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SERGIO CONTI Contributi

VANTAGGI
COMPETITIVI E
SVILUPPO LOCALE
VANTAGGI COMPETITIVI E SVILUPPO LOCALE
Questo autorevole esponente della ricerca geografica italiana - nella sua duplice qualità di Assessore alle Politiche territoriali della
regione Piemonte e di coordinatore delle attività dei sodalizi geografici italiani al Festival della Geografia di Saint Dié des Vosges
- affronta dal punto di vista metodologico un problema chiave della politica del territorio di oggi, quello dello svilppo locale
divenuto protagonista indiscusso dell’analisi territoriale e delle opzioni di politica economica.

COMPETITIVE ADVANTAGES AND LOCAL DEVELOPMENT


The author, a prominent figure of the contemporary Italian geographical research, is now Councilor for Territorial Politics of the
Regional Government of Piedmont, and also coordinator of the Italian geographical associations in preparation for the Festival
de la Géographie of Saint Dié des Vosges. In this article Conti analyzes through a methodological approach a key problem in the
policies for the territory: the local development, a strategy that has become of central importance in the study of the territory and
in the economic planning.

AVANTAGES COMPÉTITIFS ET DÉVELOPPEMENT LOCAL


Cet important représentant de la recherche géographique italienne - dans sa double qualité de Directeur à l’aménagement du
territoire de la Région Piémont et de coordonnateur des activités des institutions géographiques au Festival de la Géographie
de Saint Dié des Vosges - analyse du point de vue méthodologique un problème clé de la politique d’aménagement du territoire
d’aujourd’hui, celui du développement local qui est devenu le protagoniste indiscuté de l’analyse territoriale et des options de
politique économique.

1. Processi di globalizzazione, ta ripresa dell’economia, questi si accompagna-


no di regola a persistente disoccupazione, a sa-
competitività, soggetti e luoghi lari reali sostanzialmente stagnanti, a crescenti
ineguaglianze nei livelli di profitto fra le impre-
Sino a non molti anni addietro, la se. In altre parole, nei decenni che hanno chiu-
so il XX secolo, i consueti indicatori macroeco-
prospettiva con cui si osservavano nomici non hanno più rispecchiato la realtà del
le vicende dell’economia mondiale secondo dopoguerra.
veniva ricondotta a un modello di crescita soste- È dunque diffuso il senso che uno spartiacque sia
nuto da alcune logiche precise. Questo poggia- stato tracciato, al pari della consapevolezza che
va, in estrema sintesi, su un ordine internaziona- siano venute meno molte certezze consolidate.
le relativamente stabile, su politiche macroecono- Inizialmente si sono vissuti anni di confusione,
miche nazionali coordinate e fondate su una ge- cadenzati dalla ricerca di risposte a volte velleita-
stione keynesiana della domanda, su un’organiz- rie, altre volte romantiche (come non ricordare,
zazione ford-tayloristica della produzione e la do- a questo proposito, l’immane letteratura avente
minanza del modello d’impresa oligopolistica à la per oggetto l’autonomia e l’autocontenimento
Chandler-Galbraith, infine su un insieme di rego- regionale?), espressione della ricerca affannosa
le del gioco che, a livello microeconomico, combi- di strumenti e “occhiali” diversi dal passato con
nassero la fissazione oligopolistica dei prezzi con i quali osservare le vicende economiche del no-
la determinazione istituzionale dei salari. stro tempo. Ciò nondimeno, negli anni a noi più
Quei fondamenti, grazie ai quali le economie svi- vicini sembra che qualcosa sia apparso all’oriz-
luppate avevano vissuto un’epoca gloriosa, non zonte, rendendo più nitide le immagini confuse
sono più rintracciabili. Da almeno due decen- e offrendo spiragli finalmente percettibili. Per
ni, allorché si intravedono i segni di una incer- capire meglio, è utile assumere in rapida rasse- 3
gna alcuni elementi chiave, i quali, pur non es- pio, che molte imprese operanti in aree altamen-
sendo esaustivi, paiono in grado di gettare uno te industrializzate hanno risposto alla crescen-
squarcio di intelligibilità su fenomeni e processi te ubiquitarietà e alla relativa riduzione del co-
intimamente complessi. sto dei fattori generando nuove forme di rendi-
ta imprenditoriale, fondate appunto sulla pro-
duzione di conoscenza. Soprattutto nei paesi indu-
Il primo, e forse più ovvio, è che strializzati con costo dei fattori relativamente ele-
con la crescente internazionalizza- vato (primo fra tutti il costo del lavoro) la pro-
gressiva transizione verso un’economia della co-
zione della produzione e la conseguen- noscenza può essere interpretata, in primo luo-
te e tendenziale ubiquitarietà dei fattori di pro-
go, come la conseguenza della tendenziale glo-
duzione, va erodendosi la capacità produttiva di
balizzazione dei fattori e dei mercati (Lundvall
molti paesi e regioni a industrializzazione anti-
1. Un recente e Johnson, 1994).
contributo dei ca. È questa una consapevolezza da tempo nota a
In questi paesi e regioni il problema della com-
geografi torinesi chi pratica l’economia, che risale segnatamente
petitività giace in misura crescente sulla capaci-
all’elaborazione ai fondamentali lavori di Edith Penrose (1959).
tà di creare, accumulare e utilizzare la conoscen-
dei nuovi scenari di Quell’economista controversa è stata forse la pri-
za meglio e più rapidamente di altri. Ciò che è
sviluppo regionale. ma, infatti, a introdurre l’idea secondo cui, dato
in agenda non è semplicemente la conoscenza
che il vantaggio competitivo si basa su capacità
prodotta (la quale è comunque trasferibile da
scarse ed eterogenee, una regione o un’econo-
un luogo all’altro in modo relativamente agevo-
mia nazionale dovrà fondare il proprio successo
le e in forma codificata), bensì la capacità stessa
su capacità che altre regioni o paesi non possie-
di produrla. Quest’ultima costituisce, infatti, un
dono (esse devono cioè essere rare) o non sono
fenomeno dipendente strettamente dalle routi-
in grado di valorizzarle in un più ampio scena-
nes e dalle pratiche radicate nei contesti locali e,
rio economico e concorrenziale.
conseguentemente, nelle imprese che di questi
Se è vero che non è possibile parlare di vantaggio
contesti ne sono l’espressione tangibile. È que-
competitivo in un mondo dove pressoché tutti so-
sto, in altre parole, il nuovo grande fattore loca-
no in grado di produrre gli stessi prodotti o ser-
lizzato nell’economia globalizzata contempora-
vizi in tempi e a costi analoghi, la storia recente
nea, fonte primaria del vantaggio competitivo dei
insegna altresì che molte capacità produttive e
paesi e delle regioni a elevato costo dei tradizio-
le risorse disponibili non sono in realtà diffuse,
nali fattori di produzione.
bensì localizzate (Maskell, 1998). Il costo del la-
voro, per esempio, è tuttora un fattore fondamen-
talmente immobile (non si spiegherebbero altri- Non ci sono dubbi, in secondo luo-
menti i massicci processi di delocalizzazione che
hanno coinvolto numerose economie del Terzo
go, che i recenti processi di globaliz-
mondo e dell’area post-socialista). zazione dell’economia si siano accompa-
C’è, tuttavia, un altro fattore, il quale gioca un’im- gnati a una crescita senza precedenti dei flussi in-
portanza crescente nell’economia contempora- ternazionali di investimenti e di prodotti.
nea, caratterizzato da elevata immobilità: è la ca- Ciò che tuttavia può sconcertare maggiormente
4 pacità di produrre conoscenza. È noto, per esem- chi osserva la nuova emergente economia mon-
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diale è il fatto, vistoso ma inatteso, per cui le di-


verse regioni e paesi producono beni e servizi dif-
ferenti, e per di più con modalità e processi pro-
duttivi essi stessi assai diversi fra loro. Ciò signifi-
ca, com’è peraltro rilevabile dalle statistiche in-
ternazionali (Fagenerg, 1992), che la specializza-
zione internazionale per prodotto è andata cre-
scendo sistematicamente, negli ultimi lustri, coin-
volgendo soprattutto le economie del mondo in-
dustrializzato. Si tratta invero di una realtà a pri-
ma vista sorprendente in un’epoca in cui la dif-
fusione dell’informatica e dei messi di comunica-
zione parrebbe incoraggiare come mai in passato
la diffusione e l’imitazione della tecnologia.
Ciò significa, in conclusione, che la crescente Convegno
specializzazione delle economie nazionali e re- promosso dalla
Consigliera di
gionali non discende più dalle tradizionali eco- Parità
nomie di scala nella produzione – e dunque dal
rapporto competitività/prezzo – ma dalla natu-
ra del prodotto immesso sui mercati, dalla cono-
scenza necessaria per la sua realizzazione, dal ti-
po di bisogni suscitati e soddisfatti, dalla capaci-
tà di realizzare prodotti sempre più evoluti sen-
za negarne i tratti di originalità. specializzate in attività economicamente compe- 2. Il problema del
titive. Dal canto loro, le regioni si affacciano al- lavoro assume risvolti
l’economia globalizzata promuovendo strategie sempre più delicati
In queste condizioni, la possibilità consapevoli di valorizzazione dell’economia in- nella realtà di oggi.
di una città o di una regione di pro- centrate sul rafforzamento della propria area di Lo dimostra anche un
specializzazione. Ciò spiega la diffusione di stra- importante convegno
porsi con successo sui mercati internazionali tegie e scelte politiche (spesso di natura neomer- tenutosi a Vercelli nel
discende per lo meno da due condizioni essen- giugno del 2005, da
cantile) volte a promuovere e sostenere i sistemi
ziali. La prima giace sulla capacità di imprimere La Stampa, 22 giugno
maggiormente dinamici presenti (cluster, utiliz-
un’identità ai prodotti che essa propone, diffe- 2005, p. 41.
zando una terminologia nota), cioè insiemi di at-
renziandoli da quelli dei concorrenti. La seconda
tività fra loro connesse e generatrici per questo
risponde al fatto che la ricerca di una soluzione del valore economico.
ai problemi posti dall’incalzare della competizio-
ne non si ritrova più nella ricerca esogena della
tecnologia o dei metodi di produzione “miglio-
ri”. Se una soluzione c’è, essa dev’essere ricerca- 2. La dimensione locale
ta, al contrario, internamente alla regione stessa, dello sviluppo
nella capacità di coordinamento fra produttori e
acquirenti, istituzioni e altri attori locali.
La sfida è dunque di natura organizzativa, invol- Queste considerazioni rimarrebbe-
gente gli attori e la loro capacità di azione e co- ro comunque nel regno dell’astra-
municazione. Si tratta di una dimensione dell’agi-
re economico la cui affermazione va di pari pas- zione se non trovassero conferma in numero-
se “storie di successo” che in una certa misura
so con la presa d’atto dell’incapacità della teo-
hanno modificato la carta geografica del mon-
ria economica tradizionale (tuttora dominante)
do industriale contemporaneo. Limitando volu-
di includere l’azione dei soggetti in un universo
tamente la nostra osservazione alle regioni a in-
logico che non può emanciparsi se non si cessa
dustrializzazione antica, è agevolmente rilevabi-
di separare la dimensione economica dalle altre
le, in effetti, che molte di esse (in Europa, per
dimensioni, le quali sono storicamente e territo-
esempio, il Galles, la Rühr, la Westfalia, il Baden
rialmente specifiche.
Württenberg, la regione lionese e la Catalonia,
per ricordare le esperienze più note) hanno sa-
Quanto ho sin qui ricordato pos- puto rimodellare con successo, negli anni a noi
più vicini, le proprie strutture produttive (Coo-
siede, per concludere, una esplici- ke, 1995).
ta cartina di tornasole. Il processo di glo- Queste realtà differiscono significativamente tra
balizzazione (in particolare la formazione di re- loro, e ciò basterebbe a sostenere la tesi secondo
ti globali d’impresa) mina alle radici la sovranità cui sarebbe comunque insensato definire a prio-
economica degli stati nazionali, ma nel contem- ri un modello ideale “certo” volto a dare soluzio-
po rafforza la posizione delle economie regionali ne agli enigmi e agli interrogativi sollevati dalle 5
zati) fondati su legami organizzativi rela-
tivamente stabili;
- in tutti questi casi, inoltre, sono state per-
seguite e implementate strategie reticolari
di assistenza tecnologica e finanziaria vol-
te a incoraggiare l’interazione fra attori
localizzati – fra imprese, fra imprese e isti-
tuzioni, fra istituzioni diverse. La creazio-
ne di capitale sociale (Putnam, 1993) espri-
me dunque, sotto questa luce, forme di
intervento a supporto della formazione
di reti di piccole imprese, oltre che del-
lo scambio dell’informazione prodotta o
acquisita, la quale prevede la massimizza-
zione della collaborazione e dell’intera-
zione a livello locale;
3. Modello in legno emergenze economiche e sociali del nostro tem- - infine, tutte queste regioni dispongono di isti-
della “mitica” Fiat po. Il discorso scientifico e politico che può svi- tuzioni fortemente interventiste, capaci di sti-
500, simbolo dello lupparsi in questa direzione non è, infatti, una cit- molare la formazione di gruppi di interesse che
sviluppo italiano del tadella ideale unitaria, retta da metodi e principi non si limitano al perseguimento di specifici
secondo dopoguerra, ispiratori fissati una volta per tutte, ma un insieme obiettivi concreti, ma condividono un orizzon-
esposto a Milano nel di costruzioni erette da comunità di ricercatori e te normativo, una comune agenda politica. Ora,
2005 alla mostra: di decisori che parlano lingue diverse. è evidente che questa capacità istituzionale è
“Anni Cinquanta. Ciò nondimeno appare del tutto legittimo assu- perseguibile più agevolmente a livello regiona-
La nascita della mere, dall’osservazione delle esperienze di politi- le (locale), rappresentando questo la scala mag-
creatività italiana”. ca industriale e territoriale altrove vincenti, alcu- giormente appropriata per il perseguimento di
ne generiche ragioni del successo. Di nuovo, mi li- strategie di coordinamento e valorizzazione del-
miterò a una schematica (e forzatamente incom- le risorse localizzate. In altri termini, questi ca-
pleta) trattazione: si di successo scontano una sorta di regionaliz-
- anzitutto, allo scopo di sgomberare il campo da zazione della politica regionale.
facili determinismi, è necessario ricordare che Se una sommaria conclusione può essere tratta
in nessun caso la “rigenerazione” delle struttu- da questa rapida rassegna, essa suggerisce come
re produttive è stata realizzata cercando di at- la rivalorizzazione dell’economia regionale non
trarre quelle che convenzionalmente sono de- sia riducibile, in primo luogo, a un insieme più o
finite come industrie a eleva- meno ristretto di fattori economici (i quali sono
ta tecnologia (biotecnologie, comunque essenziali), ma a un più complesso in-
1 Ciò trova peraltro solidi fondamenti concettuali, semiconduttori, aeronautica, treccio di fattori istituzionali, culturali e sociali1.
da un lato, nella “nuova sociologia istituzionale” software ecc.). Ciò non esclu- In secondo luogo, essa dovrà trascendere qualsi-
con la sua enfasi sul radicamento (Granovetter, voglia ipotesi di politica industriale e territoriale
de, ovviamente, che una poli-
1985; Hudgson, 1999) e, dall’altro, nelle tesi del-
tica tecnologica non sia stata generica, per prevedere, al contrario, soluzioni
la scuola neoschumpeteriana, secondo cui l’inno-
perseguita. Essa è stata tutta- strategiche selettive volte al perseguimento della
vazione, in quanto fenomeno evolutivo, giace su
un processo interattivo e prende forma nelle rou-
via diretta in primo luogo (e cooperazione interindustriale entro un sistema di
tines istituzionali e sulle convenzioni sociali (Doe- ciò appare un elemento qua- attori che congiuntamente possiedono la capacità
ringer e Tarkla, 1990; Dosi, 1988; Freeman, 1987; lificante) all’utilizzo e alla ri- di proporsi sulla scena internazionale. In termini
Lundvall, 1992). qualificazione di risorse tecno- di metodo, ciò segna il passaggio da una politica
logiche storicamente radicate settoriale a una politica di sistema (locale), quale
dell’economia della regione; strumento per l’individuazione dei relativi pun-
- in secondo luogo, il rilancio dell’economia non ti di forza e di debolezza presenti nella struttura
è avvenuto promuovendo improbabili nuove at- produttiva e, a partire da questi, prefigurare po-
tività, ma ribadendo i comparti manifatturieri. litiche territoriali tese alla massima valorizzazio-
Se tutti i casi prima ricordati già possedevano ne delle esternalità della co-localizzazione (Conti
in passato strutture industriali integrate di di- e Giaccaria, 2001; Cooke e Morgan, 1998).
verso livello di complessità, la soluzione è stata Di sviluppo locale si è parlato in realtà diffusamen-
trovata nel rispetto (oltre che nel sostegno) di te negli ultimi anni, facendo di questo concetto
queste realtà produttive, promuovendone as- il protagonista indiscusso dell’analisi territoria-
sieme la specializzazione e la differenziazione fun- le e delle opzioni di politica economica. La di-
zionale (Rehfeld, 1995). Rovesciando i termini mensione locale dello sviluppo possiede invero
della questione, è possibile sostenere che le sto- dimensioni molteplici, in ragione della pluralità
rie di successo sono state quelle in cui era già intrinseca dei sistemi di creazione del valore (alcuni
presente (o latente) un ampio ventaglio di fi- di dimensione urbana, altri metropolitana, altri
gure imprenditoriali e professionali all’interno di più o meno ampi aggregati di comuni, com-
di un limitato numero di settori, ovvero la pre- prendendovi i piccoli sistemi di nicchia, spesso
6 senza di sistemi produttivi parziali (o clusteriz- fortemente localizzati).
Contributi

Negli ultimi vent’anni, com’è noto, lo sviluppo li (e sostanzialmente mec-


economico è stato caratterizzato da due dinami- canicistiche) esperienze di
che a un tempo distinte e connesse: da un lato, sviluppo altamente conte-
come si è visto, la globalizzazione degli scambi stualizzate e legate a speci-
economici e delle strategie finanziarie e produt- fiche peculiarità locali.
tive; dall’altro lato, l’emergenza di economie re-
gionali “floride” e innovative che sembrano ripro-
porre il ruolo del radicamento territoriale come 3. Sviluppo econo-
componente essenziale dello sviluppo.
Da un lato, molte imprese hanno progressivamen- mico e dinamica del-
te delocalizzato le proprie produzioni ad alta in- l’apprendimento
tensità di lavoro nei paesi emergenti, alla ricer-
ca di bassi costi del lavoro, e intensificato il pro-
cesso di innovazione tecnologica e automazio-
Ciò introduce uno
ne nei paesi a economia avanzata. Ciò si tradu- degli elementi es-
ce, dal punto di vista della dinamica territoriale, senziali che carat-
in un crescente sradicamento delle attività mani-
fatturiere dalle regioni e dalle città a industria- terizzano il moder-
lizzazione antica. no scenario compe-
Dall’altro lato, alcuni comparti di attività e di in-
dustrie hanno teso a organizzarsi in modo tale da titivo e l’organizza-
sfruttare i vantaggi competitivi che derivano dalla zione funzionale dello
specializzazione, dalla piccola e media dimensio- spazio. Si sono ridotte, da
ne d’impresa, dal radicamento nella comunità un lato, le tradizionali rela-
locale, dalla continuità con la tradizione artigia- zioni gerarchiche (fra cen-
na. L’esempio classico è costituito in questo caso tro e periferia, fra poli e lo-
dai distretti industriali italiani, ma i casi di siste- ro intorno, fra città e loro
mi manifatturieri locali di successo si sono molti- aree metropolitane) a van-
plicati nel corso degli anni ottanta e novanta: la taggio delle relazioni oriz-
microtecnica e l’industria degli orologi meccani- zontali di rete (fra grandi
ci in Svizzera, l’impresa dell’arredamento in Da- centri produttivi e finanzia-
nimarca, l’automazione e le macchine utensili ri, fra sistemi compresenti
nel Baden-Württenberg, la microelettronica nel- su spazi più o meno ristret-
la Silicon Valley. ti). Dall’altro lato, il supe-
Questi due diversi processi sono altresì alla base di riore dinamismo di alcuni
distinti orientamenti nella realizzazione, da parte sistemi rispetto ad altri ap-
dei governi locali, di politiche industriali destinate pare nondimeno sempre
a favorire l’insediamento e la crescita di attività più legato alle variabili di
produttive. Da un lato, c’è il tentativo di attrarre luogo e di prossimità, ovve-
grandi imprese «piè veloce» (footloose) ricorrendo ro alle relazioni verticali che essi instaurano con
agli incentivi e alle agevolazioni (infrastrutture, il retroterra locale. 4. Per rilanciare
riduzione dei costi di insediamento e di impian- In questo quadro, uno dei fattori determinanti il suo distretto
to, riduzione del costo del lavoro ecc.). Questo della competitività è dato, come abbiamo visto, laniero puntando
orientamento interpreta le diverse regioni come dal ruolo svolto dalla conoscenza e dalle compe- sull’eccellenza Biella
concorrenti nell’attrarre investimenti esterni alla ha organizzato la
tenze territorializzate (quindi del radicamento,
mostra “Sul filo
regione che possano indurre processi di crescita. della specializzazione, dell’identità dei prodotti
della lana” con un
Le critiche a questo approccio sono note: si trat- e dei modi di produrre), e come tali difficilmen- investimento di tre
terebbe di un gioco a somma zero che non crea te utilizzabili al di fuori di specifici contesti e luo- milioni di euro.
nuove opportunità di sviluppo, ma si limita a spo- ghi. Esse, per esprimersi, necessitano di un’orga-
stare le attività industriali da una regione all’altra. nizzazione sistemica (Veltz, 1998), la quale discen-
Il consumo di risorse è spesso sproporzionato ri- de dalla qualità e dalla densità del tessuto rela-
spetto ai risultati conseguiti, dal momento che la zionale esterno e interno alle imprese. Ciò spie-
localizzazione di imprese multinazionali non ga- ga, per altro verso, il motivo per cui si produce
rantisce un “retroeffetto” positivo sulla struttura meglio, e spesso a costi addirittura inferiori, nel-
produttiva e imprenditoriale locale. le regioni a costo del lavoro relativamente eleva-
Dall’altro lato, l’esperienza dei distretti industria- to che non in quelle a costo inferiore.
li ha rivitalizzato il dibattito circa le peculiarità lo- Numerosi cambiamenti nell’economia mondiale
cali dei processi di sviluppo economico e socia- hanno stimolato, negli ultimi anni, la riflessione
le, dando vita a numerosi tentativi di avviare «ar- sul ruolo della conoscenza e dell’apprendimento.
tificialmente» distretti industriali, milieux innova- Da un lato, la sopravvivenza e la competitività di
teurs, parchi tecnologici. In questo caso il limite settori a bassa tecnologia ci induce a riconsidera-
principale è stato il tentativo di rendere universa- re i rapporti tra saperi tradizionali e conoscenza 7
scientifica e ad abbandonare il pregiudizio secon- racchiuso in relazioni sociali – fa sì che il prin-
do cui soltanto la tecnologia più recente e aggior- cipale mezzo per la codificazione di questa co-
nata possa sostenere la competitività e lo sviluppo noscenza sia la produzione stessa di beni.
delle imprese e delle regioni. Dall’altro lato, la ter- Appare ovvio, a questo punto, che il sistema lo-
ziarizzazione dell’economia aumenta la rilevanza cale, sfruttando le conoscenza tacite che vi so-
delle competenze e delle professionalità “ad alta no tradizionalmente radicate, acquisisce un im-
densità di conoscenza”: il successo e l’innovazione portante vantaggio competitivo. Si tratta di una
nel settore dei servizi qualificati si fondano esplici- prospettiva che getta una luce nuova sull’analisi
tamente sul capitale umano (sulla conoscenza) pos- dei sistemi locali di industrializzazione: le capa-
seduto dal tecnico e dal professionista. cità e le conoscenze accumulate nel corso di una
Questa attenzione alla conoscenza e all’appren- storia industriale secolare costituiscono il corpus
dimento, che trova sempre maggiore spazio nel- di saperi indispensabili per la rigenerazione del-
le riflessioni e nelle politiche di importanti isti- l’industria locale.
tuzioni internazionali, trova una propria dimen-
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