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Lezione n.

14
I serbatoi cilindrici: analisi dello stato di sollecitazione
L’equazione generale

In aggiunta allo studio di strutture con prevalente sviluppo monodimensionale (travi, pilastri,
strutture rappresentabili con aste in genere), in cui si ha che una dimensione (la lunghezza) risulta
preponderante rispetto alle altre due (le dimensioni trasversali della sezione), occorre spesso
analizzare il comportamento di elementi in cui si abbiano due dimensioni prevalenti sulla terza.
E’ questo il caso di alcune strutture piane (lastre o piastre), a semplice o doppia curvatura: in
quest’ultima categoria rientrano ad esempio le cupole (purché di piccolo spessore) ed i gusci sottili.

A
Tra le strutture a semplice curvatura rientrano i serbatoi cilindrici, il cui studio riveste una certa
importanza per la vasta gamma di applicazioni che possono trovare riscontro in impianti spesso
collegati ad alcuni aspetti dell’ingegneria ambientale (si pensi, ad esempio, a vasche di
decantazione o di sedimentazione in impianti di trattamento delle acque, a digestori, etc.).
In questo capitolo si affronterà quindi lo studio dei serbatoi cilindrici, analizzandone in generale lo
stato di sollecitazione/deformazione ed investigando alcuni dei casi più semplici che possono
incontrarsi correntemente.
ZZ
Caratteristiche di sollecitazione per carichi assial-simmetrici
Il serbatoio riportato in figura rappresenta la situazione tipica che verrà investigata: si tratta di una
vasca di forma cilindrica contenente, fino ad una certa quota, del liquido, ed immersa, per una certa
profondità, nel terreno. Da un punto di vista geometrico, siamo quindi in presenza di un cilindro di
altezza h e raggio a, con generatrici verticali, di spessore s. Lo spessore del serbatoio è (in genere)
molto più piccolo sia del raggio che dell’altezza del cilindro, cosicché due dimensioni (a ed h) sono
preponderanti rispetto alla terza (s).
Il liquido esercita una spinta verso l’esterno, in accordo con le leggi dell’idrostatica, che creerà uno
O
stato di sollecitazione sulle pareti del serbatoio. In questa prima fase dello studio si prescinderà
dalla conformazione del fondo del serbatoio e dalla presenza di eventuali elementi superiori di
copertura, per focalizzare l’attenzione verso il solo cilindro. Si considererà un sistema di riferimento
cilindrico, con l’asse X diretto come le generatrici del cilindro e diretto verso l’alto: gli altri due
elementi del sistema di coordinate saranno rappresentati dal raggio (che si riterrà costante e pari ad
a) e dall’angolo al centro (in generale definito come “longitudine” ed indicato con ϕ).
B

quota del liquido


spinta
idrostatica
h

terreno
X

2a

Gianni Bartoli – Appunti di Tecnica delle Costruzioni Revisione – 8/12/01


Lezione n. 14 – pag. XIV.2

Le ipotesi alla base dello studio, saranno le seguenti:


- spessore (s) “piccolo” rispetto all’altezza h ed al raggio a (dove per “piccolo”, si intende,
analogamente a quanto fatto nello studio delle travi, almeno un ordine di grandezza(*);
- validità dell’ipotesi di comportamento elastico lineare del materiale (e quindi piccoli
spostamenti e piccole deformazioni);
- carichi in direzione soltanto radiale (cioè ortogonali alla superficie del cilindro) e costanti lungo
i paralleli (indipendenti cioè dalla longitudine ϕ): l’unica dipendenza del carico dal sistema di
riferimento è quindi lungo la direzione meridiana X. Questa condizione di carico sarà definita
come assial-simmetrica, cioè simmetrica rispetto all’asse geometrico del cilindro;
- le caratteristiche di sollecitazione (che nel caso della trave sono definite sull’area trasversale
della sezione) saranno riferite all’unità di lunghezza, come indicato nel seguito.
Il solido di cui ci occupiamo è quindi riportato in figura, dove sono indicate le varie grandezze
geometriche di interesse.

A
s
a

ZZ 1

h
1

X ϕ
O
Per caratterizzare lo stato di sollecitazione, si estrae un elemento unitario dalla superficie del
cilindro (ossia di base ed altezza unitarie e spessore s), evidenziando le azioni interne che ne
garantiscono l’equilibrio.
La caratteristica del carico (assial-simmetrica) implica che, nel piano della sezione del cilindro, ogni
asse passante per il centro del cerchio sia asse di simmetria; in altre parole, la struttura in esame
possiede infiniti assi di simmetria. Per l’elemento unitario estratto, quindi, deve risultare uno stato
B

di sforzo indipendente dal valore della longitudine ϕ.


Di conseguenza si ha che sono diverse da zero soltanto le azioni indicate nella figura di sinistra
mentre devono necessariamente risultare nulle le azioni riportate nella figura di destra.

(*)
Per fissare le idee, una vasca di sedimentazione in cemento armato ha spessori nell’ordine dei 20÷40 cm, un raggio
nell’ordine di grandezza di qualche metro (tipicamente 6÷10 m) ed un’altezza almeno pari a 3 m. Nel caso di
serbatoi in acciaio, le dimensioni di altezza e raggio sono praticamente le stesse, mentre gli spessori si riducono di
un fattore 10 (spessori nell’ordine di qualche cm).
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Lezione n. 14 – pag. XIV.3

Nx+dNx
Qx+dQx
Txϕ
Nϕ X
Mϕ 1

Mx+dMx X Tϕx
1
X’ X
Qϕ Qϕ
Nϕ X
Mϕ Tϕx X Mϕ

Mx
X Txϕ

A
Nx 1 Qx 1

In dettaglio:
- il momento flettente “di parallelo” Mϕ (cioè quello che inflette i paralleli della struttura) deve
ZZ
essere costante rispetto a ϕ e quindi deve essere nullo il taglio corrispondente (indicato con Qϕ);
- analogamente, lo sforzo normale di parallelo Nϕ deve risultare costante rispetto a ϕ;
- le azioni di taglio nel piano della sezione (indicate con Tϕx e Txϕ) devono essere nulle in quanto
non rispettano la simmetria del problema (per l’elemento estratto, anche l’asse X’ è infatti asse
di simmetria, per cui Tϕx deve essere nullo: Txϕ è di conseguenza nullo per l’equilibrio nel piano
dell’elemento);
- i momenti torcenti (non indicati nella figura) sono nulli ancora per la simmetria del problema.
In ultima analisi, le uniche caratteristiche di sollecitazione non nulle sono:
Nϕ, sforzo normale di parallelo
Mϕ, momento flettente di parallelo
Nx, sforzo normale di meridiano
O
Mx, momento flettente di meridiano
Qx, taglio di meridiano
Tutte queste grandezze risultano, come già detto, indipendenti da ϕ e quindi sono funzioni soltanto
di x(**). La variabilità da x è offerta dalla dipendenza da x del carico applicato sul serbatoio. E’ da
ricordare che tali caratteristiche di sollecitazione sono riferite all’unità di lunghezza, quindi si
misurano in
B

[F/L] = [F⋅L-1] per Nϕ, Nx e Qx


[F⋅L/L] = [F] per Mϕ e Mx
E’ da osservare che anche se un momento per unità di lunghezza è rappresentato
(dimensionalmente) da una forza, si preferisce in genere adottare la scrittura in termini di F⋅L/L,
proprio per evidenziare il fatto che di momento si tratta. In altre parole, si useranno spesso unità di
misura del tipo Nm/m (Newton metro per metro) o kgcm/cm (kilocentimetri per centimetro), in
modo da sottolineare la grandezza “momento per unità di lunghezza”.

(**)
I carichi, come ipotizzato, agiscono soltanto in direzione radiale, per cui non si ha carico in direzione X; di
conseguenza lo sforzo normale di meridiano Nx è generalmente nullo. In realtà si ha uno sforzo normale di
meridiano a causa della presenza del peso proprio della struttura: gli elementi meridiani risultano quindi compressi
con un valore dello sforzo normale negativo e crescente (in valore assoluto) verso il basso, quindi massimo in
corrispondenza del fondo del serbatoio. Nx risulta quindi staticamente determinato, e verrà tralasciato nel seguito.
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Lezione n. 14 – pag. XIV.4

Lo sforzo normale di parallelo


Lo sforzo normale di parallelo Nϕ dà luogo, per un elemento infinitesimo, ad una risultante che per
simmetria ha componente soltanto in direzione radiale e che vale (si veda la parte di sinistra della
figura seguente)
R R
a dϕ a dϕ
dϕ/2 dϕ/2
ρ
Nϕ Nϕ
a
a
dϕ dϕ

A
 dϕ   dϕ 
dR = 2 ⋅ N ϕ ⋅ sin   ≈ 2 ⋅ N ϕ ⋅   = N ϕ ⋅ dϕ
 2   2 
dove si è considerato un angolo al centro di valore infinitesimo.
Analogamente, considerando una distribuzione di forze radiali di intensità ρ, si avrebbe che la

dR = ρ ⋅ ds = ρ ⋅ a ⋅ dϕ
ZZ
risultante su un elemento infinitesimo ha ancora componente soltanto radiale ed assume il valore

dove si è sfruttata la relazione


ds = a ⋅ dϕ
Uguagliando i due termini si ottiene
N ϕ ⋅ dϕ = ρ ⋅ a ⋅ dϕ
e quindi

ρ=
O
a
La presenza dello sforzo normale di parallelo è quindi assimilabile ad una distribuzione di carico
radiale di intensità Nϕ/a, verso l’interno del serbatoio se di trazione.
In termini deformativi, la presenza di Nϕ genera un allungamento delle fibre del parallelo che può
essere valutata come segue. Lo sforzo normale induce tensioni normali pari a
Nϕ Nϕ
σϕ = =
B

A s ⋅1
dove si è fatto uso del fatto che le caratteristiche di sollecitazione sono espresse come azioni per
unità di lunghezza (da cui l’area al denominatore). Di conseguenza si ingenerano delle deformazioni
che ammontano a
σϕ Nϕ Nϕ
εϕ = = =
E E ⋅ s ⋅1 E ⋅ s
dove E rappresenta il modulo di Young del materiale costituente il serbatoio. Tali deformazioni,
positive se Nϕ è di trazione, comportano un allungamento del parallelo, che si trasforma da una
circonferenza di raggio a in una circonferenza di raggio maggiore. Ipotizzando che il raggio del
cilindro aumenti di w (passando da a ad un valore a+w), si avrebbe una deformazione
L dopo − L prima 2 ⋅ π ⋅ (a + w ) − 2 ⋅ π ⋅ a w
εϕ = = =
L prima 2⋅π⋅a a

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Lezione n. 14 – pag. XIV.5

dove si è indicato con Lprima e Ldopo rispettivamente lo sviluppo del parallelo prima della
deformazione e dopo la deformazione. Uguagliando le due espressione per εϕ si ottiene
Nϕ w
=
E ⋅s a
Infine, sostituendo l’espressione che lega Nϕ a ρ, ricavata in precedenza si ottiene la relazione finale
Nϕ 1 w ⋅ E ⋅ s E ⋅s
ρ= = = w⋅
a a a a2
cioè: la presenza di uno sforzo normale di parallelo si manifesta come una pressione radiale (verso
l’interno se Nϕ è di trazione) proporzionale, attraverso il fattore Es/a2, al valore dello spostamento
radiale w.
In altre parole, le strisce lungo i paralleli “sostengono” il serbatoio con forze proporzionali allo

A
spostamento. L’azione, ad esempio, di un liquido internamente al serbatoio tende a deformare il
serbatoio stesso verso l’esterno (ossia ad allungare i paralleli): la struttura si oppone al movimento
generando uno sforzo normale (di trazione) di parallelo tanto più grande quanto maggiore è lo
spostamento.

L’equazione della linea elastica


ZZ
A questo punto, lo sforzo normale di parallelo può
essere sostituito dalla presenza di un carico radiale
dell’intensità ricavata in precedenza. Isolando un
meridiano del serbatoio, e tralasciando per il momento
la presenza del momento flettente Mϕ, si ha la
situazione riportata in figura.
Ogni striscia meridiana è quindi assimilabile ad una
trave inflessa dal carico “equivalente”
p(x) – ρ(x)
p(x)
O
dove p(x) rappresenta il carico radiale applicato,
positivo se agente verso l’esterno del serbatoio. Di ρ(x)
conseguenza il carico equivalente può essere
uguagliato al termine EJ⋅w(IV), tipico della trave
inflessa (equazione della linea elastica).
In realtà al termine E si sostituisce il valore E´ definito
dalla relazione
x
B

E
E′ =
1− ν2
che, attraverso il coefficiente di Poisson, ν, tiene in conto del fatto che la deformazione in direzione
meridiana è ostacolata dalla presenza delle strisce in direzione del parallelo (si veda l’appendice al
presente capitolo).
Si ha quindi
E⋅J E ⋅s
⋅ w ( IV) (x ) = p(x ) − ρ(x ) = p(x ) − ⋅ w (x )
1− ν2 a2
ossia
E⋅J E ⋅s
⋅ w ( IV) (x ) + ⋅ w (x ) = p (x )
2
1− ν a2
Il valore di J della striscia meridiana è offerto da

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Lezione n. 14 – pag. XIV.6

s 3 ⋅1
J=
12
per una striscia di lunghezza unitaria, e quindi, ponendo
E⋅J E ⋅ s3
D=
1− ν2
=
(
12 ⋅ 1 − ν 2 )
si ha
E ⋅s p (x )
w ( IV) (x ) + ⋅ w (x ) =
2 D
D⋅a
Infine, ponendo
E ⋅s
4 ⋅ α4 =

A
D⋅a2
si ottiene l’equazione della linea elastica del serbatoio nella sua forma “classica”
p(x )
w ( IV) (x ) + 4 ⋅ α 4 ⋅ w (x ) =
D

α=4
2
4⋅a ⋅D
E ⋅s
4⋅a
=4
2

ZZ
La costante α che compare nell’equazione differenziale è ovviamente definita da

E ⋅ s 12 ⋅ 1 − ν 2
E ⋅s 3
=
1 4
a ⋅s
( )
⋅ 3⋅ 1− ν2 ( )
e quindi dipende dalle caratteristiche geometriche del serbatoio (raggio a e spessore s) e dal
materiale (attraverso ν). La dipendenza da ν è però piuttosto debole, come si può osservare dai
valori riportati nella tabella seguente, in cui si sono utilizzati i valori usuali di ν:
ν=0.0 ν=0.1 ν=0.2 ν=0.25 ν=0.3
(
4 3⋅ 1− ν2 ) 1.3161 1.3128 1.3027 1.2950 1.2854
O
Conseguentemente si assume di solito
1.3
α≈
a ⋅s

Soluzione dell’equazione differenziale


L’equazione differenziale appena ricavata(***) ha soluzione generale del tipo
B

w (x ) = w om (x ) + w part (x )
in cui si è divisa la soluzione dell’equazione omogenea associata (wom(x)) dall’integrale particolare
wpart(x), dipendente dalla particolare condizione di carico p(x) considerata. Inoltre si ha
w (x ) = e αx ⋅ [C1 ⋅ cos(αx ) + C 2 ⋅ sin (αx )] + e −αx ⋅ [C3 ⋅ cos(αx ) + C 4 ⋅ sin (αx )] + w part (x )

(***)
Tale equazione è formalmente uguale alla relazione a cui si perviene nel calcolo degli spostamenti di una
fondazione su suolo elastico alla Winkler (letto di molle elastiche). Nel caso del serbatoio, è come se le strisce
meridiane fossero supportate da un letto di molle elastiche rappresentato dai paralleli dello stesso serbatoio: gli
elementi in direzione del parallelo forniscono cioè un vincolo elastico alle strisce meridiane. Il fenomeno è molto
simile a quello che avviene in una “botte” in legno, dove le doghe (meridiane) sono sostenute elasticamente dalla
presenza dei cerchi metallici. La spinta del liquido all’interno provoca un’inflessione delle doghe ed uno sforzo di
trazione nei cerchi (che rappresenta il motivo per il quale, a parte altre considerazioni di carattere pratico, i cerchi
sono realizzati in materiale che resiste bene a trazione, quale, appunto, il ferro o l’acciaio).
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in cui le 4 costanti Ci (i=1,…,4) sono da determinarsi in funzione delle condizioni al contorno.


Riguardo all’integrale particolare, è rilevante il caso in cui il carico sia espresso da una funzione
polinomiale in x, con grado del polinomio non superiore a 4. Nel caso del carico idrostatico, ad
esempio, il carico può essere espresso attraverso una forma lineare in x del tipo
( ) [
p(x ) = γ ⋅ h liq − x , x ∈ 0, h liq ]
essendo hliq l’altezza massima del liquido e γ il peso specifico del liquido contenuto dal serbatoio.
Anche nel caso più generale in cui
p(x ) = Pn (x ), n < 4
indicando con Pn(x) un polinomio di grado n in x, si può comunque porre
P (x )
w part (x ) = n , n<4
4 ⋅ α4 ⋅ D

A
o anche, sfruttando la definizione di α,
a2
w part (x ) = Pn (x ), n < 4
E ⋅s
La parte della soluzione relativa all’equazione omogenea associata, si presta invece ad alcune
riflessioni.
ZZ
Nel caso limite in cui l’altezza h del serbatoio fosse estremamente elevata, al limite tendente
all’infinito, la soluzione ricavata deve porsi nella forma
w om (x ) = e −αx ⋅ [C 3 ⋅ cos(αx ) + C 4 ⋅ sin (αx )]
ossia occorre che le due costanti C1 e C2 assumano valori nulli. Se così non fosse, infatti, si avrebbe
che per x→∞ la soluzione (a causa dell’esponenziale positivo) tenderebbe all’infinito, con l’assurdo
di avere spostamenti infiniti anche per valori finiti del carico.
La soluzione quindi, nel caso di serbatoi di lunghezza infinita, può essere posta nella forma
w om (x ) = C ⋅ e −αx ⋅ sin (αx + ψ )
O
in cui le due nuove costanti C e ψ sono collegate alle precedenti dalle consuete relazioni
C 
C = C32 + C 24 , ψ = atn  3 
 C4 
Si ha quindi
w (x ) = C ⋅ e −αx ⋅ sin (αx + ψ ) + w part (x )
B

L’ultima espressione riportata per la soluzione dell’equazione omogenea associata consente


l’adozione di una semplice regola “mnemonica” di derivazione. Si ha infatti che
dw om (x )
w om (x ) = C ⋅ e − αx ⋅ sin (αx + ψ ) ⇒
dx
( )  π
= − α 2 ⋅ e − αx ⋅ sin  αx + ψ − 
4

cioè l’operazione di derivazione comporta che:
- il modulo risulta moltiplicato per (-α√2)
- la fase risulta in ritardo di π/4
Una volta imposte le condizioni al contorno e ricavate le due costanti di integrazione C e ψ, le
grandezze di interesse possono essere ricavate per derivazione, come avviene usualmente
nell’integrazione della linea elastica di una trave inflessa.

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Lezione n. 14 – pag. XIV.8

In particolare si avrà(****):
dw (x ) π  dw part (x )
ϕ(x ) = −
dx
( ) 
= − α 2 ⋅ C ⋅ e − αx ⋅ sin  αx + ψ −  +
4 dx

π  d w part (x )
( )
2
d 2 w (x ) d 2 w (x ) 
M x (x ) = +(E ′J ) = +D 2
= D ⋅ 2α ⋅ C ⋅ e − αx
⋅ sin  αx + ψ −  +
dx 2 dx 2  2 dx 2

3π  d w part (x )
( )
3
d 3 w (x ) d 3 w (x ) 
Q x (x ) = +(E′J ) = +D = D⋅ − 2 2 ⋅α ⋅C⋅e 3
⋅ sin  αx + ψ −  + − αx
dx 3 dx 3  4  dx 3
dove si è indicata con ϕ(x) la rotazione delle strisce meridiane del serbatoio.
Inoltre, una volta note le espressioni di w(x) e di Mx(x) si possono ricavare i valori delle altre due

A
caratteristiche di sollecitazione attraverso le relazioni (la dimostrazione della validità della seconda
è riportata in appendice)
E ⋅s
N ϕ (x ) = ⋅ w (x )
a
M ϕ (x ) = ν ⋅ M x (x )

La lunghezza d’onda
ZZ
Come si può osservare dalle relazioni precedentemente scritte, a meno del contributo dell’integrale
particolare tutte le grandezze di interesse mostrano un andamento rispetto alla variabile x espresso
dal prodotto di una funzione esponenziale decrescente e di una funzione armonica, come mostrato
nella figura seguente, riferita al caso α=1, C=1, ψ =1.
0.35

0.30

0.25
O
0.20
lunghezza d’onda, λ
0.15

0.10
B

0.05

0.00

-0.05
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
La parte armonica dell’espressione che caratterizza la parte omogenea della soluzione
dell’equazione differenziale presenta un periodo (o meglio, lunghezza d’onda) indicata con λ e che
può essere ricavata dall’espressione

(****)
Rispetto alla linea elastica di una trave c’è in realtà una piccola differenza: le convenzioni adottate per attribuire i
segni positivi alle caratteristiche di sollecitazione, considerano positivi i momenti che tendono l’interno del
serbatoio, e positivi i tagli che inducono un differenziale positivo del momento nel verso positivo dell’ascissa X.
Tale convenzione è opposta rispetto a quella adottata nello studio delle travi: questa è la ragione per cui si è posto
Mx(x)=+Dw”(x), anziché con l’usuale segno negativo.
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Lezione n. 14 – pag. XIV.9

2⋅π as
α⋅λ = 2⋅π ⇒ λ = ≈ 2⋅π⋅ ≈ 4.83 ⋅ as
α 1.3
Se si valuta il rapporto tra il valore dello spostamento in una generica sezione di ascissa x ed il
valore della stessa grandezza ad una ascissa (x+λ) si ottiene
w (x + λ ) C ⋅ e − α(x + λ ) ⋅ sin[α(x + λ ) + ψ ] e − α(x + λ ) 1
= = = e − αλ = e − 2π ≈ 0.0019 ≈
w (x ) C ⋅ e − αx ⋅ sin[αx + ψ ] e − αx 536
dove si è sfruttata la periodicità della parte armonica della funzione w(x). Analogamente, il
confronto tra il valore dello spostamento in una generica sezione di ascissa x ed il valore della
stessa grandezza ad una ascissa (x+λ/2) porge
αλ
w (x + λ / 2) C ⋅ e − α(x + λ / 2 ) ⋅ sin[α(x + λ / 2) + ψ ] e − α (x + λ / 2 ) − 1
= =− = e 2 = −e − π ≈ −0.0432 ≈ −

A
w (x ) C ⋅ e − αx ⋅ sin[αx + ψ ] e − αx 23
Quanto sopra osservato permette di affermare che tutti gli effetti – ad esclusione di quelli
direttamente collegati, attraverso l’integrale particolare wpart(x), al carico – tendono a smorzarsi
rapidamente, tanto che dopo una lunghezza paragonabile alla lunghezza d’onda, si sono ridotti al
2‰ circa del valore iniziale.
Di conseguenza, un serbatoio più lungo di λ è in sostanza assimilabile ad un serbatoio di lunghezza
ZZ
infinita, visto che tutti gli effetti, al di sopra di tale lunghezza, sono praticamente nulli. La
trattazione proposta, a priori valida soltanto per altezza h del serbatoio tendente all’infinito, è quindi
in realtà utilizzabile ogniqualvolta l’altezza h sia dello stesso ordine di grandezza della lunghezza
d’onda λ (anzi, anche se l’altezza fosse paragonabile a λ/2, si commetterebbe comunque un errore
trascurabile, visto che dopo λ/2 gli effetti si sono ridotti al 4% di quelli iniziali).
Sotto tale condizione ricade la maggior parte dei serbatoi di interesse: tanto per fissare le idee, un
serbatoio in cemento armato con spessore s=20 cm e raggio a=10 m, conduce a
λ ≈ 4.83 ⋅ as = 4.83 ⋅ 10 ⋅ 0.20 = 6.83 m
cioè è da ritenersi infinitamente lungo se l’altezza h è maggiore di 7 m circa (quindi addirittura
O
inferiore al raggio). Il concetto di “infinitamente lungo” è quindi esclusivamente matematico, non
rispecchiando, in generale, la realtà geometrica dell’oggetto.
B

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Lezione n. 14 – pag. XIV.10

Appendice
Nel caso delle lastre (cioè di solidi a sviluppo bidimensionale, siano essi piani o curvi, come nel
caso dei serbatoi), l’equazione di legame che lega le tensioni normali alle corrispondenti
deformazioni è espressa dalle relazioni

σ x =
E
[
ε + ν ⋅εy
2 x
]
 1 − ν

σ y =
E
[
εy + ν ⋅ εx ]
 1− ν2
σ z = 0

dove x e y sono le due dimensioni che identificano la lastra (nel caso del serbatoi, per l’elemento
infinitesimo, rappresentano rispettivamente la direzione meridiana e di parallelo), e z è la direzione

A
ortogonale, lungo la quale, date le piccole dimensioni, si trascura la presenza di tensioni normali
(conducendo a quello che viene spesso definito come “stato piano di tensione”).
Come si può osservare, le relazioni scritte sono le stesse valide nel caso generale qualora si
sostituisca il termine E´ (definito come E/(1-ν2)) ad E. Si può facilmente rendersi conto della verità
dell’affermazione utilizzando la forma completa delle equazioni di legame e utilizzando σz=0.
[ ]

[
ZZ
σ x = 2G ⋅ ε x + λ ⋅ ε x + ε y + ε z

σ y = 2G ⋅ ε y + λ ⋅ ε x + ε y + ε z

[
σ z = 2G ⋅ ε z + λ ⋅ ε x + ε y + ε z = 0
]
]
dalla terza equazione, con semplici passaggi, si ottiene

εz = −
λ
2G + λ
[
⋅ εx + εy ]
che, sostituita nella prima, conduce a

σ x = 2G ⋅ ε x + λ ⋅ ε x + ε y −
λ 
( 
)
⋅ ε x + ε y  = 2G ⋅ ε x +
λ
( 
⋅ εx + εy  )
O
 2G + λ   2G + λ 
Introducendo le due costanti E e ν al posto di G e λ, e ricordando le espressioni
λ E
ν= , G= ,
2G + 2λ 2(1 + ν )
si ha
B

λ λ 1 1 ν
= = = =
2G + λ 2G + 2λ − λ 2G + 2λ − 1 1 − 1 1 − ν
λ ν
e quindi

σ x = 2G ⋅ ε x +
ν
1− ν
( 
) 
⋅ ε x + ε y  = 2G ⋅ ε x ⋅
1
1− ν
+ εy ⋅
ν  2G
=
1 − ν  1 − ν
[
⋅ εx + ν ⋅ εy ]
  
da cui il risultato

σx =
E
(1 + ν ) ⋅ (1 − ν )
[
⋅ εx + ν ⋅ εy = ]
E
[
⋅ εx + ν ⋅ εy ]
1− ν2
Gli stessi passaggi conducono all’espressione per σy.
Le espressioni che invece legano le deformazioni alle tensioni sono quelle già note in cui si ponga
σz=0
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Lezione n. 14 – pag. XIV.11

 1
[
ε x = E σ x − ν ⋅ σ y ]
 1
[
ε y = σ y − ν ⋅ σ x
E
]

1
[
ε z = − ν ⋅ σ x − ν ⋅ σ y
 E
]
Le formule scritte permettono di stabilire il legame tra Mx e Mϕ. Infatti il momento Mx produce,
lungo lo spessore del serbatoio, una tensione normale che attinge il suo valore massimo in
corrispondenza delle fibre più distanti dal baricentro del serbatoio e che vale
M s 6⋅ Mx
σ x , max = −σ x , min = x ⋅ =
s 3 ⋅1 2 s2
12

A
analogamente
6 ⋅ Mϕ
σ y, max = −σ y, min =
s2
dove si è identificata la direzione y con quella del parallelo. Dal momento che i meridiani non sono
liberi di espandersi in direzione trasversale (non possono cioè variare la curvatura lungo la direzione
dei paralleli, stante la simmetria del problema investigato), occorre che i contributi in εy imputabili

1
ε y = σy − ν ⋅ σx =
E
6
ZZ
ai momenti flettenti Mx e Mϕ siano complessivamente nulli. Di conseguenza si ha:
[ ]
E ⋅s2
[
Mϕ − ν ⋅ M x = 0 ]
e quindi
Mϕ = ν ⋅ M x
E’ da osservare che l’uguaglianza utilizzata afferma l’assenza di curvature lungo y, ma non
l’assenza di deformazioni. Come già indicato in precedenza, in direzione dei paralleli si ha infatti
una deformazione εy=εϕ costante lungo lo spessore, causata dalla presenza dello sforzo normale di
parallelo Nϕ.
O
B

Gianni Bartoli – Appunti di Tecnica delle Costruzioni BOZZA SOGGETTA A REVISIONE

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