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•.. Mi dispenserò dal parIarvi soprattutto di rivoluzione.

Vi parlerò della democrazia un altro giorno,


per esempio a Carnevale, o meglio, per rispetto alle tradizioni religiose di Schuman e alle penitenze
che ci attendono (la quaresima universale), nel giorno delle Ceeneri. Le ceneri non mancano nel
mondo. II giorno delle Ceneri potrebbe essere una gior-

,g." nata festiva per tutto il mondo.

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te'RiVolUzione e libertà.

ik' Per noi francesi la parola «rivoluzione» non è ~è,~cora una parola tecnica, un termine di tecnici.
~'\.Noi crediamo che la rivoluzione sia una frattura. l!· La rivoluzione è un assoluto.

\" Quella che noi attendiamo sarà fatta contro ,j1tutto il sistema, o non si farà. Dico sistema per non
~dire civiltà, perché è sempre più evidente che il ,!!,"Sistema che si presenta a noi (o piuttosto dal
quale !:,siamo a pocq a poco assorbiti) non è una civiltà ~;;J:oa una organizzazione totalitaria e
concentrazionaa~.ria del mondo, che ha colto quasi di sorpresa la W('çiviltà umana, grazie alla più
grande crisi che la r;,.toria abbia mai conosciuto e il cui duplice aspetto ~,.

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materiale e spirituale può essere definito così: la despiritualizzazione dell'uomo è coincisa con
l'innvasione della civiltà da parte delle macchine, e questa invasione delle macchine ha preso alla
sprovvvista un'Europa scristianizzata, un'Europa despiiritualizzata, capace di sacrificare, quasi
senza lottaare, all'intelligenza pratica e alla sua brutale efficiennza, a11'iPtelligenza pratica
mostruosamente ipertroofizzata, tutte le altre forme superiori dell'attività dello spirito.

Dico che questa organizzazione è stata totaliitaria e concentrazionaria fin dal principio, anche
quando assumeva la maschera e il nome di libertà, poiché illiberalismo asserviva l'uomo
all'economia affinché lo Stato - o la specie di parassita a cui si osa dare ancora questo nome -
potesse impossesssarsi, al momento opportuno, dell'uomo e dell'ecoonomia insieme, mentre il
capitalismo dei trusts apriva la strada al trust dei trusts, al trust supremo, al trust unico: lo Stato
tecnico divinizzato, il dio di un universo senza Dio, come già scrivevo nel 1930 in quella Grande
paura dei benpensanti il cui ultimo atto è stato rappresentato a Vichy.
E così il liberalismo ha aperto la strada al marxismo. I grandi teènici liberali, che sacrificaavano
freddamente milioni di vite umane alla teccnica liberale, oggi sacrificherebbero non meno
fredddamente altri milioni di vite a una tecnica diversa, ma nel nome dello stesso mito.

Sì, credo fermamente che i tecnici liberali del 1830 oggi sarebbero dei tecnici marxisti, e per
riuuscirvi avrebbero bisogno soltanto di una modifica di vocabolario. Potrebbero riferirsi sempre
alla

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sa concezione dell'uomo: l'uomo animale, in .}gressiva evoluzione.

'Pongo questo problema come deve porlo un iere: non mi interessano i tecnici, io vedo

omo. Per esempio, vedo benissimo il proletaadel 1830 ma non lo cerco nelle statistiche. Non . .o
disposto a credere che questo proletario abbia hìto la spaventosa dittatura della legge dell'offer-

e della richiesta, semplicemente per ignoranza o viltà.

L'uomo del 1830 non era più vile del servo secolo XII, che gli intellettuali da quattro soldi ,rrebbero
presentarci con il cappello in mano

lentre offre sua moglie e sua figlia al signore, con paura (donne, mettetevi nei suoi panni!) che
,trebbe rifiutarle e che sarebbe costretto a sostii. le egli stesso.

Quandp l'operaio del 1830 si rassegnava a cree'e di fame, ciò era dovuto al fatto che gli era staafatto
capire che crepava per il progresso. È

'rto per il progresso meccanico, per il paradiso :canico; e, in nome di questo paradiso, adesso 'lonto
a far crepare gli altri. Forse non si suona stesso strumento ma si canta la stessa canzone.

Non vengo qui per insegnare qualcosa. Non . rivolgo alle élites. Delle élites ne ho fin sopra .pelli. O
piuttosto, diciamo meglio: mi rivolgo élites, ma come un modesto interprete di mii'di bravi
individui che conosco benissimo, per-

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Prima di tutto

Odio gli indifferenti [Indifferenti]

Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che «vivere vuoI dire essere partigiani».! Non
possoono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere
cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio
gli indifferenti.

Lindifferenza è il peso morto della storia. È la pallla di piombo per il novatore, è la materia inerte in
cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la
difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi
gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica.
Lindifferenza opera potentemente nella storia.

Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i
proo. grammi, che rovescia i piani meglio costrutti; è la

! Friedrich Hebbel, Diano, trad. e introduzione di Sci pio Slataper, Carabba, Lanciano 1912, p. 82.

4 Odio gli indifferenti

materia bruta che si ribella all'intelligenza e la strozzza. Ciò che succede, il male che si abbatte su
tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore uniiversale) può generare non è tanto dovuto
all'iniziaativa dei pochi che operano, quanto all'indifferennZa, all'assenteismo dei molti. Ciò che
avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli
uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà
tagliare, lascia promulgare le legggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli
uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.

La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa
indiffferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell' ombra, poche mani, non sorvegliate da
nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa.
I destini di un' epoca sono manipolati a seconda delle visiooni ristrette, degli scopi immediati, delle
ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la masssa degli uomini ignora, perché non
se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell'ombra
arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tuttti, sembra che la storia
non sia che un enorme fenoomeno naturale, un' eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima
tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi
indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro

Prima di tutto

che egli non ha voluto, che egli non è responsabiile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri
bestemmmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domanndano: se avessi anch'io fatto il mio
dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è
successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del
non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunnto per evitare
quel tal male, combattevano, di procuurare quel tal bene si proponevano.

I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di


proogrammi definitivamente crollati e di altre simili piaacevolezze. Ricominciàno cosÌ la loro
assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non
siano capaci di prospetttare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur
richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni
rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da
alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intelllettuale, non di pungente senso di una
responsabiilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze
di nessun genere.

Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando
connto a ognuno di essi del come ha svolto il compiito che la vita gli ha posto e gli pone
quotidianaamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere
inesorabile, di

6 Odio gli indifferrnti

non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano,
vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'atttività della città futura che la mia
parte sta costruenndo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede
non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che
stia alla finestra a guardare menntre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta
alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l'attività di pochi procura e sfoghi la sua
delusione vituperando il sacrificato, lo svenaato, perché non è riuscito nel suo intento.

Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parrteggia, odio gli indifferenti.

11 febbraio 1917

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iscrizione nella fedina penale, rimozione dall'impiego e perdita dei diritti civili per cinque anni.

La tessera importa una limitazione, ma deve aQ.che importare una garanzia sicura e concreta del
minimo di libertà accordato. La tessera non deve essere solo per i cittadini comuni, deve anche
essere per i cittaadini tutori. E rigorosa, per gli uni, ma specialmennte per gli altri. Non deve
capitare come per lo zuccchero. La libertà, come il pane, deve essere garantita: la tessera della
libertà, come questa da noi invocata, esiste da quasi tre secoli in Inghilterra, paese alleaato, che
combatte anch'essa la guerra per la libertà e la giustizia. La introduca anche il governo italiano, e sia
pure per decreto luogotenenziale. Ma l'Italia del «Corriere della Sera», che ammira l'Inghilterra per i
suoi miliardi, intende tessera ... italiana; per lo zuccchero, senza zucchero; per il pane, senza pane;
per la libertà, con Bava- Beccaris e con gli stati d'assedio.

lO settembre 1917

I doveri di un giudice [Elogio di Ponzio Pilato]

Non è un elogio paradossale. È un giusto e necessaario riconoscimento di meriti reali, ed era tempo
che questi meriti fossero riconosciu~i.

Ponzio Pilato è la più gran vittima del cristianesiimo, dell'odio religioso. Il suo nome è stato
infamaato, è diventato sinonimo di debolezza, di mancannza di carattere. Contro la condanna
nessuno ha mai appellato. Il cristianesimo ha impastoiato le intelli-

La libertà e la legge

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ze, ha impedito la ricerca spassionata della veriiE si continua a infamare Pilato anche da parte quelli
che sono usciti fuori dalla palude religiooche nella morte di Gesù Cristo non vedono altro ~e un
fatto di cronaca giudiziaria mitizzato e dilaa;~to all'infinito dalla passione dei proseliti, dal biso-

i. o di propaganda dei primi cristiani.


Ponzio Pilato è stato un giudice eroico. Persuaso :Ha innocenza di Gesù Cristo, ne ha tuttavia fatto
'eguire dai legionari romani la condanna capitale. "mbra un bisticcio, e non è. Ponzio Pilato ha
avuusolo la colpa di eseguire scrupolosamente il suo ere, di rispettare eroicamente le sue attribuzio-

Non ha voluto soverchiare, non ha voluto prevaa'e, neppure per obbedire all'impulso della proo\ia
coscienza di individuo, di privato cittadino. La

ità giuridica di cui era investito ha fatto tacee~;ia coscienza dell'individuo, del privato cittadino. !
i,Ponzio Pilato era il procuratore di Tiberio nella !ludea. Le sue attribuzioni erano ferreamente
fissaat/dalla legge romana, e la legge romana era liberale. ,~deva sotto la sanzione della legge
romana solo chi _esta legge avesse violato: chi si rifiutasse di paga-

~~

~;.i tributi, chi insidiasse il dominio di Cesare e del

h legato. Per il resto i giudei erano indipendenti, la

",'o condotta era regolata dalle leggi e dagli usi locaa,.l'autorità romana, che deteneva il potere
esecutiil'h non faceva che applicare le sanzioni stabilite da leste leggi, da ~uesti usi. Cosl fu che
Ponzio Pilaa,~a malgrado della canea dei farisei e dei pubblicaat((i pubblicani erano allora i
fornitori dello Stato), ~tifiutò di giudicare Gesù Cristo e lo rimandò sem-

50 Odio gli indifferenti

pre a Erode. Le accuse a Gesù mosse non erano conntemplate dalla legge romana, non erano reati di
Stato. Pilato si rifiutò sempre energicamente ad accogliere le interpretazioni che di questa
leggevolevano dare i farisei, i pubblicani, i sacerdoti del tempio. Unico interprete della legge dello
Stato era lui, non gli irreesponsabili vociatori della piazza.

Gesù fu condannato, ma la sentenza fu emessa non alla stregua delle leggi romane; fu condannato,
ma Ponzio Pilato non riconobbe alla sentenza caratttere imperiale e ubbidl solo alla legge che gli
impooneva la esecuzione delle sanzioni anche prettamente locali. Esegulla sentenza per il rispetto
delle autoonomie locali che la legge romana imponeva ai magiistrati romani.

Il cristianesimo ha infamato Ponzio Pilato. La coscienza moderna dovrebbe esaltare Ponzio Pilato.
Dopo la caduta della romanità la coscienZa del giure si perdette. È stata una riconquista dei tempi
nuovi. Lindipendenza del potere giudiziario è stata una delle più grandi garanzie di giustizia che
l'uomo moderno sia riuscito a conquistare. In Francia, in Inghilterra, in Germania, negli Stati Uniti,
non in Italia. Lo statuto del Regno d'Italia subordina l'ordine giudiziario al poteere esecutivo, ma
tuttavia entro certi limiti. Interprete della legge rimane sempre il magistrato; egli solo può e deve
giudicare se un cittadino ha violato la legge, se debba essere punito e sotto quale imputazione debba
essere arrestato. Neanche in Italia i farisei, i pubbliicani, la piazza possono imporre alla
magistratura una linea di condotta diversa da quella fissata dalla legge. Eppure cercano di farlo,
quelli stessi che si richiama-

La libertà e la legge
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sempre alla tradizione romana, ,che si proclamano

positari e futuri propagatori della legge romana, a civiltà romana che si è imposta al mondo spe-

• Jmente per la liberalità del suo giure, per lo scruulo con cui i magistrati romani osservavano la
legge. I nipoti, i depositari della tradizione romana, arri-

o fin al ricatto per fame alla magistratura. Doman-

o che la legge, che le poche garanzie di libertà che legge italiana accorda ai cittadini, siano violate, e
me prezw del delitto promettono alla magistratuu"l'appoggio per un aumento di stipendi.

!liEra necessaria la riabilitazione di Ponzio Pilato. ,luanto più Ponzio Pilato apparirà nella sua vera
luce . magistrato ossequiente alla legge, di rivendicatore ,a sua indipendenza, di solo interprete
autorizzato e onsabile del codice dello Stato, tanto più apparirà evole la canea dei farisei e dei
pubblicani (pubbi erano in Roma chiamati i fornitori militari) stridono irosamente: sia crocifisso, sia
crocifisso.

29 settembre 1917

, e milioni di uomini [Il tramonto di un mito]

uomo nasce in una parte della superficie della 'a. La sua vita corporale si chiude bruscamente ~.n la
condanna capitale. Ma la vita delle sue opere, :Ue sue parole, continua, si amplia, diventa milioole
milioni di vite, imprime del suo suggello secoo'l· storia. Luomo è diventato un mito, è diventato
parte della coscienza universale: ha conquista-

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