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Chip 65C02
15/03/2020
✔ Note Legalesi.
➜ http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/
65C02 & Terminetor Magnetico
Indice
Capitolo 1: La battaglia di Fort Polignac ….……………………………………………..………..Pag.7
Capitolo 2: La battaglia di Capo Fe to …………………………………………………….………….Pag.24
Capitolo 3: L’asse dio di Surgut ………………………………………………………….………….… Pag.41
Capitolo 4: L’acce rchiamento di Surgut …………………………………………………………….Pag.57
Capitolo 5: La battaglia pe r Surgut ……………………………………….………………..…..… Pag.64
Breve Prefazione
Le credenze greche narrano che Marte fosse il dio della guerra, tuttavia a
parere di altri popoli con altre mitologie, in ogni confronto violento, c'erano 3
sempre anche molti altri dei minori, che osservavano, premiavano o punivano,
gli sciagurati umani che si combattevano, spesso per motivi stupidi.
"Sons of a lesser gods" alias "Figli di dei minori" è un nuovo ebook di Climate
Fiction, incentrato come gli altri ebook, sulle climate change war.
L’ansiogeno testo, narra le memorie di 5 testimoni del 2050, i quali raccontano
di 3 battaglie di minore importanza, che ebbero a deflagrare durante WWIII e
GUERRE PUNICHE II. Tutte le memorie, sono state intercettate dal backseat
dell'rF4 Phantom II di Blackjack, per cui è ovvio che le suggestioni musicali che
scandiscono l’incipit del testo, siano in inglese, dato che risentono dell'apparato
hardware del velivolo. Tutti i racconti, possono essere “esplorati” all’interno del
software della B.I.ARMA2/ARMA3 previa programmazione dei contesti tattici.
Molti decenni prima della detonazione di GUERRE PUNICHE II, la Francia ebbe
a smantellare le centrali nucleari a fissione che erano palesemente obsolete. I
materiali pericolosi, quanto i rifiuti nucleari
radioattivi, furono immagazzinati in una
gigantesca galleria scavata nella roccia,
in pieno deserto del Sahara. L'Algeria, ebbe
ad affittare alla Francia in un contratto di
1000 anni, una vasta area del deserto del
Sahara. L’area designata a deposito di scorie
e materiali radioattivi, fu quella delle vicinanze di Fort Polignac alias Illizi, in cui
furono stivati in una galleria artificiale, un’enormità di rifiuti radioattivi francesi.
La cittadella di Illizi fu abbandonata, tutta l'area fu interdetta per ragioni di
sicurezza, per un raggio di 500km e denominata DEAD ZONE. Nessuno poteva
entrare in quest’area, pena l’imposizione di forza letale, distribuita dai militi
francesi che erano di guardia, supportati dal sostegno aereo e tattico,
dell’Esercito Algerino.
Sostavano per contratto, nel 2050 nella cittadina fantasma di Fort Polignac, il
drappello del tenente Renault, il quale era in servizio nella DEAD ZONE, per 4
vigilare sul deposito di rifiuti radioattivi. La sua missione, nell'area di Fort
Polignac avrebbe dovuto essere solo di 3 mesi, poi un nuovo contingente
l’avrebbe dovuto rilevare, ma ovviamente le cose non andarono proprio così.
Dalla testimonianza del tenente Renault, s'inferisce che la battaglia per Fort
Polignac ebbe ad accadere, poco tempo dopo la Levata di Chartago, quando le
GUERRE PUNICHE II erano già detonate nelle Yellow Buffer Zones, e pochi
giorni dopo la detonazione di WWIII in
Siberia.
L’Accerchiamento di Surgut
Lo stesso identico evento, l'assedio a
Surgut, sarà raccontato dal punto di
vista del sergente Elizaveta Ivanov,
prima compagnia, 297th brigata missili
di difesa aerea, dell’esercito della
Repubblica Zarina: la storia ha come
incipit sonora, il pezzo Ursine Volpine
f.t. Annaca –Wicked Game per cui,
questo racconto è da considerarsi il
SEQUEL di "Lets light it up".
L’Assedio di Surgut
L'assedio a Surgut, sarà anche
raccontato dal punto di vista del
tenente James Gastovskj del
I°plotone, compagnia B, I°Brigata
dell'11st USE Cavalry; la sua storia
ha come suggestione sonora, il pezzo Black by Kari Kimmel per cui, questo 5
racconto è da considerarsi il SEQUEL di "Battle for Kalinka".
La peculiarità delle memorie del tenente Giovanni Rossi, è che il suo racconto
è relativo ad un interstizio irrazionale, posto a metà strada tra l'universo
atteso e l'universo pessimista. Per questa ragione, la storia che ci narrerà il
tenente Giovanni Rossi è molto interessante, essendo una novità assoluta!.
Nel contesto storico da cui proviene il tenente Giovanni Rossi, la Repubblica
Italiana s'era scissa pacificamente in due stati, spartendosi l'enorme debito
pubblico italiano.
C’era la Repubblica Federale d'Italia (ossia il centro nord della penisola italica)
con valuta Euro, poi c’era la Repubblica Democratica Italiana (un pezzo del
centro italia, con il sud della penisola ed alcune isole) dotate di Lira borbonica,
la cui moneta finì per essere subito iper-inflazionata, pari alla cartastraccia.
Il tenente Rossi ci racconta che non correva buon sangue tra le due entità 6
politiche, che una volta erano unite in un’unica nazione!. Dopo un breve
preambolo, con cui il tenente Rossi illustrerà come la penisola italica era finita
in questo "cul de sac", il militare del corpo dei bersaglieri, trasporterà il lettore
nell'inferno della Battaglia della Spiaggia di Capo Feto in Sicilia, nel
Mediterraneo Centrale durante le GUERRE PUNICHE II.
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Blue Side of the Mountain by The SteelDrivers
-Sì!, Olivier hai ragione- annuì il tenente Renault, che poi aggiunse
–i bastardi sono a solo 15 km dal nostro deposito di scorie nucleari-
-Lo penso anche io- esordì il tenente Renault, che annuì muovendo
la testa, poi aggiunse – Dobbiamo cavarcela con quello che
abbiamo!. I nemici sono tanti, sono molto vicini al nostro deposito!.
I nostri sensori di prossimità per qualche ragione, non hanno
funzionato, oppure sono stati jammati o distrutti o sabotati. Noi,
non possiamo perdere tempo prezioso, implorando supporto aereo
tattico o d’artiglieria, agli Algerini.-
-L’epoca del tiro al piccione è finita!. I carri armati T72 sono vetusti,
ma molto robusti, hanno visori notturni. Noi non abbiamo vantaggi
tattici rilevanti, come quando avevamo a che fare, con gli sbandati
delle truppe cammellate, che erano armati solo di AK47- rispose il
tenente Renault.
Dopo qualche secondo di silenzio, il tenente Renault aggiunse –
caporale Bernard, prendi la radio in alta frequenza, trasmetti sul
canale criptato, dai l’allarme generale al nostro accampamento di
fort Polignac, con un SMS. Che tirino fuori dalla naftalina i 7 missili
Javelin anti-tank. Voglio il carro armato Leclerc, quanto i 2 VBL,
pronti al combattimento tra mezz’ora. Poi i nostri devono
raggiungerci dove siamo. Digli d’andare piano, che alzino quanta
meno polvere possibile. Sono appena le 9:00 di mattina, c’è tempo
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per scegliere l’ora del nostro attacco. Poi voglio che l’addetto alle
telecomunicazioni, prenda il nostro camion da trasporto truppa, e
fili via!. Deve raggiungere il comando ad Algeri. Deve riferire di
persona, portando il messaggio che a noi servono munizioni
anticarro, artiglieria, rinforzi, ed abbiamo urgente bisogno
d’appoggio aereo tattico!-.
-Signore, quindi noi abbiamo da fare solo una marcia forzata nel
deserto, di 10km portandosi appresso i missili anticarro Javelin?!-
chiese con tono preoccupato il caporale Chevalier, che con le mani
tremanti, cercava di serrare la chiusura ermet ica del contenitore del
drone, che pareva proprio non volersi chiudere.
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Due fucilieri morti, due feriti gravi che poi erano deceduti per le
ferite subite: due VBL danneggiati, di cui uno colpito da RPG in
modo irrimediabile. Questo, era il costo pagato dai francesi per
annientare le truppe sub-sahariane, che s’erano addentrate nella
DEAD ZONE, per attaccare Fort Polignac.
Il carro armato Leclerc trascinò il VBL danneggiato sino alla base, fu
smontato per estrarne rapidamente tutti i pezzi (pneumatici e
sportelli) che servirono per riparare l’altro VBL. Il veicolo quasi
distrutto, fu camuffato alla meglio, per nascondere alla vista i suoi
danni irreparabili: il mezzo fu parcheggiato in piena vista, davant i
all’accampamento militare, sotto una tenda mimetica. Tutto quello
che c’era d’importante nella base francese, fu spostato e nascosto
dentro le molte case abbandonate di Fort Polignac, poi i militari
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francesi si prepararono al combattimento, seguendo le direttive del
tenente Renault.
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Dal carro armato Leclerc non uscì nessuno: esplose in una bolla di
fuoco, mentre la torretta saltò per aria, poi cadde pesantemente di
lato, mentre delle fiamme rosse come l’inferno, divorarono le nere
lamiere metalliche.
Non c’era stata mai alcuna reazione francese agli attacchi del Mil-mi
24; i francesi non avevano MANPAD o mitragliatrici anti-aeree e
l’unica cosa che potevano fare, era nascondersi e subire il
bombardamento nemico. Ma questo i sub-sahadiani non potevano
saperlo!. A terra, distante circa 200 mt da Fort Polignac, c’erano 8
fucilieri sub-sahariani che erano schierat i in linea, mentre altri 4
fucilieri erano a terra, presumibilmente gravemente ferit i, per
l’attacco del carro armato francese. I restanti 20 ostili sub-sahariani
erano tutti morti!.
Poi, l’elicotterista notò una nube di polvere alla sua destra, che gli
scatenò il panico: il militare sub-sahariano lasciò cadere tutte le
chiavi metalliche che impugnava, provò a precipitarsi dentro
l’elicottero, passando dal retro del portellone che era aperto, ma
una raffica di mitragliatrice in calibro .50 lo falciò, spaccandolo
letteralmente in due!.
So I s et out
Cross that way
Strike them down
To make them pay 24
Change their ways
Their evil ways
I found out
The hate grow cold
The god ris e up
Damn my s oul
Caus e I ain't change
Change my ways
I ain't change
So I won't hide
Ooooo
I won't hide
Oooooo
I can't hide Yeah!
Ooooooo
I can't hide HEY!
My evil ways
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Il tenente Giovanni Rossi era a bordo della Landing Platform Dock
Uss San Antonio, perché anche la Repubblica Federale Italiana
aveva inviato un piccolo contingente militare, consistente in un
manipolo di 4 carri leggeri Dardo, con 24 fucilieri armat i in Beretta
ARX200/Beretta 92FS. Tali forze sarebbero state impiegate
nell’operazione anti-pirateria nello stretto di Sicilia, mentre i
marines curavano l’evaquazione della base MUOS. Ai margini del
grande ponte poppiero, il tenente Rossi, appoggiato al parapetto,
scambiava quattro parole con il tenente Sawyer dei marines.
-Ci sono varie aree, che un tempo noi italiani chiamavamo Regioni,
con il tempo però, queste comunità hanno chiesto la secessione,
dopo un referendum popolare. Si sono proclamati indipendenti, ed
hanno chiesto l’annessione alla Francia, Svizzera, Austria- disse
Rossi. 26
-L’isola della Sardegna s’è tirata fuori dal pantano della Repubblica
Democratica Italiana, la RDI era troppo debole militarmente per
opporsi. Le altre aree, formalmente sono state vendute dalla
Repubblica Federale Italiana agli stati nazionali vicini, per abbattere
la quota parte di Debito Pubblico, che era in testa alla RFI, dopo la
secessione. Le popolazioni di varie aree, erano stanche di restare
nella RFI, quindi il governo ed il parlamento a Milano, invece
d’opporsi alle richieste locali rischiando una guerra civile, il
governo/parlamento della RFI colsero l’occasione per vendere pezzi
di territorio nazionale, a Francia, a Svizzera, ed Austria, abbattendo
così rapidamente il proprio debito pubblico- rispose il tenente Rossi.
-Ma la gente della RDI non erano italiani, come quelli della RFI?-
chiese il tenente Sawyer, che aveva gli occhi stralunati come un
pesce palla.
-Sì, c’è qualche clan- esordì padre Salvatore, che poi aggiunse con
un filo di voce – hanno la propria milizia privata, che non si cura di
proteggere i servi della gleba. Sono dall’altra parte della città, verso
l’entroterra, il clan locale non ha interesse a ciò che accade nei
quartieri abbandonati, vicino al porto.- rispose il curato.
-Vuol dire, che a Mazara del Vallo, le milizie sub sahariane hanno
conquistato la zona del porto?. Oppure, mi sta dicendo, che le
milizie locali hanno condiviso il controllo del territorio, con i nuovi
arrivati?- chiese il tenente Rossi.
-Mazara del Vallo non esiste più da vari anni, ora si chiama solo
Borgo Capo Feto, è una cittadina in rovina e semi abbandonata. Un
gruppo di servi della gleba, sopravvive di stenti, perché non può
fuggire altrove. Io non lo so, cosa hanno deciso, i pirati sub-
sahariani in combutta con le bande delle milizie locali- rispose il
curato, che teneva sempre lo sguardo basso.
-Ho deciso!. Adesso, sono le 5:10 del mattino. Mando il carro Dardo
n°4, ed i suoi 6 fucilieri d’equipaggio, al comando del sergente
Bianchi. Lei, padre Salvatore, provvederà a far da guida, indicherà
il tragitto più breve e sicuro, dentro la periferia di capo Feto, per
raggiungere l’obiettivo nemico.
Silence is broken
Confidence is gone
Everything you're holding on to
Falls
They're s inging
La la la la
La la la la
La la la la
They're s inging
La la la la
La la la la
La la la la
Oh la la la la la
Oh la la la la la
They're s inging
La la la la
La la la la
La la la la
They're s inging
La la la la
La la la la
La la la la
Capitolo 3: L’Assedio di Surgut
Nove giorni fà, quando scesi dal treno, alla stazione di Surgut,
c’erano solo due militari zarini ad attendere l’arrivo del mio
contingente: erano due spetnaz, li riconobbi dalla mimetica,
avevano dei nomi scritti con caratteri cirillici, sul lato sinistro
dell’uniforme.
-Collaborare con le forze zarine, per tenere Surgut!- risposi, poi gli
porsi la lista di carico, dei miei mezzi, ed aggiunsi –I mezzi sono
stati rimodernati, non hanno difetti, sono affidabili e perfettamente
funzionanti. Abbiamo tantissimo C4, ed anche un manipolo d’ottimi
artificieri. Sono dei veri esperti, in demolizioni controllate, inoltre
abbiamo tantissimi missili anti-carro Javelin ed anche dei vecchi
TOW, oltre ad un vagone colmo di MANPAD Stinger-
-Suo bis-nonno, era il russo che andò in orbita nel 1960?- chiesi,
cercando di sdrammatizzare i gelidi convenevo li.
-No!- sorrise lievemente il militare – è solo un banale caso
d’omonimia!- rispose Gagarin.
________________________
Ricordo, che gli dissi che io non avevo forze sufficienti per espletare
il mio compito in rapporto all’area che mi era stata assegnata. Il
maggiore mi rise in faccia, disse che tutti a Surgut non avevano
forze sufficient i, per fare quello che doveva essere fatto, però tutti
non si lagnavano e s’adattavano con quello che avevano!. La
situazione a Surgut era disperata, molto peggio di quanto credesse
il comando dell’USE Cavalry, che m’aveva spedito quì. Forse era
carenza di comunicazioni, oppure gli zarini avevano taciuto
parecchie informazioni, temendo che l’USE Cavalry non avrebbe
spedito truppe in contesti disperati e perdenti.
_________________
Il caso o forse il destino, volle che Elizaveta fosse identica alla mia
ex-moglie, tranne per il fatto che Elizaveta era più bassa ed aveva i
capelli neri, mentre la mia ex-moglie era bionda e più alta. Forse è
per questo, che Elizaveta mi piacque subito, appena la vidi. Per me
fu un colpo di fulmine, per lei non saprei dire.
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La puttana di mia moglie invece, m’aveva lasciato per un altro,
perché a causa del mio lavoro, lei diceva che io ero sempre fuori di
casa. La stronza, con il suo spietato avvocato, riuscì a portarmi via
la mia casa e la mia auto. Decisi d’andare in Europa, per
combattere nella WWIII. Accettai il gioco delle cittadinanze
europee, che erano regalate a tutti gli americani d’origine europea.
Era un maledetto trucco burocratico, per rimpinguare le fila dei
militari europei.
-E’ un militare del 7th US Air Cavalry- disse il tenente Gagarin, poi
dopo una breve pausa aggiunse –E’ venuto a Surgut, per restare.-
poi mi diede una grossa pacca sulle spalle e s’eclissò in silenzio.
-Ah!, un americano del 7th Air Cavalry!- disse Elizaveta, con gli 49
occhi tristi, mentre cercava d’esibire un falso sorriso forzato –
adesso si spiega, il perché della sua stupida decisione!.-
Io sorrisi e le dissi che poteva stare tranquilla, non ero così stupido
tanto quanto il generale Custer.
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Quel giorno ero nella taiga, intorno a Surgut, i miei fucilieri che
erano sopravvissuti a quei 10 giorni di violentissimi scontri, erano
sparsi in taiga, nascosti tra la neve e gli alberi. Imbarbariti dal
freddo e dalla guerra, non si facevano molte illusioni sul loro
destino, ma erano silenziosi e diligenti, sapevano controllare la loro
paura, tanto da apparire determinati.
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Io con il mio mirino laser, osservavo l'ambiente circostante, in
attesa di movimenti nemici, che sembravano tardare a palesarsi.
Avevamo respinto sino a quel giorno, tutti gli attacchi gengiskani,
anche se c’era stato un pesante costo da pagare!. Tutti, sapevamo
che non avremmo potuto reggere ancora molto a lungo, però
continuavamo a co mbattere, perché non c’era altro da fare.
Stavo rientrando di corsa, con quello che rimaneva del mio plotone,
ridotto ad un terzo dei suoi effettivi, quando il tenente Gagarin mi
contattò per radio. Una serie di missili da crociera gengiskani,
avevano colpito in pieno l’aeroporto di Surgut: tutto quanto era
stato ridotto in cenere!. Avevo udito le esplosioni, ma in fondo al
cuore, speravo stupidamente che l’attacco avesse colpito la
stazione ferroviaria, oppure il grosso ponte di Surgut.
The world was on fire and no one could s ave me but you
It's s trange what desire will make foolis h people do
I never dreamed that I 'd meet s omebody like you
And I never dreamed that I 'd los e s omebody like you
Erano già stati stesi in poco tempo, 9 dei dieci sottilissimi cavi
lunghi 5km, che innestati in picco li apparati elettronici, da collocare
sopra un albero, questi aggeggi zarini svolgevano il ruolo di radar
passivi quanto di jammers del segnale satellitare BeiDou3+. In
questo modo, a dire del comando zarino, si sarebbe interdetto ogni
attacco missilistico gengiskano a bassa quota. Anche il fuoco
nemico dell’artiglieria, quanto il supporto aereo tattico e le rotte 58
degli elicotteri d’attacco, in quest’area sarebbero stati inaccurati. I
gengiskani non avevano dei missili anti-radar efficaci, inoltre i
sistemi missilistici Pantisir e gli Shilka, potevano garantire la
protezione dei potenti ma vulnerabili radar, dei sistemi S300, i quali
erano perennemente accesi, per imporre la propria difesa aerea con
i missili S300.
Elizaveta aveva voluto fare una sortita in piena notte, non voleva
mandare nessun’altro, perché doveva ottimizzare la disposizione ed
i segnali dei dispositivi di jamming. Era stata scortata da uno
spetnaz, il loro obiettivo era di stendere quel maledetto decimo
cavo. Io non sapevo niente, nessuno m’aveva avvertito. Le sue
nove sortite, erano sempre riuscite senza incappare in problemi;
ma questa volta non andò proprio così.
Io ero già nella taiga, correvo come un pazzo, ero solo perché non
volevo sacrificare nessuno del mio plotone, per una missione che
probabilmente sarebbe stata suicida.
Per la terza volta della mia vita, da quando ero arrivato a Surgut,
sorrisi di nuovo: le dissi che per saperlo, si doveva vivere la
leggenda dell’11th USE Cavalry.
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Capitolo 5: La Battaglia per Surgut
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Giunsero rapidi, con delle email sui tablet di ciascun ufficiale, gli
obiettivi da raggiungere.
Non era quasi del tutto terminata questa reazione cinet ica
gengiskana, che sul campo di battaglia piombarono come falchi
predatori, tre Yak-130 zarini, che ingaggiarono in combattimento gli
elicotteri gengiskani. I veloci e manovrabili Yak130, fecero
rapidamente sfacelo dei lenti elicotteri da battaglia gengiskani,
sparando loro razzi anticarro!.
Lo scontro bellico iniziale, non era terminato: nel cielo in alta quota,
infervorava un'altra vio lenta battaglia!.
Alla fine del primo rapido e vio lento scontro, solo due dei cinque
Su27plus gengiskani inviat i in missione SEAD, tornarono indietro.