mandadori, 1934), p. 272.
3
Soltanto in Inghilterra e in Norvegia la legislazione era piA
sollecita.
^CiA venne stabilito dal congresso di Rouen del 1189 e dal quello
di Parigi del 1212.
225
secolo XIV, giA configurato nei suoi tipici elementi: il diavolo che
dispregio di Cristo e della sua Chiesa, uso della magia appresa dal
si puA affermare che durante tutto il XIV secolo la Chiesa non prese
secolo XVI in poi tanto nei paesi cattolici quanto protestanti e soprat-
albero di noce.
a loro volta alle cacce notturne infernali durante le quali una "signora
compagnia di donne anch'esse indicate nei vari paesi con nomi diversi:
forme Diana-Ecate-Luna.
regina delle fate nel Jeu de la Feulllee di Adam de la Halle, dove ele
come tale considerata nel Medioevo una delle tante incarnazioni del
"ad istanza de' prieghi loro ci lasciA due suoi sofficenti discepoli, a
quali impose che ad ogni piacere di questi cotali gentili uomini che
maghi come Alberto Magno, ad esempio cui veniva attribuita oltre alia
18
Jacopo della Lana, Commedia di Dante degli Allaghieri col commento
di Jacopo di Giovanni dalla Lana Bolognese, (Bologna 1866), I, p. 351;
dall'Anonimo Fiorentino, Commento alia Divina Commedia, cit., I, pp.
452-453 e da Francesco da Buti, Commento sopra la Divina Commedia di Dante
Allighieri, I (Pisa 1858), p. 533. Come si pud ben notare il banchetto
in questione non ha ancora niente dei pasti a base di c a m e umana,
preferibilmente di bambino, dei quali saranno soliti cibarsi successiva-
mente al Sabba (Cfr. G. Cocchiara, "Sotto il noce di Benevento," in II
paese di Cuccagna, cit., p. 190 sgg.).
19
M. Di Arles, Tractatus de superstitionibus contra m&leficia seu
sortilegia quae vigent in orbe terrarum (Romae 1560), VII, p. 348).
230
dei capi eletti per un determinate tempo, ci ricorda quel che dice una
Simone che da Bellezza (essa monta su "un cavallo senza orecchi e senza
coda, piloso de pili lunghi come un becco grande piloso" per recarsi al
20
maggiore," quella che governa tutte le streghe. Largo campo inoltre
Simone a mezzanotte su uno degli avelli "di fuori a Santa Maria Novella"
20
A. Bertolotti, "Da un processo di streghe," Rivista Europea,
XXXII, 1882, p. 816.
21
Questa bestia "nera e cornuta" sembra rappresentare un caprone dal
quale le streghe erano solite farsi trasportare alle loro riunioni (spes9o
il caprone era sostituito da cavalli, cani o gatti sempre neri). Le raf-
figurazioni della strega che ormai divenuta concubina del diavolo lo
cavalca sotto 1 'aspetto animale, I un apporto dell'iconografia cristiana,
mentre la "scopa" (che A riducibile tematicamente alia bacchetta magica)
appartiene ad una tradizione tardo-romana. Cfr. E. Battista, ;'La nascita
della strega," in 1 'Antirinascimento, cit., p. 140 sgg.
232
punizioni gravi o severe per chi lo abbia fatto. Comune alle due cre-
la roba ad ogni uomo, e cosi facciam noi: se non che di tanto siam dif
ferenti da loro, che eglino mai non la rendono, e noi la rendiamo come
adoperate 1 ’abbiamo").
Infatti fra gli aspetti piA temibili che ancora oggi si attribuiscono
malie.
pud essere con molta facilitA attribuita ad una "vecchia greca gran
Alla fine di questa donna non si accenna nel corso della novella,
agli accusati renitenti, si pud pensare che chiudesse in tal modo la sua
debba alia prima, segnatamente da Ovidio. Vero A che qui, piA che di
dando cosi per scontato che simili attiviti fossero molto comuni fra le
donne di detto stato sociale e che ciA fosse quindi un fatto alia base
scopi sacrileghi.27
27Ibidem, XV.
"Se fossi conversa di chiesa....
non dar di fuori le cose santo altrui
per loro fatture o malie che si fanno."
Un'esplicita conferma a quanto dice il nostro novelliere la troviamo
anche nella leggenda relativa alia beata Margherita da Cortona: "...
propter maleficas, quae corpus Christi de ecclesia furbantur, Christi
corpur in vasa firmaverat...." (De beata Margarita de Cortona, in AA.
SS., Februarii, III, p. 338), Infatti durante le visite pastorali,
sempre nella diocesi di Cortona, nel sec. XIV, si curava particolar-
mente che ogni chiesa fosse dotata dell’apposita custodia per le ostie,
uso abbastanza recente e non ancora ben affermato nelle pratiche del
tempo: puA darsi che tale preoccupazione provenisse anche dai fatti
a cui accenna la fonte agiografica (cfr. N. Heoni, Visite pastorali a
Cortona nel Trecento, A.S.I., (continued on next page)
235
quale nel corso di una pur breve novella, ci descrive abbastanza esauri-
egli andato fuori del lougo con pii de' suoi compagni...il frate amma~
moniale usato per questa operazione e quello tipico della magia per
Commedia, abbiamo trovato: "Puossi fare malie per virtii di certe erbe
29
Nel 1308 a Poitiers venne istituito un regolare processo contro
il vescovo Goffredo di Troyes, accusato di aver fatto morire Giovanna,
figlia di Bianca di Navarra contessa di Champagne, per arte di magia,
facendo una figura di cera battezzata col nome di Giovanna, punta
varie volte e infine fatta squagliare, facendo (continued on next page)
236
punti, et per certo modo che, tenendo queste immagini al fuoco, o fic-
cando loro spilletti, nel capo, cosi pare che senta colui a cui immagine
Cosi il fine erotico per cui la donna usa le sue arti A uno dei piii
capacitA virili nel corso del matrimonio, sono fra i casi di stregonieria
30
piA documentati durante il XIV secolo.
Nella novella non viene accennato al modo in cui viene perpetrata simile
sterile.
natura di cui Egli solo puA permettere le deroghe; qualora non sia Egli
cace peccatore - dagli artigli del demonio. L'elemento piA magico che
devozionale di questa pratica sta nel fatto che, se essa fosse sospesa,
sia, senza essere esaudito: il che ricorda quasi l'uso cortese del
del dono stesso, che egli era a quel punto tenuto, sul suo onore, a con-
35
Della consuetudine che aveva il viaggiatore di affidarsi nelle
mani di san Giuliano ne parlano quasi tutti i nostri novellieri: dal
Boccaccio (II, 2), al Sacchetti XXXII, dal Sercambi LXXXII II, a ser
Giovanni Fiorentino (III, I I . Su questa superstizione A ancora
fondamentale il saggio di A. Graf,"San Giuliano nel "Decameronq" e
altrpve," in Miti, leggende ecc., cit., pp. 203-219.
240
lui prende il nome ma, offeso, pui al contrario scagliarla, 37 oppure puA
offre regali degni delle fate: difatti A appunto alle fate che viene
41
sostituito. Chi faccia l'elemosina ai poveri nel buo nome, poi Martino
cesco. E' predicatori hanno Beata Giovanna con l'orcio de olio dipinta,
dicendo che, quando dava de l'olio per Dio, sempre parea che crescesse
cose nuove e Santo Agostino e San Benedetto non A vicitato come quelli,
42
S.N., CL (II).
'•b) Le reliq.uie
preserva dalle malattie, guarda dai fulmini, difende dai ladri, attri-
salva in mille altri modi colui che la possiede, esclusivamente per una
44
" La critica all'uso magico delle reliquie ed agli abusi e falsifi-
cazioni che tale culto generava si ha gii, ai primi del XII secolo, in
un famoso trattato di Giuberto abate del monastero di Negent-sous-Coucy
pressno Soisson (cfr. Guiberti Abbatis S. Mariae Novigentensis, De pigno-
ribus Sanctorum, in P.L., XLVI).
45
Questo pui essere il caso frequente in alcuni poemi francesi nei
quali si legge di miscredenti Saraceni che si prodigano per impossessarsi
delle pii sacre reliquie cristiane e, avutele, se ne servono proprio con-
tro di questi "alia barba di Cristo" (L. Lalanne, Curiosites des tradi
tions des moeurs et des legendes (Paris5 Paulin, 1847), p. 117 sgg.).
46
Cfr. N. Turchi - G.P. Kirsch."Reliquie" in Enciclopedia Italiana,
vol. XXVIII, 1936, x.v. II Graf a proposito dei (continued on next page)
243
quale viene mostrato a Piero Alfonso il corpo "nero pauroso con 1‘ossa
mio - egli dice - io non ebbi mai simile paura, perA che piA scuro corpo
mai non vidi; e se li corpide* santi sono cosi paurosi, che debbono es-
corpo ilmeno che voi potete; che quanto io , non sono acconcio, ne' intendo
con due bracccia" e che "se ellane ebbe tre, quello era il terzo", susci-
tando 1'ilaritA dei pochi "intendenti" ma una fede ancora piA fervida
di pelo rosso e lieto nel viso e il miglior brigante del mondo", che
49
riesce egregiamente con la sua faccia tosta e la parlantina sciolta
48
B.D., VI, 10.
49
Il discorso che riesce a imbastire il frate, tutto teso a destare
il senso dello strano e del meraviglioso, s’impreziosisce di camuffamenti
latini di alcune tappe di quello che avrebbe dovuto essere un lungo
viaggio verso l ’Oriente e cela la manifesta presa di giro della lettera-
tura geografica coeva.
non ci deve stupire che la folia credesse alle parole del frate. Del
stesso Dante, venera sinceramente quelle autentiche tanto che alia sua
Romana, quelle "sue sante reliquie" che, secondo le sue parole, aveva
52
raccolto da molti anni in varie parti del mondo.
Tornando a Fra' Cipolla egli parla del "dito dello Spirito Santo...
il ciuffetto del Serafino che apparve a San Francesco, a una della unghie
de* vestimenti della Santa Fe’ cattolica, e alquanti de’ raggi della
stella che apparve a' tre Magi in oriente, e una ampolla del sudore di
oggetti, il popolo continud a prestar fede non solo alia virtA taumatur-
fiducia nelle piA fantastiche virtA delle reliquie per coprire una scap-
plice uomo", e che quindi i "panni da gamba" dimenticati dal frate nella
5^
Sempre il Bottari ricorda che furono oggetto di comune venera
zione l'ampolla contenente lo starnuto dello Spirito Santo, i sopiri di
san Giuseppe, le corna di MosA o un pezzetto della carne arrostita di
san Lorenzo (Go. Bottari, Lezioni sopra il Decameron, cit., p. 74 sgg.).
"^11 culto del sangue di Cristo ebbe nel Duecento un rilancio colle-
gato al culto eucaristico (cfr. il "miracolo di Bolsena" e il "santo
sangue" di Bruges) come sta a dimostrare l'istituzione della festa del
Corpus Domini.
vano una ciocca di capelli della Medusa, le due teste di Orfeo, i sandali
pilio ecc., e altrettanto vero che esse fanno parte non esclusivamente
La credenza nei prodigi operati nel nome di Dio d& luogo a quella
nei prodigi operati dai ministri del culto, dai frati, dai predicatori
itineranti.
stiziosa considerazione.
59
Si & gi& visto come sia frequente la figura del prete-mago. Ma
L'idea che un abate possa far morire e poi resuscitare a sua posta
raa anzi indietro il frate, gli si offre ci6 che prima gli si era ne-
59
Quando compariranno le "messe nere" nelle quali culmina l'anti-
tesi fra riti magici e riti religiosi, i sacerdoti-maghi che le cele-
breranno staranno con le spalle rivolte all'altare, adopreranno la mano
sinistra invece della destra e cosi via. [H.T.F. Rhodes, La messa nera,
tr. it., (Milano: Bomoiani, 1962).]
63s .t ., c c x v i i .
249
caso la figura del prete non A piA un sostitutivo del fattucchiere in-
ranocchi, donno Gianni non fa ricorso alle potenze celesti per attuare
seguire una ben precisa scala gerarchica: dalle modeste imprese di frati
camente nella figura del domenicano Alberto Magno delle capacitA astrolo-
Certo, in teoria si sa bene che Dio non dispensa miracoli, ne' diret-
64B.D., VII, 3.
65S.T., LIII.
66B.D., IX, 10.
67S.T., CCXVI.
250
CONCLUSIONE
scana del Trecento, in una delle branche piA ambigue del pensiero umano
Abbiamo visto come l'arte dei nostri novellierie abbia assunto le forme,
cosi ideologica come sociale. Non a caso i grandi momenti della cultura
una coppia di sposi stretti dalla miseria che spera di avere un cavallo
lonia che si rivolgono ai due veri maghi, spinti non dal tomaconto
la magia e che essa pui essere awertita come minaccia alia fede e alle
istituzioni.
visto che i maghi nel Decameron sono tutti uomini di una certa cultura
incontrato nelle loro novelle sono preti o falsi preti, falsi astrologhi,
falsi indovini, in genere girovaghi o ebrei per quella ostilitA che nel
Medioevo si ebbe per ebrei, forestieri immigrati dal contado guardati con
la brava gente. Sono in breve gli eroi negativi delle novelle e quindi
esemplarmente puniti alia fine del racconto tutte le volte che la trama
non era negata nei gruppi social! dai quali i due novellieri provengono.
cio£ un ramingo che non ha una dimora fissa temendo forse l'ira delle
inserito alia corte della massima autoritA del paese, mette la sua
seconda del ceto sociale a cui appartiene, delle proprie idee politiche e
ecclesiastiche fiorentine.
suo profondo sentimento religioso, puA farsi protavoce solo di coloro che
tempo.
lui stesso piA tardi, A il novelliere che ha colto la piA vasta gamma
dell'argomento. Per cui non condividiamo il parere del Graf che nella
addirittura che nel Decameron aleggia uno spirito nuovo e modemo per
quando anche nel campo delle credenze comuni non si fa uso del piA
erotica sia usato dallo "scolare" per la beffa alia vedova non significa
che Boccaccio non creda alle virtA magiche della natura o all' efficacia
Calandrino che ascoltano i discorsi colla testa vuota e delle donne poco
presenta i due veri maghi e i loro clienti dimostra che nel Decameron
Boccaccio parte dal presupposto che la magia non solo esiste ma anzi
A SELECTED BIBLIOGRAPHY
I Trecento
(Opere generali)
a) letteratura
1947.
Lang, A. Magic and Religion. London: Longuars Green & Co., 1901.
King, C.W. The Natural History, Ancient and Modern, of Precious Stones
and Gems. London: E. Arnold, 1855.
261
Lea, C.H. The History of the Inquisition of the Middle Ages, 3 vols.
Primary sources
Secondary sources
Primary Sources
Secondary Sources
Scaglione, A. Nature and Love in the Late Middle Ages, Los Angeles:
University of California Press, 1968.
Primary sources
Secondary sources
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Secondary sources