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2. Ciò che diversifica un corpo vivo da un corpo morto è proprio la presenza dell’anima.
Per anima intendiamo ciò che dà la vita.
3. Sotto questo aspetto sono esseri composti di anima e di corpo anche gli animali.
Tuttavia gli animali hanno una vita soltanto sensitiva e vegetativa.
4. L’uomo invece, per la sua capacità di pensare, di elaborare concetti, di astrarre, di fare conti, di
dedurre, di progettare, ha una vita non soltanto sensitiva e vegetativa, ma anche spirituale.
La sua stessa capacità di pensare a realtà spirituali, ancora indipendentemente dalla loro esistenza
(come gli Angeli e Dio), sta a significa che è dotato di vita spirituale e non solo materiale.
Per questo l’anima dell’uomo non è solo un’anima sensitiva che gli permette di gustare, di toccare,
di odorare, di vedere, di udire come tutti gli animali, ma è anche spirituale, perché è capace di
pensare, è capace di vita spirituale.
Tra l’altro, proprio perché è capace di vita spirituale, è capace di conoscere, amare e possedere Dio,
che è purissimo spirito.
5. Dunque quando si dice che l’uomo è un essere composto di anima e di corpo si sottintende che è
composto di anima spirituale (e cioè razionale) e di corpo.
6. Ora muore solo ciò che è dotato di vita sensitiva, ciò che è organico.
Quando le varie parti si logorano e non armonizzano più tra loro, l’essere si disgrega, viene meno,
muore.
Ma ciò che è spirituale non può morire perché è al di sopra della materia. È immateriale, non si
disgrega, e pertanto è immortale.
7. Da ciò segue che l’anima umana, proprio perché dotata di vita spirituale, immateriale e
immortale, non ci viene comunicata dai nostri genitori, ma è creata direttamente da Dio nell’atto del
concepimento del corpo.
Ne segue anche che l’anima, al momento della morte del corpo, proprio perché è dotata di vita
spirituale, non muore e non può morire. Sopravvive ed è immortale.
8. Fin qui, in tutti i ragionamenti che ho fatto, non è necessario scomodare la fede. Tutto questo lo
capisce la ragione con le sue sole forze.
Invece per comprendere quale sia la sorte dell’anima quando si separa dal corpo dobbiamo bussare
alle porte della fede. O, per meglio dire, è necessario ascoltare ciò che ci dice Dio, attraverso la
Divina Rivelazione così come ci è presentata dalla dottrina della Chiesa.
9. Ti ripropongo allora che cosa dice la Dottrina della Chiesa sulla costituzione dell’uomo e sulla
sorte dell’anima separata dal corpo.
Circa la costituzione dell’uomo il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: “Unità di anima e di
corpo, la persona umana, creata a immagine di Dio, è un essere insieme corporeo e spirituale.
Il racconto biblico esprime questa realtà con un linguaggio simbolico, quando dice che «Dio plasmò
l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l’uomo divenne un essere
vivente» (Gn 2,7).
L’uomo tutto intero è quindi voluto da Dio” (CCC 362).
10. Il CCC dice inoltre: “Spesso, nella Sacra Scrittura, il termine anima indica la vita umana, oppure
tutta la persona umana.
Ma designa anche tutto ciò che nell’uomo vi è di più intimo e di maggior valore, ciò per cui più
particolarmente egli è immagine di Dio: «anima» significa il principio spirituale nell’uomo” (CCC
363).
“L’unità dell’anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l’anima come la « forma »
del corpo; ciò significa che grazie all’anima spirituale il corpo composto di materia è un corpo
umano e vivente; lo spirito e la materia, nell’uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro
unione forma un’unica natura” (CCC 365).
“La Chiesa insegna che ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio – non è «prodotta» dai
genitori – ed è immortale: essa non perisce al momento della sua separazione dal corpo nella morte,
e di nuovo si unirà al corpo al momento della risurrezione finale” (CCC 366).
11. Sulla sorte dell’anima separata dal corpo, ecco che cosa dice la dottrina della Chiesa:
“La morte pone fine alla vita dell’uomo come tempo aperto all’accoglienza o al rifiuto della grazia
divina apparsa in Cristo. Il Nuovo Testamento parla del giudizio principalmente nella prospettiva
dell’incontro finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma afferma anche, a più riprese,
l’immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla
sua fede. La parabola del povero Lazzaro e la parola detta da Cristo in croce al buon ladrone così
come altri testi del Nuovo Testamento parlano di una sorte ultima dell’anima che può essere diversa
per le une e per le altre” (CCC 1021).
“Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione
eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà
attraverso una purificazione, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, oppure si
dannerà immediatamente per sempre” (CCC 1023).
2. Ogni uomo: dunque ogni persona umana fin dal primo istante della sua esistenza nel grembo
materno.
Ogni uomo infatti è voluto da Dio per l’eternità.
3. Fin dal momento della sua morte: vale a dire dal momento della separazione dell’anima dal
corpo.
Noi non sappiamo in quale istante questo avvenga.
Secondo la prassi della Chiesa di amministrare il sacramento della remissione dei peccati – almeno
sotto condizione – fino a 20-30 minuti dal decesso, possiamo arguire che l’anima non si separa nel
momento in cui il corpo esala l’ultimo respiro.
C’è un processo di morte che deve attuarsi soprattutto nelle parti centrali del cervello.
4. Riceve nella sua anima immortale: per ora è solo la nostra anima – a motivo della sua spiritualità
e immortalità – che viene direttamente coinvolta. Il corpo dovrà attendere la fine del mondo con la
risurrezione finale.
Con la morte la persona umana – che è costituita essenzialmente di anima e di corpo – viene meno.
Per questo la Chiesa anche nel suo linguaggio parla di suffragio per le anime dei defunti.
5. La retribuzione eterna: consiste nel premio o nel castigo, nel paradiso o nell’inferno.
Questo non significa che vada direttamente in paradiso, ma riceve già con certezza la sentenza di
salvezza o di condanna.
Anche nel caso che per entrare in paradiso sia necessaria un’ulteriore purificazione, si è certi
dell’esito finale.
Il purgatorio non è una sorta di esame di riparazione, il cui esito per sua natura è incerto.
Con questo si esclude la reincarnazione o metempsicosi.
La retribuzione non è interlocutoria, ma certa ed eterna.
6. In un giudizio particolare.
Il Vangelo fa capire che ci saranno due giudizi: uno immediato e particolare, l’altro alla fine del
mondo e sarà universale.
L’esistenza del giudizio particolare emerge dall’insegnamento di Gesù il quale nella parabola del
ricco epulone e del povero Lazzaro dice che questi fu subito portato dagli angeli in cielo, mentre il
ricco andò all’inferno (Lc 16,22).
In croce Gesù ha detto al buon ladrone: “Oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,43).
Che vi sia un giudizio immediato lo si evince da quanto afferma la lettera agli Ebrei: “E come è
stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio” (Eb 9,27).
Anche l’esistenza di una retribuzione immediata subito dopo la morte rimanda ad un previo
giudizio. Certamente a questo allude San Paolo quando dice: “Siamo pieni di fiducia e preferiamo
andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore” (2 Cor 5,8), “sono messo alle strette infatti
tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che
sarebbe assai meglio” (Fil 1,23).
In maniera esplicita lo dice in 2 Cor 5,10: “Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di
Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene
che in male”.
Domanda: È strano!
Risposta: Sì, quale mistero, che uno possa immergere in Dio tutta la sua vita senza accorgersene, e
quale risveglio, trovarsi tutt’a un tratto davanti a lui nella piena luce
Domanda: Non vi è dunque tribunale?
Risposta: È questa una metafora tolta dalla vita sociale.
Domanda: Siamo noi dunque rigorosamente gli agenti del nostro destino, compreso il nostro
destino eterno?
Risposta: Noi siamo gli autori del nostro destino, nell’interno e per l’azione dell’ordine divino. Il
destino eterno non è che la manifestazione dello stato di coscienza che il giusto o il peccatore hanno
provocato in se stessi, e la fissazione eterna dei suoi effetti. L’uomo vola allora con le proprie ali e
respira del suo alito, quell’alito dello Spirito Santo, la grazia del quale gonfiò il suo cuore; oppure è
preso nelle sue proprie reti e vi soffoca. “Dio per punire il male, non ha che da lasciarlo fare”
(Lacordaire). “La loro colpa non è una cosa e la loro pena un’altra: ma contro di loro si rivolge la
loro colpa stessa” (S. Gregorio).
8. Per cui o passerà attraverso una purificazione: dal testo di p. Sertillanges che ti ho riportato
risulta che l’anima da se stessa sente di avere Dio nel cuore, ma che ha bisogno di ulteriore
purificazione.
Santa Caterina da Genova dice che la possibilità di questa purificazione è una grande atto di
misericordia di Dio verso di noi, perché stare eternamente davanti a Lui con qualche macchia
sarebbe peggio di mille inferni.
9. O entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo: al dire di santa Teresa sono ben poche le
anime che vanno dritte in paradiso. Lei stessa dice che delle persone da lei conosciute solo due
erano andate direttamente in cielo: un santo religioso domenicano, suo confessore, e un carmelitano.
D’altra parte la Sacra Scrittura dice che anche il giusto pecca sette volte al giorno (Pr 24,16) e che
nulla d’impuro entra nella Gerusalemme celeste (Ap 21,27).
10. Oppure si dannerà immediatamente per sempre: per chi muore in peccato mortale non c’è
nessun preambolo prima di andare all’inferno. Va immediatamente.
Santa Teresa dice aver visto anime dannate mentre sulla terra si celebravano solennemente i loro
funerali.
Carissimo,
solo alcune delle tue affermazioni sono corrette.
Tutte le altre hanno bisogno di precisazioni.
se per anima s’intende ciò che dà vita ad un corpo, evidentemente gli angeli non possiedono
un’anima, ma sono sostanze o esseri spirituali.
Si distinguono da Dio perché sono costituiti di atto e di potenza.
Solo Dio è atto puro, perfezione somma.
2) l’uomo è un’anima, ma ha uno spirito da quando lo Spirito Santo viene insufflato in noi (mi si
passi il termine) attraverso i Sacramenti;
3) lo Spirito Santo e lo spirito dell’uomo sono la stessa cosa, nel senso che lo spirito dell’uomo
implica lo Spirito Santo;
no, no.
L’uomo che vive in grazia non è lo Spirito Santo, ma possiede una partecipazione dello Spirito
Santo nel medesimo modo in cui un metallo incandescente non è lo stesso fuoco, ma ha una
partecipazione del fuoco. E tale partecipazione lo rende incandescente.
4) riprendendo la ripartizione aristotelica delle funzioni dell’anima, nel momento in cui l’anima
umana riceve lo Spirito Santo allora acquisisce anche una funzione spirituale, la quale affianca le
preesistenti funzioni vegetativa, sensitiva, intellettiva;
Se quando dici: “acquisisce una funzione spirituale” intendi una partecipazione della vita divina,
dello Spirito Santo o dell’ordine soprannaturale sono d’accordo.
Tuttavia anche la funzione intellettiva di sua natura è spirituale, sebbene non di ordine
soprannaturale.
5) il concetto di Spirito è stato sviluppato per lo più dalla teologia cristiana. Ne è prova il fatto che
la lingua greca, per indicare ‘‘spirito’ (pneuma) e ‘‘anima’ (psiche), usa i due termini simili,
concettualmente affini al concetto di respiro;
È necessario ancora precisare: di Spirito (e di Spirito Santo) parla Nostro Signore. Lo Spirito
Santo viene indicato col termine Pneuma, che evoca il concetto di respiro, ma non si tratta di un
respiro di ordine materiale.
L’Amore, compreso l’Amore di Dio assomiglia ad uno “spirare o soffiare”, ad un’effusione.
6) gli animali hanno un’anima vegetativa e sensitiva, mancano di quella intellettiva e spirituale,
quindi la loro vita si esaurisce con la morte;
7) Dio è in sostanza pura anima. Se le tre Persone di Dio sono consustanziali allora anche lo Spirito
Santo è pura anima;
Anche qui è necessaria una distinzione: se per anima s’intende ciò che dà la vita ad un corpo,
Dio non possiede anima.
Quando si parla di anima si evoca una realtà che per natura è sempre agganciata ad un corpo, di
cui è il principio vitale.
Le anime separate, come le anime dei defunti, sono in una situazione innaturale, perché l’anima
è fatta per essere principio vivificante di un corpo.
8) gli Angeli non sono mai stati uomini, quindi è sbagliato dire san Michele;
Le chiedo di correggere punto per punto i miei errori. So che saranno molti visto che in
quest’ambito mi muovo solo da autodidatta. Le sarei molto grato se potesse aiutare una povera
anima ad avvicinarsi alla verità.
La saluto e la ringrazio.
Caro Enrico,
1. non solo il tuo amico doveva ammettere che fin dall’istante del concepimento ci troviamo di
fronte ad un essere vivo, ma anche che si tratta di un essere vivo che appartiene alla specie umana.
Il dna è quello umano.
Ciò che comincia a germogliare nel grembo di una donna non è un’erbetta o un animale, ma un
essere umano.
Questo è così vero che tu puoi dire: quello ero io al momento dell’inizio della mia esistenza.
Nel dna c’erano già tutti i tratti essenziali di quello che saresti diventato sotto il profilo biologico.
2. Mi dici che quando sei passato dalla scienza alla fede e avete parlato dell’anima…
Quando si parla dell’anima non si passa alla fede, ma si rimane ancora nell’ambito della ragione.
Questo tuo amico non può assimilare l’anima al corpo perché c’è una differenza tra un corpo umano
vivo e un corpo umano morto. Il primo è animato, e cioè è mosso da un’anima (principio vitale), il
secondo invece è disanimato, senz’anima, è un cadavere.
Quando Aristotele scrive il De anima non era mosso dalla fede. Era infatti un pensatore pagano,
vissuto nel quarto secolo avanti Cristo. Egli stesso constatava la differenza tra un essere vivo e un
essere morto e diceva che nell’esser vivo c’è il principio vitale, l’anima, che invece non è più
presente nel cadavere.
3. Noi conosciamo la natura dell’anima umana dal suo dinamismo.
Se quest’anima assolvesse solo a finalità vegetative, diremmo che ci si trova si fronte ad un
vegetale.
Ma la persona umana, pur esplicando funzioni vegetative, non si esaurisce in esse, non è un
vegetale.
Esplica infatti anche funzioni sensitive e per questo diciamo che è anche un’anima sensitiva, come
quella degli animali.
4. Ma l’anima umana va al di là dei puri sensi come avviene per gli animali, perché esplica attività
spirituali, come sono quelle del pensare, del progettare, del trascendere il tempo, della stessa
capacità di esprimere e progettare valori spirituali come la pace, la concordia, la solidarietà, il
concetto di bene comune, di diritto, di dovere, di giustizia, di sussidiarietà, ecc…
La stessa capacità di formulare i pensieri attraverso suoni variamente combinati e comunicati ad
altri manifesta chiaramente la trascendenza dell’uomo sulla materia.
5. Sì, l’uomo è un essere materiale. Ma non esaurisce tutta la sua vita nella materia perché è capace
di trascenderla e di fatto la trascende.
L’uomo è vincolato alla materia e ai suoi meccanismi.
E tuttavia, a differenza degli animali, in parte ne è svincolato a motivo della libertà, che è il segno
più alto della trascendenza e della spiritualità dell’uomo.
6. Certo un bambino nel grembo della madre non è ancora capace di pensare, come del resto non è
ancora capace di tante altre attività anche materiali. Un bambino di un anno non può fare l’orafo o il
giornalista.
Ma è un essere umano?
Indubbiamente sì.
Allora bisogna distinguere tra ciò che si è in atto primo e ciò che si è in atto secondo.
La persona umana è un essere intelligente. Lo è sempre, anche quando non pensa, anche quando è
in coma o ha perso i sensi.
In questo caso è un essere intelligente sempre, ma in atto primo.
È invece un essere intelligente in atto secondo chi attualmente pensa.
Un bambino dentro il grembo della madre o appena nato è un essere intelligente in atto primo.
7. Pertanto è chiaro (senza toccare la fede) che la persona umana è un essere composto di corpo e
di anima razionale, che è quanto dire spirituale e immortale.
Ed è anche chiaro che le facoltà spirituali, come quelle del pensiero, non coincidono con la materia,
ma sono facoltà che ineriscono direttamente nell’anima spirituale.
Gent.mo p. Angelo,
lettore assiduo della sua rubrica, desidero trasmetterle alcune affermazioni del mio parroco che mi
hanno lasciato perplesso:
che l’uomo sia fatto di anima e corpo è solo una concezione derivante da influssi della filosofia
greca, ma non è detto sia proprio così: ad es. i giudei dividevano in corpo, psiche e spirito (però non
ha chiarito di cosa sia effettivamente fatto l’essere umano, mi è parso di aver intuito che non si sa
con esattezza, almeno secondo quanto riporta il mio parroco);
Cordiali Saluti
Claudio
Caro Claudio,
1. è vero che per i giudei, o meglio per san Paolo, l’uomo è fatto (o, meglio, dovrebbe essere fatto)
di corpo, di anima e di spirito.
Ma per san Paolo “spirito” sta per “grazia”, vale a dire la partecipazione alla vita divina.
Quello che noi chiamiamo anima, san Paolo la chiama psiche.
2. Allora anche per i giudei l’uomo è fatto di anima e di corpo, come emerge chiaramente dal
linguaggio della Genesi dove vediamo Dio che col suo soffio infonde nel corpo l’anima spirituale.
Ma l’uomo che si salva non è fatto solo di anima e di corpo, ma anche di grazia (spirito).
Per questo san Paolo dice: “e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo” (1 Ts 5,23).
3. Il Concilio di Vienne ha sancito come dogma di fede che l’uomo è costituito di anima e di corpo
(DS 902).
Il Concilio Vaticano II, nella Gaudium et spes n. 14, ha detto che l’uomo è “unità di anima e di
corpo”.
4. Il Catechismo della Chiesa Cattolica quando parla della costituzione dell’uomo usa queste
espressioni:
– “La persona umana, creata a immagine di Dio, è un essere insieme corporeo e spirituale” (CCC
362).
– “Unità di anima e di corpo, l’uomo sintetizza in sé, per la sua stessa condizione corporale, gli
elementi del mondo materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono
voce per lodare in libertà il Creatore. Allora, non è lecito all’uomo disprezzare la vita corporale; egli
anzi è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio corpo, appunto perché creato da Dio e
destinato alla risurrezione nell’ultimo giorno [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 14]” (CCC
364).
– “L’unità dell’anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l’anima come la «forma»
del corpo; [Cf Concilio di Vienne (1312): DS 902] ciò significa che grazie all’anima spirituale il
corpo composto di materia è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell’uomo, non sono
due nature congiunte, ma la loro unione forma un’unica natura” (CCC 365).
“Talvolta si dà il caso che l’anima sia distinta dallo spirito. Così san Paolo prega perché il nostro
essere tutto intero, «spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore» (1Ts
5,23). La Chiesa insegna che tale distinzione non introduce una dualità nell’anima [DS 657].
«Spirito» significa che sin dalla sua creazione l’uomo è ordinato al suo fine soprannaturale, [DS
3005; Gaudium et spes, 22] e che la sua anima è capace di essere gratuitamente elevata alla
comunione con Dio [Cf Pio XII, Humani generis: DS 3891]” (CCC 367).
5. La dottrina dunque è chiara e immutabile (si parla addirittura di dogma).
6. Uno dei compiti principale del sacerdote è quello di insegnare la dottrina cristiana.
Dispiace sapere di preti che non conoscono la dottrina: come possono insegnarla in maniera certa ai
loro fedeli?
Se avessero l’umiltà del santo Curato d’Ars starebbero ben attenti a non allontanarsi da quello che
insegna la Chiesa, che nel suo magistero ha ricevuto precise garanzie da parte di Nostro Signore.
Chiedo gentilmente di sapere se l’uomo appena nato e prima del Battesimo è composto di anima,
corpo e spirito.
Inoltre gradirei sapere il valore dello Spirito Santo e la trasformazione della creatura dopo il
Battesimo.
Grazie per la disponibilità
Corrado
Caro Corrado,
1. La tripartizione dell’uomo in corpo, anima e spirito è di san Paolo.
Per San Paolo lo spirito corrisponde a quella realtà che noi chiamiamo grazia.
La grazia è quel germe di vita divina infusa in noi che ci rende figli di Dio.
3. L’uomo appena nato, che non ha ancora ricevuto il Battesimo, non è ancora reso partecipe della
figliolanza divina.
Pertanto in lui c’è l’unità di anima e di corpo. È intatta la dignità della persona.
Ma in lui manca ancora la grazia, quella realtà – come si è ricordato – che San Paolo chiama spirito.
5. Ciò significa in concreto che noi siamo partecipi della vita di Dio proprio perché amiamo come
ama Dio.
Scrive San Cirillo di Alessandria: “Il Figlio di Dio è venuto per darci il potere di diventare per
grazia ciò che Egli è per natura e di far sì che ciò che gli è proprio ci diventi comune… Fatti
partecipi del Figlio per mezzo dello Spirito Santo, abbiamo ricevuto il sigillo della sua somiglianza”
(San Cirillo di Alessandria, In Joannem 1,1).
Lasciando il suo sigillo, lo Spirito Santo ci conforma a Sé, come fa lo stampo quando s’imprime
nella cera.
Lo Spirito Santo dunque ci rende partecipi della vita di Dio e ci rende sempre più conformi
all’immagine del Figlio attraverso l’amore.
È stata questa la grande intuizione di san Tommaso: “Quando viene dato lo Spirito Santo viene
realizzato in noi il congiungimento con Dio secondo il modo proprio di quella persona, cioè
mediante l’amore” (In I Sent., d. 14, q. 2, a. 2, ad 3).
E ancora: “Poiché lo Spirito Santoè Amore, l’anima mediante il dono della carità diventa simile a
lui” (Somma teologica, I, 43, 5, ad 2).
6. Dopo il Battesimo si diventa partecipi della vita divina, capaci di pensare come pensa Dio, di
amare come ama Dio, di confidare nella sua potenza.
La conformazione al Figlio, a Gesù, trova nelle realtà di questo mondo un paragone particolarmente
espressivo anche nel ferro che diventa incandescente quando è unito al fuoco.
Infatti come il ferro nel fuoco diventa sotto un certo aspetto una realtà nuova, senza perdere la
propria identità, così l’uomo innestato in Cristo acquista un nuovo splendore, perché viene reso
partecipe non solo del suo essere, ma della sua soprannaturale natura divina, anzi della sua stessa
filiazione divina ed eterna.
Allora con il Battesimo, come dice San Cirillo, si diventa per grazia ciò che Cristo è per natura.
Quesito
Cara Manuela,
1. l’uomo è costituito di due elementi: anima e corpo.
Questa è pure la dottrina della Chiesa, ricordata anche nella Gaudium et spes n.14.
2. San Paolo usa l’espressione: “e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi
irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (1 Ts 5,23).
Come vedi San Paolo distingue tra anima e spirito.
Per spirito (in greco: pneuma) egli intende la grazia, la quale permette all’uomo di godere della
presenza soprannaturale e personale di Dio in lui.
Per anima (in greco: psyché) intende la sede dell’intelletto e della volontà e anche il principio della
vita del corpo.
3. È chiaro che lo spirito (la grazia) inerisce nell’anima e non nel corpo.
4. Potrei dire che la persona umana, in quanto tale, è costituita di due elementi: anima e corpo.
Invece colui che è diventato figlio di Dio per adozione è costituito di corpo, anima e grazia (spirito).
Ma la grazia, per quanto importante e decisiva in ordine alla salvezza eterna, non è un costitutivo
della persona. Chi non è in grazia non è meno persona di chi è in grazia.
5. La grazia, che San Paolo chiama spirito, non esiste mai da sola, ma inerisce nell’anima.
Quello che tu chiami spirito umano si identifica con l’anima.
Carissimo,
1. l’uomo è un essere composto di anima e di corpo.
Che sia composto di corpo è sotto gli occhi di tutti.
Che sia un corpo vivo, e cioè animato (che è quanto dire: dotato di anima), è ugualmente sotto gli
occhi di tutti.
2. Ciò che diversifica un corpo vivo da un corpo morto è proprio la presenza dell’anima.
Per anima intendiamo ciò che dà la vita.
3. Sotto questo aspetto sono esseri composti di anima e di corpo anche gli animali.
Tuttavia gli animali hanno una vita soltanto sensitiva e vegetativa.
4. L’uomo invece, per la sua capacità di pensare, di elaborare concetti, di astrarre, di fare conti, di
dedurre, di progettare, ha una vita non soltanto sensitiva e vegetativa, ma anche spirituale.
La sua stessa capacità di pensare a realtà spirituali, ancora indipendentemente dalla loro esistenza
(come gli Angeli e Dio), sta a significa che è dotato di vita spirituale e non solo materiale.
Per questo l’anima dell’uomo non è solo un’anima sensitiva che gli permette di gustare, di toccare,
di odorare, di vedere, di udire come tutti gli animali, ma è anche spirituale, perché è capace di
pensare, è capace di vita spirituale.
Tra l’altro, proprio perché è capace di vita spirituale, è capace di conoscere, amare e possedere Dio,
che è purissimo spirito.
5. Dunque quando si dice che l’uomo è un essere composto di anima e di corpo si sottintende che è
composto di anima spirituale (e cioè razionale) e di corpo.
6. Ora muore solo ciò che è dotato di vita sensitiva, ciò che è organico.
Quando le varie parti si logorano e non armonizzano più tra loro, l’essere si disgrega, viene meno,
muore.
Ma ciò che è spirituale non può morire perché è al di sopra della materia. È immateriale, non si
disgrega, e pertanto è immortale.
7. Da ciò segue che l’anima umana, proprio perché dotata di vita spirituale, immateriale e
immortale, non ci viene comunicata dai nostri genitori, ma è creata direttamente da Dio nell’atto del
concepimento del corpo.
Ne segue anche che l’anima, al momento della morte del corpo, proprio perché è dotata di vita
spirituale, non muore e non può morire. Sopravvive ed è immortale.
8. Fin qui, in tutti i ragionamenti che ho fatto, non è necessario scomodare la fede. Tutto questo lo
capisce la ragione con le sue sole forze.
Invece per comprendere quale sia la sorte dell’anima quando si separa dal corpo dobbiamo bussare
alle porte della fede. O, per meglio dire, è necessario ascoltare ciò che ci dice Dio, attraverso la
Divina Rivelazione così come ci è presentata dalla dottrina della Chiesa.
9. Ti ripropongo allora che cosa dice la Dottrina della Chiesa sulla costituzione dell’uomo e sulla
sorte dell’anima separata dal corpo.
Circa la costituzione dell’uomo il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: “Unità di anima e di
corpo, la persona umana, creata a immagine di Dio, è un essere insieme corporeo e spirituale.
Il racconto biblico esprime questa realtà con un linguaggio simbolico, quando dice che «Dio plasmò
l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l’uomo divenne un essere
vivente» (Gn 2,7).
L’uomo tutto intero è quindi voluto da Dio” (CCC 362).
10. Il CCC dice inoltre: “Spesso, nella Sacra Scrittura, il termine anima indica la vita umana, oppure
tutta la persona umana.
Ma designa anche tutto ciò che nell’uomo vi è di più intimo e di maggior valore, ciò per cui più
particolarmente egli è immagine di Dio: «anima» significa il principio spirituale nell’uomo” (CCC
363).
“L’unità dell’anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l’anima come la « forma »
del corpo; ciò significa che grazie all’anima spirituale il corpo composto di materia è un corpo
umano e vivente; lo spirito e la materia, nell’uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro
unione forma un’unica natura” (CCC 365).
“La Chiesa insegna che ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio – non è «prodotta» dai
genitori – ed è immortale: essa non perisce al momento della sua separazione dal corpo nella morte,
e di nuovo si unirà al corpo al momento della risurrezione finale” (CCC 366).
11. Sulla sorte dell’anima separata dal corpo, ecco che cosa dice la dottrina della Chiesa:
“La morte pone fine alla vita dell’uomo come tempo aperto all’accoglienza o al rifiuto della grazia
divina apparsa in Cristo. Il Nuovo Testamento parla del giudizio principalmente nella prospettiva
dell’incontro finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma afferma anche, a più riprese,
l’immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla
sua fede. La parabola del povero Lazzaro e la parola detta da Cristo in croce al buon ladrone così
come altri testi del Nuovo Testamento parlano di una sorte ultima dell’anima che può essere diversa
per le une e per le altre” (CCC 1021).
“Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione
eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà
attraverso una purificazione, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, oppure si
dannerà immediatamente per sempre” (CCC 1023).
caro p. Angelo,
l’altro giorno in parrocchia vi è stata una conferenza sulla donazione degli organi; si parlava della
morte; il conferenziere, professore di morale e di bioetica ha detto che la morte è conseguenza del
normale deperimento del corpo; quindi Dio non la vuole. Io penso invece che Dio può volerla o può
permetterla se questo è per il nostro bene. Penso bene?
E poi altra questione: la morte è determinata dal distacco dell’anima dal corpo? Cioè, è l’anima che
vivifica il corpo, e quindi quando questa lo abbandona, il corpo muore? Oppure è il corpo o le parti
vitali di esso che si fermano e allora l’anima solo dopo si libera dal corpo? E ciò significa che non è
l’anima che vivifica il corpo.
La saluto con affetto e la ricordo nella preghiera.
don Rosario.
2. Nello stato di innocenza originale, e cioè del peccato originale, per un dono preternaturale Dio
aveva reso immuni i nostri progenitori dal deperimento e dalla morte.
In seguito al peccato originale la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo (Sap 2,24).
Dio ha permesso il peccato originale, e con esso il deperimento organico e la morte, solo in vista di
un bene più grande.
4. Circa la seconda domanda: anche se noi diciamo che l’uomo muore quando l’anima si distacca
dal corpo, è vero però che l’anima si distacca solo perché il corpo non si presenta più come capace
di essere vivificato dall’anima.
Corpo e anima sono fatti per stare insieme.
Questa unione viene meno quando l’organismo corporale si disgrega.
A rigore pertanto bisognerebbe dire che è il corpo che si distacca dall’anima.
5. L’anima rimane nel corpo finché nel corpo rimane qualcosa che possa essere vivificato.
È difficile stabilire quale sia questo momento.
In genere si concorda con questo: quando le parti interne del cervello sono del tutto morte.
Si presume che siano del tutto morte quando l’elettroencelofalogramma risulta piatto da sei ore.
Solo da tale momento è possibile l’espianto di organi unici e vitali.
Carissimo,
1. è vero che san Paolo dice che veniamo giustificati per la fede e non per le opere.
Ecco una delle sue affermazioni più note: “sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato per le
opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in
Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le
opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno” (Gal 2,16).
Per giustificazione s’intende la giustizia e cioè la santità o vita divina che Dio comunica agli
uomini.
Nella Sacra Scrittura la giustizia spesso è sinonimo di santità, di grazia. Per questo, ad esempio.
Giuseppe viene definito giusto.
4. Le opere della legge secondo San Paolo sono le opere buone secondo la legge di Mosè e in
particolare l’osservanza di alcune leggi rituali come la circoncisione, le varie abluzioni che si
dovevano fare per aver toccato oggetti a loro volta toccati dai pagani che gli ebrei consideravano
impuri, e altri rituali di purificazione a motivo delle eventuali secrezioni corporali.
In ogni caso, dice San Paolo, nessuna di queste opere, proprio perché umane, può ottenere la
comunione di vita soprannaturale con Dio, l’unione con Cristo.
La grazia è dono di Dio che viene dato a chi si apre a Dio per mezzo della fede.
5. Questa fede a sua volta non s’identifica con la religiosità naturale per la quale l’uomo riconosce
l’esistenza di Dio e alcune sue perfezioni.
Ma è quell’intervento di Dio nel cuore dell’uomo (ecco la grazia!) in forza del quale l’uomo viene
aperto soprannaturalmente a Dio e viene unito a Dio.
In questo senso la fede è dono di Dio ed è solo opera di Dio.
È chiaro allora che cosa intenda dire San Paolo quando afferma che veniamo giustificati (e cioè
uniti a Dio) solo per la fede (e cioè per opera di Dio) e anche quando dice che “per le opere della
Legge non verrà mai giustificato nessuno” (Gal 2,16).
6. Questa fede non si limita a dire che Dio c’è, ma fruttifica in opere buone.
Per questo San Paolo dice: “Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non
circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6).
Ed è anche per questo che dice: “Se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi
la carità, non sarei nulla” (1 Cor 13,2).
San Giacomo a sua volta dirà: “Insensato, vuoi capire che la fede senza le opere non ha valore?”
(Gc 2,20).
“Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta” (Gc 2,26).
7. Per cui non hai nessun motivo per essere un po’ protestante.
Se la fede è autentica opera per mezzo della carità.
Se non opera per mezzo della carità non è autentica e non è sufficiente per salvarsi.
Gesù ha detto: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa
la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21).
8. Circa le altre domande: “dato che il peccato è stato inserito nel mondo da Adamo ed Eva non è
colpa nostra ma colpa loro. Quindi dato che siamo innocenti non dovremmo subire alcun castigo”
Sì, circa il peccato di Adamo, che è il peccato originale, non siamo colpevoli. L’ha commesso lui e
per questo peccato non veniamo castigati.
Siamo invece colpevoli dei peccati che commettiamo noi.
9. Per essere perdonati dei peccati da noi commessi è necessario essere pentiti.
Senza pentimento non vi è alcun perdono.
Non solo, ma è anche necessario confessarsi perché la confessione è il mezzo ordinario per essere
perdonati, come ha stabilito il Signore: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li
rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20,23).
Mentre ti auguro la fede, anzi una fede molto grande che opera per mezzo della carità, ti assicuro la
mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo
Caro Emanuele,
1. capisco la tua difficoltà a comprendere che cosa sia l’anima.
Filone, un grande pensatore ebreo del primo secolo, ha detto che “la mente che è in ciascuno di noi
può comprendere ogni cosa, ma non ha la possibilità di comprendere se stessa” (Legum allegoriae
I,9).
Che fare per comprendere noi stessi?
Sant’Agostino l’aveva capito quando scrisse: “Se avrò conosciuto te avrò conosciuto anche me”
(Noverim Te noverim me).
Non può essere che così dal momento che siamo fatti ad immagine e somiglianza sua.
2. Tuttavia Aristotele in termini molto semplici ha detto che “l’anima è il principio primo per il
quale viviamo, sentiamo e pensiamo” (De anima, 412, 12).
Se c’è infatti una cosa che differenza una realtà viva da una morta è proprio la presenza dell’anima.
L’anima è il principio della vita.
Se non fosse una tautologia si potrebbe dire: l’anima è ciò che anima!
Ma in questa apparente tautologia comprendiamo bene di che cosa si tratta.
L’anima è ciò che fa essere vivi.
3. Tu potresti dire: anche le piante sono vive. Allora anch’esse avrebbero l’anima!
Sì, hanno l’anima anche le piante. Hanno però un’anima solo vegetativa nel senso che assimilano,
crescono, emettono i loro fiori e producono i loro frutti.
Analogamente anche gli animali hanno l’anima. Vengono detti animali proprio per questo. In essi
l’anima è principio di vita vegetativa e sensitiva.
4. E adesso giungiamo agli uomini, che sono animali in modo ancora più perfetto perché – oltre ad
avere una vita vegetativa e sensitiva – hanno anche una vita razionale e spirituale.
In altre parole hanno un’anima razionale.
5. Per questa vita razionale e spirituale possono conoscere tutte le cose: non solo quelle materiali
ma anche quelle spirituali, come Dio, la grazia santificante, le virtù teologali, i doni dello Spirito
Santo.
Se l’uomo non fosse dotato di anima spirituale non potrebbe neanche ipotizzare la possibilità di tali
realtà spirituali.
vorrei porle una domanda sulla differenza tra anima e spirito. Spesso vengono usati come sinonimi
(erroneamente dice qualcuno..), altri invece sostengono che anima significhi "mente" e che quindi
non sia eterna e che lo spirito sia il soffio divino ed eterno…. ma se le cose stanno così Cristo come
avrebbe potuto dire: "Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, perchè non possono
uccidere la vostra anima"? E perchè nel momento della morte è scritto che "Consegnò lo spirito"?
L’individualità dell’uomo risiede nell’anima o nello spirito? Io credo che l’anima sia una realtà
spirituale, è quella a cui facciamo riferimento quando cerchiamo di dare un senso alla nostra vita,
dove il bene e il male diventano oggetto di scelta. Quindi mi sembra assurdo sentire che l’anima
non sia eterna. Non a caso San Francesco parlava di "morte secunda" o "morte dell’anima", cioè
l’anima priva di qualsiasi luce interiore, incapace di distinguere il bene dal male, ma non MORTA
in senso letterale. Mi perdoni se non sono stata abbastanza chiara. La ringrazio per l’attenzione e
Camilla
Cara Camilla,
1. di per sé l’anima umana è spirituale, e come tale è incorruttibile e immortale. Può morire solo ciò
che è composito, costituito di parti. La disgregazione delle parti in un vivente ne segna la morte.
L’anima umana invece, essendo spirituale, non è costituita di materia e pertanto non ha parti e
conseguentemente è incorruttibile e immortale.
2. Che l’anima umana sia spirituale si può provare con le sole risorse della ragione.
Sant’Agostino, all’età di 18 anni, pur non essendo ancora cristiano, dopo aver letto le opere di
Platone e l’Ortensio di Cicerone, due grandi pensatori pagani, si convinse della spiritualità
dell’anima umana.
A suo tempo, nel nostro sito, ne ho portato le argomentazioni.
5. Ancora: l’anima spirituale è una realtà di ordine naturale. Appartiene alla natura umana.
La grazia invece o, per usare il linguaggio di san Paolo, lo spirito è una realtà di ordine
soprannaturale, è una partecipazione della vita divina fatta all’uomo.
7. Quando si legge che Gesù emise lo spirito, s’intende come primo significato che consegnò la sua
anima al Padre, mentre lasciava il suo corpo alla terra.
Ma s’intende anche che morendo consegnò il suo spirito, la sua vita a noi.
Cara Maria,
1. l’anima, che è il principio vitale, si stacca dal corpo solo al momento della morte.
Finché il corpo è in vita è unito alla sua anima.
Le esperienze cosiddette di pre morte sono di persone che sono ancora vive, la cui anima è
perfettamente unita al corpo.
Tali esperienze sono stati psicologici particolari per noi difficilmente spiegabili.
2. Non possiamo parlare di persone che sono andate al di là e poi sono tornate indietro.
Anche perché il più delle volte le loro descrizioni non corrispondono a quelle realtà che ci sono
insegnate dalla Divina Rivelazione e dalla Chiesa e cioè che al termine della nostra vita c’è il
giudizio, che avviene in un istante ed subito seguito dallo stato per il quale l’anima si è preparata:
inferno, purgatorio, paradiso.
3. Certo, non possiamo negare a priori che ad alcune persone in fin di vita il Signore si possa
manifestare in maniera particolare.
Questo è confermato dall’esperienza di non pochi Santi che hanno visto il Signore o la Madonna
che andavano loro incontro.
Ed è confermato anche da chi accanto a sé nel momento estremo della propria vita ha visto
addirittura il demonio che veniva a tentarlo, come si legge nella narrazione della morte di San
Martino di Tour.
4. Come pure non possiamo negare che il Signore possa comunicare delle sensazioni particolari,
riconducili ad alcune esperienze di pre morte, per far comprendere la pericolosità della loro
situazione e portarle a conversione.
In quest’ottica possono essere lette alcune testimonianze rilasciate da persone della cui veracità non
si può dubitare e che hanno manifestato tutto questo con segni inequivocabili impressi nel loro
corpo e con un’autentica conversione di vita.
Ma si tratta sempre di esperienza di persone la cui anima non si era ancora separata dal corpo.
Perché appena avviene la separazione subito c’è il giudizio e subito si entra nello stato per il quale è
preparata la nostra anima in quel momento.
5. Per venire agli anziani colpiti da qualche malattia particolare si deve dire che anche in loro
l’anima è perfettamente congiunta al corpo e lo vivifica.
Tuttavia alcune facoltà dell’anima, come la mente e la volontà, rimangono indebolite, offuscate e
talvolta quasi paralizzate perché la parte sensoriale (il cervello e altre facoltà sensitive) non
funzionano più come dovrebbero.
6. Noi che guardiamo dall’esterno vediamo talvolta alcune di queste persone come inebetite.
Non sappiamo però quello che avvenga al loro interno.
È certo che Dio non abbandona nessuno con la sua volontà salvifica e che sempre provvede a tutti
con la sua eterna misericordia.
La loro salvezza però rimane sempre legata alla loro libera corrispondenza alla grazia.
7. Sulla sensazione di aver sentito tua mamma al tuo fianco mentre contemporaneamente la vedevi
nel suo stato di malattia: non si può escludere che il Signore abbia voluto consolarti e fortificarti
attraverso quella sensazione.
Ma di una cosa sono certo: che l’anima di tua mamma in quel momento non era uscita dal suo
corpo. Diversamente sarebbe morta.
Carissimo,
1. con la morte l’anima sopravvive perché è spirituale e pertanto immortale.
L’anima sopravvive con le sue potenze, e queste sono l’intelletto e la volontà.
2. L’intelletto e la volontà sopravvivono con tutto il corredo di conoscenza acquisita nella vita
precedente e con tutto il bagaglio virtuoso nella volontà.
San Girolamo in una lettera a Paolino scrive: “Impariamo sulla terra quella scienza che
conserveremo in cielo” (Ep. 53).
E san Tommaso: “Gli abiti scientifici, per quanto risiedono nell’intelletto, rimangono nell’anima
separata” (Somma teologica, I, 89, 5).
3. Chiedendosi se gli atti della scienza acquistata in questo mondo rimangano nell’anima separata
San Tommaso dice di sì, poggiando il suo dire su quanto Abramo dice al ricco che si trovava
all’inferno: “Ricordati che tu ricevesti la tua parte di beni durante la vita” (Lc 16,25).
4. Certo non rimangono con le immagini sensibili perché queste si sono perse con la corruzione del
corpo, ma “servendosi dei concetti acquistati quaggiù perché l’anima separata è in grado di
ripensare le cose conosciute in precedenza.
Non lo fa volgendosi alle immagini, ma nella maniera che si conviene a un’anima separata.
E quindi l’atto della scienza acquistata quaggiù rimane nell’anima separata, ma il modo non è
identico” (Somma teologica, I, 89, 6).
5. Né la separazione dal corpo impedisce di vedere in lontananza perché “si legge nel Vangelo che
il ricco epulone “mentre era nei tormenti, alzando gli occhi, vide da lungi Abramo” (Lc 16,23).
Dunque la lontananza non impedisce la cognizione dell’anima separata” (Somma teologica, I, 89, 7
sed contra).
6. Circa la conoscenza di quanto avviene in questo mondo San Gregorio dice “che le anime sante
poiché vedono intimamente la chiarezza di Dio onnipotente dalla loro mente non rimane fuori
qualche cosa ignorato da esse” (Moralia, 12,21).
Anzi, “come dice San Gregorio, le anime dei santi ammessi alla visione di Dio conoscano tutti gli
avvenimenti attuali di questo mondo.
Esse infatti sono equiparate agli angeli: riguardo ai quali anche Sant’Agostino afferma che non
ignorano quello che avviene presso i vivi. Però, siccome esse hanno un’adesione perfettissima alla
giustizia divina, non si rattristano per le vicende dei vivi, e non vi partecipano, se non nei casi in cui
lo esigono le disposizioni di quella divina giustizia” (Somma teologica, I, 89, 8).
8. Infine possono conoscere tutto lo scibile che c’è in Dio, tutti gli idiomi, tutti i segreti della
scienza e della tecnica.
Secondo i teologi questo fa parte della beatitudine accidentale che non s’identifica con l’essenza
divina. E vi si partecipa secondo il grado di carità raggiunto sulla terra.
Quesito
Carissimo,
1. in noi c’è una duplice memoria, quella sensitiva e quella intellettiva.
2. Quella sensitiva risiede nel cervello, che è l’organo che custodisce le immagini sensibili.
Quest’organo può andare fuori combattimento, come succede ad esempio per i malati di Alzheimer.
3. Per chi si trova in stato di morte cerebrale non sappiamo che cosa avvenga all’interno del
cervello: infatti dalla morte cerebrale a quella reale passa un certo lasso di tempo in cui i vari organi
progressivamente si spengono.
Solo dopo lo spegnimento definitivo la memoria sensitiva svanisce e muore.
La memoria sensitiva ce l’hanno anche gli animali.
4. La memoria intellettiva, invece, poiché non risiede nel cervello ma nella mente e più
precisamente nell’anima, non svanisce e non muore.
È in virtù di questa memoria che avviene il giudizio particolare subito dopo la morte e in un
battibaleno ognuno rivede tutta la propria vita e intuisce quale sarà il suo destino eterno.
5. Sant’Agostino faceva della memoria intellettiva una terza facoltà dell’anima. È per essa che
siamo a somiglianza del Padre, come per l’intelletto siamo a somiglianza del Figlio e per la volontà
siamo a somiglianza dello Spirito Santo.
San Tommaso invece identifica la memoria intellettiva con l’intelletto, mentre per la sostanza della
nostra anima siamo ad immagine del Padre.
6. Il motivo per cui bisogna riconoscere una memoria intellettiva distinta da quella sensitiva è dato
dal fatto che noi ricordiamo i concetti e i ragionamenti, e questi – essendo frutto dell’esercizio
dell’intelligenza che è una facoltà spirituale – sono realtà di ordine spirituale.
7. Alla domanda se nella parte intellettiva dell’anima ci sia la memoria San Tommaso risponde
affermativamente e dice: “Ciò che viene ricevuto in un soggetto, è ricevuto secondo la natura del
ricevente. Ora l’intelletto è di natura più stabile e permanente, che la materia dei corpi.
Se dunque la materia non soltanto conserva le forme che riceve, quando attualmente opera per loro
mezzo, ma anche quando ha cessato di operare, in maniera molto più immobile e permanente
riceverà le specie intelligibili l’intelletto, sia che le riceva attraverso i sensi, sia che gli vengano
comunicate da un intelletto superiore.
Perciò, se per memoria intendiamo la sola capacità di conservare delle specie intenzionali, bisogna
concludere che essa si trova anche nella parte intellettiva.
Se invece si riduce il concetto di memoria alla facoltà che ha per oggetto il passato in quanto
passato, allora la memoria non esiste nella parte intellettiva, ma solo in quella sensitiva, che è fatta
per conoscere i singolari. Infatti il passato come tale, indicando l’esistenza di una cosa in un
determinato tempo, partecipa la natura dei singolari” (Somma teologica I, 79, 6).
8. Pertanto la memoria intellettiva sussiste anche dopo la morte e viene conservata perfettamente
tanto all’inferno, quanto in Paradiso e in Purgatorio.
Caro Matteo,
1. anche gli animali hanno l’anima.
Ma quella degli animali è solo un’anima sensitiva, mentre la nostra, oltre ad essere vegetativa e
sensitiva, è anche razionale.
3. Noi invece trascendiamo gli istinti, sappiamo stimolarli e sappiamo anche contenerli, combatterli,
superarli.
Nello stesso tempo siamo capaci di scoprire le leggi della natura, di ricombinarle e di fruire così
delle tante ricorse della scienza e della tecnica.
Tutto questo manifesta una reale trascendenza sulla materia.
Anche il solo fatto di poter pensare all’esistenza di realtà spirituali e senza materia –
indipendentemente dalla loro effettiva esistenza – è possibile perché non siamo solo materia.
L’agire segue l’essere (agere sequitur esse) diceva il vecchio filosofo greco Aristotele.
Non potremmo svolgere attività spirituali come quelle del pensiero, se non fossimo anche spirituali.
5. È questa capacità, già presente, che fa sì che la sua anima sia spirituale e pertanto immortale.
Questa capacità in un bambino non è solo potenziale, ma è presente in atto primo, ma non in atto
secondo.
Come del resto anche quando dormiamo o siamo sotto anestesia la nostra capacità riflessiva non
solo potenziale, ma è presente in atto primo, sebbene non in atto secondo.
6. Dire che sia solo potenziale vuol dire che non c’è ancora.
Come ad esempio: dire che in una classe delle elementari ci siano degli ingegneri in potenza
significa dire che di fatto davanti a noi non ce n’è neanche un ingegnere.
Dire invece che una realtà è presente in atto primo significa affermarne l’esistenza ma non ancora
l’esercizio.
7. Ecco, è proprio quest’anima spirituale, presente già nello zigote di una persona, a renderla
immortale, anche se al momento non è ancora capace di formulare pensiero.
È razionale in atto primo, sebbene non in atto secondo.
E non potrebbe diventare un giorno razionale in atto secondo se al momento non avesse questa
intrinseca capacità, che noi definiamo “in atto primo”.
Ti ringrazio del quesito, ti ricorderò intensamente al Signore perché la tua fede cresca e si consolidi
sempre più.
Caro Lorenzo,
1. le idee trascendono l’ordine sensibile.
In genere prendono il loro avvio dalle cose. Ma poi l’uomo elabora quanto ha appreso attraverso i
sensi, congettura, relaziona, programma.
Queste attività sono tutte trascendenti la materia e non le troviamo negli animali che invece sono
legati puramente ai loro istinti.
2. L’attività che noi due stiamo compiendo in questo momento è un’attività materiale, perché
mettiamo nero su bianco o leggiamo nero su bianco, ma nello stesso tempo usiamo della materia
(pc) elaborata e programmata dall’uomo con un’attività straordinariamente trascendente.
E noi stessi – attraverso i segni che scriviamo – ci mettiamo in una relazione e in una comunione
spirituale di pensiero.
3. Si potrebbe dire che in ogni evento l’uomo, pur vivendo nell’ordine dei sensi (è fatto di corpo),
tuttavia continuamente lo trascende.
Lo trascende col suo linguaggio, con le sue decisioni, con le sue programmazioni, nel suo
relazionarsi con gli altri dove attraverso i segni sensibili del linguaggio si mette in comunione con
altre persone che vivono in altri luoghi, in altre culture e anche in altre epoche.
Proprio per questo si dice che l’uomo trascende lo spazio e il tempo.
Gli animali, che vivono nel loro ordine proprio che è quello sensitivo, non riescono a trascendere la
materia.
È inutile parlare con loro dei loro “colleghi” che vivono in America o sono vissuti nel passato.
4. Platone tutto questo l’aveva capito. Ed era riuscito a dimostrare razionalmente la spiritualità e
l’immortalità dell’anima umana.
Sant’Agostino, leggendo le sue opere, pur non essendo ancora battezzato e moralmente fuori strada,
leggendo Platone (e anche Cicerone) si convinse razionalmente sia dell’esistenza di Dio sia della
spiritualità e dell’immortalità dell’anima umana.
5. Per il frasario che hai usato, non è corretto parlare di idee innate, alle quali qualcuno può essere
ricorso nella storia del pensiero.
Costoro hanno capito che le idee manifestano una realtà spirituale presente in un corpo materiale. E
si domandavano: da dove viene questa realtà spirituale (l’anima, per intenderci)?
Ipotizzavano una caduta dal mondo celeste (dal mondo dell’iperuranio, così lo chiamavano).
Sicché l’uomo starebbe in questo mondo per purificarsi in attesa di tornare là dov’era prima.
6. La riflessione è posteriore ha fatto comprendere che l’anima umana, proprio a motivo della sua
spiritualità, non viene generata dai nostri genitori, i quali nell’atto del concepimento si sono
trasmessi solo qualcosa di materiale. Ed è giunta alla conclusione che è stata creata immediatamente
da Dio.
Sicché all’inizio della propria esistenza la mente umana (che insieme alla volontà è una delle due
facoltà dell’anima) è tabula rasa.
Comincia ad elaborare i concetti appena i sensi le trasmettono le immagini o la materia.
7. Sono contento di essere tornato su questi temi che di per sé non fanno ancora parte della fede,
perché sono dimostrabili razionalmente.
E giustamente vengono chiamati preamboli della fede e, da un punto di vista umano, le danno
solidità.
Quesito
Cara Annarosa,
1. anche gli antichi credevano in una vita ultraterrena. Lo testimonia la mitologia pagana e anche la
credenza degli ebrei.
E il motivo è semplice: perché l’anima umana di sua natura è immortale.
Cicerone e Platone, due filosofi pagani, vissuti prima di Cristo, avevano dimostrato con la ragione
l’immortalità dell’anima.
Sant’Agostino, prima della sua conversione, e precisamente 12 anni prima di ricevere il battesimo,
leggendo le loro opere si convinse razionalmente dell’immortalità o della sopravvivenza dell’anima.
Per Kant, filosofo moderno, l’immortalità dell’anima era fuori discussione e faceva sua
quest’affermazione di Cartesio: “Non abbiamo nessun argomento né esempio che ci possa
convincere che ci sono delle sostanze spirituali soggette ad essere annientate”.
Ma in che cosa consisterebbe questa vita ultraterrena?
La ragione umana non va molto in là.
2. Sono stati i protestanti ad enfatizzare l’affermazione: Cristo ci ha portato l’immortalità.
Per i protestanti, con la morte dell’uomo, morirebbe non solo il corpo ma anche l’anima.
Per questo negano l’esistenza di una escatologia intermedia, e cioè della sopravvivenza dell’anima
separata da corpo. Ed è per questo che escludono che si possa pregare per le anime dei defunti.
Per loro Cristo ci ha promesso l’immortalità, evidentemente dopo la risurrezione dei corpi e delle
anime.
Ma il pensiero dei protestanti non trova appoggio nella sacra Scrittura, ad esempio nel
convincimento di Santo Stefano, il quale mentre stava per lasciare il suo corpo alla terra, pregava
dicendo: “Signore Gesù, accogli il mio spirito” (At 7.59). Stefano era convinto di essere accolto
subito in paradiso col suo spirito, con la sua anima.
Il pensiero dei protestanti non trova appoggio neanche nella promessa fatta da Cristo al buon
ladrone: “oggi sarai con me nel Paradiso” (Lc 23,43).
E la negazione dei suffragi per le anime dei defunti è contraddetta da quanto si legge nel secondo
libro dei maccabei: “Perché se (Giuda, l’eroe fortissimo) non avesse avuto ferma fiducia che i
caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli
considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con
sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio
espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato” (2 Mac 12,44-45).
Ma siccome il libro dei maccabei dà loro palesemente torto, non hanno trovato di meglio che di
toglierlo dal novero dei libri della sacra Scrittura.
3. Pertanto, ad essere precisi, Cristo non ci ha portato semplicemente l’immortalità, ma la vita del
paradiso, la comunione e il possesso di Dio, che secondo il linguaggio di san Giovanni si chiama
vita eterna.
Cristo non è venuto a darci la sopravvivenza dell’anima, perché questa sopravvive già di suo, ma a
riempire di contenuti e di vita questa sopravvivenza.
Se talvolta anche nel linguaggio cristiano si afferma che Cristo ci ha portato l’immortalità,
quest’espressione non viene intesa secondo l’accezione pagana o vetero testamentaria, ma come
vita soprannaturale, come pienezza di vita nuova, come partecipazione alla vita del Signore risorto,
come comunione con Dio e con i beni del paradiso, e anche come promessa della risurrezione del
corpo.
Quesito
Caro don ….
1. la premessa fatta da quel giovane non è esatta e per questo alla fine i conti non tornano.
La premessa non corretta è questa: “come è possibile che una persona perfetta, completamente
realizzata…”.
2. Ebbene, l’uomo è uscito perfetto dalle mani di Dio nella linea dell’essenza, come animale
razionale.
Potrei dire che è uscito perfetto dalle mani di Dio come persona.
Proprio per questo tutti gli uomini sono di uguale dignità e nessuno è più persona di un altro.
3. Anzi, l’uomo è uscito dalle mani di Dio fatto a sua immagine, dotato di intelletto e volontà.
4. Ulteriormente, fin dall’inizio ha goduto dell’amicizia e della familiarità con Dio mediante la
grazia santificante.
5. È uscito dunque perfetto nella linea dalla natura (dell’essenza) e nella linea soprannaturale
(quella della grazia).
7. In questa linea (secondaria rispetto alla prima, e cioè a quella della natura o della persona) ci ha
creati perfettibili.
Si potrebbe dire che ci ha creati imperfetti: non nel senso che ci abbia dato qualcosa di difettoso, ma
mancanti di una ulteriore perfezione.
Ha voluto che questa ulteriore perfezione ce la dessimo da noi stessi con l’aiuto della sua grazia.
10. In conclusione: sappiamo portare delle buone motivazioni. Sicché non troviamo contraddizioni,
assurdità o cose irragionevoli in ciò che crediamo.
Ma rimane ancora per noi qualcosa di misterioso, e cioè di nascosto, che sarà svelato solo alla fine.
Per questo si parla del mistero del male o di mistero dell’iniquità, come dice San Paolo (2 Ts 2,27).
Sull’immortalità dell’anima
Quesito
Caro Alessandro,
1. tutti i libri della Bibbia, in un modo o nell’altro, parlano della sopravvivenza dell’anima, che è la
stessa cosa della sua immortalità.
La Bibbia è essenzialmente “Parola di vita eterna”.
È sufficiente che tu l’apra e dappertutto senti un messaggio che indica la vita senza fine.
È come se uno ti domandasse: in quale momento della giornata brilla la luce del sole? La risposta è
chiara: dall’inizio alla fine.
2. Mi chiedi poi perché solo sal 1513 si ritenne dogma l’immortalità dell’anima.
Va ricordato che sono state fissate come verità di fede (dogmi) quelle affermazioni che sono state
messe in discussione.
Ci sono delle verità basilari e scontate che non sono mai state fissate come dogma: ad esempio
l’esistenza di Dio, di Gesù Cristo, di Maria…
Questo non significa che Dio non esista, che Gesù Cristo o Maria non siano esistiti.
Allora per venire alla tua domanda: la Chiesa nel 1513 ha respinto l’insegnamento di Pietro
Pomponazzi, il quale impregnato di averroismo, sosteneva che le anime fossero mortali.
Questo non significa che prima ci fossero dei dubbi. Tutti ne erano convinti. Ma quando
Pomponazzi sostenne il contrario, la Chiesa reagì fissando la dottrina.
La stessa cosa avvenne per la libertà dell’uomo. La Chiesa fissò come verità di fede (1520) che
l’uomo è libero quando Lutero affermò il contrario. Egli asseriva che della libertà, dopo il peccato
originale, è rimasto solo il nome. Di fatto l’uomo sarebbe sempre schiavo della concupiscenza.
Ti saluto e ti benedico.
Padre Angelo
Quesito
Salve,
dopo la morte incontreremo i nostri cari?
Quale aspetto potrebbero avere?
Le anime sono completamente estranee alla vita terrena?
Esistono case infestate da entità o sono le persone che sono possedute?
Dopo la morte l’anima è libera di andare dove vuole?
La ringrazio molto.
Andrea
Caro Andrea,
1. di là incontreremo i nostri cari se andiamo in Paradiso.
Quando il Signore dice che di là non si prende moglie né si prende marito non esclude che coloro
che sono stati uniti nella carità in terra lo siano anche in cielo.
Anzi, proprio perché la carità rimane per sempre e non avrà mai fine (1 Cor 13,), in Paradiso i
vincoli della carità saranno ulteriormente perfezionati.
La grazia non distrugge la natura, ma la perfeziona.
Così se nella vita presente anche le persone più care talvolta danno fastidio, di là questo non
succederà mai.
2. Nella vita del Paradiso tutti proveranno grande ed eterno fascino l’uno per l’altro, anche quelli
che di qua hanno avuto reciproca antipatia.
Il ricordo del passato non sarà motivo di imbarazzo o di vergogna perché tutti saranno
benevolmente colpiti dalla trasformazione attuata dalla misericordia del Signore e lo loderanno e
ringrazieranno eternamente per aver compiuto dopo tanto contrasto una eterna e meravigliosa
comunione.
5. Dice ancora San Tommaso: “le loro preghiere hanno efficacia d’impetrare dai loro meriti
precedenti e per il fatto che sino graditi a Dio” (Somma teologica, II-II, 83, 11, ad 1).
E ancora: “Quantunque i santi in cielo non si trovino nello stato di poter meritare per sé, tuttavia
possono meritare per gli altri, o meglio possono aiutare gli altri per i meriti precedentemente
acquistati: essi infatti hanno meritato in vita di vedere esaudite dopo morte le loro preghiere”
(Somma teologica, Supplemento, 72, 3, ad 4).
Sicché è molto utile e fruttuoso onorarli e ricorrere alla loro intercessione.
Quesito
Caro Massimo,
1. se in nostri progenitori non avessero disobbedito a Dio, il Paradiso terrestre avrebbe
rappresentato lo stato provvisorio di vita in attesa di andare nel Paradiso celeste.
I nostri progenitori, benché provvisti di una conoscenza molto grande di Dio e anche di una certa
amicizia con Lui, vivevano ancora nella fede e non nella perfetta fruizione di Dio.
2. Alla fine del tempi, con la risurrezione dei corpi, non torneremo alla condizione del Paradiso
terrestre, ma entreremo direttamente in Dio e cioè in una condizione infinitamente superiore.
Il nostro corpo sarà glorioso, come il corpo che Gesù ha manifestato nel giorno della
Trasfigurazione. Non sarà più soggetto alle necessità in cui era ancora soggetto nel Paradiso
terrestre come ad esempio il mangiare e il dormire…
4. Satana è stato in grado di tentare i nostri progenitori perché è un essere esistente. Ha tentato
anche Nostro Signore che pur avendo una natura umana mortale, tuttavia non era inclinato al male
come siamo noi.
E questo fa capire che il diavolo non tenta solo i miseri, ma anche i santi.
5. Nel Paradiso celeste non vi sarà in alcun modo la presenza di Satana né si subiranno le sue
tentazioni.
Alla fine del mondo Satana sarà definitivamente vinto e spodestato. Non potrà più tormentare
nessuno. Si legge nel libro dell’Apocalisse: “E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello
stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e
notte per i secoli dei secoli” (Ap 20,10).
Con questa vittoria definitiva su Satana si aprirà la strada per fondare il Regno di Dio su una terra
nuova. Il primo passo sarà la risurrezione universale e il giudizio finale (Ap 20,11-15).
Se sia giusto dire che noi siamo un corpo oppure che noi
abbiamo un corpo come ha detto padre Carbone a
Rimini
Quesito
Caro Federico,
1. l’uomo è costituto di corpo e di anima razionale.
Questo, oltre che di evidenza per tutti, è anche dogma di fede.
2. È di evidenza per tutti perché il primo segno tangibile del nostro essere presenti in questo mondo
è proprio il nostro corpo.
Non un corpo morto, ma un corpo vivo, e pertanto animato.
E animato non solo sensitivamente come gli animali, ma anche razionalmente.
3. È di fede, perché la Chiesa col Concilio di Vienne (1312) ha definito in termini dogmatici che
l’anima è forma del corpo (DS 902; cfr. anche CCC 365).
Il Concilio Vaticano II vi fa riferimento e in termini stringati afferma che la persona umana è “unità
di anima e di corpo” (Gaudium et Spes 14).
Dunque tanto il corpo quanto l’anima sono elementi essenziali della persona.
E questo è così vero che quando il corpo muore, la persona viene meno.
4. Agire sul corpo umano è dunque la stessa cosa che agire sulla persona.
Proprio per questo un documento del Magistero ecclesiastico sulla bioetica ricorda che “un
intervento sul corpo umano non raggiunge soltanto i tessuti, gli organi e le loro funzioni, ma
coinvolge anche a livelli diversi la stessa persona; comporta quindi un significato e una
responsabilità morali, in modo implicito, forse, ma reale” (Donum vitae, Intr., 3).
La persona non è qualcosa, ma è qualcuno.
È qualcuno chi è dotato di coscienza, di liberta, di sussistenza oltre la morte del corpo.
5. Allora possiamo comprendere quanto ha detto Gabriel Marcel, filosofo francese del secolo
scorso: “Ciò che è proprio del mio corpo è di non esistere da solo e di non poter esistere da solo.
Si può dire che ‘io sono il mio corpo’, purché non s’intenda in senso esaustivo per affermare che
noi siamo soltanto corpo.
E si può dire ‘io ho un corpo’ purché non si intenda che esso è semplicemente oggetto” (Il mistero
dell’essere).
7. Aggiungo un’ultima considerazione perché nella tua mail mi ha colpito quanto hai scritto nella
premessa: “in generale ho grande stima del suo ordine che ritengo uno degli ultimi baluardi della
Chiesa Cattolica”.
Come ho già avuto occasione di ricordare, per il nostro Ordine (nel suo insieme) essere un baluardo
della fede e della Chiesa Cattolica è una grazia di stato.
Questa grazia di stato è stata confermata da quanto l’Eterno Padre disse a Santa Caterina da Siena:
“A questo fine, per un mio dono straordinario, è stato dato a lui (san Domenico) e ai suoi frati di
comprendere la Verità delle mie parole, e di non allontanarsi mai dalla Verità” (beato Raimondo
da Capua, S. Caterina da Siena, Legenda maior, n. 205).
Dio manterrà questa promesse fino alla fine del mondo.
Penso che Santa Teresa d’Avila abbia detto in riferimento a questa promessa che il nostro Ordine
durerà fino alla fine del mondo e che con l’avvicinarsi della fine renderà alla Chiesa molti servizi.
8. Ho aggiunto che il nostro Ordine si conserverà come baluardo “nel suo insieme”.
Questa precisazione è doverosa.
E a questo proposito mi piace riportare una visione molto consolante che ebbe la Beata Caterina da
Racconigi, domenicana come Santa Caterina da Siena e in tutto simile a lei per i fenomeni mistici,
per lo zelo della salvezza delle anime e per l’affetto verso l’Ordine di san Domenico.
Le fu mostrata una fonte nella forma di un pozzo profondo, piena di acqua limpidissima nella quale
galleggiavano alcune foglie e pagliuzze, ma si vedevano nel fondo molte pietre preziose.
Questa fonte era custodita da Angeli e dalla gloriosa Madre di Dio.
La fonte – le spiegò San Pietro Martire – simboleggiava l’Ordine dei Predicatori (domenicani);
la limpidezza dell’acqua la purezza della dottrina, propria di questo Ordine;
e foglie e le pagliuzze i comuni difetti dei suoi religiosi, i quali però non erano tali da offuscare la
gloria dell’Ordine;
le molte pietre preziose indicavano i molti religiosi ferventi che racchiudeva dentro di sé.
Ecco, questa è la radiografia del nostro Ordine oggi nel suo insieme.
È di consolazione per tutti e, ne son certo, anche per te.
Caro Eugenio,
1. a vantaggio dei nostri visitatori ricordo il significato di traducianesimo e creazionismo.
Il problema riguarda l’origine dell’anima.
Per la prima teoria l’anima trae origine dai genitori e viene trasmessa dai genitori al figlio.
Per la seconda ogni singola l’anima viene creata direttamente da Dio.
2. A Sant’Agostino il traducianesimo pareva più consono con la dottrina del peccato originale,
anche se il creazionismo salvava meglio la spiritualità dell’anima.
Per San Tommaso e per il pensiero a lui successivo l’anima viene creata direttamente da Dio.
Essendo l’anima di natura spirituale non può trarre origine dalla materia, ma solo da Dio mediante
un suo atto creativo..
3. Ecco che cosa insegna San Tommaso: “(L’anima umana) non può derivare da una materia
preesistente né corporea, perché sarebbe allora di natura corporea, né spirituale, perché in tal caso le
sostanze spirituali si trasmuterebbero le une nelle altre” (Somma teologica, I, 90, 2).
Pertanto “è necessario concludere che l’anima umana viene prodotta solo per creazione” (Ib.).
4. Anzi, è creata da Dio: “Alcuni pensarono che gli angeli, operando per delegazione divina,
producono le anime umane. Ma questo è assolutamente impossibile e contrario alla fede. Infatti
abbiamo visto che l’anima umana non può essere prodotta che per creazione.
Ora, Dio solo può creare.
Infatti è prerogativa del solo primo agente operare senza presupposto alcuno: invece la causa
seconda presuppone sempre qualche cosa dovuta al primo agente…
Ma chi produce un effetto presupponendo qualche cosa compie una trasmutazione; mentre soltanto
Dio può compiere una creazione. E poiché l’anima intellettiva non può derivare per trasmutazione
da una qualsiasi materia, non potrà essere prodotta che immediatamente da Dio” (Somma teologica,
I, 90, 3).
5. Aderire al creazionismo non significa affermare che l’anima sia stata creata in stato di
dannazione.
Questo la Chiesa non l’ha mai insegnato e neanche ipotizzato.
Anzi, per le anime morte senza peccati gravi personali e senza la grazia conferita dal Battessimo la
Chiesa ipotizzava il limbo, e cioè uno stato di felicità naturale.
6. Per la trasmissione di tare o handicap particolari non è necessario ricorrere al traducianismo. È
sufficiente ricordare che alcune tare si trasmettono a livello genetico.
7. Desidero precisare infine che oggi al termine “creazionismo” si dà per estensione un significato
più ampio e lo si oppone alla teoria dell’evoluzione.
Su questo punto il Magistero della Chiesa lascia libertà di pensiero purché si affermi che il mondo è
stato creato da Dio e che, al momento della comparsa dell’uomo, la sua anima sia stata creata
immediatamente da Dio.
Carissimo,
1. è necessario anzitutto ricordare che cosa è l’anima per un corpo umano.
Per anima s’intende ciò che dà la vita.
E nell’essere umano la vita è anzitutto spirituale, e nello stesso tempo è anche sensitiva e vegetativa.
Ciò che fa la differenza tra un corpo morto e un corpo vivo è proprio l’anima. Il primo è cadavere, il
secondo è animato.
3. Nel caso delle due sorelle da te menzionate, essendovi due teste si deve dire che vi sono due
anime. Queste sono ben distinte. Ognuna pensa e fantastica quello che vuole, indipendentemente
dall’altra.
Vivificano tuttavia il medesimo tronco.
4. I demoni, nel caso di una possessione, non vivificano il corpo, non prendono il posto dell’anima.
Ma con le loro suggestioni fanno muovere le membra, le fanno parlare, come fossero sotto violenza.
6. Scrivi: “L’anima è subordinata alle doti fisiche o alla sanità del corpo”.
Non userei quest’espressione. Piuttosto direi che la sua attività è condizionata dai nostri sensi,
soprattutto da quelli interni, localizzati nel cervello.
Perché sono proprio questi sensi che interagiscono con l’anima e le presentano le immagini e la
memoria.
Su quanto è fornito dal cervello, la mente elabora, fa la sua parte.
Ma se la materia prima è sconnessa, anche l’elaborazione rimane compromessa.
Cara Elena,
le anime non preesistono alla materia ma sono create nel medesimo istante del concepimento.
A proposito della creazione e dell’infusione dell’anima S. Tommaso dice che “viene infusa mentre
viene creata, e viene creata mentre viene infusa”. (“Creando infunditur et infundendo creatur”; 2
Sent., d.3, q.1, 2, ad 2.).
Pertanto cominciano ad esistere simultaneamente sia l’anima che il corpo.
Se le anime fossero create prima, sorgerebbero parecchi problemi. Che cosa farebbero, dove
sarebbero?
Nel tentativo di interpretare, cioè, meglio, di comprendere l’essenza del messaggio biblico, nella
sua accezione più ampia, anche con riferimento all’Enciclica Humanae Vitae (aiutato in questo,
s’intende, da lei), sono arrivato alla conclusione che Dio, nella sua infinita bontà, abbia “fame” di
anime, cioè abbia il desiderio di portare a Sé più anime possibile, non certo per un fine egoistico, di
compiacimento per gli effetti dell’amore da esse rivoltogli, quanto, al contrario, per aver dato loro la
possibilità di godere in eterno della Sua amicizia e presenza.
Quando un essere umano aderisce al peccato, rifiuta questa, più che preziosa, vitale (riferito alla vita
eterna) opportunità e Dio, nelle sue Tre Persone, soffre non per l’azione rivoltagli, cioè per l’offesa
ricevuta, ma perché egli (il peccatore), appunto, inizia a soffrire, e, se non corre ai ripari, soffrirà in
eterno.
Ignoro, però, la “provenienza” delle anime; questa considerazione le potrà sembrare puerile, ma,
ritengo, sottenda molteplici implicazioni di ordine escatologico ed etico.
Dio attribuisce ad ognuno di noi un’anima e desidera, ardentemente, per il nostro bene ultimo, che
venga mantenuta a Sua somiglianza.
Quando avviene questa attribuzione? al momento del concepimento? prima? Ogni anima ha un suo
inizio, una sua nascita? O esiste, per così dire, un numero finito e precostituito, una sorta di deposito
di anime da attribuire a ciascuno di noi, fino alla fine dei tempi?
Oppure sono infinite, o meglio estemporanee e, quindi, discrezionali della creazione divina;
ciascuna anima è unica per ogni individuo terreno?
Mi risulta (così ci insegnavano) che gli animali non posseggano un’anima, ma alcuni, pur rarissimi,
esempi farebbero pensare il contrario; se non un’anima, un “alito” divino?
Caro G.
Inizio a rispondere alla serie di domande che mi hai inviato.
Per ora rispondo alla prima, che ruota tutta attorno alla realtà dell’anima.
Tu dici che Dio ha “fame” di anime”. L’espressione è da interpretare nel senso che Dio le vuole
colmare della presenza di se stesso.
Ma adesso vengo alla risposta.
Anzitutto bisogna avere le idee chiare sulla consistenza dell’anima.
3. Solo l’anima umana è razionale. E dalla sua razionalità ne segue la sua spiritualità e immortalità.
Su questo tema puoi guardare la risposta che ho dato ad un quesito simile e che puoi trovare nella
rubrica di prima pagina, intitolata quesiti di attualità.
4. Solo l’anima umana, per la sua natura spirituale, viene creata immediatamente da Dio. I coniugi
nell’atto del concepimento mettono in atto meccanismi di fusione di qualcosa di biologico:
spermatozoi e ovulo.
Lo spirito, l’anima viene infusa da Dio.
Per la precisione del linguaggio: Dio non applica l’anima, ma crea, infonde l’anima.
L’espressione “applica l’anima” da l’impressione che vi sia qualcosa di preesistente, il che non è
vero.
Caro padre,
quest’anno, il 30 settembre mi è toccata la triste ventura di vedere mio padre morto all’obitorio.
Oltre alle promesse di Gesù che prova razionale potrebbe esserci dell’esistenza dell’anima, se già
non bastassero certi fenomeni soprannaturali che pure esistono, e soprattutto della risurrezione del
corpo? Delle volte sono stato tentato di pensare che la vita umana sia solo un fenomeno biologico e
che il resto siano solo chiacchiere, ma cerco sempre, come posso di vincere questo pensiero che
però, non nascondo, a volte mi dà una certa ansia.
Cari saluti
Andrea
Caro Andrea,
intanto ti presento le mie condoglianze per la morte di tuo padre e assicuro per te, per tuo padre e
per i tuoi la mia preghiera.
Venendo alla tua domanda, va distinto un doppio problema: quella dell’esistenza dell’anima e
quello della spiritualità dell’anima umana.
2. Il problema più grosso consiste nel dire che l’anima dell’uomo non è soltanto vegetativa e
sensitiva come per le piante e gli animali, ma che è spirituale.
Noi partiamo da questo principio: ogni realtà manifesta se stessa attraverso il suo operare.
Ebbene, dal momento che le piante manifestano un’attività soltanto vegetativa (assimilazione,
crescita…) possiamo comprendere che la loro anima, il loro principio vitale, è soltanto vegetativo.
Vediamo invece che gli animali, oltre ad esprimere vita vegetativa, manifestano anche una vita
sensitiva: provano emozioni, come il dolore e il piacere, sentono, vedono… Per questo diciamo che
l’anima degli animale è un’anima sensitiva.
Ma la vita dell’uomo non si esprime solo nel vegetare o nel provare emozioni, ma anche nella vita
spirituale, come ad esempio nel fare cultura, nel pensare, nell’elaborare concetti, nell’inventare.
L’uomo, nelle sue attività, manifesta una superiorità, una trascendenza sulla materia: la elabora, la
riesprime, la ricombina.
Per fare un esempio molto banale: tu non avrai mai visto un animale accendere il fuoco e fare da
mangiare. L’uomo invece lo fa. E questa attività manifesta una trascendenza sulla materia, sicché ne
prende possesso, la rielabora, la ricombina come vuole.
Non avrai mai visto gli animali comunicare attraverso giornali, che in definitiva sono carta sporca di
inchiostro. Ma quell’inchiostro è messo in modo tale che quel nero diventa un segno e gli uomini
comunicano tra di loro.
Anche la possibilità di parlare manifesta una trascendenza sulla materia: gli animali si limitano ad
emettere suoni e sempre nello steso modo. La persona umana chiama le cose con nomi diversi: in
italiano, in latino, in greco, in francese, in tedesco, in cinese… Non è anche questa trascendenza
sulla materia?
Gli uomini si raccontano quello che hanno fatto, si manifestano i loro progetti, i loro desideri, fanno
memoria delle opere dei loro antenati (basta leggere un libro di storia). Questa è un’attività
impensabile tra gli animali, i quali sono solo materiali e determinati dagli istinti.
Gli uomini, purtroppo, dicono anche le bugie. Ma hai tu mai visto gli animali dire le bugie? Anche
la possibilità di pensare una cosa e di dirne un’altra manifesta superiorità o trascendenza sulla
materia.
E anche solo la possibilità di pensare a realtà spirituali (Dio, gli angeli, i demoni, l’anima
immortale), indipendentemente ancora dalla loro esistenza, non manifesta che nell’uomo c’è
qualcosa di spirituale? Infatti non potrebbe captare o anche solo pensare a realtà spirituali, se egli
stesso non fosse in qualche parte di se stesso spirituale.
Questi, caro Andrea, sono i motivi che hanno spinto gli antichi filosofi, come Platone, a riconoscere
razionalmente che l’anima umana non è solo vegetativa e sensitiva, ma è anche spirituale. Lo
manifesta dal suo agire, dal suo operare.
Sant’Agostino all’età di 18 anni (non era ancor battezzato e tanto meno convertito) leggendo le
opere di Platone e l’Ortensio di Cicerone (due filosofi vissuti prima di Cristo) si convinse
razionalmente della spiritualità e dell’immortalità dell’anima umana.
Il passaggio poi dalla spiritualità all’immortalità è molto breve: muore solo ciò che è organico, ciò
che è costituito di parti. Quando le parti di un organismo non cooperano più per il bene del tutto,
questi tutto si disfa, muore, si corrompe.
Ma ciò che è spirituale non è materiale e pertanto non è neanche composto di parti che possano
disgregarsi fra di loro. Ne segue che ciò che è spirituale è anche immortale.
Quesito
Padre Angelo,
grazie alle sue risposte alle mie precedenti domande mi sono reso conto di non sapere
assolutamente nulla sul Purgatorio.
Sono domande che forse le faranno cadere le braccia, padre Angelo, ma le mie idee sul Purgatorio
sono poche, vaghe e confuse e derivano per la maggior parte dalla Commedia dantesca più che dal
Catechismo della Chiesa…
1. Le anime del Purgatorio sono fuori del tempo e non sono ancora entrate nell’eternità.
San Tommaso aveva concepito uno stadio di mezzo, che chiamava evo.
Tuttavia più che sentire il tempo che passa, esse avvertono sempre di più il bisogno di Dio e
sentono che il momento della purificazione definitiva si approssima.
2. Sì, il purgatorio finirà col giudizio universale, con la fine del mondo e quindi con la fine del
tempo.
3. Un’anima del Purgatorio viene a sapere se qualcun altro dal purgatorio va in paradiso se Dio
glielo concede.
Certamente se ne rallegra e nello stesso tempo aumenta in lei il desiderio bruciante della
purificazione perfetta.
4. Le anime del purgatorio non pregano per i vivi nel senso in cui lo intendiamo noi.
Di fatto, tutto il bene che hanno compiuto in grazia di Dio sta davanti al Signore col suo intatto
potere di intercessione.
Una cosa è certa: in purgatorio non possono meritare. Ma quello che hanno fatto di bene in grazia di
Dio merita eternamente.
Pertanto questa loro intercessione rifluisce anche sulla chiesa pellegrina sulla terra.
Molto di più, quando entrano in Cielo possono aiutare coloro che le hanno aiutate ad abbreviare la
loro purificazione.