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31 Pagina iii
STORIA E LETTERATURA
R A C C O LTA D I S T U D I E T E S T I
269
EUGENIO GARIN
DAL RINASCIMENTO
ALL’ILLUMINISMO
a cura di
OLIVIA CATANORCHI e VALENTINA LEPRI
Premessa di
MICHELE CILIBERTO
ROMA 2011
EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA
EUGENIO GARIN E LEON BATTISTA ALBERTI 49
SEBASTIANO GENTILE
Nei tanti incontri che ho avuto con Eugenio Garin a partire dal 1979,
anno in cui lo conobbi, inevitabilmente, prima o poi, affiorava il nome
dell’Alberti; e talvolta, in quelle occasioni, ho avuto l’impressione di rice-
vere come un amichevole consiglio: molto più che con altri umanisti,
importanti, sì, ma sicuramente meno coinvolgenti e intriganti, era con
l’Alberti che ci si divertiva ed appassionava davvero, era sull’Alberti che
occorreva riflettere, era nell’Alberti che si doveva ricercare la chiave del
nostro Umanesimo, era l’Alberti, infine, l’autore quattrocentesco che più
di ogni altro meritava di essere studiato, ripreso, coltivato assiduamente
negli anni. Ed è quello che ha fatto lo stesso Garin, con risultati che
hanno radicalmente cambiato l’interpretazione tradizionale dell’Alberti
stesso e dell’Umanesimo in generale. Un Garin che nei confronti dell’Al-
berti, come ha sottolineato recentemente Michele Ciliberto, provava
«profonde consonanze, oltre che intellettuali, esistenziali»1.
Mi sentirei inoltre di dire che le ricerche albertiane di Garin hanno
incarnato nella maniera migliore e più evidente il suo metodo di ricerca,
fondato sull’attenta lettura dei testi e su un continuo scavo delle fonti2.
*
Questo testo è già apparso, sia pure in una redazione e con titolo diversi (‘In
memoriam’. Eugenio Garin e Leon Battista Alberti), su «Albertiana», IX (2006), pp. 3-27.
1
M. Ciliberto. Una meditazione sulla condizione umana. Eugenio Garin interprete del
Rinascimento, «Rivista di storia della filosofia», n.s., LXIII (2008), pp. 653-692: 691
(ristampato con alcune varianti e il titolo Una meditazione sulla condizione umana, in E.
Garin, Interpretazioni del Rinascimento, a cura e con un saggio introduttivo di M.
Ciliberto, 2 voll., vol. I, 1938-1947; vol. II, 1950-1990, Roma, Edizioni di Storia e Lette-
ratura, 2009, vol. I, pp. VII-LIII: LI). Abbrevieremo il titolo di questa raccolta come Garin,
Interpretazioni, distinguendola dal saggio omonimo dello stesso Garin, che citeremo più
avanti (vd. infra, nota 20), per il quale utilizzeremo invece il titolo esteso.
2 Cfr. in generale, da un punto di vista del metodo, E. Garin, La filosofia come sapere
3
Cfr., per esempio, quanto si legge nell’Avvertenza in E. Garin, Umanisti artisti scien-
ziati. Studi sul Rinascimento italiano, Roma, Editori Riuniti, 1989, p. 7: «Il volume si col-
loca idealmente accanto ad alcuni altri in cui, dall’inizio degli anni Cinquanta, sono venuto
via via riunendo i resultati di una lunga indagine. Sentivo, forse, di dover riscattare in
qualche modo le colpe di una sintesi iniziale che, se si fondava su quasi due decenni di
intense letture di fonti, aveva tuttavia il torto di presentare con troppa fiducia come con-
clusioni acquisite quelle che spesso erano ancora ipotesi e programmi. D’altra parte senza
idee ricerca storica non si fa, e se di quelle idee alcune si sono venute modificando via via,
o sono cadute, altre si sono invece venute consolidando e articolando. Così l’immagine di
circa tre secoli di cultura, soprattutto italiana, è venuta almeno in parte mutando, e alcune
grandi figure, valga per tutti Leon Battista Alberti, hanno cambiato volto, nonostante ogni
resistenza e l’affezione di taluni dotti alla conservazione dei luoghi comuni». Il carattere
emblematico che la figura dell’Alberti ebbe per Garin è sottolineato da M. Ciliberto, Il
Rinascimento. Storia di un dibattito, Firenze, La Nuova Italia, 19882, pp. 38-42.
4 Su questa attività di editore e traduttore si veda quanto scrive lo stesso E. Garin,
Sessanta anni dopo, in Id., La filosofia come sapere storico, pp. 117-158: 137-138. Il sag-
gio è stato poi ristampato in Id., Sulla dignità dell’uomo, scritti raccolti in occasione del
novantesimo compleanno, Pisa, Edizioni della Normale, 1999, volume di scarsissima
circolazione, che non ho potuto reperire. Cfr. Bibliografia degli scritti di Eugenio Garin.
1929-1999, Roma-Bari, Laterza, 1999, p. 282, n. 1364. Ringrazio Maurizio Torrini per
avermi procurato una copia di questa pubblicazione, rara quasi quanto la precedente,
consultabile tuttavia anche on-line all’indirizzo: http://www.imss.fi.it/biblio/eegar.html.
5
L. B. Alberti, I libri della famiglia, editi da G. Mancini secondo il manoscritto
riveduto dallo scrittore e collazionato con autorevoli codici, Firenze, Carnesecchi, 1908.
6
Opere volgari di Leon Batt. Alberti per la più parte inedite e tratte dagli autografi,
annotate e illustrate dal Dott. Anicio Bonucci, 5 voll., Firenze, Tip. Galileiana, 1843-1849.
EUGENIO GARIN E LEON BATTISTA ALBERTI 51
pubblicato una silloge di scritti, tra cui alcune Intercenali, la Descriptio urbis
Romæ, la Porcaria coniuratio e alcune epistole7. Per il Momus, invece, sino
al 1942, anno dell’edizione curata da Giuseppe Martini8, era giocoforza ri-
correre al volgarizzamento cinquecentesco di Cosimo Bartoli9. Proprio la
lettura del Momus in lingua originale e la scoperta di una silloge più ampia
delle Intercenali segneranno, come avremo modo di vedere, un profondo
mutamento nell’interpretazione dell’Alberti da parte di Garin.
Nel 1941 esce un volume che rappresenta la prima delle grandi anto-
logie di testi che Garin dedicò all’Umanesimo e al Rinascimento, fatico-
samente messo assieme in un periodo irto di difficoltà, scritto per la col-
lana di «Documenti di Storia e di Pensiero politico» diretta da Gioacchi-
no Volpe, che l’aveva pregato di scrivere un libro che facesse capire cosa
fosse quel Rinascimento «di cui tutti parlano»10. In questa ricca raccolta
di scritti latini (con traduzione) e in volgare sono riportati molti passi
albertiani, dai Libri della famiglia, ma anche dal De cifris, dalle intercena-
li Paupertas e Pontifex, dal De pictura, dal De re ædificatoria, dal Momus
e dalla Porcaria coniuratio. Il Momus, letto nel volgarizzamento del Barto-
li, viene definito «lucianesco» e vi si sottolinea – in conformità con quella
che era allora la lettura gariniana dell’Alberti – la presenza dell’«idea
dell’attività, della ‘virtù’, unica fonte della dignità degli uomini»11.
Del 1942 è la seconda grande antologia di testi umanistici, intitolata
Filosofi italiani del Quattrocento. Vi compare anche l’Alberti, il cui ritrat-
to viene efficacemente tratteggiato nell’Introduzione12, alla quale si ac-
7
Cfr. Leonis Baptistæ Alberti Opera inedita et pauca separatim impressa, Hier. Man-
cini curante, Florentiæ, Sansoni, 1890.
8 L. B. Alberti, Momus o del principe, testo critico, traduzione, introduzione e note a
nazionale, 1941. Si cita dall’Avvertenza, in cui Garin ripercorre le vicende legate a que-
sto suo libro, premessa alla prima e unica ristampa: Milano, Cappelli, 1980, pp. 5-10: 5.
11
Garin, Il Rinascimento italiano, p. 219: «Lucianesco, senza dubbio, il Momus o De
Principe, che L. B. Alberti compose dopo il 1443, forse contro papa Eugenio IV e il
cardinale Vitelleschi; ma, attraverso la reminiscenza classica, vive l’idea dell’attività, del-
la ‘virtù’, unica fonte della dignità degli uomini. Seguo il volgarizzamento di C. Bartoli
non avendo potuto avere il rarissimo testo latino».
12
Vd. Filosofi italiani del Quattrocento, pagine scelte, tradotte e illustrate da E.
Garin, Firenze, Le Monnier, 1942, pp. 38-40.
52 SEBASTIANO GENTILE
13
Ibidem, pp. 246-253.
14
Ibidem, p. 38; per il passo citato vd. L. B. Alberti, Opere volgari, a cura di C.
Grayson, vol. II, Rime e trattati morali, Bari, Laterza, 1966, p. 198.
15
Filosofi italiani, pp. 38-39.
16 E. Garin, La filosofia, vol. I, Milano, Vallardi, 1947, pp. 266-268, 273-274 (note).
17
E. Garin, Storia della filosofia italiana, vol. I, Torino, Einaudi, 1966 (19782), pp.
345-348. L’edizione del 1978, da cui si cita, rispetto a quella del 1966 presenta in più
un’Appendice bibliografica nel vol. III, alle pp. 1353-1428: 1379 (per l’Alberti).
18
Garin, La filosofia, vol. I, p. 266.
19
Garin, Storia della filosofia, vol. I, p. 345.
EUGENIO GARIN E LEON BATTISTA ALBERTI 53
20
Per l’accostamento col Bruno cfr. anche E. Garin, Interpretazioni del Rinascimen-
to, in Id., Dal Medioevo al Rinascimento. Due saggi, Firenze, Sansoni, 1950, pp. 61-88,
poi in Id., Medioevo e Rinascimento, 19762 (2a ed. nella «Universale Laterza»; già nella
«Biblioteca di Cultura moderna», 1954 [19663]), pp. 85-100: 91 (rist. in Id., Interpreta-
zioni, vol. II, pp. 3-14: 8).
21
Garin, Storia della filosofia, vol. I, pp. 345-348: 347.
22
Cfr. Filosofi italiani, p. VI.
23 E. Garin, L’Umanesimo italiano. Filosofia e vita civile nel Rinascimento, Roma-
Bari, Laterza, 19942, con una importante avvertenza, in cui l’autore ripercorre la storia
della sua opera, a quasi cinquant’anni dalla prima pubblicazione in tedesco per la colla-
na «Ueberliefurung und Auftrag», diretta da Ernesto Grassi con la collaborazione di
Wilhelm Szilasi. Sulle circostanze relative alla pubblicazione di quest’opera si sofferma
54 SEBASTIANO GENTILE
in Mezzo secolo dopo, «Belfagor», LIII (1998), pp. 151-159, rist. in Garin, Sulla dignità
dell’uomo.
24
Nella storia vallardiana la citazione bibliografica relativamente a quest’opera
dell’Alberti pare in realtà sommaria, anche rispetto alle altre. Cfr. Garin, La filosofia,
vol. I, p. 274 nota 22: «Il Momus è nella trad. del Bartoli; ed. del testo: Roma, 1520 (ms.
Ottob. Lat. 1424), e di recente, Bologna, 1943 [sic]».
25
G. Gentile, Il concetto dell’uomo nel Rinascimento, «Giornale storico della lettera-
tura italiana», LXVII (1916), pp. 17-75.
26
G. Gentile, Il pensiero italiano del Rinascimento, Firenze, Sansoni, 19674 (= Id.,
Opere, vol. XIV), pp. 47-113.
27 G. Gentile, Storia della filosofia italiana, a cura di E. Garin, vol. I, Firenze,
affidamento sulle proprie forze riescono a salvarsi dai flutti, mentre colo-
ro che si lasciano trascinare dalla corrente vanno incontro alla morte;
sempre Gentile citava poi da un’altra intercenale, Defunctus, un passo in
cui vengono stigmatizzati coloro che attribuiscono alla fortuna l’ingiusta
distribuzione dei beni in questa vita e che passivamente attendono una
compensazione che dovrà avvenire nell’altra vita: in realtà, come scrive
l’Alberti, coloro «qui vulgo fortunati dicuntur» lo sono solo perché la
loro fortuna è cresciuta «hominum improbitate aut stultitia»28, ma ciò è
dovuto al fatto che gli uomini non sono in grado di utilizzare fino in
fondo la loro ragione, saggezza e virtù. Gentile passava poi ad esaminare
altri passi assai celebri dei Libri della famiglia – presenti anche nelle ope-
re antologiche di Garin che abbiamo prima ricordato – in cui si mostra
come l’uomo con l’ausilio della virtù sia in grado di sottrarsi al dominio
della fortuna, ad iniziare dal celebre passo del prologo – «tiene gioco la
fortuna solo a chi se gli sottomette»29 – fino a sancire l’impotenza della
fortuna di fronte alla virtù, e terminando con un passo dei Profugiorum
ab erumna libri (Della tranquillità dell’animo), in cui si esorta a non con-
fidare tanto nelle preghiere a Dio quanto nella virtù di ciascuno30.
Sono passi in cui si mostra un Alberti sicuro assertore della capacità
dell’uomo, con la sua volontà e la sua virtù, di essere artefice della sua
sorte a dispetto dei tentativi della fortuna di metterlo in crisi. Sono gli
stessi testi, con l’eccezione di quelli tratti dal Defunctus e dai Profugia,
che ritroviamo nell’Umanesimo italiano: di Fatum et fortuna è qui citato
in realtà un passo in cui le anime ammoniscono il filosofo ‘protagonista’
dell’intercenale a riconoscere i limiti delle sue capacità conoscitive di
fronte ai segreti divini. Ma per il resto anche Garin insiste sul motivo
della virtù che vince la fortuna, sottolineando allo stesso tempo come
l’uomo debba per sua natura essere utile agli altri uomini, calandone l’at-
tività nell’ambito della civile convivenza; convivenza e bene comune che
non devono essere abbandonati neppure per desiderio di conoscenza,
come si legge nel De iciarchia: «chi, per cupidità d’imparare quello che
28
Cfr. Alberti Opera inedita, p. 216; ma vd. ora L. B. Alberti, Intercenales, a cura di
F. Bacchelli – L. D’Ascia, premessa di A. Tenenti, Bologna, Pendragon, 2003, p. 246.
29 L. B. Alberti, I libri della famiglia, a cura di R. Romano – A. Tenenti, nuova
non sa, abbandonasse il padre e gli altri suoi impotenti e destituiti, sareb-
be empio, inumano. L’uomo nacque per essere utile all’uomo»31. In ‘senso
civile’ vengono pure reinterpretati i passi dei Libri della famiglia utilizzati
in precedenza da Gentile e dallo stesso Garin, sottolineando però come
nell’Alberti virtù abbia un
ricchissimo significato […] che è l’agire dell’uomo colto in tutta la sua pienezza
di valore etico e politico, laddove fortuna è il limite dell’accadere fisico, impoten-
te, da solo, a vincolare completamente l’azione umana, che quand’è virtuosa, an-
che se sfortunata, vince sempre, riscattandosi nei confini di quella città umana
dove il valore infelice è non solo santificato, ma resta fecondo nella sua funzione
educatrice32.
L’uomo trova la sua dignità operando nella città terrena e per l’uomo
prudente la fortuna potrà costituire sì un limite alla sua azione, ma su di
essa la virtù riuscirà «sempre trionfatrice, per l’assoluto imperio che essa
ha nel mondo spirituale dell’uomo, ove non le potrà mai essere negata,
pur nella sventura, la gloria e la fecondità perenne di un’efficacia educa-
trice»33.
L’interpretazione che Garin dà dell’Alberti muta radicalmente in un
celebre saggio intitolato Interpretazioni del Rinascimento, uscito la prima
volta nel 195034. Sono pagine giustamente famose, in cui Garin si poneva
il problema di quel «momento cruciale nella storia dell’Occidente» in cui
andranno ricercate le «linee orientatrici essenziali della nostra cultura»;
di quel momento che aveva determinato la caduta di «una veneranda
forma del filosofare», il tramonto di «una annosa immagine del mondo»,
«il funerale solenne, ma funerale, di una nobilissima, ma defunta, inter-
pretazione della realtà»35. Un periodo che segnava «la fine di una sicurez-
za, la nascita di una ricerca tormentata, in una direzione ancora non chia-
ra, proprio perché la rivendicata figura dell’uomo ‘libero’ si poneva al
31
Cit. in Garin, L’Umanesimo italiano, p. 75.
32 Ibidem, p. 77.
33
Ibidem, p. 79. In entrambi, Gentile e Garin, si passa poi ad un confronto del
concetto di virtù in Alberti, Machiavelli e Guicciardini.
34 Già citato supra, alla nota 20. Lo stesso Garin (Sessanta anni dopo, p. 155; passo
cit. infra, pp. 57-58) porrà nel 1950 la ‘svolta’ nella sua interpretazione dell’Alberti. Vd.
anche anche Ciliberto, Il Rinascimento, pp. 38-43.
35 Garin, Interpretazioni del Rinascimento, pp. 85-86 (Garin, Interpretazioni, vol. II,
pp. 3-4).
EUGENIO GARIN E LEON BATTISTA ALBERTI 57
36
Ibidem, p. 86 (Garin, Interpretazioni, vol. II, p. 4).
37 Ibidem, p. 89 (Garin, Interpretazioni, vol. II, p. 6).
38
Ibidem, p. 91 (Garin, Interpretazioni, vol. II, p. 8).
58 SEBASTIANO GENTILE
39
Garin, Sessanta anni dopo, pp. 155-156.
40
L. B. Alberti, Alcune intercenali inedite, a cura di E. Garin, «Rinascimento», s. II,
IV (1964), pp. 125-258, poi ristampato nei «Quaderni di “Rinascimento”»: L. B.
Alberti, Intercenali inedite, a cura di E. Garin, Firenze, Sansoni, 1965.
41
E. Garin, La letteratura degli umanisti, in Storia della letteratura italiana, sotto la
direzione di E. Cecchi – N. Sapegno, vol. III, Il Quattrocento e l’Ariosto, Milano,
Garzanti, 1966, pp. 7-353: 257-279 e 349-350 (bibliografia).
EUGENIO GARIN E LEON BATTISTA ALBERTI 59
mali lottano senza esclusione di colpi, dove i valori tradizionali non sono che
strumenti ipocriti di un gioco crudele, dove regnano sovrane forza e astuzia42.
Nello stesso saggio Garin lamentava anche il fatto che i più recenti
editori dei Libri della famiglia avessero trascurato l’Alberti latino, senza
preoccuparsi di indagare quale relazione vi fosse tra questo Alberti e l’Al-
berti volgare. Manifestava inoltre la necessità di una nuova interpretazio-
ne dell’Alberti, in cui i diversi aspetti della sua personalità venissero presi
in considerazione superando una frattura che li aveva separati come ap-
partenenti a più persone vissute in ‘mondi’ diversi.
L’occasione per presentare una nuova lettura dell’Alberti venne con il
cinquecentenario della sua morte, una celebrazione a cui Garin partecipò
con contributi fondamentali che poi rifuse nei saggi dedicati all’Alberti
di un suo libro del 1975, Rinascite e rivoluzioni, in cui tentò, direi riu-
scendovi appieno, di tratteggiare la figura dell’Alberti in tutte le sue sfac-
cettature43.
Per Garin una lettura complessiva dell’opera albertiana, latina e vol-
gare, non poteva che mettere in crisi le tante interpretazioni parziali che
fino ad allora ne erano state date44. Risultava difficile accettare ancora
l’idea di un Alberti promotore convinto della superiorità della virtù sulla
minismo: Studi e ricerche, Pisa, Nistri-Lischi, 1970, e Firenze, Le Lettere, 19932, pp. 43-
72: 65. La citazione dal Momus si può leggere oggi in L. B. Alberti, Momus, English
translation by S. Knight, Latin text edited by V. Brown – S. Knight, Cambridge (MA)-
London, The Harvard University Press, 2003, p. 32.
43
E. Garin, Rinascite e rivoluzioni. Movimenti culturali dal XIV al XVIII secolo,
Roma-Bari, Laterza, 1975, pp. 131-196 (cap. IV, Studi su Leon Battista Alberti). Vi ven-
gono rifusi i seguenti contributi: Il pensiero di Leon Battista Alberti e la cultura del Quat-
trocento, «Belfagor», XXVII (1972), pp. 501-521; Leon Battista Alberti e il mondo dei
morti, «Giornale critico della filosofia italiana», a. LII (LIV), s. IV, IV (1973), pp. 178-
189 (rist. in Garin, Interpretazioni, pp. 251-262); Il pensiero di Leon Battista Alberti nella
cultura del Rinascimento, in Atti del Convegno internazionale nel V centenario di Leon
Battista Alberti. Roma-Mantova-Firenze, 25-29 aprile 1972, Roma, Accademia Nazionale
dei Lincei, 1974, pp. 21-41; Il pensiero di Leon Battista Alberti: caratteri e contrasti,
«Rinascimento», s. II, XII (1972) [ma 1974], pp. 3-20 (rist. in Garin, Interpretazioni, pp.
233-249). A questi saggi di più ampio respiro s’aggiungono anche due brevi schede
albertiane: Reminiscenze albertiane, «Rivista critica di storia della filosofia», XXVII
(1972), pp. 222-223, e Fonti albertiane, ibidem, XXIX (1974), pp. 90-91.
44 Sui molti volti dell’Alberti si veda anche E. Garin, Presentazione, in Il San
45
Garin, Rinascite e rivoluzioni, p. 138. Il passo, tratto da C. Dionisotti, Geografia e
storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1967, pp. 54-55 (ed. 19803, p. 65), è cit.
anche in E. Garin, Leon Battista Alberti e l’autobiografia, in Concordia discors. Studi su
Niccolò Cusano e l’umanesimo europeo offerti a Giovanni Santinello, a cura di G. Piaia,
Padova, Antenore, 1993, pp. 361-376: 365.
46
Cfr. Garin, Rinascite e rivoluzioni, pp. 134 nota 2, 151 e nota 31, 152-153.
47
Ibidem, p. 163. Garin insiste sul «gusto dell’autore a incarnarsi via via nei vari
personaggi». Perciò «sarebbe un errore identificare Battista in modo esclusivo con que-
sto o con quello degli interlocutori. Egli è sempre l’uno e l’altro».
48
Cfr. ibidem, pp. 138, 163 e 175.
EUGENIO GARIN E LEON BATTISTA ALBERTI 61
nelle sue forze, che con la virtù vince e sottomette la fortuna; immagine
che pone in secondo piano due elementi sempre presenti nell’Alberti:
il ricordo, ossessivo come un incubo, di una amara esperienza giovanile; la consa-
pevolezza dell’assurdità di un mondo in cui, al posto della saggia provvidenza,
imperversa una fortuna cieca, e unica sicurezza è la morte49.
49
Ibidem, p. 152.
50
Ibidem, pp. 150-151. Per il passo citato vd. Alberti, I libri della famiglia, p. 162 (l.
II, 1784). Il passo aristotelico ci è conservato da Cic., Fin., 3, 40 (= fr. 61 Rose).
51
Garin, Rinascite e rivoluzioni, pp. 147-150.
52
Ibidem, pp. 149-150. L’articolo di Garin a cui si fa riferimento è Fonti albertiane
(vd. supra, nota 43).
62 SEBASTIANO GENTILE
53
Vd. in particolare Cic., Tusc., III, 1, 2-2, 6. Vd. anche Alberti, Profugiorum ab
erumna libri, p. 24, in cui si rinvia a E. Garin, Educazione umanistica in Italia, Bari,
Laterza, 1949 (19759), pp. 85 e 142.
54
Cfr. Alberti, I libri della famiglia, p. 163 (l. II, 1804-1807): «Fece la natura, cioè
Iddio, l’uomo composto parte celesto e divino, parte sopra ogni mortale cosa
formosissimo e nobilissimo […]».
55
Cfr. Garin, Rinascite e rivoluzioni, pp. 158 e 163.
56 Ibidem, p. 158.
57
Ibidem, p. 166.
EUGENIO GARIN E LEON BATTISTA ALBERTI 63
58 Ibidem, p. 176. Per il passo citato vd. Alberti, I libri della famiglia, p. 55 (l. I, 1155-
1170): «La natura, ottima constitutrice delle cose, volle nell’uomo non solo che viva palese
e in mezzo degli altri uomini, ma certo ancora pare gli abbia imposto necessità che con
ragionamento e con altri molti modi comunichi e discopra a’ medesimi uomini ogni sua
passione e affezione, e raro patisce in alcuno rimanere o pensiero o fatto ascoso, e non da
qualcuno lato saputo dagli altri. E pare che la natura stessa dal primo dì che qualunque
cosa esce in luce abbia loro iniunte e interserte certe note e segni patentissimi e manifesti,
co’ quali porgano sé tale che gli uomini possano conoscerle quanto bisogna a saperle usare
in quelle utilità sieno state create. E più nell’ingegno e intelletto de’ mortali have ancora
inseminato la natura e inceso una cognizione e lume di infinite e occultissime ragioni di
ferme e propinque cagioni, colle quali conosca onde e a che fine sieno nate le cose».
59
Ibidem, p. 178 (cfr. anche p. 157); per la citazione vd. Alberti, I libri della famiglia,
pp. 55-56 (l. I, 1787-1788).
60
Cfr. ibidem (con rinvii, per il Theogenius, a Alberti, Opere volgari, vol. II, «pp. 92
e sgg.»).
61 Ibidem.
64 SEBASTIANO GENTILE
62Cfr. ibidem, pp. 170 e 190. Sulla Famiglia come utopia vd. anche ibidem, p. 166.
63
Garin, Leon Battista Alberti e l’autobiografia (vd. supra, nota 45), dove tra l’altro
riprende la definizione della Famiglia «come una sorta di utopia» (ibidem, p. 365).
64 Cfr. ibidem, p. 361, sulla pubblicazione del Momus nel 1942 come di «un ‘inedito’
di eccezionale valore».
65
Cfr. ibidem, pp. 362-365.
66 Ibidem, p. 373. Per l’autobiografia si veda R. Fubini – A. Menci Gallorini, L’autobio-
grafia di Leon Battista Alberti. Studio e edizione, «Rinascimento», s. II, XII (1972), pp. 21-78.
EUGENIO GARIN E LEON BATTISTA ALBERTI 65
67
Garin, Leon Battista Alberti e l’autobiografia, p. 375.
68
Su Garin storico della scienza non si può che rinviare a M. Torrini, Storia della
filosofia, storia della scienza, in Eugenio Garin. Il percorso storiografico di un maestro del
Novecento. Giornata di studio. Prato, Biblioteca Roncioniana, 4 maggio 2002, a cura di F.
Audisio – A. Savorelli, Firenze, Le Lettere, 2003, pp. 93-113.
66 SEBASTIANO GENTILE
esso è pur venuto su Niccolò Machiavelli, e tutto quel fermento di critiche che
si è espresso, poi, in un Telesio o in un Bacone; che un Erasmo da Rotterdam o
un Montaigne sarebbero difficilmente concepibili senza la cultura quattrocen-
tesca69.
69
Garin, L’Umanesimo italiano, pp. 8-9. Cfr. Torrini, Storia della filosofia, pp. 95-96.
L’Introduzione, da cui è tratto il passo citato, non figura nell’edizione svizzera del 1947;
su quest’ultima vd. supra, pp. 53-54 e nota 23.
70
Cfr. E. Garin, Gli umanisti e la scienza, «Rivista di filosofia», LII (1961), pp. 259-
278, poi in Id., L’età nuova, Napoli, Morano, 1969, pp. 449-475: 462-465. Sul Benivieni
cfr. infra, p. 68, e E. Garin, Gli umanisti e le scienze, «Giornale critico della filosofia
italiana», a. LXX (LXXII), s. VI, XI (1991), pp. 341-356 (già comparso, in una prima
versione, su «La nuova critica», n.s., III-IV [1990], quaderno 15-16, pp. 5-20), poi
riproposto in Id., Il ritorno dei filosofi antichi, ristampa accresciuta del saggio Gli
umanisti e la scienza [sic], Napoli, Bibliopolis, 1994, pp. 105-126: 118.
EUGENIO GARIN E LEON BATTISTA ALBERTI 67
71
Garin, Gli umanisti e la scienza, pp. 465 sg. Ma cfr. anche Id., Premessa, in Firenze
e la scoperta dell’America. Umanesimo e geografia nel ’400 fiorentino, catalogo a cura di
S. Gentile, Firenze, Olschki, 1992, pp. 11-13.
72
E. Garin, La cultura del Rinascimento. Profilo storico, Bari, Laterza, 1976 (già pub-
blicato in lingua tedesca: Id., Die Kultur der Renaissance, in Propyläen Weltgeschichte, VI,
Berlin-Frankfurt-Wien, Propyläen-Verlag, 1964, pp. 429-534), pp. 146-147.
73
E. Garin, Scienza e vita civile nel Rinascimento italiano, Bari, Laterza, 1965, pp.
XIV-XV.
74
E. Garin, Relazione di sintesi, in Atti del primo convegno internazionale di ricognizio-
ne delle fonti per la storia della scienza italiana: i secoli XIV-XVI, a cura di C. Maccagni,
Firenze, G. Barbèra, 1967, pp. 279-296, poi rist. col titolo Fonti italiane di storia della
scienza (Note per un programma), in Garin, L’età nuova, pp. 477-500: 491-492.
75
E. Garin, Premessa, in A. A. Björnbo, Die mathematischen S. Marcohandschriften
in Florenz, nuova edizione a cura di G. C. Garfagnini, con una premessa di E. Garin,
Pisa, Domus Galilæana, 1976, pp. IX-XIX.
68 SEBASTIANO GENTILE
del fatto che «con tutti i meriti degli umanisti il progresso della matema-
tica si dovette ai matematici, non agli umanisti, e tanto meno ai maghi e
agli astrologi»76 – s’interrogava sulla possibilità di tracciare «la linea di
demarcazione che allora separava i vari campi», su quale fosse «il confine
rigoroso fra il lavoro del filologo e l’approfondimento del matematico»77.
Una linea di demarcazione sempre più difficile da determinare, ma
che era forse superfluo segnare con precisione, tenendo conto che si do-
veva piuttosto spostare l’accento: dalla distinzione fra i vari campi del
sapere al metodo che gli umanisti applicavano ai testi letterari, come a
quelli filosofici o scientifici; bisognava cioè comprendere – come Garin
rilevava già nell’Introduzione all’Umanesimo italiano, del 1952 – che la
soluzione del problema stava nella rinata filologia, divenuta lo strumento
con cui gli umanisti vollero distruggere la filosofia tradizionale, quella
delle grandi sistemazioni scolastiche, sostituendola con «indagini concre-
te, definite, precise, nelle due direzioni delle scienze morali (etica, politi-
ca, economica, estetica, logica, retorica) e delle scienze della natura che,
coltivate iuxta propria principia, al di fuori di ogni vincolo e di ogni aucto-
ritas, hanno in ogni piano quel rigoglio che l’‘onesto’, ma ‘ottuso’ scola-
sticismo ignorò»78. Così in campo scientifico, si vollero
precisare la natura delle malattie o la struttura dei viventi con ‘grammaticale’ pe-
danteria; proprio perché – come insegna il grande Antonio Benivieni – alle scuole
dei ‘grammatici’ avevano imparato un metodo e un modo di affrontare la realtà.
Che è precisamente quell’atteggiamento ‘filologico’ che, come aveva ben visto una
storiografia oggi troppo facilmente disprezzata, costituisce appunto la nuova ‘filo-
sofia’, ossia il nuovo metodo di prospettarsi i problemi, che non va considerato
quindi, come taluno crede, accanto alla filosofia tradizionale, come un aspetto se-
condario della cultura rinascimentale, ma proprio effettivo filosofare79.
76
P. L. Rose, Humanist Culture and Renaissance Mathematics. The Italian Libraries
of the Quattrocento, «Studies in the Renaissance», XX (1973), pp. 46-105: 105.
77 Garin, Premessa, in Björnbo, Die mathematischen S. Marcohandschriften, p. XVIII.
78
Garin, L’Umanesimo italiano, p. 10. Tra virgolette Garin riprende la definizione
riportata supra, p. 65, data da Sarton della Scolastica.
79 Ibidem, p. 11. Sul Benivieni cfr. anche supra, p. 66.
EUGENIO GARIN E LEON BATTISTA ALBERTI 69
Proprio questo passo è stato di recente preso come esempio della con-
cezione dell’Umanesimo di Garin, in un bel volume di Christopher Ce-
lenza83. Per introdurre a un pubblico americano Garin e Kristeller, Ce-
lenza presenta Benedetto Croce e Giovanni Gentile come principali ispi-
80
Cfr. Garin, L’Umanesimo italiano, p. 11 nota 5. Sull’atteggiamento classificatorio
di Kristeller cfr. Ch. S. Celenza, The Lost Italian Renaissance: Humanists, Historians, and
Latin’s Legacy, Baltimore-London, The John Hopkins University Press, 2004, p. 54.
81
Si può rinviare a Garin, Sessanta anni dopo, pp. 146-147, nonché ai testi indicati
alle note 79 e 81. Già nel 1941 comunque Garin (Il Rinascimento italiano, p. 47) scrive-
va: «Il moto umanistico non è stato una parentesi retorica, sterile nelle sue polemiche
filologiche, chiusa in una fallita rinascita di nazionalismo di parole, staccata dalla via
regia del pensiero e della storia moderna. Se così fosse, ben misera cosa sarebbe. Supe-
rata l’antitesi di antichi e moderni, di latini e barbari, trasformati i vecchi materiali in
nuovi edifici, la nuova filologia in nuova filosofia inverante ogni sforzo del pensiero
passato, il Rinascimento rinnovò veramente il miracolo greco conquistando al mondo
una perenne verità di vita».
82
Garin, L’Umanesimo italiano, p. 22.
83
Celenza, The Lost Italian Renaissance, pp. 16-57, in part. le pp. 35-36. Su
Kristeller e Garin, cfr. anche J. Hankins, Two Twentieth-Century Interpreters of Renais-
sance Humanism: Eugenio Garin and Paul Oskar Kristeller, «Comparative Criticism»,
XXIII (2001), pp. 3-19; Id., Renaissance Humanism and Historiography Today, in
Palgrave Advances in Renaissance Historiography, ed. by J. Woolfson, Houndsmills,
Basingstoke-New York, Palgrave Macmillan, 2005, pp. 73-96: 75-80; W. Boutcher, The
Making of the Humane Philosopher: Paul Oskar Kristeller and Twentieth-Century
70 SEBASTIANO GENTILE
ratori dei due più giovani studiosi. In particolare Croce avrebbe privile-
giato una visione storica, diacronica, non metafisica, mentre Gentile una
visione centrata sulla metafisica e sulla sincronia, differenze che si sareb-
bero riflesse rispettivamente in Garin e Kristeller:
Overall, the most important difference between Garin and Kristeller is that
Garin held a predominantly diachronic, historically oriented, immanentist ou-
tlook and Kristeller one of a synchronic, metaphysically oriented, transcendenta-
list idealism84.
Intellectual History, in Kristeller Reconsidered: Essays on His Life and Scholarship, ed. by
J. Monfasani, New York, Italica Press, 2006, pp. 39-70.
84
Celenza, The Lost Italian Renaissance, p. 28.
85
Gli stessi accostamenti sono ripresi, richiamandosi al libro di Celenza, anche dal
suo maestro R. G. Witt, L’umanesimo civile di Eugenio Garin da una prospettiva america-
na, «Giornale critico della filosofia italiana», a. LXXXIV (LXXXVI), s. VII, I (2005),
pp. 40-48, in part. p. 46: «Garin appartiene alla tradizione di Croce, Kristeller è più
vicino a Gentile».
86
Garin, Interpretazioni del Rinascimento, p. 99. Su questo passo si sofferma anche
A. Scazzola, Giovanni Gentile interprete del Rinascimento, Napoli, Vivarium, 2002, p.
208 nota 202.
EUGENIO GARIN E LEON BATTISTA ALBERTI 71
87 Cfr. Garin, La filosofia, vol. I, p. V: «Nel 1949 Giovanni Gentile propose che, a
completamento della Sua vallardiana Filosofia, che intendeva condurre fino a tutto il ’400,
io compilassi un secondo volume, dal ’500 a tutto l’800 secondo i criteri e nei limiti stabiliti
per la collezione dei “Generi Letterari”. Io terminavo sulla fine del ’42 l’opera mia; Gio-
vanni Gentile non completò mai il primo volume»; cfr. Id., Sessanta anni dopo, p. 144;
Colloqui con Eugenio Garin. Un intellettuale del Novecento, a cura di R. Cassigoli, Firenze,
Le Lettere, 2000, pp. 17-18. Sui rapporti tra Garin e Gentile riguardo all’interpretazione
del Rinascimento vd. Tra scienza e storia: percorsi del neostoricismo italiano: Eugenio Garin,
Paolo Rossi, Sergio Moravia, a cura di F. Cambi, Milano, Unicopli, 1992, p. 46 nota 57; M.
Capati, Cantimori, Contini, Garin. Crisi di una cultura idealistica, Bologna, Il Mulino, 1997,
pp. 73-105 (cap. III, Eugenio Garin), in part. le pp. 85-89; Scazzola, Giovanni Gentile,
passim. Ma si terrà anche conto di quanto su Gentile e il Rinascimento ha scritto lo stesso
Garin in molti suoi contributi, tra cui ricorderemo almeno i primi due, dall’identico titolo,
specificamente dedicati all’argomento: Giovanni Gentile interprete del Rinascimento, «La
Rinascita», VII (1944), pp. 63-70; Giovanni Gentile interprete del Rinascimento, «Giornale
critico della filosofia italiana», a. XXVI, s. III, I (1947), pp. 117-128 (rist. in Giovanni
Gentile. La vita e il pensiero, Firenze, Sansoni, 1948, pp. 207-220). Più in generale sulla
formazione di Garin e sui suoi rapporti con Gentile si veda C. Cesa, Momenti della forma-
zione di uno storico della filosofia (1929-1947), in Eugenio Garin. Il percorso storiografico di
un maestro del Novecento, pp. 15-34. Da tenersi presente anche E. Garin, Intervista sull’in-
tellettuale, a cura di M. Ajello, Roma-Bari, Laterza, 1997, pp. 22-30 e 48-51.
88 E. Garin, Introduzione, in Gentile, Storia della filosofia italiana, vol. I, pp. XIII-LI: XLVIII.
72 SEBASTIANO GENTILE
Garin può così deplorare più apertamente che altrove «la stupida
tesi» secondo cui «nei secoli d’oro del Rinascimento artistico-letterario, il
pensiero filosofico e scientifico avesse avuto una battuta d’arresto»91; in
realtà era avvenuto tutt’altro, e ciò in virtù di un continuo scambio, alla
pari, tra artisti, umanisti, scienziati, uniti da un «linguaggio corrente, un
sentire comune: il richiamo alla misura, alla ragione, che fa correre paral-
lele la pagina del moralista e del politico, dell’architetto e del fisico, del-
l’astronomo e del metafisico» dove «gli antichi sono maestri di un meto-
do fatto di esperienza e ragione»92; un metodo la cui applicazione è par-
ticolarmente evidente nella Firenze del Toscanelli, di Antonio Manetti,
del Traversari, del Brunelleschi e dell’Alberti.
Non sorprende, a questo punto, quel che Garin ebbe a scrivere in una
lettera a Renzo Cassigoli, che lo aveva citato a proposito del Brunelleschi
in un un suo articolo:
Desidero dirle grazie per la citazione (su «Mattina» di oggi 11 giugno) di quel
testo di Brunelleschi. È più di mezzo secolo che insisto su quella convergenza
«umanisti-artisti-scienziati». La grandezza del Rinascimento è tutta lì93.
89 Sulla nuova ‘biblioteca’ si veda in particolare Garin, Il ritorno dei filosofi antichi, in
part. pp. 11-52 (cap. I, Per una ‘nuova’ biblioteca, pp. 11-30; e cap. II, Nuovi testi e nuove
traduzioni, pp. 31-52). Vd. anche Colloqui con Eugenio Garin, pp. 21-22: «Procedendo a
ritroso ho incontrato il Quattrocento italiano. Mi convinsi allora che non si trattava di un
rinnovamento solo letterario ma di tutta l’enciclopedia del sapere: quello che noi chiamia-
mo ‘Umanesimo’, insomma, stabiliva nuovi rapporti fra le diverse discipline», e i passi,
tratti dallo stesso volume, cit. più sotto nel testo.
90
E. Garin, Filippo Brunelleschi e la cultura del Quattrocento, in Id., Umanisti artisti
scienziati, pp. 153-169: 154-155.
91
Ibidem, p. 155.
92 Ibidem, p. 159.
93
Colloqui con Eugenio Garin, p. 85. Si tratta di una lettera di Garin a Cassigoli del
EUGENIO GARIN E LEON BATTISTA ALBERTI 73
20 giugno 1996. Potrebbe tuttavia esservi un errore, forse di trascrizione, dal momento
che l’articolo a cui fa riferimento Garin (R. Cassigoli, La sindrome di Firenze, «Mattina»,
Supplemento de «l’Unità», anno II, n. 137) è effettivamente dell’11 giugno 1996. Il testo
cit. da Cassigoli nell’articolo proviene da Garin, Filippo Brunelleschi, p. 165.
94
Ibidem, p. 22.
95
E. Garin, Osservazioni preliminari a una storia della filosofia, «Giornale critico
della filosofia italiana», a. XXXVIII, s. III, XIII (1959), pp. 1-55, rist. in Id., La filosofia
come sapere storico, pp. 33-86: 79. Cfr. supra, p. 50 e nota 3.
74 SEBASTIANO GENTILE
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