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NON EDIZIONI CHIP 65C02

SONS OF LESSER GODS


Release (v2.0) in Copyleft(BY-ND-NC)

Chip 65C02
15/03/2020
✔ Note Legalesi.

Il webmaster 6502 & Terminetor Magnetico ha costruito una serie di


racconti distopici ambientati nel 2050, che narrano lo stesso evento, con
variegati punti di vista: WWIII e Guerre Puniche II. L’obiettivo del
racconto é intrattenere & far riflettere il lettore.

In nessun caso sono collegate le persone, enti, organizzazioni e


quant'altro citato direttamente od indirettamente nel testo. È importante
tenere presente che ogni riferimento esplicito od implicito a fatti o
persone, enti, organizzazioni, eventi, circostanze future o presenti o
passate, che taluni lettori possono riconoscere od associare è del tutto
casuale ed immaginario. L'ebook.pdf è no-profit, l’autore non persegue 2
nessuno scopo di lucro o profitto diffondendo online il materiale
assemblato. Il volume è liberamente stampabile in tutto od in parte, è
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“Sons of lesser gods ” st ampat o il 15/3/2020 relea se (v2.0) i n COPYLEFT(BY-NC-ND)

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65C02 & Terminetor Magnetico
Indice
Capitolo 1: La battaglia di Fort Polignac ….……………………………………………..………..Pag.7
Capitolo 2: La battaglia di Capo Fe to …………………………………………………….………….Pag.24
Capitolo 3: L’asse dio di Surgut ………………………………………………………….………….… Pag.41
Capitolo 4: L’acce rchiamento di Surgut …………………………………………………………….Pag.57
Capitolo 5: La battaglia pe r Surgut ……………………………………….………………..…..… Pag.64

Breve Prefazione
Le credenze greche narrano che Marte fosse il dio della guerra, tuttavia a
parere di altri popoli con altre mitologie, in ogni confronto violento, c'erano 3
sempre anche molti altri dei minori, che osservavano, premiavano o punivano,
gli sciagurati umani che si combattevano, spesso per motivi stupidi.

"Sons of a lesser gods" alias "Figli di dei minori" è un nuovo ebook di Climate
Fiction, incentrato come gli altri ebook, sulle climate change war.
L’ansiogeno testo, narra le memorie di 5 testimoni del 2050, i quali raccontano
di 3 battaglie di minore importanza, che ebbero a deflagrare durante WWIII e
GUERRE PUNICHE II. Tutte le memorie, sono state intercettate dal backseat
dell'rF4 Phantom II di Blackjack, per cui è ovvio che le suggestioni musicali che
scandiscono l’incipit del testo, siano in inglese, dato che risentono dell'apparato
hardware del velivolo. Tutti i racconti, possono essere “esplorati” all’interno del
software della B.I.ARMA2/ARMA3 previa programmazione dei contesti tattici.

La battaglia di Fort Polignac


Il primo breve racconto, è centrato sul tenente Vincent Renault della LEGIONE
STRANIERA, questi dipingerà un piccolo affresco della battaglia per Fort
Polignac, Algeria, Nord Africa nel 2050. Il racconto, ha come incipit il testo e la
suggestione audio di Blue Side of the Mountain by The SteelDrivers.

Il colore blu in ambito militare è solitamente associato a truppe amiche o


Defenders, mentre il colore rosso è correlato a truppe nemiche o Aggressors.
E’ dentro una galleria scavata nella roccia e ricoperta di detriti, simile ad una
montagna, che il tenente Renault era di guardia.

Molti decenni prima della detonazione di GUERRE PUNICHE II, la Francia ebbe
a smantellare le centrali nucleari a fissione che erano palesemente obsolete. I
materiali pericolosi, quanto i rifiuti nucleari
radioattivi, furono immagazzinati in una
gigantesca galleria scavata nella roccia,
in pieno deserto del Sahara. L'Algeria, ebbe
ad affittare alla Francia in un contratto di
1000 anni, una vasta area del deserto del
Sahara. L’area designata a deposito di scorie
e materiali radioattivi, fu quella delle vicinanze di Fort Polignac alias Illizi, in cui
furono stivati in una galleria artificiale, un’enormità di rifiuti radioattivi francesi.
La cittadella di Illizi fu abbandonata, tutta l'area fu interdetta per ragioni di
sicurezza, per un raggio di 500km e denominata DEAD ZONE. Nessuno poteva
entrare in quest’area, pena l’imposizione di forza letale, distribuita dai militi
francesi che erano di guardia, supportati dal sostegno aereo e tattico,
dell’Esercito Algerino.

Sostavano per contratto, nel 2050 nella cittadina fantasma di Fort Polignac, il
drappello del tenente Renault, il quale era in servizio nella DEAD ZONE, per 4
vigilare sul deposito di rifiuti radioattivi. La sua missione, nell'area di Fort
Polignac avrebbe dovuto essere solo di 3 mesi, poi un nuovo contingente
l’avrebbe dovuto rilevare, ma ovviamente le cose non andarono proprio così.

Dalla testimonianza del tenente Renault, s'inferisce che la battaglia per Fort
Polignac ebbe ad accadere, poco tempo dopo la Levata di Chartago, quando le
GUERRE PUNICHE II erano già detonate nelle Yellow Buffer Zones, e pochi
giorni dopo la detonazione di WWIII in
Siberia.

La Battaglia per Surgut


Ritroveremo in questo testo, le
memorie del tenente De Zhao,
2°plotone, III°compagnia,
I°battaglione, II°reggimento,
180°Divisione di fanteria
meccanizzata, della IX°Legione del
fronte dell’Est, dell'Esercito Imperiale della Repubblica Popolare Gengiskana. Il
tenente De Zhao, trascinerà il lettore sul campo di battaglia di Surgut, nel
Bassopiano Siberiano Centrale, nella WWIII di Siberia 2050. Il racconto è il
SEQUEL di “Operazione Yangtze-Kiang” ha per incipit il testo e la soundtrack
Xian – Chinese battle music.

L’Accerchiamento di Surgut
Lo stesso identico evento, l'assedio a
Surgut, sarà raccontato dal punto di
vista del sergente Elizaveta Ivanov,
prima compagnia, 297th brigata missili
di difesa aerea, dell’esercito della
Repubblica Zarina: la storia ha come
incipit sonora, il pezzo Ursine Volpine
f.t. Annaca –Wicked Game per cui,
questo racconto è da considerarsi il
SEQUEL di "Lets light it up".

L’Assedio di Surgut
L'assedio a Surgut, sarà anche
raccontato dal punto di vista del
tenente James Gastovskj del
I°plotone, compagnia B, I°Brigata
dell'11st USE Cavalry; la sua storia
ha come suggestione sonora, il pezzo Black by Kari Kimmel per cui, questo 5
racconto è da considerarsi il SEQUEL di "Battle for Kalinka".

La Battaglia di Capo Feto


Ultimo testimone, non meno importante degli altri, è il tenente Giovanni Rossi
dell'Esercito della Repubblica Federale Italiana, che ci racconterà la Battaglia
per la Spiaggia di Capo Feto in
Sicilia, nel Mediterraneo Centrale
durante le GUERRE PUNICHE II.
L'incipit della sua storia, è la
suggestione musicale di Evil Ways
by Blues Saraceno

Vi sono molte Guerre Puniche II: per


cause endemiche e/o per diversione
strategica, le memorie di tale
complesso evento, scaturiscono da
tanti testimoni, i quali le narrano in modo differente, a seconda di quale
Universo Pessimista od Atteso, provengano le loro testimonianze!.

• Nell'Universo Atteso la Repubblica Italiana sotto lo stress esterno delle


Guerre Puniche II, si frantumò in tre parti, finendo anche devastata da
una guerra civile.
• Nell'Universo Pessimista, la Repubblica Italiana si dissolse, per shock
finanziario e valutario, le istituzioni italiane scomparvero in un Nuovo
Medioevo, vari anni prima della detonazione delle Guerre Puniche II. La
penisola italica, nelle Guerre Puniche II fu infatti una colonia succube a
Chartago, quanto una realtà ostile ad Euroma.

La peculiarità delle memorie del tenente Giovanni Rossi, è che il suo racconto
è relativo ad un interstizio irrazionale, posto a metà strada tra l'universo
atteso e l'universo pessimista. Per questa ragione, la storia che ci narrerà il
tenente Giovanni Rossi è molto interessante, essendo una novità assoluta!.
Nel contesto storico da cui proviene il tenente Giovanni Rossi, la Repubblica
Italiana s'era scissa pacificamente in due stati, spartendosi l'enorme debito
pubblico italiano.

C’era la Repubblica Federale d'Italia (ossia il centro nord della penisola italica)
con valuta Euro, poi c’era la Repubblica Democratica Italiana (un pezzo del
centro italia, con il sud della penisola ed alcune isole) dotate di Lira borbonica,
la cui moneta finì per essere subito iper-inflazionata, pari alla cartastraccia.

Il tenente Rossi ci racconta che non correva buon sangue tra le due entità 6
politiche, che una volta erano unite in un’unica nazione!. Dopo un breve
preambolo, con cui il tenente Rossi illustrerà come la penisola italica era finita
in questo "cul de sac", il militare del corpo dei bersaglieri, trasporterà il lettore
nell'inferno della Battaglia della Spiaggia di Capo Feto in Sicilia, nel
Mediterraneo Centrale durante le GUERRE PUNICHE II.

Auguro a tutti, un’angosciante lettura!

Chip65C02
Blue Side of the Mountain by The SteelDrivers

Theres a place in a piney hollow


That no one but me can find
Some Choctaw built it in the hillside
Stone by s tone in a simpler time

Its a holy place my daddy s howed me


Back before this land was mine
On the blue side of the mountain
Where the sun don't ever s hine

So deep and dark like a hurtin' down in my heart 7


Maybe s omeday they'll s how me s ome kind of sign
On the blue side of the mountain
Where the sun don't ever s hine

I m goin' back to a world of shadow


Gotta find s ome peace 'for I los e my mind
On the blue side of the mountain
Where the sun don't ever s hine

So deep and dark like a hurtin' down in my heart


Maybe s omeday they'll s how me s ome kind of sign
On the blue side of the mountain
Where the sun don't ever s hine

Where the sun don't ever s hine


Capitolo 1: La Battaglia di Fort Polignac

Il basso e tarchiato tenente Vincent Renault, il gigantesco sergente


maggiore Olivier Abanda, il giovanissimo magro ed ossuto caporale
Bernard Chevalier, osservavano il tablet, che mostrava a video i
dati registrati dal proprio drone tattico, che era stato lanciato 4 ore
fa, alle 5:00 di mattina.

A SudEst c’erano 4 carri armati T72, 4 trasporti truppa BMP-2, 4


camion militari, di cui 2 erano enormi cisterne, probabilmente di
carburante ed acqua. Il convoglio militare era composto a parere
del plug-in d’I.A. da circa 70 ostili subsahariani. Gli ostili, erano
tutti militari regolari, con mimetiche verdi, elmetti, fucili AK47,
mitragliatrici PKM, fucili di precisione Dragunov, lanciamissili
anticarro RPG7. Il distaccamento era in sosta, in formazione a
quadrilatero stretto. I militi nemici, stavano stendendo dei teli
mimet ici chiari, per coprire carri armat i e blindat i, creando delle
zone d’ombra al centro del quadrilatero, per la truppa. Sembravano
truppe ben addestrate e ben equipaggiate, non erano i tradizionali
nomadi e disperati, dotati di AK47, nascosti da turbanti colorati, che
in groppa a cammelli, s’avvicinavano alla DEAD ZONE, nel vano
tentativo di razziare il deposito di scorie nucleari francese.

Questi ostili, erano militari, sapevano il fatto loro: avevano


viaggiato nel deserto durante la notte, l’oscurità aveva coperto la
loro scia di polvere, poi alle prime luci del giorno, s’erano accampati
con una metico losa prudenza militare. Nessuno dei sensori posti nel
raggio di 500km aveva dato l’allarme, circa il convoglio nemico!.
-Che cosa vorranno?- chiese il giovanissimo ed inesperto Bernard
Chevalier, che era bianco come un lenzuolo, con il vo lto ricoperto di
una spessa crema solare ad alt issimo livello di protezione.

-Bernard, sicuramente non sono venuti a rubarti le tue raccolte di


fumetti, sui Fantastici Quattro- rispose con tono preoccupato, il
possente sergente di colore Olivier Abanda, che nel frattempo fece
tamburellare sul cofano del 4x4 VBL, il proprio dito indice, sopra la
grossa mappa di carta, che era stata stesa sul cofano del mezzo. 9

-Sì!, Olivier hai ragione- annuì il tenente Renault, che poi aggiunse
–i bastardi sono a solo 15 km dal nostro deposito di scorie nucleari-

-Signore, non credo che i paesi sub-sahariani abbiano il know-how


per farsi un’atomica tattica- disse il sergente Olivier Abanda, che
poi aggiunse –Ma chi può dirlo? Forse sono aiutati da varie nazioni
in Asia? Oppure è una missione su commissione, per un paese
Asiatico?-

-Tutto è possibile- risposte il tenente Renault – Anche se nessuno,


gli avesse commissionato il furto di materiali radioattivi dal nostro
deposito, gli ostili potrebbero voler costruire una bomba sporca!.
Non è un ordigno potente come un’atomica tattica, ma è sempre
una brutta rogna!-

-Tenente, cosa facciamo?- chiese il caporale Chevalier che nel


frattempo stava riponendo il drone, nella custodia di plastica.

-Il nostro maledetto lavoro!. Questi ostili, sono già dentro di


485km, nella DEAD ZONE- disse il sergente maggiore Abanda, che
con tono secco e laconico, folgorò con gli occhi, lo sguardo un po’
disorientato, del giovane Chevalier.

-Sergente- esordì il caporale Chevalier –non mi fraintenda, non è


che io abbia paura, ma noi siamo in 20, loro almeno in 70, noi
abbiamo solo 3 VBL 4x4, ed i mezzi non hanno armi anticarro, ma
solo mitragliatrici in calibro .50 Abbiamo un solo carro armato
Leclerc, mentre loro hanno 4 carri armati T72 oltre a 4 BMP2 con
cannoncini ed 8 missili anticarro AT5-.
-Caporale Chevalier, hai provato a ricontattare il comando a Parigi,
via Satellite? Il ponte radio in Alta Frequenza, con il comando
dell’Esercito Algerino, funziona?- chiese con tono imperioso e
sibilante, il tenente Renault, che stroncò i commenti del giovane
Chevalier.

-No, signore. La parabola non traccia alcun satellite, sembrano tutti


spariti dalle proprie orbite!. Gli Algerini, non rispondono alle nostre
chiamate radio. Ho provato e riprovato, facendo numerosi test di 10
comunicazione, mentre aspettavo il rientro automatico del nostro
drone. Forse, gli Algerini hanno problemi di comunicazione, proprio
come i nostri, che sono a Parigi- rispose il caporale Chevalier.

Il tenente Renault storse impercettibilmente le labbra, contrasse la


mascella, poi il suo dito indice ed il pollice accarezzarono le narici
del naso. Il militare era sempre solito fare così, quando rifletteva
profondamente sul da farsi.

Il sergente maggiore Abanda, intervenne sarcastico, rivolgendosi


alla giovane recluta –Oppure, gli Algerini hanno altro da fare,
piuttosto che stare alla radio, a rispondere alle nostre richieste di
supporto aereo tattico!.-

-Lo penso anche io- esordì il tenente Renault, che annuì muovendo
la testa, poi aggiunse – Dobbiamo cavarcela con quello che
abbiamo!. I nemici sono tanti, sono molto vicini al nostro deposito!.
I nostri sensori di prossimità per qualche ragione, non hanno
funzionato, oppure sono stati jammati o distrutti o sabotati. Noi,
non possiamo perdere tempo prezioso, implorando supporto aereo
tattico o d’artiglieria, agli Algerini.-

-Signore- chiese il possente sergente maggiore Abanda –pensa ad


attaccarli dopo il tramonto? Oppure, medita un attacco diurno?-

-L’epoca del tiro al piccione è finita!. I carri armati T72 sono vetusti,
ma molto robusti, hanno visori notturni. Noi non abbiamo vantaggi
tattici rilevanti, come quando avevamo a che fare, con gli sbandati
delle truppe cammellate, che erano armati solo di AK47- rispose il
tenente Renault.
Dopo qualche secondo di silenzio, il tenente Renault aggiunse –
caporale Bernard, prendi la radio in alta frequenza, trasmetti sul
canale criptato, dai l’allarme generale al nostro accampamento di
fort Polignac, con un SMS. Che tirino fuori dalla naftalina i 7 missili
Javelin anti-tank. Voglio il carro armato Leclerc, quanto i 2 VBL,
pronti al combattimento tra mezz’ora. Poi i nostri devono
raggiungerci dove siamo. Digli d’andare piano, che alzino quanta
meno polvere possibile. Sono appena le 9:00 di mattina, c’è tempo
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per scegliere l’ora del nostro attacco. Poi voglio che l’addetto alle
telecomunicazioni, prenda il nostro camion da trasporto truppa, e
fili via!. Deve raggiungere il comando ad Algeri. Deve riferire di
persona, portando il messaggio che a noi servono munizioni
anticarro, artiglieria, rinforzi, ed abbiamo urgente bisogno
d’appoggio aereo tattico!-.

-Signore, che cosa ha in mente?- chiese il sergente Abanda.

-Io, con 6 fucilieri, armati con 7 Javelin, c’addentreremo a piedi, in


colonna, nel Sahara. Andremo diretti verso l’accampamento ostile,
poi giunti a distanza di tiro dei Javelin, c’apriremo in linea, quindi
attaccheremo il nemico sul fianco sinistro. Faremo subito fuori 7
degli 8 mezzi pesanti nemici. Dopo il nostro attacco, il carro armato
Leclerc darà subito la carica, ingaggiando frontalmente, l’ultimo
BMP nemico. Poi continuerà a sparare cannonate, senza risparmiare
colpi, martellando l’accampamento nemico. Questo, darà alla mia
formazione, del fuoco di copertura. Contestualmente, dal fianco
destro, Olivier sarai al comando dei VBL, t’avvicinerai rapidamente
ed attaccherai i nemici con le mitragliatrici in calibro .50 Noi tutti,
convergeremo sull’accampamento nemico, non faremo prigionieri,
gli ammazzeremo tutti quanti!. Le armi leggere ancora funzionanti,
le requisiremo, quindi ripiegheremo presso Fort Polignac, dove ci
leccheremo le ferite. Spero che non ci siano altre forze nemiche in
giro, nel Sahara. Spero, che non ci sia nessun attacco aereo nemico
su Fort Polignac. Entro breve tempo, spero che gli Algerini ci
spediscano con elicotteri, rimpiazzi e supplies- disse il tenente
Renault, mentre muoveva nervosamente le mani sopra la mappa,
gesticolando e mimando le direz ioni di manovra e fuoco.
-Signore, sono oltre 1500km da Fort Polignac ad Algeri. Al tecnico
delle telecomunicazioni, a bordo del camion, sempre che non abbia
imprevisti, gli occorreranno circa 18 ore, solo per far conoscere agli
Algerini le nostre richieste d’aiuto. Poi, le truppe Algerine dovranno
muovere verso Fort Polignac portandoci rinforzi e munizioni. Se
tutto andrà bene, avremo un back up dopo 36 ore circa. 36 ore
possono essere tante, abbiamo un solo carro armato e non abbiamo
difese antiaeree da impegnare, in caso d’attacchi aerei nemici
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oppure d’elicotteri da battaglia nemici. Signore, potremmo non
avere riserve, da gettare in battaglia, se intorno a noi ci fossero
altre forze nemiche!- disse il sergente maggiore Abanda, mentre
muoveva nervosamente il proprio dito, intorno alla mappa cartacea.

-Merda, sì!, potrebbe davvero diventare una brutta rogna!. Hai


ragione Olivier.- disse con tono laconico il tenente Renault –Il fatto
è che non voglio che i 4 T72 e 4 BMP2 nemici, s’aprano a ventaglio,
ed inizino a manovrare contro di noi. E’ una maledetta piana
deserta, dove non c’è concealment. Dispongo di un solo carro
armato. Le jeep VBL 4x4 non hanno missili anticarro a bordo.
Abbiamo solo 7 Javelin da portare a spalla e dispiegare come armi
anticarro. Se lascio il tempo, ed il modo, ai nemici di manovrare,
noi sicuramente finiremmo sopraffatti.

Il nemico muoverà al calare della sera, potrebbero persino avere


supporto aereo tattico, con elicotteri Mil-mi 24 da battaglia.

Dopo tutto, la valutazione dell’I.A. è che siano truppe regolari.

Io voglio attaccare la fanteria nemica, prima che loro attacchino


noi, forse anche con un attacco nemico integrato. Dividi ed impera!.
Io li voglio attaccare, alle 14 del pomeriggio, quando il sole nel
Sahara picchierà come un incudine, che stordisce la mente ed i
corpi, generando pesante sonnolenza. Le lamiere dei blindati e dei
carri armati, bruceranno come forni crematori!. Nessuno di questi
stronzi, sarà a bordo dei blindati e dei mezzi corazzati, a girare le
torrette e guardare l’orizzonte dai telemetri.

I T74 non hanno aria condizionata!.


I nemici saranno tutti assopiti dal caldo, storditi dalla calura
sahariana, i pochi che saranno di guardia, probabilmente saranno
poco attenti e dotati solo di binocoli. Dopo tutto, i nemici hanno
viaggiato tutta la notte, i dati del drone indicano che i nemici si
sono accampati, con tende mimetiche e drappeggi chiari. Stanno
cercando di riposarsi, sicuramente meditano di recuperare le forze,
per essere lucidi e poi muovere contro Fort Polignac, in serata,
oppure nella notte!.-
13

Il sergente maggiore Abanda ascoltò con attenzione, annuì, poi


commentò –Un attacco diurno, a sorpresa, celato dalla calura del
deserto sahariano. Signore, lei conta di sfruttare il vantaggio
tattico, che i nostri sono già acclimatati al pesante clima del
Sahara, mentre i nemici si saranno avventurati nel deserto, forse
solo da pochi giorni…-

-Sì- rispose il tenente Renault che annuì, aggiungendo –I carri


armati T72 hanno una gittata di 2.1km con il loro pezzo principale.
Le mitragliatrici di bordo sono PKM ed hanno una gittata di 1km
circa. I BMP2 hanno un cannoncino 2A42 da 2.5km di gittata, ed
hanno missili anticarro AT5 hanno 4km di gittata. I nostri 7 missili
Javelin hanno una gittata di 2.5km. Il nostro Leclerc ha il pezzo
principale da 120mm con una portata di 4km, a Fort Polignac
abbiamo buone scorte di munizionamento per il Leclerc. I missili
Javelin sono a guida infrarossa, fire and forget, mentre i carri
armati T72 e BMP2 nel deserto, alle 14 saranno roventi come
tizzoni d’inferno, facili obiettivi, nonostante il contesto rovente del
Sahara.-

-Signore, quindi noi abbiamo da fare solo una marcia forzata nel
deserto, di 10km portandosi appresso i missili anticarro Javelin?!-
chiese con tono preoccupato il caporale Chevalier, che con le mani
tremanti, cercava di serrare la chiusura ermet ica del contenitore del
drone, che pareva proprio non volersi chiudere.

14

-No, Chevalier sono 12.6km di marcia forzata nel Sahara e poi


dovremo anche costruire 7 piccole buche!- rispose il tenente
Renault, che sorrise, contraendo la mascella. Dopo una piccola
pausa, il militare francese continuò dicendo –Vedi Chevalier, i
nemici sono fermi a 15km con 4 tank T72 e 4 BMP2. Noi, dobbiamo
arrivare ad una distanza minima di 2.4km dagli obiettivi, per essere
sicuri che i nostri 7 missili Javelin anticarro, vadano tutti a segno,
sui bersagli corazzati. Il Leclerc sosterà occultato a 15km, ed
entrerà in azione solo dopo che la maggioranza dei blindati e tank,
saranno stati distrutti o danneggiati, dal nostro attacco con i missili
Javelin. Poiché nel deserto il Leclerc non supera i 55km/h,
serviranno (15-4)/50km/h*60=13 minuti circa, al nostro carro
armato Leclerc, per essere operativo contro i nemici.

Suppongo, che dopo il nostro attacco, resteranno ai nemici nel


migliore dei casi, almeno un BMP2 e forse qualche altro mezzo
corazzato, che però sarà sicuramente gravemente danneggiato. Ci
vorrà, poi qualche minuto per mettere in moto i mezzi blindati
nemici, poi questi inizieranno una manovra ed un contro-attacco,
dispiegando anche i 36 fucilieri della fanteria nemica. Quindi,
mentre noi aspetteremo che il nostro carro armato Leclerc venga a
soccorrerci, per 13 forse 15 minuti, noi dovremo occultarci dentro
delle buche. Per questo, prima di lanciare l’attacco contro il nemico,
dovremo anche costruire 7 piccole buche nel deserto, in cui
rifugiarci, dopo che avremo lanciato i 7 Javelin.-
Il caporale Chevalier ripose il drone, dentro al VBL, il milite
s’allontanò dal Sergente maggiore e dal Tenente, per armeggiare
con la radio di bordo.

-Signore, se da qualche parte ci sono altre forze nemiche? Oppure


se dovesse pioverci in testa, stanotte, un attacco aereo oppure
un’incursione d’elicotteri da battaglia nemici?- chiese il sergente
maggiore Abanda, mentre allungò la mano destra, per togliersi il
sudore che gli colava sul co llo. 15

-Merda!, non voglio proprio pensarci…- rispose a mezza bocca il


tenente Renault, che contrasse la mascella e poi aggiunse –Olivier,
noi non abbiamo niente, per tutelarci da attacchi aerei oppure
elicotteri da battaglia nemici. I protocolli d’intesa tra Francia ed
Algeria, stabiliscono che sarebbe stata l’Algeria a fornire la
protezione aerea e/o del supporto aereo tattico.

Se Fort Polignac nella notte, subisse un contro-attacco con un raid


aereo, oppure con elicotteri da battaglia nemici, è probabile che
perderemmo sia il carro armato Leclerc, quanto tutti i 4x4 VBL.
Avremmo probabilmente, parecchi morti e tanti feriti gravi. I
sopravvissuti sarebbero pochi, sarebbero appiedati, ed inchiodati in
Fort Polignac, senza possibilità di manovra o di fuga o di difesa!.
Speriamo solo che nella notte non ci piova un contro-attacco
nemico, speriamo che le truppe Algerine ci raggiungano presto.-
_____________________

Due fucilieri morti, due feriti gravi che poi erano deceduti per le
ferite subite: due VBL danneggiati, di cui uno colpito da RPG in
modo irrimediabile. Questo, era il costo pagato dai francesi per
annientare le truppe sub-sahariane, che s’erano addentrate nella
DEAD ZONE, per attaccare Fort Polignac.
Il carro armato Leclerc trascinò il VBL danneggiato sino alla base, fu
smontato per estrarne rapidamente tutti i pezzi (pneumatici e
sportelli) che servirono per riparare l’altro VBL. Il veicolo quasi
distrutto, fu camuffato alla meglio, per nascondere alla vista i suoi
danni irreparabili: il mezzo fu parcheggiato in piena vista, davant i
all’accampamento militare, sotto una tenda mimetica. Tutto quello
che c’era d’importante nella base francese, fu spostato e nascosto
dentro le molte case abbandonate di Fort Polignac, poi i militari
16
francesi si prepararono al combattimento, seguendo le direttive del
tenente Renault.

Era mattina presto, quando il cupo rumore di una formazione di tre


elicotteri sub-sahariani (due Mil-mi 24, un Mil-mi 8) s’avvicinarono
rapidi e minacciosi, a Fort Polignac, provenendo da Sud-SudEst.

I due Mil-mi 24 volavano bassi e veloci, uno aveva una traiettoria di


senso orario su Fort Polignac, l’altro in senso antiorario: i due
elicotteri da battaglia a quote leggermente diverse, attaccarono con
razzi anticarro e mitragliatrici pesanti, l’accampamento francese.

In pochi attimi esplose il VBL e le tende, tutto finiì divorato da alte


fiamme incendiarie, ed un cupo fumo nero s’alzo lento nel cielo
azzurro, privo di nuvole. Il terzo elicottero Mil-mi 8 volava invece
assai più lento, in senso antiorario, sopra Fort Polignac,
mantenendo una quota molto più elevata dei Mil-mi 24.

Dopo aver attaccato l’accampamento francese, i due Mil-mi 24


presero a sparare a caso sulle case della cittadella di Fort Polignac:
qualche razzo incendiario, lunghe raffiche di mitragliatrici pesanti,
martellarono la silente cittadella. I tre elicotteri svolazzarono per un
quarto d’ora sopra il centro abitato, danneggiando gravemente più
o meno un terzo degli edifici, ma non ottennero nessuna reazione
nemica: la cittadella sembrava deserta ed abbandonata.

17

Un Mil-mi 24 ed il Mil-mi 8 atterrarono a SudOvest, poco vicino dai


roghi dell’accampamento francese, il terzo Mil-mi 24 continuò a
svolazzare a bassa quota, in senso orario sopra la cittadella,
palesando rumorosamente la sua minacciosa presenza.

Il tenente Renault, attese che dai due elicotteri nemici fosse


sbarcata la fanteria: erano 32 fucilieri, erano tutti militari rego lari,
pienamente equipaggiat i, indossavano una mimetica verde chiara;
il militare francese diede l’ordine d’attacco al proprio carro armato
Leclerc.
Questo era stato sotterrato in una buca posta a SudEst, vicino a
Fort Polignac: la buca, era stata coperta con una rete mimetica ed
un leggero velo di sabbia. I segni dei cingolati del carro armato,
erano stati tutti metico losamente cancellati dai 16 fucilieri francesi,
che avevano faticato non poco, per mimet izzare la loro migliore
chance di difesa!.

Il carro armato Leclerc uscì fuori rapido e veloce dalla buca di


sabbia, con uno slancio baldanzoso: fu proprio come se il carro 18
armato Leclerc, fosse sbucato fuori dal nulla!.

Il carro armato Leclerc procedendo a 50 km/h sparò subito una


cannonata HEAT, centrando in pieno il Mil-mi 24 che era in sosta
temporanea a terra. Il Mil-mi 24 infatti, aveva le pale dei rotori che
giravano ancora vorticosamente, mentre il Mil-mi 8 aveva le pale
che erano quasi ferme, indizio prezioso che i motori del Mil-mi 8
erano stati incautamente spenti. Contestualmente, la mitragliatrice
coassiale da 12.7 mm del Leclerc sparò raffiche interminabili sui 32
fucilieri nemici. Di questi, 8 fucilieri con le armi spianate,
avanzavano in rastrellamento in formazione a V (la fanteria
sbarcata dal Mil-mi 24) sulle rovine fiammeggiant i della base
francese. Gli altri 24 fucilieri (quelli sbarcati dal Mil-mi 8) erano
invece poco distanti dal proprio mezzo; tutti erano raggruppati in
semi-cerchio, a difesa del proprio elicottero e furono beccati in
pieno dalle raffiche della mitragliatrice 12.7 mm del Leclerc.

Il carro armato Leclerc riuscì a sparare un’altra bordata, centrò


anche il secondo elicottero Mil-mi 8, che esplose in una bolla di
fuoco, spaccandosi in tre tronconi. Quasi un attimo dopo, il carro
armato Leclerc finì centrato brutalmente da una tempesta di fuoco
di razzi anticarro, sputati dal secondo Mil-mi 24, che ronzando
sopra Fort Polignac, diede subito il supporto aereo tattico, ai propri
commilitoni.

Dal carro armato Leclerc non uscì nessuno: esplose in una bolla di
fuoco, mentre la torretta saltò per aria, poi cadde pesantemente di
lato, mentre delle fiamme rosse come l’inferno, divorarono le nere
lamiere metalliche.

Il Mil-mi 24 scatenò la sua ira feroce, iniz iò a sparare con tutte le 19


proprie mitragliatrici, lanciò numerosi razzi sopra vari edifici di Fort
Polignac. Dopo cinque minuti di fuoco nemico, a cui i militari
francesi non opposero alcuna res istenza, seguirono altri dieci minuti
di minacciosi ronzii del Mil-mi 24 sopra Fort Polignac, infine
l’elicottero sub-sahariano decise d’atterrare vicino ai rottami
fumanti dei propri ex_commilitoni.

Non c’era stata mai alcuna reazione francese agli attacchi del Mil-mi
24; i francesi non avevano MANPAD o mitragliatrici anti-aeree e
l’unica cosa che potevano fare, era nascondersi e subire il
bombardamento nemico. Ma questo i sub-sahadiani non potevano
saperlo!. A terra, distante circa 200 mt da Fort Polignac, c’erano 8
fucilieri sub-sahariani che erano schierat i in linea, mentre altri 4
fucilieri erano a terra, presumibilmente gravemente ferit i, per
l’attacco del carro armato francese. I restanti 20 ostili sub-sahariani
erano tutti morti!.

Era evidente, che i sub-sahariani necessitassero di un’evacuazione:


il tenente Renault sorrise in silenzio, mentre guardava dal mirino
del proprio fucile, stando in piedi in mezzo ad una stanza buia, con
la picco la finestrella senza infissi, che era aperta, dando sulla piana
di Fort Polignac.

L’ultimo Mil-mi 24 finalmente atterrò, ma non spense i propri


motori, le sue pale ruotavano vorticose, alzando un’utile cortina di
sabbia!. Il pilota, oppure era l’armiere di bordo, scese a discutere
con un fante sub-sahariano. Era evidente, di cosa stessero
discutendo: il tenente Renault lo immaginò benissimo. 12 fanti
erano un eccesso di peso, l’elicottero Mil-mi 24 ne avrebbe potuti
trasportare solo 8. L’elicotterista infatti si mise rapidamente ad
armeggiare con una pesante cassetta degli attrezzi, intorno alle
razziere del Mil-mi 24.

Il militare vo leva scaricare la zavorra, per guadagnare peso utile,


ed imbarcare tutti i 12 fanti sub-sahariani.

-Signore, l’abbiamo giocata bene!- disse a bassa voce, il possente


sergente maggiore Olivier Abanda, rivo lgendosi al tenente Renault. 20
Il tenente annuì in silenzio, prese il microfono della radio portatile e
sibilò –Non possiamo permettere che quel merdoso Mil-mi 24
decolli via. Farà rapporto della situazione trovata a Fort Polignac.
Loro torneranno con un attacco massiccio in forze, noi non potremo
fermarli. Inchiodiamoli adesso!. All’attacco!, all’Attacco!- sibilò il
tenente Renault alla radio.

I restanti due VBL uscirono fuori da nord di fort Polignac, sfondando


un paio di case di fango, in cui erano stati nascosti. I due 4x4 erano
dei blindat i veloci, mossero uno in senso orario, l’altro in senso
anti-orario. Il loro scopo era quello di fare il giro della cittadella di
Fort Polignac, per convergere a tenaglia a Sud-SudOvest, dove
sostava l’elicottero nemico, attorniato dalla propria fanteria. Le
mitragliatrici in calibro .50 non avrebbero potuto permeare la
corazza della cabina del Mil-mi 24, ma sicuramente avrebbero fatto
uno sfacelo, delle due turbine dell’elicottero e della fanteria!.

Quattro militari francesi al comando del sergente maggiore Abanda,


sbucarono fuori in formazione a V, dalla porta Ovest di Fort
Polignac. I quattro militari, correvano come dei pazzi furiosi, come
se fossero stati rincorsi da mille diavoli dell’inferno!. I militari
francesi, dovevano convergere sul Mil-mi 24 e sulla restante
fanteria sub-sahariana, co lpendoli dal fianco sinistro, avvicinandosi
in silenzio, restando occultati dal greve fumo nero, delle carcasse
nemiche che ancora bruciavano.

Il grosso di quello che rimaneva del plotone francese, era composto


da 8 fucilieri, al comando del tenente Renault; l’unità corse disposti
in linea, i soldati erano mo lto distanziati tra loro, puntarono diretti
sul nemico!. All’improvviso pallottole nemiche iniziarono a fischiare
intorno agli otto militari.

-Sparate ragazzi!, qualsiasi cosa succeda intorno a voi, sparate!


Non fermatevi!. Continuate a sparare!, avanziamo sul nemico!
Teniamo duro!, tra un po’ convergeranno i nostri sui fianchi del
nemico!- urlò il tenente Renault, con un tono di voce che sembrava
incrinarsi, sotto il crescente numero di proiettili che miagolavano
intorno alla formazione francese!. 21

Gli 8 militari smisero di correre: a passo sicuro, i militari francesi


sprezzanti del pericolo ed incuranti del crescente fuoco nemico che
sembrava diventare sempre più accurato, rispondevano
violentemente al fuoco, ingaggiando la fanteria nemica
frontalmente, avanzando contestualmente da una posizione
svantaggiosa e completamente allo scoperto!.

Un’azione coraggiosa e stupida, ma assai utile a creare anche una


diversione!.

Il copilota del Mil-mi 24 armeggiava animosamente con una


cassetta degli attrezzi, intorno alla razziera di destra dell’elicottero,
l’armiere all’improvviso si voltò, quando udì gli 8 fucilieri sub-
sahariani che sparavano brevi raffiche, contro la linea di militari
francesi che avanzavano in linea, allo scoperto, con un attacco
diretto frontale.

Poi, l’elicotterista notò una nube di polvere alla sua destra, che gli
scatenò il panico: il militare sub-sahariano lasciò cadere tutte le
chiavi metalliche che impugnava, provò a precipitarsi dentro
l’elicottero, passando dal retro del portellone che era aperto, ma
una raffica di mitragliatrice in calibro .50 lo falciò, spaccandolo
letteralmente in due!.

Quasi contestualmente, un RPG7 colpì in pieno il VBL, il mezzo


blindato francese esplose in una palla di fuoco!.

Dopo pochi attimi, il secondo VBL spuntò fuori all’improvviso, da


dietro il cupo fumo nero dei rottami degli elicotteri, vomitò
un’interminabile raffica di mitragliatrice in calibro .50 contro la
turbina sinistra del Mil-mi 24, la quale fece una enorme fiammata,
poi del vistoso fumo nero iniziò ad uscire, mentre la velocità delle
pale dell’elicottero, ridussero immediatamente la loro velocità!.

Il VBL poi svoltò alla sua sinistra, coraggiosamente si fermò in coda


al Mil-mi 24, la mitragliatrice in calibro .50 vomitò un’interminabile
raffica di fuoco dentro l’elicottero, sparando contro la paratia
posteriore della cabina di pilotaggio. Questa coraggiosa azione, 22
però costò la vita all’addetto della mitragliatrice esterna, quanto
l’integrità dell’intero parabrezza anteriore del VBL. Una granaglia
biancastra oscurò la vista del pilota, i colpi mortali di un
mitragliatore PKM di un fuciliere sub sahariano, costrinsero il mezzo
francese ad allontanarsi rapidamente in retromarcia.

L’unità del tenente Renault avanzava in linea, avevano iniziato


l’attacco frontale con 8 fucilieri, ma dopo poco tempo erano rimasti
solo in quattro, i militari francesi che ancora continuavano ad
avanzare e sparare vio lentemente contro i nemici!. Gli altri quattro
fucilieri frances i erano morti od agonizzanti a terra, sparsi
erraticamente ad una ventina di metri!. La fanteria sub-sahariana
quando aveva iniziato il conflitto era in 8 fucilieri, adesso ne
restavano solo 5.

All’improvviso, da dietro i rottami fumanti degli elicotteri sub-


sahariani, sbucò il manipolo di fanteria francese comandato dal
sergente maggiore Abanda, il quale attaccò alle spalle la fanteria
sub sahariana con tre fucilieri. Il quarto fuciliere francese invece,
s’intrufolò sparando dentro l’elicottero Mil-Mi 24 poi lanciò dentro la
cabina di pilotaggio due granate esplosive!. Mo lto sangue rossastro,
si spiaccicò dopo due botti sordi, sui vetri del Mil-mi 24, ed il
rumore della turbina n°1 che era ancora attiva, coprì l’urlo
disumano che riecheggiò dalla cabina di pilotaggio. Il fuciliere
francese corse fuori dall’elicottero, e dopo pochi secondi l’elicottero
esplose, in una palla di fuoco, stroncandosi in due!.

La linea di fanteria dei subsahariani aveva smesso di sparare: erano


tutti cadaveri o feriti a morte, mentre il manipolo del tenente
Renault, smise di sparare, ma continuò ad avanzare con passo
deciso verso il loro obiettivo.

S’avvicinò titubante da sud, anche il VBL francese: il guidatore del


veicolo, teneva la testa fuori dal finestrino, perché il parabrezza
frontale era un coacervo indistinto di vetri spappolati, che
interdivano completamente la visibilità.

Il tenente Renault zoppicava, mentre i due fucilieri che erano 23


sopravvissuti, erano miraco losamente illesi. Tutti e tre i militari
erano silenziosi, le mascelle serrate, erano aggrappati ai propri
fucili, per cercare di controllare l’inarrestabile tremito delle loro
mani.

Invece i quattro fucilieri guidat i dal sergente Abanda, rastrellarono:


i cadaveri ed i moribondi sub-sahariani si beccarono tutti, due colpi
al busto ed uno in testa. Poi i militari francesi accatastavano armi e
munizioni nemiche, per caricarle sul VBL.

Il caporale Chevalier, giaceva cento cinquanta metri più indietro:


era agonizzante, immerso in una pozza di sangue, sarebbe morto di
lì a poco.
Evil Ways by Blues Saraceno

Its been s o long


Long hard days
They dont s ay
Gods change my ways
Change my ways
Thos e evil ways

So I s et out
Cross that way
Strike them down
To make them pay 24
Change their ways
Their evil ways

But I can’t hide


Ooooooo
And I won't hide
Oooooo Yeah!
My Evil Ways

I found out
The hate grow cold
The god ris e up
Damn my s oul
Caus e I ain't change
Change my ways
I ain't change

So I won't hide
Ooooo
I won't hide
Oooooo
I can't hide Yeah!
Ooooooo
I can't hide HEY!
My evil ways

Well I can't hide


Ooooo
And I won't hide
Ooooo yeah!
Well I can't hide
Ooooo ouh!
Caus e I can't hide
My evil ways
Capitolo 2: La Battaglia di Capo Feto

25
Il tenente Giovanni Rossi era a bordo della Landing Platform Dock
Uss San Antonio, perché anche la Repubblica Federale Italiana
aveva inviato un piccolo contingente militare, consistente in un
manipolo di 4 carri leggeri Dardo, con 24 fucilieri armat i in Beretta
ARX200/Beretta 92FS. Tali forze sarebbero state impiegate
nell’operazione anti-pirateria nello stretto di Sicilia, mentre i
marines curavano l’evaquazione della base MUOS. Ai margini del
grande ponte poppiero, il tenente Rossi, appoggiato al parapetto,
scambiava quattro parole con il tenente Sawyer dei marines.

-Com’è stato possibile?- chiese il tenente Sawyer, in un italiano


corretto, ma dall’accento e dal tono improbabile, mentre
sorseggiava una lattina di Pepsi

-Non lo so, però è accaduto!- rispose il tenente Rossi ridendo.


I due osservavano il pad tattico, che Rossi aveva in mano, il
dispositivo mostrava la cartina polit ica della penisola italiana, dopo
la secessione.

-Ci sono varie aree, che un tempo noi italiani chiamavamo Regioni,
con il tempo però, queste comunità hanno chiesto la secessione,
dopo un referendum popolare. Si sono proclamati indipendenti, ed
hanno chiesto l’annessione alla Francia, Svizzera, Austria- disse
Rossi. 26

-E la Repubblica Federale Italiana o la Repubblica Democratica


Italiana, non hanno fatto niente per bloccare tali aree
secessioniste?- disse incredulo il tenente Sawyer, mentre
accartocciava la sua lattina vuota di Pepsi.

-L’isola della Sardegna s’è tirata fuori dal pantano della Repubblica
Democratica Italiana, la RDI era troppo debole militarmente per
opporsi. Le altre aree, formalmente sono state vendute dalla
Repubblica Federale Italiana agli stati nazionali vicini, per abbattere
la quota parte di Debito Pubblico, che era in testa alla RFI, dopo la
secessione. Le popolazioni di varie aree, erano stanche di restare
nella RFI, quindi il governo ed il parlamento a Milano, invece
d’opporsi alle richieste locali rischiando una guerra civile, il
governo/parlamento della RFI colsero l’occasione per vendere pezzi
di territorio nazionale, a Francia, a Svizzera, ed Austria, abbattendo
così rapidamente il proprio debito pubblico- rispose il tenente Rossi.

-Quindi la RFI è sempre nell’Eurolandia?!- chiese Sawyer

-Sì, per adesso pare di sì, ma considerando cosa è successo vari


anni fà, mai dire mai!- rispose sorridendo sarcastico, il bersagliere.

-La Repubblica Democratica Italiana con la moneta dello scudo


borbonico, ha fatto poca strada, la sua moneta è diventata
cartastraccia, adesso vivono di baratto e pirateria!. Per questa
ragione, le aree meridionali della penisola italica, sono diventate
succubi del nord Africa, partorendo anche il fenomeno della
pirateria nello stretto di Sicilia?- chiese il tenente Sawyer, mentre si
grattava l’imberbe e rasata guancia sinistra, con la mano destra.
-Sawyer, non è esattamente così, ma ci sei andato molto vicino-
rispose Rossi, che poi aggiunse –La RDI passò dall’Euro alla Lira,
questa finì subito inflazionata e cartastraccia. Il governo della RDI
era in Napoli, mentre il Parlamento era a Palermo e Bari. La RDI
introdusse lo “scudo borbonico pesante”, che avrebbe dovuto
arginare l’iperinflazione. Non servì a niente!, perché ormai
dominava il baratto, la società s’era divisa naturalmente in caste,
con la presenza dei servi della gleba!. Per non finire al buio, senza
27
energia elettrica, la Repubblica Democratica Italiana firmò con il
NordEst Africa un trattato d’alleanza, con il quale il NordEst Africa
vendeva gas metano e modeste quantità di petrolio. In cambio, il
NordEst Africa importava formaggi, carne, frutta, verdura e
soprattutto il diritto di migrazione. E’ così che è iniziato tutto!. La
RDI è uno stato fallito, proprio come gli pseudo Stati in
Somalialand. La RDI è succube di Chartago, ed accetta che
sbarchino centinaia di migliaia di migranti economici, sul proprio
territorio!. Da migranti economici, poi queste popolazioni divennero
falangisti subsahariani, in qualche modo, le mafie locali e le mafie
subsahariane finirono per equipaggiare, quasi tutti i subsahariani
con armi leggere ed armi da taglio!. Queste forze paramilitari,
prima dilagarono nella RDI seminando il terrore, ma il governo della
RDI non s’oppose. E’ nostra opinione, anzi che furono usate per
annientare gli oppositori politici della RDI. Nemmeno il Vaticano in
Roma s’oppose, anzi benedisse la presenza straniera, chiedendo al
popolo del sud Italia di porgere l’altra guancia, nella gloria di
Cristo!. Poi scomunicò tutto il nord Italia, perché questo aveva
costruito un muro di cemento e filo spinato, e la RFI respingeva
migranti economici, quanto le falangi cartaginesi.

A noi, dell’Intelligence della RFI, risulta che ci furono varie zone


nella RDI in cui scoppiarono flashpoint e resistenze locali. Queste
aree volevano chiedere la secessione dalla RDI, ma furono tutte
sedate con feroci pulizie etniche. Ci fu una sistematica sostituzione
etnica degli italiani, pianificata e programmata dal parlamento e
governo della RDI. La quota parte dei paramilitari che non rimasero
stanziali per sostituzione etnica, s’infiltrarono verso nord, andando
ad attaccare i confini della Repubblica Federale Italiana.
La RFI protestò diplomaticamente con la RDI, ma la RDI a parte
emettere leggi che nessuno rispettava, non prese provvedimenti.
Inoltre quotidianamente, i cittadini della RDI con barche e barchini,
s’ammassavano in quantità, lungo i confini della RFI. In molti,
salpavano verso nord, in modo disperato, facendo una navigazione
litoranea, per poi chiedere asilo politico presso RFI, Francia od
Austria. In un primo momento, queste persone furono accolte, poi
iniziarono i respingimenti assistiti.
28
La RFI, Francia, Austria non potevano accollarsi l’intera migrazione,
della popolazione della RDI. Anche perché, un crescente flusso di
miliziani subsahariani equipaggiati con armi leggere, pretendevano,
con la forza, d’installarsi sul territorio della RFI-

-Ma la gente della RDI non erano italiani, come quelli della RFI?-
chiese il tenente Sawyer, che aveva gli occhi stralunati come un
pesce palla.

-Non più!- rispose ridendo il tenente Rossi, con un velato accento


veneto –La Repubblica Parlamentare Italiana ebbe a scindersi ed
estinguersi, dalle sue ceneri vari anni fà, nacque la Repubblica
Federale Italiana e la Repubblica Democratica Italiana. I due nuovi
stati, si divisero al 50% l’enorme debito pubblico della Repubblica
Parlamentare Italiana, che all’epoca ammontava a circa 2600
miliardi di Euro!. Roma non fu più la capitale, vi rimase solo Stato
Vaticano che de facto riconquistò il potere temporale sulla città. La
RFI pose la capitale a Milano, la RDI invece dichiarò che il governo
ed i ministeri si sarebbero insediati a Napoli, mentre le due camere
del parlamento della RDI furono collocate una Palermo e l’altra a
Bari!.-

-Praticamente, un divorzio consensuale!- esordì ridendo il tenente


Sawyer.

-Sì- rispose ridendo il tenente Rossi, che aggiunse –Più o meno,


nella penisola italica, accadde quello che decenni prima era
successo alla Cecoslavacchia, che ebbe a trasfigurarsi in Repubblica
Ceca e Repubblica Slovacca-
-Oggi, i pirati, che attaccano e saccheggiano le navi, che navigano
nel canale di Sicilia, chi diavolo sono?- chiese il tenente Sawyer,
mentre s’accendeva una sigaretta.

-A noi dell’Intelligence nella RFI, risulta che siano nordest africani,


quanto clan mafiocamorroidi della Repubblica Democratica Italiana.
Il governo ed i parlamenti della RDI fanno grandi proclami, varano
continuamente milioni di leggi e decreti, che però nessuno rispetta
e/o segue. Tutto resta lettera morta!. La RDI non s’oppone ai pirati, 29
anzi è interesse della RDI saccheggiare ed incassare riscatti, per
alimentare il mercato nero, che è oltre il 90% del pil della RDI.
Nessuno conta più il Pil, nella RDI, domina il baratto ed una società
divisa in caste, con la presenza dei servi della gleba!- disse
laconicamente il tenente Rossi.

-E’ un vero casino medioevale!- disse il tenente Sawyer, mentre si


grattava la testa, poi aggiunse –Rossi, ma quando dovrai sbarcare
a Capo Feto, come pensi che la popolazione locale accolga, il tuo
contingente della Repubblica Federale Italiana? E la Chiesa Cattolica
da Roma, che fa?!-

-Spero bene!- rispose Rossi mentre contrasse la mascella –anche


se temo, che una volta a terra, sarà un caos tremendo!. La Chiesa
Cattolica è ostile alla RFI, infatti l’ha scomunicata!. Chiesa Cattolica
nella RDI promuove la politica pacifista, del porgi l’altra guancia ed
accoglienza infinita. Teologicamente, sarebbe proprio la massima
aspirazione a cui ogni buon cattolico dovrebbe tendere: morire nella
gioia del martirio, porgendo l’altra guancia!. De facto, il Pontificato
di Chiesa Cattolica perora la sostituzione etnica degli italiani, un
sistematico suicidio di massa!. Stanno sbarcando milioni di sub-
sahariani, nel Sud Italia, non se ne conosce i veri intenti politici e/o
militari. Il governo della RFI è preoccupato, la RDI sta diventando
un infame stato collaborazionista, con gli invasori subsahariani!.
Molti sospettano, che la RDI sia anche mandante di vari scontri
armati, che si sono verificati a nord!-

-Le regole d’ingaggio della missione ONU sono chiare!, dicono di


sparare se attaccati dai pirati- rispose il tenente Sawyer.
-Non è così semplice!- disse il tenente Rossi, che storcendo la
bocca, aggiunse –C’è la possibilità di sparare e difendersi, ma solo
dai pirati. Nella RDI con la perdita dell’uso della moneta ed il
baratto, lo stato di diritto s’è dissolto. Vige la legge del più forte. I
clan mafiocamorroidi che prima avevano il controllo del territorio,
non ebbero più bisogno dei referenti politici, i clan mafiocamorroidi
si candidarono alle elezioni della RDI. Quindi si fecero eleggere con
la forza e la violenza. Così i clan mafiocamorrodi, divennero
30
soggetti politici. Caporalato e killers dei clan mafio-camorrodi,
furono trasformate in forze dell’ordine private della RDI. Esercito,
Marina, Aviazione che erano della RDI furono sciolte, e vendute alla
RFI per moneta pregiata, che fu dilapidata rapidamente in spese
correnti. La RDI era politicamente pacifista, le forze dell’ordine
gradualmente sparirono, sostituite dalla polizia privata del
Caporalato, che oggi è l’unica forza dotata d’armi leggere, che
impone la volontà dei capi clan, che spesso sono anche soggetti
politici.

La migrazione dalle città alle campagne fu enorme, la gente era in


cerca di un tozzo di pane per vivere. Quelli che non s’adattavano
alla nuova piramide sociale, scappavano o finivano ammazzati. La
maggioranza della popolazione finì per cedere tutti i diritti civili,
accettando uno stato di schiavitù di servo della gleba, pur di
sopravvivere.

Il possesso e controllo del territorio dei clan mafiocamorrodi, si


trasformò in diritto di proprietà. La Repubblica Democratica Italiana
è de facto uno stato fantoccio: è una realtà governata dai clan
mafiocamorrodi. Tra questo eterogeneo coacervo d’illegalità, che è
salita al potere, ci sono anche i clan dei pirati, che fanno parte del
parlamento della Repubblica Democratica Italiana!. Ed hanno il loro
business, quanto i loro porci interessi!-

-Qual’è il contesto, della cittadina di Mazara del Vallo?- chiese il


tenente Sawyer, mentre gettava in mare, la sigaretta che era
bruciata oltre la metà.
-Un deserto economico e sociale: la pesca è stata abbandonata per
carenza di carburante, inoltre il Mediterraneo è andato spopolandosi
di pesci, a causa delle navi fattoria Cinesi e Giapponesi e battelli
africani, che hanno saccheggiato il Mediterraneo, incuranti delle
richieste UE di fare soste per la riproduzione del pesce.
L’acidificazione dei mari, ha poi fatto il resto sulla fauna ed
ambiente marino. L’agricoltura è stata abbandonata, per carenza
d’acqua dolce, il turismo s’è dissolto come neve al sole, da quando
31
la Carbon Tax nel mondo ha cercato di ridurre l’emissioni di gas
serra, colpendo viaggi aerei e crociere. Le 50mila persone, sono in
larga parte migrate, lasciando una cittadina spettrale e quasi vuota.
Trombe marine e Medicane, hanno poi danneggiato le coste,
distruggendo le infrastrutture rimaste, assieme alla risalita del
livello del mare di circa 90 cm- disse il tenente Rossi, leggendo il
rapporto sul suo pad.
__________________________

-Lei ci deve aiutare!- esordì il curato del villaggio, le laconiche


parole, riecheggiarono nel silenzio di una fresca mattinata prossima
all’alba, come un lapidario rintocco di campane funebri.

-Io non vi devo niente!. Io, ho i miei ordini!- rispose secco, il


tenente Rossi.

-Se non c’aiuta lei, nessuno aiuterà il quartiere di Capo Feto, un


intero palazzo si trasformerà in un mattatoio, i pirati subsahariani,
si sono installati con la forza, stanno violentando ed ammazzando
tutti i miei parrocchiani, le autorità locali non fanno niente!- disse il
curato del villaggio.

-In quanti sono? Che armamento hanno, questi pirati?- chiese il


tenente Rossi.

-Sono una ventina, hanno fucili, pistole, coltelli, spade, archi e


frecce- disse il curato, che poi aggiunse –Ma io, non sono un
militare, non so bene, che tipo d’armi abbiano. Ma voi, ci dovete
aiutare!-
Il tenente Rossi salì sul carro Dardo, si mise a confabulare a bassa
voce, con il capocarro, dopo un paio di minuti si vo ltò e chiese al
curato –Padre Salvatore, lei non vuole trascinare i miei uomini, in
una trappola, facendoli ammazzare tutti?-

-No!, figliolo, sono venuto ad implorare il vostro aiuto!, perché se


non aiutate la popolazione voi, nessun’altro lo farà- rispose il
curato.
32
-Ci sono forze di sicurezza della Repubblica Democratica Italiana o
milizie private, nella zona?- chiese il tenente Rossi.

-No!, nessuno!- rispose il curato, con lo sguardo basso.

-Non ci credo!- rispose secco il capocarro del Dardo n°1, che


continuava a scuotere la testa, rivo lgendosi al giovane tenente
Rossi.

-Sì, c’è qualche clan- esordì padre Salvatore, che poi aggiunse con
un filo di voce – hanno la propria milizia privata, che non si cura di
proteggere i servi della gleba. Sono dall’altra parte della città, verso
l’entroterra, il clan locale non ha interesse a ciò che accade nei
quartieri abbandonati, vicino al porto.- rispose il curato.

-Vuol dire, che a Mazara del Vallo, le milizie sub sahariane hanno
conquistato la zona del porto?. Oppure, mi sta dicendo, che le
milizie locali hanno condiviso il controllo del territorio, con i nuovi
arrivati?- chiese il tenente Rossi.

-Mazara del Vallo non esiste più da vari anni, ora si chiama solo
Borgo Capo Feto, è una cittadina in rovina e semi abbandonata. Un
gruppo di servi della gleba, sopravvive di stenti, perché non può
fuggire altrove. Io non lo so, cosa hanno deciso, i pirati sub-
sahariani in combutta con le bande delle milizie locali- rispose il
curato, che teneva sempre lo sguardo basso.

-Tenente non si fidi, ci ha mentito!- disse il capo carro del carro


Dardo 1.

-No!, non ci ha mentito!. Io mi fido. Quello che ci ha raccontato


padre Salvatore, è coerente con i rapporti che ho avuto dal
comando, sul contesto del Borgo di Capo Feto alias ex Mazara del
Vallo. I nostri obiettivi, sono d’annientare tutti i pirati sub-sahariani,
evitando sbarchi a Capo Feto. I Marines stanno evaquando il MUOS,
noi possiamo annientare i pirati sub-sahariani sia quando sono in
procinto di sbarcare, sia quelli che sono già sbarcati. Un drappello
nemico alle nostre spalle, è una seria minaccia!. Dobbiamo
eliminarlo, oppure quando arriveranno gli sciami cartaginesi,
saremo presi tra due fuochi!- disse il tenente Rossi.
33

-Non lo so, io non credo a quanto dice il prete. E’ meglio non


dividere le nostre forze!. Tenente, noi non sappiamo con certezza,
quanti sono gli ostili nel villaggio di Capo Feto!- rispose titubante il
capocarro, che continuava a scuotere la testa, rivolgendosi al
giovane tenente Rossi.

-Ho deciso!. Adesso, sono le 5:10 del mattino. Mando il carro Dardo
n°4, ed i suoi 6 fucilieri d’equipaggio, al comando del sergente
Bianchi. Lei, padre Salvatore, provvederà a far da guida, indicherà
il tragitto più breve e sicuro, dentro la periferia di capo Feto, per
raggiungere l’obiettivo nemico.

Il sergente Bianchi, sarà in comando del distaccamento del Dardo 4


e valuterà il contesto tattico. A suo insindacabile giudizio, il
sergente Bianchi deciderà:
1-se sarà il caso d’attaccare ed entrare nel palazzo,
ammazzando tutti i pirati, cercando di fare meno vittime possibili,
tra i civili presenti nella struttura, oppure

2-ripiegare senza ingaggiare il nemico.

3-non possiamo fornire assistenza medica alla popolazione


locale.

4-non possiamo fare prigionieri, non voglio sentire stronzate 34


sulla convenzione di Ginevra, non siamo venuti per regalare
margheritine!. Non ho mezzi e uomini sufficienti, per ingaggiare
nemici e controllare dei prigionieri.

5-Quando il palazzo occupato dai pirati sub-sahariani, sarà stato


ripulito, il sergente Bianchi rientrerà alla spiaggia di Capo Feto. Gli
sbarchi cartaginesi sono previsti per le 10 di mattina. Il sergente
Bianchi, rientrerà alla spiaggia di Capo Feto in ogni caso alle 9:00
oppure, prima delle 9:00.

6-Autorizzo il sergente Bianchi a rientrare in formazione, sia che


abbia compiuto la sua missione, sia che non abbia compiuto la sua
missione, specie se a suo giudizio, l’avamposto nemico sia ritenuto
non conquistabile, usando solo i suoi 6 fucilieri, ed il Dardo n°4.

Ha qualcosa da obiettare, padre Salvatore?- chiese con tono


imperioso, il tenente Rossi.

-No!, mi rimetto alle vostre cose militari!- rispose il curato, con la


testa china e lo sguardo basso, ed un filo di voce.
___________________________

Il contatto radio con Dardo n°4 s’interruppe alle 6:02 e dalla


spiaggia di Capo Feto il tenente Bianchi, udì un enorme esplosione,
ed un funesto fumo nero, salì cupo, tra le case della periferia
interna del porto, nel borgo di Capo Feto.

Il sergente maggiore del carro Dardo n°1 tirò un grosso moccolo,


quindi s’infilò dentro la torretta del suo carro, senza rivolgere più la
parola al Tenente Bianchi.
I restanti 18 fucilieri, si guardavano in silenzio, con la mascella
serrata, osservavano il fumo nero, ed il furente crepitio d’armi da
fuoco, che riecheggiava dal borgo del villaggio, che un tempo era
Mazara del Vallo.

Non erano pirati sub-sahariani, ma erano falangisti cartaginesi, non


erano in 20 ma in più di cinquanta, ed erano sparsi dentro tutte le
case della periferia del borgo di Capo Feto. Il violentissimo conflitto
a fuoco, era durato pochissimo, da ogni finestra e porta, erano 35
usciti falangisti cartaginesi con AK47, Dragunov, mitragliatori PKM e
lanciamissili RPG7, in pochi minuti avevano annientato tutta l’unità
del sergente Bianchi.

A terra giaceva il sergente Bianchi, crivellato di colpi alla schiena e


sul busto, la mano destra era ridotta una poltiglia, il ginocchio ed il
piede sinistro erano quasi amputati, a causa di schegge di granate
ed esplosioni di RPG7.

-Maledetta merda!, lei padre Salvatore ci ha tradito!. Ci ha portato,


dritti in una trappola!. Ma perché l’ha fatto?!. Noi stavamo aiutando
i suoi poveri parrocchiani, che erano oppressi dalle milizie
cartaginesi!- chiese, il sergente Bianchi, mentre con la mano
sinistra, cercava la fondina della sua pistola Beretta 92FS.

-Figliolo, i cartaginesi portano carburante, con cui facciamo


funzionare piccoli impianti di desalinizzazione, con cui possiamo
sostenere dei piccoli orti, per un’economia di sussistenza. Se non
v’avessi condotto quì, i cartaginesi hanno minacciato di scannare
tutti i miei parrocchiani!. Mi sono offerto come martire, ma non mi
hanno voluto, mi hanno costretto a darvi informazioni incomplete. I
miei parrocchiani, sono tutti servi della gleba, le milizie della
Repubblica Democratica Italiana non si curano del loro destino!.
Non ti devi disperare figliolo, io ti benedico, sei morto nella gioia del
martirio!. Il tuo sacrificio come quello d’Isacco e di Cristo, è un
dono supremo offerto a Dio. Però, non ti dovevi difendere sparando
con il tuo fucile!. Dovevi porgere l’altra guancia e morire, nella gioia
del martirio. Il tuo dono supremo, è servito a lenire le piaghe dei
cartaginesi, quanto quelle dei servi della gleba siciliani!- disse padre
Salvatore, che fece il segno della croce, sulla fronte del militare.

- Bastardo!, lei è un collaborazionista di merda!.- disse il sergente


Bianchi, che era riuscito a prendere la pistola dalla fondina, ed
aveva l’intenzione di sparare con la mano non dominante, al prete
cattolico.

Un deciso colpo di macete, amputò il braccio sinistro del milite: poi


36
gambe, e torso, furono macellat i con violent issimi altri colpi di
macete, da quattro falangisti sub-sahariani. Furono pochi,
strazianti, gli urli disperati del povero sergente Bianchi, il cui corpo
fu ridotto rapidamente, in un ammasso informe di carne e sangue e
stracci verdastri. Poi gli fu versato sopra della benzina, quindi gli fu
dato fuoco.

-Buon lavoro, padre Salvatore!- rise il capo cartaginese, sfoggiando


un sorriso bianchissimo a 48 carat i, poi aggiunse –In quanti sono,
sulla spiaggia di Capo Feto, i bastardi capitalisti bianchi del nord
italia?-

-Adesso sono in 18, ed hanno ancora 3 carri- ripose padre


Salvatore, con lo sguardo basso, che s’aggrappava con le mani al
rosario, tenendo la testa e lo sguardo basso. –Adesso, che voi
avete quello che volete, lasciate i miei parrocchiani!- disse padre
Salvatore.

-Sicuro!, non ci sono problemi!- rispose ridendo, il falangista


chartaginese.
_____________________

Erano quasi le 10 di mattina, dalla Uss San Antonio avevano dato


comunicazione via radio, che uno sciame di 7 motobarche
chartaginesi, si stavano approssimando alla spiaggia di Capo Feto.
All’improvviso, una colonna di circa 200 persone, sbucò fuori dal
Borgo di Capo Feto, cantando l’Ave Maria!. Il tenente Rossi si voltò
alla sua sinistra, per osservare dal binocolo, la ressa di persone che
stavano avvicinandosi alla spiaggia di Capo Feto.
Stranamente, non c’erano uomini maturi o giovani, nei superstiti
del Borgo di Capo Feto, solo donne, anziani e dei bambini. Erano
tutti rossi in viso, piangevano, tanti pregavano e cantavano, erano
stati raggruppati in processione.

In cima alla co lonna c’era padre Salvatore, che marciava sicuro,


con gli occhi chiusi, aggrappato ad una grossa croce, al cui vertice
c’era una teca con l’estensione di un’ostia consacrata.
37
Ai fianchi della processione, ma anche all’interno della processione,
il tenente Rossi ebbe a riconoscere un numero enorme di falangisti
cartagines i, tutti armati con AK47, Dragunov, mitragliatri PKM,
lanciamissili RPG7.

La maledetta processione del cazzo, aveva scelto una tempistica


perfetta, per venire a rompere il cazzo ai bersaglieri della RFI, sulla
spiaggia di Capo Feto.

Nel frattempo, 7 barchini chartagines i si stavano avvicinando alla


spiaggia, tra breve, le due formazioni sarebbero potute convergere
sull’unità del tenente Rossi.

I tre APC Dardo erano disposti a V, ed in linea, c’erano pochi metri


più avant i ai Dardo, accucciat i tra sabbia ed aridi sterpi, i suoi 14
fucilieri. Solo 4 fucilieri erano in retrovia, come riserva, in linea, per
coprire le spalle.

-Adesso, che cazzo facciamo, tenente Rossi?- esordì il capocarro del


Dardo n°1, che con un sorriso sarcastico, sbucò fuori all’improvviso
dalla torretta dell’APC, parlando alla radio.
-Maledizione!- sibilò il tenente Rossi, che non rispose alla domanda
del capocarro del Dardo n°1.

-Tenente, Tenente!, ad ore 9, nella processione dal paese, ci sono


falangisti cartaginesi!. Vedo distintamente una marea di AK47,
PKM, Dragunov ed anche tanti RPG7- urlò, con gli occhi fuori dalle
orbite, il caporale Bedon, che comandava il drappello dei 4 fanti,
che erano dislocati in retrovia, a 20 metri, alle spalle dei 3 APC
Dardo. 38

-Tenente!, quelli del villaggio di Capo Feto sono scudi umani,


oppure nel peggiore dei casi sono tutti collaborazionisti di merda.
Forse, nascondono bombe molotov sotto i vestiti!. I cartaginesi,
sono armati sino ai denti!. Cazzo, Tenente!, non credo che vogliano
battezzarci con l’acqua santa!- urlò il capocarro del Dardo n°1,
mentre fece ruotare la torretta del suo veicolo, cambiando la
direzione del pezzo principale, dalla spiaggia alla processione.

-Tenente!, Tenente!, Vedo la formazione di battelli cartaginesi, sono


ad ore 12, approderanno tra 5 minuti!. Chiedo il permesso, d’aprire
il fuoco con il pezzo principale, appena i cartaginesi saranno a tiro!-
disse per radio, il capocarro del Dardo n°2

-Dardo n°2 e 3, vi ordino d’aprire il fuoco sullo sciame cartaginese


appena i battelli saranno a tiro!. Fanteria in linea, trattenete il
fuoco, ingaggiate il nemico a colpo singolo, solo se questo
raggiungerà la spiaggia a nuoto, dopo i colpi dei Dardo 2 e 3- disse
il tenente Rossi per radio.

-Fuciliere Rizzuto, sganciati dalla retrovia, seguimi in linea per


copertura e back-up!- urlò il tenente Rossi.

Poi il militare si voltò a guardare il capocarro del Dardo n°1 che lo


stava osservando con occhi di bragia, da quanta adrenalina aveva
in corpo, talchè il tenente Rossi gli disse –Se incomincio a sparare,
coprimi con il pezzo principale. Non ti curare d’evitare danni
collaterali, perché le milizie cartaginesi non si porranno di questi
problemi!-
Il tenente Rossi ed il fuciliere Rizzuto corsero per una ventina di
metri, per avvicinarsi alla processione che stava per entrare nella
spiaggia, i due militari s’inginocchiarono e puntarono i propri fucili
ARX 200.

Il tenente Bianchi disse –Rizzuto, trattieni il fuoco!. Inizia sparare


se ci sparano addosso, oppure dopo che io ho iniziato a sparare!-. Il
fucilere annuì, restò in silenzio, rannicchiato tra la sabbia e la
sterpaglia, nervosamente aggrappato al suo fucile Beretta ARX 200. 39

Il tenente Bianchi si sgancìò, corse per qualche altra diecina di


metri in avanti, verso la processione, poi s’inginocchiò e puntò il
proprio fucile, verso la ressa di gente, che camminava velocemente.

Tolse la sicura, erano ormai a meno di 50 metri circa, dalla sua


posizione.

-C’è un’operazione militare in corso, con truppe della Repubblica


Federale Italiana, contro pirati cartaginesi!. La spiaggia di Capo
Feto, non è un posto per fare una processione!. Cittadini della
Repubblica Democratica Italiana, andate via!. Cittadini del Borgo di
Capo Feto, ritiratevi!. Oppure, sarò costretto ad aprire il fuoco
contro di voi!- urlò il tenente Bianchi, con un tono di voce che
s’andava rapidamente incrinando.

-Pace!, Pace!, Pace, Tenente Bianchi!, lei ed i suoi uomini,


abbracciate la gioia di Dio!- urlò il prete don Salvatore, con voce
tonante, mentre agitava per aria, la grossa croce che teneva in
mano!.

-Questa è zona di guerra!, c’è un’operazione militare in corso!.


Cittadini del Borgo di Capo Feto, ritiratevi!. Oppure sarò costretto
ad aprire il fuoco!- urlò nuovamente il tenente Bianchi.

-Capitalisti di merda, gettate tutte le armi, ed arrendetevi!- urlò il


capo dei miliziani cartaginesi, che poi aggiunse – Altrimenti, noi
ammazziamo tutti questi italiani di merda!-
Brevi raffiche del cannoncino da 25mm del Dardo 2 e 3
interruppero la discussione, lacerando il sottofondo dei canti
disperati, della processione, che continuava ad avanzare!.

All’orizzonte, dopo qualche secondo, alcuni barchini cartaginesi


esplosero oppure s’incendiarono.

Istantaneamente, i cartagines i che erano nascosti tra la


processione, s’allargarono a ventaglio, iniziarono a sparare lunghe
40
raffiche, con le proprie armi.

I miliziani invece che erano mescolati dentro alla processione,


presero a sparare piccole raffiche, ammazzando a sangue freddo,
donne e bambini, mentre la folla in preda al panico, prese a gridare
con strazianti urla di terrore. La folla provò a fuggire via, cercarono
di correre e sparpagliarsi per la spiaggia, andando verso i 3 carri
armat i Dardo, in cerca di una disperata protezione.

Grida feroci, urla strazianti, fuoco di mitragliatori, pallottole che


fischiavano per aria, brevi raffiche di cannoncino da 25mm,
esplosioni di RPG7, iniziarono a mescolarsi, in un vento di guerra
indistinguibile, po i tutto divenne furente come una tempesta, che
sferzò tutta la spiaggia di Capo Feto!.
Black by Kari Kimmel

When everything turns to black


You don't know where to go
You need s omething
To j ustify your s oul

Silence is broken
Confidence is gone
Everything you're holding on to
Falls

All the people s elling truths


On every corner now 41
The wait until the fear
Has knocked you down

All the rules are changing now


You're living in sin
Everything around you is caving in
All you're holding on to
Slipping like water through your hands

And you sing


La la la la
La la la la
La la la la
Ya you s ing
La la la la
La la la la
La la la la

Far off in the distance


Somewhere you can't s ee
Allegiances have formed your destiny
Oppos ition all around
Feeding off your s oul
Trying hard to s wallow up you whole
And the demons all around you waiting
For you to s ell your s oul

They're s inging
La la la la
La la la la
La la la la
They're s inging
La la la la
La la la la
La la la la

Oh la la la la la
Oh la la la la la

They're s inging
La la la la
La la la la
La la la la
They're s inging
La la la la
La la la la
La la la la
Capitolo 3: L’Assedio di Surgut

Sono il tenente James Gastovskj, in questo ebook giace una parte


delle mie memorie.

Ricordo piuttosto nitidamente, l’inverno del 2050, non saprei dire il


giorno esatto o l’ora, perché non me lo ricordo. Mi ricordo però, che
ero nella taiga intorno a Surgut, osservavo nascosto tra gli alberi,
con il mio mirino laser, l'ambiente circostante, in attesa di 42
movimenti nemici, che a mio parere, sembravano tardare a
palesarsi.

All'improvviso, qualcosa nell'aria, qualcosa di piccolo, qualcosa di


malefico e silenzioso, qualcosa di maledettamente difficile a vedersi
ad occhio nudo, attirò la mia attenzione, grazie alla presenza delle
sofisticate lenti del mio monocolo.

Non avevo tanta voglia di parlare, iniziai però a canticchiare, sotto


voce:"Far off in the distance, Somewhere you can't see, Allegiances
have formed your destiny, Opposition all around..." per tenermi
sollevato il morale.

Avevo capito, cos’avevo di fronte!.


_____________________

Dieci giorni prima, il generale in persona dell’11st USE Cavalry


m’assegnò la missione, chiamandomi per telefono:”Figliolo, è un
dannato lavoro di merda, quello che l’affido!. Forse potrebbe anche
creparci, in questa dannata Siberia!. Tenente Gastovskj, dovrà
sgrugnarsi contro gli incursori gengiskani che manovrano da Nord
verso Sud. I gialli, cercano di chiudere l’accerchiamento su Omsk-
Novisibirsk. La spedisco in ferrovia a Surgut, con i suoi APC Bradley
ed Humvee. In rinforzo, le ho dato anche un paio di M113 con pezzi
da 120mm. Dispone anche di un po’ di missili anti-tank Javelin,
MANPAD, mine anticarro, esplosivo C4 in ampia quantità. Surgut è
un fottuto centro abitato, in mezzo al nulla, nel Bassopiano
43
Siberiano. La cittadina è popolata da russi amichevoli, che
l’aiuteranno. Surgut è lungo l’Ob, è uno snodo importante, perché
ha anche l’aeroporto e la linea ferroviaria!. Tra 20 giorni le manderò
dei BlackHawk, una compagnia in rinforzo, un po’ d’artiglieria da
campagna. La promuoverò capitano, se lei sarà sempre vivo!. Per
adesso, non ho altro per consolidare Surgut. I suoi ordini, tenente
Gastovsky sono semplici: tenga Surgut ad ogni costo!. Figliolo, che
Dio, la benedica!”.
___________________

Nove giorni fà, quando scesi dal treno, alla stazione di Surgut,
c’erano solo due militari zarini ad attendere l’arrivo del mio
contingente: erano due spetnaz, li riconobbi dalla mimetica,
avevano dei nomi scritti con caratteri cirillici, sul lato sinistro
dell’uniforme.

Gagarin I. era il primo dei due militari zarini, non mi rivolse la


parola, dai gradi che indossava, doveva essere un tenente.

Nemmeno mi salutò militarmente, diede un’occhiata gelida al mio


plotone, squadrandolo dalla testa ai piedi.

Già, il mio plotone: i miei soldati, erano tutti giovani, sbarbati e


dalla faccia pulita, un po’ disorientati, con uno sguardo triste.
Silenziosi e disciplinati, si misero rapidamente in riga, restando sul
riposo.

Beh!, si vedeva da un chilometro, che i miei effettivi erano tutte


reclute, appena sfornate dal centro d’addestramento dell’11st USE
Cavalry. Il secondo spetnaz era in fondo alla stazione, raggiunse di
buon passo il primo militare, mentre diede una rapida occhiata ai
miei blindati ed equipaggiamenti, caricat i sopra al mio convoglio
ferroviario.

Il secondo militare, si rivolse al tenente Gagarin, disse rapidamente


brevi fras i in russo, poi Gagarin si vo ltò verso di me, e mi disse –
Che cosa vorreste fare, voi europei, quì in Siberia, con questa
manciata di reclute, e con qualche vecchio blindato di fabbricazione
americana?- 44

-Collaborare con le forze zarine, per tenere Surgut!- risposi, poi gli
porsi la lista di carico, dei miei mezzi, ed aggiunsi –I mezzi sono
stati rimodernati, non hanno difetti, sono affidabili e perfettamente
funzionanti. Abbiamo tantissimo C4, ed anche un manipolo d’ottimi
artificieri. Sono dei veri esperti, in demolizioni controllate, inoltre
abbiamo tantissimi missili anti-carro Javelin ed anche dei vecchi
TOW, oltre ad un vagone colmo di MANPAD Stinger-

-Non ci sono truppe speciali, i suoi elementi sono reclute, non


dureranno un giorno, quì in Siberia, in uno scontro contro i
gengiskani!- disse in un inglese corretto, ma dall’accento zarino, e
con tono secco e lapidario.

-I miei fucilieri, sono perfettamente addestrati come fanteria di


montagna, noi siamo la crema dell’11st USE Cavalry. Tra 20 giorni,
arriveranno con elicotteri Black Hawk, una compagnia in rinforzo,
avremo anche delle unità d’artiglieria da campagna!.- risposi con un
tono aspro e duro.

Lo spetnaz mi rise in faccia, un largo sorriso sarcastico si stampò


nel suo volto, poi mi disse -Tra quattro o cinque giorni, la linea
ferroviaria ad Ovest di Surgut sarà in mano ai gengiskani. Non
arriveranno mai altri rinforzi per Surgut. Il comprensorio di Surgut
sarà sotto assedio!- poi aggiunse –Voi americani, travestiti da
soldati europei, fareste bene a studiare un modo per filare via,
prima di rimanere intrappolati in Siberia!. Che cosa ci fate quì?. Gli
USA non sono in guerra!-.
-Come militare statunitense, ero arruolato come tenente nel’US 7th
Air Cavalry. Poi, ho accettato il trasferimento nell’11st USE Cavalry
per le mie origini. I miei ordini sono chiari: difendere Surgut.-
risposi, mentre cercavo il mio zippo e le mie sigarette, dentro il mio
giaccone mimetico.

-Gastovkj, un americano, arruolato nell’USE Cavalry, spedito a


Surgut, per combattere i gengiskani?!- mi chiese incuriosito, il
tenente Gagarin. 45

-Tenente Gagarin, sappia che io sono ancora un cittadino


statunitense, di padre polacco e madre italiana. Da 15 giorni, ho
preso la cittadinanza polacca, poi ho accettato d’essere trasferito
nell’11st USE Cavalry- risposi con una punta d’orgoglio, mentre
estrassi una sigaretta dal pacchetto delle mie Lucky Strike.

-Voi americani, non avete un piano di ripiegamento?- chiese lo


spetnaz, guardandomi in volto, con un’espressione dura e gelida.

Io scossi la testa, in segno di diniego, poi svogliatamente m’accesi


una sigaretta, quindi aggiunsi –Siamo venuti per restare!-

Il volto dello spetnaz era privo d’espressione, glaciale come un


iceberg, lesse per una seconda volta la mia nota di carico, che
mostrava in dettaglio tutto il mio equipaggiamento.

Il militare divenne all’improvviso scuro e serio, contrasse la


mascella nervosamente, scrutò nuovamente il mio plotone, quindi
disse– Se voi Europei, siete venuti per restare a Surgut, allora
anche tutti i miei Spetnaz, resteranno con voi, quì a Surgut-.

Finalmente ci scambiammo il saluto militare, il tenente Ivan


Gagarin si qualificò, come uno spetnaz del II°raggruppamento
dislocato ad Ekaterimburg, aveva al suo seguito 15 spetnaz, e s’era
già sgrugnato parecchie volte, con i gengiskani; aveva già perso il
50% del suo plotone, ossia tutta la metà dei suoi amici.

-Suo bis-nonno, era il russo che andò in orbita nel 1960?- chiesi,
cercando di sdrammatizzare i gelidi convenevo li.
-No!- sorrise lievemente il militare – è solo un banale caso
d’omonimia!- rispose Gagarin.
________________________

A difesa di Surgut c’era un maggiore dell’Armata Zarina, se ne


stava rintanato in un modesto ed anonimo palazzo, lontano da ogni
possibile obiettivo militare. Il palazzo anonimo era distante
dall’aeroporto, era lontano dalla stazione ferroviaria, quanto dalla
grande centrale elettrica. Tutto il mio plotone, fu spedito 46
all’aeroporto di Surgut, con il compito d’assistere una batteria di
missili S300 e Pantisir, che proteggeva tutta la città, contro gli
attacchi aerei e missilistici gengiskani.

Il maggiore zarino disse che l’assedio di Surgut a suo parere,


sarebbe durato pochissimo. Le difese zarine erano scarse, i
gengiskani erano ben equipaggiati, con una perfetta conoscenza
tattica e strategica del territorio, erano da tempo una valanga
inarrestabile in Siberia. In estate ed autunno, i gengiskani avevano
finto d’essere impantanat i in S iberia. In inverno, invece i gengiskani
avevano scatenato un’inattesa imponente offensiva verso Ovest,
puntavano su Surgut.

Tirando le somme, a parere del maggiore zarino, era giusto che io


come militare dell’USE Cavalry, decidessi in piena autonomia, come
e dove sarei morto, per la difesa di Surgut. Se fosse caduta la
difesa anti-aerea zarina, sarebbe caduta Surgut. Tutti, in un modo
o nell’altro, saremmo prima o poi, rimasti quì a Surgut.

Il maggiore zarino, mi diede una mappa plastificata, era molto


dettagliata e descriveva tutto il mio settore: era un’enorme area a
180°gradi intorno all’aeroporto di Surgut, di cui io avrei dovuto
garantirne la difesa.

Ricordo, che gli dissi che io non avevo forze sufficienti per espletare
il mio compito in rapporto all’area che mi era stata assegnata. Il
maggiore mi rise in faccia, disse che tutti a Surgut non avevano
forze sufficient i, per fare quello che doveva essere fatto, però tutti
non si lagnavano e s’adattavano con quello che avevano!. La
situazione a Surgut era disperata, molto peggio di quanto credesse
il comando dell’USE Cavalry, che m’aveva spedito quì. Forse era
carenza di comunicazioni, oppure gli zarini avevano taciuto
parecchie informazioni, temendo che l’USE Cavalry non avrebbe
spedito truppe in contesti disperati e perdenti.
_________________

All’aeroporto conobbi il sergente Elizaveta Ivanov, era stata appena


promossa a tenente; era lei l’ufficiale in comando della batteria 47
anti-aerea, che gestiva il comando Radar, da cui dipendevano 5
grossi camion sparsi sui lati dell’aeroporto, con i grossi missili anti-
aerei SAM-S300 oltre a numerosi Pantisir per la difesa a breve
raggio.

Il tenente Gagarin, m’accompagnò all’aeroporto con una classica


jeep russa, mi disse parlando lungo il tragitto, che sul fronte
siberiano, i passaggi di carriera nell’esercito zarino erano molto
rapidi, perché in guerra, l’aspettativa di vita era breve. Non c’erano
rinforzi e/o rimpiazzi, spediti da Mosca per tappare le perdite, per
cui quasi tutti i repart i militari erano a circa la metà degli effettivi, a
causa delle perdite.

Gagarin, disse che era assai improbabile che i gengiskani


nuclearizzassero Surgut, con un attacco nucleare strategico o
tattico. Alle truppe gengiskane serviva Surgut, inoltre i gengiskani
stavano avanzando verso Ovest: non sarebbe stato saggio,
occupare e/o transitare in aree contaminate, dato che poi i
gengiskani avrebbero avuto una valanga interminabile di morti tra
le loro truppe. Anche un’esplosione atomica in aria, avrebbe in ogni
caso prodotto del letale fall-out, che avrebbe contaminato la città!.

Il caso o forse il destino, volle che Elizaveta fosse identica alla mia
ex-moglie, tranne per il fatto che Elizaveta era più bassa ed aveva i
capelli neri, mentre la mia ex-moglie era bionda e più alta. Forse è
per questo, che Elizaveta mi piacque subito, appena la vidi. Per me
fu un colpo di fulmine, per lei non saprei dire.
48
La puttana di mia moglie invece, m’aveva lasciato per un altro,
perché a causa del mio lavoro, lei diceva che io ero sempre fuori di
casa. La stronza, con il suo spietato avvocato, riuscì a portarmi via
la mia casa e la mia auto. Decisi d’andare in Europa, per
combattere nella WWIII. Accettai il gioco delle cittadinanze
europee, che erano regalate a tutti gli americani d’origine europea.
Era un maledetto trucco burocratico, per rimpinguare le fila dei
militari europei.

-Tenente Ivanov, questo è il tenente Gastovskj. È un polacco,


dell’11th USE Cavalry. E’ venuto a Surgut, per proteggere la tua
batteria di missili S300 e Pantisir, dai gengiskani!- disse laconico il
tenente Gagarin, quando mi presentò ad Elizaveta.

Elizaveta era molto carina, nonostante indossasse una mimetica


verdastra. Elizaveta se ne stava seduta in alto, su una grossa
poltrona, dentro la cabina di comando, del suo grosso camion. Un
terzo delle postazioni nel camion erano vuote, ed il pesante
portellone metallico era aperto. Elizaveta mi squadrò da capo ai
piedi, con i suoi occhi azzurri, poi sorrise ed involontariamente le
vidi per la prima volta i suoi due graziosi dentini a coniglietta, poi
Elizaveta esordì ridendo divert ita -Il mondo è in fiamme, ed il
tenente Gastovskj, è venuto a Surgut, per proteggermi?!-

-Sì!, tenente Ivanov, sono venuto a salvarle la vita- risposi


sorridendo.
-Tenente Gastovkj, non aveva proprio altro da fare?!- mi rispose
Elizaveta, che in un attimo, mutò la sua espressione in modo cupo
e triste, che la resero ancora più bella!.

-E’ un militare del 7th US Air Cavalry- disse il tenente Gagarin, poi
dopo una breve pausa aggiunse –E’ venuto a Surgut, per restare.-
poi mi diede una grossa pacca sulle spalle e s’eclissò in silenzio.

-Ah!, un americano del 7th Air Cavalry!- disse Elizaveta, con gli 49
occhi tristi, mentre cercava d’esibire un falso sorriso forzato –
adesso si spiega, il perché della sua stupida decisione!.-

Io sorrisi e le dissi che poteva stare tranquilla, non ero così stupido
tanto quanto il generale Custer.

Elizaveta mi fece salire sul camion, osservammo una grossa


mappa, mentre lei rapidamente mi fece il riassunto della situazione
in Surgut.

All’aeroporto di Surgut c’erano appena 8 aerei Yak130 per il


supporto aereo tattico, 6 elicotteri Mil-mi24. Erano tutti mezzi per il
supporto aereo tattico, oppure per il trasporto truppa. Una volta al
giorno, all’aeroporto di Surgut atterravano dei trasporti aerei zarini,
che coraggiosamente scaricavano qualche tank T72/polar bear e
tanto carburante, perché la centrale elettrica di Surgut era già stata
attaccata e distrutta dai gengiskani, con un attacco missilistico
massivo, per la difesa a breve raggio dei Pantisir. Presto i trasporti
aerei si sarebbero interrotti, a causa della manovra
d’accerchiamento gengiskana che probabilmente era in atto. Le
chiesi come faceva a sapere questa informazione, lei rispose che i
velivoli zarini da trasporto che tornavano a Surgut, erano sempre
meno, di quelli che decollavano da Surgut.

La batteria di missili S300 che era comandata da Elizaveta,


proteggeva la città dai missili nucleari tattici e strategici, quanto
dagli attacchi aerei nemici.

Nell’aeroporto, c’erano a sostegno della lotta anti-aerea, vari pezzi


d’artiglieria da 105, nonché vari lanciamissili a breve raggio
Pantisir, e numerosi Shilka. Con le loro mitragliatrici a t iro rapido a
controllo numerico, gli Shilka proteggevano tutte le antenne radar
del sistema S300, contro gli attacchi di droni e missili anti-radar
nemici, provenienti dalla bassissima quota.

50

I sistemi zarini S300 erano in parte inefficaci nella bassissima


quota, a causa del forte jamming elettromagnetico gengiskano. Ma
i Pantisir erano stati rafforzati ed erano una difesa mo lto efficace,
tanto quanto gli Shilka, che assicuravano la terza fascia di difesa,
da un attacco dall’aria.

Tuttavia la media quota, quanto l’alta quota, erano costantemente


spazzate dai segnali radar zarini S300. Erano gli zarini, che a
Surgut ancora dominavano lo spazio aereo, per un intorno di 50km
di raggio. I grandi silos metallici comandati da Elizaveta, erano
capaci di sterilizzare a 25km di distanza, tutti gli attacchi dall’aria,
sia missilistici quanto aerei. Il mio plotone, doveva solo garantire
un’ampia cintura di sicurezza, contro tutti gli attacchi nemici,
espletati con azioni di terra. Attacchi corazzati e/o meccanizzati,
oppure infiltrazioni di forze speciali.

Se il modulo di comando, oppure le antenne radar, fossero state


danneggiate o distrutte, i missili terra-aria S300 non sarebbero
state capaci d’abbattere le minacce nemiche, perché le antenne
radar del sistema S300 illuminavano sia i bersagli nemici, quanto 51
pilotavano i missili zarini, contro i target nemici.

La postazione radar mobile S300 era la chiave della difesa tattica e


strategica di Surgut, assieme ai s istemi Pantisir. Ma allo stesso
modo, erano anche l’anello debole da difendere, perché la fanteria
zarina ed alleata scarseggiava!.

Chiesi se un missile IRBM a testata nucleare gengiskano, oppure


dei missili da crociera nemici con testata atomica tattica, avrebbero
potuto distruggere l’aeroporto di Surgut, vaporizzando tutta la
difesa aerea integrata, in un colpo solo. Elizaveta mi disse che il
sistema S300 avrebbe potuto abbattere tutte le minacce, incluse
quelle atomiche, entro un massimo di 25km di distanza, ed un
minimo di 5km. Tutta l’elettronica degli S300 era schermata da
impulsi EMP, quindi solo azioni tattiche di terra, avrebbero potuto
disabilitare la difesa anti-aerea ed anti-missilistica.

Non vi voglio raccontare, su come le circostanze mi permisero di


conquistare l’amore di Elizaveta per 2 giorni e mezzo, dei 10 giorni
che rimasi dell’assedio di Surgut.

Però, vi posso dire che in fondo al mio cuore, io ero venuto in


Europa per combattere, perché avevo poca voglia di vivere. Ma
quando giunsi a Surgut, il bel sorriso triste di Elizaveta, fu per me
come un caldo raggio di Sole, per il mio cuore gelato.

Lei, mi ridiede quel folle ottimismo di una storia d’amore, che


obiettivamente in Siberia 2050, dentro l’assedio di Surgut, non
avrebbe mai potuto finire bene!.
_____________________

Quel giorno ero nella taiga, intorno a Surgut, i miei fucilieri che
erano sopravvissuti a quei 10 giorni di violentissimi scontri, erano
sparsi in taiga, nascosti tra la neve e gli alberi. Imbarbariti dal
freddo e dalla guerra, non si facevano molte illusioni sul loro
destino, ma erano silenziosi e diligenti, sapevano controllare la loro
paura, tanto da apparire determinati.
52
Io con il mio mirino laser, osservavo l'ambiente circostante, in
attesa di movimenti nemici, che sembravano tardare a palesarsi.
Avevamo respinto sino a quel giorno, tutti gli attacchi gengiskani,
anche se c’era stato un pesante costo da pagare!. Tutti, sapevamo
che non avremmo potuto reggere ancora molto a lungo, però
continuavamo a co mbattere, perché non c’era altro da fare.

All'improvviso, qualcosa nell'aria, qualcosa di piccolo, qualcosa di


malefico e silenzioso, qualcosa di maledettamente difficile a vedersi
ad occhio nudo, attirò la mia attenzione, grazie alla presenza delle
sofisticate lenti del mio monocolo.

Non avevo molta voglia di parlare, questa volta avevo una


bruttissima sensazione, che mi diceva che la guerra avrebbe
probabilmente stroncato la mia storia con Elizaveta.

In realtà, l’avevo sempre saputo: la storia tra me ed Elizaveta era


una cosa che non avrebbe mai potuto durare, però vi confesso che
era maledettamente bello illudersi, che il nostro amore sarebbe
potuto durare per sempre.

Iniziai a canticchiare, sotto voce:"Far off in the distance,


Somewhere you can't see, Allegiances have formed your destiny,
Opposition all around..." per tenermi sollevato il morale.

Una densa nuvola di piccoli droni, stava volando verso l’aeroporto


di Surgut. Appena sopra le cime degli alberi, veloci come proiettili, 53
c’era molto poco che noi potevamo fare, contro quei maledetti
piccoli oggetti. Erano troppo piccoli, erano troppo veloci, per essere
abbattuti con fucili e mitragliatrici. C’era solo da sperare che gli
Shilka zarini, avessero potuto bloccarne la minaccia!.

Dopo vari minuti, Elizaveta mi contattò per radio: lo sciame dei


mini droni gengiskani, avevano permeato le difese degli Shilka, le
antenne dei sistemi radar S300 erano state danneggiate.

La difesa aerea di Surgut era stata disabilitata!.

Si profilava in arrivo, un pesante attacco aereo e missilistico, già


due degli 8 aerei Yak130 per il supporto aereo tattico alle nostre
forze di terra, erano stati abbattuti. Quello che rimaneva del mio
plotone, era in posizione troppo avanzata, ed era disperso nella
taiga, gli ordini dal comando di Surgut per la mia unità, erano di
ritirarsi e raggrupparsi tra gli alberi a sud, nei pressi dell’aeroporto!.

Stavo rientrando di corsa, con quello che rimaneva del mio plotone,
ridotto ad un terzo dei suoi effettivi, quando il tenente Gagarin mi
contattò per radio. Una serie di missili da crociera gengiskani,
avevano colpito in pieno l’aeroporto di Surgut: tutto quanto era
stato ridotto in cenere!. Avevo udito le esplosioni, ma in fondo al
cuore, speravo stupidamente che l’attacco avesse colpito la
stazione ferroviaria, oppure il grosso ponte di Surgut.

Sentii un vuoto allo stomaco, mi sentii mancare le gambe, quando


la vidi.
Elizaveta era riversa per terra, era fumante e mezza bruciata, le
mancava una gamba ed un braccio, c’erano mo lte schegge che
avevano tappezzato di grosse macchie scure, la sua schiena che
trasudava sangue nero.

Pensavo fosse già morta, ma invece era ancora viva!.

L’infermiere del mio plotone le diede una rapidissima occhiata, poi


le fece un’iniezione di morfina. 54

La mia Elizaveta tossiva e sputava sangue come una fontana, aveva


mezzo volto ustionato, non c’era niente che io potessi fare, per
evitarle la morte.

L’infermiere mi guardò negli occhi, sapeva che Elizaveta ci stava


guardando, l’infermiere disse ad alta voce –Il tenente Ivanov, non è
poi così grave, come sembra!- poi si voltò, corse a cercare altri
feriti che erano sparsi per la fumante e devastata pista
dell’aeroporto di Surgut.

Molti blindati Shilka bruciavano come delle torce, rilasciando del


denso fumo nero; c’erano cadaveri o resti umani un po’ ovunque si
volgeva lo sguardo!. Se l’inferno esisteva, una filiale dell’inferno
aveva aperto le proprie porte all’aeroporto di Surgut!.

Elizaveta mi guardava con i suoi grandi occhi azzurri, che


sembravano sperduti, come quelli di una bambina al primo giorno
di scuola.

Ero inginocchiato e la stringevo tra le mie braccia, cercando di non


piangere. Le tenevo l’unica mano che ancora aveva, era debole e si
stava spengendo la mia Elizaveta. Sapevo che probabilmente avevo
poco tempo, non avrei potuto dirle tutte le cose che avrei voluto
dirle.

Baciai Elizaveta, poi le sussurrai –Amore, l’infermiere ha detto che


non sei molto grave!-

Elizaveta storse leggermente la bocca, poi con un sussurro flebile,


mi disse –James, ho deciso che mi voglio innamorare di te-
-Ti giuro, che io quando sono venuto a Surgut per combattere, non
ho mai pensato d’incontrare una persona come te!- le dissi.

Elizaveta accennò un sorriso, raggranellò quel poco d’energia che


ancora aveva, mi strinse forte la mano, poi con un filo di voce disse
–Non ho mai immaginato, di perdere una persona come te- poi gli
occhi di Elizaveta divennero vuoti ed immobili, il volto della mia
Elizaveta si trasformò in una fredda bambola di pezza.
55
Le mia Elizaveta se n’era andata, me l’avevano ammazzata i
gengiskani!. Il sangue nelle vene, iniziò a ribollirmi co me un
vulcano che stava per esplodere!.

-Tenente Gastovkj, in quanti siete ancora nel suo plotone?-.

Era la voce tonante del tenente Gagarin che udìì a malapena,


mentre lo vidi inginocchiato in terra, a dieci metri da me,
aggrappato al suo fucile d’assalto. Il tenente Gagarin, era poco
distante da un Pantisir, ancora in fiamme.

Io non gli risposi, non avevo voglia di parlare, una bomba


d’adrenalina si stava trasformando in una furia cieca e distruttiva,
che mi stava ottenebrando la mente: l’unica cosa che volevo, era
ammazzare quanti più gengiskani possibile!. M’alzai d’istinto,
raccolsi da un cadavere di un militare zarino, un RPG7 e mi caricai
in spalla 3 grosse testate HEAT per RPG7.

-Maledizione!, tenente Gastovkj, in quanti siete rimasti del suo


plotone?- urlò il tenente Gagarin, mentre era ancora inginocchiato
su una gamba, poco distante dal camion in fiamme, e con lo
sguardo osservava i bordi della foresta.

-Circa in 11, incluso io- risposi mentre tornai indietro verso il


cadavere di Elizaveta, poi le strappai la dogtag dal collo.

-Surgut è andata, tenente Gastovskj mi segua con i suoi 10


fucilieri, noi abbiamo una possibilità di fuga dalla sacca di Surgut!-
disse il tenente Gagarin con voce imperiosa.
-Oggi, voglio ammazzare gengiskani!- risposi, mentre innestai una
testata HEAT nel lanciatore RPG7.

-Una brigata di carri armati, un battaglione di fanteria, ed elicotteri


da battaglia stanno dilagando per Surgut. Presto raggiungeranno
l’aeroporto per rastrellare le rovine e le strutture. Surgut è caduta!.
Però a NordOvest, se ci sbrighiamo, ci sono due sottomarini
tascabili zarini, che possono trasportare non più di 30 persone.
Avete combattuto bene a Surgut voi europei, adesso è il momento 56
di ripiegare!. Tenente Gastovskj, non si faccia trasportare dall’ira.
Pensi ai suoi 10 fucilieri. Tenente Gastovsky, potrà vendicare la
morte del tenente Ivanov, un’altra volta!. La guerra è lunga!.
Adesso chiami l’adunata. Abbiamo poco tempo, per filare via!- disse
il tenente Gagarin, con un tono di voce calmo ed accondiscendente.

Forse fu la voce calma ed accondiscendente del tenente Gagarin,


forse il pensiero dei miei soldati, forse l’addestramento e
l’esperienza che avevo avuto, riuscirono a sedare l’ira della mia
mente.

Chiamai l’adunata, poi seguimmo i quattro spetnaz che ci guidarono


verso il fiume Ob ghiacciato, dove un piccolo sottomarino tascabile
ci stava aspettando!.

Ma questa, è un’altra storia…


Wicked Game – Ursine Vulpine f.t. Annaca

The world was on fire and no one could s ave me but you
It's s trange what desire will make foolis h people do
I never dreamed that I 'd meet s omebody like you
And I never dreamed that I 'd los e s omebody like you

No, I don't wanna fall in love


No, I don't wanna fall in love
With you

What a wicked game to play 57


To make me feel this way
What a wicked thing to do
To let me dream of you
What a wicked thing to s ay
You never felt this way
What a wicked thing to do
To make me dream of you

No, I don't wanna fall in love


No, I don't wanna fall in love
No, I don't wanna fall in love
No, I don't wanna fall in love
With you
Capitolo 4: L’Accerchiamento di Surgut

Erano già stati stesi in poco tempo, 9 dei dieci sottilissimi cavi
lunghi 5km, che innestati in picco li apparati elettronici, da collocare
sopra un albero, questi aggeggi zarini svolgevano il ruolo di radar
passivi quanto di jammers del segnale satellitare BeiDou3+. In
questo modo, a dire del comando zarino, si sarebbe interdetto ogni
attacco missilistico gengiskano a bassa quota. Anche il fuoco
nemico dell’artiglieria, quanto il supporto aereo tattico e le rotte 58
degli elicotteri d’attacco, in quest’area sarebbero stati inaccurati. I
gengiskani non avevano dei missili anti-radar efficaci, inoltre i
sistemi missilistici Pantisir e gli Shilka, potevano garantire la
protezione dei potenti ma vulnerabili radar, dei sistemi S300, i quali
erano perennemente accesi, per imporre la propria difesa aerea con
i missili S300.

Elizaveta aveva voluto fare una sortita in piena notte, non voleva
mandare nessun’altro, perché doveva ottimizzare la disposizione ed
i segnali dei dispositivi di jamming. Era stata scortata da uno
spetnaz, il loro obiettivo era di stendere quel maledetto decimo
cavo. Io non sapevo niente, nessuno m’aveva avvertito. Le sue
nove sortite, erano sempre riuscite senza incappare in problemi;
ma questa volta non andò proprio così.

Gagarin si precipitò nella mia posizione, mi raccontò che lo spetnaz


che scortava il tenente Ivanov non se l’era sentita d’ammazzare la
donna.

Lo spetnaz disse in modo laconico, via radio che con un’invasione di


gengiskani che dilagavano in Siberia, ammazzare esperti zarini di
guerra elettronica e difesa aerea, non era a suo avviso la cosa
giusta da fare. Il soldato aveva vio lato i propri ordini, però avrebbe
ingaggiato i gengiskani, si sarebbe sacrificato, per permettere alla
donna di provare a fuggire. Il coraggioso militare, chiedeva per
radio, che qualcuno andasse in soccorso ad Elizaveta, per aiutarla a
rientrare a Surgut, prima che la donna si fosse stata costretta ad
uccidersi, per evitare di farsi catturare viva dai gengiskani.

Elizaveta lasciò per terra borraccia, caricatori ed il proprio fucile 59


AK74, oltre al voluminoso equipaggiamento elettronico, si voltò e
prese a correre, in silenzio, zigzagando tra gli alberi, contando solo
sulla propria pistola d’ordinanza con quattro caricatori, per la difesa
personale di prossimità.

Lo spetnaz mise una granata dentro la sporta dell’equipaggiamento


elettronico e preparò una booby traps, poi il militare gattonò in
silenzio, vicino ad un albero, puntò il proprio mitragliatore PKM
contro i gengiskani che avanzavano guardinghi, in una formaz ione a
cuneo, erano a circa 400 mt.

Per radio, sentii crepitii d’armi da fuoco, urla strazianti, esplosioni di


granate, numerose colpi d’armi automatiche, poi all’improvviso
dalla radio ci fu solo del rumore di fondo: la battaglia durò un paio
di minuti, forse tre.

Io ero già nella taiga, correvo come un pazzo, ero solo perché non
volevo sacrificare nessuno del mio plotone, per una missione che
probabilmente sarebbe stata suicida.

Quando dissi a Gagarin che io sarei andato da solo, a scortare il


tenente Elizaveta Ivanov, per rientrare in sicurezza dentro le linee
di difesa di Surgut, Gagarin mi guardò con uno sguardo incredulo.

La taiga era innevata, il cielo era plumbeo, le basse nuvole erano


cariche di neve, presto avrebbero ovattato tutto il pasaggio con un
nuovo denso e morbido, strato di gelida neve. Correre nella neve
era cosa pesante, ma per qualche ragione non sentivo la fat ica.
M’ero portato solo il mio fucile, la pistola d’ordinanza, vari
caricatori, una sola granata a frammentazione, ed un solo
fumogeno, oltre alla mia piccola radio portatile. Volevo essere il più
leggero possibile, avendo leggerezza ed agilità di movimento, in
questo pesante terreno innevato.

Lo spetnaz che aveva rallentato i gentiskani, se pur ingaggiando il


nemico per soli 3 minuti, aveva fatto un ottimo lavoro!. Il plotone
dei militari gengiskani avevano subito pesanti perdite nel violento
scontro a fuoco. I sopravvissuti del plotone che ancora
continuavano la ricogniz ione, per saggiare le difese nemiche, 60
adesso procedevano lenti, titubanti e timorosi, mentre Elizaveta
correva disperata a perdifiato, zigzagando tra gli alberi e la neve
alta, riuscendo a guadagnare terreno.

Elizaveta mi co mparve all’improvviso, dentro l’ottica del mio mirino:


la sua figura antropomorfa era quella di una mimetica zarina, si
materializzò da dietro un albero, sulla mia sinistra ad un centinaio
di metri da me. Io lanciai un incauto fischio, lei si voltò verso di me,
poi corse in linea retta, raggiungendomi.

- Tenente Gastovskj, lei è quì?- esordì Elizaveta con il fiato corto,


mentre appoggiò le mani sulle ginocchia, per cercare di recuperare
le forze.

-Zitta!- le risposi brusco, poi la spinsi a terra, vicino ad un’albero,


quindi feci fuoco con il mio fucile: beccai in pieno un gengiskano
che era a circa 200 metri. L’altro gengiskano, si nascose
prontamente dietro un albero, mentre un terzo si buttò nella neve,
dietro a dei tronchi.
Quello che avevo beccato era un machine gunner dotato di un
perico loso PKM, gli altri due avevano solo dei normali fucili
d’assalto, non avevo visto cecchini!.

-Elizaveta!, se torniamo a Surgut, mi devi una cena!. Per adesso,


non fermarti, striscia in silenzio verso Surgut. Io cercherò di
beccare i due gengiskani che t’inseguono!-.

La donna fu sorpresa ed incredula, annuì in silenzio, poi


61
silenziosamente prese a strisciare nella neve, verso Ovest.

Io strisciai rapido verso sinistra, sentii un leggero ronzio nell’aria


che s’avvicinava. Mi sollevai lentamente da terra, alzandomi in
ginocchio su una gamba, avendo cura di restare al coperto dietro
ad un grosso albero, cercai di capire cosa diavo lo fosse quel
maledetto ronzio.

Un drone tattico gengiskano fermo a mezz’aria, ruotava lentamente


di 180°gradi su se stesso: era una sorta di dragunov volante!.

Il drone nemico, stava evidentemente cercando un bersaglio da


abbattere. Puntai il drone con il mio fucile d’assalto, gli scaricai
contro vari burst. L’aggeggio incassò i miei colpi, barco llò nell’aria,
poi cadde rovinosamente nella neve.

Vari burst di fucile d’assalto piovvero vicino a me, io però riuscii a


gettarmi a terra, tornai rapido strisciando nella mia posizione
primaria, per dare maggiore protezione alla rit irata silenziosa di
Elizaveta.

Elizaveta nel frattempo, continuava a strisciare nella neve, non


perdeva tempo a voltarsi per sapere cosa stesse succedendo alle
sue spalle. Elizaveta s’allontanava silenziosamente e lentamente,
ma con velocità costante!. Aveva un bel culo Elizaveta, anche se la
mimet ica militare non era il vestito opportuno, per esaltare delle
forme femminili.

Mi sollevai pericolosamente in piedi, per dare la sbirciata della


papera. Potei vedere in un attimo, che uno dei due gengiskani era
in ginocchio dietro un albero caduto: il militare nemico stava
armeggiando con un vistoso telecomando, tentava d’allungare
un’antenna radio, forse per contattare un secondo drone tattico
nemico?!. Non persi tempo a pormi dubbi, gli scaricai contro una
serie di burst, beccandolo al busto, mentre l’uomo cadde a terra.

Spuntò fuori all’improvviso dalla neve, dietro ad un tronco innevato,


il terzo militare gengiskano. Il fuciliere nemico prese a spararmi
contro, ma l’albero dietro cui ero nascosto, riuscì ad assorbire i suoi
colpi. 62

Il rateo dei co lpi che mi piovevano contro si ridusse!. Il gengiskano


m’ingaggiava a colpo singolo, udii vari proiettili che fischiarono
proprio intorno a me, in modo più accurato.

Probabilmente, lo stronzo stava avanzando a piedi, sparava a colpo


singolo, prima o poi m’avrebbe beccato, oppure avrebbe dovuto
ricaricare il suo fucile. Oppure m’avrebbe ammazzato, lanciandomi
una granata a frammentazione, quando sarebbe arrivato a tiro!.

Mi feci coraggio, m’affacciai da un lato dell’albero e sprezzante del


perico lo feci fuoco d’istinto.

Il gengiskano era fermo in ginocchio semi nascosto da un albero,


era intento a caricare il suo fucile, gli centrai la gamba destra,
l’uomo cadde come nella neve, urlando. Poi gli lanciai contro la mia
unica granata a frammentazione. Dopo un’esplosione sorda, molti
schizzi di sangue s’appiccicarono sui bianchi tronchi circostanti.

La taiga cadde in un denso silenzio, mentre cadevano grossi fiocchi


di neve. Lanciai il mio fumogeno bianco, poi mi misi a strisciare
rapidamente verso Elizaveta, seguendo la sua traccia tra la neve.
Il tenente Gagarin ci venne incontro, con altri due spetnaz, quando
eravamo a circa duecento metri dalle linee di difesa di Surgut.

Lo spetnaz rastrellò in avanti per circa trecento metri, avrebbe


voluto recuperare l’equipaggiamento elettronico che il tenente
Ivanov era stato costretto ad abbandonare, ma Elizaveta raccontò
che lo spetnaz che la scortava, aveva distrutto l’apparato.
___________________________
63
Quando fummo all’ora di cena, mi presentai nel camion di comando
HQ degli S300, dove Elizaveta stava istruendo un operatore su cosa
fare, per massimizzare il jamming alle telecomunicaz ioni satellitari
gengiskane.

-Che cosa vuole?!- mi chiese Elizaveta.

-Ho due razioni da campo, sono ricette francesi, è il miglior


succedaneo che ho, di un elegante ristorante francese. Tenente
Ivanov, le vorrei offrire la cena!- risposi accennando un largo
sorriso.

-Detesto le lumache, quanto lo Champagne!- mi rispose con tono


serioso e secco, Elizaveta.

-Anche io- risposi ridendo.


La donna sorrise, ci pensò un attimo, poi scese con un salto dal
grosso camion, e disse –Ok!, perché no!, dopo tutto mi ha salvato
la vita!-

Mentre camminavamo per raggiungere il terminal dell’aeroporto,


Elizaveta mi disse -Tenente Gastovskj, non ho capito se lei è
temerario, oppure è un pazzo furioso?!-

Per la terza volta della mia vita, da quando ero arrivato a Surgut,
sorrisi di nuovo: le dissi che per saperlo, si doveva vivere la
leggenda dell’11th USE Cavalry.

Il resto, ve lo lascio immaginare.


Xian chinese battle music
No text
https://youtu.be/QcPf4yKSe38

64
Capitolo 5: La Battaglia per Surgut

65

Fuori dalla città di Strezevoj fu radunato il primo battaglione del


II°Reggimento della 180 Divisione di fanteria Meccanizzata
dell’Esercito Imperiale della Repubblica Popolare Gengiskana,
appartenente alla IX°Legione (co mposta da 5 divis ioni) del fronte
dell'Ovest. Le truppe schierate in met icoloso ordine, erano
sull'attenti, in religioso silenzio, per ascoltare gli ordini.

Fu lo stesso generale di divisione, che parlò direttamente alle


proprie truppe, disse che era vitale mettere al corrente ciascun
soldato, su cosa stava succedendo: in questo modo, ogni singolo
fante avrebbe compiuto il suo sacro dovere sino in fondo, essendo
conscio dell'importanza della missione, cui gli era stata affidata.

La X°Legione stava ult imando l'accerchiamento della grande sacca


zarina, dispiegandosi nel bassopiano Siberiano: avrebbe guardato il
fianco sinistro alla IX° ed alla XI°Legione, le quali dovevano
affondare sino agli Urali.

Gli Zarini erano sordi, muti, ciechi, scarsi di numero, male


equipaggiati, sostenuti da un alleato debole e vecchio come
l’Europa.

Le forze zarino-europee manovravano in modo stupido: erano


arroccate per lo più, lungo l’asse trasiberiano Omsk↔Novisibirsk,
per cui le condizioni di vittoria per il popolo gengiskano erano facili
da raggiungere!.

Entro la primavera prossima, l'onore del conseguimento della sacra


vittoria sarebbe spettato a 2 Legioni: la XI°Legione, la IX°Legione
del fronte dell'Ovest. Queste forze, avrebbero dovuto dilagare
nell’area preuralica di Serov↔Celiabinsk, prima della fine della
futura primavera. Contestualmente, ci sarebbe stata anche una
66
saldatura con le forze Imperiali dell'impero Sumerico, che erano in
movimento da Sud verso Nord-Ovest.

Nel profondo alto Nord, le impavide divisioni degli incursori


gengiskani, la S ian, la Taiyuan, la Chung King, la Tsingtao
avrebbero varcato l'Ob!. Queste forze a nord, avrebbero protetto il
fianco destro, all’az ione cinetica della IX° e XI°Legione.

Il più grande onore, spettava alla IX°Legione, il suo obiettivo era il


centro pre-uralico: l'area di conquistare e consolidare Serov,
Nizni-Tagil, Kamensk-Ur, Celjabinsk.

Se i coraggiosi incursori gengiskani erano dilagati in Alta S iberia,


sconfiggendo mille diffico ltà, allora il possente Esercito Imperiale
della Repubblica Gengiskana non poteva essere da meno!

Il sacro compito dell’Esercito Imperiale della Repubblica Popolare


Gengiskana, doveva essere solo quello di condurre alla vittoria il
popolo gengiskano!.

La 180°Divisione di fanteria Meccanizzata dell’Esercito Imperiale


della Repubblica Popolare Gengiskana, era stata scelta per avere
l'onore di conquistare Surgut!.

Nell'azione cinetica d'avvo lgimento di Surgut, sarebbe stato proprio


il primo battaglione, la punta di sfondamento. Gli altri battaglioni
della divisione, avrebbero eseguito una manovra avvolgente
strangolando dai lati, la città di Surgut.
Gli ordini erano semplici: Attaccare!, Attaccare!, Attaccare!, come
una folgore divina che spazzava via le deboli ed incapaci difese
zarine ed europee!.

I dettagli operativi, sarebbero stati specificati a ciascun ufficiale,


che poi avrebbe co municato il da farsi a ciascun soldato!.

Un boato enorme d'approvazione, salì dal battaglione che salutò


con il proprio urlo di battaglia, la missione che gli era stata 67
assegnata!.

Giunsero rapidi, con delle email sui tablet di ciascun ufficiale, gli
obiettivi da raggiungere.

Al tenente De Zhao, alla guida del suo secondo plotone, III


compagnia, primo battaglione, II Reggimento, della 180 Divisione,
spettò l'onere di una ricognizione avanzata, per aprire la strada alla
ricognizione in forze che il primo battaglione avrebbe fatto
muovendo su Surgut.

C'erano nella disponibilità del tenente De Zhao, del fuoco


d'artiglieria, forze corazzate e rinforzi di fanteria meccanizzata,
supporto aereo tattico, oltre alla protezione dell'Aviazione Imperiale
Popolare Gengiskana, che avrebbe garantito la dominanza aerea,
durante l'azione cinetica su Surgut. Era un vero e proprio attacco
integrato, con tutte le forze gengiskane impiegate a manovrare
contro Surgut!.
________________________________
Il tenente De Zhao era diventato molto amico del sergente
maggiore Bao Li, in quanto le unità combattevano assieme sin
Dall’inizio della guerra. I comandanti gengiskani, tendevano a non
rompere i rapporti di fiducia ed amicizia, che s’erano creati tra la
fanteria e gli equipaggi dei mezzi corazzati, perchè le azioni
cinet iche erano valutate più coraggiose ed efficaci!.

Quella fredda mattina invernale, il plotone del tenente De Zhao era


68
stato mandato in una perlustrazione in forze, sui punti di resistenza
nemici attorno a SudOvest di Surgut.

La reazione zarina e delle forze europee non si fece attendere!.

-Sono sotto intenso fuoco nemico!- urlò con la mascella contratta, il


tenente De Zhao alla radio, mentre era sdraiato nella neve. -Chiedo
fuoco d’efficacia sugli obiettivi indicati, in griglia AB4 inoltre,
richiedo il sostegno dei mezzi corazzati e del supporto aereo tattico,
per poter continuare l’avanzata!-

Il comando di brigata dette immediatamente l’assenso alle richieste


del tenente De Zhao: rapidamente la formaz ione di TRE tank
Type_99 comandati dal sergente Bao Li raggiunsero la loro
posizione, poi presero ad aprire il fuoco, contro gli obiettivi che
erano stati loro assegnati.
Iniziò a piovere una feroce grandinata di co lpi d'artiglieria zarina,
che dilaniarono ogni cosa: neve, terra, fanteria.

In breve tempo, tutti i quattro tank Type_99 andarono distrutti,


trasformandosi in enormi torce infuocate, a causa dei missili
anticarro Javelin, sparati dai fanti del plotone del tenente
Gastovskj.

Tutto il plotone di De Zhao finì rapidamente annientato. 69

Sul campo di battaglia, giunsero vari elicotteri da battaglia


gengiskani: quattro Mil-mi 24, seguiti da quattro elicotteri Wz10
che attaccarono le postazioni di mitragliatrici, mortaio, artiglieria da
campo, zarine, che erano camuffate nella neve.

Non era quasi del tutto terminata questa reazione cinet ica
gengiskana, che sul campo di battaglia piombarono come falchi
predatori, tre Yak-130 zarini, che ingaggiarono in combattimento gli
elicotteri gengiskani. I veloci e manovrabili Yak130, fecero
rapidamente sfacelo dei lenti elicotteri da battaglia gengiskani,
sparando loro razzi anticarro!.

Alcuni fanti gengiskani erano tuttavia dotati di MANPAD e riuscirono


ad abbattere alcuni aerei zarini.

Due Yak130 zarini furono distrutti, mentre 4 Mil-mi 24 assieme a 3


Wz10 gengiskani, furono persi in combattimento dai gengiskani!.

L’unico Yak130 zarino, ed un solo Wz10 che erano sopravvissuti allo


scontro, si ritrassero rapidamente, lasciando i rottami dei mezzi dei
propri commilitoni, in fiamme sul campo di battaglia!.

Lo scontro bellico iniziale, non era terminato: nel cielo in alta quota,
infervorava un'altra vio lenta battaglia!.

La forza aerea gengiskana non riuscì a permeare le difese


antimissile zarine, vari S300 arpionarono quattro caccia Su27plus
ed un paio di caccia bombardieri J10 che esplosero in alta quota.
Rottami incendiat i, cadevano dall’alta quota, quasi fossero dei
fuochi d’artificio!.

All’improvviso, quasi come si fossero materializzati dal niente,


sfrecciarono a bassa quota, provenienti da direz ioni diverse, quattro
caccia Su27plus che tentarono una penetrazione profonda verso
Surgut, per distruggere con i propri missili HARM-antiradar, le
postazioni zarine di difesa aera S300 che erano a Surgut.
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Il jamming dei cavi che il tenente Ivanov aveva precedentemente


steso nella taiga, contribuirono a far fallire la missione SEAD
gengiskana!.

I sistemi missilistici Pantisir a breve raggio, annientarono due


Su27plus gengiskani che s'erano avvicinati troppo impavidamente
all'aeroporto di Surgut.

Gli Shilka ed i Pantisir zarini, distrussero anche i pochi missili


HARM-antiradar che erano stati sparati dai gengiskani, in quanto i
sistemi elettronici dei missili HARM gengiskani, non riuscirono ad
agganciare i radar degli impianti S300 a causa del jamming.

Alla fine del primo rapido e vio lento scontro, solo due dei cinque
Su27plus gengiskani inviat i in missione SEAD, tornarono indietro.

Il primo duro scontro, contro i gengiskani era stato vinto dagli


zarini e dagli europei.

Ma la battaglia per Surgut non era finita!.

I gengiskani erano tantissimi, perfettamente equipaggiati,


fortemente motivati, mentre le forze di difesa di Surgut erano
poche e scarsamente equipaggiate: nel primo scontro, le forze di
difesa di Surgut s’erano ridotte già di un 30%.

L'assedio per Surgut, non sarebbe stato lungo!


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Dopo 48 ore di scontri continui, la 180 Divisione di Fanteria alzò la


bandiera dell’Imperiale Repubblica Popolare di Gengiskania, presso
l’aeroporto di Surgut, la cui pista di decollo fu riparata in meno di
un giorno!.
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