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2.

RAPPORTO DI LAVORO

COLLOCAMENTO E POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO


La nostra legge del 1949 si poneva in evidente sintonia con le convenzioni Oil
dell’epoca, che richiedevano l’istituzione di un servizio pubblico gratuito di
collocamento e mostravano un’accentuata diffidenza nei confronti delle
agenzie private di collocamento, specialmente se con fini di lucro.

C88 organizzazione del servizio di collocamento, 1948

La Conferenza generale dell'Organizzazione internazionale del lavoro,

Dopo essere stato convocato a San Francisco dal Consiglio di amministrazione


dell'Ufficio internazionale del Lavoro, e dopo aver incontrato nella sua
trentunesima sessione il 17 giugno 1948, e

Avendo deciso l'adozione di alcune proposte riguardanti l'organizzazione del


servizio di occupazione, che è incluso nel quarto punto all'ordine del giorno
della sessione, e

Avendo deciso che tali proposte assumano la forma di una convenzione


internazionale,

adotta il nono giorno del mese di luglio del millenovecentoquarantotto la


seguente convenzione, che può essere citata come convenzione
sull’organizzazione del servizio di collocamento, 1948:

Articolo 1
1. Ogni membro della Organizzazione Internazionale del Lavoro per il quale la
presente convenzione è in vigore dovrà mantenere o garantire il mantenimento
di un servizio gratuito del pubblico impiego.
2. Il dovere fondamentale del servizio collocamento deve essere quello di
garantire, in collaborazione, se necessario, con altri organismi pubblici e privati
interessati, la migliore organizzazione possibile del mercato del lavoro come
parte integrante del programma nazionale per il raggiungimento e il
mantenimento della piena occupazione e lo sviluppo e l'utilizzo delle risorse
produttive.

Articolo 2
Il servizio di collocamento si compone di un sistema nazionale di uffici di
collocamento, sotto la direzione di un'autorità nazionale.

Articolo 3
1. Il sistema comprende una rete di locali e, se opportuno, di uffici regionali, in
numero sufficiente per servire ogni area geografica del paese ed avere una
posizione comoda per i datori di lavoro e dei lavoratori.
2. L'organizzazione di questa rete di uffici:
(a) dovrà essere oggetto di un esame generale:

1
(i) ogni qualvolta si verifichino cambiamenti rilevanti nella distribuzione delle
attività economiche e della popolazione attiva, e
(ii) qualora l'autorità competente ritenga auspicabile una revisione per valutare
l'esperienza acquisita nel corso di un periodo di attività sperimentali e
(b) essere riesaminata qualora sia necessaria una revisione.
Articolo 4
1. Modalità adeguate devono essere effettuate tramite comitati consultivi per
la collaborazione dei rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori
all'organizzazione e al funzionamento dei servizi per l'occupazione e lo sviluppo
della politica dei servizi per l'occupazione.
2. Tali accordi devono prevedere uno o più comitati nazionali di consulenza e,
se necessario, per i comitati regionali e locali.
3. I rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori su queste commissioni
sono nominati in pari numero, previa consultazione con le organizzazioni
rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori, in cui le organizzazioni
esistono.

Articolo 5
La politica generale del servizio per l'impiego in materia di rinvio dei lavoratori
disponibili al lavoro è elaborato previa consultazione dei rappresentanti dei
datori di lavoro e lavoratori attraverso i comitati consultivi di cui all'articolo 4.

Articolo 6
Il servizio di lavoro deve essere organizzato in modo da garantire l'assunzione
efficace e di collocamento, e per questo scopo, devono:
(a) assistere i lavoratori di trovare un'occupazione adeguata e assistere i datori
di lavoro per trovare lavoratori idonei, e più in particolare, in conformità con le
norme definite su base nazionale
(i) tenere un registro di persone in cerca di impiego; prendere nota delle loro
qualifiche professionali, esperienze e desideri; intervistarli sul loro impiego,
valutare, se necessario, le loro capacità fisiche e professionali, e di assistere, se
necessario, per ottenere l'orientamento professionale o di formazione o di
riqualificazione,
(ii) di ottenere dai datori di lavoro di informazioni precise sulle offerte di lavoro
da essi notificati al servizio e le prescrizioni da rispettare da parte dei lavoratori
che essi cercano,
(iii) dirigere i candidati ai lavori disponibili con competenze adeguate e
capacità fisica,
(iv) dirigere i candidati e le offerte di lavoro da un ufficio all'altro, nei casi in cui
i ricorrenti non possono essere adeguatamente collocati o delle offerte di
lavoro adeguatamente compilate dall'ufficio originale o in altre circostanze che
giustifichino tale azione;
(b) adottare misure appropriate per:
(i) agevolare la mobilità professionale, al fine di adeguare l'offerta di lavoro per
opportunità di lavoro nelle varie occupazioni,
(ii) facilitare la mobilità geografica, al fine di assistere il movimento dei
lavoratori in zone con adeguate opportunità di lavoro,

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(iii) facilitare il trasferimento temporaneo di lavoratori da un settore all'altro,
come un mezzo di riunione temporanea disadattamento locali nella fornitura o
la domanda di lavoratori,
(iv) facilitare qualsiasi movimento dei lavoratori da un paese ad un altro che
potrebbe essere stato approvato dai governi interessati;
(c) raccogliere e analizzare, in collaborazione eventualmente con altre autorità
e con il management e le organizzazioni sindacali, le informazioni più complete
disponibili sulla situazione del mercato del lavoro e della sua evoluzione
probabile, sia nel paese nel suo insieme e nei vari settori, occupazioni e settori,
e rendere disponibili tali informazioni in modo sistematico e tempestivamente
alle autorità pubbliche, ai datori di lavoro, ai lavoratori e alle loro organizzazioni
interessate, e il pubblico in generale;
(d) co-operare nella gestione di assicurazione contro la disoccupazione e di
assistenza e di altre misure per il sollievo dei disoccupati, e
(e) aiutare, se necessario, altri enti pubblici e privati nella pianificazione sociale
ed economico calcolato per assicurare una situazione favorevole
all'occupazione.

Articolo 7
Sono adottate misure:
(a) per facilitare ai specializzazione vari uffici di collocamento per occupazioni e
per le industrie, come l'agricoltura e qualsiasi altro ramo di attività in cui
specializzazione può essere utile, e
(b) per soddisfare adeguatamente le esigenze di particolari categorie di
candidati per l'occupazione, come le persone disabili.

Articolo 8
Per i minori deve essere avviato e sviluppato un regime speciale nel quadro dei
posti di lavoro e dei servizi di orientamento professionale.
Articolo 9
1. Il personale del servizio per l'impiego è composto di funzionari pubblici il cui
status e in modo tale che le condizioni del servizio siano indipendenti dai
cambiamenti di governo e di indebita influenza esterna e, per le esigenze del
servizio, siano la garanzia di stabilità del lavoro.
2. Soggetti alle condizioni per l'assunzione nel servizio pubblico, che può
essere prescritto da leggi o regolamenti nazionali, il personale del servizio per
l'impiego devono essere assunti per quanto riguarda esclusivamente la
qualifica per l'espletamento delle loro funzioni.
3. I mezzi di accertare tali qualifiche è determinata dalla competente autorità.
4. Il personale del servizio per l'impiego deve essere adeguatamente formato
per l'esercizio delle loro funzioni.

Articolo 10

3
Il servizio di occupazione e altre autorità pubbliche, se del caso, in
collaborazione con le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro e di
altri organismi interessati, dovranno prendere tutte le misure possibili per
promuovere il pieno utilizzo degli impianti di servizio per l'impiego da parte dei
datori di lavoro e dei lavoratori, su base volontaria.

Articolo 11
Le autorità competenti adottano le misure necessarie per garantire un'efficace
cooperazione tra il servizio pubblico per l'impiego e agenzie private di
collocamento non condotti con un fine di lucro.

Articoli 12 – 22
(omissis)

Legge 29 aprile 1949, n. 264


Oggetto: Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di
assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati.
(G.U. n. 125 del 1° giugno 1949)

TITOLO I

Commissione centrale per l'avviamento al lavoro e per l'assistenza dei


disoccupati.

Art. 1.
E' istituita, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, la
Commissione centrale per l'avviamento al lavoro e per l'assistenza ai
disoccupati.

Art. 2.
La Commissione centrale per l'avviamento al lavoro e per l'assistenza dei
disoccupati ha il compito:
1) di esprimere pareri di ordine organizzativo, tecnico ed amministrativo sulla
disciplina del servizio del collocamento, sulla determinazione dei criteri di
valutazione circa lo stato di bisogno dei lavoratori disoccupati ai fini delle
precedenze nell'avviamento al lavoro, sui criteri del reclutamento degli
emigranti e sull'attuazione delle disposizioni di cui al titolo II;
2) di esprimere pareri sui ricorsi che siano presentati avverso le decisioni degli
Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione in materia di
collocamento, nonché avverso le decisioni delle Commissioni provinciali, prese
in base all'art. 25;
3) di esprimere pareri sulla concessione di sussidi straordinari di
disoccupazione e di dare pareri e fare proposte sui provvedimenti in genere a
favore dei disoccupati;
4) di esprimere pareri sulle richieste di istituzioni di corsi per disoccupati e di
quelli di riqualificazione aziendale; sulle richieste di istituzioni dei cantieri-
4
scuola di cui all'art. 45; su tutte le altre questioni interessanti la materia di cui
al titolo IV, e di fare proposte sulle predette materie;
5) di esprimere pareri e fare proposte per il coordinamento della presente
legge, ai fini dell'attuazione pratica della medesima, con le disposizioni speciali
in vigore che regolano l'assunzione e il collocamento di particolari categorie di
lavoratori e di suggerire mezzi atti ad inserire nelle varie branche del lavoro,
senza pregiudizio per l'individuo e la collettività, i soggetti fisicamente o
funzionalmente minorati.
Per le materie di sua competenza la Commissione può chiedere dati e
promuovere indagini, richiedendone il Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale.
Sulle materie per le quali il presente articolo riconosce alla Commissione la
competenza di esprimere pareri, il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale
non provvederà senza aver previamente udito i pareri stessi.

Art. 3.
La Commissione centrale per l'avviamento al lavoro e per l'assistenza dei
disoccupati è presieduta dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale. Egli
può delegare a presiedere singole riunioni della Commissione il Sottosegretario
di Stato o uno dei direttori generali di cui al n. 2 del comma successivo.
Essa è composta:
1) da otto rappresentanti dei lavoratori, da quattro rappresentanti dei datori di
lavoro, da un rappresentante dei dirigenti di azienda, da uno dei coltivatori
diretti e da uno degli artigiani, designati su richiesta del Ministro per il lavoro e
la previdenza sociale dalle rispettive organizzazioni sindacali. Il Ministro, nella
richiesta, terrà conto dell'importanza numerica delle organizzazioni;
2) dai direttori generali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale che
presiedono ai servizi del collocamento, dei rapporti di lavoro e della previdenza
e assistenza sociale;
3) da un funzionario in rappresentanza di ciascuno dei Ministeri del tesoro,
dell'agricoltura e foreste e dell'industria e commercio;
4) dal direttore generale dell'Istituto nazionale della previdenza sociale o da un
suo rappresentante.
Alle sedute della Commissione centrale e dei Comitati, di cui all'art. 4, nelle
quali sia trattata la materia di cui all'art. 2, n. 4, parteciperà , come membro
effettivo, un rappresentante del Ministro per la pubblica istruzione, e, qualora si
trattino materie interessanti le Regioni a statuto autonomo, entro i limiti dei
poteri ad esse conferiti dalla Costituzione, parteciperà, come membro effettivo,
un rappresentante della Regione interessata.
Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, nel richiedere alle organizzazioni
sindacali le designazioni dei rappresentanti di cui al comma secondo, n. 1,
assegnerà loro un termine di quindici giorni per la designazione, decorso il
quale il Ministro provvederà d'ufficio. Tale termine potrà, su richiesta motivata
dalle organizzazioni interessate, essere prorogato dal Ministro per altri quindici
giorni.
In corrispondenza di ogni rappresentante effettivo dovrà essere designato e
nominato un membro supplente.
Le funzioni di segretario e di vice segretario sono disimpegnate da due
funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

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I componenti delle Commissioni e della segreteria sono nominati con decreto
del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale. Essi durano in carica due anni.

Art. 4.
La Commissione centrale può costituire nel suo seno Comitati, dei quali
determina la composizione e le funzioni.
Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, anche su richiesta della
Commissione o di Comitati, può far assistere a singole riunioni, della
Commissione e dei Comitati rappresentanti di altri Ministeri interessati, dell'Alto
Commissariato per l'igiene e la sanità pubblica e dell'Ispettorato medico del
lavoro per i problemi di carattere igienico e sanitario, dirigenti di istituti di
previdenza, assistenza e istruzione professionale e persone particolarmente
esperte nelle questioni in discussione.

Art. 5.
Le norme per il funzionamento della Commissione centrale e dei Comitati
saranno stabilite con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale,
sentita la Commissione centrale medesima.
La Commissione centrale è convocata ogni tre mesi dal Ministro per il lavoro e
la previdenza sociale. é convocata altresì ogni qualvolta il Ministro lo ritenga
opportuno o quando ne faccia richiesta almeno un terzo dei componenti.
I Comitati sono convocati dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale di
sua iniziativa o su richiesta di un terzo dei loro componenti.

Art. 6.
Con l'entrata in vigore della presente legge sono soppressi:
1) il Comitato per la disoccupazione previsto dall'art. 9 del regio decreto-legge
20 maggio 1946, n. 373;
2) il Comitato per la qualificazione, il perfezionamento e la rieducazione
professionale dei lavoratori disoccupati, istituito con l'art. 2 del decreto
legislativo del Capo provvisorio dello Stato 7 novembre 1947, n. 1264.
TITOLO II

Disciplina del collocamento.

Capo I. Disciplina dell'avviamento al lavoro.

Art. 7.
Il collocamento è funzione pubblica esercitata secondo le norme del presente
titolo.

Art. 8.
Chiunque aspiri ad essere avviato al lavoro alle dipendenze altrui deve
iscriversi nelle liste di collocamento presso gli Uffici di cui al capo II del
presente titolo, della circoscrizione nella quale ha la propria residenza, salvo le
eccezioni che saranno stabilite con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la
Commissione centrale, entro un anno dall'entrata in vigore della presente
legge.

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Art. 9.
Nessuno può essere iscritto nelle liste di collocamento se non abbia compiuta
l'età stabilita dalla legge per essere assunto al lavoro e non sia in possesso del
libretto di lavoro o del certificato sostitutivo, nei casi in cui tali documenti sono
prescritti.
Durante il periodo di iscrizione nelle liste di collocamento, il libretto di lavoro o
il certificato sostitutivo resta in deposito presso l'Ufficio competente.
Hanno diritto ad essere iscritti nelle liste di collocamento i mutilati ed invalidi di
guerra e i mutilati ed invalidi del lavoro nonché i lavoratori dimessi dai luoghi di
cura per guarigione clinica da affezione tubercolare, qualificati per professioni o
per mestiere adatti alle loro condizioni fisiche, dalle apposite Commissioni
previste dalle leggi speciali.

Art. 10.
Le iscrizioni nelle liste di collocamento devono essere eseguite secondo l'ordine
di presentazione della richiesta.
Le iscrizioni devono essere distinte secondo le seguenti classificazioni:
1) lavoratori disoccupati per effetto della cessazione del rapporto di lavoro
immediatamente precedente al loro stato di disoccupazione;
2) giovani di età inferiore ai 21 anni, ed altre persone in cerca di prima
occupazione, o rinviati dalle armi;
3) casalinghe in cerca di lavoro;
4) pensionati in cerca di occupazione;
5) lavoratori occupati in cerca di altra occupazione.
Entro l'ambito delle classificazioni suddette i lavoratori iscritti saranno
raggruppati per settori di produzione, entro ciascun settore per categorie
professionali ed entro ciascuna categoria per qualifica o specializzazione.
Con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale sentita la
Commissione centrale, sarà provveduto alla determinazione delle modalità di
raggruppamento dei lavoratori che, per la loro generica capacità di lavoro, non
siano classificabili in un determinato settore o categoria.
Saranno iscritti in separate liste coloro che richiedano di essere avviati a lavori
di breve durata o a carattere stagionale.

Art. 11.
E' vietato l'esercizio della mediazione anche se gratuito quando il collocamento
è demandato agli Uffici autorizzati. I datori di lavoro sono tenuti ad assumere i
lavoratori, dei quali abbiano bisogno, iscritti nelle liste di collocamento.
L'obbligo di cui al comma precedente non riguarda:
1) il coniuge, i parenti e gli affini non oltre il 3° grado del datore di lavoro;
2) il personale avente funzioni direttive;
3) i lavoratori di concetto o specializzati assunti mediante concorso pubblico;
4) i lavoratori esclusivamente a compartecipazione, compresi i mezzadri ed i
coloni parziari;
5) i domestici, i portieri, gli addetti a studi professionali e tutti coloro che sono
addetti ai servizi familiari;
6) i lavoratori destinati ad aziende con non più di tre dipendenti oppure ad
aziende rurali con non più di sei dipendenti, limitatamente a zone mistilingue o
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montane da determinarsi con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la
Commissione centrale.
La disciplina della mediazione per la categoria di cui al n. 5 sarà regolata con
decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e
la previdenza sociale, sentita la Commissione centrale, da emanarsi entro un
anno dall'entrata in vigore della presente legge.
Le Amministrazioni dello Stato, comprese quelle ad ordinamento autonomo, e
gli Enti pubblici, sono soggetti all'obbligo di cui al secondo comma del presente
articolo, limitatamente all'assunzione di personale salariato, per la quale non
sia prescritto concorso pubblico.
E' ammesso il passaggio del lavoratore direttamente e immediatamente
dall'azienda nella quale è occupato ad un'altra.
I nominativi degli assunti al lavoro di cui ai punti 4), 5) e 6) e al comma
precedente devono essere comunicati dai datori di lavoro all'Ufficio di
collocamento della zona.

Art. 12.
E' ammesso lo scambio di mano d'opera e di servizi d i cui all'art. 2139 del
codice civile.

Art. 13.
Chiunque intenda assumere lavoratori deve farne richiesta al competente
Ufficio nella cui circoscrizione si svolgono i lavori ai quali la richiesta si riferisce.
L'Ufficio predetto, qualora non sia in grado di corrispondere in tutto o in parte
alla richiesta, la trasmette per la parte non soddisfatta ad altri Uffici i quali
debbono indicare entro cinque giorni i lavoratori da assumere.

Art. 14.
La richiesta di lavoratori deve essere numerica per categoria e qualifica
professionale.
Gli Uffici di collocamento sono tenuti a soddisfare la richiesta con lavoratori
della categoria e qualifica professionale in essa indicate.
E' ammessa la richiesta nominativa:
a) per tutti i lavoratori destinati ad aziende che non abbiano stabilmente più di
cinque dipendenti e, per i lavoratori destinati ad altre aziende, nei limiti di un
decimo, sempre che la richiesta sia per un numero di unità superiore alle nove;
b) per i lavoratori di concetto oppure aventi una particolare specializzazione o
qualificazione;
c) per il personale destinato a posti di fiducia connessi con la vigilanza e la
custodia della sede di opifici, di cantieri, o comunque di beni dell'azienda;
d) per il primo avviamento di lavoratori in possesso di titoli di studio rilasciati
da scuole professionali.
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il
lavoro e la previdenza sociale, sentita la Commissione centrale, possono essere
fissate entro un anno le qualificazioni e le specializzazioni per le quali è
consentita ai datori di lavoro la richiesta nominativa. In attesa di tale decreto
restano ferme le disposizioni vigenti.

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L'Ufficio di collocamento, nell'atto di soddisfare la richiesta del datore di lavoro,
è tenuto ad accertarsi che le condizioni offerte ai nuovi assunti siano conformi
alle tariffe e ai contratti collettivi.

Art. 15.
I lavoratori che risiedano nella località nella qual e si svolgono i lavori, sono
preferiti nell'avviamento al lavoro.
La Commissione di cui all'art. 25, ove condizioni locali lo richiedano , può
autorizzare che sia data la preferenza anche a lavoratori di località viciniori,
osservati opportuni criteri di proporzionalità.
Subordinatamente alla condizione di cui al primo comma del presente articolo,
ferme restando le precedenze al collocamento previste dalle leggi speciali, sarà
data preferenza nell'avviamento ai lavoratori, che, in possesso dei requisiti
prescritti, abbiano conseguito una qualificazione professionale nei corsi di cui al
titolo IV.
Salvo il caso nel quale sia ammessa la richiesta nominativa, nell'avviamento al
lavoro si terrà conto complessivamente: del carico familiare; dell'anzianità di
iscrizione nelle liste di collocamento; della situazione economica e
patrimoniale, desunta anche dallo stato di occupazione dei componenti del
nucleo familiare, e dagli altri elementi concorrenti nella valutazione dello stato
di bisogno del lavoratore, anche con riguardo allo stato sanitario del nucleo
familiare, in base ai documenti esibiti dal lavoratore medesimo.
Il datore di lavoro può rifiutare di assumere lavoratori, avviati dall'Ufficio
competente, i quali siano stati precedentemente da lui licenziati per giusta
causa.
I lavoratori licenziati da un'azienda per riduzione di personale hanno la
precedenza nella riassunzione presso la medesima azienda entro un anno.

Art. 16.
Ove sia ritenuto opportuno dalla Commissione comunale, per l'attività agricola
ed edilizia saranno predisposti dei turni di lavoro a rotazione ed eventuale
compensazione tra tutti gli iscritti al collocamento delle categorie dei manovali
e dei braccianti agricoli, compresi quelli a compartecipazione che non traggano
da essa occupazione sufficiente.
Per distribuire le giornate disponibili fra tutti gli iscritti si terrà conto delle
giornate di occupazione dei singoli lavoratori anche in settori non agricoli a
ciclo stagionale e delle giornate presunte occorrenti per la coltivazione del
terreno condotto dai lavoratori collocandi, che siano parzialmente occupati
come mezzadri, compartecipanti, coloni parziari e coltivatori diretti.

Art. 17.
Per l'assunzione di salariati avventizi le Amministrazioni dello Stato, comprese
quelle ad ordinamento autonomo, e gli Enti pubblici possono chiedere all'Ufficio
competente l'elenco dei disoccupati della specialità da assumere, per
l'accertamento dei requisiti voluti, ed hanno la facoltà di sottoporre ad
opportuni esperimenti la mano d'opera loro inviata per accertarne la capacità
tecnica.
Qualora l'Ufficio incaricato del collocamento nel Comune in cui devono essere
fatte le assunzioni non disponga di operai che, a giudizio delle Amministrazioni

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interessate, siano in grado di attendere ai lavori da compiere, le
Amministrazioni stesse possono rivolgere richiesta ad Uffici di altri Comuni.

Art. 18.
L'avviamento al lavoro è comprovato da comunicazione rilasciata dall'Ufficio
competente al lavoratore ed indirizzata al datore di lavoro. L'Ufficio all'atto
dell'avviamento restituisce al lavoratore il libretto di lavoro o il certificato
sostitutivo nel caso in cui tali documenti siano prescritti.

Art. 19.
E' data facoltà al datore di lavoro di assumere direttamente la mano d'opera in
tutti i casi in cui tale assunzione sia giustificata da urgente necessità di evitare
danni alle persone o agli impianti. Qualora le prestazioni dei lavoratori assunti
direttamente ai sensi del comma precedente si protraggano oltre il terzo
giorno, il datore di lavoro è tenuto a darne comunicazione nominativa per
l'eventuale convalida delle assunzioni effettuate, indicandone i motivi e le
condizioni di lavoro all'Ufficio competente.

Art. 20.
Le Commissioni comunali, costituite a norma del decreto legislativo 16
settembre 1947, n. 929, debbono comunicare all'Ufficio competente per
territorio l'elenco nominativo dei lavoratori agricoli avviati al lavoro, ai sensi e
per gli effetti del citato decreto, secondo le modalità che saranno stabilite dal
Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
Gli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli e relative variazioni, di cui al regio
decreto 24 settembre 1940, n. 1949, e successive modificazioni, debbono
essere periodicamente comunicati agli Uffici competenti per territorio, agli
effetti della classificazione professionale degli iscritti e della conseguente
valutazione ai fini del collocamento. Gli Uffici di collocamento devono
trasmettere alle Commissioni previste dal regio decreto 24 settembre 1940, n.
1949, e successive modificazioni, l'elenco dei lavoratori agricoli occupati
nell'anno precedente con l'indicazione dei periodi di occupazione.

Art. 21.
I datori di lavoro soggetti alla disciplina dell'avviamento al lavoro debbono
comunicare, entro cinque giorni, al competente Ufficio, il nome e la qualifica
dei lavoratori di cui per qualunque motivo si a cessato il rapporto di lavoro.
I datori di lavoro dell'agricoltura non sono tenuti alla comunicazione di cui al
precedente comma quando si tratti di braccianti giornalieri.

Art. 22.
I lavoratori iscritti nelle liste di collocamento, esclusi quelli di cui al terzo
comma del presente articolo, hanno l'obbligo di dichiarare all'Ufficio
competente, entro trenta giorni dalla fine del mese nel quale fu fatta la
iscrizione o la successiva conferma, la permanenza nel loro stato di
disoccupazione.
Il lavoratore, che non osserva l'obbligo di cui al precedente comma, è
cancellato di ufficio dalla lista di collocamento, nonché dall'elenco dei lavoratori
agricoli disoccupati di cui al primo comma, n. 1, dell'art. 3 del decreto

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legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 settembre 194 7, n. 929, qualora
vi sia incluso, salvo reiscrizione con la nuova anzianità.
Per i lavoratori iscritti nelle liste di collocamento e partecipanti ai turni di lavoro
di cui all'art. 16, l'accertamento della permanenza nello stato di disoccupazione
è fatto di ufficio.
Qualora tale permanenza non sussista, si procede di ufficio alle cancellazioni
previste nel comma precedente.
La cancellazione può essere revocata in caso di comprovato grave
impedimento a fare la dichiarazione di cui al primo comma del presente
articolo.

Art. 23.
Ove per soddisfare particolari esigenze del lavoro e della produzione sia
ravvisata, per determinate categorie di lavoratori, la necessità di organizzare il
servizio di collocamento con carattere interprovinciale o nazionale, o, per
categorie specializzate, con forme particolari, con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale,
sentita la Commissione centrale, può essere disposto che le funzioni previste
dal titolo II siano esercitate da uno o più degli Uffici esistenti per tutto il
territorio nazionale o per il territorio di più provincie, ovvero da Uffici speciali,
funzionanti sotto il controllo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale
e dei suoi organi periferici e delle Commissioni centrali e provinciali previste
dagli articoli 1 e 25, e secondo le disposizioni di legge.

Capo II. Organi del collocamento.

Art. 24.
Il servizio del collocamento è svolto dagli Uffici provinciali del lavoro e della
massima occupazione, dalle loro sezioni staccate istituite nei centri industriali
ed agricoli più importanti della provincia, ai sensi dell'art. 3 del decreto
legislativo 15 aprile 1948, n. 381, nonché dai loro collocatori, corrispondenti od
incaricati, ai sensi dell'art. 5 dello stesso decreto legislativo, negli altri comuni
ove se ne ravvisi la necessità.
Il compenso mensile per il personale incaricato temporaneo previsto dal
comma precedente non dovrà essere superiore a L. 20.000. La spesa globale
per i detti compensi non dovrà eccedere l'importo annuo massimo di L.
900.000.000.

Art. 25.
Con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale è istituita in ogni
provincia, presso l'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione,
la Commissione provinciale per il collocamento , composta dal direttore
dell'Ufficio stesso in qualità di presidente, da un rappresentante del Genio
civile, da un rappresentante della Camera di commercio, industria e
agricoltura, da un rappresentante dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura,
da sette rappresentanti dei lavoratori, da quattro rappresentanti dei datori di
lavoro e da uno dei coltivatori diretti, scelti fra i designati, su richiesta del
direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, dalle
organizzazioni sindacali, tenuto conto della loro importanza numerica.

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La Commissione decide, nell'ambito delle direttive emanate dal Ministro per il
lavoro e la previdenza sociale:
a) sulla classificazione professionale dei lavoratori, sul loro passaggio da un
settore produttivo all'altro e da una categoria all'altra dello stesso settore
produttivo;
b) sulle contestazioni relative alle richieste nominative di assunzione di
lavoratori;
c) sui ricorsi contro i provvedimenti delle sezioni, dei corrispondenti e degli
incaricati in merito all'iscrizione nelle liste di collocamento e all'avviamento al
lavoro.
Contro le deliberazioni della Commissione è ammesso il ricorso al Ministro, il
quale decide sentita la Commissione centrale.
La Commissione esprime pareri, su richiesta del direttore dell'Ufficio provinciale
del lavoro e della massima occupazione e formula proposte su ogni altra
questione relativa al collocamento nella provincia e sulla istituzione di sezioni
staccate dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione. La
Commissione dura in carica due anni.

Art. 26.
Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, su proposta della Commissione
provinciale, può autorizzare il Prefetto ad istituire, con proprio decreto, presso
le Sezioni di collocamento ed i collocatori - corrispondenti od incaricati - una
Commissione per il collocamento, composta dal dirigente dell'Ufficio o da un
suo incaricato, in qualità di presidente, e da quattro rappresentanti dei
lavoratori e tre dei datori di lavoro.
La Commissione dura in carica due anni.
Essa esprime pareri sulle materie previste dalle lettere a) e b) dell'articolo
precedente e sulle altre questioni relative al collocamento, sottoposte al suo
esame dal presidente.
I turni di lavoro, previsti dall'art. 16, e la graduatoria delle precedenze per
l'avviamento al lavoro, secondo le norme dell'art. 15 e le direttive di
applicazione dettate dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale e dagli
Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, sentite le
Commissioni centrali e provinciali, sono stabiliti e periodicamente aggiornati
dalla Sezione di collocamento o dal collocatore, su conforme proposta della
Commissione prevista dal primo comma di questo articolo.
La Sezione di collocamento o il collocatore non possono modificare i turni e le
graduatorie proposti dalla Commissione, se non in base a decisione adottata
dall'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, sentita la
Commissione di cui all'art. 25.

Capo III. Disposizioni penali.

Art. 27.
Chiunque esercita la mediazione in violazione delle norme della presente
legge, è punito con l'ammenda da L. 500 a L. 20.000. Se vi è scopo di lucro, la
pena è dell'arresto fino a tre mesi e l'ammenda fino a L. 80.000.
I datori di lavoro che non assumono per il tramite degli Uffici di collocamento i
lavoratori, sono puniti con l'ammenda da L. 2000 a L. 10.000 per ogni
lavoratore assunto.
12
I datori di lavoro che non comunicano nei termini di cui all'art. 21 della
presente legge la cessazione del rapporto di lavoro sono puniti con l'ammenda
da L. 500 a L. 1000 per ogni lavoratore e per ogni giorno di ritardo.
Il lavoratore che, all'atto della sua iscrizione o della conferma di detta
iscrizione, non denuncia di essere già occupato, è punito con l'ammenda da L.
500 a L. 5000.

Capo IV. Disposizioni finali.

Art. 28.
I Comuni sono tenuti a fornire i locali occorrenti per i servizi di collocamento.

Art. 29.
E' abrogato il regio decreto-legge 21 dicembre 1938, n. 1934, sull'ordinamento
della disciplina nazionale della domanda e della offerta di lavoro.
E' abrogato altresì l'ultimo comma dell'art. 5 del decreto legislativo 15 aprile
1948, n. 1381.
Restano in vigore le disposizioni speciali che regolano l'assunzione e il
collocamento di particolari categorie di lavoratori.
Nulla è variato per quanto riguarda le disposizioni speciali relative al
collocamento degli apprendisti.

TITOLO III

Assistenza economica ai lavoratori involontariamente disoccupati.

Capo I. Disposizioni generali.

Art. 30.
Fino a quando non sia disciplinato, in sede di riforma della previdenza sociale,
l'ordinamento delle prestazioni per la disoccupazione involontaria, si applicano
le disposizioni del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, modificato col
regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito nella legge 6 luglio 1939,
n. 1272, salvo le modificazioni disposte con il presente capo.

Art. 31.
La norma dell'art. 1 del regio decreto-legge 17 marzo 1941, n. 124,
concernente la elevazione da 120 a 180 del numero massimo delle giornate di
godimento dell'indennità di disoccupazione, già prorogata coi decreti legislativi
29 luglio 1947, n. 841, e 15 aprile 1948, n. 549, continua ad avere vigore fino a
quando non sia disciplinato, come previsto dall'articolo precedente, il nuovo
ordinamento delle prestazioni per la disoccupazione involontaria.
La maggiore spesa derivante dall'applicazione del presente articolo rimane a
carico della gestione dell'assicurazione obbligatoria per la disoccupazione
involontaria.

Art. 32.
L'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione è esteso:
a) ai lavoratori agricoli che prestano abitualmente la loro o pera retribuita alle
dipendenze di terzi, limitatamente alle categorie dei salariati fissi e dei
13
braccianti, anche se in via sussidiaria esercitino un'attività agricola in proprio o
siano retribuiti con compartecipazione sui prodotti. Per questa categoria di
lavoratori l'indennità di disoccupazione sarà erogata soltanto se i lavoratori
stessi non abbiano raggiunto, nell'annata, un minimo di 180 giornate
lavorative, comprese in esse quelle per attività esercitate in proprio o retribuite
con compartecipazione sui prodotti. La durata della corresponsione della
indennità di disoccupazione sarà uguale alla differenza fra il numero 220 e il
numero delle giornate di lavoro effettivamente prestate. Le modalità relative,
anche in ordine all'accertamento dello stato di disoccupazione, saranno
stabilite nel regolamento di esecuzione;
b) agli impiegati, anche delle pubbliche amministrazioni, cui non sia garantita
la stabilità di impiego, senza limite di retribuzione. Sono estese alle predette
categorie, in quanto compatibili con la disposizione della presente legge, le
disposizioni vigenti per le categorie già comprese nell'obbligo dell'assicurazione
della disoccupazione involontaria ed in particolare quelle relative ai contributi
per le indennità giornaliere e per il Fondo di integrazione per le assicurazioni
sociali.
L'estensione dell'obbligo assicurativo per gli appartenenti alle categorie di
prestatori di opera, di cui alla lettera b) del primo comma , si applica con
effetto dal primo periodo di paga successivo alla data di entrata in vigore della
presente legge.

Art. 33.
Per i lavoratori agricoli l'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione ha
effetto dal giorno dell'entrata in vigore della presente legge per le categorie e
secondo le modalità di cui al regolamento previsto dalla lettera a) del
precedente articolo.
Le misure dei contributi dovuti per l'assicurazione obbligatoria e per gli assegni
integrativi saranno stabilite annualmente in conformità del disposto dell'art. 9
del decreto legislativo Luogotenenziale 1° marzo 1945, n. 177, sostituito
dall'articolo unico del decreto legislativo 31 ottobre 1947, n. 1378.
I contributi predetti saranno riscossi secondo le modalità stabilite nel
regolamento.

Capo II. Assegni integrativi delle indennità di disoccupazione.

Art. 34.
Gli assegni integrativi istituiti col decreto legislativo Luogotenenziale 31 agosto
1945, n. 579, modificato col regio decreto legislativo 20 maggio 1946, n. 373, e
col decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 12 agosto 1947, n. 870,
ed i sussidi straordinari istituiti col regio decreto legislativo 20 maggio 1946, n.
373, modificato col decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 12
agosto 1947, n. 870, per la disoccupazione involontaria per mancanza di
lavoro, sono disciplinati dalla presente legge, la quale sostituisce i citati decreti
che, pertanto, sono abrogati.

Art. 35.
Agli aventi diritto all'indennità giornaliera di disoccupazione prevista dall'art. 19
del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n . 636, convertito con modificazioni,
nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, è concesso, per il periodo di godimento di
14
tale indennità, un assegno integrativo di L. 200 per ogni giornata di
corresponsione della indennità stessa a carico del Fondo di integrazione per le
assicurazioni sociali, istituito con decreto legislativo Luogotenenziale 1° marzo
1945, n. 177.
E' concesso inoltre a carico del Fondo stesso un assegno integrativo di L. 60
per ciascun figlio, per il quale spetti la maggiorazione della indennità
giornaliera di cui al terzo comma del succitato art. 19. L'assegno di L. 60 spetta
anche alla moglie per il marito che non abbia fonti di reddito e non percepisca
altri sussidi, nonché ai genitori a carico, che si trovino nelle condizioni previste
dalle disposizioni sugli assegni familiari.
Oltre gli assegni integrativi di cui ai precedenti commi sono corrisposte al
disoccupato le indennità di caropane previste dai decreti legislativi del Capo
provvisorio dello Stato 6 maggio 1947, n. 563, e 16 luglio 1947, n. 770, e dalla
legge 7 luglio 1948, n. 1093.
Gli assegni integrativi sono corrisposti unitamente alla indennità giornaliera di
disoccupazione con l'osservanza delle norme che disciplinano la
corresponsione dell'indennità stessa.

Capo III. Sussidi straordinari.

Art. 36.
Per determinate località e limitatamente a particolari categorie professionali,
può essere disposta, con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale, di concerto col Ministro per il tesoro, la concessione di sussidi
straordinari di disoccupazione ai lavoratori che si trovino involontariamente
disoccupati per mancanza di lavoro e che non abbiano i requisiti prescritti per il
diritto alla indennità giornaliera di disoccupazione.
Nell'ambito delle località e delle categorie professionali per le quali è fatta la
concessione, i singoli lavoratori disoccupati godranno della concessione stessa
purché si verifichino per essi le seguenti condizioni:
1) risulti che sia stato versato un numero minimo di contributi settimanali per
l'assicurazione per la disoccupazione involontaria, secondo quanto disposto dal
penultimo comma del presente articolo;
2) siano da almeno cinque giorni iscritti nelle liste di collocamento di cui all'art.
8 senza aver ottenuto offerta di occupazione;
3) siano nell'impossibilità di seguire i corsi di qualificazione professionale o di
prestare la loro opera presso cantieri di cui al titolo IV, per comprovata
inidoneità fisica, o perché i corsi o cantieri distino eccessivamente dal luogo di
residenza o perché, pur avendone fatta domanda, non vi siano stati ammessi
per deficienza di posti;
4) non appartengano a famiglia di cui almeno due membri siano occupati;
5) non beneficino di sussidi, di indennità, di integrazioni salariali o di pensioni o
rendite corrisposte a carico dello Stato, degli enti locali e degli istituti di
previdenza e assistenza sociale, fatta eccezione per le pensioni di guerra. Il
sussidio straordinario di disoccupazione può essere corrisposto anche a titolari
di rendite da infortuni sul lavoro che abbiano i requisiti richiesti purché, per il
periodo di godimento del sussidio straordinario, rinuncino alla rendita loro
spettante.
Salvo quanto è disposto nell'articolo seguente per i lavoratori agricoli, il
numero minimo di contributi versati richiesto per la concessione del sussidio
15
straordinario è di cinque settimanali per gli operai o uno mensile per gli
impiegati alla data di entrata in vigore della presente legge, e aumenta
mensilmente di tanti contributi versati quante sono le settimane o i mesi di
effettiva occupazione.
Raggiunto il numero di 52 contributi settimanali prescritto dal regio decreto-
legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito nella legge 6 luglio 1939, n. 1272,
anche in difetto dei due anni di assicurazione, al diritto di godere il sussidio
straordinario subentra il diritto all'indennità giornaliera di disoccupazione.
La concessione del sussidio straordinario per determinate località e categorie è
disposta avuto riguardo alle condizioni di lavoro e delle industrie locali ed ai
lavori pubblici da eseguire.

Art. 37.
I lavoratori agricoli possono essere ammessi ai sussidi straordinari con le
norme stabilite dal precedente articolo, purché, entro i tre mesi dalla entrata in
vigore della presente legge, per essi siano stati versati o risultino dovuti i
contributi settimanali e giornalieri minimi previsti dal regolamento, sia per i
salariati fissi che per i lavoratori giornalieri. Il regolamento prevederà anche
l'aumento periodico, a decorrere dal compimento del terzo mese dall'entrata in
vigore della presente legge, dei contributi che dovranno essere pagati in
relazione ad effettiva occupazione per essere ammessi al sussidio
straordinario.
Sono utilizzabili, per costituire i minimi indicati, i contributi eventualmente
versati per mezzo di marche, in dipendenza dell'esercizio, da parte
dell'assicurato, di altre attività già comprese nell'obbligo dell'assicurazione
contro la disoccupazione; a tale effetto per i lavoratori giornalieri sei contributi
giornalieri equivalgono ad un contributo settimanale.

Art. 38.
Sono esclusi dal sussidio straordinario di disoccupazione i disoccupati già
ricoverati in case di cura e da esse dimessi per guarigione clinica, per
stabilizzazione o per prosecuzione delle cure antitubercolari, quando
usufruiscano del sussidio post-sanatoriale a norma delle disposizioni vigenti.

Art. 39.
Si applicano per la corresponsione del sussidio straordinario di disoccupazione
le norme sull'assicurazione per la disoccupazione involontaria relative alla
concessione ed erogazione delle indennità giornaliere, alla sospensione ed alla
cessazione del diritto al godimento dell'indennità medesima, ai ricorsi contro la
negata concessione di essa ed agli organi erogatori e ai controlli.
I sussidi straordinari sono di importo pari a quello degli assegni integrativi di
cui al capo II del presente titolo.
I sussidi straordinari di regola si erogano per 90 giorni prorogabili al massimo a
180; e, in casi eccezionali, entro un più ampio termine, previsto dal decreto di
concessione.

Art. 40.

16
Il lavoratore, per godere della concessione del sussidio straordinario previsto
dall'apposito decreto Ministeriale deve presentare domanda, per il tramite
dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, alla sede
provinciale dell'Istituto nazionale della previdenza sociale.
La domanda è redatta sul modulo fornito dall'Istituto predetto contenente un
particolare richiamo alle sanzioni penali previste in caso di alterazione della
verità.
La domanda deve essere trasmessa con una dichiarazione dell'Ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione, con la quale si attesti
l'esistenza nel richiedente dei requisiti di cui ai numeri 2), 3), 4) e 5) dell'art.
36.

Art. 41.
L'erogazione del sussidio straordinario cessa di diritto:
1) quando sia trascorso il periodo massimo di godimento previsto dall'art. 39;
2) quando il disoccupato attenda comunque a proficuo lavoro, o quando abbia
rifiutato un'occupazione adeguata;
3) quando il disoccupato avviato ai corsi per la qualificazione professionale dei
lavoratori o ai cantieri vi si sia rifiutato senza giusti motivi;
4) quando il disoccupato non abbia adempiuto, senza giustificato motivo, agli
obblighi per comprovare in ogni momento la continuità della disoccupazione;
5) quando il disoccupato non abbia rinnovato l'iscrizione nelle liste di
collocamento entro la fine del mese susseguente a quello della iscrizione o
della conferma.
Il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione
ordina di ufficio la cessazione della erogazione del sussidio straordinario non
appena gli risulti il verificarsi di una o più delle ipotesi previste dal presente
articolo.

Art. 42.
Alla corresponsione dei sussidi straordinari provvede l'Istituto nazionale della
previdenza sociale, tenendo per essi una contabilità distinta presso il Fondo di
integrazione per le assicurazioni sociali e osservando le norme previste per le
gestioni e il controllo di detto Fondo dal decreto legislativo Luogotenenziale 1°
marzo 1945, n. 177.

Art. 43.
All'onere derivante dalla erogazione dei sussidi straordinari si provvede con i
contributi dovuti dai datori di lavoro per gli assegni integrativi delle indennità di
disoccupazione nella misura fissata annualmente ai sensi dell'art. 9 del decreto
legislativo Luogotenenziale 1° marzo 1945, n. 177, e col concorso dello Stato.
Per l'anno finanziario 1948-49 lo Stato verserà all'Istituto nazionale della
previdenza sociale per la corresponsione dei sussidi straordinari la somma di
lire cinque miliardi da corrispondersi in due rate semestrali all'inizio di ciascun
semestre. Per gli anni finanziari successivi il contributo statale sarà
determinato nella legge del bilancio.

Art. 44.
Chi indebitamente riscuote il sussidio straordinario di disoccupazione o
continua a percepirlo dopo la cessazione del suo stato di disoccupazione è
17
punito con l'ammenda dal doppio al decuplo delle somme percepite a titolo di
sussidio, salvo che il fatto costituisca reato più grave.
Indipendentemente da tali pene il responsabile viene escluso dal sussidio
straordinario per la durata di un anno. Nell'ipotesi di tentativo, tale durata è
ridotta a sei mesi.
Una ammenda uguale a quella prevista nel primo comma, salvo che il fatto
costituisca reato più grave, è applicata al datore di lavoro o a chiunque renda
possibile l'indebita percezione del sussidio di disoccupazione.

TITOLO IV

Addestramento professionale degli apprendisti artigiani, dei lavoratori


in soprannumero e dei disoccupati.

Capo I. Disposizioni generali.

Art. 45.
Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, nei casi e con le modalità
stabilite nel presente titolo, promuove direttamente o autorizza l'istituzione di
corsi di qualificazione e di riqualificazione per disoccupati, per lavoratori in
soprannumero nelle aziende e per emigrandi, nonché l'apertura di cantieri-
scuola per disoccupati, per l'attività forestale e vivaistica, di rimboschimento, di
sistemazione montana e di costruzione di opere di pubblica utilità.

Capo II. Corsi per disoccupati.

Art. 46.
I corsi per disoccupati sono rivolti all'addestramento, alla qualificazione, al
perfezionamento o alla rieducazione professionale dei lavoratori che, a causa
dello stato di disoccupazione o in dipendenza degli eventi di guerra, abbiano
bisogno di riacquistare, accrescere o mutare rapidamente le loro capacità
tecniche, adattandole alla necessità della efficienza produttiva, alle esigenze
del mercato interno del lavoro e alla possibilità di emigrazione.
Essi hanno carattere eminentemente pratico, con applicazione degli allievi in
opere attinenti all'attività professionale oggetto del corso.
I corsi sono diurni con orario corrispondente a quello normale di lavoro, durano
di regola da due a otto mesi e possono essere seguiti da corsi più progrediti di
uguale durata per gli stessi allievi che abbiano frequentato i corsi di
addestramento.

Art. 47.
I corsi per lavoratori disoccupati possono essere promossi dalle
Amministrazioni dello Stato e dai Comuni, nonché da altri enti , istituzioni e
associazioni anche presso scuole, a termini del regio decreto-legge 21 giugno
1938, n. 380.

Art. 48.
I promotori dei corsi per lavoratori disoccupati possono ottenere, qualora
dimostrino di avere l'attrezzatura idonea per l'effettuazione dei medesimi, i

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finanziamenti e le sovvenzioni necessarie, nonché le indennità per gli allievi
previste dal presente titolo.
L'autorizzazione è data con provvedimento del Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale, di concerto con il Ministro per il tesoro.
La coordinazione dei corsi in rapporto alle esigenze regionali è demandata al
Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
Le proposte di istituzione dei singoli corsi devono essere inoltrate al Ministero
del lavoro e della previdenza sociale dall'Ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione territorialmente competente, munite di parere della
Commissione provinciale.

Art. 49.
L'iscrizione ai corsi avviene su domanda dell'interessato diretta all'Ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione che, d'intesa con le
direzioni dei corsi, provvede alla selezione e all'avviamento, tenendo presenti
criteri razionali di orientamento professionale.
Gli istituti, gli enti e le associazioni che promuovono corsi sono tenuti a
comunicare, almeno dieci giorni prima della data di inizio dei corsi stessi, agli
Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, alle sedi provinciali
dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, agli Ispettorati del lavoro, ai
Consorzi provinciali per l'istruzione tecnica e alle locali associazioni sindacali, la
istituzione dei corsi, e, ad inizio avvenuto, a segnalare i nominativi degli iscritti
all'Istituto nazionale della previdenza sociale e all'Ufficio provinciale del lavoro
e della massima occupazione.

Art. 50.
I promotori dei corsi devono richiedere un delegato ministeriale che presenzi
agli esami finali e devono rimettere entro dieci giorni dalla chiusura del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, a mezzo dell'Ufficio provinciale
del lavoro e della massima occupazione competente, il resoconto didattico,
tecnico ed economico del corso stesso.

Art. 51.
Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale stabilisce le modalità per il
funzionamento dei corsi per disoccupati.

Art. 52.
Nelle località e per quelle categorie per le quali sono stati istituiti corsi, i
lavoratori disoccupati, di età inferiore ai quaranta anni, sono obbligati alla
frequenza per poter percepire il sussidio straordinario di disoccupazione, di cui
al titolo III, e tutte le altre agevolazioni dipendenti dal loro stato di
disoccupazione, salvo le eccezion i previste dall'art. 36, secondo comma, n. 3.
Tutti gli allievi che frequentino con diligenza i corsi hanno diritto, oltre al
sussidio di disoccupazione, eventualmente ad essi spettante, ad una
integrazione di L. 200 per ogni giornata effettiva di presenza a carico del Fondo
di cui all'art. 62.
Gli allievi del corso che non percepiscano, quantunque disoccupati, né
l'indennità giornaliera di disoccupazione, né il sussidio straordinario di
disoccupazione, oltre alla suindicata integrazione giornaliera di L. 200, ricevono

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un secondo assegno giornaliero pari a L. 100 aumentato di L. 60 per ogni figlio,
per la moglie e per i genitori, purché siano a carico.
I lavoratori che abbiano frequentato con regolarità e diligenza i corsi e abbiano
superato la prova finale conseguono un attestato ed ottengono un premio di L.
3000. Il predetto attestato, a parità di altre condizioni, dà diritto di preferenza
nell'avviamento al lavoro o nella emigrazione.
I lavoratori che non frequentano assiduamente i corsi possono essere radiati, e
in tal caso decadono dal diritto al sussidio straordinari o di disoccupazione.

Capo III. Corsi aziendali di riqualificazione.

Art. 53.
Le imprese industriali, non a ciclo stagionale, che occupano almeno mille
dipendenti, e che reputano di avere una minore funzionalità per effetto di una
maestranza in parte non rispondente alle esigenze aziendali o per il mancato
adeguamento del carico di mano d'opera alle proprie possibilità funzionali ed
economiche, possono chiedere di aprire corsi di riqualificazione per maestranze
di età non superiore ai quarantacinque anni, qualora almeno i due terzi dei
lavoratori interessati desiderino di frequentarli.
Analogamente più imprese industriali, con meno di mille dipendenti ciascuna,
possono chiedere di aprire corsi interaziendali, purché i due terzi dei lavoratori
interessati desiderino di frequentarli. La responsabilità della gestione dei corsi
è assunta dalla impresa presso la quale i corsi stessi sono attuati.

Art. 54.
Le imprese previste dall'articolo precedente rivolgono domanda documentata
al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, a mezzo dell'Ispettorato del
lavoro competente, che esprime il parere sulla opportunità del corso e sulla
razionalità della sua organizzazione.
La facoltà del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale di concedere
l'autorizzazione è esercitata d'intesa con i Ministri per il tesoro e per l'industria
e commercio.

Art. 55.
I corsi di cui agli articoli precedenti durano da tre a otto mesi e si svolgono in
locali distinti da quelli adibiti dall'impresa alla normale attività secondo le
direttive stabilite dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
Al termine del corso i non qualificati sono licenziati; i qualificati invece sono
riassorbiti dall'azienda nei limiti delle sue possibilità. Alle prove di fine corso
presenzierà un tecnico designato dalla Commissione provinciale.

Art. 56.
Agli operai dei corsi, in deroga al disposto di cui all'art. 6 del decreto legislativo
12 agosto 1947, n. 869, è corrisposta l’integrazione salariale nella misura dei
due terzi della retribuzione globale per le ore da ventiquattro a quaranta
settimanali a carico della Cassa integrazione guadagni operai dell'industria.
Ad essi inoltre a carico del Fondo di cui all'art. 62 sarà corrisposta
settimanalmente una somma pari alla integrazione di cui sopra, oltre alla
integrazione giornaliera di L. 100. Agli stessi sono corrisposti gli assegni

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familiari nella misura prevista per la categoria cui il lavoratore appartiene, a
carico della rispettiva Cassa degli assegni familiari.
Ad essi non spetta il premio finale di L. 3000.
Sono a carico delle imprese promotrici dei corsi le spese per l'istituzione,
l'attrezzatura ed il funzionamento dei corsi stessi, quelle per le assicurazioni
infortuni, nonché quelle per l'indennità di licenziamento nelle ipotesi previste
dall'articolo precedente.

Capo IV. Facilitazioni alle piccole aziende ed alle botteghe artigiane.

Art. 57.
Sul fondo costituito ai sensi dell'art. 62 si possono ridurre, fino ad un terzo del
loro ammontare, le spese sostenute dalle botteghe artigiane o dalle imprese
con non più di cinque dipendenti, che si trovino nelle condizioni previste
nell'articolo seguente, per corrispondere i contributi al Fondo di integrazione
delle assicurazioni sociali e al Fondo di solidarietà sociale, per conto degli
apprendisti minori dei 18 anni da esse istruiti.
Le botteghe e le imprese che intendono ottenere il rimborso di cui al
precedente comma, alla scadenza di ogni semestre a partire dal 1° gennaio
1949 trasmettono apposita domanda, corredata dei documenti comprovanti
l'avvenuto versamento dei contributi considerati, al Ministero del lavoro e della
previdenza sociale, tramite gli Uffici provinciali del lavoro e della massima
occupazione, i quali devono accertare il possesso, da parte dei richiedenti, dei
requisiti prescritti ai sensi dell'articolo seguente.
I benefici previsti dal presente articolo a favore delle imprese non sono
concessi nei casi in cui l'apprendista sia distratto dal tirocinio per lavori non
direttamente connessi all'insegnamento e alla pratica del mestiere.

Art. 58.
Agli effetti del riconoscimento alle botteghe e alle imprese della idoneità
all'insegnamento del mestiere agli apprendisti per l'ammissione ai benefici
previsti dall'articolo precedente, sono istituiti in ogni provincia appositi registri,
la cui formazione e tenuta sono affidate agli Uffici provinciali del lavoro e della
massima occupazione, secondo le norme indicate nel seguente comma.
Spetta alla Commissione centrale di determinare, ai fini della formazione e
della tenuta dei
registri delle botteghe e imprese:
a) l'elenco dei mestieri per cui è ammessa l'iscrizione nei registri;
b) le modalità per la tenuta dei registri e i requisiti per stabilire l'idoneità delle
imprese all'insegnamento del mestiere ai fini del conseguimento dei benefici
previsti nell'articolo precedente;
c) le modalità necessarie per l'azione di vigilanza e di controllo sull'efficienza
dell'insegnamento agli apprendisti da parte delle botteghe e imprese iscritte
nei registri.

Capo V. Cantieri-scuola.

Art. 59.
Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con il Ministro per
l'agricoltura e le foreste e con quello per i lavori pubblici, a seconda della
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materia, promuove direttamente o autorizza, in zone ove la disoccupazione sia
particolarmente accentuata, l'apertura di cantieri-scuola per disoccupati, per
l'attività forestale e vivaistica, di rimboschimento, di sistemazione montana e
di costruzione di opere di pubblica utilità.
Ai Ministeri dell'agricoltura e delle foreste e dei lavori pubblici ed ai loro uffici
periferici, nell'ambito delle rispettive competenze, è demandato il compito
dell'approvazione dei progetti, della sorveglianza tecnica e del collaudo delle
opere eseguite nei cantieri di cui al presente articolo.
I detti Ministeri ed uffici periferici, a richiesta del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale, forniranno altresì l'assistenza tecnica ai detti cantieri.
Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale stabilisce le modalità
organizzative dei cantieri-scuola.

Art. 60.
Il proprietario di terreno idoneo a lavori di rimboschimento, di bonifica o di
sistemazione montana, può chiedere l'autorizzazione ad aprire cantieri-scuola
al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, il quale ha facoltà di
concederla. La stessa concessione può essere accordata anche ad
Amministrazioni pubbliche, Enti o Consorzi nell'ambito delle leggi vigenti.
Qualora il rimboschimento non venga effettuato dal proprietario del suolo, il
terreno dopo l'esecuzione delle semine o delle piantagioni è consegnato al
Corpo forestale dello Stato per gli ulteriori interventi necessari ad assicurare il
buon esito dei lavori. In tale caso la cessione temporanea del terreno è
disciplinata con le norme stabilite dagli articoli 76 e 78 del regio decreto 30
dicembre 1923, n. 3267.
Alle spese occorrenti per le indennità di occupazione dei terreni compresi nei
perimetri di rimboschimento, per la fornitura di semi e piantine e per gli
interventi atti ad assicurare il buon esito dei lavori è provveduto con gli
stanziamenti iscritti sul bilancio del Ministero dell'agricoltura e delle foreste.
Analogamente per le spese occorrenti per la costruzione di opere di pubblica
utilità, di competenza del Ministero dei lavori pubblici, e non previste
nell'articolo seguente, è provveduto con gli stanziamenti iscritti sul bilancio del
Ministero dei lavori pubblici stesso.

Art. 61.
I lavoratori disoccupati possono chiedere di essere ammessi al lavoro nei
cantieri-scuola in qualità di lavoratori volontari, entro il numero massimo dei
posti e per la durata che, per ciascun cantiere, sono stabiliti, sentiti i
proponenti degli stessi, dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
L'iscrizione ai cantieri-scuola avviene su domanda dell'interessato, diretta
all'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, che, d'intesa con
la Direzione dei cantieri stessi, provvede alla selezione ed all'avviamento.
I lavoratori hanno diritto, oltre al sussidio di disoccupazione, a lire 300
giornaliere.
Qualora non abbiano diritto a tale sussidio, percepiranno, oltre le lire 300, una
indennità pari a lire 200 se celibi, a lire 300 se coniugati, nonché, per ogni tre
mesi di servizio assiduo ed operoso, un ulteriore premio di lire 3000 corrisposta
a giudizio insindacabile del direttore del cantiere.
Le spese riguardanti l'organizzazione ed il funzionamento dei cantieri-scuola e
le indennità ai lavoratori in essi avviati sono a carico del Fondo di cui all'art. 62.
22
Capo VI. Finanziamenti.

Art. 62.
Il "Fondo per la qualificazione, il perfezionamento e la rieducazione dei
lavoratori italiani", di cui all'art. 4 del decreto legislativo 7 novembre 1947, n.
1261, proveniente dall'assorbimento del Fondo di cui al regio decreto 24 aprile
1939, n. 1059, assume la denominazione di "Fondo per l'addestramento
professionale dei lavoratori". Esso costituisce un fondo speciale presso la Cassa
depositi e prestiti, gestito dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
Il Fondo è alimentato:
a) da contributi straordinari da stabilirsi sulle gestioni della assicurazione
contro la disoccupazione, dei relativi assegni integrativi e dei sussidi
straordinari di disoccupazione, con decreto del Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale, di concerto con il Ministro per il tesoro;
b) da un contributo annuo dello Stato fissato in lire 10 miliardi per l'anno
finanziario 1948- 49;
c) da contribuzioni ed erogazioni eventualmente effettuate da privati, enti e
associazioni o da organismi o da amministrazioni di qualsiasi natura;
d) da recuperi su finanziamenti ai corsi ed altre eventuali entrate.
Al Fondo restano devolute le attività del Fondo nazionale per l'addestramento
professionale, costituito con contratto collettivo di lavoro stipulato in data 1°
marzo 1943, tra l'ex Federazione nazionale dei costruttori edili e l'ex
Federazione nazionale dei lavoratori dell'edilizia.
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il
lavoro e la previdenza sociale, di concerto con il Ministro per il tesoro, sono
stabilite le norme per l'amministrazione e l'erogazione delle disponibilità del
Fondo, di cui al primo comma del presente articolo, e per l'incasso dei
contributi.

Art. 63.
Sul Fondo di cui all'articolo precedente, il Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale, di concerto con il Ministro per il tesoro, provvede al finanziamento per
la spesa relativa ai corsi ed ai cantieri-scuola di cui alla presente legge e alla
corresponsione di sovvenzioni per i corsi medesimi, ai rimborsi alle botteghe
artigiane e alle piccole imprese di cui all'art. 57, nonché alle spese per il
funzionamento della Commissione centrale e della Segreteria di cui all'art. 3.

Art. 64.
Le disponibilità del fondo, di cui all'art. 62 dovranno essere annualmente
impiegate, almeno per la metà, nel Mezzogiorno e nel le Isole per le finalità
previste dal presente titolo.

Art. 65.
Sono abrogati il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 7 novembre
1947, n. 1264, e il decreto legislativo 14 gennaio 1948, n. 2.

TITOLO V

Disposizioni generali.
23
Art. 66.
Il Ministro per il tesoro è autorizzato ad apportare con propri decreti le
variazioni di bilancio necessarie per l'attuazione della presente legge,
attingendo al "Fondo-lire" le somme occorrenti per fronteggiare gli oneri
previsti ai titoli III e IV e per quelli previsti al titolo II provvedendo con le entrate
di cui alla legge 3 febbraio 1949, n. 31, concernente variazioni al bilancio
dell'entrata.

Art. 67.
Sono abrogate le disposizioni contrarie a quelle del la presente legge o con
essa incompatibili.

Art. 68.
Fino al 30 aprile 1949, il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale e gli
organi da lui dipendenti sono autorizzati a provvedere alla istituzione dei corsi
previsti dal titolo IV, anche prima che siano costituite le Commissioni di cui
all'art. 25.

Art. 69.
La presente legge entra in vigore cinque giorni dopo la sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale.

Il limite di questa normativa era quello di non poter scegliere il lavoratore da


parte del datore di lavoro. Con la legge 223/91, all’articolo 5, c’è stata la
modifica che consentiva alle aziende di scegliere il lavoratore.

Legge 23 luglio 1991, n. 223


(GU n. 175 del 27 luglio 1991)

Art. 5 (Criteri di scelta dei lavoratori ed oneri a carico delle imprese)


1. L'individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire, in
relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzativi del complesso
aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi stipulati con i
sindacati di cui all'articolo 4, comma 2, ovvero, in mancanza di questi contratti,
nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro:
a) carichi di famiglia;
b) anzianità;
c) esigenze tecnico-produttive ed organizzativi.
2. Nell'operare la scelta dei lavoratori da collocare in mobilità, l'impresa è
tenuta al rispetto dell'articolo 9, ultimo comma, del decreto-legge 29 gennaio
1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79.
3. Il recesso di cui all'articolo 4, comma 9, è inefficace qualora sia intimato
senza l'osservanza della forma scritta o in violazione delle procedure
richiamate all'articolo 4, comma 12, ed è annullabile in caso di violazione dei
criteri di scelta previsti dal comma 1 del presente articolo. Salvo il caso di
mancata comunicazione per iscritto, il recesso può essere impugnato entro
sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione con qualsiasi atto scritto,
24
anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche
attraverso l'intervento delle organizzazioni sindacali. Al recesso di cui
all'articolo 4, comma 9, del quale sia stata dichiarata l'inefficacia o l'invalidità,
si applica l'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive
modificazioni.
4. Per ciascun lavoratore posto in mobilità l'impresa è tenuta a versare alla
gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali,
di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88 in trenta rate mensili, una
somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al
lavoratore. Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di
eccedenza del personale di cui all'articolo 4, comma 9, abbia formato oggetto
di accordo sindacale.
5. L'impresa che, secondo le procedure determinate dalla Commissione
regionale per l'impiego, procuri offerte di lavoro a tempo indeterminato aventi
le caratteristiche di cui all'articolo 9, comma 1, lettera b), non è tenuta al
pagamento delle rimanenti rate relativamente ai lavoratori che perdano il
diritto al trattamento di mobilità in conseguenza del rifiuto di tali offerte ovvero
per tutto il periodo in cui essi, accettando le offerte procurate dalla impresa,
abbiano prestato lavoro.
6. Qualora il lavoratore venga messo in mobilità dopo la fine del dodicesimo
mese successivo a quello di emanazione del decreto di cui all'articolo 2,
comma 1, e la fine del dodicesimo mese successivo a quello del
completamente del programma di cui all'articolo 1, comma 2, nell'unità
produttiva in cui il lavoratore era occupato, la somma che l'impresa è tenuta a
versare ai sensi del comma 4 dei presente articolo è aumentata di cinque punti
percentuali per ogni periodo di trenta giorni intercorrente tra l'inizio del
tredicesimo mese e la data di completamente del programma. Nel medesimo
caso non trova applicazione quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 2
della legge 8 agosto 1972, n. 464.

Il mutamento di registro verificatosi nel nostro ordinamento è stato preceduto


dalla progressiva maturazione di nuovi orientamenti in seno all’Oil basati sul
riconoscimento del ruolo che le agenzie private possono giocare in un mercato
del lavoro ben funzionante. La riforma difficilmente si sarebbe potuta realizzare
senza il Patto per il lavoro del settembre 1996, con il quale anche i sindacati
dei lavoratori hanno manifestato la propria adesione rispetto alla prospettiva di
una liberalizzazione dei servizi per l’impiego, e la legge Treu (196/96), nella
quale vi è stata un’apertura nel divieto di interposizione e alle agenzie
interinali.

Legge 24 giugno 1997, n. 196


"Norme in materia di promozione dell'occupazione."
(GU n. 154 del 4 luglio 1997)

Art. 1. (Contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo)

25
1. Il contratto di fornitura di lavoro temporaneo è il contratto mediante il quale
un'impresa di fornitura di lavoro temporaneo, di seguito denominata "impresa
fornitrice", iscritta all'albo previsto dall'articolo 2, comma 1, pone uno o più
lavoratori, di seguito denominati "prestatori di lavoro temporaneo", da essa
assunti con il contratto previsto dall'articolo 3, a disposizione di un'impresa che
ne utilizzi la prestazione lavorativa, di seguito denominata "impresa
utilizzatrice", per il soddisfacimento di esigenze di carattere temporaneo
individuate ai sensi del comma 2.
2. Il contratto di fornitura di lavoro temporaneo può essere concluso:
a) nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria di
appartenenza dell'impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati
comparativamente più rappresentativi;
b) nei casi di temporanea utilizzazione in qualifiche non previste dai normali
assetti produttivi aziendali;
c) nei casi di sostituzione dei lavoratori assenti, fatte salve le ipotesi di cui al
comma 4.
3. Nei settori dell'agricoltura, privilegiando le attività rivolte allo sviluppo
dell'agricoltura biologica, e dell'edilizia i contratti di fornitura di lavoro
temporaneo potranno essere introdotti in via sperimentale previa intesa tra le
organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale circa le aree e le modalità della
sperimentazione.
4. È vietata la fornitura di lavoro temporaneo:
a) per le qualifiche di esiguo contenuto professionale, individuate come tali dai
contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell'impresa
utilizzatrice, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi;
b) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
c) presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i dodici mesi
precedenti, a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti
alle mansioni cui si riferisce la fornitura, salvo che la fornitura avvenga per
provvedere a sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del
posto;
d) presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti
o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale,
che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce la fornitura;
e) a favore di imprese che non dimostrano alla Direzione provinciale del lavoro
di aver effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'articolo 4 del decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed
integrazioni;
f) per le lavorazioni che richiedono sorveglianza medica speciale e per lavori
particolarmente pericolosi individuati con decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge.
5. Il contratto di fornitura di lavoro temporaneo è stipulato in forma scritta e
contiene i
seguenti elementi:
a) il numero dei lavoratori richiesti;
b) le mansioni alle quali saranno adibiti i lavoratori ed il loro inquadramento;
c) il luogo, l'orario ed il trattamento economico e normativo delle prestazioni
lavorative;
26
d) assunzione da parte dell'impresa fornitrice dell'obbligazione del pagamento
diretto al lavoratore del trattamento economico nonché del versamento dei
contributi previdenziali;
e) assunzione dell'obbligo della impresa utilizzatrice di comunicare all'impresa
fornitrice i trattamenti retributivi e previdenziali applicabili, nonché le eventuali
differenze maturate nel corso di ciascuna mensilità o del minore periodo di
durata del rapporto;
f) assunzione dell'obbligo dell'impresa utilizzatrice di rimborsare all'impresa
fornitrice gli oneri retributivi e previdenziali da questa effettivamente sostenuti
in favore del prestatore di lavoro temporaneo;
g) assunzione da parte dell'impresa utilizzatrice, in caso di inadempimento
dell'impresa fornitrice, dell'obbligo del pagamento diretto al lavoratore del
trattamento economico nonché del versamento dei contributi previdenziali in
favore del prestatore di lavoro temporaneo, fatto salvo il diritto di rivalsa verso
l'impresa fornitrice;
h) la data di inizio ed il termine del contratto per prestazioni di lavoro
temporaneo;
i) gli estremi dell'autorizzazione rilasciata all'impresa fornitrice.
6. È nulla ogni clausola diretta a limitare, anche indirettamente, la facoltà
dell'impresa utilizzatrice di assumere il lavoratore al termine del contratto per
prestazioni di lavoro temporaneo di cui all'articolo 3.
7. Copia del contratto di fornitura è trasmessa dall'impresa fornitrice alla
Direzione provinciale del lavoro competente per territorio entro dieci giorni
dalla stipulazione.
8. I prestatori di lavoro temporaneo non possono superare la percentuale dei
lavoratori, occupati dall'impresa utilizzatrice in forza di contratto a tempo
indeterminato, stabilita dai contratti collettivi nazionali della categoria di
appartenenza dell'impresa stessa, stipulati dai sindacati comparativamente più
rappresentativi.

Art. 2. (Soggetti abilitati all'attività di fornitura di prestazioni di


lavoro temporaneo)
1. L'attività di fornitura di lavoro temporaneo può essere esercitata soltanto da
società iscritte in apposito albo istituito presso il Ministero del lavoro e della
previdenza sociale.
Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale rilascia, sentita la commissione
centrale per l'impiego, entro sessanta giorni dalla richiesta e previo
accertamento della sussistenza dei requisiti di cui al comma 2, l'autorizzazione
provvisoria all'esercizio dell'attività di fornitura di prestazioni di lavoro
temporaneo, provvedendo contestualmente all'iscrizione delle società nel
predetto albo. Decorsi due anni il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, su richiesta del soggetto autorizzato, entro i trenta giorni successivi
rilascia l'autorizzazione a tempo indeterminato subordinatamente alla verifica
del corretto andamento dell'attività svolta.
2. I requisiti richiesti per l'esercizio dell'attività di cui al comma 1 sono i
seguenti:
a) la costituzione della società nella forma di società di capitali ovvero
cooperativa, italiana o di altro Stato membro dell'Unione europea; l'inclusione
nella denominazione sociale delle parole: "società di fornitura di lavoro
temporaneo"; l'individuazione, quale oggetto esclusivo, della predetta attività;
27
l'acquisizione di un capitale versato non inferiore a un miliardo di lire; la sede
legale o una sua dipendenza nel territorio dello Stato;
b) la disponibilità di uffici e di competenze professionali idonee allo
svolgimento dell'attività di fornitura di manodopera nonché la garanzia che
l'attività interessi un ambito distribuito sull'intero territorio nazionale e
comunque non inferiore a quattro regioni;
c) a garanzia dei crediti dei lavoratori assunti con il contratto di cui all'articolo 3
e dei corrispondenti crediti contributivi degli enti previdenziali, la disposizione,
per i primi due anni, di un deposito cauzionale di lire 700 milioni presso un
istituto di credito avente sede o dipendenza nel territorio nazionale; a
decorrere dal terzo anno solare, la disposizione, in luogo della cauzione, di una
fideiussione bancaria o assicurativa non inferiore al 5 per cento del fatturato, al
netto dell'imposta sul valore aggiunto, realizzato nell'anno precedente e
comunque non inferiore a lire 700 milioni;
d) in capo agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti muniti di
rappresentanza e ai soci accomandatari: assenza di condanne penali, anche
non definitive, ivi comprese le sanzioni sostitutive di cui alla legge 24
novembre 1981, n. 689, per delitti contro il patrimonio, per delitti contro la
fede pubblica o contro l'economia pubblica, per il delitto previsto dall'articolo
416-bis del codice penale, o per delitti non colposi per i quali la legge commini
la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, per delitti o
contravvenzioni previsti da leggi dirette alla prevenzione degli infortuni sul
lavoro o, in ogni caso, previsti da leggi in materia di lavoro o di previdenza
sociale; assenza, altresì, di sottoposizione alle misure di prevenzione disposte
ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965,
n. 575, o della legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni.
3. L'autorizzazione di cui al comma 1 può essere concessa anche a società
cooperative di produzione e lavoro che, oltre a soddisfare le condizioni di cui al
comma 2, abbiano almeno cinquanta soci e tra di essi, come socio sovventore,
almeno un fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della
cooperazione, di cui agli articoli 11 e 12 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, e
che occupino lavoratori dipendenti per un numero di giornate non superiore ad
un terzo delle giornate di lavoro effettuate dalla cooperativa nel suo
complesso. Soltanto i lavoratori dipendenti dalla società cooperativa di
produzione e lavoro possono essere da questa forniti come prestatori di lavoro
temporaneo.
4. I requisiti di cui ai commi 2 e 3 nonché le informazioni di cui al comma 7
sono dichiarati dalla società alla camera di commercio, industria, artigianato e
agricoltura della provincia in cui ha la sede legale, per l'iscrizione nel registro di
cui all'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995,
n. 581. 5. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto da
emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
stabilisce le modalità della presentazione della richiesta di autorizzazione di cui
al comma 1.
6. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale svolge vigilanza e controllo
sull'attività dei soggetti abilitati alla fornitura di prestazioni di lavoro
temporaneo ai sensi del presente articolo e sulla permanenza in capo ai
medesimi soggetti dei requisiti di cui al comma 2.
7. La società comunica all'autorità concedente gli spostamenti di sede,
l'apertura delle filiali o succursali, la cessazione dell'attività ed ha inoltre
28
l'obbligo di fornire all'autorità concedente tutte le informazioni da questa
richieste.
8. La disciplina in materia di assunzioni obbligatorie e l'obbligo di riserva di cui
all'articolo 25, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223, non si applicano
all'impresa fornitrice con riferimento ai lavoratori da assumere con contratto
per prestazioni di lavoro temporaneo. I predetti lavoratori non sono computati
ai fini dell'applicazione, all'impresa fornitrice, delle predette disposizioni.

La riforma del collocamento, varata con il d.lgs. 23 dicembre 1997, n. 469,


presenta tre principi guida:
a) decentramento dei servizi per l’impiego  conferimento alle regioni
dei relativi compiti e funzioni;
b) superamento della concezione del collocamento come funzione
pubblica;
c) apertura dell’ordinamento a svolgere attività di mediazione fra
domanda ed offerta di lavoro ai privati.
La suddetta riforma è stata varata in seguito alla pronuncia della Corte di
Giustizia Europea nella quale era stato condannato il sistema pubblico di
collocamento e il divieto di interposizione.
La fisionomia dell’organizzazione del mercato del lavoro dipende ormai dalle
scelte compiute dalle singole leggi regionali al fine di assicurare l’integrazione
tra i servizi per l’impiego, le politiche attive del lavoro e le politiche formative.
Per evitare un passaggio troppo brusco da una situazione di assoluta uniformità
ad una opposta, il legislatore delegato aveva comunque reputato opportuno
imporre a quelli regionali il rispetto di alcuni principi e criteri direttivi. Le
disposizioni dell’articolo 4 sono state in parte ritenute costituzionalmente
illegittime, in quanto vulneravano l’autonomia organizzativa delle regioni oltre
il limite costituzionalmente consentito. La Corte Costituzionale ha salvato
l’obbligo di attribuire le funzioni e i compiti in materia di collocamento alle
province, infatti la Corte ha precisato che le funzioni amministrative sono
mantenute in capo alle province senza precludere la possibilità di diverse
disposizioni da parte delle regioni. Le province sono tenute a provvedere alla
gestione ed erogazione dei relativi servizi tramite i centri per l’impiego.
Il d.lgs. n. 469 ha previsto anche l’istituzione in ogni provincia di una
commissione per le politiche del lavoro, concepita quale organo tripartito
permanente di concertazione e di consultazione delle parti sociali.

Decreto Legislativo 23 dicembre 1997, n. 469


"Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in
materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della legge 15
marzo 1997, n. 59”
(GU n. 5 dell'8 gennaio 1998)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della
pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa;

29
Vista la legge 15 maggio 1997, n. 127, recante misure urgenti per lo
snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di
controllo;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 1 ottobre 1997;
Acquisito il parere delle competenti commissioni parlamentari ai sensi della
legge 15 marzo 1997, n. 59;
Acquisito il parere della Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19
dicembre 1997;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro del lavoro
e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri per la funzione pubblica e
gli affari regionali e del tesoro e del bilancio e della programmazione
economica;
Emana
il seguente decreto legislativo:

CAPO I

Conferimento di funzioni

Art. 1. Oggetto
1. Il presente decreto disciplina ai sensi dell'articolo 1 della legge 15 marzo
1997, n. 59, come modificata dalla legge 15 maggio 1997, n. 127, il
conferimento alle regioni e agli enti locali delle funzioni e compiti relativi al
collocamento e alle politiche attive del lavoro, nell'ambito di un ruolo generale
di indirizzo, promozione e coordinamento dello Stato.
2. Resta salva l'ulteriore attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1,
della citata legge n. 59 del 1997, relativamente alle materie di competenza del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale non interessate dal presente
decreto.
3. In riferimento alle materie di cui al comma 1, costituiscono funzioni e compiti
dello Stato ai sensi degli articoli 1, commi 3 e 4, e 3, comma 1, lettera a), della
citata legge n. 59 del 1997:
a) vigilanza in materia di lavoro, dei flussi di entrata dei lavoratori non
appartenenti all'Unione europea, nonché procedimenti di autorizzazione per
attività lavorativa all'estero;
b) conciliazione delle controversie di lavoro individuali e plurime;
c) risoluzione delle controversie collettive di rilevanza pluriregionale;
d) conduzione coordinata ed integrata del Sistema informativo lavoro secondo
quanto previsto dall'articolo 11;
e) raccordo con gli organismi internazionali e coordinamento dei rapporti con
l'Unione europea.

Art. 2. Funzioni e compiti conferiti


1. Sono conferiti alle regioni le funzioni ed i compiti relativi al collocamento e in
particolare:
a) collocamento ordinario;
b) collocamento agricolo;
30
c) collocamento dello spettacolo sulla base di un'unica lista nazionale;
d) collocamento obbligatorio;
f) collocamento dei lavoratori non appartenenti all'Unione europea;
g) collocamento dei lavoratori a domicilio;
h) collocamento dei lavoratori domestici;
i) avviamento a selezione negli enti pubblici e nella pubblica amministrazione,
ad eccezione di quello riguardante le amministrazioni centrali dello Stato e gli
uffici centrali degli enti pubblici;
l) preselezione ed incontro tra domanda ed offerta di lavoro;
m) iniziative volte ad incrementare l'occupazione e ad incentivare l'incontro tra
domanda e offerta di lavoro anche con riferimento all'occupazione femminile.
2. Sono conferiti alle regioni le funzioni ed i compiti in materia di politica attiva
del lavoro e in particolare:
a) programmazione e coordinamento di iniziative volte ad incrementare
l'occupazione e ad incentivare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro anche
con riferimento all'occupazione femminile;
b) collaborazione alla elaborazione di progetti relativi all'occupazione di
soggetti tossicodipendenti ed ex detenuti;
c) programmazione e coordinamento di iniziative volte a favorire l'occupazione
degli iscritti alle liste di collocamento con particolare riferimento ai soggetti
destinatari di riserva di cui all'articolo 25 della legge 23 luglio 1991, n. 223;
d) programmazione e coordinamento delle iniziative finalizzate al reimpiego dei
lavoratori posti in mobilità e all'inserimento lavorativo di categorie
svantaggiate;
e) indirizzo, programmazione e verifica dei tirocini formativi e di orientamento
e borse di lavoro;
f) indirizzo, programmazione e verifica dei lavori socialmente utili ai sensi delle
normative in materia;
g) compilazione e tenuta della lista di mobilità dei lavoratori previa analisi
tecnica.
3. Al fine di garantire l'omogeneità delle procedure e dei relativi provvedimenti,
l'esercizio delle funzioni e dei compiti di cui al comma 2 del presente articolo
che investono ambiti territoriali pluriregionali è svolto d'intesa fra tutte le
regioni interessate.
4. Il conferimento di cui ai commi 1 e 2 comporta quello delle funzioni e dei
compiti connessi e strumentali all'esercizio di quelli conferiti.

Art. 3. Attività in materia di eccedenze di personale temporanee e


strutturali
1. Ai sensi dell'articolo 1, comma 3, lettera o), della legge 15 marzo 1997, n.
59, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale esercita le funzioni ed i
compiti relativi alle eccedenze di personale temporanee e strutturali.
2. In attesa di un'organica revisione degli ammortizzatori sociali ed al fine di
armonizzare gli obiettivi di politica attiva del lavoro rispetto ai processi
gestionali delle eccedenze, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 3,
comma 1, lettera c), della citata legge n. 59 del 1997, presso le regioni e'
svolto l'esame congiunto previsto nelle procedure relative agli interventi di
integrazione salariale straordinaria nonché quello previsto nelle procedure per
la dichiarazione di mobilità del personale. Le regioni promuovono altresì gli
accordi e i contratti collettivi finalizzati ai contratti di solidarietà.
31
3. Nell'ambito delle procedure di competenza del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale di cui al comma 2, le regioni esprimono motivato parere.

CAPO II

Servizi regionali per l'impiego

Art. 4. Criteri per l'organizzazione del sistema regionale per l'impiego


1. L'organizzazione amministrativa e le modalità di esercizio delle funzioni e dei
compiti conferiti ai sensi del presente decreto sono disciplinati, anche al fine di
assicurare l'integrazione tra i servizi per l'impiego, le politiche attive del lavoro
e le politiche formative, con legge regionale da emanarsi entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, secondo i seguenti principi e
criteri direttivi:
a) ai sensi dell'articolo 4, comma 3, lettere f), g) e h), della legge 15 marzo
1997, n. 59, attribuzione alle province delle funzioni e dei compiti di cui
all'articolo 2, comma 1, ai fini della realizzazione dell'integrazione di cui al
comma 1;
b) costituzione di una commissione regionale permanente tripartita quale sede
concertativa di progettazione, proposta, valutazione e verifica rispetto alle
linee programmatiche e alle politiche del lavoro di competenza regionale; la
composizione di tale organo collegiale deve prevedere la presenza del
rappresentante regionale competente per materia di cui alla lettera c), delle
parti sociali sulla base della rappresentatività determinata secondo i criteri
previsti dall'ordinamento, rispettando la pariteticità delle posizioni delle parti
sociali stesse, nonché quella del consigliere di parità nominato ai sensi della
legge 10 aprile 1991, n. 125;
c) costituzione di un organismo istituzionale finalizzato a rendere effettiva, sul
territorio, l'integrazione tra i servizi all'impiego, le politiche attive del lavoro e
le politiche formative, composto da rappresentanti istituzionali della regione,
delle province e degli altri enti locali;
d) affidamento delle funzioni di assistenza tecnica e monitoraggio nelle materie
di cui all'articolo 2, comma 2, ad apposita struttura regionale dotata di
personalità giuridica, con autonomia patrimoniale e contabile avente il compito
di collaborare al raggiungimento dell'integrazione di cui al comma 1 nel
rispetto delle attribuzioni di cui alle lettere a) e b). Tale struttura garantisce il
collegamento con il sistema informativo del lavoro di cui all'articolo 11;
e) gestione ed erogazione da parte delle province dei servizi connessi alle
funzioni e ai compiti attribuiti ai sensi del comma 1, lettera a), tramite strutture
denominate "centri per l'impiego";
f) distribuzione territoriale dei centri per l'impiego sulla base di bacini
provinciali con utenza non inferiore a 100.000 abitanti, fatte salve motivate
esigenze socio geografiche;
g) possibilità di attribuzione alle province della gestione ed erogazione dei
servizi, anche tramite i centri per l'impiego, connessi alle funzioni e compiti
conferiti alla regione ai sensi dell'articolo 2, comma 2;
h) possibilità di attribuzione all'ente di cui al comma 1, lettera d), funzioni ed
attività ulteriori rispetto a quelle conferite ai sensi del presente decreto, anche
prevedendo che l'erogazione di tali ulteriori servizi sia a titolo oneroso per i
privati che ne facciano richiesta.
32
2. Le province individuano adeguati strumenti di raccordo con gli altri enti
locali, prevedendo la partecipazione degli stessi alla individuazione degli
obiettivi e all'organizzazione dei servizi connessi alle funzioni e ai compiti di cui
all'articolo 2, comma 1.
3. I servizi per l'impiego di cui al comma 1 devono essere organizzati entro il 31
dicembre 1998.

Art. 5. Commissione regionale per l'impiego


1. La commissione regionale per l'impiego e' soppressa con effetto dalla data di
costituzione della commissione di cui all'articolo 4, lettera b). Salvo diversa
determinazione della legge regionale di cui all'articolo 4, comma 1, le relative
funzioni e competenze sono trasferite alla commissione regionale di cui al
medesimo articolo 4, lettera b).

Art. 6. Soppressione di organi collegiali


1. La provincia, entro i sei mesi successivi dalla data di entrata in vigore della
legge regionale di cui all'articolo 4, comma 1, istituisce un'unica commissione a
livello provinciale per le politiche del lavoro, quale organo tripartito
permanente di concertazione e di consultazione delle parti sociali in relazione
alle attività e alle funzioni attribuite alla provincia ai sensi dell'articolo 4,
comma 1, lettera a), nonché in relazione alle attività e funzioni già di
competenza degli organi collegiali di cui al comma 2 del presente articolo
secondo i seguenti principi e criteri:
a) la composizione della commissione deve essere tale da permettere la
pariteticità delle posizioni delle parti sociali;
b) presidenza della commissione al presidente dell'amministrazione
provinciale;
c) inserimento del consigliere di parità;
d) possibilità di costituzione di sottocomitati, nel rispetto dei criteri di cui alla
lettera a), anche a carattere tematico.
2. Con effetto dalla costituzione della commissione provinciale di cui al comma
1, i seguenti organi collegiali sono soppressi e le relative funzioni e competenze
sono trasferite alla provincia:
a) commissione provinciale per l'impiego;
b) commissione circoscrizionale per l'impiego;
c) commissione regionale per il lavoro a domicilio;
d) commissione provinciale per il lavoro a domicilio;
e) commissione comunale per il lavoro a domicilio;
f) commissione provinciale per il lavoro domestico;
g) commissione provinciale per la manodopera agricola;
h) commissione circoscrizionale per la manodopera agricola;
i) commissione provinciale per il collocamento obbligatorio.
3. La provincia, nell'attribuire le funzioni e le competenze già svolte dalla
commissione di cui al comma 2, lettera i), garantisce all'interno del competente
organismo, la presenza di rappresentanti designati dalle categorie interessate,
di rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, designati rispettivamente
dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e di un ispettore
medico del lavoro.
CAPO III

33
Trasferimento risorse alle regioni e soppressione uffici

Art. 7. Personale
1. Con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi ai sensi
dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro centoventi
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, si provvede, sentite
le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, alla individuazione
in via generale dei beni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali da
trasferire, ivi compresa la cessione dei contratti ancora in corso, nonché delle
modalità e procedure di trasferimento; la ripartizione del personale effettivo
appartenente ai ruoli del Ministero del lavoro e della previdenza sociale -
Settore politiche del lavoro, quale risultante al 30 giugno 1997, nonché del
personale in servizio alla medesima data presso le agenzie per l'impiego e'
disposta secondo i seguenti criteri:
a) trasferimento alle regioni di tutto il personale in servizio presso le agenzie
per l'impiego assunto con contratto di diritto privato, fino alla scadenza del
relativo contratto di lavoro;
b) trasferimento del personale appartenente ai ruoli del Ministero del lavoro e
della previdenza sociale, in servizio presso le direzioni regionali e provinciali del
lavoro - Settore politiche del lavoro e presso le sezioni circoscrizionali per
l'impiego e per il collocamento in agricoltura nella misura del 70 per cento.
2. Tenuto conto delle esigenze funzionali dei nuovi servizi, la percentuale di
personale di cui al comma 1, lettera b), che rimane nei ruoli del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale e' stabilita nel 30 per cento. A tale
contingente si accede mediante richiesta degli interessati da avanzare entro
trenta giorni dall'emanazione del provvedimento contenente le tabelle di
equiparazione tra il personale statale trasferito e quello in servizio presso le
regioni e gli enti locali.
3. Le percentuali di cui ai commi 1, lettera b), e 2, sono calcolate su base
regionale e possono subire una oscillazione non superiore al 5 per cento, anche
operando compensazioni territoriali.
4. Nel caso che le richieste di cui al comma 2 risultino superiori o inferiori alla
percentuale di cui al comma 2, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale
provvede a predisporre, entro i trenta giorni successivi alla scadenza del
termine di cui al medesimo comma 2, una graduatoria regionale, rispettando i
criteri di priorità stabiliti nel decreto di cui al comma 1, d'intesa con le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
5. Al personale statale trasferito e' comunque garantito il mantenimento della
posizione retributiva già maturata. Il personale medesimo può optare per il
mantenimento del trattamento previdenziale previgente.
6. Con successivi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi
ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 2, della citata legge n. 59 del 1997 entro
sessanta giorni dalla scadenza del termine previsto dall'articolo 4, comma 1, si
provvede al trasferimento dei beni e delle risorse individuate ai sensi del
comma 1, in considerazione e per effetto dei provvedimenti adottati da
ciascuna regione ai sensi dell'articolo 4.
7. I contratti in corso, ad eccezione di quelli riferiti ai sistemi informativi lavoro
di cui all'articolo 11, sono ceduti alle regioni previo consenso di tutte le parti
contraenti.

34
8. Le risorse finanziarie occorrenti per l'attuazione della presente legge,
valutata nel limite massimo delle spese effettivamente sostenute dal Ministero
del lavoro e della previdenza sociale nell'esercizio finanziario 1997 per le
funzioni e compiti conferiti, sono trasferite alle regioni utilizzando gli
stanziamenti iscritti nelle pertinenti unità previsionali di base dello stato di
previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per l'esercizio
finanziario 1998. Limitatamente all'anno 1998, l'Amministrazione del lavoro,
con le disponibilità sopra determinate, corrisponde alle regioni, per il tramite
dei propri funzionari delegati, le somme occorrenti per le dette finalità in
ragione d'anno e con decorrenza dalla data di effettivo trasferimento delle
funzioni stesse. Per l'anno 1999, gli stanziamenti da trasferire, determinati nei
limiti e con le modalità indicate per l'esercizio 1998, affluiscono, mediante
opportune variazioni di bilancio, nelle apposite unità previsionali di base dello
stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale da
istituire, a tal fine, con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, su proposta del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale.

Art. 8. Soppressione uffici periferici


1. A decorrere dalla data di costituzione dei centri per l'impiego di cui
all'articolo 4, e comunque non oltre il 1° gennaio 1999 sono soppressi le
strutture e gli uffici periferici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale
i cui compiti e funzioni siano stati conferiti ai sensi del presente decreto; in
particolare sono soppressi i recapiti e le sezioni circoscrizionali per l'impiego e
per il collocamento in agricoltura.

Art. 9. Regioni a statuto speciale


1. Per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di
Bolzano il conferimento del funzioni, nonché il trasferimento dei relativi beni e
risorse, sono disposti nel rispetto degli statuti e attraverso apposite norme di
attuazione.

CAPO IV

Attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro - Sistema


informativo lavoro

Art. 10. Attività di mediazione


1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera g), della legge 15 marzo 1997, n.
59, il presente articolo definisce le modalità necessarie per l'autorizzazione a
svolgere attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro a idonee
strutture organizzative.
2. L'attività di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro può essere svolta,
previa autorizzazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, da
imprese o gruppi di imprese, anche società cooperative con capitale versato
non inferiore a 200 milioni di lire nonché da enti non commerciali con
patrimonio non inferiore a 200 milioni.
3. I soggetti di cui al comma 2 debbono avere quale oggetto sociale esclusivo
l'attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro.

35
4. L'autorizzazione e' rilasciata, entro e non oltre centocinquanta giorni dalla
richiesta, per un periodo di tre anni e può essere successivamente rinnovata
per periodi di uguale durata. Decorso tale termine, la domanda si intende
respinta.
5. Le domande di autorizzazione e di rinnovo sono presentate al Ministero del
lavoro e della previdenza sociale che le trasmette entro trenta giorni alle
regioni territorialmente competenti per acquisirne un motivato parere entro i
trenta giorni successivi alla trasmissione. Decorso inutilmente tale termine, il
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ove ne ricorrano i presupposti,
può comunque procedere al rilascio dell'autorizzazione o al suo rinnovo.
6. Ai fini dell'autorizzazione i soggetti interessati si impegnano a:
a) fornire al servizio pubblico, mediante collegamento in rete, i dati relativi alla
domanda e all'offerta di lavoro che sono a loro disposizione;
b) comunicare all'autorità concedente gli spostamenti di sede, l'apertura delle
filiali o succursali, la cessazione delle attività;
c) fornire all'autorità concedente tutte le informazioni da questa richiesta.
7. I soggetti di cui al comma 2 devono:
a) disporre di uffici idonei nonché di operatori con competenze professionali
idonee allo svolgimento dell'attività di selezione di manodopera; l'idoneità delle
competenze professionali e' comprovata da esperienze lavorative relative,
anche in via alternativa, alla gestione, all'orientamento alla selezione e alla
formazione del personale almeno biennale;
b) avere amministratori, direttori generali, dirigenti muniti di rappresentanza e
soci accomandatari, in possesso di titoli di studio adeguati ovvero di
comprovata esperienza nel campo della gestione, selezione e formazione del
personale della durata di almeno tre anni. Tali soggetti non devono aver
riportato condanne, anche non definitive, ivi comprese le sanzioni sostitutive di
cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, per delitti contro il patrimonio, per
delitti contro la fede pubblica o contro l'economia pubblica, per il delitto
previsto dall'articolo 416-bis del codice penale, o per delitti non colposi per i
quali la legge commini la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre
anni, per delitti o contravvenzioni previsti da leggi dirette alla prevenzione
degli infortuni sul lavoro o di previdenza sociale, ovvero non devono essere
stati sottoposti alle misure di prevenzione disposte ai sensi della legge 27
dicembre 1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, o della legge 13
settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni ed integrazioni.
8. Ai sensi delle disposizioni di cui alle leggi 20 maggio 1970, n. 300, 9
dicembre 1977, n. 903, e 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni ed
integrazioni, nello svolgimento dell'attività di mediazione e' vietata ogni pratica
discriminatoria basata sul sesso, sulle condizioni familiari, sulla razza, sulla
cittadinanza, sull'origine territoriale, sull'opinione o affiliazione politica,
religiosa o sindacale dei lavoratori.
9. La raccolta, la memorizzazione e la diffusione delle informazioni avviene
sulla base dei principi della legge 31 dicembre 1996, n. 675.
10. Nei confronti dei prestatori di lavoro l'attività di mediazione deve essere
esercitata a titolo gratuito.
11. Il soggetto che svolge l'attività di mediazione indica gli estremi
dell'autorizzazione nella propria corrispondenza ed in tutte le comunicazioni a
terzi, anche a carattere pubblicitario e a mezzo stampa.

36
12. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
il Ministro del lavoro e della previdenza sociale determina, con decreto, i criteri
e le modalità:
a) di controllo sul corretto esercizio dell'attività;
b) di revoca dell'autorizzazione, anche su richiesta delle regioni, in caso di non
corretto andamento dell'attività svolta, con particolare riferimento alle ipotesi
di violazione delle disposizioni di cui ai commi 8 e 10;
c) di effettuazione delle comunicazioni di cui al comma 6;
d) di accesso ai dati complessivi sulle domande ed offerte di lavoro.
13. Nei confronti dei soggetti autorizzati alla mediazione di manodopera ai
sensi del presente articolo, non trovano applicazione le disposizioni contenute
nella legge 29 aprile 1949, n. 264, e successive modificazioni ed integrazioni.
14. In fase di prima applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, la
domanda di autorizzazione di cui al comma 2 può essere presentata
successivamente alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 12.

Art. 11. Sistema informativo lavoro


1. Il sistema informativo lavoro, di seguito denominato SIL, risponde alle finalità
ed ai criteri stabiliti dall'articolo 1 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n.
39, e la sua organizzazione e' improntata ai principi di cui alla legge 31
dicembre 1996, n. 675.
2. Il SIL e' costituito dall'insieme delle strutture organizzative, delle risorse
hardware, software e di rete relative alle funzioni ed ai compiti, di cui agli
articoli 1, 2 e 3.
3. Il SIL, quale strumento per l'esercizio delle funzioni di indirizzo politico-
amministrativo, ha caratteristiche nazionalmente unitarie ed integrate e si
avvale dei servizi di interoperabilità e delle architetture di cooperazione
previste dal progetto di rete unitaria della pubblica amministrazione. Il
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le regioni, gli enti locali, nonché
i soggetti autorizzati alla mediazione tra domanda e offerta di lavoro ai sensi
dell'articolo 10, hanno l'obbligo di connessione e di scambio dei dati tramite il
SIL, le cui modalità sono stabilite sentita l'Autorità per l'informatica nella
pubblica amministrazione.
4. Le imprese di fornitura di lavoro temporaneo ed i soggetti autorizzati alla
mediazione tra domanda e offerta di lavoro, hanno facoltà di accedere alle
banche dati e di avvalersi dei servizi di rete offerti dal SIL stipulando apposita
convenzione con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale. I prezzi, i
cambi e le tariffe, applicabili alle diverse tipologie di servizi erogati dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sono determinati annualmente,
sentito il parere dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione,
con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. I proventi
realizzati ai sensi del presente comma sono versati all'entrata del bilancio dello
Stato per essere assegnati, con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica, ad apposita unità previsionale dello stato di
previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
5. Le regioni e gli enti locali possono stipulare convenzioni, anche a titolo
oneroso, con i soggetti di cui al comma 4 per l'accesso alle banche dati dei
sistemi informativi regionali e locali. In caso di accesso diretto o indiretto ai dati
ed alle informazioni del SIL, le regioni e gli enti locali sottopongono al parere
37
preventivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale uno schema di
convenzione tipo. Il sistema informativo in materia di occupazione e
formazione professionale della camera di commercio e di altre enti funzionali e'
collegato con il SIL secondo modalità da definire mediante convenzioni, anche
a titolo oneroso, da stipulare con gli organismi rappresentativi nazionali. Le
medesime modalità si applicano ai collegamenti tra il SIL ed il registro delle
imprese delle camere di commercio secondo quanto previsto dal decreto del
Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581.
6. Le attività di progettazione, sviluppo e gestione del SIL sono esercitate dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale nel rispetto di quanto stabilito
dal decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
7. Sono attribuite alle regioni le attività di conduzione e di manutenzione degli
impianti tecnologici delle unità operative regionali e locali. Fatte salve
l'omogeneità, l'interconnessione e la fruibilità da parte del livello nazionale del
SIL, le regioni e gli enti locali possono provvedere allo sviluppo autonomo di
parti del sistema. La gestione e l'implementazione del SIL da parte delle regioni
e degli enti locali sono disciplinate con apposita convenzione tra i medesimi
soggetti e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, previo parere
dell'organo tecnico di cui al comma 8.
8. Al fine di preservare l'omogeneità logica e tecnologica del SIL ed al
contempo consentire l'autonomia organizzativa e gestionale dei sistemi
informativi regionali e locali ad esso collegati, e' istituito, nel rispetto di quanto
previsto dal citato decreto legislativo n. 281 del 1997, un organo tecnico con
compiti di raccordo tra il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le
regioni e le amministrazioni locali in materia di SIL.
9. Nel rispetto di quanto stabilito dal decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, la composizione ed il funzionamento dell'organo tecnico di cui al comma 8
sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di
concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica.
10. Le delibere dell'organo tecnico sono rese esecutive con decreto del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale ed hanno natura obbligatoria e vincolante
nei confronti dei destinatari.

Art. 12. Entrata in vigore


1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

La prima fase della riforma dei servizi per l’impiego è stata completata con
l’emanazione del d.lgs. 21 aprile 2000, n. 181, modificato dal d.lgs. 19
dicembre 2002, n. 297, e di un regolamento di semplificazione del
procedimento per il collocamento ordinario dei lavoratori (d.p.r. 7 luglio 2000,
n. 442). Il d.lgs. n. 181 contiene i principi fondamentali per l’esercizio della
potestà legislativa delle regioni in materia di collocamento e criteri di indirizzo
per le attività dei servizi competenti, con particolare riguardo agli interventi
volti a prevenire la disoccupazione giovanile e quella di lunga durata: individua
i principali destinatari delle misure di promozione all’inserimento nel mercato
del lavoro ed introduce la nozione, di cruciale rilievo nell’impianto complessivo
38
del sistema, di stato di disoccupazione (la condizione del soggetto privo di
lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimento ed alla ricerca di
un’attività lavorativa).

Decreto Legislativo 21 aprile 2000, n. 181


"Disposizioni per agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di
lavoro, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, lettera a), della legge
17 maggio 1999, n. 144"
(GU n. 154 del 4 luglio 2000)
Con modifiche del D.Lgs. 297/2002

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 17 maggio 1999, n. 144, ed in particolare l'articolo 45, comma 1,
lettera a), numeri 1) e 2), che, al fine di realizzare il riordino del sistema degli
incentivi all'occupazione e degli ammortizzatori sociali, prescrive di procedere
alla revisione dei criteri per l'accertamento dei requisiti individuali di
appartenenza dei soggetti alle diverse categorie, allo scopo di renderli più
adeguati alla valutazione ed al controllo dell'effettiva situazione di disagio;
Visto il decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, ed in particolare l'articolo
1, comma 1, che riserva allo Stato l'esercizio di un ruolo generale di indirizzo,
promozione e coordinamento in materia di collocamento e politiche attive del
lavoro;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 25 febbraio 2000;
Visto il parere della Conferenza unificata istituita ai sensi del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni permanenti del Senato della
Repubblica e della Camera dei deputati;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20
aprile 2000;
Sulla proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;
Emana
il seguente decreto legislativo:

Art. 1 (Finalità e definizioni).


1. Le disposizioni contenute nel presente decreto stabiliscono:
a) i principi fondamentali per l'esercizio della potestà legislativa delle regioni e
delle province autonome di Trento e di Bolzano in materia di revisione e
razionalizzazione delle procedure di collocamento, nel rispetto di quanto
previsto dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, in funzione del
miglioramento dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro e con la
valorizzazione degli strumenti di informatizzazione;
b) i principi per l'individuazione dei soggetti potenziali destinatari di misure di
promozione all'inserimento nel mercato del lavoro, definendone le condizioni di
disoccupazione secondo gli indirizzi comunitari intesi a promuovere strategie
preventive della disoccupazione giovanile e della disoccupazione di lunga
durata.
39
2. Ad ogni effetto si intendono per:
a) adolescenti , i minori di età compresa fra i quindici e diciotto anni, che non
siano più soggetti all'obbligo scolastico;
b) giovani , i soggetti di età superiore a diciotto anni e fino a venticinque anni
compiuti o, se in possesso di un diploma universitario di laurea, fino a
ventinove anni compiuti, ovvero la diversa superiore età definita in conformità
agli indirizzi dell'Unione europea;
c) stato di disoccupazione , la condizione del soggetto privo di lavoro, che sia
immediatamente disponibile allo svolgimento ed alla ricerca di una attività
lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti;
d) disoccupati di lunga durata , coloro che, dopo aver perso un posto di lavoro
o cessato un'attività di lavoro autonomo, siano alla ricerca di una nuova
occupazione da più di dodici mesi o da più di sei mesi se giovani;
e) inoccupati di lunga durata , coloro che, senza aver precedentemente svolto
un'attività lavorativa, siano alla ricerca di un'occupazione da più di dodici mesi
o da più di sei mesi se giovani;
f) donne in reinserimento lavorativo , quelle che, già precedentemente
occupate, intendano rientrare nel mercato del lavoro dopo almeno due anni di
inattività;
g) servizi competenti , i centri per l'impiego di cui all'articolo 4, comma 1,
lettera e) del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e gli altri organismi
autorizzati o accreditati a svolgere le previste funzioni, in conformità delle
norme regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Art. 1-bis (Modelli dei dati contenuti nella scheda anagrafica e nella
scheda professionale dei lavoratori e soppressione di liste di
collocamento).
1. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il
Ministro per l'innovazione e le tecnologie, d'intesa con la Conferenza Unificata,
vengono definiti il modello di comunicazione, il formato di trasmissione ed il
sistema di classificazione dei dati contenuti nella scheda anagrafica e nella
scheda professionale dei lavoratori, che costituiscono la base dei dati del
sistema informativo lavoro.
2. Fino alla adozione del decreto di cui al comma 1 si utilizzano i modelli dei
dati ed i dizionari terminologici approvati con decreti ministeriali in data 30
maggio 2001, pubblicati, rispettivamente, nel supplemento ordinario n. 196
alla Gazzetta Ufficiale n. 168 del 21 luglio 2001, e nella Gazzetta Ufficiale n.
151 del 2 luglio 2001.
3. Sono soppresse le liste di collocamento ordinarie e speciali, ad eccezione di
quelle previste dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 24
settembre 1963, n. 2053, dall'articolo 6 della legge 23 luglio 1991, n. 223,
dall'articolo 8 della legge 12 marzo 1999, n. 68.
4. Con regolamento emanato su proposta del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ai
sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e'
disciplinato il collocamento della gente di mare, prevedendo, in applicazione
dei principi stabiliti in materia dal presente decreto, il superamento dell'attuale
sistema di collocamento obbligatorio.

Art. 2. (Stato di disoccupazione).


40
1. La condizione di cui all'articolo 1, comma 2, lettera c), dev'essere
comprovata dalla presentazione dell'interessato presso il servizio competente
nel cui ambito territoriale si trovi il domicilio del medesimo, accompagnata da
una dichiarazione, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445, che attesti l'eventuale attività lavorativa
precedentemente svolta, nonché l'immediata disponibilità allo svolgimento di
attività lavorativa.
2. Gli interessati all'accertamento della condizione di cui all'articolo 1, comma
2, lettera c), sono tenuti a presentarsi presso il servizio competente per
territorio entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto ed a rendere la dichiarazione di cui al comma 1. Restano valide le
dichiarazioni di disponibilità allo svolgimento dell'attività lavorativa prestate ai
sensi della precedente normativa e gli obblighi che ne derivano per i servizi
competenti.
3. Le Regioni definiscono gli indirizzi operativi per l'accertamento e la verifica
dello stato di disoccupazione da parte dei servizi competenti.
4. La verifica dell'effettiva permanenza nello stato di disoccupazione e'
effettuata dai servizi competenti con le seguenti modalità:
a) sulla base delle comunicazioni di cui all'articolo 4-bis o di altre informazioni
fornite dagli organi di vigilanza;
b) in relazione al rispetto delle misure concordate con il disoccupato.
5. Nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari e i gestori
di pubblici servizi, lo stato di disoccupazione e' comprovato con dichiarazioni,
anche contestuali all'istanza, sottoscritte dall'interessato. In tali casi, nonché in
quelli di cui al comma 1, si applica il decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445.
6. La durata dello stato di disoccupazione si calcola in mesi commerciali. I
periodi fino a giorni quindici, all'interno di un unico mese, non si computano,
mentre i periodi superiori a giorni quindici si computano come un mese intero.

Art. 3. (Indirizzi generali ai servizi per l'impiego ai fini della


prevenzione della disoccupazione di lunga durata).
1. Le Regioni definiscono gli obiettivi e gli indirizzi operativi delle azioni che i
servizi competenti, di cui all'articolo 1, comma 2, lettera g), effettuano al fine di
favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro e contrastare la
disoccupazione di lunga durata, sottoponendo i soggetti di cui all'articolo 1,
comma 2, ad interviste periodiche e ad altre misure di politica attiva secondo le
modalità definite ed offrendo almeno i seguenti interventi:
a) colloquio di orientamento entro tre mesi dall'inizio dello stato di
disoccupazione;
b) proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo o di formazione o
di riqualificazione professionale od altra misura che favorisca l'integrazione
professionale:
1) nei confronti degli adolescenti, dei giovani e delle donne in cerca di
reinserimento lavorativo, non oltre quattro mesi dall'inizio dello stato di
disoccupazione;
2) nei confronti degli altri soggetti a rischio di disoccupazione di lunga durata,
non oltre sei mesi dall'inizio dello stato di disoccupazione.

Art. 4 (Perdita dello stato di disoccupazione).


41
1. Le Regioni stabiliscono i criteri per l'adozione da parte dei servizi competenti
di procedure uniformi in materia di accertamento dello stato di disoccupazione
sulla base dei seguenti principi:
a) conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di
attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al
reddito minimo personale escluso da imposizione. Tale soglia di reddito non si
applica ai soggetti di cui all'articolo 8, commi 2 e 3, del decreto legislativo 1
dicembre 1997, n. 468;
b) perdita dello stato di disoccupazione in caso di mancata presentazione
senza giustificato motivo alla convocazione del servizio competente nell'ambito
delle misure di prevenzione di cui all'articolo 3;
c) perdita dello stato di disoccupazione in caso di rifiuto senza giustificato
motivo di una congrua offerta di lavoro a tempo pieno ed indeterminato o
determinato o di lavoro temporaneo ai sensi della legge 24 giugno 1997, n.
196, con durata del contratto a termine o, rispettivamente, della missione, in
entrambi i casi superiore almeno a otto mesi, ovvero a quattro mesi se si tratta
di giovani, nell'ambito dei bacini, distanza dal domicilio e tempi di trasporto con
mezzi pubblici, stabiliti dalle Regioni;
d) sospensione dello stato di disoccupazione in caso di accettazione di
un'offerta di lavoro a tempo determinato o di lavoro temporaneo di durata
inferiore a otto mesi, ovvero di quattro mesi se si tratta di giovani.

Art. 4-bis (Modalità di assunzione e adempimenti successivi).


1. I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici, procedono
all'assunzione diretta di tutti i lavoratori per qualsiasi tipologia di rapporto di
lavoro, salvo l'obbligo di assunzione mediante concorso eventualmente
previsto dagli statuti degli enti pubblici economici. Restano ferme le
disposizioni speciali previste per l'assunzione di lavoratori non comunitari di cui
al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, quelle previste per l'assunzione di
lavoratori italiani da impiegare o trasferire all'estero di cui al decreto-legge 31
luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n.
398, nonché quelle previste dalla legge 12 marzo 1999, n. 68.
2. All'atto dell'assunzione i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici
sono tenuti a consegnare ai lavoratori una dichiarazione sottoscritta
contenente i dati di registrazione effettuata nel libro matricola, nonché la
comunicazione di cui al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152.
3. Fermo restando quanto previsto dai commi 1 e 2, le Regioni possono
prevedere che una quota delle assunzioni effettuate dai datori di lavoro privati
e dagli enti pubblici economici sia riservata a particolari categorie di lavoratori
a rischio di esclusione sociale.
4. Le imprese fornitrici di lavoro temporaneo sono tenute a comunicare, entro il
giorno venti del mese successivo alla data di assunzione, al servizio
competente nel cui ambito territoriale e' ubicata la loro sede operativa,
l'assunzione, la proroga e la cessazione dei lavoratori temporanei assunti nel
corso del mese precedente.
5. I datori di lavoro privati, gli enti pubblici economici e le pubbliche
amministrazioni, per quanto di competenza, sono tenuti, anche in caso di
trasformazione da rapporto di tirocinio e di altra esperienza professionale a
rapporto di lavoro subordinato, a comunicare, entro cinque giorni, al servizio

42
competente nel cui ambito territoriale e' ubicata la sede di lavoro le seguenti
variazioni del rapporto di lavoro:
a) proroga del termine inizialmente fissato;
b) trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato;
c) trasformazione da tempo parziale a tempo pieno;
d) trasformazione da contratto di apprendistato a contratto a tempo
indeterminato;
e) trasformazione da contratto di formazione e lavoro a contratto a tempo
indeterminato.
6. Le comunicazioni di cui al presente articolo sono valide ai fini
dell'assolvimento degli obblighi di comunicazione nei confronti delle Direzioni
regionali e provinciali del lavoro, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS) e dell'Istituto nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro
(INAIL), o di altre forme previdenziali sostitutive o esclusive.
7. Al fine di assicurare l'unitarietà e l'omogeneità del sistema informativo
lavoro, i moduli per le comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoro e delle
imprese fornitrici di lavoro temporaneo, nonché le modalità di trasferimento dei
dati ai soggetti di cui al comma 6 da parte dei servizi competenti sono definiti
con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il
Ministro per l'innovazione e le tecnologie, d'intesa con la Conferenza Unificata.
8. I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici possono adempiere agli
obblighi di cui ai commi 4 e 5 del presente articolo e di cui al comma 2
dell'articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e del comma 1
dell'articolo 21 della legge 29 aprile 1949, n. 264, per il tramite dei soggetti di
cui all'articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, e degli altri soggetti
abilitati dalle vigenti disposizioni alla gestione ed alla amministrazione del
personale dipendente del settore agricolo, ovvero delle associazioni sindacali
dei datori di lavoro alle quali essi aderiscono o conferiscono mandato. I datori
di lavoro privati e gli enti pubblici economici, con riferimento all'assolvimento
dei predetti obblighi, possono avvalersi della facoltà di cui all'articolo 5, primo
comma, della legge 11 gennaio 1979, n. 12, anche nei confronti delle
medesime associazioni sindacali che provvedono alla tenuta dei documenti con
personale in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, primo comma, della
citata legge n. 12 del 1979.”.
2. All'articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, il comma 2 e' sostituito
dal seguente:
"2. In caso di instaurazione del rapporto di lavoro subordinato e di lavoro
autonomo in forma coordinata e continuativa, anche di socio lavoratore di
cooperativa, i datori di lavoro privati, gli enti pubblici economici e le pubbliche
Amministrazioni sono tenuti a dare comunicazione contestuale al servizio
competente nel cui ambito territoriale e' ubicata la sede di lavoro, dei dati
anagrafici del lavoratore, della data di assunzione, della data di cessazione
qualora il rapporto non sia a tempo indeterminato, della tipologia contrattuale,
della qualifica professionale e del trattamento economico e normativo. Le
comunicazioni possono essere effettuate ai sensi del decreto del Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. La medesima procedura si applica
ai tirocini di formazione e orientamento ed ad ogni altro tipo di esperienza
lavorativa ad essi assimilata. Nel caso in cui l'instaurazione del rapporto
43
avvenga in giorno festivo, nelle ore serali o notturne, ovvero in caso di
emergenza, la comunicazione di cui al presente comma deve essere effettuata
entro il primo giorno utile successivo.".
3. All'articolo 21 della legge 29 aprile 1949, n. 264, il primo comma e' sostituito
dal seguente:
"I datori di lavoro sono tenuti altresì a comunicare la cessazione dei rapporti di
lavoro, entro i cinque giorni successivi, quando trattasi di rapporti a tempo
indeterminato ovvero nei casi in cui la cessazione sia avvenuta in data diversa
da quella comunicata all'atto dell'assunzione.".
4. All'articolo 15, sesto comma, della legge 29 aprile 1949, n. 264, le parole:
"un anno" sono sostituite dalle seguenti: "sei mesi".

Art. 5. (Disposizioni transitorie e finali).


1. In attesa della attuazione concernente la riforma degli ammortizzatori sociali
e degli incentivi all'occupazione continuano a trovare applicazione le
disposizioni vigenti in tema di trattamenti previdenziali in caso di
disoccupazione, ivi compresa la disciplina dell'indennità di mobilità, di cui
all'articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223.
2. In sede di attuazione della delega di cui al comma 1 sono individuati criteri e
modalità di raccordo tra l'attività svolta dai servizi competenti ai sensi del
presente decreto e quella delle strutture private autorizzate all'attività di
mediazione tra domanda e offerta di lavoro ai sensi dell'articolo 10 del decreto
legislativo 23 dicembre 1997, n. 469.
2-bis. Le disposizioni di cui all'articolo 4-bis, commi 4, 5, 6, si applicano a
decorrere dalla data stabilita dal decreto di cui al comma 7 del medesimo
articolo 4-bis. A decorrere dalla medesima data il comma 2 dell'articolo 14 del
decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, e' soppresso.
3. Le disposizioni di cui all'articolo 6, commi 2 e 3, si applicano a decorrere
dalla data stabilita dal decreto di cui al comma 7 dell'articolo 4-bis, del decreto
legislativo 21 aprile 2000, n. 181, introdotto dall'articolo 6, comma 1.

Il d.p.r. n. 442/2000 ha previsto l’istituzione di un elenco anagrafico nel quale


devono essere inseriti tutti coloro che ricercano un lavoro; i dati in esso
registrati vanno riportati nella scheda professionale rilasciata al lavoratore dal
servizio competente e contenente ulteriori informazioni sulle esperienze
formative e professionali e sulle disponibilità dell’interessato.
Nel sistema attuale le vecchie liste di collocamento sono state soppresse.
Del vecchio sistema continua a sopravvivere soltanto l’obbligo di
comunicazione delle assunzioni che va assolto sia dai datori di lavoro privati sia
dalle pubbliche amministrazioni ai centri per l’impiego. Alla comunicazione vi si
deve provvedere entro il giorno antecedente a quello di instaurazione dei
relativi rapporti.

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 7 luglio 2000, n. 442


Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento
per il collocamento ordinario dei lavoratori, ai sensi dell'articolo 20,
comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

44
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l'articolo 87, comma quinto, della Costituzione;
Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto l'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, allegato 1, n. 112-bis, e
successive modificazioni;
Vista la legge 10 gennaio 1935, n. 112;
Vista la legge 29 aprile 1949, n. 264;
Vista la legge 11 gennaio 1979, n. 12;
Vista la legge 28 febbraio 1987, n. 56;
Vista la legge 23 luglio 1991, n. 223;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487;
Visto il decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni,
dalla legge 28 novembre 1996, n. 608;
Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675;
Visto il decreto legislativo 26 maggio l997, n. 152;
Visto il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Visto il decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469;
Vista la legge 27 dicembre 1997, n. 449;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 403;
Visto il decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 22 marzo 2000;
Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, e le
province autonome di Trento e di Bolzano;
Acquisito il parere del Garante per la tutela delle persone e di altri soggetti
rispetto al trattamento dei dati personali, ai sensi dell'articolo 31, comma 2,
della legge 31 dicembre 1996, n. 675;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli
atti normativi nell'adunanza del 24 gennaio 2000;
Acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9
giugno 2000;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la
funzione pubblica, di concerto con i Ministri per gli affari regionali, per le
politiche comunitarie, del lavoro e della previdenza sociale e dell'interno;
Emana
il seguente regolamento:

Titolo I

DISCIPLINA DEL COLLOCAMENTO

CAPO I

Disposizioni generali
Art. 1. Ambito di applicazione
1. Ferme restando le funzioni ed i compiti conferiti alle regioni ed alle province
in materia di gestione del collocamento e di politiche attive del lavoro, ai sensi
del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, nell'esercizio dei poteri
45
generali di indirizzo, promozione e coordinamento e, allo scopo di garantire
l'efficace attivazione sul territorio nazionale del Sistema informativo lavoro
(S.I.L.) in conformità all'articolo 11 del suddetto decreto legislativo n. 469 del
1997, le disposizioni del presente regolamento disciplinano le linee di carattere
generale concernenti le procedure per l'impiego dei lavoratori e per il
collocamento. (Seguivano alcune parole non ammesse al "Visto" della Corte dei
conti).
2. I criteri di organizzazione, le modalità, le specificazioni ed i tempi di
attuazione delle previsioni del presente regolamento, ivi comprese le
procedure di avviamento a selezione presso le pubbliche amministrazioni
secondo criteri oggettivi, previo confronto con le autonomie locali, saranno
definiti, sulla base di indirizzi forniti dal Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, sentita la Conferenza unificata, con provvedimenti regionali che
dovranno assicurarne, tenuto conto di quanto previsto dalle disposizioni
transitorie di cui all'articolo 8, la piena attuazione entro un anno dalla data di
entrata in vigore del presente regolamento.

Art. 2. Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si intende per:
a) "sede di lavoro" l'ufficio, lo stabilimento, il cantiere o comunque il luogo
dove si esegue, di norma, la prestazione di lavoro;
b) "sede operativa di società di fornitura di lavoro temporaneo" l'ufficio presso
il quale sono tenuti i documenti di lavoro relativi al prestatore di lavoro
temporaneo;
c) "servizi competenti" i centri per l'impiego o gli altri organi individuati dalle
regioni ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469;
d) "S.I.L." il Sistema informativo lavoro.

Art. 3. Tutela dei dati personali


1. Al fine di promuovere l'occupazione, favorire l'inserimento al lavoro e
l'accesso ad attività di orientamento e formazione professionale nonché
agevolare l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro i servizi competenti
possono comunicare e diffondere, anche per via telematica, a privati datori di
lavoro, diversi da quelli autorizzati ai sensi degli articoli 10 e 11, commi 3, 4 e
5, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, a enti pubblici economici
che siano interessati all'assunzione, alle società di mediazione autorizzate,
nonché agli enti previdenziali, ai centri di formazione professionale e alle altre
pubbliche amministrazioni i dati personali relativi ai soggetti presenti nelle
banche dati, senza che sia necessario il consenso degli interessati, ferme
restando le disposizioni di cui all'articolo 13, comma l, lettera d), della legge 31
dicembre 1996, n. 675, e con l'esclusione di quelli sensibili o attinenti a
provvedimenti giudiziari, come definiti e individuati rispettivamente negli
articoli 22 e 24 della citata legge n. 675 del 1996.

CAPO II

Servizi alle persone in cerca di lavoro

Art. 4. Elenco anagrafico

46
1. Le persone aventi l'età stabilita dalla legge per essere ammesse al lavoro e
che, essendo in cerca di lavoro perché inoccupate, disoccupate, nonché
occupate in cerca di altro lavoro, intendono avvalersi dei servizi competenti,
vengono inserite in un elenco anagrafico indipendentemente dal luogo della
propria residenza. L'elenco anagrafico contiene i dati anagrafici completi del
lavoratore nonché i dati relativi alla residenza, all'eventuale domicilio, alla
composizione del nucleo familiare, ai titoli di studio posseduti, all'eventuale
appartenenza a categorie protette e allo stato occupazionale. L'inserimento
nell'elenco anagrafico produce esclusivamente gli effetti previsti dal presente
regolamento.
2. L'elenco anagrafico e' integrato ed aggiornato sulla base delle informazioni
fornite dal lavoratore e, d'ufficio, sulla base delle comunicazioni obbligatorie
provenienti dai datori di lavoro, dalle società di fornitura di lavoro temporaneo
e dai soggetti autorizzati all'attività di mediazione tra domanda e offerta di
lavoro.
3. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da adottarsi,
sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro
maggiormente rappresentative e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente regolamento, sono definiti:
a) il contenuto e le modalità di trattamento dei dati dell'elenco anagrafico
essenziali al fine della conduzione coordinata ed integrata del sistema
informativo lavoro, secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, lettera
d), e dall'articolo 11 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, con la
contestuale individuazione dei titolari e dei responsabili del trattamento;
b) le modalità di codifica di base delle professioni;
c) la classificazione dei lavoratori inseriti nell'elenco anagrafico a scopo
statistico secondo criteri omogenei con quelli definiti in sede comunitaria ed
internazionale.
4. L'elenco anagrafico dei lavoratori e' gestito con l'impiego di tecnologie
informatiche ed e' organizzato con modalità che assicurino omogeneità a livello
nazionale e consentano aggregazioni e disaggregazioni, anche di genere,
funzionali al S.I.L.
5. I lavoratori nazionali e comunitari inseriti nell'elenco anagrafico mantengono
l'iscrizione per tutta la durata della vita lavorativa, salvo cancellazione a
domanda.
6. I lavoratori stranieri in possesso del permesso di soggiorno per lavoro
subordinato inseriti nell'elenco anagrafico che perdono il posto di lavoro, anche
per dimissioni, mantengono l'inserimento in tale elenco per il periodo di validità
residua del permesso di soggiorno e, comunque, per un periodo non superiore
ad un anno.

Art. 5. Scheda professionale


1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
regolamento, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti il Ministro
della pubblica istruzione, il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica, il Ministro per la funzione pubblica e il Ministro per le pari
opportunità, nonché le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di
lavoro maggiormente rappresentative, previa acquisizione del parere della
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
47
n. 281, determina le caratteristiche del modello di scheda professionale nella
quale, oltre ai dati contenuti nell'elenco anagrafico, sono inserite le
informazioni relative alle esperienze formative e professionali e alle
disponibilità del lavoratore.
2. La scheda professionale di cui al comma l, viene rilasciata dal competente
servizio per l'impiego e contiene, altresì, i dati relativi alla certificazione delle
competenze professionali in raccordo con le disposizioni in materia di
formazione professionale.
3. Al fine di favorire l'accesso ai servizi per l'impiego le regioni, d'intesa con il
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, nell'ambito delle linee
strategiche definite dall'Autorità per l'informatica nella pubblica
amministrazione (AIPA), possono prevedere il rilascio alle persone in cerca di
lavoro di una carta elettronica personale contenente le chiavi d'accesso alle
banche dati del S.I.L.

CAPO III

Assunzione dei lavoratori

Art. 6. (Articolo non ammesso al "Visto" della Corte dei conti).

Titolo II

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Art. 7. Norme abrogate


1. Ai sensi dell'articolo 20 della legge 15 marzo 1997 n. 59, dalla data di
entrata in vigore del presente regolamento sono abrogate le seguenti
disposizioni:
a) l'articolo 6 della legge 10 gennaio 1935, n. 112, e successive modificazioni e
integrazioni, limitatamente agli obblighi ivi previsti, concernenti la consegna
del libretto di lavoro all'atto dell'assunzione del lavoratore e l'articolo 8 della
stessa legge (seguivano le lettere b), c), d), e) ed f) del presente comma 1, non
ammesse al "Visto" della Corte dei conti).

Art. 8. Norme transitorie


1. In sede di prima attuazione i lavoratori risultanti iscritti nelle liste di
collocamento ordinario (Seguivano alcune parole non ammesse al "Visto" della
Corte dei conti), previste dalle norme previgenti, sono provvisoriamente inseriti
d'ufficio nell'elenco anagrafico di cui all'articolo 4. I provvedimenti regionali
emanati ai sensi dell'articolo 1, comma 2, prevedono l'organizzazione
dell'elenco anagrafico entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui al comma 3 del
medesimo articolo 4.
2. Fino all'emanazione delle disposizioni previste dall'articolo l, comma 2, del
presente regolamento restano in vigore le graduatorie approvate ai sensi della
disciplina previgente.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta
ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a
chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
48
Dato a Roma, addì 7 luglio 2000

CIAMPI
Amato, Presidente del Consiglio dei Ministri
Bassanini, Ministro per la funzione pubblica
Loiero, Ministro per gli affari regionali
Mattioli, Ministro per le politiche comunitarie
Salvi, Ministro del lavoro e della previdenza sociale
Bianco, Ministro dell'interno
Visto, il Guardasigilli: Fassino
Registrato alla Corte dei conti il 22 dicembre 2000
Atti di Governo, registro n. 123, foglio n. 16
La Sezione del controllo, nell'adunanza del 21 dicembre 2000, ha ammesso al
visto e alla conseguente registrazione il regolamento, con esclusione:
dell'art. 1, comma 1, limitatamente alle parole: "e l'assunzione di particolari
categorie di lavoratori, anche se regolate da leggi speciali, ad eccezione di
quelle in materia di collocamento della gente di mare e di diritto al lavoro dei
disabili";
dell'art. 6;
dell'art. 7, lettere b), c), d), e), ed f);
dell'art. 8, comma 1, limitatamente alle parole: "ed in quelle speciali".
N O T E:
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall’amministrazione
competente per materia, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del
Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica
italiana, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre
1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la Iettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia
degli atti legislativi qui trascritti.
Nota al titolo:
- Per il testo dell'art. 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59, si veda
nelle note alle premesse.
Note alle premesse:
- L'art. 87, quinto comma, della Costituzione conferisce al Presidente della
Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore
di legge ed i regolamenti.
- Il comma 2 dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina
dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri), così recita:
"2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti
per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista
dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando
l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme
generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme
vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari".
- L'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della
49
pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa), e' il
seguente:
"Art. 20. - 1. Il Governo, entro il 31 gennaio di ogni anno, presenta al
Parlamento un disegno di legge per la delegificazione di norme concernenti
procedimenti amministrativi, anche coinvolgenti amministrazioni centrali, locali
o autonome, indicando i criteri per l'esercizio della potestà regolamentare
nonché i procedimenti oggetto della disciplina, salvo quanto previsto dalla
lettera a) del comma 5. In allegato al disegno di legge e' presentata una
relazione sullo stato di attuazione della semplificazione dei procedimenti
amministrativi.
2. In sede di attuazione della delegificazione, il Governo individua con le
modalità di cui al decreto- legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i procedimenti o
gli aspetti del procedimento che possono essere autonomamente disciplinati
dalle regioni e dagli enti locali.
3. I regolamenti sono emanati con decreto dal Presidente della Repubblica,
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il
Ministro competente, previa acquisizione del parere delle competenti
commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato. A tal fine la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, ove necessario, promuove, anche su richiesta del Ministro
competente, riunioni tra le amministrazioni interessate. Decorsi trenta giorni
dalla richiesta di parere alle commissioni, i regolamenti possono essere
comunque emanati.
4. I regolamenti entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla data
della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Con
effetto dalla stessa data sono abrogate le norme, anche di legge, regolatrici dei
procedimenti.
5. I regolamenti si conformano ai seguenti criteri e principi:
a) semplificazione dei procedimenti amministrativi, e di quelli che agli stessi
risultano strettamente connessi o strumentali, in modo da ridurre il numero
delle fasi procedimentali e delle amministrazioni intervenienti, anche
riordinando le competenze degli uffici, accorpando le funzioni per settori
omogenei, sopprimendo gli organi che risultino superflui e costituendo centri
interservizi dove raggruppare competenze diverse ma confluenti in una unica
procedura;
b) riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti e uniformazione
dei tempi di conclusione previsti per procedimenti tra loro analoghi;
c) regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono
presso diverse amministrazioni o presso diversi uffici della medesima
amministrazione;
d) riduzione del numero di procedimenti amministrativi e accorpamento dei
procedimenti che si riferiscono alla medesima attività, anche riunendo in una
unica fonte regolamentare, ove ciò corrisponda ad esigenze di semplificazione
e conoscibilità normativa, disposizioni provenienti da fonti di rango diverso,
ovvero che pretendono particolari procedure, fermo restando l'obbligo di porre
in essere le procedure stesse;
e) semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili, anche
mediante adozione ed estensione alle fasi di integrazione dell'efficacia degli
atti, di disposizioni analoghe a quelle di cui all'art. 51, comma 2, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni;
50
f) trasferimento ad organi monocratici o ai dirigenti amministrativi di funzioni
anche decisionali, che non richiedano, in ragione della loro specificità,
l'esercizio in forma collegiale, e sostituzione degli organi collegiali con
conferenze di servizi o con interventi, nei relativi procedimenti, dei soggetti
portatori di interessi diffusi;
g) individuazione delle responsabilità e delle procedure di verifica e controllo;
g-bis) soppressione dei procedimenti che risultino non più rispondenti alle
finalità e agli obiettivi fondamentali definiti dalla legislazione di settore o che
risultino in contrasto con i principi generali dell'ordinamento giuridico nazionale
o comunitario;
g-ter) soppressione dei procedimenti che comportino, per l'amministrazione e
per i cittadini, costi più elevati dei benefici conseguibili, anche attraverso la
sostituzione dell'attività amministrativa diretta con forme di
autoregolamentazione da parte degli interessati;
g-quater) adeguamento della disciplina sostanziale e procedimentale
dell'attività e degli atti amministrativi ai principi della normativa comunitaria,
anche sostituendo al regime concessorio quello autorizzatorio;
g-quinquies) soppressione dei procedimenti che derogano alla normativa
procedimentale di carattere generale, qualora non sussistano più le ragioni che
giustifichino una difforme disciplina settoriale;
g-sexies) regolazione, ove possibile, di tutti gli aspetti organizzativi e di tutte le
fasi del procedimento;
g-septies) adeguamento delle procedure alle nuove tecnologie informatiche.
5-bis. I riferimenti a testi normativi contenuti negli elenchi di procedimenti da
semplificare di cui all'allegato 1 alla presente legge e alle leggi di cui al comma
1 del presente articolo si intendono estesi ai successivi provvedimenti di
modificazione.
6. I servizi di controllo interno compiono accertamenti sugli effetti prodotti dalle
norme contenute nei regolamenti di semplificazione e di accelerazione dei
procedimenti amministrativi e possono formulare osservazioni e proporre
suggerimenti per la modifica delle norme stesse e per il miglioramento
dell'azione amministrativa.
7. Le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dai commi da 1
a 6 nel rispetto dei principi desumibili dalle disposizioni in essi contenute, che
costituiscono principi generali dell'ordinamento giuridico. Tali disposizioni
operano direttamente nei riguardi delle regioni fino a quando esse non avranno
legiferato in materia. Entro due anni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e
di Bolzano provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme
fondamentali contenute nella legge medesima.
8. In sede di prima attuazione della presente legge e nel rispetto dei principi,
criteri e modalità di cui al presente articolo, quali norme generali regolatrici,
sono emanati appositi regolamenti ai sensi e per gli effetti dell'art. 17, comma
2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per disciplinare i procedimenti di cui
all'allegato 1 alla presente legge, nonché le seguenti materie:
a) sviluppo e programmazione del sistema universitario, di cui alla legge 7
agosto 1990, n. 245, e successive modificazioni, nonché valutazione del
medesimo sistema, di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive
modificazioni;

51
b) composizione e funzioni degli organismi collegiali nazionali e locali di
rappresentanza e coordinamento del sistema universitario, prevedendo altresì
l'istituzione di un consiglio nazionale degli studenti, eletto dai medesimi, con
compiti consultivi e di proposta;
c) interventi per il diritto allo studio e contributi universitari. Le norme sono
finalizzate a garantire l'accesso agli studi universitari agli studenti capaci e
meritevoli privi di mezzi, a ridurre il tasso di abbandono degli studi, a
determinare percentuali massime dell'ammontare complessivo della
contribuzione a carico degli studenti in rapporto al finanziamento ordinario
dello Stato per le università, graduando la contribuzione stessa, secondo criteri
di equità, solidarietà e progressività in relazione alle condizioni economiche del
nucleo familiare, nonché a definire parametri e metodologie adeguati per la
valutazione delle effettive condizioni economiche dei predetti nuclei. Le norme
di cui alla presente lettera sono soggette a revisione biennale, sentite le
competenti commissioni parlamentari.
d) procedure per il conseguimento del titolo di dottore di ricerca, di cui all'art.
73 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e
procedimento di approvazione degli atti dei concorsi per ricercatore in deroga
all'art. 5, comma 9, della legge 24 dicembre 1993, n. 537;
e) procedure per l'accettazione da parte delle università di eredità, donazioni e
legati, prescindendo da ogni autorizzazione preventiva, ministeriale o
prefettizia.
9. I regolamenti di cui al comma 8, lettere a), b) e c), sono emanati previo
parere delle commissioni parlamentari competenti per materia.
10. In attesa dell'entrata in vigore delle norme di cui al comma 8, lettera c), il
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previsto dall'art. 4 della legge
2 dicembre 1991, n. 390, e' emanato anche nelle more della costituzione della
Consulta nazionale per il diritto agli studi universitari di cui all'art. 6 della
medesima legge.
11. Con il disegno di legge di cui al comma 1, il Governo propone annualmente
al Parlamento le norme di delega ovvero di delegificazione necessarie alla
compilazione di testi unici legislativi o regolamentari, con particolare
riferimento alle materie interessate dalla attuazione della presente legge. In
sede di prima attuazione della presente legge, il Governo e' delegato ad
emanare, entro il termine di sei mesi decorrenti dalla data di entrata in vigore
dei decreti legislativi di cui all'art. 4, norme per la delegificazione delle materie
di cui all'art. 4, comma 4, lettera c), non coperte da riserva assoluta di legge,
nonché testi unici delle leggi che disciplinano i settori di cui al medesimo art. 4,
comma 4, lettera c), anche attraverso le necessarie modifiche, integrazioni o
abrogazioni di norme, secondo i criteri previsti dagli articoli 14 e 17 e dal
presente articolo".
Si riporta l'allegato 1, n. 112-bis alla citata legge n. 59/1997:
"112-bis. Procedimento per il collocamento ordinario dei lavoratori:
legge 29 aprile 1949, n. 264;
legge 28 febbraio 1987, n. 56;
legge 23 luglio 1991, n. 223;
decreto-legge 1o ottobre l996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge
28 novembre 1996, n. 608;
legge 24 giugno 1997, n. 196".

52
- La legge 10 gennaio 1935, n. 112 (Istituzione del libretto di lavoro) e'
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 5 marzo 1935, n. 54.
- La legge 29 aprile 1949, n. 264 (Provvedimenti in materia di avviamento al
lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati), e'
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 1o giugno 1949, n. 125, S.O.
- La legge 11 gennaio 1979, n. 12 (Norme per l'ordinamento della professione
di consulente del lavoro), e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 20 gennaio
1979, n. 20.
- La legge 28 febbraio 1987, n. 56 (Norme sull'organizzazione del mercato del
lavoro), e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 3 marzo 1987, n. 51, S.O.
- La legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione,
mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità
europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del
lavoro), e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 27 luglio 1991, n. 175, S.O.
- Il decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487
(Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche
amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e
delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi), e' pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1994, n. 185, S.O.
- Il decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510 (Disposizioni urgenti in materia di
lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore
previdenziale), e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 2 ottobre 1996, n. 231; la
legge di conversione 28 novembre 1996, n. 608, e' pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 30 novembre 1996, n. 281, S.O.
- La legge 31 dicembre 1996, n. 675 (Tutela delle persone e di altri soggetti
rispetto al trattamento dei dati personali) e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
8 gennaio 1997, n. 5, S.O.
- Il decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152 (Attuazione della direttiva
91/533/CEE concernente l'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore
delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 12 giugno 1997, n. 135.
- Il decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento
delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le
materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei
comuni, con la Conferenza Stato-citta' ed autonomi locali), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 30 agosto 1997, n. 202.
- Il decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 (Conferimento alle regioni e
agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma
dell'art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 8 gennaio 1998, n. 5.
- La legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza
pubblica), e' pubblicata nel supplemento ordinario n. 255/L alla Gazzetta
Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 1997.
- Il decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 403
(Regolamento di attuazione degli articoli 1, 2 e 3 della legge 15 maggio 1997,
n. 127, in materia di semplificazione delle certificazioni amministrative), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 24 novembre 1998, n. 275.
- Il decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di
assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma
53
dell'art. 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 1o marzo 2000, n. 50.
- Il comma 2 dell'art. 31 della citata legge n. 675/1996, così recita:
"2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri e ciascun Ministro consultano il
Garante all'atto della predisposizione delle norme regolamentari e degli atti
amministrativi suscettibili di incidere sulle materie disciplinate dalla presente
legge".
Note all'art. 1:
- Per il titolo e gli estremi di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto
legislativo n. 469 del 1997, si veda nelle note alle premesse.
- L'art. 11 del già citato decreto legislativo n. 469 del 1997, così recita:
"Art. 11 (Sistema informativo lavoro). - 1. Il sistema informativo lavoro, di
seguito denominato SIL, risponde alle finalità ed ai criteri stabiliti dall'art. 1 del
decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, e la sua organizzazione e'
improntata ai principi di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675.
2. Il SIL e' costituito dall'insieme delle strutture organizzative, delle risorse
hardware, software e di rete relative alle funzioni ed ai compiti, di cui agli
articoli 1, 2 e 3.
3. Il SIL, quale strumento per l'esercizio delle funzioni di indirizzo politico-
amministrativo, ha caratteristiche nazionalmente unitarie ed integrate e si
avvale dei servizi di interoperabilità e delle architetture di cooperazione
previste dal progetto di rete unitaria della pubblica amministrazione. Il
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le regioni, gli enti locali, nonché
i soggetti autorizzati alla mediazione tra domanda e offerta di lavoro ai sensi
dell'art. 10, hanno l'obbligo di connessione e di scambio dei dati tramite il SIL,
le cui modalità sono stabilite sentita l'Autorità per l'informatica nella pubblica
amministrazione.
4. Le imprese di fornitura di lavoro temporaneo ed i soggetti autorizzati alla
mediazione tra domanda e offerta di lavoro, hanno facoltà di accedere alle
banche dati e di avvalersi dei servizi di rete offerti dal SIL stipulando apposita
convenzione con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale. I prezzi, i
cambi e le tariffe, applicabili alle diverse tipologie di servizi erogati dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sono determinati annualmente,
sentito il parere dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione,
con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. I proventi
realizzati ai sensi del presente comma sono versati all'entrata del bilancio dello
Stato per essere assegnati, con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica, ad apposita unità previsionale dello stato di
previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
5. Le regioni e gli enti locali possono stipulare convenzioni, anche a titolo
oneroso, con i soggetti di cui al comma 4 per l'accesso alle banche dati dei
sistemi informativi regionali e locali. In caso di accesso diretto o indiretto ai dati
ed alle informazioni del SIL, le regioni e gli enti locali sottopongono al parere
preventivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale uno schema di
convenzione tipo. Il sistema informativo in materia di occupazione e
formazione professionale della camera di commercio e di altre enti funzionali e'
collegato con il SIL secondo modalità da definire mediante convenzioni, anche
a titolo oneroso, da stipulare con gli organismi rappresentativi nazionali. Le
medesime modalità si applicano ai collegamenti tra il SIL ed il registro delle
54
imprese delle camere di commercio secondo quanto previsto dal decreto del
Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581.
6. Le attività di progettazione, sviluppo e gestione del SIL sono esercitate dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale nel rispetto di quanto stabilito
dal decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
7. Sono attribuite alle regioni le attività di conduzione e di manutenzione degli
impianti tecnologici delle unità operative regionali e locali. Fatte salve
l'omogeneità, l'interconnessione e la fruibilità da parte del livello nazionale del
SIL, le regioni e gli enti locali possono provvedere allo sviluppo autonomo di
parti del sistema. La gestione e l'implementazione del SIL da parte delle regioni
e degli enti locali sono disciplinate con apposita convenzione tra i medesimi
soggetti e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, previo parere
dell'organo tecnico di cui al comma 8.
8. Al fine di preservare l'omogeneità logica e tecnologica del SIL ed al
contempo consentire l'autonomia organizzativa e gestionale dei sistemi
informativi regionali e locali ad esso collegati, e' istituito, nel rispetto di quanto
previsto dal citato decreto legislativo n. 281 del 1997 un organo tecnico con
compiti di raccordo tra il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le
regioni e le amministrazioni locali in materia di SIL.
9. Nel rispetto di quanto stabilito dal decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, la composizione ed il funzionamento dell'organo tecnico di cui al comma 8
sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di
concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica.
10. Le delibere dell'organo tecnico sono rese esecutive con decreto del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale ed hanno natura obbligatoria e vincolante
nei confronti dei destinatari.
Note all'art. 2:
- L'art. 4 del già citato decreto legislativo n. 469 del 1997, e' il seguente:
"Art. 4 (Criteri per l'organizzazione del sistema regionale per l'impiego). - 1.
L'organizzazione amministrativa e le modalità di esercizio delle funzioni e dei
compiti conferiti ai sensi del presente decreto sono disciplinati, anche al fine di
assicurare l'integrazione tra i servizi per l'impiego, le politiche attive del lavoro
e le politiche formative, con legge regionale da emanarsi entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, secondo i seguenti principi e
criteri direttivi:
a) ai sensi dell'art. 4, comma 3, lettere f), g) e h), della legge 15 marzo 1997, n.
59, attribuzione alle province delle funzioni e dei compiti di cui all'art. 2,
comma 1, ai fini della realizzazione dell'integrazione di cui al comma 1;
Note all'art. 3:
- L'art. 10 del già citato decreto legislativo n. 469 del 1997, come da ultimo,
modificato dall'art. 117 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge finanziaria
2001), cos recita:
"Art. 10 (Attività di mediazione). - 1. Ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera g),
della legge 15 marzo 1997, n. 59. Il presente articolo definisce le modalità
necessarie per l'autorizzazione a svolgere attività di mediazione tra domanda e
offerta di lavoro a idonee strutture organizzative, nonché le modalità di
accreditamento dell'attività di ricerca e selezione del personale e di supporto
alla ricollocazione professionale.
55
"1-bis. Per mediazione tra domanda ed offerta di lavoro si intende l'attività,
anche estesa all'inserimento lavorativo dei disabili e delle fasce svantaggiate,
di:
raccolta di curricula dei potenziali lavoratori, preselezione e costituzione di
relativa banca dati;
orientamento professionale dei lavoratori; ricerca e selezione dei lavoratori;
promozione e gestione dell'incontro tra domanda ed offerta di lavoro anche
nella ricollocazione professionale; effettuazione, su richiesta dell'azienda, di
tutte le comunicazioni conseguenti alle assunzioni avvenute a seguito
dell'iniziativa della stessa società di mediazione; gestione di attività dei servizi
all'impiego a seguito di convenzioni con le pubbliche istituzioni preposte, per il
cui svolgimento il possesso dell'autorizzazione alla mediazione costituisce
criterio preferenziale.
1-ter. Per ricerca e selezione del personale si intende l'attività effettuata su
specifico ed esclusivo incarico di consulenza ottenuto dal datore di lavoro
cliente, consistente nel ricercare, selezionare e valutare i canditati sulla base
del profilo professionale e con le modalità concordate con il datore di lavoro
cliente, approntando i mezzi ed i supporti idonei allo scopo.
1-quater. Per supporto alla ricollocazione professionale si intende l'attività
effettuata su specifico ed esclusivo incarico del datore di lavoro cliente, ovvero
in base ad accordi sindacali da soggetti surroganti il datore di lavoro, al fine di
facilitare la rioccupazione nel mercato di prestatori di lavoro, singoli o collettivi,
attraverso la preparazione, l'accompagnamento della persona e
l'affiancamento della stessa nell'inserimento della nuova attività.
2. L'attività di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro può essere svolta,
previa autorizzazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, da
imprese o gruppi di imprese, anche società cooperative con capitale versato
non inferiore a 200 milioni di lire nonché da enti non commerciali con
patrimonio non inferiore a 200 milioni. Fermo restando forme societarie anche
non di capitali, per lo svolgimento di attività di ricerca e selezione nonché di
supporto alla ricollocazione professionale, il limite di capitale versato ammonta
a lire 50 milioni".
3. I soggetti di cui al comma 2 debbono avere quale oggetto sociale esclusivo
l'attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro, ovvero l'attività di
ricerca e selezione ovvero di supporto alla ricollocazione professionale,
ciascuna attraverso la specifica procedura di cui al comma 4.
4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale rilascia, entro novanta giorni
dalla richiesta e previo accertamento della sussistenza dei requisiti di cui ai
commi 2 e 7, l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di mediazione nonché
l'accreditamento per le attività di ricerca e selezione e di supporto alla
ricollocazione professionale, provvedendo contestualmente all'iscrizione delle
società nei rispettivi elenchi.
5. Le domande di autorizzazione ovvero di accreditamento e di rinnovo sono
presentate al Ministero del lavoro e della previdenza sociale che le trasmette
entro quindici giorni alle regioni territorialmente competenti per acquisirne un
motivato parere entro i quindici giorni successivi alla trasmissione. Decorso
inutilmente tale termine, iI Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ove
ne ricorrano i presupposti, può comunque procedere al rilascio
dell'autorizzazione o al suo rinnovo ovvero all'accreditamento.

56
6. Ai fini dell'autorizzazione ovvero dell'accreditamento i soggetti interessati si
impegnano a:
a) con riferimento alle società di mediazione fornire al servizio pubblico,
mediante collegamento in rete, i dati relativi alla domanda e all'offerta di
lavoro che sono a loro disposizione;
b) comunicare all'autorità concedente gli spostamenti di sede, l'apertura delle
filiali o succursali, la cessazione delle attività;
c) con riferimento alle società di mediazione fornire all'autorità concedente
tutte le informazioni da questa richiesta.
7. I soggetti di cui al comma 2 devono:
a) disporre di uffici idonei nonché di operatori con competenze professionali
idonee allo svolgimento dell'attività di selezione di manodopera; l'idoneità delle
competenze professionali e' comprovata da esperienze lavorative relative,
anche in via alternativa, alla gestione, all'orientamento alla selezione e alla
formazione del personale almeno biennale, ovvero da titoli di studio adeguati;
b) avere amministratori, direttori generali, dirigenti muniti di rappresentanza e
soci accomandatari, in possesso di titoli di studio adeguati ovvero di
comprovata esperienza nel campo della gestione, selezione e formazione del
personale della durata di almeno tre anni.
Tali soggetti non devono aver riportato condanne, anche non definitive, ivi
comprese le sanzioni sostitutive di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689,
per delitti contro il patrimonio, per delitti contro la fede pubblica o contro
l'economia pubblica, per il delitto previsto dall'art. 416-bis del codice penale, o
per delitti non colposi per i quali la legge commini la pena della reclusione non
inferiore nel massimo a tre anni, per delitti o contravvenzioni previsti da leggi
dirette alla prevenzione degli infortuni sul lavoro o di previdenza sociale,
ovvero non devono essere stati sottoposti alle misure di prevenzione disposte
ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965,
n. 575, o della legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni ed
integrazioni.
8. Ai sensi delle disposizioni di cui alle leggi 20 maggio 1970, n. 300, 9
dicembre 1977, n. 903, e 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni ed
integrazioni, nello svolgimento dell'attività di cui ai commi da1 a 1-ter e'
vietata ogni pratica discriminatoria basata sul sesso, sulle condizioni familiari,
sulla razza, sulla cittadinanza, sull'origine territoriale, sull'opinione o affiliazione
politica, religiosa o sindacale dei lavoratori.
9. La raccolta, la memorizzazione e la diffusione delle informazioni avviene
sulla base dei principi della legge 31 dicembre 1996, n. 675.
10. Nei confronti dei prestatori di lavoro l'attività di cui ai commi da 1 a 1-ter
deve essere esercitata a titolo gratuito.
11. Il soggetto che svolge l'attività di cui ai commi da 1 a 1-ter indica gli
estremi dell'autorizzazione ovvero dell'accreditamento nella propria
corrispondenza ed in tutte le comunicazioni a terzi, anche a carattere
pubblicitario e a mezzo stampa.
12. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
il Ministro del lavoro e della previdenza sociale determina, con decreto, i criteri
e le modalità:
a) di controllo sul corretto esercizio dell'attività;
b) di revoca dell'autorizzazione, ovvero dell'accreditamento anche su richiesta
delle regioni, in caso di non corretto andamento dell'attività svolta, con
57
particolare riferimento alle ipotesi di violazione delle disposizioni di cui ai
commi 8 e 10;
c) di effettuazione delle comunicazioni di cui al comma 6;
d) con riferimento alle società di mediazione, di accesso ai dati complessivi
sulle domande ed offerte di lavoro.
13. Nei confronti dei soggetti autorizzati ovvero accreditati ai sensi del
presente articolo, non trovano applicazione le disposizioni contenute nella
legge 29 aprile 1949, n. 264, e successive modificazioni ed integrazioni.
14. In fase di prima applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, la
domanda di autorizzazione di cui al comma 2 può essere presentata
successivamente alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 12".
- Il testo dei commi 3, 4 e 5 dell'art. 11 del citato decreto legislativo n. 469 del
1997, e' il seguente;
"3. Il SIL, quale strumento per l'esercizio delle funzioni di indirizzo politico-
amministrativo, ha caratteristiche nazionalmente unitarie ed integrate e si
avvale dei servizi di interoperabilità e delle architetture di cooperazione
previste dal progetto di rete unitaria della pubblica amministrazione. II
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le regioni, gli enti locali, nonché
i soggetti autorizzati alla mediazione tra domanda e offerta di lavoro ai sensi
dell'art. 10, hanno l'obbligo di connessione e di scambio dei dati tramite il SIL,
le cui modalità sono stabilite sentita l'Autorità per l'informatica nella pubblica
amministrazione.
4. Le imprese di fornitura di lavoro temporaneo ed i soggetti autorizzati alla
mediazione tra domanda e offerta di lavoro, hanno facoltà di accedere alle
banche dati e di avvalersi dei servizi di rete offerti dal SIL stipulando apposita
convenzione con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale. I prezzi, i
cambi e le tariffe, applicabili alle diverse tipologie di servizi erogati dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sono determinati annualmente,
sentito il parere dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione,
con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. I proventi
realizzati ai sensi del presente comma sono versati all'entrata del bilancio dello
Stato per essere assegnati, con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica, ad apposita unità previsionale dello stato di
previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
5. Le regioni e gli enti locali possono stipulare convenzioni, anche a titolo
oneroso, con i soggetti di cui al comma 4 per l'accesso alle banche dati dei
sistemi informativi regionali e locali. In caso di accesso diretto o indiretto ai dati
ed alle informazioni del SIL, le regioni e gli enti locali sottopongono al parere
preventivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale uno schema di
convenzione tipo. Il sistema informativo in materia di occupazione e
formazione professionale della camera di commercio e di altre enti funzionali e'
collegato con il SIL secondo modalità da definire mediante convenzioni, anche
a titolo oneroso, da stipulare con gli organismi rappresentativi nazionali. Le
medesime modalità si applicano ai collegamenti tra il SIL ed il registro delle
imprese delle camere di commercio secondo quanto previsto dal decreto del
Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581".
- L'art. 13, comma 1, lettera d), della già citata legge n. 675 del 1996, così
recita:

58
"Art. 13 (Diritti dell'interessato). - 1. In relazione al trattamento di dati personali
l'interessato ha diritto:
a); b); c); (omissis);
d) di opporsi, in tutto o in parte, per motivi legittimi, al trattamento dei dati
personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta".
- Gli articoli 22 e 24 della citata legge n. 675 del 1996, così recitano:
"Art. 22 (Dati sensibili). - 1. I dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed
etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni
politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a
carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei
a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, possono essere oggetto di
trattamento solo con il consenso scritto dell'interessato e previa autorizzazione
del Garante.
1-bis. Il comma 1 non si applica ai dati relativi agli aderenti alle confessioni
religiose in cui i rapporti con lo Stato siano regolati da accordi o intese ai sensi
degli articoli 7 e 8 della Costituzione, nonché relativi ai soggetti che con
riferimento a finalità di natura esclusivamente religiosa hanno contatti regolari
con le medesime confessioni, che siano trattati dai relativi organi o enti
civilmente riconosciuti, sempreché i dati non siano comunicati o diffusi fuori
delle medesime confessioni.
Queste ultime determinano idonee garanzie relativamente ai trattamenti
effettuati.
2 Il Garante comunica la decisione adottata sulla richiesta di autorizzazione
entro trenta giorni, decorsi i quali la mancata pronuncia equivale a rigetto. Con
il provvedimento di autorizzazione, ovvero successivamente, anche sulla base
di eventuali verifiche, il Garante può prescrivere misure e accorgimenti a
garanzia dell'interessato, che il titolare del trattamento e' tenuto ad adottare.
3. Il trattamento dei dati indicati al comma 1 da parte di soggetti pubblici,
esclusi gli enti pubblici economici, e' consentito solo se autorizzato da espressa
disposizione di legge, nella quale siano specificati i tipi di dati che possono
essere trattati, le operazioni eseguibili e le rilevanti finalità di interesse
pubblico perseguite. In mancanza di espressa disposizione di legge, e fuori dai
casi previsti dai decreti legislativi di modificazione ed integrazione della
presente legge, emanati in attuazione della legge 31 dicembre 1996, n. 676, i
soggetti pubblici possono richiedere al Garante, nelle more della specificazione
legislativa, l'individuazione delle attività, tra quelle demandate ai medesimi
soggetti dalla legge, che perseguono rilevanti finalità di interesse pubblico e
per le quali e' conseguentemente autorizzato, ai sensi del comma 2, il
trattamento dei dati indicati al comma 1).
3-bis Nei casi in cui e specificata, a norma del comma 3, la finalità di rilevante
interesse pubblico, ma non sono specificati i tipi di dati e le operazioni
eseguibili, i soggetti pubblici, in applicazione di quanto previsto dalla presente
legge e dai decreti legislativi di attuazione della legge 31 dicembre 1996, n.
676, in materia di dati sensibili, identificano e rendono pubblici, secondo i
rispettivi ordinamenti, i tipi di dati e di operazioni strettamente pertinenti e
necessari in relazione alle finalità perseguite nei singoli casi, aggiornando tale
identificazione periodicamente.
4. I dati personali idonei a rivelare lo stato di Salute e la vita sessuale possono
essere oggetto di trattamento previa autorizzazione del Garante, qualora il
trattamento sia necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni di cui
59
all'art. 38 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice
di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e
successive modificazioni, o, comunque, per far valere o difendere in sede
giudiziaria un diritto di rango pari a quello dell'interessato, sempre che i dati
siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente
necessario al loro perseguimento. Il Garante prescrive le misure e gli
accorgimenti di cui al comma 2 e promuove la sottoscrizione di un apposito
codice di deontologia e di buona condotta secondo le modalità di cui all'art. 31,
comma 1, lettera h). Resta fermo quanto previsto dall'art. 43, comma 2." "Art.
24 (Dati relativi ai provvedimenti di cui all'art. 686 del codice di procedura
penale). - 1 Il trattamento di dati personali idonei a rivelare provvedimenti di
cui all'art. 686, commi 1, lettere a) e d), 2 e 3, del codice di procedura penale,
e' ammesso soltanto se autorizzato da espressa disposizione di legge o
provvedimento del Garante che specifichino le rilevanti finalità di interesse
pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e le precise operazioni
autorizzate".
b) costituzione di una commissione regionale permanente tripartita quale sede
concertativa di progettazione, proposta, valutazione e verifica rispetto alle
linee programmatiche e alle politiche del lavoro di competenza regionale; la
composizione di tale organo collegiale deve prevedere la presenza del
rappresentante regionale competente per materia di cui alla lettera c), delle
parti sociali sulla base della rappresentatività determinata secondo i criteri
previsti dall'ordinamento, rispettando la pariteticità delle posizioni delle parti
sociali stesse, nonché quella del consigliere di parità nominato ai sensi della
legge 10 aprile 1991, n. 125;
c) costituzione di un organismo istituzionale finalizzato a rendere effettiva, sul
territorio, l'integrazione tra i servizi all'impiego, le politiche attive del lavoro e
le politiche formative, composto da rappresentanti istituzionali della regione,
delle province e degli altri enti locali;
d) affidamento delle funzioni di assistenza tecnica e monitoraggio nelle materie
di cui all'art. 2, comma 2, ad apposita struttura regionale dotata di personalità
giuridica, con autonomia patrimoniale e contabile avente il compito di
collaborare al raggiungimento dell'integrazione di cui al comma 1, nel rispetto
delle attribuzioni di cui alle lettere a) e b). Tale struttura garantisce il
collegamento con il sistema informativo del lavoro di cui all'art. 11;
e) gestione ed erogazione da parte delle province dei servizi connessi alle
funzioni e ai compiti attribuiti ai sensi del comma 1, lettera a), tramite strutture
denominate "centri per l'impiego ;
f) distribuzione territoriale dei centri per l'impiego sulla base di bacini
provinciali con utenza non inferiore a 100.000 abitanti, fatte salve motivate
esigenze socio-geografiche;
g) possibilità di attribuzione alle province della gestione ed erogazione dei
servizi, anche tramite i centri per l'impiego, connessi alle funzioni e compiti
conferiti alla regione ai sensi dell'art. 2, comma 2;
h) possibilità di attribuzione all'ente di cui al comma 1, lettera d), funzioni ed
attività ulteriori rispetto a quelle conferite ai sensi del presente decreto, anche
prevedendo che l'erogazione di tali ulteriori servizi sia a titolo oneroso per i
privati che ne facciano richiesta.
2. Le province individuano adeguati strumenti di raccordo con gli altri enti
locali, prevedendo la partecipazione degli stessi alla individuazione degli
60
obiettivi e all'organizzazione dei servizi connessi alle funzioni e ai compiti di cui
all'art. 2, comma 1. L'art. 3, comma 1, della legge 28 febbraio 1987, n. 56, si
applica anche ai centri per l'impiego istituiti dalle amministrazioni provinciali.
3. I servizi per l'impiego di cui al comma 1, devono essere organizzati entro il
31 dicembre 1998".
Note all'art. 4:
- L'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed
ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione,
per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e
dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali) e' il seguente:
"Art. 8 (Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza unificata). - 1.
La Conferenza Stato-città ed autonomie locali e' unificata per le materie ed i
compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle
comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni.
2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali e' presieduta dal Presidente
del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal
Ministro per gli affari regionali; ne fanno parte altresì il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro
dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il presidente dell'Associazione
nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia -
UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani -
UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei
presidenti di provincia designati dall'UPI.
Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le città
individuate dall'art. 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono
essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti di
amministrazioni statali, locali e di enti pubblici.
3. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali e' convocata almeno ogni tre
mesi e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessità o qualora ne
faccia' richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM.
4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 e' convocata dal Presidente del
Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio
dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale
incarico non e' conferito, dal Ministro dell'interno".
- La lettera d), comma 3, dell'art. 1 del già citato decreto legislativo n.
469/1997, e' la seguente:
"3. In riferimento alle materie di cui al comma 1, costituiscono funzioni e
compiti dello Stato ai sensi degli articoli 1, commi 3 e 4, e 3, comma 1, lettera
a), della citata legge n. 59 del 1997:
a); b); c); (omissis);
d) conduzione coordinata ed integrata del Sistema informativo lavoro secondo
quanto previsto dall'art. 11".
e) (omissis);
- Per il testo dell'art. 11 del decreto legislativo n. 469/1997, si veda nelle note
all'art. 1.
Note all'art. 5:
- Per il testo dell'art. 8 del già citato decreto legislativo n. 281/1997, si veda
nelle note all'art. 4.
Note all'art. 7:
61
- Per il testo dell'art. 20 della citata legge n. 59/1997, si veda nelle note alle
premesse.
- Il testo dell'art. 6 della legge 10 gennaio 1935, n. 112 (Istituzione del libretto
di lavoro), abrogato nei limiti di cui all'art. 7 del presente regolamento, così
recitava:
"Art. 6. - Il libretto, durante il periodo di occupazione del lavoratore, rimane
depositato presso il datore di lavoro, fatta eccezione per il personale addetto ai
lavori domestici al quale il libretto verrà restituito dal datore di lavoro dopo
averne presa visione.
All'atto della assunzione in servizio il datore di lavoro deve farsi consegnare il
libretto dal lavoratore e deve verificare se detto libretto sia completo e
formalmente regolare.
Tuttavia, quando il lavoratore venga assunto per un periodo non superiore ad
una settimana, e' in facoltà del datore di lavoro, dopo aver presa visione del
libretto ed aver constatato la sua integrità, di lasciarlo in possesso del
lavoratore.
Nel caso che il lavoratore presti la propria opera alla dipendenza di più datori di
lavoro, il libretto dovrà restare depositato presso uno dei datori di lavoro,
mente gli altri dovranno essere muniti di una dichiarazione attestante detto
deposito da rilasciarsi dal datore di lavoro che detiene il libretto.
Cessato il rapporto di lavoro, il datore di lavoro deve consegnare il libretto al
lavoratore che ne rilascerà ricevuta, non oltre il giorno successivo alla
cessazione dal servizio. Il lavoratore terrà in suo possesso il libretto per tutto il
periodo della sua disoccupazione".

La concezione attuale del collocamento non è più quella di funzione pubblica,


ma servizio pubblico, alla cui erogazione possono concorrere anche soggetti
privati. L’evidenziazione che il rapporto fra pubblico e privato comporta anche
l’instaurazione di forme di cooperazione strumentali al miglior funzionamento
del mercato del lavoro, è stato previsto che l’autorizzazione a svolgere le
rispettive attività sia condizionata per tutti i soggetti interessati all’assunzione
dell’impegno di inviare all’autorità concedente ogni informazione strategica per
un efficace funzionamento del mercato del lavoro, nonché soprattutto
all’obbligo di interconnessione con la borsa continua nazionale del lavoro. Con i
medesimi fini i servizi competenti a svolgere attività di promozione
all’inserimento nel mercato del lavoro possono essere non solo i centri per
l’impiego, ma anche altri organismi individuati dalle regioni, i quali devono
ricevere un accreditamento da parte delle stesse regioni, mediante iscrizione in
appositi elenchi.

Agenzie per il lavoro


L’aspetto più innovativo della riforma del 1997 rispetto alla nostra tradizione
precedente poteva sicuramente ravvisarsi nella legittimazione delle agenzie
private di collocamento. Presupposto dell’intera disciplina è l’individuazione
delle quattro attività che possono essere svolte nel mercato del lavoro
(somministrazione di lavoro, intermediazione, ricerca e selezione del personale,
supporto alla ricollocazione professionale). Le attività in parola possono essere
svolte soltanto da soggetti, denominati agenzie per il lavoro, che abbiano
62
preventivamente ottenuto la relativa autorizzazione da parte del ministero del
lavoro, cui si accompagna l’iscrizione in un apposito albo. L’autorizzazione
viene rilasciata, entro sessanta giorni dalla richiesta, a titolo provvisorio; dopo
due anni, e previo accertamento del corretto andamento dell’attività svolta, il
ministero rilascia un’autorizzazione a tempo indeterminato entro novanta
giorni dalla richiesta dell’agenzia (in questo caso c’è un meccanismo di
silenzio-assenso, se il ministero non risponde alla richiesta dell’agenzia, tale
richiesta si ritiene accettata). L’autorizzazione non può essere rilasciata a
qualsiasi privato: l’agenzia deve avere forma di società di capitali o
cooperativa, italiana o di un paese UE; possono ricevere autorizzazioni anche le
società di persone, ma con l’esclusione dell’attività di mediazione.

Legge 23 dicembre 2000, n. 388


"Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2001)"
(GU n. 302 del 29 dicembre 2000 - Supplemento Ordinario n. 219)

Art. 117. (Disposizioni in materia di Lavoro temporaneo. Modifiche


all'articolo
10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469)
1. 2. (omissis)
3. All'articolo 10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n.469, sono
apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1, dopo le parole: "idonee strutture organizzative" sono aggiunte
le seguenti: "nonché le modalità di accreditamento dell'attività' di ricerca e
selezione del personale e di supporto alla ricollocazione professionale";
b) dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti:
"1 -bis. Per mediazione tra domanda ed offerta di lavoro si intende l'attività',
anche estesa all'inserimento lavorativo dei disabili e delle fasce svantaggiate,
di: raccolta di curricula dei potenziali lavoratori, preselezione e costituzione di
relativa banca dati; orientamento professionale dei lavoratori; ricerca e
selezione dei lavoratori; promozione e gestione dell'incontro tra domanda ed
offerta di lavoro anche nella ricollocazione professionale; effettuazione, su
richiesta dell'azienda, di tutte le comunicazioni conseguenti alle assunzioni
avvenute a seguito dell'iniziativa della stessa società di mediazione; gestione di
attività dei servizi all'impiego a seguito di convenzioni con le pubbliche
istituzioni preposte, per il cui svolgimento il possesso dell'autorizzazione alla
mediazione costituisce criterio preferenziale.
1-ter. Per ricerca e selezione del personale si intende l'attività effettuata su
specifico ed esclusivo incarico di consulenza ottenuto dal datore di lavoro
cliente, consistente nel ricercare, selezionare e valutare i candidati sulla base
del profilo professionale e con le modalità concordate con il datore di lavoro
cliente, approntando i mezzi ed i supporti idonei allo scopo.
1-quater. Per supporto alla ricollocazione professionale si intende l'attività
effettuata su specifico ed esclusivo incarico del datore di lavoro cliente, ovvero
in base ad accordi sindacali da soggetti surroganti il datore di lavoro, al fine di
facilitare la rioccupazione nel mercato di prestatori di lavoro, singoli o collettivi,
attraverso la preparazione, l'accompagnamento della persona e
l'affiancamento della stessa nell'inserimento della nuova attività.";
63
c) al comma 2, e' aggiunto, in fine il seguente periodo: "Fermo restando forme
societarie anche non di capitali, per lo svolgimento di attività di ricerca e
selezione nonché di supporto alla ricollocazione professionale, il limite di
capitale versato ammonta a lire 50 milioni.";
d) al comma 3, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", ovvero l'attivita' di
ricerca e selezione ovvero di supporto alla ricollocazione professionale,
ciascuna attraverso la specifica procedura di cui al comma 4";
e) il comma 4 e' sostituito dal seguente:
"4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale rilascia, entro novanta
giorni dalla richiesta e previo accertamento della sussistenza dei requisiti di cui
ai commi 2 e 7, l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di mediazione nonché
l'accreditamento per le attività di ricerca e selezione e di supporto alla
ricollocazione professionale, provvedendo contestualmente all'iscrizione delle
società nei rispettivi elenchi.";
f) al comma 5, dopo le parole: "di autorizzazione" sono inserite le seguenti:
"ovvero di accreditamento", la parola: "trenta", ovunque ricorra, e' sostituita
dalla seguente: "quindici" e, in fine, sono aggiunte le seguenti parole: "ovvero
dell'accreditamento"; g) al comma 6, all'alinea, dopo le parole:
"dell'autorizzazione" sono inserite le seguenti: "ovvero dell'accreditamento" e
alle lettere a) e c) sono premesse le seguenti parole: "con riferimento alle
società di mediazione,";
h) al comma 7, lettera a), dopo la parola: "biennale" sono aggiunte le seguenti:
", ovvero da titoli di studio adeguati";
i) ai commi 8 e 10, la parola: "mediazione" e' sostituita dalle seguenti: "cui ai
commi da 1 a 1-ter";
l) al comma 11, la parola: "mediazione" e' sostituita dalle seguenti: "cui ai
commi da 1 a 1-ter" e dopo la parola: "autorizzazione" sono inserite le
seguenti: "ovvero dell'accreditamento";
m) al comma 12, alla lettera b) dopo la parola: "autorizzazione" sono inserite le
seguenti: "ovvero dell'accreditamento" e alla lettera d) sono premesse le
parole: "con riferimento alle società di mediazione,";
n) al comma 13, le parole: "alla mediazione di manodopera" sono sostituite
dalle seguenti: "ovvero accreditati";
4. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale emana entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge il decreto di cui all'articolo
10, comma 12, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come
modificato dal comma 3 del presente articolo, relativamente ai criteri per
l'accreditamento. I soggetti che esercitano, alla data di entrata in vigore della
presente legge, attività di ricerca e selezione nonché di supporto alla
ricollocazione professionale possono svolgere la medesima alle condizioni di cui
al comma 13 dell'articolo 10 del citato decreto n. 469 del 1997, fino ad un
massimo di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale cui al presente comma,
formulando una domanda contenente la dichiarazione circa il rispetto degli
impegni delle condizioni di cui ai commi 6 e 7 del predetto articolo 10.

Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276

Art 2 (Definizioni)
64
1. Ai fini e agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si
intende per:
a) “somministrazione di lavoro”: la fornitura professionale di manodopera, a
tempo indeterminato o a termine, ai sensi dell'articolo 20;
b) “intermediazione”: l'attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro,
anche in relazione all'inserimento lavorativo dei disabili e dei gruppi di
lavoratori svantaggiati, comprensiva tra l'altro: della raccolta dei curricula dei
potenziali lavoratori; della preselezione e costituzione di relativa banca dati;
della promozione e gestione dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro; della
effettuazione, su richiesta del committente, di tutte le comunicazioni
conseguenti alle assunzioni avvenute a seguito della attività di
intermediazione; dell'orientamento professionale; della progettazione ed
erogazione di attività formative finalizzate all'inserimento lavorativo;
c) “ricerca e selezione del personale”: l'attività di consulenza di direzione
finalizzata alla risoluzione di una specifica esigenza dell'organizzazione
committente, attraverso l'individuazione di candidature idonee a ricoprire una
o più posizioni lavorative in seno all'organizzazione medesima, su specifico
incarico della stessa, e comprensiva di: analisi del contesto organizzativo
dell'organizzazione committente; individuazione e definizione delle esigenze
della stessa; definizione del profilo di competenze e di capacità della
candidatura ideale; pianificazione e realizzazione del programma di ricerca
delle candidature attraverso una pluralità di canali di reclutamento; valutazione
delle candidature individuate attraverso appropriati strumenti selettivi;
formazione della rosa di candidature maggiormente idonee; progettazione ed
erogazione di attività formative finalizzate all'inserimento lavorativo; assistenza
nella fase di inserimento dei candidati; verifica e valutazione dell'inserimento e
del potenziale dei candidati;
d) “supporto alla ricollocazione professionale”: l'attività effettuata su specifico
ed esclusivo
incarico dell'organizzazione committente, anche in base ad accordi sindacali,
finalizzata alla ricollocazione nel mercato del lavoro di prestatori di lavoro,
singolarmente o collettivamente considerati, attraverso la preparazione, la
formazione finalizzata all'inserimento lavorativo, l'accompagnamento della
persona e l'affiancamento della stessa nell'inserimento nella nuova attività;
e) “autorizzazione”: provvedimento mediante il quale lo Stato abilita operatori,
pubblici e
privati, di seguito denominati “agenzie per il lavoro”, allo svolgimento delle
attività di cui alle lettere da a) a d);
f) “accreditamento”: provvedimento mediante il quale le regioni riconoscono a
un operatore, pubblico o privato, l'idoneità a erogare i servizi al lavoro negli
ambiti regionali di riferimento, anche mediante l'utilizzo di risorse pubbliche,
nonché la partecipazione attiva alla rete dei servizi per il mercato del lavoro
con particolare riferimento ai servizi di incontro fra domanda e offerta;
g) “borsa continua del lavoro”: sistema aperto di incontro domanda - offerta di
lavoro finalizzato, in coerenza con gli indirizzi comunitari, a favorire la maggior
efficienza e trasparenza del mercato del lavoro, all'interno del quale cittadini,
lavoratori, disoccupati, persone in cerca di un lavoro, soggetti autorizzati o
accreditati e datori di lavoro possono decidere di incontrarsi in maniera libera e
dove i servizi sono liberamente scelti dall'utente;

65
h) “enti bilaterali”: organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei
datori e dei
prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi
privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso: la promozione
di una occupazione regolare e di qualità, l'intermediazione nell'incontro tra
domanda e offerta di lavoro; la programmazione di attività formative e la
determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in
azienda; la promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la
inclusione dei soggetti più svantaggiati; la gestione mutualistica di fondi per la
formazione e l'integrazione del reddito; la certificazione dei contratti di lavoro e
di regolarità o congruità contributiva; lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la
sicurezza sul lavoro; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o
dai contratti collettivi di riferimento;
i) “libretto formativo del cittadino”: libretto personale del lavoratore definito, ai
sensi dell'accordo Stato regioni del 18 febbraio 2000, di concerto tra il
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Ministero dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca, previa intesa con la Conferenza unificata Stato
regioni e sentite le parti sociali, in cui vengono registrate le competenze
acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di
inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta
durante l'arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle
regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale
secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento
permanente, purché è riconosciute e certificate;
j) “lavoratore”: qualsiasi persona che lavora o che è in cerca di un lavoro;
k) “lavoratore svantaggiato”: qualsiasi persona appartenente a una categoria
che abbia difficoltà a entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro ai sensi
dell'articolo 2, lettera f), del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione
del 12 dicembre 2002 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato
CE agli aiuti di Stato a favore della occupazione, nonché ai sensi dell'articolo 4,
comma 1, della Legge 8 novembre 1991, n. 381;
l) “divisioni operative”: soggetti polifunzionali gestiti con strumenti di
contabilità analitica, tali da consentire di conoscere tutti i dati economico-
gestionali specifici in relazione a ogni attività;
m) “associazioni di datori e prestatori di lavoro”: organizzazioni datoriali e
sindacali comparativamente più rappresentative.

Art 5 (Requisiti giuridici e finanziari)


1. I requisiti richiesti per l'iscrizione all'albo di cui all'articolo 4 sono:
a) la costituzione della agenzia nella forma di società di capitali ovvero
cooperativa o consorzio di cooperative, italiana o di altro Stato membro della
Unione Europea. Per le agenzie di cui alle lettere d) ed e) è ammessa anche la
forma della società di persone;
f) l'interconnessione con la borsa continua nazionale del lavoro di cui al
successivo articolo 15, attraverso il raccordo con uno o più nodi regionali,
nonché l'invio alla autorità concedente di ogni informazione strategica per un
efficace funzionamento del mercato del lavoro;

Art 7 (Accreditamenti)

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1. Le regioni, sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative, istituiscono appositi elenchi per
l'accreditamento degli operatori pubblici e privati che operano nel proprio
territorio nel rispetto degli indirizzi da esse definiti ai sensi dell'articolo 3 del
Decreto Legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, e dei
seguenti principi e criteri:
a) garanzia della libera scelta dei cittadini, nell'ambito di una rete di operatori
qualificati, adeguata per dimensione e distribuzione alla domanda espressa dal
territorio;
b) salvaguardia di standard omogenei a livello nazionale nell'affidamento di
funzioni relative all'accertamento dello stato di disoccupazione e al
monitoraggio dei flussi del mercato del lavoro;
c) costituzione negoziale di reti di servizio ai fini dell'ottimizzazione delle
risorse;
d) obbligo della interconnessione con la borsa continua nazionale del lavoro di
cui all'articolo 15, nonché l'invio alla autorità concedente di ogni informazione
strategica per un efficace funzionamento del mercato del lavoro;
e) raccordo con il sistema regionale di accreditamento degli organismi di
formazione.
2. I provvedimenti regionali istitutivi dell'elenco di cui al comma 1 disciplinano
altresì:
a) le forme della cooperazione tra i servizi pubblici e operatori privati,
autorizzati ai sensi delle disposizioni di cui agli articoli 4, 5 e 6 o accreditati ai
sensi del presente articolo, per le funzioni di incontro tra domanda e offerta di
lavoro, prevenzione della disoccupazione di lunga durata, promozione
dell'inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati, sostegno alla mobilità
geografica del lavoro;
b) requisiti minimi richiesti per l'iscrizione nell'elenco regionale in termini di
capacità gestionali e logistiche, competenze professionali, situazione
economica, esperienze maturate nel contesto territoriale di riferimento;
c) le procedure per l'accreditamento;
d) le modalità di misurazione dell'efficienza e della efficacia dei servizi erogati;
e) le modalità di tenuta dell'elenco e di verifica del mantenimento dei requisiti.

Art 10 (Divieto di indagini sulle opinioni e trattamenti discriminatori)


1. È fatto divieto alle agenzie per il lavoro e agli altri soggetti pubblici e privati
autorizzati o accreditati di effettuare qualsivoglia indagine o comunque
trattamento di dati ovvero di preselezione di lavoratori, anche con il loro
consenso, in base alle convinzioni personali, alla affiliazione sindacale o
politica, al credo religioso, al sesso, all'orientamento sessuale, allo stato
matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, alla età all'handicap, alla razza,
all'origine etnica, al colore, alla ascendenza, all'origine nazionale, al gruppo
linguistico, allo stato di salute nonché ad eventuali controversie con i
precedenti datori di lavoro, a meno che non si tratti di caratteristiche che
incidono sulle modalità di svolgimento della attività lavorativa o che
costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento
dell'attività lavorativa. È altresì fatto divieto di trattare dati personali dei
lavoratori che non siano strettamente attinenti alle loro attitudini professionali
e al loro inserimento lavorativo.

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2. Le disposizioni di cui al comma 1 non possono in ogni caso impedire ai
soggetti di cui al medesimo comma 1 di fornire specifici servizi o azioni mirate
per assistere le categorie di lavoratori svantaggiati nella ricerca di una
occupazione.

Art 14 (Cooperative sociali e inserimento lavorativo dei lavoratori


svantaggiati)
1. Al fine di favorire l'inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati e dei
lavoratori disabili, i servizi di cui all'articolo 6, comma 1, della Legge 12 marzo
1999, n. 68, sentito l'organismo di cui all'articolo 6, comma 3, del Decreto
Legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, così come modificato dall'articolo 6 della
Legge 12 marzo 1999, n. 68, stipulano con le associazioni sindacali dei datori di
lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello
nazionale e con le associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela delle
cooperative di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della Legge 8 novembre
1991, n. 381, e con i consorzi di cui all'articolo 8 della stessa legge,
convenzioni quadro su base territoriale, che devono essere validate da parte
delle regioni, sentiti gli organismi di concertazione di cui al Decreto Legislativo
23 dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni ed integrazioni, aventi ad
oggetto il conferimento di commesse di lavoro alle cooperative sociali
medesime da parte delle imprese associate o aderenti.
2. La convenzione quadro disciplina i seguenti aspetti:
a) le modalità di adesione da parte delle imprese interessate;
b) i criteri di individuazione dei lavoratori svantaggiati da inserire al lavoro in
cooperativa; l'individuazione dei disabili sarà curata dai servizi di cui all'articolo
6, comma 1, della Legge 12 marzo 1999, n. 68;
c) le modalità di attestazione del valore complessivo del lavoro annualmente
conferito da ciascuna impresa e la correlazione con il numero dei lavoratori
svantaggiati inseriti al lavoro in cooperativa;
d) la determinazione del coefficiente di calcolo del valore unitario delle
commesse, ai fini del computo di cui al comma 3,secondo criteri di congruità
con i costi del lavoro derivati dai contratti collettivi di categoria applicati dalle
cooperative sociali;
e) la promozione e lo sviluppo delle commesse di lavoro a favore delle
cooperative sociali;
f) l'eventuale costituzione, anche nell'ambito dell'agenzia sociale di cui
all'articolo 13 di una struttura tecnico-operativa senza scopo di lucro a
supporto delle attività previste dalla convenzione;
g) i limiti di percentuali massime di copertura della quota d'obbligo da
realizzare con lo strumento della convenzione.
3. Allorché l'inserimento lavorativo nelle cooperative sociali, realizzato in virtù
dei commi 1 e 2, riguardi i lavoratori disabili, che presentino particolari
caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario, in base
alla esclusiva valutazione dei servizi di cui all'articolo 6, comma 1, della Legge
12 marzo 1999, n. 68, lo stesso si considera utile ai fini della copertura della
quota di riserva, di cui all'articolo 3 della stessa legge cui sono tenute le
imprese conferenti. Il numero delle coperture per ciascuna impresa è dato
dall'ammontare annuo delle commesse dalla stessa conferite diviso per il
coefficiente di cui al comma 2, lettera d), e nei limiti di percentuali massime

68
stabilite con le convenzioni quadro di cui al comma 1. Tali limiti percentuali non
hanno effetto nei confronti delle imprese che occupano da 15 a 35 dipendenti.
La congruità della computabilità dei lavoratori inseriti in cooperativa sociale
sarà verificata dalla Commissione provinciale del lavoro.
4. L'applicazione delle disposizioni di cui al comma 3 è subordinata
all'adempimento degli obblighi di assunzione di lavoratori disabili ai fini della
copertura della restante quota d'obbligo a loro carico determinata ai sensi
dell'articolo 3 della Legge 12 marzo 1999, n. 68.

Legge 12 marzo 1999, n. 68


Norme per il diritto al lavoro dei disabili
(GU n. 68 del 23 marzo 1999 - Supplemento Ordinario n. 57)

Art. 6. (Servizi per l'inserimento lavorativo dei disabili e modifiche al


decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469).
1. Gli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell'articolo 4 del decreto
legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, di seguito denominati "uffici competenti",
provvedono, in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del
territorio, secondo le specifiche competenze loro attribuite, alla
programmazione, all'attuazione, alla verifica degli interventi volti a favorire
l'inserimento dei soggetti di cui alla presente legge nonché all'avviamento
lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e
delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni e all'attuazione
del collocamento mirato.
2. All'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: "maggiormente rappresentative" sono sostituite dalle seguenti:
"comparativamente più rappresentative";
b) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: "Nell'ambito di tale organismo è
previsto un comitato tecnico composto da funzionari ed esperti del settore
sociale e medico-legale e degli organismi individuati dalle regioni ai sensi
dell'articolo 4 del presente decreto, con particolare riferimento alla materia
delle inabilità, con compiti relativi alla valutazione delle residue capacità
lavorative, alla definizione degli strumenti e delle prestazioni atti
all'inserimento e alla predisposizione dei controlli periodici sulla permanenza
delle condizioni di inabilità. Agli oneri per il funzionamento del comitato tecnico
si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa per
il funzionamento della commissione di cui al comma 1".

Alle agenzie sono imposte alcune regole di comportamento:


1. la loro attività dev’essere svolta a titolo gratuito nei confronti dei
lavoratori;
2. devono assicurare ai lavoratori il diritto di indicare i soggetti i cui dati
devono essere comunicati e garantire l’ambito di diffusione di tali dati,
rispettando le indicazioni fornite dai lavoratori stessi;
3. sono bandite pratiche discriminatorie 1.

1 Art. 10 d.lgs. 276/2003

69
Inserimento lavorativo dei soggetti “deboli” e dei disoccupati
Nel nuovo sistema compete alle regioni la facoltà di prevedere che una quota
delle assunzioni effettuate dai datori di lavoro privati e dagli enti pubblici
economici sia riservata a particolari categorie di lavoratori a rischio di
esclusione sociale.
Invece, per favorire il decollo di attività di lavoro autonomo realizzate da
inoccupati e disoccupati occupano importante rilievo le cooperative sociali, alle
quali sono attribuiti particolari benefici dalla legge 8 novembre 1991, n. 381,
per permettere la finalizzazione delle relative attività, soprattutto quelle
riguardanti l’inserimento lavorativo de persone svantaggiate. Le cooperative
sociali rappresentano oggi l’esempio più significativo di impresa sociale: su di
esse grava l’obbligo di assicurare ai lavoratori impiegati un trattamento
economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti e accordi
collettivi applicabili.

Legge 8 novembre 1991, n. 381


"Disciplina delle cooperative sociali"
( GU 3 dicembre 1991, n. 283)

Art. 1. (Definizione)
1. Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della
comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini
attraverso:
a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;
b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di
servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
2. Si applicano alle cooperative sociali, in quanto compatibili con la presente
legge, le norme relative al settore in cui le cooperative stesse operano.
3. La denominazione sociale, comunque formata, deve contenere l'indicazione
di "cooperativa sociale".

Art. 2. (Soci volontari)


1. Oltre ai soci previsti dalla normativa vigente, gli statuti delle cooperative
sociali possono prevedere la presenza di soci volontari che prestino la loro
attività gratuitamente.
2. I soci volontari sono iscritti in un'apposita sezione del libro dei soci. Il loro
numero non può superare la metà del numero complessivo dei soci.
3. Ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in
materia di lavoro subordinato ed autonomo, ad eccezione delle norme in
materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio
decreto, determina l'importo della retribuzione da assumere a base del calcolo
dei premi e delle prestazioni relative.

70
4. Ai soci volontari può essere corrisposto soltanto il rimborso delle spese
effettivamente sostenute e documentate, sulla base di parametri stabiliti dalla
cooperativa sociale per la totalità dei soci.
5. Nella gestione dei servizi di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), da
effettuarsi in applicazione dei contratti stipulati con amministrazioni pubbliche,
le prestazioni dei soci volontari possono essere utilizzate in misura
complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri di impiego di operatori
professionali previsti dalle disposizioni vigenti. Le prestazioni dei soci volontari
non concorrono alla determinazione dei costi di servizio, fatta eccezione per gli
oneri connessi all'applicazione dei commi 3 e 4.

Art. 3. (Obblighi e divieti)


1. Alle cooperative sociali si applicano le clausole relative ai requisiti
mutualistici di cui all'articolo 26 del decreto legislativo del Capo provvisorio
dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, ratificato, con modificazioni, dalla legge
2 aprile 1951, n. 302, e successive modificazioni.
2. Ogni modificazione statutaria diretta ad eliminare il carattere di cooperativa
sociale comporta la cancellazione dalla "sezione cooperazione sociale" prevista
dal secondo comma dell'articolo 13 del citato decreto legislativo del Capo
provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, come modificato
dall'articolo 6, comma 1, lettera c), della presente legge, nonché la
cancellazione dall'albo regionale di cui all'articolo 9, comma 1, della presente
legge.
3. Per le cooperative sociali le ispezioni ordinarie previste dall'articolo 2 del
citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n.
1577, debbono aver luogo almeno una volta all'anno.

Art. 4. (Persone svantaggiate)


1. Nelle cooperative che svolgono le attività di cui all'articolo 1, comma 1,
lettera b), si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e
sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento
psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in
situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative
alla detenzione previste dagli articoli 47, 47-bis, 47-ter e 48 della legge 26
luglio 1975, n. 354, come modificati dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663. Si
considerano inoltre persone svantaggiate i soggetti indicati con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, con il Ministro
dell'interno e con il Ministro per gli affari sociali, sentita la commissione
centrale per le cooperative istituita dall'articolo 18 del citato decreto legislativo
del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive
modificazioni.
2. Le persone svantaggiate di cui al comma 1 devono costituire almeno il
trenta per cento dei lavoratori della cooperativa e, compatibilmente con il loro
stato soggettivo, essere socie della cooperativa stessa. La condizione di
persona svantaggiata deve risultare da documentazione proveniente dalla
pubblica amministrazione, fatto salvo il diritto alla riservatezza.
3. Le aliquote complessive della contribuzione per l'assicurazione obbligatoria
previdenziale ed assistenziale dovute dalle cooperative sociali, relativamente

71
alla retribuzione corrisposta alle persone svantaggiate di cui al presente
articolo, sono ridotte a zero.

Art. 5. (Convenzioni)
1. Gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a
partecipazione pubblica, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti
della pubblica amministrazione, possono stipulare convenzioni con le
cooperative che svolgono le attività di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b),
ovvero con analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della
Comunità europea, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-
sanitari ed educativi il cui importo stimato al netto dell'IVA sia inferiore agli
importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, purché
tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone
svantaggiate di cui all'articolo 4, comma 1.
2. Per la stipula delle convenzioni di cui al comma 1 le cooperative sociali
debbono risultare iscritte all'albo regionale di cui all'articolo 9, comma 1. Gli
analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità europea
debbono essere in possesso di requisiti equivalenti a quelli richiesti per
l'iscrizione a tale albo e risultare iscritti nelle liste regionali di cui al comma 3,
ovvero dare dimostrazione con idonea documentazione del possesso dei
requisiti stessi.
3. Le regioni rendono noti annualmente, attraverso la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, i requisiti e le condizioni richiesti
per la stipula delle convenzioni ai sensi del comma 1, nonché le liste regionali
degli organismi che ne abbiano dimostrato il possesso alle competenti autorità
regionali. 4. Per le forniture di beni o servizi diversi da quelli socio-sanitari ed
educativi, il cui importo stimato al netto dell'IVA sia pari o superiore agli importi
stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, gli enti
pubblici compresi quelli economici, nonché le società di capitali a
partecipazione pubblica, nei bandi di gara di appalto e nei capitolati d'onere
possono inserire, fra le condizioni di esecuzione, l'obbligo di eseguire il
contratto con l'impiego delle persone svantaggiate di cui all'articolo 4, comma
1, e con l'adozione di specifici programmi di recupero e inserimento lavorativo.
La verifica della capacità di adempiere agli obblighi suddetti, da condursi in
base alla presente legge, non può intervenire nel corso delle procedure di gara
e comunque prima dell'aggiudicazione dell'appalto. (1)
(1) Così sostituito dall'art. 20, L. 6 febbraio 1996, n. 52

Art.6 (Modifiche al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato


14 dicembre 1947, n. 1577)
1. Al citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre
1947, n. 1577, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 10, è aggiunto in fine, il seguente comma:
"Se l'ispezione riguarda cooperative sociali, una copia del verbale deve essere
trasmessa, a cura del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, entro
quaranta giorni dalla data del verbale stesso, alla regione nel cui territorio la
cooperativa ha sede legale";
b) all'articolo 11, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

72
"Per le cooperative sociali i provvedimenti di cui al secondo comma sono
disposti previo parere dell'organo competente in materia di cooperazione della
regione nel cui territorio la cooperativa ha sede legale".
c) al secondo comma dell'articolo 13, sono aggiunte, in fine, le parole: "Sezione
cooperazione sociale".
d) all'articolo 13, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Oltre che nella sezione per esse specificamente prevista, le cooperative sociali
sono iscritte nella sezione cui direttamente afferisce l'attività da esse svolta".

Art. 7. (Regime tributario)


1. Ai trasferimenti di beni per successione o donazione a favore delle
cooperative sociali si applicano le disposizioni dell'articolo 3 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 637.
2. Le cooperative sociali godono della riduzione ad un quarto delle imposte
catastali ed ipotecarie, dovute a seguito della stipula di contratti di mutuo, di
acquisto o di locazione, relativi ad immobili destinati all'esercizio dell'attività
sociale.
3. Alla tabella A, parte II, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633, e successive modificazioni, è aggiunto il seguente numero:
"41 bis - prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza
domiciliare o ambulatoriale, o in comunità e simili, o ovunque rese, in favore
degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli
handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di
disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia
direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in
generale" (2)
(2) così modificato dalla L., 22 marzo 1995 n. 85

Art. 8. (Consorzi)
1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano ai consorzi costituiti
come società cooperative aventi la base sociale formata in misura non inferiore
al settanta per cento da cooperative sociali.

Art. 9. (Normativa regionale)


1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni
emanano le norme di attuazione. A tal fine istituiscono l'albo regionale delle
cooperative sociali e determinano le modalità di raccordo con l'attività dei
servizi socio-sanitari, nonché con le attività di formazione professionale e di
sviluppo della occupazione.
2. Le regioni adottano convenzioni-tipo per i rapporti tra le cooperative sociali e
le amministrazioni pubbliche che operano nell'ambito della regione,
prevedendo, in particolare, i requisiti di professionalità degli operatori e
l'applicazione delle norme contrattuali vigenti.
3. Le regioni emanano altresì norme volte alla promozione, al sostegno e allo
sviluppo della cooperazione sociale. Gli oneri derivanti dalle misure di sostegno
disposte dalle regioni sono posti a carico delle ordinarie disponibilità delle
regioni medesime.

Art. 10. (Partecipazione alle cooperative sociali delle persone


esercenti attività di assistenza e di consulenza)

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1. Alle cooperative istituite ai sensi della presente legge non si applicano le
disposizioni di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1815.

Art. 11. (Partecipazione delle persone giuridiche)


1. Possono essere ammesse come soci delle cooperative sociali persone
giuridiche pubbliche o private nei cui statuti sia previsto il finanziamento e lo
sviluppo delle attività di tali cooperative.

Art. 12. (Disciplina transitoria)


1. Le cooperative sociali già costituite alla data di entrata in vigore della
presente legge devono uniformarsi entro due anni da tale data alle disposizioni
in essa previste.
2. Le deliberazioni di modifica per adeguare gli atti costitutivi alle norme della
presente legge, possono, in deroga alle disposizioni di cui agli articoli 2365 e
2375, secondo comma, del codice civile, essere adottate con le modalità e la
maggioranza dell'assemblea ordinaria stabilite dall'atto costitutivo.

Decreto Legislativo 24 marzo 2006, n. 155


"Disciplina dell'impresa sociale, a norma della legge 13 giugno 2005,
n. 118"
(GU n. 97 del 27 aprile 2006)

Art. 1. (Nozione)
1. Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni
private, ivi compresi gli enti di cui al libro V del codice civile, che esercitano in
via stabile e principale un'attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a
realizzare finalità di interesse generale, e che hanno i requisiti di cui agli articoli
2, 3 e 4.
2. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e le
organizzazioni i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l'erogazione
dei beni e dei servizi in favore dei soli soci, associati o partecipi non
acquisiscono la qualifica di impresa sociale.
3. Agli enti ecclesiastici e agli enti delle confessioni religiose con le quali lo
Stato ha stipulato patti, accordi o intese si applicano le norme di cui al presente
decreto limitatamente allo svolgimento delle attività elencate all'articolo 2, a
condizione che per tali attività adottino un regolamento, in forma di scrittura
privata autenticata, che recepisca le norme del presente decreto. Per tali
attività devono essere tenute separatamente le scritture contabili previste
dall'articolo 10. Il regolamento deve contenere i requisiti che sono richiesti dal
presente decreto per gli atti costitutivi.

Art. 2. (Utilità sociale)


1. Si considerano beni e servizi di utilità sociale quelli prodotti o scambiati nei
seguenti settori:
a) assistenza sociale, ai sensi della legge 8 novembre 2000, n. 328, recante
legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi
sociali;
74
b) assistenza sanitaria, per l'erogazione delle prestazioni di cui al decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri in data 29 novembre 2001, recante
«Definizione dei livelli essenziali di assistenza», e successive modificazioni,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8
febbraio 2002;
c) assistenza socio-sanitaria, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri in data 14 febbraio 2001, recante «Atto di indirizzo e
coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie», pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001;
d) educazione, istruzione e formazione, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n.
53, recante delega al Governo per la definizione delle norme generali
sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
formazione professionale;
e) tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ai sensi della legge 15 dicembre
2004, n. 308, recante delega al Governo per il riordino, il coordinamento e
l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta
applicazione, con esclusione delle attività, esercitate abitualmente, di raccolta
e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;
f) valorizzazione del patrimonio culturale, ai sensi del Codice dei beni culturali e
del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
g) turismo sociale, di cui all'articolo 7, comma 10, della legge 29 marzo 2001,
n. 135, recante riforma della legislazione nazionale del turismo;
h) formazione universitaria e post-universitaria;
i) ricerca ed erogazione di servizi culturali;
l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione
scolastica ed al successo scolastico e formativo;
m) servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti composti in misura
superiore al settanta per cento da organizzazioni che esercitano un'impresa
sociale.
2. Indipendentemente dall'esercizio della attività di impresa nei settori di cui al
comma 1, possono acquisire la qualifica di impresa sociale le organizzazioni
che esercitano attività di impresa, al fine dell'inserimento lavorativo di soggetti
che siano:
a) lavoratori svantaggiati ai sensi dell'articolo 2, primo paragrafo 1, lettera f),
punti i), ix) e x), del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, 5
dicembre 2002, della Commissione relativo all'applicazione degli articoli 87 e
88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione;
b) lavoratori disabili ai sensi dell'articolo 2, primo paragrafo 1, lettera g), del
citato regolamento (CE) n. 2204/2002.
3. Per attività principale ai sensi dell'articolo 1, comma 1, si intende quella per
la quale i relativi ricavi sono superiori al settanta per cento dei ricavi
complessivi dell'organizzazione che esercita l'impresa sociale. Con decreto del
Ministro delle attività produttive e del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali sono definiti i criteri quantitativi e temporali per il computo della
percentuale del settanta per cento dei ricavi complessivi dell'impresa.
4. I lavoratori di cui al comma 2 devono essere in misura non inferiore al trenta
per cento dei lavoratori impiegati a qualunque titolo nell'impresa; la relativa
situazione deve essere attestata ai sensi della normativa vigente.

75
5. Per gli enti di cui all'articolo 1, comma 3, le disposizioni di cui ai commi 3 e 4
si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui al presente
articolo.

Art. 3. (Assenza dello scopo di lucro)


1. L'organizzazione che esercita un'impresa sociale destina gli utili e gli avanzi
di gestione allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del
patrimonio.
2. A tale fine e' vietata la distribuzione, anche in forma indiretta, di utili e
avanzi di gestione, comunque denominati, nonché fondi e riserve in favore di
amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori. Si considera
distribuzione indiretta di utili:
a) la corresponsione agli amministratori di compensi superiori a quelli previsti
nelle imprese che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni, salvo
comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche
competenze ed, in ogni caso, con un incremento massimo del venti per cento;
b) la corresponsione ai lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o
compensi superiori a quelli previsti dai contratti o accordi collettivi per le
medesime qualifiche, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di
acquisire specifiche professionalità;
c) la remunerazione degli strumenti finanziari diversi dalle azioni o quote, a
soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, superiori
di cinque punti percentuali al tasso ufficiale di riferimento.

Art. 14. (Lavoro nell'impresa sociale)


1. Ai lavoratori dell'impresa sociale non può essere corrisposto un trattamento
economico e normativo inferiore a quello previsto dai contratti e accordi
collettivi applicabili.
2. Salva la specifica disciplina per gli enti di cui all'articolo 1, comma 3, e'
ammessa la prestazione di attività di volontariato, nei limiti del cinquanta per
cento dei lavoratori a qualunque titolo impiegati nell'impresa sociale. Si
applicano gli articoli 2, 4 e 17 della legge 11 agosto 1991, n. 266.
3. I lavoratori dell'impresa sociale, a qualunque titolo prestino la loro opera,
hanno i diritti di informazione, consultazione e partecipazione nei termini e con
le modalità specificate nei regolamenti aziendali o concordati dagli organi di
amministrazione dell'impresa sociale con loro rappresentanti. Degli esiti del
coinvolgimento deve essere fatta menzione nel bilancio sociale di cui
all'articolo 10, comma 2.

Art. 17. Norme di coordinamento


1. Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale e gli enti non commerciali di
cui al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, che acquisiscono anche la
qualifica di impresa sociale, continuano ad applicare le disposizioni tributarie
previste dal medesimo decreto legislativo n. 460 del 1997, subordinatamente
al rispetto dei requisiti soggettivi e delle altre condizioni ivi previsti.
2. All'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 dopo
la parola: «strumentali» sono inserite le seguenti: «, delle imprese sociali».
3. Le cooperative sociali ed i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991,
n. 381, i cui statuti rispettino le disposizioni di cui agli articoli 10, comma 2, e
12, acquisiscono la qualifica di impresa sociale. Alle cooperative sociali ed i loro
76
consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, che rispettino le
disposizioni di cui al periodo precedente, le disposizioni di cui al presente
decreto si applicano nel rispetto della normativa specifica delle cooperative.
4. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai soli
fini di cui al comma 3, le cooperative sociali ed i loro consorzi, di cui alla legge
8 novembre 1991, n. 381, possono modificare i propri statuti con le modalità e
le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria.

Le assunzioni obbligatorie
Il sistema delle assunzioni obbligatorie ha come obiettivo favorire l’ingresso nel
mercato del lavoro di soggetti in condizione di particolare difficoltà
occupazionale. La relativa disciplina è stata contenuta per lungo tempo nella
legge n. 482 del 1968, ora abrogata e sostituita interamente dalla legge
68/1999 esplicitamente diretta alla promozione dell’inserimento e
dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro.
Il campo di applicazione della legge si estende ad un’ampia tipologia di
soggetti disabili e il relativo obbligo di assunzione grava su tutti i datori di
lavoro, privati e pubblici, che occupino almeno 15 dipendenti e risulta graduato
in considerazione della dimensione occupazionale dell’organizzazione
produttiva (7% dei lavoratori occupati, per quelli che occupano più di 50
dipendenti; due lavoratori, per quelli che occupano da 36 a 50 dipendenti; un
solo lavoratore disabile per i datori di lavoro che occupano da 15 a 35
dipendenti). L’obbligo è sospeso nei confronti delle imprese che ricorrono alla
cassa integrazione straordinaria; sono altresì previsti settori ove l’obbligo di
assunzione non opera, nonché la possibilità di ottenere un esonero parziale, a
domanda, per quei datori di lavoro che, in ragione delle speciali condizioni della
loro attività, non sono in grado di rispettare integralmente gli obblighi di legge.
La stessa legge detta criteri di computo della base occupazionale ai fini della
determinazione del numero di disabili da assumere.
La possibilità di accedere al mercato del lavoro è condizionata all’iscrizione del
disabile nell’apposito elenco, tenuto dagli uffici competenti individuati dalle
regioni. L’elenco dei disabili disoccupati è strutturato sulla base di un’unica
graduatoria, che è necessaria in relazione alle ipotesi in cui l’assunzione
avvenga con chiamata numerica, anche se, secondo la legge, le richieste di
assunzione di disabili, almeno con riguardo a datori di lavoro privati, possono
essere prevalentemente nominative.
Attraverso il c.d. “collocamento mirato” si da l’opportunità alle regioni di
autorizzare, con oneri a proprio carico, lo svolgimento di attività di
riqualificazione professionale del disabile presso la stessa azienda che effettua
l’assunzione; l’obbligo gravante sulla competente struttura pubblica di
predisporre una scheda professionale del disabile, in cui siano annotate tutte le
indicazioni utili a favorirne l’inserimento lavorativo; nonché la previsione in
forza della quale, ove risulti impossibile avviare lavoratori con la qualifica
richiesta o con altra concordata con il datore di lavoro, gli uffici competenti
sono tenuti ad avviare lavoratori di qualifiche simili, rispettando l’ordine di
graduatoria, ma previo addestramento o tirocinio. Con lo stesso obiettivo è
assegnata la facoltà di procedere all’assunzione dei disabili stipulando una
convenzione di inserimento lavorativo, attraverso la quale l’inserimento

77
lavorativo dei disabili può risultare agevolato sia mediante il ricorso a modalità
più elastiche di assunzione, sia dallo svolgimento di tirocini formativi o di
orientamento; nonché dagli incentivi di carattere economico che regioni e
provincie autonome possono riconoscere ai datori di lavoro, limitatamente,
peraltro, alle assunzioni effettuate con contratto di lavoro a tempo
indeterminato.
La legge 68/1999 contiene anche indicazioni sul regime giuridico del rapporto
di lavoro dei disabili assunti obbligatoriamente, che deve essere improntato al
rispetto del principio di parità di trattamento. Qualora si determini una
situazione di incompatibilità fra le condizioni di salute del disabile e le mansioni
affidategli, vuoi a seguito di un aggravamento dello stato invalidante, il disabile
ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che
l’incompatibilità persista e può essere impiegato, durante tale periodo, in
tirocinio formativo; la risoluzione del contratto è ammessa solo previo
accertamento della definitiva impossibilità di reinserimento del disabile
all’interno dell’azienda. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per
riduzione del personale intimato ad un disabile, assunto obbligatoriamente, è
annullabile qualora, nel momento della cessazione del rapporto di lavoro, il
numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla
quota di riserva prevista dalla legge.
Ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n.276/2003 è consentito sottrarsi, sia pur
parzialmente, all’obbligo di assunzione di disabili alle imprese che aderiscano
alle convenzioni quadro, stipulate dagli uffici competenti con le organizzazioni
sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale e con le associazioni di rappresentanza
delle cooperative, aventi ad oggetto il conferimento di commesse di lavoro alle
cooperative sociali con l’obiettivo di favorire l’inserimento lavorativo dei
lavoratori svantaggiati e, appunto, dei disabili.
I soggetti coinvolti saranno sottoposti ovviamente al regime previsto dai
contratti collettivi di categoria applicati dalle cooperative sociali, aggirandosi in
tal modo il vincolo della parità di trattamento in favore dei disabili.

Gli enti bilaterali


La vera innovazione contenuta nel d.lgs. 276/03 è riconoscibile nell’incremento
del numero dei soggetti che possono svolgere attività di intermediazione fra
domanda e offerta di lavoro: sono aumentati i soggetti pubblici (università,
comuni, camere di commercio, istituti di scuola secondaria di secondo grado) a
condizione che l’attività di mediazione sia svolta senza finalità di lucro; si sono
moltiplicati i soggetti privati, tra i quali spiccano le associazioni sindacali e
soprattutto gli enti bilaterali.
Gli enti bilaterali rivestono indubbiamente un ruolo cruciale nell’equilibrio del
sistema immaginato dal legislatore per la molteplicità di compiti loro assegnati
e per l’espressa qualificazione quali sedi privilegiate per la regolazione del
mercato del lavoro.

78
OBBLIGHI DEL LAVORATORE

Diligenza
Secondo la Cassazione gli artt. 2104 e 1176 impongono al lavoratore di
eseguire la prestazione secondo la particolare qualità dell’attività dovuta,
risultante dalle mansioni e dai dati professionali che la definiscono, e di
osservare, altresì, tutti i comportamenti accessori e le cautele che si rendano
necessari ad assicurare una gestione professionalmente corretta. Proprio con
riferimento alla sua qualifica professionale, alla natura delle incombenze
affidategli, nonché alle situazioni ambientali ed aziendali nelle quali egli esplica
le sue mansioni dovrà essere valutata l’eventuale violazione dell’obbligo di
diligenza da parte del lavoratore.
La giurisprudenza prevalente tende ad ampliare l’obbligo di diligenza sino a
comprendere i c.d. comportamenti accessori (quelli cioè, che si rendano
necessari per assicurare l’interesse del datore di lavoro ad un’utile
prestazione), ma non ravvisa violazione dell’obbligo di diligenza quando la
prestazione oggetto dell’obbligo accessorio faccia parte di un’altra specifica
mansione.
Dalla violazione dell’obbligo di diligenza discende una responsabilità
contrattuale in capo al lavoratore per il danno che dalla sua condotta
negligente o imprudente sia derivato al datore di lavoro.
L’onere della prova della condotta colposa del lavoratore per violazione degli
obblighi di diligenza e del rapporto di derivazione causale del danno da tale
condotta gravano sul datore di lavoro.

2104. Diligenza del prestatore di lavoro. — Il prestatore di lavoro deve


usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse
dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale 2.
Deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del
lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali
gerarchicamente dipende 3.

1176. Diligenza nell’adempimento. — Nell’adempiere l’obbligazione il


debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia 4.

2 Il comma 1 dell’articolo enuncia le caratteristiche della diligenza richiesta al prestatore di


lavoro nell’adempimento delle obbligazioni contrattuali, ponendo i relativi criteri di valutazione.
Con particolare riferimento al concetto di produzione nazionale, alcuni autori ritengono che
questo dovrebbe essere sostituito con quello di solidarietà economica [v. Cost. 2].

3 La seconda parte della norma prevede l’obbligo di obbedienza del lavoratore alle direttive
che l’imprenditore e i suoi collaboratori impartiscono per adeguare la prestazione lavorativa
alle esigenze dell’impresa. Si tratta di una soggezione giuridica in quanto il lavoratore soggiace
all’esercizio del potere altrui e alle modificazioni che questo produce nella sua posizione
giuridica.

79
Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività
professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività
esercitata 5.

Fedeltà
La giurisprudenza maggioritaria si fonda sull’attribuzione di un ampio
significato all’obbligo di fedeltà, esteso a comportamenti che per la loro natura
e le loro conseguenze appaiono in contrasto coi doveri connessi all’inserimento
del lavoratore nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa o creino
situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi dell’impresa. L’obbligo di
fedeltà del lavoratore viene per questa via ricollegato al vincolo fiduciario fra le
parti, che la stessa giurisprudenza definisce come elemento essenziale del
rapporto di lavoro.
Il venir meno del vincolo fiduciario non può essere ricollegato ad un elemento
che alberghi nella sfera soggettiva del datore di lavoro, bensì a fatti specifici e
concreti che incidono sulla qualità della prestazione lavorativa in relazione alla
posizione del lavoratore nell’organizzazione aziendale, alla natura e alla qualità
del rapporto esistente fra le parti ed all’oggetto della prestazione lavorativa
dedotta in contratto, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni
del dipendente. I giudici ritengono rilevanti a fini disciplinari i fatti della vita
privata del lavoratore solo quando la natura della prestazione dovuta richieda
un ampio margine di fiducia esteso ai comportamenti privati.
Agli obblighi di fedeltà, correttezza e buona fede ai quali è tenuto il dipendente
nell’esecuzione del contratto di lavoro devono essere riferiti esclusivamente ad
attività lecite dell’imprenditore. Non viene meno ai suoi doveri di fedeltà il
lavoratore che produca, quale prova in giudizio istaurato con il proprio datore
di lavoro, copia di atti aziendali che riguardino direttamente la sua posizione
lavorativa. Secondo la Corte al diritto di difesa deve riconoscersi prevalenza
rispetto alle eventuali esigenze di segretezza dell’azienda.

2105. Obbligo di fedeltà. 6 — Il prestatore di lavoro non deve trattare affari,


per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare

4 La diligenza non va confusa con la correttezza o buona fede [v. 1175]. La prima misura
l’obbligo cui il soggetto è tenuto per soddisfare l’interesse del creditore, e pretende tutto lo
sforzo appropriato, secondo criteri di normalità; la seconda, invece, impone di considerare
interessi che non sono oggetto di una tutela specifica, e impone una lealtà di comportamento
nel corso dell’esecuzione della prestazione.

5 Tale disposizione, prevista per le obbligazioni professionali (es.: quelle del medico,
dell’imprenditore etc.), ha, secondo parte della dottrina, valore di regola generale: la diligenza
del debitore va determinata tenendo conto delle sue caratteristiche personali e della specificità
della natura della prestazione, anche se non si tratta di obbligazioni professionali.

6 Il dovere di fedeltà si sostanzia nell’obbligo di tenere un comportamento leale verso il datore


di lavoro e di tutelarne in ogni modo gli interessi.
Esso si configura come obbligo accessorio a quello principale di svolgere la propria attività
lavorativa.

80
notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o
farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio 7.

Non concorrenza
La Cassazione ha affermato che l’art. 2105, imponendo al lavoratore l’obbligo
di fedeltà, che si specifica nel divieto di non concorrenza, gli vieta non già la
normale concorrenza che egli, divenuto imprenditore, ben può svolgere nei
confronti del precedente datore di lavoro, bensì quella illecitamente svolta
ancora durante il servizio, attraverso lo sfruttamento di conoscenze tecniche e
commerciali acquisite nel corso del rapporto. Gli atti di semplice espressione
del proposito del lavoratore di intraprendere un’attività economica concorrente
con quella del datore, eventualmente in un momento successivo alo
scioglimento del rapporto di lavoro, non possono essere considerati come
inosservanza dell’obbligo di fedeltà.
In applicazione di tali principi si deve ritenere violato l’obbligo di non
concorrenza nel caso in cui il lavoratore, dipendente di un’impresa fornitrice,
abbia stornato la merce da un rivenditore all’altro, oppure se egli abbia
concorso alla costituzione di una società concorrente o vi abbia aderito, o
l’abbia amministrata, svolgendovi contemporaneamente la stessa attività
lavorativa resa alla società datrice di lavoro.
Secondo la Cassazione, il patto di non concorrenza, che estende il divieto di
compiere future attività successivamente alla risoluzione del rapporto, è valido
nei limiti in cui non abbia un’ampiezza di oggetto e di luogo tale da
comprimere l’esplicazione della concreta professionalità del lavoratore in limiti
che non salvaguardino un margine di attività sufficiente per il soddisfacimento
delle esigenze di vita.
La Corte rileva che l’espressa previsione di nullità, contenuta nell’art. 2125 cod.
civ., va riferita alla pattuizione non solo di compensi simbolici, ma anche di
compensi manifestamente iniqui e sproporzionati in rapporto al sacrificio
richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue possibilità di guadagno,
indipendentemente dall’utilità che il comportamento richiestogli rappresenta
per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato.

2125. Patto di non concorrenza. 8 — Il patto con il quale si limita lo


svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla
cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito

7 La norma prevede espressamente l’obbligo di fedeltà ponendo due distinti doveri, entrambi
di contenuto negativo (obblighi di non fare): a) divieto di concorrenza; b) obbligo di
riservatezza (divieto di diffondere notizie attinenti l’impresa con pregiudizio per essa). L’obbligo
di riservatezza permane anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro, per un ragionevole
lasso di tempo; il divieto di concorrenza opera, invece, solo in costanza di rapporto e, proprio
per tale caratteristica, va tenuto distinto dal patto di non concorrenza [v. 2125], di analogo
contenuto ma operante in una fase successiva alla cessazione del rapporto di lavoro.

8 Dal patto di non concorrenza scaturisce a carico del lavoratore l’obbligo di non trattare affari,
per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore nel periodo successivo
all’estinzione del rapporto.

81
un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto
entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo 9.
La durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni, se si tratta di
dirigenti, e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, essa si
riduce nella misura suindicata.

9 Il patto può essere incluso nel contratto di lavoro ovvero può essere concluso durante il
rapporto di lavoro; può, inoltre, essere stipulato anche dopo la cessazione del rapporto,
sempreché sia riconducibile al rapporto stesso.

82
POTERI DEL DATORE DI LAVORO

A. jus variandi dell’imprenditore


2095. Categorie 10 dei prestatori di lavoro. — I prestatori di lavoro
subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai 11.
Le leggi speciali [e le norme corporative], in relazione a ciascun ramo di
produzione e alla particolare struttura dell’impresa, determinano i requisiti di
appartenenza alle indicate categorie.

2103. Mansioni del lavoratore. 12 — Il prestatore di lavoro 13 deve essere


adibito alle mansioni per le quali è stato assunto 14 o a quelle corrispondenti
alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a
mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna
diminuzione della retribuzione 15. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori
il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta [Cost.
36], e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia
avuto luogo per sostituzione del lavoratore assente con diritto alla
conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e
comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità
produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e
produttive 16 17.
Ogni patto contrario è nullo 18 19.
Legge 20 maggio 1970, n. 300

10 La nozione di categoria è prevista in contrapposizione a quella di qualifica e mansioni.


Queste ultime indicano le attività lavorative, da svolgersi concretamente, previste in contratto.
La qualifica è il nome con cui si indica un insieme di lavoratori, ai quali, in rapporto alle
mansioni svolte (anche diverse tra loro), spetta un identico trattamento economico
(compenso).

11 Comma così sostituito ex art. 1, l. 13-5-1985, n. 190 (Riconoscimento quadri intermedi).

12 Art. così sostituito ex l. 20-5-1970 n. 300 (art. 13) (Statuto dei lavoratori). Per il pubblico
impiego cfr. art. 52, d.lgs. 30-3-2001, n. 165 (T.U. pubblico impiego).

13 Cfr. art. 3, c. 1, l. 9-12-1977 n. 903 (Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di
lavoro); cfr. art. 3, c. 3, d.lgs. 26-3-2001, n. 151 (T.U. maternità e paternità); d.lgs. 9-7-2003, n.
216 (Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro).

14 La norma, nella sua parte iniziale, stabilisce il principio della contrattualità della prestazione
cui il lavoratore è tenuto, che deve essere determinata o determinabile al momento
dell’assunzione con riferimento ai compiti concretamente assegnati.

15 Con riferimento alle mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, è opportuno
precisare che si intendono equivalenti quelle mansioni che non comportano una diversa
collocazione del lavoratore nella gerarchia dell’impresa e che gli garantiscono lo svolgimento e
l’aumento delle capacità professionali acquisite.
Nel contratto di somministrazione di manodopera, previsto e disciplinato dal d.lgs. 276/2003,
nel caso in cui si adibisca il lavoratore a mansioni superiori o comunque a mansioni non
equivalenti a quelle dedotte in contratto, l'utilizzatore deve darne immediata comunicazione
scritta al somministratore consegnandone copia al lavoratore medesimo; in caso di
inadempimento l'utilizzatore risponde in via esclusiva per le differenze retributive e per
l'eventuale risarcimento del danno derivante dall'assegnazione a mansioni inferiori (art. 23).

83
Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà
sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento.
(GU 27 maggio 1970, n. 131)

Art. 35. Campo di applicazione.


Per le imprese industriali e commerciali, le disposizioni del titolo III, ad
eccezione del primo comma dell'articolo 27, della presente legge si applicano a
ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che occupa più
di quindici dipendenti. Le stesse disposizioni si applicano alle imprese agricole
che occupano più di cinque dipendenti.
Le norme suddette si applicano, altresì, alle imprese industriali e commerciali
che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle
imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque
dipendenti anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non
raggiunge tali limiti.
Ferme restando le norme di cui agli articoli 1, 8, 9, 14, 15, 16 e 17, i contratti
collettivi di lavoro provvedono ad applicare i principi di cui alla presente legge
alle imprese di navigazione per il personale navigante.

Nozione di mansioni equivalenti

16 Questo inciso disciplina il trasferimento del lavoratore ad altre unità produttive (cd. mobilità
interna). Tale previsione è significativa poiché consente, nei limiti previsti, il potere unilaterale
di modificare in via definitiva il luogo della prestazione lavorativa a parità di mansioni. Il
trasferimento può essere disposto, però, solo per comprovate ragioni tecnico-organizzative,
che il datore ha l’onere di provare e di comunicare al lavoratore interessato, anche se solo su
richiesta di questi e non contestualmente al provvedimento di trasferimento.

17 Cfr. art. 6, l. 13-5-1985, n. 190 (Riconoscimento quadri intermedi).

18 Deroghe al divieto di demansionamento, previsto dalla norma, si hanno:


— in presenza di esigenze straordinarie sopravvenute;
— nell’ipotesi prevista dall’art. 7 del d.lgs. 151/2001 (che riprende quanto già disposto dall’art.
3, l. 1204/71 e dall’art. 5 d.lgs. 645/96) che vieta al datore di adibire le lavoratrici durante il
periodo di gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto a mansioni pregiudizievoli della salute
autorizzandolo, a tal fine, a spostare le lavoratrici anche a mansioni inferiori;
— nel caso di cui all’art. 4, co. 11, l. 223/91 relativamente ai lavoratori eccedenti, in presenza
di un accordo sindacale che prevede il riassorbimento anche parziale dei lavoratori esuberanti.
La giurisprudenza più recente annovera anche eventi sopravvenuti riferibili alla persona del
lavoratore (ma a lui non imputabili a titolo di colpa), che determinino l’impossibilità di eseguire
le mansioni di assegnazione: in tali circostanze (quali ad esempio l’incompatibilità
sopravvenuta per motivi di salute alle mansioni attuali o l’aggravamento delle condizioni
dell’invalido avviato obbligatoriamente) l’interesse alla conservazione del posto di lavoro
consentirebbe di derogare al divieto di dequalificazione previsto dall’art. 2103 c.c.

19 Dalla norma è desumibile l’illegittimità (non conformità alla legge per vizi di forma o di
sostanza) di ogni modifica in peius (in peggio) delle mansioni.
La nullità prevista dal comma 2 non è però riferibile ai casi in cui la modifica in peius sia dovuta
ad una situazione di urgenza determinata da forza maggiore [v. 1218].

84
Nozione di equivalenza delle mansioni
La giurisprudenza maggioritaria, affinché si realizzi la tutela della
professionalità del lavoratore non è sufficiente che mansioni precedenti e
mansioni di destinazione siano inquadrate al medesimo livello nel sistema di
inquadramento previsto dal contratto collettivo, essendo invece necessario che
le nuove mansioni consentano lo sviluppo delle competenze e dell’esperienza
acquisite nello svolgimento delle precedenti mansioni.
Secondo la Cassazione, la tutela della professionalità è garantita solo
verificando l’equivalenza in concreto delle mansioni con quelle in precedenza
assegnate, atteso che la suddetta equivalenza presuppone che le nuove
mansioni corrispondano alla specifica competenza tecnica del dipendente, ne
salvaguardino il livello professionale, non lo danneggino altrimenti nell’ambito
del settore o socialmente, e siano comunque tali da consentire l’utilizzazione
del patrimonio di esperienza lavorativa acquisita nella pregressa fase del
rapporto.
Altra giurisprudenza, nettamente minoritaria, propende per un’interpretazione
della regola dell’equivalenza delle mansioni che prende in considerazione
anche le prospettive di crescita professionale. Secondo la Cassazione il giudizio
di equivalenza delle mansioni deve essere effettuato raffrontando il contenuto
professionale delle mansioni di partenza con quello delle mansioni di
destinazione in una prospettiva dinamica, di valorizzazione delle capacità di
arricchimento del proprio bagaglio di conoscenze e di esperienze.
Secondo la Cassazione, i vincoli allo jus variandi del datore di lavoro contenuti
nell’art. 2103 cod. civ., non impediscono che soggetti svolgenti mansioni
impiegatizie vengano in seguito utilizzati come operai, avendo all’uopo
frequentato un corso di riqualificazione professionale durante la messa in cassa
integrazione straordinaria basta che non risenta pregiudizio sotto il profilo
retributivo, restando nella stessa categoria di inquadramento unico, né di altri
trattamenti economici e normativi e di progressione di carriera.

Demansionamento attuato attraverso una riduzione quantitativa delle


mansioni
La Cassazione ha affermato che la riduzione quantitativa delle mansioni è
legittima nei limiti in cui non comporti una riduzione qualitativa delle mansioni
e quindi una dequalificazione professionale.
Una modifica quantitativa delle mansioni assegnate costituisce violazione
dell’art. 2103 cod. civ. se determina un progressivo deperimento del bagaglio
culturale del dipendente e una perdita di quelle conoscenze ed esperienze
richieste dal tipo di lavoro svolto, che finiscono per tradursi in un graduale
appannamento della propria professionalità in una sua più difficile futura
utilizzazione.

Nullità dei patti contrari


Secondo la Cassazione la nullità di cui al comma 2 dell’art. 2103 cod. civ. non è
riferibile anche all’ipotesi in cui la modifica in pejus delle mansioni sia stata
concordata nell’interesse del lavoratore e al fine di evitare il licenziamento dl
medesimo non più in grado, per ragioni di salute, di svolgere in modo adeguato
le mansioni precedenti.

85
Intangibilità della retribuzione
L’irriducibilità della retribuzione prevista dall’art. 2103 cod. civ. in caso di
legittimo esercizio dello jus variandi si riferisce all’aspetto qualitativo delle
mansioni, quindi alla retribuzione quale compenso della professionalità
intrinseca alle mansioni stesse, e non all’aspetto attinente alla quantità e alle
modalità del lavoro: non la professionalità relativa alle mansioni contrattuali.
Recentemente questo orientamento è stato confermato dalla Cassazione
secondo la quale la irriducibilità della retribuzione non si estende sino a
comprendere le componenti della retribuzioni che siano erogate per
compensare particolari modalità della prestazione lavorativa, e cioè
caratteristiche estrinseche non correlate con le prospettate qualità
professionali della stessa.

Tutela della professionalità del lavoratore


In caso di demansionamento, la domanda del lavoratore volta ad ottenere la
reintegrazione nelle originarie mansioni, o in altre di contenuto equivalente può
essere affiancata dalla richiesta di risarcimento del danno derivante dalla
violazione dell’art. 2103 cod. civ..
Sul punto si riscontrano due orientamenti contrastanti: non essendo
configurabile nell’ipotesi del demansionamento un danno l’attore della causa
deve provare il danno subito, essendo quest’ultimo una conseguenza possibile,
ma non necessaria, della violazione dell’art. 2103 cod. civ.. Così la Cassazione
ammette la risarcibilità del danno solo se sia provata.
Secondo l’opposto orientamento esisterebbe invece una presunzione a favore
della configurazione del danno, anche in mancanza di una prova specifica della
sua sussistenza. Secondo la Cassazione il danno patrimoniale risarcibile risulta
dal mero accertamento del demansionamento.

Attribuzione della qualifica


Secondo la Cassazione costituisce legittima espressione dell’autonomia
negoziale, quando risponda a un apprezzabile interesse delle parti e non sia
provato un intento elusivo di norme imperative, il riconoscimento ad un
lavoratore della qualifica di dirigente che prescinda dalla corrispondenza della
stessa alle mansioni effettivamente svolte.
La giurisprudenza chiama pseudodirigente il lavoratore addetto a mansioni non
dirigenziali, ma tuttavia inquadrato come dirigente. La Cassazione ha affermato
che: soltanto il lavoratore che effettivamente sostituisca il capo di un’impresa
di dimensioni medio-grandi nelle funzioni strettamente sue proprie, ovvero la
cui posizione corrisponda sostanzialmente al prototipo del c.d. top manager,
può essere considerato dirigente.
Deve infatti essere considerato dirigente l’alter ego dell’imprenditore, preposto
all’intera azienda o ad un ramo o servizio. Solo al personale rientrante in tale
definizione non si applicherà, ad esempio, la disciplina limitativa dei
licenziamenti. Tale esenzione invece non avrà effetto nei confronti del
personale dipendente caratterizzato dalla media e bassa dirigenza: non
sussistendo unitarietà del tipo legale di dirigente, l’esclusione dalla tutela non
ha ragion d’essere.

86
Diritto alla qualifica per svolgimento di mansioni superiori

Computo del periodo di assegnazione a mansioni superiori a fini di promozione


automatica a qualifica superiore
La Corte di Cassazione ha affermato che le reiterate assegnazioni di un
lavoratore a mansioni superiori, ciascuna inferiore al termine legale o al minor
termine convenzionale, non danno di per se diritto alla promozione automatica
prevista dall’art. 2103 cod.civ.. Soltanto, ed eccezionalmente, ove la revoca
delle successive adibizioni prima della maturazione del termine non sia
connessa con reali esigenze produttive, e risulti pertanto rivolta
oggettivamente ad eludere il dettato della legge, con una finalità riconducibile
intrinsecamente all’intento di lucrare sulla maggiore professionalità del
lavoratore, si perviene alla maturazione del termine, e quindi all’effetto di c.d.
promozione automatica, per sommatoria dei diversi periodi di applicazione alle
mansioni superiori, ancorché ognuno di durata inferiore ai 3 mesi. Al fine
dell’acquisizione del diritto alla c.d. promozione automatica non può tenersi
conto né del periodo di ferie, né del periodo di sospensione dell’attività
lavorativa a causa di malattia.

Nozione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto ai sensi
dell’art. 2103 cod. civ.
La Cassazione ha affermato che l’ipotesi di sostituzione di altro lavoratore con
diritto alla conservazione del posto comprende anche quella in cui la
sostituzione riguardi un lavoratore assente per ferie, difettando in tal caso
quell’effettiva vacanza del posto che costituisce il presupposto dell’acquisizione
della qualifica superiore.
Al contrario costituisce copertura di un posto necessario per l’espletamento
continuativo del servizio la prassi di un’impresa di adibire a rotazione parte del
personale a mansioni superiori per sopperire alla carenza dell’organico. In tal
caso, ricorrendone i requisiti temporali, i lavoratori interessati potranno
chiedere l’acquisizione della qualifica corrispondente alle mansioni superiori di
fatto svolte.
Il sostituto programmato, il lavoratore reiteratamente assegnato a mansioni
superiori per un periodo di tempo nel complesso superiore a 3 mesi, non
acquisisce la superiore qualifica ai sensi dell’art. 2103 cod. civ., se tali
assegnazioni sono state effettuate per la sostituzione di lavoratori assenti con
diritto alla conservazione del posto, a meno che l’esigenza della sostituzione
non derivi da un’obiettiva insufficienza o da carenza dell’organico dell’impresa,
che il lavoratore deve provare o quanto meno dedurre.

Trasferimento del lavoratore

Obbligo di motivazione del provvedimento di trasferimento


Il datore di lavoro non ha l’obbligo di comunicare al lavoratore le ragioni
giustificative del trasferimento, atteso che l’art. 2103 cod. civ., nella parte in
cui dispone che le ragioni tecniche, organizzative e produttive del
provvedimento suddetto siano comprovate, richiede soltanto che tali ragioni,
ove contestate, siano effettive e di esse il datore di lavoro fornisca la prova, e
che l’onere delle indicazioni delle ragioni del trasferimento è a carico del datore
87
di lavoro solo nel caso in cui il lavoratore ne faccia richiesta. L’onere della
prova non include l’obbligo di comunicare anche le fonti di prova dei fatti
giustificativi del trasferimento.

Controllo giudiziale sulle ragioni tecniche, organizzative e produttive del


trasferimento
In tema di trasferimento del lavoratore subordinato, il controllo del giudice,
secondo la giurisprudenza consolidata, è limitato all’accertamento delle ragioni
tecniche organizzative.
Qualora il luogo di lavoro di destinazione non sia configurabile come unità
produttiva, il datore di lavoro può esercitare il potere di trasferire il lavoratore
senza sottostare ad alcun obbligo di giustificazione.
Secondo la Cassazione costituisce unità produttiva soltanto la più consistente e
vasta entità aziendale che, eventualmente articolata in organismi minori –
anche non ubicati tutti nello stesso comune – si caratterizzi per sostanziali
condizioni imprenditoriali di indipendenza tecnica ed amministrativa, tali che in
essa si esaurisca per intero il ciclo relativo ad una frazione o ad un momento
essenziale dell’attività produttiva aziendale.
In altra occasione, la Cassazione ha distinto il caso in cui lo spostamento del
lavoratore avvenga all’interno dello stesso complesso aziendale dal caso in cui
lo spostamento avvenga a distanza tale da comportare per il lavoratore disagi
personali o familiari. Nel primo caso l’unità produttiva deve essere individuata
seguendo la definizione contenuta nell’art. 35 dello Statuto dei lavoratori: sede,
stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che occupa più di 15
dipendenti. Per contro, nel secondo caso, l’unità produttiva non è
necessariamente quella di cui all’art. 35 cit., ma può essere identificata con
qualunque sede aziendale senza requisiti dimensionali. Essa va così individuata
in qualsiasi articolazione autonoma dell’impresa, avente sotto il profilo
funzionale idoneità ad esplicare, in tutto o in parte l’attività di produzione di
beni o servizi.

B. Poteri di vigilanza e controllo


Legge 20 maggio 1970, n. 300
Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà
sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento.
(GU 27 maggio 1970, n. 131)

Art. 2. Guardie giurate.


Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di cui agli
articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con regio decreto 18 giugno
1931, numero 773 , soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale.
Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da
quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale.
È fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza sull'attività lavorativa
le guardie di cui al primo comma, le quali non possono accedere nei locali dove
si svolge tale attività, durante lo svolgimento della stessa, se non
eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui
al primo comma.
88
In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle
disposizioni di cui al presente articolo, l'Ispettorato del lavoro ne promuove
presso il questore la sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di revoca
della licenza da parte del prefetto nei casi più gravi.

Art. 3. Personale di vigilanza.


I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza
dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati.

Art. 4. Impianti audiovisivi.


È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di
controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze
organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi
anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono
essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali
aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In
difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del
lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti.
Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle
caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di
accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione
interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in vigore
della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento
e le modalità di uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo
e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in
mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori
di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla
comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale.

Art. 5. Accertamenti sanitari.


Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla
infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente.
Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto
attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono
tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda.
Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da
parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico.

Art. 6. Visite personali di controllo.


Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché nei casi in cui
siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla
qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti.
In tali casi le visite personali potranno essere effettuate soltanto a condizione
che siano eseguite all'uscita dei luoghi di lavoro, che siano salvaguardate la
dignità e la riservatezza del lavoratore e che avvengano con l'applicazione di
sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori.

89
Le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite personali, nonché, ferme
restando le condizioni di cui al secondo comma del presente articolo, le relative
modalità debbono essere concordate dal datore di lavoro con le
rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la
commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro,
provvede l'Ispettorato del lavoro.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro di cui al precedente comma,
il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di
queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al
successivo articolo 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione
del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.

Legge 11 novembre 1983, n. 638


Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12
settembre 1983, n. 463, recante misure urgenti in materia
previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica,
disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga
di taluni termini.
(G.U. n. 310 del 11 novembre 1983).

Articolo unico
E' convertito in legge il decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, recante
misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della
spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e
proroga di taluni termini, con le seguenti modificazioni:
All'art. 1:
al comma primo, dopo le parole: "entro termini unificati" sono aggiunte le
seguenti: "in ogni caso non oltre il 25 del mese";
al comma secondo, dopo le parole: "sono versate distintamente" sono aggiunte
le seguenti: "alle amministrazioni di competenza".
All'art. 2:
al comma primo, le parole: "anticipate o denunciate" sono sostituite dalle
seguenti: "anticipate e denunciate" e le parole:
"Il relativo versamento, prima del promovimento dell'azione penale, estingue il
reato" sono sostituite dalle seguenti: "Il relativo versamento entro sei mesi
dalla scadenza della data stabilita per lo stesso, e comunque, ove sia fissato il
dibattimento prima di tale termine, non oltre le formalità di apertura del
dibattimento stesso, estingue il reato";
ai commi quinto, sesto, settimo, ottavo, decimo, diciassettesimo, e
diciottesimo, le parole: "31 ottobre 1983" sono sostituite dalle seguenti: "30
novembre 1983";
al comma sesto, la parola: "sei" è sostituita dalla seguente:
"nove"; le parole: "31 marzo 1984" sono sostituite dalle seguenti: "30 giugno
1984";
dopo il comma sesto sono aggiunti i seguenti:
6-bis. Le imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria in data
successiva al 1° febbraio 1983 sono ammesse a regolarizzare la loro posizione
debitoria relativa ai periodi di paga precedenti con gli effetti di cui al secondo
periodo del comma quinto, a condizione che provvedano al versamento dei
90
contributi afferenti al periodo successivo alla data suindicata entro il 30
novembre 1983.
6-ter. Le imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria possono
usufruire dei benefici di cui al comma quinto anche se non sono in regola con i
versamenti dei contributi previsti nello stesso comma, alla condizione che sia
stata autorizzata dal CIPI la continuazione dell'esercizio dell'impresa e che
esse, od il gruppo di cui fanno parte, abbiano usufruito delle garanzie del
Tesoro di cui all'art. 2-bis del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito,
con modificazioni, nella legge 23 aprile 1979, n. 95, in misura non superiore al
20 per cento degli importi dei contratti di finanziamento autorizzati dal CIPI ed
abbiano fatto ricorso alla Cassa integrazione guadagni per una percentuale non
superiore al 30 per cento del personale in forza";
dopo il comma settimo, è aggiunto il seguente:
"7-bis. Per gli istituti di patronato e di assistenza sociale, istituiti ai sensi del
decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, e
successive integrazioni, in attesa della emanazione del decreto del Presidente
della Repubblica previsto dall'art. 2 della legge 27 marzo 1980, n. 112, il
termine per la regolarizzazione dell'intera partita debitoria è differito al 31
ottobre 1984. Nel frattempo il 10 per cento delle somme che sono erogate a
qualsiasi titolo dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale agli istituti di
patronato e di assistenza sociale deve essere utilizzato a scomputo della
posizione debitoria ed entro i limiti della relativa esposizione";
al comma dodicesimo, le parole: "30 aprile 1984" sono sostituite dalle
seguenti: "31 luglio 1984";
al comma tredicesimo, le parole: "Le gestioni previdenziali ed assistenziali"
sono sostituite dalle seguenti: <<Gli enti previdenziali e assistenziali
impositori";
il comma quattordicesimo è sostituito dal seguente:
"Le disposizioni di cui ai commi da 5 a 13 si applicano anche ai coltivatori
diretti, ai mezzadri e coloni e rispettivi concedenti, agli artigiani, agli esercenti
attività commerciali ed ai liberi professionisti iscritti negli appositi alibi o
elenchi professionali, per la regolarizzazione delle posizioni debitorie relative a
periodi di contribuzione anteriori al 1° gennaio 1983. I relativi contributi sono
versati entro il 30 giugno 1984. Per coloro che non abbiano ottemperato
all'obbligo di iscrizione presso le rispettive commissioni, le disposizioni si
applicano purché
la denuncia entro il 30 novembre 1983 e la relativa regolarizzazione avvenga
comunque entro sessanta giorni dall'iscrizione stessa";
al comma diciannovesimo, dopo le parole: "all'Istituto nazionale della
previdenza sociale" sono aggiunte le seguenti: "ed all'Istituto nazionale per
l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro";
al comma ventesimo, le parole: "30 giugno 1983" sono sostituite dalle
seguenti: "31 dicembre 1983".
All'art. 3:
il comma sesto è sostituito dal seguente:
"L'ispettorato provinciale del lavoro esercita i poteri di coordinamento ad esso
attribuiti anche mediante programmi annuali per la repressione delle evasioni
contributive in materia di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, sentiti
gli istituti interessati. L'ispettorato provinciale del lavoro riferisce annualmente

91
al Ministro del lavoro e della previdenza sociale sull'attività di coordinamento
effettuata";
il comma settimo è soppresso.
All'art. 4:
al comma primo, le parole: "Per gli anni 1983 e 1984 i contributi base e di
adeguamento" sono sostituite dalle seguenti:
"Per l'anno 1983 i contributi base e di adeguamento e per l'anno 1984 i
contributi di adeguamento";
al comma secondo, è aggiunto il seguente periodo: "Per l'anno 1984 la
contribuzione base dovuta dai lavoratori autonomi autorizzati alla prosecuzione
volontaria resta confermata nella misura stabilita per l'anno 1983";
dopo il comma quarto, è aggiunto il seguente:
"4-bis. I contributi aggiuntivi aziendali per l'invalidità, la vecchiaia ed i
superstiti e per l'assistenza di malattia di cui all'art. 2, secondo comma, del
decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, convertito, con modificazioni, nella
legge 26 febbraio 1982, n. 54, e all'art. 1, secondo comma, del decreto del
Presidente della Repubblica 8 luglio 1980, n. 538, e successive modificazioni e
integrazioni, sono versati in due rate eguali scadenti il 25 luglio e il 25 ottobre
dell'anno solare al quale si riferiscono. I contributi aggiuntivi aziendali per
l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti e per l'assistenza di malattia di cui all'art.
12 del decreto-legge 27 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, nella
legge 26 settembre 1981, n. 537, e all'art. 3 del decreto-legge 22 dicembre
1981, n. 791, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1982, n. 54,
sono versati in due rate eguali scadenti il 10 luglio e il 10 settembre dell'anno
solare al quale si riferiscono";
dopo il comma sesto, è aggiunto il seguente:
"6-bis. Il contributo annuo fisso personale a carico degli iscritti alle Casse
nazionali di previdenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti e dei
ragionieri e periti commerciali, previsto dall'art. 2 della legge 23 dicembre
1970, n. 1140, è elevato a L. 960.000 a partire dal 1° gennaio 1984";
al comma nono, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
"Ai lavoratori agricoli di cui all'art. 2, comma quinto, del decreto-legge 12
agosto 1983, n. 371, convertito, con modificazioni, nella legge 11 ottobre 1983,
n. 546, iscritti negli elenchi a validità prorogata, sono riconosciuti il diritto alle
prestazioni previdenziali e assistenziali e lo stesso numero di giornate
lavorative ad essi attribuite negli elenchi anagrafici per l'anno 1982";
dopo il comma quattordicesimo, è aggiunto il seguente:
"14-bis. L'art. 35, terzo comma, della legge 5 agosto 1981, n. 416, va
interpretato nel senso che, nei casi di cessazione dell'attività aziendale,
l'efficacia dei licenziamenti è sospesa ed i rapporti di lavoro proseguono ai soli
fini dell'intervento straordinario della Cassa integrazione e per consentire ai
lavoratori di usufruire del prepensionamento previsto dall'art. 37 della legge
medesima";
dopo il comma diciassettesimo, è aggiunto il seguente:
"17-bis. L'art. 8, primo comma, della legge 12 marzo 1968, n. 334, va
interpretato nel senso che i compartecipanti familiari ed i piccoli coloni, nonché
i proprietari concedenti, sono tenuti a pagare aliquote contributive nella stessa
misura e secondo la medesima ripartizione in vigore per i giornalieri di
campagna".
All'art. 5:
92
al comma sesto, le parole: "con contratto" sono soppresse:
al comma nono, le parole: "dei soggetti aventi titolo alle prestazioni
economiche di malattia>> sono sostituite dalle seguenti: "dei lavoratori";
al comma dodicesimo, il secondo periodo è soppresso;
dopo il comma dodicesimo, è aggiunto il seguente:
"12-bis. L'Istituto nazionale della previdenza sociale, per gli accertamenti
sanitari connessi alla sua attività istituzionale, è autorizzato a stipulare
apposite convenzioni con l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro;
il comma quattordicesimo, è sostituito dal seguente:
"Qualora il lavoratore, pubblico o privato, risulti assente alla visita di controllo
senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento economico
per l'intero periodo sino a dieci giorni e nella misura della metà per l'ulteriore
periodo, esclusi quelli di ricovero ospedaliero o già accertati da precedente
visita di controllo".
All'art. 6:
al comma primo, dopo la parola: "minatori" sono aggiunte le seguenti: "e
dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio";
sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "Per i lavoratori autonomi agricoli, il
reddito dichiarato dal titolare dell'azienda ai fini dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche viene imputato, indipendentemente dalla effettiva percezione,
a ciascun componente attivo del nucleo familiare, in proporzione alla quantità e
qualità del lavoro effettivamente prestato da ciascuno di essi in modo
continuativo, attestata con dichiarazione dello stesso titolare dell'azienda";
al comma quinto, dopo le parole: "Le pensioni non integrate al trattamento
minimo" sono aggiunte le seguenti: "di cui al presente articolo";
al comma sesto, le parole: "di cui al comma quinto" sono sostituite dalle
seguenti: "di cui ai commi precedenti" e dopo le parole: "in vigore alla data di
decorrenza" sono aggiunte le seguenti: "della pensione, calcolato sulla base dei
periodi di contribuzioni utili";
al comma settimo, dopo le parole: "fino al" è aggiunta la seguente: "suo";
al comma ottavo, il secondo periodo è sostituito dai seguenti:
"In ogni caso l'importo mensile della pensione così determinata non può
superare nè il limite di L. 10.000 per ogni anno di anzianità contributiva utile a
pensione, con applicazione per le pensioni ai superstiti delle aliquote di cui
all'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903, nè l'importo di trattamento
minimo vigente nelle gestioni. É tuttavia, fatto salvo l'eventuale maggiore
importo di pensione derivante dal calcolo della prestazione secondo le norme
vigenti anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto";
al comma nono, dopo la parola: "pensioni" sono aggiunte le seguenti: "di cui al
comma precedente";
al comma decimo, le parole: "commi precedenti" sono sostituite dalle seguenti:
"commi ottavo e nono";
dopo il comma decimo, sono aggiunti i seguenti:
"10-bis. Ai fini dei commi ottavo, nono e decimo, per le pensioni aventi
decorrenza successiva al 30 settembre 1983, i contributi base versati dai
coltivatori diretti, coloni e mezzadri si intendono rivalutati secondo l'anno di
riferimento con i seguenti coefficienti:
1979 1,2038

93
1980 1,1346
1981 1,3003
1982 1,2731
1983 1,2126

10-ter. I trattamenti minimi dei lavoratori autonomi sono rivalutati ai sensi


dell'art. 19 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni e
integrazioni".
dopo il comma undicesimo, sono aggiunti i seguenti:
"11-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle pensioni
spettanti ai superstiti, quando vi siano più titolari.
11-ter. Chiunque compie dolosamente atti che procurino a sé o ad altri la
corresponsione dell'integrazione al minimo non spettante è tenuto a versare
alla gestione previdenziale interessata, a titolo di sanzione amministrativa, una
somma pari al doppio di quello indebitamente percepita, ancorché il fatto
costituisca reato.
11-quater. Nei casi in cui risulti che l'integrazione al trattamento minimo sia
stata erogata sulla base di una dichiarazione non conforme al vero, ferme
restando le sanzioni previste dalle leggi vigenti, l'integrazione stessa è
annullata o rideterminata nella misura effettivamente spettante e la somma
indebitamente erogata può essere recuperata senza tener conto dei limiti
stabiliti dalla normativa vigente in materia.
11-quinquies. Le gestioni previdenziali possono procedere al recupero sul
trattamento di pensione delle somme erogate in eccedenza anche in deroga ai
limiti posti dalla normativa vigente".
All'art. 7:
al comma primo, primo periodo, le parole: "successivo al 1982" sono sostituite
dalle seguenti: "successivo al 1983"; nel secondo periodo, le parole: "Il limite
minimo" sono sostituite dalle seguenti: "A decorrere dal periodo di paga in
corso alla data del 1° gennaio 1984, il limite minimo" e le parole: "dell'anno
considerato" sono sostituite dalle seguenti: "di ciascun anno"; al comma terzo,
le parole: "successivi al 31 dicembre 1982"
sono sostituite dalle seguenti: "successivi al 31 dicembre 1983" e dopo le
parole: "non pensionistiche" sono aggiunte le seguenti: ", per le quali è previsto
un requisito contributivo";
al comma sesto, le parole: "A decorrere dal 1° ottobre 1983" sono sostituite
dalle seguenti: "A decorrere dal 1° gennaio 1984";
al comma settimo, le parole: "A decorrere dal 1° ottobre 1983" sono sostituite
dalle seguenti: "A decorrere dal 1° gennaio 1984";
al comma ottavo, dopo le parole: "lavoratori autonomi" sono aggiunte le
seguenti: ", fermo restando quanto disposto dal comma secondo dell'art. 4 in
materia di contribuzione base,";
al comma nono, le parole: "e della determinazione" sono sostituite dalle
seguenti: "e dell'anzianità contributiva per la determinazione" e sono aggiunte,
in fine, le parole: "e, conseguentemente, il requisito minimo di contribuzione,
per tutte le categorie di operai agricoli, resta fissato in: 5.460 giornate, con
esclusione di quelle coperte da contribuzione figurativa per malattia e per
indennità ordinaria di disoccupazione, per il diritto alla pensione di anzianità.

94
Per il conseguimento dello stesso diritto è altresì richiesto il requisito di 35 anni
di iscrizione negli elenchi nominativi di categoria; 4.050 giornate per il diritto
alla pensione di invalidità, di cui almeno 270 nel quinquennio precedente la
domanda di pensione";
al comma undicesimo, le parole: "successivi al 31 dicembre 1982" sono
sostituite dalle seguenti: "successivi al 31 dicembre 1983";
al comma dodicesimo, le parole: "156 o 104 giornate per anno sono rivalutati,
rispettivamente, per i coefficienti 1,50 e 2,23 sono sostituite dalle seguenti:
"270 giornate per anno sono rivalutati per i coefficienti 2,60 e 3,86,
rispettivamente, per gli uomini e per le donne e i ragazzi";
dopo il comma dodicesimo, è aggiunto il seguente:
"12-bis. Per effetto della rivalutazione di cui al comma precedente non
possono, comunque, essere computati più di 270 contributi giornalieri per
anno";
al comma tredicesimo, ultimo rigo, la parola: "obbligatori" è sostituita dalle
seguenti: "effettivi e figurativi".
All'art. 8:
il primo capoverso è sostituito dal seguente:
"La pensione di invalidità non è attribuita, e se attribuita ne resta sospesa la
corresponsione, nel caso in cui l'assicurato e il pensionato, di età inferiore a
quella prevista per il pensionamento di vecchiaia, siano percettori di reddito da
lavoro dipendente, con esclusione dei trattamenti di fine rapporto comunque
denominati, e di reddito da lavoro o autonomo o professionale o d'impresa per
un importo lordo annuo, al netto dei soli contributi previdenziali, superiore a tre
volte l'ammontare del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori
dipendenti calcolato in misura pari a tredici volte l'importo mensile in vigore al
1° gennaio di ciascun anno. Per i lavoratori autonomi agricoli, il reddito
dichiarato dal titolare della azienda ai fini dell'imposta sul reddito delle persone
fisiche viene imputato, indipendentemente dalla effettiva percezione, a ciascun
componente attivo del nucleo familiare, in proporzione alla quantità e qualità
del lavoro effettivamente prestato da ciascuno di essi in modo continuativo,
attestata con dichiarazione dello stesso titolare della azienda. I periodi di
godimento della pensione sospesa, scoperti di contribuzione obbligatoria,
volontaria o figurativa, non sono considerati agli effetti dei requisiti contributivi
e assicurativi per l'autorizzazione della prosecuzione volontaria
dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti. La
corresponsione della pensione di invalidità sospesa ai sensi del presente
comma è ripristinata per i periodi in cui non si verificano le condizioni di reddito
che determinano la sospensione stessa e comunque al raggiungimento dell'età
prevista per il pensionamento di vecchiaia dai rispettivi ordinamenti";
al terzo capoverso, le parole: "del presente decreto" sono sostituite dalle
seguenti: "del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463";
dopo l'ultimo capoverso, è aggiunto il seguente:
"I ratei di pensione indebitamente percepiti dal 1° gennaio di ciascun anno
sono recuperati in sede di ripristino della prestazione.
Il recupero avviene anche in deroga ai limiti posti dalla normativa vigente";
è aggiunto il seguente comma:
"1-bis. Resta ferma la disposizione di cui all'art. 68 della legge 30 aprile 1969,
n. 153, indipendentemente dal reddito percepito dal pensionato".
All'art. 9:
95
al comma primo, dopo le parole: "i soggetti stessi" sono aggiunte le seguenti:
"che abbiano un grado di invalidità inferiore al 50 per cento";
sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "La visita è disposta entro il
quindicesimo giorno dalla decisione di avviamento al lavoro. In mancanza si
procede in ogni caso all'avviamento, salvo successivo accertamento";
il comma terzo è sostituito dal seguente:
"I lavoratori assunti tramite il collocamento ordinario e successivamente
riconosciuti invalidi non per cause di lavoro o di servizio con un grado di
invalidità non inferiore al 60 per cento sono considerati, ai fini della
percentuale di obbligo complessiva di cui all'art. 11, primo comma della legge
2 aprile 1968, n. 482".
Dopo l'art. 9, è aggiunto il seguente:
"Art. 9-bis. - Le disposizioni di cui ai precedenti articoli 6 e 8 non si applicano ai
lavoratori, dipendenti o autonomi, e ai pensionati residenti all'estero".
All'art. 10:
al comma sesto, dopo le parole: "Servizio sanitario nazionale" sono aggiunte le
seguenti: ", a seguito del loro inserimento nel prontuario";
il comma ottavo è soppresso;
dopo il comma nono, sono aggiunti i seguenti:
"9-bis. Le disposizioni relative alla compartecipazione dei cittadini per le
prestazioni di cui ai commi terzo e non vengono applicate per le prestazioni,
erogate dai servizi pubblici, eseguite ai sensi e per le finalità di cui alle leggi 13
maggio 1978, n. 180, e 22 dicembre 1975, n. 685.
9-ter. Le disposizioni di cui ai commi terzo e nono non vengono applicate le
prestazioni farmaceutiche e di diagnostica strumentale e di laboratorio
effettuate ai fini della tutela sanitaria dei donatori di sangue ed organi in
connessione con gli atti di donazione e per le prestazioni sanitarie da
effettuarsi nei confronti delle donne in stato di gravidanza ed a tutela della
maternità responsabile con accesso agli esami di laboratorio e di diagnostica
strumentale in misura da stabilirsi mediante protocolli da emanarsi entro
sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto".
All'art. 11:
il comma secondo, è sostituito dal seguente:
"Sono esentati altresì dal pagamento delle quote di partecipazione di cui all'art.
10 gli invalidi civili e del lavoro nei cui confronti sia stata accertata una
riduzione della capacità lavorativa nella misura superiore ai due terzi, gli
invalidi di guerra o per servizio per una menomazione dell'integrità fisica
ascrivibile alle categorie dalla 1ª alla 5ª della tabella A allegata alla legge 18
marzo 1968, n. 313, i privi della vista o sordomuti indicati, rispettivamente,
dagli articoli 6 e 7 della legge 2 aprile 1968, n. 482. Sono altresì esentati gli
invalidi civili con assegno di accompagnamento, di cui all'art. 17 della legge 30
marzo 1971, n. 118. Sono comunque concesse gratuitamente alle categorie
sopra indicate le prestazioni ortopediche e protesiche connesse alla invalidità
che saranno determinate con decreto del Ministro della sanità, sentito il
Consiglio sanitario nazionale, entro novanta giorni dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto";
il comma quinto è sostituito dal seguente:
"Il Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, ai fini della
prevenzione e della cura di forme morbose di particolare rilevanza sociale o di
96
peculiare interesse per la tutela della salute pubblica, stabilisce, con proprio
decreto, entro novanta giorni, norme rivolte ad indicare i soggetti esentati dal
pagamento delle quote di partecipazione alla spesa sulle prestazioni di
diagnostica strumentale e di laboratorio";
dopo il comma quinto, è aggiunto il seguente:
"5-bis. Le disposizioni di cui all'art. 10, comma nono, non vengono applicate
per le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio conseguenti ad
interventi ed a campagne di previsione (medicina scolastica, medicina dello
sport, tutela sanitaria negli ambienti e luoghi di lavoro, prevenzione
oncologica) previste dal piano sanitario nazionale";
al comma nono, la parola: "farmaceutiche" è soppressa.

All'art. 12:
il comma terzo, è sostituito dal seguente:
"Il Consiglio sanitario nazionale si riunisce entro il terzo mese di ogni
quadrimestre per esprimere il proprio parere. Se non si pronuncia entro il
termine suddetto, il parere si intende espresso in senso conforme alla proposta
del comitato di cui all'art. 30 della legge 23 dicembre 1978, n. 833";
al comma quattordicesimo, le parole: "Comitato interministeriale dei prezzi"
sono sostituite dalla seguente: "CIP"; dopo le parole:
"Comitato interministeriale per la programmazione economica" è aggiunta la
seguente: <<(CIPE)>>; le parole: "dallo stesso comitato" sono sostituite dalle
seguenti: "dal CIP".
All'art. 13:
al comma terzo, sono soppresse le parole: "connesse a stati patologici in atto";
il comma sesto, è sostituito dal seguente:
"I congedi straordinari, le aspettative per infermità ed i permessi per malattia
di cui ai commi precedenti non possono essere concessi per cure elioterapiche,
climatiche e psammoterapiche, ad eccezione di quelli spettanti agli invalidi per
causa di guerra, di servizio e del lavoro e ai ciechi, ai sordomuti e agli invalidi
civili con una percentuale superiore ai due terzi";
al comma settimo, le parole: "Restano ferme" sono sostituite dalle seguenti:
"Restano in vigore dal 1° gennaio 1983".
All'art. 14:
al comma primo, dopo le parole: "titolari di pensione" sono aggiunte le
seguenti: nei limiti previsti dal comma secondo-bis";
al comma secondo, sono soppresse le parole: "anche se lavoratori dipendenti o
titolari di pensione";
dopo il comma secondo, è aggiunto il seguente:
"2-bis. In caso di cumulo tra reddito di lavoro professionale e reddito di lavoro
dipendente, autonomo o di pensione soggetta ad un contributo di malattia, sul
reddito derivante dall'attività professionale è dovuta solo la maggiorazione del
contributo di cui all'art. 1, ultimo comma, del decreto del Presidente della
Repubblica 8 luglio 1980, n. 538, e successive modificazioni ed integrazioni".
All'art. 16:
il terzo capoverso è soppresso:
è aggiunto il seguente comma:
"1-bis. Al secondo comma dell'art. 49 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, le
parole: "gli atti di cui al comma precedente" sono sostituite dalle seguenti: "gli
atti di cui al primo comma";
97
All'art. 17:
al comma primo, sono aggiunte, in fine, le parole: "Il collegio cessa le proprie
funzioni all'atto dell'insediamento del collegio ordinario";
il comma secondo, è soppresso.
All'art. 18:
il comma primo, è sostituito dal seguente:
"Entro il 30 novembre 1983 il comitato di gestione della unità sanitaria locale
determina per la competenza il totale degli accertamenti di entrata e il totale
degli impegni assunti alla data del 30 settembre 1983 e sulla base di questi e
delle esigenze previste in entrata, nonché di quelle in uscita relative alle sole
attività necessarie per il funzionamento dei servizi, alla data del 31 dicembre
successivo, definisce il presunto risultato di amministrazione di competenza
dell'esercizio 1983";
al comma secondo, la parola: "predetti" è sostituita dalla seguente: "pregressi".

All'art. 19:
al comma primo, è aggiunto il seguente periodo: "Le regioni provvedono alla
fissazione degli stanziamenti entro il 30 novembre 1983";
il comma secondo, è sostituito dal seguente:
"Per i bilanci degli esercizi successivi il CIPE, le regioni e le unità sanitarie locali
provvedono agli adempimenti di competenza, rispettivamente, entro i termini
del 31 ottobre, del 20 novembre e del 31 dicembre";
al comma terzo, è aggiunto il seguente periodo: "La gestione in dodicesimi non
può comunque essere protratta oltre il mese di aprile dell'esercizio di
riferimento".
All'art. 20, al secondo capoverso, le parole: "con la legge recante disposizioni
per la formazione del bilancio pluriennale dello Stato" sono sostituite dalle
altre: "con legge dello Stato".
All'art. 21, il comma secondo è sostituito dal seguente:
"L'ultimo comma dell'art. 25 della legge 5 agosto 1978, n. 468, è sostituito dal
seguente:
"Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del tesoro e del
bilancio e della programmazione economica, con proprio decreto, individua gli
organismi e gli enti anche di natura economica che gestiscono fondi
direttamente o indirettamente interessanti la finanza pubblica, con eccezione
degli enti di gestione delle partecipazioni statali e degli enti autonomi fieristici,
ai quali si applicano le disposizioni del presente articolo. Per gli enti economici
l'obbligo di cui al primo comma si riferisce solo alle previsioni ed ai consuntivi
in termini di cassa".
All'art. 23, al comma terzo, sono aggiunte, in fine, le parole: "Parimenti sono
escluse e supplenze assegnate dai capi di istituto su cattedre o posti conferibili
dai provveditori agli studi per supplenza annuale ai sensi del primo e secondo
comma dell'art. 15 della legge 20 maggio 1982, n. 270, vacanti entro il 31
dicembre e non conferiti dai provveditori per mancanza di aspiranti nelle
graduatorie o esaurimento delle stesse".
All'art. 25:
al comma undicesimo, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le parole: ", alla
voce "Amministrazioni diverse - Miglioramenti economici ai pubblici
dipendenti"; il secondo periodo è soppresso; al comma tredicesimo, le parole:

98
"rispettivamente differiti al 24 settembre e al 25 ottobre 1983" sono sostituite
dalle seguenti:
"rispettivamente differiti al 20 novembre e al 20 dicembre 1983";
al comma quattordicesimo, le parole: "sono differiti al 15 settembre 1983" sono
sostituite dalle seguenti: "sono differiti al 10 novembre 1983";
al comma quindicesimo, le parole: "entro il 15 settembre 1983" sono sostituite
dalle seguenti: "entro il 10 novembre 1983"; le parole: "sono differiti di
quarantacinque giorni" sono sostituite dalle seguenti: "sono differiti di novanta
giorni";
dopo il comma diciassettesimo, è inserito il seguente:
"17-bis. Ai conferimenti di aziende agricole in società esistenti o da costituire,
eseguiti entro il 30 giugno 1988, si applicano, agli effetti dell'imposta comunale
sull'incremento di valore degli immobili, le disposizioni di cui all'art. 6, settimo
comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, e
successive modificazioni";
al comma diciottesimo, le parole: "31 dicembre 1983" sono
sostituite dalle seguenti: "30 giugno 1984";
il comma diciannovesimo è sostituito dal seguente:
"All'onere finanziario derivante dall'applicazione del comma diciottesimo,
valutato in lire 15.000 milioni, si provvede per lire 7.500 milioni mediante
riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 194 dello stato di previsione
della spesa dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per l'anno
finanziario 1983 e per lire 7.500 milioni mediante riduzione del corrispondente
capitolo per l'anno finanziario 1984";
dopo il comma diciannovesimo è aggiunto il seguente:
"19-bis. Il termine previsto dall'art. 2 della legge 5 agosto 1981, n. 453, è
prorogato al 31 dicembre 1985".
L'art. 26 è soppresso.
Restano validi gli atti ed i provvedimenti ed hanno efficacia i rapporti giuridici
derivanti dall'applicazione dei decreti-legge 10 gennaio 1983, numeri 1 e 2,
degli articoli 3 e 4, comma terzo, del decreto-legge 10 gennaio 1983, n. 3, e dei
decreti-legge 11 marzo 1983, n. 59, 11 maggio 1983, n. 176, 4 luglio 1983, n.
314, e 11 luglio 1983, n. 317, nonché quelli instaurati anteriormente al 20
agosto 1983 per l'assunzione a carico del Servizio sanitario nazionale delle
prescrizioni di galenici magistrali.

Accertamenti sanitari

Legittimità dei controlli esercitati sui candidati all’assunzione da soggetti


diversi da quelli previsti all’art. 5 St. lav.
Poiché l’art. 38 St. lav. prevede sanzioni di natura penale per la violazione degli
obblighi stabiliti dall’art. 5 della stessa legge, occorre far riferimento alla
giurisprudenza della Cassazione penale che peraltro ha espresso nel tempo
orientamenti contrapposti.
La questione centrale riguarda l’interpretazione del termine lavoratore.
Secondo la Cassazione il divieto si applica ai soli dipendenti e non a coloro che
devono essere ancora assunti. Art. 12 Preleggi: il lavoratore è colui che lavora
e non colui che aspira a lavorare.

99
In un’altra decisione la corte giudica penalmente sanzionabile lo svolgimento
sistematico di test di gravidanza sulle lavoratrici in fase di assunzione, così
come di controlli per la ricerca di oppiacei nelle urine.

Oggetto della tutela prevista dall’art. 5 St. lav. e contenuto del controllo
L’oggetto della tutela è individuato nella tutela della libertà e della dignità del
lavoratore, in modo da impedire che gli imprenditori possano ricorrere ad
accertamenti sanitari diretti, per mezzo di medici di loro fiducia, per soddisfare
interessi estranei alla verifica dell’idoneità fisica dei lavoratori. L’affidamento
del controllo dell’idoneità fisica a strutture pubblica denota dunque la
preoccupazione del legislatore di evitare che surrettiziamente, attraverso gli
accertamenti sanitari, si pongano in atto le discriminazioni espressamente
vietate dalla legge.

Guardie giurate e personale di vigilanza


Un consolidato orientamento della Cassazione riconosce al datore di lavoro un
potere di controllo particolarmente ampio quando si tratti di verificare
l’eventuale commissione di atti illeciti da parte del lavoratore. In difetto di
espliciti divieti al riguardo e in considerazione della libertà di difesa privata il
datore di lavoro può effettuare controlli anche tramite soggetti diversi dalle
guardie giurate.
In particolare la corte ritiene che la tutela del patrimonio aziendale consentita
dallo Statuto dei lavoratori, possa legittimare la vigilanza sui lavoratori,
precisando che la sorveglianza è diretta sia sulle prestazioni lavorative sia sulle
eventuali irregolarità.
Il Pretore di Monza, ad esempio, ha ritenuto legittimi i controlli posti in essere
da dipendenti di agenzie investigative, che operando come normali clienti,
verificavano direttamente eventuali mancate registrazioni da parte delle
cassiere.

Controllo a distanza

Limiti sostanziali del controllo a distanza


La Cassazione osserva che il 1° comma dell’art. 4 si fonda sul presupposto che
la vigilanza sul lavoro, ancorché necessaria nell’organizzazione produttiva,
vada mantenuta in una dimensione umana, e cioè non esasperata dall’uso di
tecnologie che possono rendere la vigilanza stessa continua e anelastica,
eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del
lavoro. Con il 2° comma dell’art. 4 St. lav., secondo la corte, il legislatore ha
inteso, infatti, contemperare l’esigenza di tutela di diritto dei lavoratori a non
essere controllati a distanza e quello del datore di lavoro o se si vuole, della
stessa collettività, relativamente all’organizzazione, produzione e sicurezza del
lavoro, individuando una precisa procedura esecutiva e gli stessi soggetti ad
essa partecipi. Perciò il controllo a distanza dei lavoratori nella misura in cui
risulti finalizzato a controllare a distanza anche l’attività dei dipendenti, è da
ritenersi illecita.

Legittimità dei controlli a distanza finalizzati all’accertamento di condotte


illecite
100
Secondo la Cassazione l’art. 4 dello St. lav non è applicabile quando i controlli a
distanza siano diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore (c.d. controlli
difensivi), quali, ad esempio, i sistemi di controllo dell’accesso di aree riservate
o anche gli apparecchi di rilevazione di telefonate ingiustificate

C. Potere disciplinare
Legge 20 maggio 1970, n. 300
Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà
sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento.
(GU 27 maggio 1970, n. 131)

Art. 7. Sanzioni disciplinari.


Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali
ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle
stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione
in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito
da accordi e contratti di lavoro ove esistano.
Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei
confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e
senza averlo sentito a sua difesa.
Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione
sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non
possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti
definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un
importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal
servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni.
In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non
possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla
contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.
Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma
restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata
applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi,
anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca
mandato, la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da
un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di
comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del
lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del
collegio.
Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli
dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di
cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di
lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino
alla definizione del giudizio.
Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due
anni dalla loro applicazione.

101
2106. Sanzioni disciplinari. 20 — L’inosservanza delle disposizioni contenute
nei due articoli precedenti può dar luogo all’applicazione di sanzioni
disciplinari, secondo la gravità dell’infrazione [e in conformità delle norme
corporative] 21 22.

Potere disciplinare

Affissione del codice disciplinare


L’affissione del codice disciplinare nel luogo di lavoro deve considerarsi
essenziale ed insostituibile al fine di attuare la conoscibilità delle norme
disciplinari. È nulla la sanzione irrogata in difetto di tale forma di pubblicità.
Occorre verificare se effettivamente il regolamento o codice in questione è
stato portato a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo
accessibile a tutti, trattandosi di disposizioni indirizzate ai lavoratori dipendenti
non come singoli ma come componenti di una collettività indeterminata e
variabile.

Termini e modalità della contestazione


La Cassazione ricorda che l’art. 7 St. lav. non stabilisce un termine entro il
quale il datore di lavoro deve esercitare il suo potere disciplinare. Tuttavia la
giurisprudenza ha da tempo affermato il generale principio della tempestività o
dell’immediatezza dell’esercizio del potere disciplinare.
Relativamente alle modalità della contestazione, costituisce giurisprudenza
consolidata, l’affermazione che la contestazione degli addebiti, avendo lo scopo
di consentire al lavoratore un’immediata ed efficace difesa, deve rivestire il
carattere della specificità, ossia contenere l’esposizione chiara e puntuale dei
dati e degli aspetti essenziali del fatto nella sua materialità.

20 Il potere disciplinare è, come il potere direttivo, espressione della posizione di


supremazia (superiorità) dell’imprenditore. Il suo fondamento è da ravvisare nella
responsabilità disciplinare del lavoratore, nella quale si concretizza uno degli aspetti
della subordinazione [v. 2094].

21 Il potere disciplinare è, come il potere direttivo, espressione della posizione di


supremazia (superiorità) dell’imprenditore. Il suo fondamento è da ravvisare nella
responsabilità disciplinare del lavoratore, nella quale si concretizza uno degli aspetti
della subordinazione [v. 2094].

22 Le modalità di esercizio del potere disciplinare sono specificamente previste


dall’art. 7 della l. 20-5-1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori).
Principi fondamentali sono i seguenti: a) predeterminazione del codice disciplinare
(regolamento d’azienda che prevede le infrazioni e le relative sanzioni, ad esempio:
richiamo, ammonizione, multa, sospensione dal lavoro, licenziamento); b) pubblicità
del codice disciplinare (che deve essere adeguatamente portato a conoscenza dei
lavoratori); c) preventiva contestazione dell’addebito prima dell’irrogazione della
sanzione; d) diritto di difesa del lavoratore (che deve poter esprimere le sue
giustificazioni); e) impugnabilità delle sanzioni irrogate (in via arbitrale o
giurisdizionale).
Per il pubblico impiego, cfr. art. 55, d.lgs. 30-3-2001, n. 165 (T.U. pubblico impiego).

102
La Cassazione ha precisato che il diritto alla difesa impone il rispetto della
corrispondenza tra contestazione preventiva degli addebiti e causa della
sanzione.
La preventiva contestazione dell’addebito di cui all’art. 7, 2° comma, l. n.
300/70 non richiede particolari formalità, ma solo l’esposizione dei dati e degli
aspetti essenziali del fatto materiale contestato, essendo irrilevante che essa
sia nominata come comunicazione, che non indichi il termine a discolpa e che
non convochi il lavoratore per un’audizione a sua difesa. Inoltre il datore di
lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del
lavoratore senza averlo sentito a sua difesa, previa contestazione
dell’addebito, solo ove il dipendente lo chieda espressamente, il datore di
lavoro è tenuto a sentirlo oralmente, salva in ogni caso la facoltà del lavoratore
di inoltrare per iscritto le proprie difese.

Termini di irrogazione della sanzione


Relativamente ai termini di irrogazione della sanzione, la Cassazione ha
affermato che il 5° comma dell’art. 7 St. lav. da un lato richiede la effettiva
conoscenza da parte del lavoratore delle contestazioni scritte del datore di
lavoro, dall’altro esige che il provvedimento sanzionatorio non venga adottato
prima che siano trascorsi 5 giorni da tale conoscenza. Il termine dei 5 giorni è
tassativo: si tratta infatti di termine chiaramente stabilito per consentire al
lavoratore di comunicare (per iscritto o anche oralmente) al datore di lavoro le
sue giustificazioni, che decorre pertanto dal momento della ricezione della
contestazione. Secondo le S.U., il termine di 5 giorni è funzionale soltanto ad
esigenze di tutela dell’incolpato, in quanto tende ad impedire che la sua
estromissione dal luogo di lavoro possa avvenire senza che egli abbia avuto la
possibilità di raccogliere e fornire le prove a propria difesa. Ne consegue che,
ove il lavoratore abbia fornito le sue giustificazione prima della scadenza
suddetta, senza manifestare alcuna specifica riserva di ulteriori produzioni
documentali o motivazioni difensive, nulla più osta, qualora il datore di lavoro
ritenga di doversi in tal senso determinare, all’immediata irrogazione della
sanzione.
Trasferimento disciplinare
La legittimità del trasferimento disciplinare dipende da due questioni distinte
ma correlate: l’ammissibilità di sanzioni disciplinari atipiche e la compatibilità
del trasferimento disciplinare con il limite previsto dall’art. 7, comma 4, St. lav..
Orientamenti giurisprudenziali:
1. le sanzioni disciplinari non costituiscono un numero chiuso: la Cassazione
riconosce la legittimità del trasferimento disciplinare solo laddove incluso da
parte della contrattazione collettiva nella tipologia delle sanzioni contemplate
dal relativo codice. Ove tale previsione manchi, il datore di lavoro non può
sanzionare l’inadempimento del lavoratore con il suo trasferimento, dovendo il
potere disciplinare essere esercitato nel rispetto degli obblighi di
predeterminazione e di tipicità prevista dal 5° comma dell’art. 7 St. lav..
2. larga parte della dottrina e una parte minoritaria della giurisprudenza di
merito più risalente ritengono in ogni caso illegittimo il trasferimento
disciplinare.
A volte la giurisprudenza pur escludendo la configurabilità del trasferimento
come sanzione disciplinare si è pronunciata a favore della legittimità del
trasferimento motivato da c.d. incompatibilità ambientale. In tal senso, il
103
Pretore di Milano ha ritenuto legittimo il trasferimento disposto per
incompatibilità con i colleghi in quanto non ne ha ravvisato la natura di
sanzione disciplinare, poiché tale incompatibilità viene in considerazione non
come colpa del dipendente ma come disfunzione del servizio.
La Cassazione ha infatti affermato che deve ammettersi la possibilità che un
determinato comportamento abbia una doppia valenza, nel senso di integrare
contemporaneamente gli estremi di un fatto disciplinarmente rilevante ed
altresì una delle ragioni tecniche, organizzative e produttive, previste dall’art.
2103 cod. civ.. È evidente che in tal caso vi sia un collegamento causale tra
comportamento e trasferimento ed una successione cronologica tra i due
eventi, ma non può affermarsi che per ciò solo il trasferimento costituisca una
seconda sanzione disciplinare di un’unica condotta e sia per questo illegittimo.
3. altro orientamento riconosce la legittimità del trasferimento disciplinare,
infatti, il trasferimento ha carattere conservativo e non comporta un
mutamento definitivo del rapporto di lavoro incidendo soltanto sul luogo di
adempimento della prestazione lavorativa che non costituisce, di per se e in via
generale un elemento immutabile del rapporto di lavoro.
La corte osserva che soltanto per effetto di un’impropria convenzione
terminologica, il trasferimento può essere definito disciplinare essendo più
corretto parlare di trasferimento motivato da situazioni soggettive del
lavoratore, il quale è legittimo se ed in quanto quelle situazioni realizzano
un’obiettiva esigenza aziendale di modifica del luogo di lavoro. Anche la
situazione di incompatibilità tra un lavoratore ed i suoi colleghi o collaboratori
diretti può, quindi, legittimare il trasferimento, quando essa determini
conseguenze che costituiscono esse stesse causa di disorganizzazione e
disfunzione dell’unità produttiva.
In definitiva, secondo la corte, il trasferimento deve essere ricondotto
all’esercizio del potere disciplinare oppure all’esercizio del potere
organizzativo, a seconda della motivazione che il datore di lavoro da al
trasferimento. Tale orientamento interpretativo non è ritenuto applicabile per
analogia ai provvedimenti che si concretizzano in un mutamento di mansioni.

104
TEMPO DI LAVORO E PART TIME
Legge 19 dicembre 1984, n. 863
Legge di conversione D.L. del 30 ottobre 1984, n. 726: Misure urgenti
a sostegno e incremento dei livelli occupazionali

Art. 5.
1. I lavoratori che siano disponibili a svolgere attività ad orario inferiore rispetto
a quello ordinario previsto dai contratti collettivi di lavoro o per periodi
predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno possono
chiedere di essere iscritti in apposita lista di collocamento. L'iscrizione nella
lista dei lavoratori a tempo parziale non è incompatibile con l'iscrizione nella
lista ordinaria di collocamento. Il lavoratore che venga avviato ad un lavoro a
tempo parziale può chiedere di mantenere l'iscrizione nella prima o seconda
classe della lista ordinaria nonché nella lista dei lavoratori a tempo parziale.
2. Il contratto di lavoro a tempo parziale deve stipularsi per iscritto. In esso
devono essere indicate le mansioni e la distribuzione dell'orario con riferimento
al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. Copia del contratto deve essere
inviata entro trenta giorni al competente Ispettorato provinciale del lavoro.
3. I contratti collettivi, anche aziendali, possono stabilire:
a) il numero percentuale dei lavoratori che possono essere impiegati a tempo
parziale rispetto al numero dei lavoratori a tempo pieno;
b) le mansioni alle quali possono essere adibiti lavoratori a tempo parziale;
c) le modalità temporali di svolgimento delle prestazioni a tempo parziale.
3-bis. In caso di assunzione di personale a tempo pieno è riconosciuto il diritto
di precedenza nei confronti dei lavoratori con contratto a tempo parziale, con
priorità per coloro che, già dipendenti, avevano trasformato il rapporto di
lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
4. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi di cui al precedente comma 3,
espressamente giustificata con riferimento a specifiche esigenze organizzative,
è vietata la prestazione da parte dei lavoratori a tempo parziale di lavoro
supplementare rispetto a quello concordato ai sensi del precedente comma 2.
5. La retribuzione minima oraria da assumere quale base per il calcolo dei
contributi previdenziali dovuti per i lavoratori a tempo parziale, si determina
rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale il minimale
giornaliero di cui all'art. 7 del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con
modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, e dividendo l'importo così
ottenuto per il numero delle ore di orario normale settimanale previsto dal
Contratto collettivo nazionale di categoria per i lavoratori a tempo pieno.
6. Gli assegni familiari spettano ai lavoratori a tempo parziale per l'intera
misura settimanale in presenza di una prestazione lavorativa settimanale di
durata non inferiore al minimo di ventiquattro ore. A tal fine sono cumulate le
ore prestate in diversi rapporti di lavoro. In caso contrario spettano tanti
assegni giornalieri quante sono le giornate di lavoro effettivamente prestate,
qualunque sia il numero delle ore lavorate nella giornata.
7. Qualora non si possa individuare l'attività principale per gli effetti dell'art. 20
del testo unico delle norme sugli assegni familiari, approvato con D.P.R. 30
maggio 1955, n. 797, e successive modificazioni ed integrazioni, gli assegni

105
familiari sono corrisposti direttamente dall'Istituto nazionale della previdenza
sociale.
8 […]
9. La retribuzione da valere ai fini della assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali dei lavoratori a tempo parziale è uguale alla
retribuzione tabellare prevista dalla contrattazione per il corrispondente
rapporto di lavoro a tempo pieno.
10. Su accordo delle parti risultante da atto scritto, convalidato dall'Ufficio
provinciale del lavoro sentito il lavoratore interessato, è ammessa, fermo
restando quanto previsto dai commi 2, 3 e 3-bis, la trasformazione del rapporto
di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale.
11. Nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto
di lavoro a tempo parziale e viceversa, ai fini della determinazione
dell'ammontare del trattamento di pensione si computa per intero l'anzianità
relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno e proporzionalmente all'orario
effettivamente svolto l'anzianità inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale.
La predetta disposizione trova applicazione con riferimento ai periodi di lavoro
successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto.
12. Ai fini della qualificazione dell'azienda, dell'accesso a benefici di carattere
finanziario e creditizio previsti dalle leggi, nonché della legge 2 aprile 1968, n.
482, i lavoratori a tempo parziale sono computati nel numero complessivo dei
dipendenti, in proporzione all'orario svolto riferito alle ore lavorative ordinarie
effettuate nell'azienda, con arrotondamento all'unità della frazione di orario
superiore alla metà di quello normale.
13. Il datore di lavoro che assume o impieghi lavoratori a tempo parziale in
violazione delle disposizioni di cui al precedente comma 3 è tenuto al
pagamento, a favore della gestione contro la disoccupazione, della somma di L.
40.000 per ogni giorno di lavoro svolto da ciascuno di essi.
14. Il datore di lavoro che contravvenga alla disposizione di cui al precedente
comma 4 è assoggettato alla sanzione amministrativa di cui al precedente
comma 13. Il datore di lavoro che contravvenga all'obbligo di comunicazione
previsto nel precedente comma 2 è tenuto al pagamento, a favore della
gestione contro la disoccupazione, della somma di L. 300.000.
15. Le disposizioni di cui al presente articolo non trovano applicazione nei
confronti degli operai agricoli.
16. A decorrere dal periodo di paga in corso alla data del 1° gennaio 1984 per i
lavoratori occupati nei settori indicati nel successivo comma 17 in attività ad
orario ridotto, non superiore alle quattro ore giornaliere, i quali non abbiano
stipulato il contratto di lavoro a norma dei commi precedenti, il limite minimo
di retribuzione giornaliera indicato al comma 1 dell'articolo 7 del decreto-legge
12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11
novembre 1983, n. 638, è fissato nella misura del 4 per cento dell'importo del
trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori
dipendenti in vigore al 1° gennaio di ciascun anno.
17. Le disposizioni di cui al precedente comma 16 si applicano ai seguenti
settori:
a) istruzione ed educazione scolare e prescolare non statale;
b) assistenza sociale svolta da istituzioni sociali assistenziali ivi comprese
quelle pubbliche di beneficenza ed assistenza;
106
c) attività di culto, formazione religiosa ed attività similari;
d) assistenza domiciliare svolta in forma cooperativa;
e) credito, per il solo personale ausiliario;
f) servizio di pulizia, disinfezione e disinfestazione;
g) proprietari di fabbricati, per il solo personale addetto alla pulizia negli stabili
adibiti ad uso di abitazione od altro uso.
18. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale può essere
disposta l'applicazione delle disposizioni di cui al precedente comma 16 ad altri
settori in cui l'attività lavorativa è caratterizzata da un orario non superiore alle
quattro ore giornaliere.
19. Con la medesima decorrenza di cui al precedente comma 16, per le
categorie di lavoratori per le quali sono stabiliti salari medi convenzionali, il
limite minimo di retribuzione giornaliera, di cui al comma 1 dell'art. 7 del
predetto decreto-legge non può essere inferiore al 5 per cento dell'importo del
trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori
dipendenti in vigore al 1° gennaio di ciascun anno.
20. In attesa del riordino generale della materia nel settore dell'istruzione
prescolare, non trova applicazione nel settore stesso la disposizione contenuta
nell'articolo 7, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge 12 settembre 1983,
n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638. La
disposizione del presente comma ha effetto dal periodo di paga in corso alla
data del 1° gennaio 1984.

DECRETO LEGISLATIVO 25 febbraio 2000, n. 61


"Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all’accordo quadro sul
lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES".
Le parti aggiunte dalla Legge 247/2007 sono evidenziate in neretto, quelle tolte
sono in carattere più piccolo e barrate

Art. 1 - Definizioni
1. Nel rapporto di lavoro subordinato l’assunzione può avvenire a tempo pieno
o a tempo parziale.
2. Ai fini del presente decreto legislativo si intende:
a) per "tempo pieno" l'orario normale di lavoro di cui all'articolo 3, comma 1,
del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, o l'eventuale minor orario normale
fissato dai contratti collettivi applicati;
b) per "tempo parziale" l’orario di lavoro, fissato dal contratto individuale, cui
sia tenuto un lavoratore, che risulti comunque inferiore a quello indicato nella
lettera a);
c) per "rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale" quello in cui la
riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all’orario
normale giornaliero di lavoro;
d) per "rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale" quello in relazione
al quale risulti previsto che l’attività lavorativa sia svolta a tempo pieno, ma
limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o
dell’anno;
d-bis) per "rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo misto" quello che si
svolge secondo una combinazione delle due modalità indicate nelle lettere c) e
d).";
107
e) per "lavoro supplementare" quello corrispondente alle prestazioni lavorative
svolte oltre l’orario di lavoro concordato fra le parti ai sensi dell’articolo 2,
comma 2, ed entro il limite del tempo pieno.

Art. 2 - Forma e contenuti del contratto di lavoro a tempo parziale


1. Il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini e per
gli effetti di cui all’articolo 8, comma 1. Fatte salve eventuali più favorevoli
previsioni dei contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 3, il datore di lavoro
è altresì tenuto ad informare le rappresentanze sindacali aziendali, ove
esistenti, con cadenza annuale, sull’andamento delle assunzioni a tempo
parziale, la relativa tipologia ed il ricorso al lavoro supplementare.
2. Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione
della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale
dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.
Clausole difformi sono ammissibili solo nei termini di cui all’articolo 3, comma
7.

Art.3 - Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale. Lavoro


supplementare, lavoro straordinario, clausole elastiche
1. Nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, anche a tempo
determinato ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 9 ottobre 2001, 368,
il datore di lavoro ha facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni
supplementari rispetto a quelle concordate con il lavoratore ai sensi
dell'articolo 2, comma 2, nel rispetto di quanto previsto dai commi 2, 3 e 4.
2. I contratti collettivi stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3,
stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e
le relative causali in relazione alle quali si consente di richiedere ad un
lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di lavoro supplementare, nonché le
conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare consentite dai
contratti collettivi stessi.
3. L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso
del lavoratore interessato ove non prevista e regolamentata dal contratto
collettivo. Il rifiuto da parte del lavoratore non può integrare in nessun caso gli
estremi del giustificato motivo di licenziamento.
4. I contratti collettivi di cui al comma 2 possono prevedere una percentuale di
maggiorazione sull’importo della retribuzione oraria globale di fatto, dovuta in
relazione al lavoro supplementare. In alternativa a quanto previsto in proposito
dall’articolo 4, comma 2, lettera a), i contratti collettivi di cui al comma 2
possono anche stabilire che l’incidenza della retribuzione delle ore
supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti sia determinata
convenzionalmente mediante l’applicazione di una maggiorazione forfettaria
sulla retribuzione dovuta per la singola ora di lavoro supplementare.
5. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale o misto, anche a tempo
determinato, è consentito lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie.
A tali prestazioni si applica la disciplina legale e contrattuale vigente ed
eventuali successive modifiche ed integrazioni in materia di lavoro
straordinario nei rapporti a tempo pieno.
6. (abrogato da Dlgs 276/2003)
108
7. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 2, comma 2, le parti del
contratto di lavoro a tempo parziale possono, nel rispetto di quanto previsto dal
presente comma e dai commi 8 e 9, concordare i contratti collettivi
stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale possono stabilire, nel rispetto di
quanto previsto dai commi 8 e 9clausole flessibili relative alla variazione della
collocazione temporale della prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo
parziale di tipo verticale o misto possono essere stabilite anche clausole
elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione
lavorativa. I contratti collettivi, stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1,
comma 3, stabiliscono I predetti contratti collettivi stabiliscono:
1) condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare
la collocazione temporale della prestazione lavorativa;
2) condizioni e modalità in relazioni alle quali il datore di lavoro può variare in
aumento la durata della prestazione lavorativa;
3) i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione
lavorativa. (L 247/2007)
8. L'esercizio, ove previsto dai contratti collettivi di cui al comma 7 e
nei termini, condizioni e modalità ivi stabiliti, da parte del datore di
lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione
lavorativa, nonché di modificare la collocazione temporale della
stessa, comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte
salve le intese fra le parti, di almeno cinque giorni lavorativi, nonché il
diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme
fissate dai contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3.
8. L'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la
durata della prestazione lavorativa, nonché di modificare la collocazione
temporale della stessa comporta in favore del prestatore di lavoro un
preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di almeno due giorni lavorativi,
nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme
fissate dai contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3. (L247/2007)
9. La disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai
sensi del comma 7 richiede il consenso del lavoratore formalizzato attraverso
uno specifico patto scritto, anche contestuale al contratto di lavoro, reso, su
richiesta del lavoratore, con l’assistenza di un componente della
rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo.
L'eventuale rifiuto dello stesso non integra gli estremi del giustificato motivo di
licenziamento.
10. L'inserzione nel contratto di lavoro a tempo parziale di clausole flessibili o
elastiche ai sensi del comma 7 è possibile anche nelle ipotesi di contratto di
lavoro a termine.
11. (abrogato da Dlgs 276/2003)
12. (abrogato da Dlgs 276/2003)
13.(abrogato da Dlgs 276/2003)

Art. 4 - Principio di non discriminazione


1. Fermi restando i divieti di discriminazione diretta ed indiretta previsti dalla
legislazione vigente, il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un
trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile,
intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso livello in forza dei criteri di
109
classificazione stabiliti dai contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 3, per
il solo motivo di lavorare a tempo parziale.
2. L’applicazione del principio di non discriminazione comporta che:
a) il lavoratore a tempo parziale benefici dei medesimi diritti di un lavoratore a
tempo pieno comparabile in particolare per quanto riguarda l’importo della
retribuzione oraria; la durata del periodo di prova e delle ferie annuali; la
durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità; la
durata del periodo di conservazione del posto di lavoro a fronte di malattia;
infortuni sul lavoro, malattie professionali; l’applicazione delle norme di tutela
della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; l’accesso ad
iniziative di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro;
l’accesso ai servizi sociali aziendali; i criteri di calcolo delle competenze
indirette e differite previsti dai contratti collettivi di lavoro; i diritti sindacali, ivi
compresi quelli di cui al titolo III della legge 20 maggio 1970, n. 300, e
successive modificazioni. I contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 3,
possono provvedere a modulare la durata del periodo di prova e quella del
periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia qualora
l’assunzione avvenga con contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale;
b) il trattamento del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione
della ridotta entità della prestazione lavorativa in particolare per quanto
riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa;
l’importo della retribuzione feriale; l’importo dei trattamenti economici per
malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità. Resta ferma
la facoltà per il contratto individuale di lavoro e per i contratti collettivi, di cui
all’articolo 1, comma 3, di prevedere che la corresponsione ai lavoratori a
tempo parziale di emolumenti retributivi, in particolare a carattere variabile, sia
effettuata in misura più che proporzionale.

Art. 5 - Tutela ed incentivazione del lavoro a tempo parziale


1. Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo
pieno in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo
parziale in rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato motivo di
licenziamento. Su accordo delle parti risultante da atto scritto, convalidato
dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio, è ammessa la
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo
parziale. Al rapporto di lavoro a tempo parziale risultante dalla trasformazione
si applica la disciplina di cui al presente decreto legislativo.
2. Il contratto individuale può prevedere, in caso di assunzione di personale a
tempo pieno, un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo
parziale in attività presso unità produttive site nello stesso ambito comunale,
adibiti alle stesse mansioni od a mansioni equivalenti rispetto a quelle con
riguardo alle quali è prevista l'assunzione.
3. In caso di assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro è
tenuto a darne tempestiva informazione al personale già dipendente con
rapporto a tempo pieno occupato in unità produttive site nello stesso ambito
comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogo accessibile a tutti
nei locali dell'impresa, ed a prendere in considerazione le eventuali domande di
trasformazione a tempo parziale del rapporto dei dipendenti a tempo pieno. I
contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, possono provvedere ad
individuare criteri applicativi con riguardo a tale disposizione.
110
4. Gli incentivi economici all'utilizzo del lavoro a tempo parziale, anche a tempo
determinato, saranno definiti, compatibilmente con la disciplina comunitaria in
materia di aiuti di Stato, nell'ambito della riforma del sistema degli incentivi
all'occupazione.

Art. 6 - Criteri di computo dei lavoratori a tempo parziale


1. In tutte le ipotesi in cui, per disposizione di legge o di contratto collettivo, si
renda necessario l’accertamento della consistenza dell’organico, i lavoratori a
tempo parziale sono computati nel complesso del numero dei lavoratori
dipendenti in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno così come
definito ai sensi dell’articolo 1; ai fini di cui sopra l’arrotondamento opera per le
frazioni di orario eccedenti la somma degli orari individuati a tempo parziale
corrispondente a unità intere di orario a tempo pieno.
2. (abrogato da Dlgs 276/2003)

Art. 8 - Sanzioni
1. Nel contratto di lavoro a tempo parziale la forma scritta è richiesta a fini di
prova. Qualora la scrittura risulti mancante, è ammessa la prova per testimoni
nei limiti di cui all’articolo 2725 del codice civile. In difetto di prova in ordine
alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, su richiesta del
lavoratore potrà essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di
lavoro a tempo pieno a partire dalla data in cui la mancanza della scrittura sia
giudizialmente accertata. Resta fermo il diritto alle retribuzioni dovute per le
prestazioni effettivamente rese antecedentemente alla data suddetta.
2. L'eventuale mancanza o indeterminatezza nel contratto scritto delle
indicazioni di cui all'articolo 2, comma 2, non comporta la nullità del contratto
di lavoro a tempo parziale. Qualora l'omissione riguardi la durata della
prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore può essere dichiarata la
sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla
data del relativo accertamento giudiziale. Qualora invece l'omissione riguardi la
sola collocazione temporale dell'orario, il giudice provvede a determinare le
modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo
parziale con riferimento alle previsioni dei contratti collettivi di cui all'articolo 3,
comma 7, o, in mancanza, con valutazione equitativa, tenendo conto in
particolare delle responsabilità familiari del lavoratore interessato, della sua
necessità di integrazione del reddito derivante dal rapporto a tempo parziale
mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché delle esigenze del
datore di lavoro. Per il periodo antecedente la data della pronuncia della
sentenza, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione
dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento
del danno, da liquidarsi con valutazione equitativa. Nel corso del successivo
svolgimento del rapporto, è fatta salva la possibilità di concordare per iscritto
clausola elastiche o flessibili ai sensi dell'articolo 3, comma 3. In luogo del
ricorso all'autorità giudiziaria, le controversie di cui al presente comma ed al
comma 1 possono essere risolte mediante le procedure di conciliazione ed
eventualmente di arbitrato previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro di
cui all'articolo 1, comma 3.
2-ter. In assenza di contratti collettivi datore di lavoro e prestatore di lavoro
possono concordare direttamente l'adozione di clausole elastiche o flessibili ai
sensi delle disposizioni che precedono. (L 247/2007)
111
3. In caso di violazione da parte del datore di lavoro del diritto di precedenza di
cui all’articolo 5, comma 2, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in
misura corrispondente alla differenza fra l’importo della retribuzione percepita
e quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio al tempo
pieno nei sei mesi successivi a detto passaggio.
4. La mancata comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro, di cui
all’articolo 2, comma 1, secondo periodo, comporta l’applicazione di una
sanzione amministrativa di lire trentamila per ciascun lavoratore interessato ed
ogni giorno di ritardo. I corrispondenti importi sono versati a favore della
gestione contro la disoccupazione dell’Istituto nazionale della previdenza
sociale (INPS).

Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276


con le modifiche dei:
Decreto Legislativo del 6 ottobre 2004 n. 251,
Legge n. 80/2005
Legge 248/2005 di conversione del DL. 203/2005
Legge n. 266/2005
Legge 248/2006 di conversione del DL. 223/2006
(il testo tiene conto delle abrogazioni intervenute con la sentenza n. 50/2005
della Corte Costituzionale)

Capo III

Lavoro a tempo parziale

Art 46 (Norme di modifica al Decreto Legislativo 25 febbraio 2000, n.


61, e successive modifiche e integrazioni)
1. Al Decreto Legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, così come modificato dal
Decreto Legislativo 26 febbraio 2001, n. 100, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all'articolo 1, comma 2, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
b) “a) per "tempo pieno" l'orario normale di lavoro di cui all'articolo 3, comma
1, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, o l'eventuale minor orario
normale fissato dai contratti collettivi applicati;”;
b) all'articolo 1, il comma 3 è sostituito dal seguente:
“3. I contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori
e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze
sindacali aziendali di cui all'articolo 19 della Legge 20 maggio 1970, n. 300, e
successive modificazioni, ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie
possono determinare condizioni e modalità della prestazione lavorativa del
rapporto di lavoro di cui al comma 2. I contratti collettivi nazionali possono,
altresì, prevedere per specifiche figure o livelli professionali modalità particolari
di attuazione delle discipline rimesse alla contrattazione collettiva ai sensi del
presente decreto.”;
c) all'articolo 1, il comma 4 è sostituito dal seguente:
“Le assunzioni a termine, di cui al Decreto Legislativo 9 ottobre 2001, n. 368, e
successive modificazioni, di cui all'articolo 8 della Legge 23 luglio 1991, n. 223,
112
e di cui all'articolo 4 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, possono
essere effettuate anche con rapporto a tempo parziale, ai sensi dei commi 2 e
3.”;
d) all'articolo 3, il comma 1 è sostituito dal seguente:
“1. Nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, anche a tempo
determinato ai sensi dell'articolo 1 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2001, n.
368, il datore di lavoro ha facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni
supplementari rispetto a quelle concordate con il lavoratore ai sensi
dell'articolo 2, comma 2, nel rispetto di quanto previsto dai commi 2, 3 e 4.”;
e) all'articolo 3, il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2. I contratti collettivi stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3,
stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e
le relative causali in relazione alle quali si consente di richiedere ad un
lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di lavoro supplementare, nonché le
conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare consentite dai
contratti collettivi stessi.”;
f) all'articolo 3, il comma 3 è sostituito dal seguente:
“3. L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso
del lavoratore interessato ove non prevista e regolamentata dal contratto
collettivo. Il rifiuto da parte del lavoratore non può integrare in nessun caso gli
estremi del giustificato motivo di licenziamento.”;
g) all'articolo 3, il comma 4, ultimo periodo, è soppresso;
h) all'articolo 3, il comma 5 è sostituito dal seguente:
“5. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale o misto, anche a tempo
determinato, è consentito lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie.
A tali prestazioni si applica la disciplina legale e contrattuale vigente ed
eventuali successive modifiche ed integrazioni in materia di lavoro
straordinario nei rapporti a tempo pieno.”;
i) all'articolo 3, il comma 6 è abrogato;
j) all'articolo 3, il comma 7 è sostituito dal seguente:
“7. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 2, comma 2, le parti del
contratto di lavoro a tempo parziale possono, nel rispetto di quanto previsto dal
presente comma e dai commi 8 e 9, concordare clausole flessibili relative alla
variazione della collocazione temporale della prestazione stessa. Nei rapporti di
lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto possono essere stabilite anche
clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della
prestazione lavorativa. I contratti collettivi, stipulati dai soggetti indicati
nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono:
1) condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare
la collocazione temporale della prestazione lavorativa;
2) condizioni e modalità in relazioni alle quali il datore di lavoro può variare in
aumento la durata della prestazione lavorativa;
3) i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione
lavorativa.”;
k) all'articolo 3, il comma 8 è sostituito dal seguente:
“8. L'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la
durata della prestazione lavorativa, nonché di modificare la collocazione
temporale della stessa comporta in favore del prestatore di lavoro un
preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di almeno due giorni lavorativi,

113
nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme
fissate dai contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3.”;
l) all'articolo 3, il comma 9 è sostituito dal seguente:
“9. La disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai
sensi del comma 7 richiede il consenso del lavoratore formalizzato attraverso
uno specifico patto scritto, anche contestuale al contratto di lavoro, reso, su
richiesta del lavoratore, con l'assistenza di un componente della
rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo.
L'eventuale rifiuto del lavoratore non integra gli estremi del giustificato motivo
di licenziamento.”;
m) all'articolo 3, il comma 10 è sostituito dal seguente:
“10. L'inserzione nel contratto di lavoro a tempo parziale di clausole flessibili o
elastiche ai sensi del comma 7 è possibile anche nelle ipotesi di contratto di
lavoro a termine.”;
n) i commi 11, 12, 13 e 15 dell'articolo 3 sono soppressi;
o) l'articolo 5 è sostituito dal seguente:
Art 5 (Tutela ed incentivazione del lavoro a tempo parziale)
1. Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo
pieno in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo
parziale in rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato motivo di
licenziamento. Su accordo delle parti risultante da
atto scritto, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per
territorio, è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in
rapporto a tempo parziale.
Al rapporto di lavoro a tempo parziale risultante dalla trasformazione si applica
la disciplina di cui al presente decreto legislativo.
2. Il contratto individuale può prevedere, in caso di assunzione di personale a
tempo pieno, un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo
parziale in attività presso unità produttive site nello stesso ambito comunale,
adibiti alle stesse mansioni od a mansioni
equivalenti rispetto a quelle con riguardo alle quali è prevista l'assunzione.
3. In caso di assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro è
tenuto a darne tempestiva informazione al personale già dipendente con
rapporto a tempo pieno occupato in unità produttive site nello stesso ambito
comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogo accessibile a tutti
nei locali dell'impresa, ed a prendere in considerazione le eventuali domande di
trasformazione a tempo parziale del rapporto dei dipendenti a tempo pieno. I
contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, possono provvedere ad
individuare criteri applicativi con riguardo a tale disposizione.
4. Gli incentivi economici all'utilizzo del lavoro a tempo parziale, anche a tempo
determinato, saranno definiti, compatibilmente con la disciplina comunitaria in
materia di aiuti di Stato, nell'ambito della riforma del sistema degli incentivi
all'occupazione.”;
p) il comma 2 dell'articolo 6 è soppresso;
q) l'articolo 7 è soppresso;
r) all'articolo 8, il comma 2 è sostituito dal seguente:
“L'eventuale mancanza o indeterminatezza nel contratto scritto delle
indicazioni di cui all'articolo 2, comma 2, non comporta la nullità del contratto
di lavoro a tempo parziale.

114
Qualora l'omissione riguardi la durata della prestazione lavorativa, su richiesta
del lavoratore può essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di
lavoro a tempo pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale.
Qualora invece l'omissione riguardi la sola collocazione temporale dell'orario, il
giudice provvede a determinare le modalità temporali di svolgimento della
prestazione lavorativa a tempo parziale con riferimento alle previsioni dei
contratti collettivi di cui all'articolo 3, comma 7, o, in mancanza, con
valutazione equitativa, tenendo conto in particolare delle responsabilità
familiari del lavoratore interessato, della sua necessità di integrazione del
reddito derivante dal rapporto a tempo parziale mediante lo svolgimento di
altra attività lavorativa, nonché delle esigenze del datore di lavoro. Per il
periodo antecedente la data della pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in
entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione
di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi con
valutazione equitativa. Nel corso del successivo svolgimento del rapporto, è
fatta salva la possibilità di concordare per iscritto clausole elastiche o flessibili
ai sensi dell'articolo 3, comma 3. In luogo del ricorso all'autorità giudiziaria, le
controversie di cui al presente comma ed al comma 1 possono essere, risolte
mediante le procedure di conciliazione ed eventualmente di arbitrato previste
dai contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all'articolo 1, comma 3.”;
s) all'articolo 8, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
“2-bis. Lo svolgimento di prestazioni elastiche o flessibili di cui all'articolo 3,
comma 7, senza il rispetto di quanto stabilito dall'articolo 3, commi 7, 8, 9
comporta a favore del prestatore di lavoro il diritto, in aggiunta alla
retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di
risarcimento del danno.
2-ter. In assenza di contratti collettivi datore di lavoro e prestatore di lavoro
possono concordare direttamente l'adozione di clausole elastiche o flessibili ai
sensi delle disposizioni che precedono.”;
t) dopo l'articolo 12 è aggiunto, in fine, il seguente:
Art 12-bis (Ipotesi di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in
rapporto di lavoro
a tempo parziale)
1. I lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta
capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita,
accertata da una commissione medica istituita presso l'azienda unità sanitaria
locale territorialmente competente, hanno diritto alla trasformazione del
rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale od
orizzontale. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato
nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno a richiesta del lavoratore.
Restano in ogni caso salve disposizioni più favorevoli per il prestatore di
lavoro.”.

Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66


"Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni
aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro"
(GU n. 87 del 14 aprile 2003 - Supplemento Ordinario n. 61)

Art. 1 Finalità e definizioni


115
2. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intende per:
a) "orario di lavoro": qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a
disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue
funzioni:
b) "periodo di riposo": qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro;
c) "lavoro straordinario": e' il lavoro prestato oltre l'orario normale di lavoro
così come definito all'articolo 3;
d) "periodo notturno": periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti
l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino;
e) "lavoratore notturno":
1) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore
del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
2) qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte
del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di
lavoro. In difetto di disciplina collettiva e' considerato lavoratore notturno
qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni
lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro
a tempo parziale;
f) "lavoro a turni": qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche a
squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli
stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo,
che può essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la necessità
per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato
di giorni o di settimane;
g) "lavoratore a turni": qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel
quadro del lavoro a turni;
h) "lavoratore mobile": qualsiasi lavoratore impiegato quale membro del
personale viaggiante o di volo presso una impresa che effettua servizi di
trasporto passeggeri o merci su strada, per via aerea o per via navigabile, o a
impianto fisso non ferroviario;
i) "lavoro offshore": l'attivita' svolta prevalentemente su una installazione
offshore (compresi gli impianti di perforazione) o a partire da essa,
direttamente o indirettamente legata alla esplorazione, alla estrazione o allo
sfruttamento di risorse minerali, compresi gli idrocarburi, nonché le attività di
immersione collegate a tali attività, effettuate sia a partire da una installazione
offshore che da una nave;
l) "riposo adeguato": il fatto che i lavoratori dispongano di periodi di riposo
regolari, la cui durata e' espressa in unità di tempo, e sufficientemente lunghi e
continui per evitare che essi, a causa della stanchezza della fatica o di altri
fattori che perturbano la organizzazione del lavoro, causino lesioni a se stessi,
ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a lungo
termine;
m) "contratti collettivi di lavoro": contratti collettivi stipulati da organizzazioni
sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative.

Art. 3 Orario normale di lavoro


1. L'orario normale di lavoro e' fissato in 40 ore settimanali.
2. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata
minore e riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative
in un periodo non superiore all'anno.
116
Art. 4 Durata massima dell'orario di lavoro
1. I contratti collettivi di lavoro stabiliscono la durata massima settimanale
dell'orario di lavoro.
2. La durata media dell'orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni
periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro
straordinario.
3. Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la durata media dell'orario di
lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a
quattro mesi.
4. I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di cui al
comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive,
tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate negli stessi
contratti collettivi.
5. In caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale, attraverso
prestazioni di lavoro straordinario, per le unità produttive che occupano più di
dieci dipendenti il datore di lavoro e' tenuto a informare, alla scadenza del
periodo di riferimento di cui ai precedenti commi 3 e 4, la Direzione provinciale
del lavoro - Settore ispezione del lavoro competente per territorio. I contratti
collettivi di lavoro possono stabilire le modalità per adempiere al predetto
obbligo di comunicazione.

Art. 5 Lavoro straordinario


1. Il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto.
2. Fermi restando i limiti di cui all'articolo 4, i contratti collettivi di lavoro
regolamentano le eventuali modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro
straordinario.
3. In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario
e' ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un
periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali.
4. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi il ricorso a prestazioni di
lavoro straordinario e' inoltre ammesso in relazione a:
a) casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di
fronteggiarle attraverso l'assunzione di altri lavoratori;
b) casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di
lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a
un danno alle persone o alla produzione;
c) eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività
produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le
stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti ai sensi dell'articolo
19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall'articolo 2, comma 10,
della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e in tempo utile alle rappresentanze
sindacali aziendali.
5. Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le
maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti
collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle
maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.

Art. 7 Riposo giornaliero

117
1. Ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha
diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo
giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività
caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata.

Art. 8 Pause
1. Qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore
deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono
stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-
fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il
lavoro monotono e ripetitivo.
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1, in difetto di disciplina collettiva che preveda
un intervallo a qualsivoglia titolo attribuito, al lavoratore deve essere concessa
una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l'inizio e la fine di ogni periodo
giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la cui collocazione
deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo.
3. Salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono non retribuiti o
computati come lavoro ai finì del superamento dei limiti di durata i periodi di
cui all'articolo 5 regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955, e successivi atti
applicativi, e dell'articolo 4 del regio decreto 10 settembre 1923, n. 1956, e
successive integrazioni.

Art. 9 Riposi settimanali


1. Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno
ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da
cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all'articolo 7.
2. Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1:
a) le attività di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi squadra e non
possa usufruire, tra la fine del servizio di una squadra e l'inizio di quello della
squadra successiva, di periodi di riposo giornaliero o settimanale;
b) le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;
c) per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: le attività
discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attività connesse con gli
orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuità e la regolarità del
traffico ferroviario;
d) i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, nel rispetto delle
condizioni previste dall'articolo 17, comma 4.
3. Il riposo di ventiquattro ore consecutive può essere fissato in un giorno
diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni per il personale
interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare ovvero
addetto alle attività aventi le seguenti caratteristiche:
a) operazioni industriali per le quali si abbia l'uso di forni a combustione o a
energia elettrica per l'esercizio di processi caratterizzati dalla continuità della
combustione ed operazioni collegate, nonché attività industriali ad alto
assorbimento di energia elettrica ed operazioni collegate;
b) attività industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte, lo svolgimento
continuativo per ragioni tecniche;
c) industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza riguardo alla
materia prima o al prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e della
loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano materie prime di facile
118
deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge in non più di 3 mesi
all'anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si
compiano alcune delle suddette attività con un decorso complessivo di
lavorazione superiore a 3 mesi;
d) i servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ed esigenze
tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di
pubblica utilità;
e) attività che richiedano l'impiego di impianti e macchinari ad alta intensità di
capitali o ad alta tecnologia;
f) attività di cui all'articolo 7 della legge 22 febbraio 1934, n. 370;
g) attività indicate agli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 114, e di cui all'articolo 3 della legge 24 ottobre 2000, n. 323.
4. Sono fatte salve le disposizioni speciali che consentono la fruizione del riposo
settimanale in giorno diverso dalla domenica, nonché le deroghe previste dalla
legge 22 febbraio 1934, n. 370.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i
pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di
concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato sentite le
organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più
rappresentative, nonché le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro,
saranno individuate le attività aventi le caratteristiche di cui al comma 3, che
non siano già ricomprese nel decreto ministeriale 22 giugno 1935, e successive
modifiche e integrazioni, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 161 del 12 luglio
1935, nonché quelle di cui al comma 2, lettera d), salve le eccezioni di cui alle
lettere a), b) e c). Con le stesse modalità il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali ovvero per i pubblici dipendenti il Ministro per la funzione pubblica, di
concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, provvede
all'aggiornamento e alla integrazione delle predette attività. Nel caso di cui al
comma 2, lett. d), e salve le eccezioni di cui alle lettere a), b), e c)
l'integrazione avrà senz'altro luogo decorsi trenta giorni dal deposito
dell'accordo presso il Ministero stesso.

Art. 10 Ferie annuali


1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del Codice civile, il
prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non
inferiore a quattro settimane. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire
condizioni di miglior favore.
2. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito
dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del
rapporto di lavoro.
3. Nel caso di orario espresso come media ai sensi dell'articolo 3, comma 2, i
contratti collettivi stabiliscono criteri e modalità di regolazione.

Art. 12 Modalità di organizzazione del lavoro notturno e obblighi di


comunicazione
1. L'introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta, secondo i criteri e
con le modalità previsti dai contratti collettivi, dalla consultazione delle
rappresentanze sindacali in azienda, se costituite, aderenti alle organizzazioni
firmatarie del contratto collettivo applicato dall'impresa. In mancanza, tale
consultazione va effettuata con le organizzazioni territoriali dei lavoratori come
119
sopra definite per il tramite dell'Associazione cui l'azienda aderisca o conferisca
mandato. La consultazione va effettuata e conclusa entro un periodo di sette
giorni.
2. Il datore di lavoro, anche per il tramite dell'Associazione cui aderisca o
conferisca mandato, informa per iscritto i servizi ispettivi della Direzione
provinciale del lavoro competente per territorio, con periodicità annuale, della
esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in
regolari turni periodici, salvo che esso sia disposto dal contratto collettivo. Tale
informativa va estesa alle organizzazioni sindacali di cui al comma 1.

Art. 13 Durata del lavoro notturno


1. L'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in
media nelle ventiquattro ore, salva l'individuazione da parte dei contratti
collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale
calcolare come media il suddetto limite.
2. E' affidata alla contrattazione collettiva l'eventuale definizione delle riduzioni
dell'orario di lavoro o dei trattamenti economici indennitari nei confronti dei
lavoratori notturni. Sono fatte salve le disposizioni della contrattazione
collettiva in materia di trattamenti economici e riduzioni di orario per i
lavoratori notturni anche se non concesse a titolo specifico.
3. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici
dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa consultazione delle
organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più
rappresentative e delle organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, viene
stabilito un elenco delle lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti
tensioni fisiche o mentali, il cui limite e' di otto ore nel corso di ogni periodo di
ventiquattro ore.
4. Il periodo minimo di riposo settimanale non viene preso in considerazione
per il computo della media quando coincida con il periodo di riferimento
stabilito dai contratti collettivi di cui al comma 1.
5. Con riferimento al settore della panificazione non industriale la media di cui
al comma 1 del presente articolo va riferita alla settimana lavorativa.

Art. 17 Deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause,


lavoro notturno, durata massima settimanale
1. Le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 12 e 13 possono essere derogate
mediante contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale tra le
organizzazioni sindacali nazionali comparativamente più rappresentative e le
associazioni nazionali dei datori di lavoro firmatarie di contratti collettivi
nazionali di lavoro o, conformemente alle regole fissate nelle medesime intese,
mediante contratti collettivi o accordi conclusi al secondo livello di
contrattazione.
2. In mancanza di disciplina collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, il Ministro per la funzione pubblica, di
concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su richiesta delle
organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più
rappresentative o delle associazioni nazionali di categoria dei datori di lavoro
firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro, adotta un decreto, sentite
120
le stesse parti, per stabilire deroghe agli articoli 4, terzo comma, nel limite di
sei mesi, 7, 8, 12 e 13 con riferimento:
a) alle attività caratterizzate dalla distanza fra il luogo di lavoro e il luogo di
residenza del lavoratore, compreso il lavoro offshore, oppure dalla distanza fra
i suoi diversi luoghi di lavoro;
b) alle attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla
necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare,
quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza;
c) alle attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del
servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta:
1) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento o alle cure prestati da
ospedali o stabilimenti analoghi, comprese le attività dei medici in formazione,
da case di riposo e da carceri;
2) del personale portuale o aeroportuale;
3) di servizi della stampa, radiofonici, televisivi, di produzione cinematografica,
postali o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza, antincendio o di
protezione civile;
4) di servizi di produzione, di conduzione e distribuzione del gas, dell'acqua e
dell'elettricità', di servizi di raccolta dei rifiuti domestici o degli impianti di
incenerimento;
5) di industrie in cui il lavoro non può essere interrotto per ragioni tecniche;
6) di attività di ricerca e sviluppo;
7) dell'agricoltura;
8) di lavoratori operanti nei servizi regolari di trasporto passeggeri in ambito
urbano ai sensi dell'articolo 10 comma 1, numero 14), 2^ periodo, del decreto
del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
d) in caso di sovraccarico prevedibile di attività, e in particolare:
1) nell'agricoltura;
2) nel turismo;
3) nei servizi postali;
e) per personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari:
1) per le attività discontinue;
2) per il servizio prestato a bordo dei treni;
3) per le attività connesse al trasporto ferroviario e che assicurano la regolarità
del traffico ferroviario;
f) a fatti dovuti a circostanze estranee al datore di lavoro, eccezionali e
imprevedibili o eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state
comunque inevitabili malgrado la diligenza osservata;
g) in caso di incidente o di rischio di incidente imminente.
3. Alle stesse condizioni di cui al comma 2 si può derogare alla disciplina di cui
all'articolo 7:
a) per l'attivita' di lavoro a turni tutte le volte in cui il lavoratore cambia
squadra e non può usufruire tra la fine del servizio di una squadra e l'inizio di
quello della squadra successiva di periodi di riposo giornaliero;
b) per le attività caratterizzate da periodo di lavoro frazionati durante la
giornata, in particolare del personale addetto alle attività di pulizie.
4. Le deroghe previste nei commi 1, 2 e 3 possono essere ammesse soltanto a
condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di
riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi
equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a
121
condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione
appropriata.
5. Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della
salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 12 e 13 non
si applicano ai lavoratori la cui durata dell'orario di lavoro, a causa delle
caratteristiche dell'attivita' esercitata, non e' misurata o predeterminata o può
essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:
a) di dirigenti, di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi
potere di decisione autonomo;
b) di manodopera familiare;
c) di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose;
d) di prestazioni rese nell'ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di tele-
lavoro.
6. Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della
salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 9 e 13, non si
applicano al personale mobile. Per il personale mobile dipendente da aziende
autoferrotranviarie, trovano applicazione le relative disposizioni di cui al regio
decreto-legge 19 ottobre 1923, n. 2328, convertito dalla legge 17 aprile 1925,
n. 473, e alla legge 14 febbraio 1958, n. 138.

Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112


"Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la
perequazione Tributaria"
(GU n. 147 del 25 giugno 2008 - Suppl. Ordinario n.152/L)

Art. 41. Modifiche alla disciplina in materia di orario di lavoro


1. All'articolo 1, comma 2, lettera e), n. 2, del decreto legislativo 8 aprile 2003,
n. 66 dopo le parole «e' considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore
che svolga», inserire le parole: «per almeno tre ore».
2. All'articolo 1, comma 2, lettera h), del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66
dopo le parole «passeggeri o merci», inserire le parole: «sia per conto proprio
che per conto di terzi».
3. All'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 dopo le
parole «attività operative specificamente istituzionali», inserire le parole: «e
agli addetti ai servizi di vigilanza privata».
4. All'articolo 7 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 dopo le parole
«frazionati durante la giornata», inserire le parole: «o da regimi di reperibilità».
5. All'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, dopo le
parole «di cui all'articolo 7.», sono aggiunte le parole «Il suddetto periodo di
riposo consecutivo e' calcolato come media in un periodo non superiore a 14
giorni».
6. La lettera a) dell'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n.
66 e' sostituita dalla seguente: «a) attività di lavoro a turni ogni volta che il
lavoratore cambi turno o squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio
di un turno o di una squadra e l'inizio del successivo, di periodi di riposo
giornaliero o settimanale».
7. Il comma 1 dell'articolo 17 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 e'
sostituito dal seguente: «Le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 12 e 13 possono
122
essere derogate mediante contratti collettivi stipulati a livello nazionale con le
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. In assenza di
specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali le deroghe possono
essere stabilite nei contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati con le
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale».
8. Il comma 3, dell'articolo 18-bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 e'
sostituito dal seguente: «3. La violazione delle disposizioni previste dall'articolo
4, commi 2, 3, 4, dall'articolo 9, comma 3, e dall'articolo 10, comma 1, e'
punita con la sanzione amministrativa da 130 a 780 euro per ogni lavoratore,
per ciascun periodo di riferimento di cui all'articolo 4, commi 3 o 4, a cui si
riferisca la violazione».
9. Il comma 4 dell'articolo 18-bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 e'
sostituito dal seguente: «4. La violazione delle disposizioni previste dall'articolo
7, comma 1, e' punita con la sanzione amministrativa da 25 euro a 100 euro in
relazione ad ogni singolo lavoratore e ad ogni singolo periodo di 24 ore».
10. Il comma 6 dell'articolo 18-bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 e'
sostituito dal seguente: «6. La violazione delle disposizioni previste dall'articolo
5, commi 3 e 5, e' soggetta alla sanzione amministrativa da 25 a 154 euro. Se
la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si e' verificata nel
corso dell'anno solare per più di cinquanta giornate lavorative, la sanzione
amministrativa va da 154 a 1.032 euro e non e' ammesso il pagamento della
sanzione in misura ridotta».
11. All'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81
eliminare le parole: «ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in
materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale
di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e
successive modificazioni, considerando le specifiche gravità di esposizione al
rischio di infortunio,».
12. All'articolo 14, comma 4, lettera b), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.
81 eliminare le parole: «di reiterate violazioni della disciplina in materia di
superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui al
decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, o».
13. Al personale delle aree dirigenziali degli Enti e delle Aziende del Servizio
Sanitario Nazionale, in ragione della qualifica posseduta e delle necessità di
conformare l'impegno di servizio al pieno esercizio della responsabilità propria
dell'incarico dirigenziale affidato, non si applicano le disposizioni di cui agli
articoli 4 e 7 del decreto legislativo 2003, n. 66. La contrattazione collettiva
definisce le modalità atte a garantire ai dirigenti condizioni di lavoro che
consentano una protezione appropriata ed il pieno recupero delle energie
psico-fisiche.
14. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati gli articoli
4, comma 5, 12, comma 2, e l'articolo 18-bis, comma 5, del decreto legislativo
8 aprile 2003, n. 66.

Art. 36 Cost. — Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla


quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e
alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
123
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non
può rinunziarvi.

Legge 24 giugno 1997, n. 196


"Norme in materia di promozione dell'occupazione.”
(GU n. 154 del 4 luglio 1997 - Supplemento Ordinario n. 136)

Art. 13. (Incentivi alla riduzione e rimodulazione degli orari di lavoro,


lavoro a tempo parziale)
1. L'orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali. I contratti collettivi
nazionali possono stabilire una durata minore e riferire l'orario normale alla
durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all'anno.
In attesa della nuova normativa in materia di tempi di lavoro e comunque non
oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le
disposizioni di cui ai commi secondo e terzo dell'articolo 5-bis del regio decreto-
legge 15 marzo 1923, n. 692, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e
successive modificazioni e integrazioni, continuano a trovare applicazione solo
in caso di superamento delle 48 ore settimanali di lavoro.
2. Allo scopo di favorire il ricorso a forme di orario ridotto, anche attraverso
processi concordati di riduzione dell'orario di lavoro, con decreto del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri del tesoro e del
bilancio e della programmazione economica, da emanare entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le Commissioni
parlamentari competenti, sono stabilite misure di riduzione o rimodulazione
delle aliquote contributive in funzione dell'entità della riduzione e
rimodulazione dell'orario di lavoro determinate contrattualmente. Tali misure
verranno attuate secondo criteri e modalità stabiliti nel medesimo decreto, con
particolare riferimento alla rimodulazione delle aliquote contributive per fasce
di orario, rispettivamente, fino a ventiquattro, oltre ventiquattro e fino a
trentadue, oltre trentadue e fino a trentasei, oltre trentasei e fino a quaranta
ore settimanali. Le medesime aliquote si applicano quando l'orario medio
settimanale sia compreso nelle fasce suddette, anche con riferimento ai casi di
lavoro a tempo parziale verticale. In sede di prima applicazione, per i primi due
anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, gli interventi
sono destinati prioritariamente ai casi in cui il contratto di cui al primo periodo
preveda assunzioni a tempo indeterminato di nuovo personale ad incremento
dell'organico o la trasformazione di contratti di lavoro da tempo pieno a tempo
parziale nell'ambito di processi di gestione di esuberi di personale.
3. I benefici concessi ai sensi del comma 2 sono cumulabili con quelli previsti
dall'articolo 7 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, per i quali si provvede ad
incrementare le risorse preordinate allo scopo. Al comma 1 del citato articolo 7
le parole: "fino al 31 dicembre 1995" sono soppresse.
4. Con il decreto di cui al comma 2 è stabilita la maggiore misura della
riduzione delle aliquote contributive prevista al comma 2, nei seguenti contratti
a tempo parziale:
a) contratti di lavoro a tempo parziale stipulati dalle imprese situate nelle aree
di cui all'obiettivo n. 1 del regolamento (CEE) n. 2081/93 del Consiglio del 20
luglio 1993, e successive modificazioni, ad incremento degli organici esistenti
124
alla data di entrata in vigore della presente legge, con lavoratori inoccupati di
età compresa tra i diciotto e i venticinque anni e residenti nelle predette aree;
b) contratti di lavoro a tempo parziale in cui siano trasformati i contratti di
lavoro intercorrenti con lavoratori che conseguono nei successivi tre anni i
requisiti di accesso al trattamento pensionistico, a condizione che il datore di
lavoro assuma, con contratti di lavoro a tempo parziale e per un tempo
lavorativo non inferiore a quello ridotto ai lavoratori predetti, giovani inoccupati
o disoccupati di età inferiore a trentadue anni;
c) contratti di lavoro a tempo parziale stipulati con lavoratrici precedentemente
occupate che rientrano nel mercato del lavoro dopo almeno due anni di
inattività;
d) contratti di lavoro a tempo parziale stipulati per l'impiego di lavoratori nei
settori della salvaguardia dell'ambiente e del territorio, del recupero e della
riqualificazione degli spazi urbani e dei beni culturali;
e) contratti di lavoro a tempo parziale stipulati da imprese che abbiano
provveduto ad attuare interventi volti al risparmio energetico e all'uso di
energie alternative ai sensi della legge 9 gennaio 1991, n. 10.
5. Decorsi due anni dall'emanazione del decreto di cui al comma 2 il Governo
procede ad una valutazione, con le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro
e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, degli effetti
degli interventi di cui al presente articolo sui comportamenti delle imprese
fruitrici, sui livelli occupazionali e sulla diffusione dei contratti di lavoro a tempo
parziale, anche al fine di rideterminare l'impegno finanziario di cui al presente
articolo, e ne riferisce al Parlamento.
6. Le misure previste nel presente articolo possono essere attuate nei limiti
delle risorse preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo per l'occupazione di
cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, come
incrementato ai sensi dell'articolo 29-quater del decreto-legge 31 dicembre
1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30,
nella misura di lire 868 miliardi per l'anno 1997, di lire 494 miliardi per l'anno
1998 e di lire 739 miliardi annui a decorrere dall'anno 1999, nonché ai sensi
dell'articolo 25 della presente legge. Per il primo anno successivo alla data di
entrata in vigore della presente legge, tale limite non potrà superare 400
miliardi di lire. Per i successivi anni il limite è determinato con decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del
tesoro, nell'ambito delle risorse disponibili del Fondo, ripartendone la
destinazione tra gli incentivi alla riduzione e rimodulazione degli orari di lavoro
e gli incentivi per i contratti a tempo parziale.
7. I contratti collettivi nazionali di lavoro, stipulati dalle organizzazioni sindacali
dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano
nazionale, provvederanno ad estendere al settore agricolo le disposizioni in
materia di lavoro a tempo parziale.

Legge 31 marzo 1954, n. 90


Modificazioni alla legge 27 maggio 1949, n. 260, sulle ricorrenze
festive.
(GU, 22 aprile, n. 92)

Art. 1.
125
L’art. 5 della legge 27 maggio 1949, n. 260, è sostituito dal seguente:
Nelle ricorrenze della festa nazionale (2 giugno), dell’anniversario della
liberazione (25 aprile), della festa del lavoro (1º maggio) e nel giorno dell’unità
nazionale (4 novembre), lo Stato, gli Enti pubblici ed i privati datori di lavoro
sono tenuti a corrispondere ai lavoratori da essi dipendenti i quali siano
retribuiti non in misura fissa, ma in relazione alle ore i lavoro da essi compiute,
la normale retribuzione globale di fatto giornaliera compreso ogni elemento
accessorio. La normale retribuzione sopra indicata sarà determinata
ragguagliandola a quella corrispondente ad un sesto dell’orario settimanale
contrattuale o, in mancanza, a quello di legge. Per i lavoratori retribuiti a
cottimo, a provvigione o con altre forme di compensi mobili, si calcolerà il
valore delle quote mobili sulla media oraria delle ultime quattro settimane.
Ai lavoratori considerati nel precedente comma, che prestino la loro opera nelle
suindicate festività, è dovuta, oltre la normale retribuzione globale di fatto
giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, la retribuzione per le ore di
lavoro effettivamente prestate, con la maggiorazione per il lavoro festivo.
Ai salariati retribuiti in misura fissa, che prestino la loro opera nelle suindicate
festività, è dovuta, oltre la normale retribuzione globale di fatto giornaliera,
compreso ogni elemento accessorio, la retribuzione per le ore di lavoro
effettivamente prestate, con la maggiorazione per il lavoro festivo. Qualora la
festività ricorra nel giorno di domenica, spetterà ai lavoratori stessi, oltre la
normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento
accessorio, anche una ulteriore retribuzione corrispondente all’aliquota
giornaliera.

Art. 2.
Il trattamento stabilito dall’art. 5 della legge 27 maggio 1949, n. 260, dovrà
essere egualmente corrisposto per intero al lavoratore, anche se risulti assente
dal lavoro per i seguenti motivi:
a) infortunio, malattia, gravidanza, puerperio e periodo di assenza facoltativa
seguente al puerperio, congedo matrimoniale, ferie, permessi e assenze per
giustificati motivi;
b) riduzione dell’orario normale giornaliero o settimanale di lavoro;
c) sospensione dal lavoro, a qualunque causa dovuta, indipendente dalla
volontà del lavoratore;
d) sospensione dal lavoro dovuta a riposo compensativo di lavoro domenicale;
e) sospensione dal lavoro dovuta a coincidenza della festività con la domenica
od altro giorno festivo considerato tale dai contratti collettivi, compresa la
celebrazione del Santo Patrono della località ove si svolge il lavoro.

Art. 3.
Le disposizioni dell’art. 5 della legge 27 maggio 1949, n. 260 modificate ed
integrate come ai precedenti articoli 1 e 2, si estendono a tutte le ricorrenze
festive previste dall’art. 2 della stessa legge, escluse le domeniche ed i periodi
di sospensione del lavoro in atto da oltre due settimane, limitatamente ai
lavoratori dipendenti da privati datori di lavoro, i quali siano retribuiti non in
misura fissa, ma in relazione alle ore di lavoro da essi compiute.

Art. 4.

126
Le disposizioni della presente legge non pregiudicano le condizioni più
favorevoli ai lavoratori contenute nei contratti collettivi.

REGIO DECRETO LEGGE 15 MARZO 1923, N. 692


LIMITAZIONI ALL'ORARIO DI LAVORO PER GLI OPERAI ED IMPIEGATI
DELLE AZIENDE INDUSTRIALI O COMMERCIALI DI QUALUNQUE NATURA.
(G.U. N.84 DEL 10 APRILE 1923)

Art. 1 - Orario massimo normale di lavoro


1. La durata massima normale della giornata di lavoro degli operai ed impiegati
nelle aziende industriali o commerciali di qualunque natura, anche se abbiano
carattere di istituti di insegnamento professionale o di beneficenza, come pure
negli uffici, nei lavori pubblici, negli ospedali, ovunque è prestato un lavoro
salariato o stipendiato alle dipendenze o sotto il controllo diretto altrui, non
potrà eccedere le otto ore al giorno o le quarantotto ore settimanali di lavoro
effettivo.
2. Il presente decreto non si applica al personale addetto ai lavori domestici, al
personale direttivo delle aziende e dai commessi viaggiatori.
3.per i lavori eseguiti a bordo delle navi, per gli uffici ed i servizi pubblici, anche
se gestiti da assuntori privati, si provvederà con separate disposizioni.

Il rapporto di lavoro a tempo parziale


I paesi con tasso di disoccupazione meno elevato sono anche quelli ove il part-
time risulta più diffuso, ciò spiega il tentativo di promuovere il ricorso al lavoro
a tempo parziale anche con specifiche misure legislative e lo spiccato interesse
nei confronti dello stesso da parte delle autorità comunitarie e dell’Oil.
Nella normativa vigente lavoro a tempo parziale e lavoro a tempo pieno
appaiono collocati, sul piano delle valutazioni dell’ordinamento, su un piede di
parità. Coerentemente, per rafforzare la funzionalità operativa della disciplina,
si è introdotta la nozione, che non compariva nella legge del 1984, di tempo
pieno, precisandosi che si intende per tale l’orario normale di lavoro di cui
all’art. 3, 1° comma, d.lgs. n. 66/2003, o l’eventuale minor orario fissato dai
contratti collettivi applicati; mentre per tempo parziale va inteso l’orario di
lavoro, fissato dal contratto individuale, cui sia tenuto un lavoratore, che risulti
comunque inferiore alle 40 ore settimanali o al minor orario fissato dal
contratto collettivo applicato.
La definizione legittima una variegata tipologia di rapporti di lavoro part-time:
 il rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, ovvero la forma
più tradizionale di part-time, quella in cui la riduzione di orario rispetto al
tempo pieno è prevista in relazione all’orario normale giornaliero di
lavoro;
 il rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale, caratterizzato dal
fatto che l’attività lavorativa si svolge a tempo pieno, ma limitatamente a
periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno;
 il rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo misto.
La normativa vigente richiede la forma scritta per la stipulazione del contratto
di lavoro a tempo parziale, ma solo a fini di prova: la mancanza di forma
scritta, che è stata prevista, come di solito nell’ambito dei lavori atipici, a tutela
127
della posizione del lavoratore non può dunque comportare la conseguenza
dell’invalidazione dell’intero contratto. Nel contratto di lavoro part-time, in
particolare, devono essere espresse con precisione le clausole che più
influiscono sulla condizione del lavoratore: per questo esso deve contenere
puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della
collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al
mese e all’anno.
La nozione di part-time orizzontale comporta che la riduzione di orario, rispetto
al tempo pieno operi in rapporto all’orario normale giornaliero di lavoro. La
regola in materia di orario normale giornaliero risulta oggi abolita, limitandosi,
la legge, a fare riferimento all’orario normale settimanale e sembra essere
venuto meno il termine di riferimento logicamente necessario per poter
instaurare un rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale: si
potrebbe cercare di porre rimedio dividendo per 5 o 6 le 40 ore previste
settimanalmente oppure definire una nozione di orario normale giornaliero
attraverso la contrattazione collettiva oppure ancora facendo riferimento
all’orario normale giornaliero di fatto praticato all’interno di un’impresa.
Un rapporto di lavoro a tempo parziale può essere instaurato come tale, oppure
a seguito di trasformazione di un rapporto a tempo pieno già in corso fra le
stesse parti.
L’accordo fra datore di lavoro e lavoratore deve essere formalizzato per iscritto
e va convalidato dalla direzione provinciale del lavoro. La convalida
dell’accordo è stata ritenuta necessaria al fine di verificare che la
trasformazione sia effettivamente voluta da entrambe le parti e non imposta al
lavoratore. Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro
a tempo pieno in tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato
motivo di licenziamento.
Nella versione originaria del d.lgs. 61/2000, per contrastare in qualche modo il
fenomeno del part-time involontario, era stato previsto in favore dei part-timers
un diritto di precedenza, che il datore di lavoro avrebbe dovuto rispettare a
fronte di nuove assunzioni di personale a tempo pieno. Il diritto di precedenza
esiste ancora oggi, ma appare ormai ridotto ad una caricatura di se stesso:
nella formulazione attuale dell’art. 5, 2° comma, d.lgs. 61/2000, infatti, non si
tratta più di un diritto di fonte legale, essendo rimessa la sua operatività alle
eventuali determinazioni in materia del contratto individuale di lavoro.
Il datore di lavoro, in caso di assunzione di personale part-time, è tenuto a
darne tempestiva informazione ai propri dipendenti con rapporto a tempo
pieno ed a prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione
a tempo parziale dl rapporto dei dipendenti a tempo pieno, applicando i criteri
eventualmente previsti dai contratti collettivi, ma non è più previsto che il
rifiuto del datore di lavoro sia adeguatamente motivato.
L’art. 6, 1° comma, d.lgs. 61/2000, ha adottato un criterio di proporzionalità
pura, in forza del quale i lavoratori a tempo parziale sono computati nel
complesso del numero dei lavoratori dipendenti in proporzione all’orario svolto,
rapportato al tempo pieno.
Il trattamento dei lavoratori a tempo parziale deve rispettare il principio di non
discriminazione, per cui ad essi non si può riservare un trattamento meno
favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile per il solo motivo
di lavorare a tempo parziale. L’art. 4 contiene una doppia elencazione, sia pure
non tassativa: da una parte sono indicate le condizioni del rapporto di lavoro in
128
relazione alle quali il principio di non discriminazione va declinato come diritto
al medesimo trattamento spettante ad un lavoratore a tempo pieno; dall’altra
si precisa che, con riguardo ad altre condizioni di lavoro, il principio di non
discriminazione comporta che il trattamento del part-timer si riproporzionato in
ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa.
Per lavoro supplementare si intende quello corrispondente alle prestazioni
lavorative svolte oltre l’orario di lavoro concordato fra le parti ed entro il limite
del tempo pieno, si riconosce al datore di lavoro la facoltà di richiedere al
lavoratore part-time, anche se assunto con contratto a termine, lo svolgimento
di prestazioni supplementari, ma solo nel caso in cui si tratti di rapporto di part-
time orizzontale.
L’effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso del
lavoratore interessato ove non prevista e regolamentata dal contratto
collettivo. Il lavoratore potrebbe rifiutare di aderire alla richiesta di svolgimento
di lavoro supplementare e che tale rifiuto non può integrare in nessun caso gli
estremi del giustificato motivo di licenziamento, ma resta il dubbio che lo
stesso rifiuto esponga il lavoratore a sanzioni disciplinari.
Il punto più critico nella disciplina del part-time è sempre stato rappresentato
dall’ammissibilità, o meno, delle forme c.d. elastiche di lavoro a tempo
parziale: quelle che, a seconda delle modalità di svolgimento sono suscettibili
di rendere gravoso e precario un rapporto che di per sé, potrebbe ben
rispondere ad esigenze reali e positive dei lavoratori. Di part-time con clausola
elastica si può parlare in una duplice accezione: l’elasticità potendo riguardare
la collocazione temporale della prestazione lavorativa nell’unità di tempo
considerata, oppure l’estensione temporale, cioè la durata, della stessa. La
normativa vigente impone alle parti del contratto individuale di lavoro di
stabilire con precisione sia la durata della prestazione lavorativa, sia la sua
collocazione temporale con riferimento a tutte le possibili unità temporali,
ammettendo tuttavia la possibilità di concordare clausole elastiche secondo
quanto previsto dall’art. 3, 7° comma.
In qualsiasi tipo di contratto a tempo parziale possono così essere inserite
clausole relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione
lavorativa (clausole flessibili); nei soli rapporti di lavoro a tempo parziale
verticale e misto sono ammesse anche clausole relative alla variazione della
durata della prestazione lavorativa (clausole elastiche). Il legislatore più
recente ha restituito ai contratti collettivi un ruolo essenziale nella disciplina
delle clausole in parola.
L’attivazione in concreto delle clausole flessibili ed elastiche è subordinata a
due condizioni:
a) il datore di lavoro può variare la collocazione temporale o la durata della
prestazione lavorativa con un preavviso di almeno 5 giorni lavorativi;
b) al lavoratore va riconosciuto il diritto a specifiche compensazioni nella
misura oppure nelle forme fissate dai contratti collettivi.
La disciplina originaria nel caso del part-time con clausola flessibile prevedeva
senz’altro in favore del lavoratore il diritto ad una maggiorazione della
retribuzione oraria. Quella introdotta nel 2003 parla genericamente di
compensazioni, lasciando intendere che esse potrebbero anche non essere di
carattere pecuniario.
La praticabilità di tali forme di part-time richiede il consenso del lavoratore
formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale al
129
contratto di lavoro; l’eventuale rifiuto del lavoratore non integra gli estremi del
giustificato motivo di licenziamento.
In difetto di prova in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di
lavoro, il lavoratore può chiedere in giudizio che sia dichiarata la sussistenza
inter partes di un rapporto a tempo pieno, non dal momento di instaurazione
del rapporto, ma a partire dalla data in cui la mancanza della scrittura sia
giudizialmente accertata, fermo restando il diritto alle retribuzioni dovute per le
prestazioni effettivamente rese prima di quella data.
Se si omette la durata della prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore
va dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a
partire dalla data del relativo accertamento giudiziale. Nel caso in cui
l’omissione riguardi la collocazione temporale dell’orario il giudice provvede a
determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a
tempo parziale applicando eventuali previsioni dei contratti collettivi o, in
mancanza, con valutazione equitativa. In ambedue le ipotesi, per il periodo
antecedente la data della pronuncia della sentenza il lavoratore ha diritto, in
aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore
emolumento, a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi con valutazione
equitativa.

La gestione dell’orario di lavoro


Nel rapporto di lavoro l’orario viene in rilievo come parametro per la
determinazione della retribuzione. La disciplina dell’orario di lavoro, sotto altro
aspetto, adempie alla primaria funzione di delimitare l’entità massima della
prestazione che può essere richiesta al lavoratore.
Il potere direttivo del datore di lavoro può esercitarsi nel rispetto dei limiti
legali (e contrattuali) di durata della prestazione lavorativa, come pure di quelli
che condizionano la possibilità di determinare la collocazione della prestazione
nell’unità di tempo.
Quasi tutta la materia degli orari risulta disciplinata dal d.lgs. 66/2003
(modificato dal d.lgs. 213/2004) e si applica sia nel settore del lavoro privato,
sia nelle pubbliche amministrazioni, salve limitate eccezioni. Rientrano nella
sua sfera operativa anche gli apprendisti maggiorenni.
Di cruciale rilievo vi appare la nuova nozione di orario di lavoro, definito come
qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di
lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni.
L’esigenza che la prestazione lavorativa resti circoscritta entro determinati
limiti di durata ha fondamento costituzionale, infatti, l’art. 36, 2° comma, cost.
prevede che la durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
La disciplina legale dell’orario massimo di lavoro è rimasta a lungo ancorata
alle indicazioni contenute nel r.d.l. n. 692/1923 che stabiliva che la durata
massima normale della giornata di lavoro non poteva eccedere le otto ore al
giorno o le 48 ore settimanali di lavoro effettivo, alle quali era consentito
aggiungere un periodo di lavoro straordinario, purché tale da non superare le
due ore al giorno e le 12 ore settimanali.
Nel corso del tempo la durata della prestazione lavorativa è stata
progressivamente ridotta. Anche sull’onda della direttiva 93/104/Ce, questo
processo di riduzione della durata settimanale del lavoro ha trovato una prima
sanzione legislativa con l’art. 13 della legge n. 196/1997, a mente del quale
l’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali. Si tratta di un tetto
130
suscettibile di abbassamento ad opera dei contratti collettivi stipulati da
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.
La possibilità di ricorso a schemi d’orario multi periodale risultano amplificate
dalla circostanza che anche la durata massima settimanale dell’orario di lavoro
è in realtà definita come durata media, da calcolarsi in rapporto ad un certo
arco temporale. In linea di principio, la durata massima settimanale è stabilita
dai contratti collettivi, tenuti comunque anch’essi ad attenersi a due criteri
inderogabili:
a) la durata media dell’orario di lavoro non può superare le 48 ore settimanali,
ivi comprese le ore di lavoro straordinario;
b) detta durata media dev’essere calcolata con riferimento ad un periodo non
superiore a 4 mesi, elevabile discrezionalmente a 6 mesi dai contratti collettivi,
e sino ad un massimo di 12 mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o
inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi.
Si potrebbe sostenere che un limite giornaliero di durata della prestazione
lavorativa è previsto anche nell’assetto normativo vigente ed andrebbe
quantificato in 13 ore, potendolo farsi derivare dalla previsione che riconosce ai
lavoratori il diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore.
La direttiva ha introdotto nell’ordinamento il diritto ad una pausa nel corso
dello svolgimento della prestazione lavorativa giornaliera, qualora quest’ultima
ecceda il limite di 6 ore. Modalità e durata della pausa devono essere fissate
dai contratti collettivi; ove essi non provvedano, soccorre la disciplina legale,
per cui al lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di
lavoro, tra l’inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non
inferiore a 10 minuti.
Per lavoro straordinario si intende quello prestato oltre l’orario normale di
lavoro. Il lavoro straordinario nel sistema vigente si colloca nella fascia oraria
compresa tra la quarantunesima e la quarantottesima ora settimanale.
Le regole in materia di lavoro straordinario sono dettate dall’art. 5 del d.lgs.
66/2003. La norma fissa un limite quantitativo per cui lo straordinario è
ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore a condizione
che non sia superiore alle 250 ore annuali; ai contratti collettivi è consentito di
individuare un limite diverso.
La storica tendenza alla riduzione dell’orario di lavoro risponde non soltanto ad
esigenze di tutela della salute dei lavoratori, ma all’obiettivo di contrastare la
disoccupazione anche attraverso la ripartizione fra un numero più ampio di
soggetti del volume complessivo di lavoro disponibile. Lo stesso obiettivo è
riconoscibile nella penalizzazione di carattere economico di cui
tradizionalmente è stata fatta oggetto da noi l’effettuazione di prestazioni
straordinarie, attraverso l’imposizione di una maggiorazione legale sulla
retribuzione dovuta per il lavoro ordinario. Il diritto alla maggiorazione per
lavoro straordinario non è assicurato dal momento che i contratti collettivi
possono stabilire che i lavoratori fruiscano di riposi compensativi, non solo in
aggiunta, ma anche in alternativa alle maggiorazioni retributive.
In diversi settori l’organizzazione della produzione comporta un’articolazione in
turni di lavoro. Il datore di lavoro può liberamente disporre variazioni
nell’assegnazione del turno di lavoro, salvo il rispetto di vincoli eventualmente
posti dal contratto collettivo o da quello individuale.
Il potere direttivo del datore di lavoro è però soggetto a determinati limiti
quando si tratti di adibire un lavoratore allo svolgimento di lavoro notturno.
131
I limiti al potere direttivo del datore di lavoro riguardano sia la scelta dei
lavoratori da assegnare al turno di notte, sia la durata del lavoro notturno. È
stata cancellata la regola, prevista dal d.lgs. n. 532/1999, che obbligava ad
adibire al lavoro notturno con priorità assoluta i lavoratori e le lavoratrici che
ne avessero fatto richiesta; si è riconosciuta ai contratti collettivi la possibilità
di stabilire i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall’obbligo di
effettuare lavoro notturno.
La durata del lavoro notturno non può superare le 8 ore nelle 24 ore. Il datore
di lavoro è altresì tenuto ad impiegare in turni diurni i lavoratori di cui sia stata
accertata l’inidoneità, per ragioni di salute, al lavoro notturno, assegnando loro
mansioni equivalenti se esistenti e disponibili. Alla contrattazione collettiva è
altresì affidato il compito di stabilire se l’effettuazione di lavoro notturno debba
essere accompagnata da una riduzione dell’orario di lavoro o da qualche
beneficio economico
Con riguardo alla disciplina del riposo giornaliero, delle pause, della durata del
lavoro notturno e dell’obbligo di consultazione sindacale preventiva alla sua
introduzione, è stata riconosciuta un’ampia facoltà derogatoria ai contratti
collettivi.
Tutte le deroghe previste sono comunque accompagnate da una sorta di
clausola di salvaguardia, per la verità di contenuto alquanto generico, che ne
subordina l’ammissibilità alla condizione che ai lavoratori siano accordati
periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la
concessione di tali periodi non sia possibile per motivi oggettivi, alla condizione
che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.

Il tempo di non lavoro. La disciplina del riposo settimanale, delle


festività, delle ferie
Il diritto al riposo settimanale ha fondamento costituzionale e il lavoratore che
ne è titolare, non può validamente rinunciarvi. Non è di rango costituzionale,
viceversa, la regola del riposo domenicale: si tratta, piuttosto, di un’indicazione
di principio.
La mancata concessione del riposo settimanale, con perdita definitiva dello
stesso da parte del lavoratore, contrasta irrimediabilmente con l’art. 36, 3°
comma, cost.. Ove essa in concreto si verifichi, al lavoratore spetterà
comunque il diritto alla retribuzione per l’attività svolta, nonché ad un’ulteriore
attribuzione patrimoniale, a titolo di risarcimento del danno da usura
psicofisica.
La differenza di regime giuridico fra il riposo settimanale e quello di cui si può
godere nelle 12 festività infrasettimanali dipende dalla circostanza che, quanto
alle seconde, il relativo diritto non è concesso in funzione di tutela della salute
dei lavoratori. Ove il lavoratore acceda alla richiesta, avrà diritto ad una doppia
retribuzione: quella che comunque gli spetterebbe per la giornata festiva,
nonché quella relativa alle ore di lavoro svolte con la maggiorazione per il
lavoro festivo.
La pausa di gran lunga più significativa nel rapporto di lavoro è costituita dalle
ferie annuali. Anche il diritto a ferie annuali retribuite è di rilevanza
costituzionali e, stante il nesso sicuramente riconoscibile con esigenze di tutela
della salute, non può essere rinunziato dal lavoratore. Resta impregiudicata,
naturalmente, l’eventualità che il potere direttivo del datore di lavoro venga
sottoposto anche a vincoli derivanti dalla contrattazione collettiva, come quelli
132
che sovente impongono di negoziare con le rappresentanze sindacali aziendali
il periodo di assegnazione delle ferie.
Il d.lgs. n.66/2003 ha espressamente mantenuto in vigore la disciplina delle
ferie di cui all’art. 2109 cod. civ., integrandola con riguardo alla durata delle
stesse: cosicché oggi i lavoratori avrebbero diritto ad un periodo annuale di
ferie retribuite non inferiore a 4 settimane. Tale periodo, infatti, salvo quanto
previsto dalla contrattazione collettiva, va goduto per almeno 2 settimane,
consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di
maturazione e, per le restanti 2 settimane, nei 18 mesi successivi al termine
dell’anno di maturazione.
Stante la sua irrinunciabilità, il diritto alle ferie annuali non potrebbe
legittimamente surrogato da un’attribuzione patrimoniale compensativa del
diritto non goduto.
Di indennità sostitutiva delle ferie non godute, tutt’al più, si può parlare
allorché il rapporto di lavoro cessi prima del periodo fissato dall’impresa per il
godimento delle ferie; oppure limitatamente a quella parte del periodo feriale
che ecceda la durata minima legale.
Le ferie maturano giorno per giorno nel corso di svolgimento del rapporto di
lavoro e vanno godute, anno per anno, in proporzione all’anzianità di servizio
maturata.

133
SOSPENSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO
2110. Infortunio, malattia, gravidanza, puerperio. — In caso di infortunio,
di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la legge [o le norme corporative]
non stabiliscono forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al
prestatore di lavoro la retribuzione o un’indennità nella misura e per il tempo
determinati dalle leggi speciali [dalle norme corporative], dagli usi o secondo
equità 23 24.
Nei casi indicati nel comma precedente, l’imprenditore ha diritto di recedere
dal contratto a norma dell’articolo 2118, decorso il periodo stabilito dalla legge
[dalle norme corporative], dagli usi o secondo equità 25.
Il periodo di assenza dal lavoro per una delle cause anzidette deve essere
computato nell’anzianità di servizio.

Legge 30 dicembre 1971, n. 1204


"Tutela delle lavoratrici madri"
(GU 18 gennaio 1972, n. 14)
Nota bene: testo aggiornato con le modifiche apportate dalla legge 8 marzo
2000, n. 53

23 Per i lavoratori dipendenti del settore privato, le prestazioni economiche sono


gestite dall’I.N.P.S. (Istituto Nazionale Previdenza Sociale), persona giuridica [v. Libro I,
Titolo II], attraverso l’amministrazione delle principali assicurazioni obbligatorie [v.
1882, 2054]. L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è
gestita, invece, dall’I.N.A.I.L.

24 L’astensione dal lavoro in caso di gravidanza e puerperio è stata disciplinata ex


novo dal d.lgs. 26-3-2001, n. 151 che stabilisce: un congedo obbligatorio di maternità
che copre un periodo di cinque mesi (due o uno precedenti il parto e tre o quattro
successivi ad esso) e a cui corrisponde un’indennità pari all’80% della retribuzione; un
congedo parentale della durata massima cumulativa di dieci mesi, fruibile, per ogni
figlio, in alternativa dal padre o dalla madre (ciascuno per un massimo di sei mesi,
elevabili a sette per il padre lavoratore), fino al compimento di otto anni di età del
bambino. Fino a tre anni di età del bambino è prevista un’indennità giornaliera pari al
30% della retribuzione, per un periodo massimo di sei mesi; se il congedo è fruito
dopo tale periodo, l’indennità spetta solo in presenza di un reddito familiare inferiore
ad una certa soglia. Il congedo di maternità può essere fruito anche dal padre
lavoratore in specifiche ipotesi (morte o infermità della madre, abbandono o
affidamento esclusivo del bambino). Cfr. altresì, sulla riduzione degli oneri sociali a
tutela della maternità, art. 49, l. 23-12-1999, n. 388 (legge finanziaria 2000), art. 80, l.
23-12-2000, n. 388 (legge finanziaria 2001); art. 1, c. 143, l. 30-12-2004, n. 311 (legge
finanziaria 2005).

25 Il lavoratore ha diritto, in caso di infortunio o malattia, alla conservazione del posto


per un certo periodo (cd. periodo di comporto) la cui durata è fissata dai contratti
collettivi. Tale periodo viene computato nell’anzianità di servizio. A seconda dei
contratti, il periodo di comporto può essere unico (cd. comporto secco) o può essere
frazionato in periodi. Scaduto il periodo di comporto il datore di lavoro ha facoltà di
licenziare il prestatore.

134
Nota bene: la presente legge è stata abrogata dal Decreto Legislativo 26
marzo 2001, n. 151 "Testo unico delle disposizioni legislative in materia di
tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15
della legge 8 marzo 2000, n. 53"

TITOLO I

Norme protettive

Articolo 1.
Le disposizioni del presente titolo si applicano alle lavoratrici, comprese le
apprendiste, che prestano la loro opera alle dipendenze di privati datori di
lavoro, nonché alle dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli altri enti
pubblici e dalle società cooperative, anche se socie di queste ultime.
Alle lavoratrici a domicilio si applicano le norme del presente titolo di cui agli
articoli 2, 4, 6 e 9.
Alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari si applicano le norme del
presente titolo di cui agli articoli 4, 5, 6, 8 e 9.
Il diritto di astenersi dal lavoro di cui all'articolo 7, ed il relativo trattamento
economico, sono riconosciuti anche se l'altro genitore non ne ha diritto. Le
disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7 e al comma 2 dell'articolo 15 sono
estese alle lavoratrici di cui alla legge 29 dicembre 1987, n. 546, madri di
bambini nati a decorrere dal 1º gennaio 2000. Alle predette lavoratrici i diritti
previsti dal comma 1 dell'articolo 7 e dal comma 2 dell'articolo 15 spettano
limitatamente ad un periodo di tre mesi, entro il primo anno di vita del
bambino.
Sono fatte salve, in ogni caso, le condizioni di maggior favore stabilite da leggi,
regolamenti, contratti, e da ogni altra disposizione.

Articolo 2.
Le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gestazione
fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto dall'articolo 4
della presente legge, nonché fino al compimento di un anno di età del
bambino.
Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di
gravidanza e puerperio, e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui
opera il divieto, ha diritto di ottenere il ripristino del rapporto di lavoro
mediante presentazione, entro novanta giorni dal licenziamento, di idonea
certificazione dalla quale risulti l'esistenza, all'epoca del licenziamento, delle
condizioni che lo vietavano.
Il divieto di licenziamento non si applica nel caso:
a) di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la
risoluzione del rapporto di lavoro;
b) di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta;
c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o
di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine.
Le lavoratrici addette ad industrie e lavorazioni che diano luogo a
disoccupazione stagionale, di cui alla tabella annessa al decreto ministeriale 30
135
novembre 1964, e successive modificazioni, le quali siano licenziate a norma
della lettera b) del terzo comma del presente articolo, hanno diritto, per tutto il
periodo in cui opera il divieto di licenziamento, alla ripresa dell'attività
lavorativa stagionale e, sempreché non si trovino in periodo di astensione
obbligatoria dal lavoro, alla precedenza nelle riassunzioni.
Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non
può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l'attività
dell'azienda o del reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto stesso abbia
autonomia funzionale.
Al termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto dall'articolo 4 della
presente legge le lavoratrici hanno diritto, salvo che espressamente vi
rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano occupate all'inizio
del periodo di gestazione o in altra ubicata nel medesimo comune, e di
permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino; hanno altresì
diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti

Articolo 3.
È vietato adibire al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori
pericolosi, faticosi ed insalubri le lavoratrici durante il periodo di gestazione e
fino a sette mesi dopo il parto. In attesa della pubblicazione del regolamento di
esecuzione della presente legge, i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri restano
determinati dalla tabella annessa al decreto del Presidente della Repubblica 21
maggio 1953, n. 568.
Le lavoratrici saranno addette ad altre mansioni per il periodo per il quale è
previsto il divieto di cui al comma precedente.
Le lavoratrici saranno, altresì, spostate ad altre mansioni durante la gestazione
e fino a sette mesi dopo il parto nei casi in cui l'ispettorato del lavoro accerti
che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della
donna.
Le lavoratrici che vengano adibite a mansioni inferiori a quelle abituali
conservano la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente
svolte, nonché la qualifica originale. Si applicano le norme di cui all'articolo 13
della legge 20 maggio 1970, n. 300, qualora le lavoratrici vengano adibite a
mansioni equivalenti o superiori.

Articolo 4.
È vietato adibire al lavoro le donne:
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto;
b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data
presunta e la data effettiva del parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto.
L'astensione obbligatoria dal lavoro è anticipata a tre mesi dalla data presunta
del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione
all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli.
Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali.
Qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, i giorni
non goduti di astensione obbligatoria prima del parto vengono aggiunti al

136
periodo di astensione obbligatoria dopo il parto. La lavoratrice è tenuta a
presentare, entro trenta giorni, il certificato attestante la data del parto.

Articolo 4-bis.
1. Ferma restando la durata complessiva dell'astensione dal lavoro, le
lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese
precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a
condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso
convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della
salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio
alla salute della gestante e del nascituro.

Articolo 5.
L'ispettorato del lavoro può disporre, sulla base di accertamento medico,
l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza, fino al periodo di
astensione di cui alla lettera a) del precedente articolo, per uno o più periodi, la
cui durata sarà determinata dall'ispettorato stesso, per i seguenti motivi:
a) nel caso di gravi complicanze della gestazione o di preesistenti forme
morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla
salute della donna e del bambino;
c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo
il disposto del precedente articolo 3.
Articolo 6.
I periodi di astensione obbligatoria dal lavoro ai sensi degli articoli 4 e 5 della
presente legge devono essere computati nell'anzianità di servizio a tutti gli
effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica
natalizia e alle ferie.

Articolo 7.
1. Nei primi otto anni di vita del bambino ciascun genitore ha diritto di
astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. Le
astensioni dal lavoro dei genitori non possono complessivamente eccedere il
limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente articolo.
Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:
a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di astensione obbligatoria di cui
all'articolo 4, primo comma, lettera c), della presente legge, per un periodo
continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
b) al padre lavoratore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a
sei mesi;
c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non
superiore a dieci mesi.
2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un
periodo non inferiore a tre mesi, il limite di cui alla lettera b) del comma 1 è
elevato a sette mesi e il limite complessivo delle astensioni dal lavoro dei
genitori di cui al medesimo comma è conseguentemente elevato a undici mesi.
3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto, salvo
casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le
modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di
preavviso non inferiore a quindici giorni.
137
4. Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto, altresì, di astenersi dal
lavoro durante le malattie del bambino di età inferiore a otto anni ovvero di età
compresa fra tre e otto anni, in quest'ultimo caso nel limite di cinque giorni
lavorativi all'anno per ciascun genitore, dietro presentazione di certificato
rilasciato da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso
convenzionato. La malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero
interrompe il decorso del periodo di ferie in godimento da parte del genitore.
5. I periodi di astensione dal lavoro di cui ai commi 1 e 4 sono computati
nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima
mensilità o alla gratifica natalizia. Ai fini della fruizione del congedo di cui al
comma 4, la lavoratrice ed il lavoratore sono tenuti a presentare una
dichiarazione rilasciata ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n.
15, attestante che l'altro genitore non sia in astensione dal lavoro negli stessi
giorni per il medesimo motivo.

Articolo 8.
Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non
possono essere godute contemporaneamente ai periodi di astensione
obbligatoria dal lavoro di cui agli articoli 4 e 5, nonché a quelli di assenza
facoltativa di cui all'articolo 7 della presente legge.

Articolo 9.
Alle lavoratrici spetta l'assistenza di parto da parte dell'istituto presso il quale
sono assicurate per il trattamento di malattia, anche quando sia stato
interrotto il rapporto di lavoro, purché la gravidanza abbia avuto inizio quando
tale rapporto era ancora sussistente.
Alle lavoratrici spetta, altresì, l'assistenza ospedaliera anche nei casi di parto
normale nelle forme e con le modalità previste dalle norme vigenti.
Le lavoratrici gestanti possono sottoporsi a visite sanitarie periodiche gratuite a
cura dell'istituto presso il quale sono assicurate.
Le norme di cui al presente articolo si applicano anche alle familiari dei
lavoratori aventi diritto all'assistenza sanitaria.

Articolo 10.
Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno
di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata.
Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.
I periodi di riposo di cui al precedente comma hanno la durata di un'ora
ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della
retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire
dall'azienda.
I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno, e in tal caso non comportano il
diritto ad uscire dall'azienda, quando la lavoratrice voglia usufruire della
camera di allattamento o dell'asilo nido, istituiti dal datore di lavoro nelle
dipendenze dei locali di lavoro.
I riposi di cui ai precedenti commi sono indipendenti da quelli previsti dagli
articoli 18 e 19 della legge 26 aprile 1934, n. 653, sulla tutela del lavoro delle
donne.
Ai periodi di riposo di cui al presente articolo si applicano le disposizioni in
materia di contribuzione figurativa, nonché di riscatto ovvero di versamento dei
138
relativi contributi previsti dal comma 2, lettera b), dell'articolo 15. In caso di
parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive rispetto a
quelle previste dal primo comma del presente articolo possono essere utilizzate
anche dal padre.

Articolo 11.
In sostituzione delle lavoratrici assenti dal lavoro, in virtù delle disposizioni
della presente legge, il datore di lavoro può assumere personale con contratto
a tempo determinato in conformità al disposto dell'articolo 1, lettera b), della
legge 18 aprile 1962, n. 230, sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo
determinato e con l'osservanza delle norme della legge stessa.

Articolo 12.
In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto,
a norma del precedente articolo 2, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha
diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso
di licenziamento.

TITOLO II

Trattamento economico

Articolo 13.
Le disposizioni del presente titolo si applicano alle lavoratrici di cui all'articolo
1, comprese le lavoratrici a domicilio e le addette ai servizi domestici e
familiari, salvo quanto previsto dal successivo comma.
Alle dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dagli altri enti pubblici si
applica il trattamento economico previsto dai relativi ordinamenti salve le
disposizioni di maggior favore risultanti dalla presente legge.

Articolo 14.
A decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore
della presente legge, al fine di consentire nel periodo immediatamente
precedente e seguente il parto, l'astensione delle lavoratrici mezzadre e colone
dal lavoro dei campi e la buona coltivazione del fondo, il mezzadro e il
concedente, nei casi di provata necessità, sono tenuti a concordare
l'assunzione di una unità lavorativa, la cui spesa sarà ripartita a meta tra
mezzadro e concedente.
A partire dalla stessa data, alle lavoratrici mezzadre e colone spetta, per tutto il
periodo di astensione obbligatoria precedente e successivo al parto previsto
per le salariate e braccianti agricole, una indennità giornaliera, che verrà
erogata dall'INAM in misura pari all'80 per cento del reddito medio giornaliero
colonico. Tale reddito viene stabilito, in via presuntiva, per ogni due anni, con
decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le
organizzazioni sindacali di categoria; per la prima applicazione della presente
legge tale reddito è fissato in lire 1.300 giornaliere.
Trova applicazione anche nei confronti delle colone e mezzadre la norma di cui
all'articolo 9 della presente legge.
139
Articolo 15.
1. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80 per cento
della retribuzione per tutto il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro
stabilita dagli articoli 4 e 5 della presente legge. Tale indennità è comprensiva
di ogni altra indennità spettante per malattia.
2. Per i periodi di astensione facoltativa di cui all'articolo 7, comma 1, ai
lavoratori e alle lavoratrici è dovuta:
a) fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30 per cento della
retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi; il
relativo periodo, entro il limite predetto, è coperto da contribuzione figurativa;
b) fuori dei casi di cui alla lettera a), fino al compimento dell'ottavo anno di vita
del bambino, e comunque per il restante periodo di astensione facoltativa,
un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, nell'ipotesi in cui il reddito
individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento
minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria; il periodo
medesimo è coperto da contribuzione figurativa, attribuendo come valore
retributivo per tale periodo il 200 per cento del valore massimo dell'assegno
sociale, proporzionato ai periodi di riferimento, salva la facoltà di integrazione
da parte dell'interessato, con riscatto ai sensi dell'articolo 13 della legge 12
agosto 1962, n. 1338, ovvero con versamento dei relativi contributi secondo i
criteri e le modalità della prosecuzione volontaria.
3. Per i periodi di astensione per malattia del bambino di cui all'articolo 7,
comma 4, è dovuta:
a) fino al compimento del terzo anno di vita del bambino, la contribuzione
figurativa;
b) successivamente al terzo anno di vita del bambino e fino al compimento
dell'ottavo anno, la copertura contributiva calcolata con le modalità previste
dal comma 2, lettera b).
4. Il reddito individuale di cui al comma 2, lettera b), è determinato secondo i
criteri previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al minimo.
5. Le indennità di cui al presente articolo sono corrisposte con gli stessi criteri
previsti per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro
le malattie dall'ente assicuratore della malattia presso il quale la lavoratrice o il
lavoratore è assicurato e non sono subordinate a particolari requisiti
contributivi o di anzianità assicurativa.

Articolo 16.
Agli effetti della determinazione della misura delle indennità previste
nell'articolo precedente, per retribuzione s'intende la retribuzione media
globale giornaliera percepita nel periodo di paga quadrisettimanale o mensile
scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto
inizio l'astensione obbligatoria dal lavoro per maternità.
Al suddetto importo va aggiunto, eccezion fatta per l'indennità di cui al
secondo comma dell'articolo precedente, il rateo giornaliero relativo alla
gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità
eventualmente erogati alla lavoratrice.

140
Concorrono a formare la retribuzione gli stessi elementi che vengono
considerati agli effetti della determinazione delle prestazioni dell'assicurazione
obbligatoria contro le malattie.
Nei confronti delle operaie dei settori non agricoli, per retribuzione media
globale giornaliera s'intende:
a) nei casi in cui, o per contratto di lavoro o per la effettuazione di ore di lavoro
straordinario, l'orario medio effettivamente praticato superi le otto ore
giornaliere, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare complessivo degli
emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero
dei giorni lavorati o comunque retribuiti;
b) nei casi in cui, o per esigenze organizzative contingenti dell'azienda o per
particolari ragioni di carattere personale della lavoratrice, l'orario medio
effettivamente praticato risulti inferiore a quello previsto dal contratto di lavoro
della categoria, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare complessivo
degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il
numero delle ore di lavoro effettuato e moltiplicando il quoziente ottenuto per il
numero delle ore giornaliere di lavoro previste dal contratto stesso.
Nei casi in cui i contratti di lavoro prevedano, nell'ambito di una settimana, un
orario di lavoro identico per i primi cinque giorni della settimana e un orario
ridotto per il sesto giorno, l'orario giornaliero è quello che si ottiene dividendo
per sei il numero complessivo delle ore settimanali contrattualmente stabilite;
c) in tutti gli altri casi, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare
complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in
considerazione per il numero di giorni lavorati, o comunque retribuiti, risultanti
dal periodo stesso.
Nei confronti delle impiegate, per retribuzione media globale giornaliera si
intende l'importo che si ottiene dividendo per trenta l'importo totale della
retribuzione del mese precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio
l'astensione.

Articolo 17.
L'indennità di cui al primo comma dell'art. 15 è corrisposta anche nei casi di
risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall'articolo 2, lettera b) e c), che si
verifichino durante i periodi di interdizione dal lavoro previsti dagli articoli 4 e 5
della presente legge.
Le lavoratrici gestanti che si trovino, all'inizio del periodo di astensione
obbligatoria dal lavoro, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero,
disoccupate, sono ammesse al godimento dell'indennità giornaliera di
maternità di cui al primo comma dell'articolo 15 purché tra l'inizio della
sospensione, dall'assenza o della disoccupazione e quello di detto periodo non
siano decorsi più di 60 giorni. Ai fini del computo dei predetti 60 giorni, non si
tiene conto delle assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro,
accertate e riconosciute dagli enti gestori delle relative assicurazioni sociali.
Qualora l'astensione obbligatoria dal lavoro abbia inizio trascorsi sessanta
giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all'inizio
della astensione obbligatoria, disoccupata e in godimento dell'indennità di
disoccupazione, essa ha diritto all'indennità giornali era di maternità anziché
all'indennità ordinaria di disoccupazione.
La lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel precedente comma ma
che non è in godimento della indennità di disoccupazione perché nell'ultimo
141
biennio ha effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi non soggette
all'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione, ha diritto all'indennità
giornaliera di maternità, purché al momento dell'astensione obbligatoria dal
lavoro non siano trascorsi più di 180 giorni dalla data di risoluzione del rapporto
e, nell'ultimo biennio che precede il suddetto periodo, risultino a suo favore ai
fini dell'assicurazione di malattia 26 contributi settimanali.
La lavoratrice che, nel caso di astensione obbligatoria dal lavoro iniziata dopo
60 giorni dalla data di sospensione dal lavoro, si trovi, all'inizio dell'astensione
obbligatoria, sospesa e in godimento del trattamento di integrazione salariale a
carico della Cassa integrazione guadagni, ha diritto, in luogo di tale
trattamento, all'indennità giornaliera di maternità.

Articolo 18.
Durante il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro di cui all'articolo 4 della
presente legge, spetta alle lavoratrici a domicilio, a carico dell'INAM, l'indennità
giornaliera di cui al precedente articolo 15 in misura pari all'80 per cento del
salario medio contrattuale giornaliero, vigente nella provincia per i lavoratori
interni, aventi qualifica operaia, della stessa industria.
Qualora, per l'assenza nella stessa provincia di industrie similari che occupano
lavoratori interni, non possa farsi riferimento al salario contrattuale provinciale
di cui al comma precedente, si farà riferimento alla media dei salari contrattuali
provinciali vigenti per la stessa industria nella regione, e, qualora anche ciò non
fosse possibile, si farà riferimento alla media dei salari provinciali vigenti nella
stessa industria nel territorio nazionale.
Per i settori di lavoro, a domicilio per i quali non esistono corrispondenti
industrie che occupano lavoratori interni, con apposito decreto del Ministro per
il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali interessate,
si prenderà a riferimento il salario medio contrattuale giornaliero vigente nella
provincia per i lavoratori aventi qualifica operaia dell'industria che presenta
maggiori caratteri di affinità.
La corresponsione dell'indennità di cui al primo comma del presente articolo è
subordinata alla condizione che, all'inizio della astensione obbligatoria, la
lavoratrice riconsegni al committente tutte le merci e il lavoro avuto in
consegna, anche se non ultimato.

Articolo 19.
Per le lavoratrici addette ai servizi domestici familiari, l'indennità di maternità
di cui all'articolo 15 ed il relativo finanziamento sono regolati secondo le
modalità e le norme stabilite dal decreto delegato emanato ai sensi dell'articolo
35, lettera d), della legge 30 aprile 1969, n. 153.
Fino al momento in cui entreranno in vigore le norme del decreto delegato
indicato nel comma precedente, continuano ad applicarsi le disposizioni del
titolo III della legge 26 agosto 1950, n. 860, relative alle lavoratrici domestiche.

Articolo 20.
L'interruzione della gravidanza, spontanea o terapeutica, esclusa quella
procurata, è considerata a tutti gli effetti come malattia, salvo quanto disposto
dall'articolo 12 del D.P.R. 21 maggio 1953, n. 568.

Articolo 21.
142
Per la copertura degli oneri derivanti dalle norme di cui ai titoli primo e secondo
della presente legge, di competenza degli enti che gestiscono l'assicurazione
contro le malattie, è dovuto dai datori di lavoro agli enti predetti un contributo
sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti nelle seguenti misure:
a) dello 0,53 per cento sulla retribuzione per il settore dell'industria;
b) dello 0,31 per cento sulla retribuzione per il settore del commercio;
c) dello 0,20 per cento sulla retribuzione per il settore del credito, assicurazione
e servizi tributari appaltati;
d) di lire 2,43 per ogni giornata di uomo e di lire 1,95 per ogni giornata di
donna o ragazzo per i salariati fissi; di lire 2,95 per ogni giornata di uomo e di
lire 2,32 per ogni giornata di donna o ragazzo per i giornalieri di campagna e
compartecipanti per il settore dell'agricoltura.
Il contributo è dovuto per ogni giornata di lavoro accertata ai fini dei contributi
unificati in agricoltura di cui al decreto-legge 28 novembre 1938, n. 2138, e
successive modificazioni, ed è riscosso unitamente ai contributi predetti.
A partire dal 1° gennaio 1973 è dovuto all'Istituto nazionale per l'assicurazione
contro le malattie un contributo annuo di lire 25.000 milioni da parte della
Cassa unica assegni familiari.
Per gli apprendisti è dovuto un contributo di lire 32 settimanali.
Per i lavoratori a domicilio tradizionali è dovuto un contributo di lire 120
settimanali.
Per i giornalisti iscritti all'Istituto nazionale di previdenza per i giornalisti italiani
"Giovanni Amendola" è dovuto un contributo pari allo 0,15 per cento della
retribuzione.
Per i lavoratori iscritti all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i
lavoratori dello spettacolo è dovuto un contributo pari allo 0,53 per cento della
retribuzione.
Per i lavoratori iscritti all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per gli
impiegati dell'agricoltura è dovuto un contributo pari allo 0,50 per cento della
retribuzione.
Per i lavoratori iscritti alle Casse di soccorso di cui al regio decreto 8 gennaio
1931, numero 148, e successive modificazioni, è dovuto un contributo pari allo
0,53 per cento della retribuzione. Tale contributo non è dovuto per il personale
addetto alle autolinee extraurbane in concessione iscritto alle Casse di
soccorso istituite per effetto della legge 22 settembre 1960, n. 1054,per le
quali il contributo previsto a carico dei datori di lavoro dall'articolo 2, n. 2), dei
rispettivi statuti è comprensivo dell'onere derivante dalla erogazione del
trattamento economico per le lavoratrici madri.
Le eventuali eccedenze fra il gettito dei contributi e le prestazioni erogate
saranno devolute, nell'ambito di ciascun istituto, ente o cassa, all'assicurazione
obbligatoria contro le malattie.
Riguardo al versamento del contributo di cui al presente articolo, alle
trasgressioni degli obblighi relativi ed a quanto altro concerne il contributo
medesimo, si applicano le norme relative ai contributi per l'assicurazione
obbligatoria contro le malattie.
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il
lavoro e la previdenza sociale, di concerto con quello per il tesoro, la misura dei
contributi stabiliti dalla presente legge può essere modificata in relazione alle
effettive esigenze delle relative gestioni.

143
Articolo 22.
L'assicurazione di maternità per le lavoratrici a domicilio tradizionali e per le
addette ai servizi domestici familiari, gestita dall'INPS, è trasferita con i relativi
avanzi di gestione all'INAM.

TITOLO III

Corresponsione di un assegno di natalità alle coltivatrici dirette, alle


lavoratrici artigiane e alle lavoratrici esercenti attività commerciale
[abrogato]

Articolo 23.
[abrogato]

Articolo 24.
[abrogato]

Articolo 25.
[abrogato]

Articolo 26.
[abrogato]

Articolo 27.
[abrogato]

TITOLO IV

Disposizioni varie, vigilanza e penalità


Articolo 28.
Prima dell'inizio dell'astensione obbligatoria dal lavoro di cui all'articolo 4,
lettera a), della presente legge le lavoratrici di cui all'articolo 1 della presente
legge dovranno consegnare al datore di lavoro e all'istituto erogatore delle
indennità giornaliere di maternità il certificato medico indicante la data
presunta del parto. La data indicata nel certificato fa stato, nonostante
qualsiasi errore di previsione.

Articolo 29.
Tutti i documenti occorrenti per l'applicazione della presente legge sono esenti
da ogni imposta, tassa, diritto o spesa di qualsiasi specie e natura.

Articolo 30.
La vigilanza sulla presente legge è demandata al Ministero del lavoro e della
previdenza sociale che la esercita attraverso l'ispettorato del lavoro.
Al rilascio dei certificati medici di cui alla presente legge sono abilitati gli
ufficiali sanitari, i medici condotti, i medici dell'istituto presso il quale la
lavoratrice è assicurata per il trattamento di maternità, salvo quanto previsto
dai commi successivi.

144
Qualora i certificati siano redatti da medici diversi da quelli di cui al precedente
comma, il datore di lavoro o l'istituto presso il quale la lavoratrice è assicurata
per il trattamento di maternità hanno facoltà di accettare i certificati stessi
ovvero, di richiederne la regolarizzazione alla lavoratrice interessata.
I medici dell'ispettorato del lavoro hanno facoltà di controllo.
Il certificato medico attestante la malattia del bambino, di cui al secondo
comma dell'articolo 7 della presente legge, può essere redatto da un medico di
libera scelta della lavoratrice.
L'astensione dal lavoro di cui all'articolo 5, lettera a), della presente legge è
disposta dall'ispettorato del lavoro in base ad accertamento medico, per il
quale l'ispettorato del lavoro ha facoltà di delegare gli ufficiali sanitari o di
avvalersi dei servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti o di enti
pubblici e di istituti specializzati di diritto pubblico. In ogni caso il
provvedimento dovrà essere emanato entro sette giorni dalla ricezione
dell'istanza della lavoratrice.
L'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) dell'articolo 5 della presente
legge è disposta dall'ispettorato del lavoro, oltreché su istanza della
lavoratrice, anche di propria iniziativa, qualora nel corso della propria attività di
vigilanza constati l'esistenza delle condizioni che danno luogo all'astensione
medesima.
Parimenti, lo spostamento delle lavoratrici ad altre mansioni, di cui al terzo
comma dell'articolo 3 della presente legge, è disposto dall'ispettorato del
lavoro sia di propria iniziativa, sia su istanza della lavoratrice.
Fino all'emanazione del primo decreto ministeriale di cui all'ultimo comma
dell'articolo 4 della presente legge, l'anticipazione dell'astensione obbligatoria
dal lavoro di cui al secondo comma dell'articolo sopracitato è disposta
dall'ispettorato del lavoro.
I provvedimenti dell'ispettorato del lavoro in ordine a quanto previsto dai
commi sesto, settimo, ottavo e nono del presente articolo sono definitivi.

Articolo 31.
1. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 3, primo, secondo e
terzo comma, 4 e 5 è punita con l'arresto fino a sei mesi.
2. L'inosservanza delle disposizioni contenute nell'articolo 2 è punita con la
sanzione amministrativa da lire due milioni a lire cinque milioni.
3. L'inosservanza delle disposizioni contenute nell'articolo 10 e il rifiuto,
l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui
all'art. 7 della presente legge sono puniti con la sanzione amministrativa da lire
un milione a lire cinque milioni.
4. L'autorità competente a ricevere il rapporto per le violazioni amministrative
previste dal presente articolo e ad emettere l'ordinanza di ingiunzione è
l'ispettorato del lavoro.

Articolo 32.
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il
lavoro e la previdenza sociale, entro 90 giorni, saranno emanate norme
regolamentari per l'applicazione della presente legge.

Articolo 33.

145
Sono abrogate le disposizioni della legge 26 agosto 1950, n. 860, sulla tutela
fisica ed economica delle lavoratrici madri e successive modificazioni in
contrasto con le norme della presente legge.

Articolo 34.
Le disposizioni contenute negli articoli 11, 12 e 13 della legge 26 agosto 1950,
n. 860, continuano ad applicarsi in via transitoria ai datori di lavoro che, ai
sensi della legge stessa, abbiano istituito camere di allattamento o asili nido
aziendali funzionanti alla data del 15 dicembre 1971.
L'ispettorato del lavoro, sentite le organizzazioni sindacali aziendali, può
autorizzare la chiusura delle camere di allattamento e degli asili nido aziendali
di cui al precedente comma in relazione alle effettive esigenze delle lavoratrici
occupate nell'azienda ed all'attuazione del piano quinquennale per l'istituzione
di asili nido comunali con il concorso dello Stato.

Articolo 35.
La presente legge entra in vigore alla data della pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale salvo le diverse decorrenze fissate dagli articoli precedenti e salvo
quanto previsto dal successivo comma.
Alle lavoratrici che al momento dell'entrata in vigore della presente legge sono
assenti dal lavoro ai sensi dell'articolo 5, lettera a), della legge 26 agosto 1950,
n. 860, si continua ad applicare la norma citata fino all'esaurimento del periodo
di cui alla lettera stessa.

Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151


"Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e
sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15
della legge 8 marzo 2000, n. 53"
(GU n. 96 del 26 aprile 2001 - Supplemento Ordinario n. 93)

Art. 16. Divieto di adibire al lavoro le donne (legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
art. 4, comma 1 e 4)
1. E' vietato adibire al lavoro le donne:
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto
previsto all'articolo 20;
b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data
presunta e la data effettiva del parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto;
d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto
avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti
al periodo di congedo di maternità dopo il parto.

Art. 17. Estensione del divieto (legge 30 dicembre 1971, n. 1204,


articoli 4, commi 2 e 3, 5, e 30, commi 6, 7, 9 e 10)
1. Il divieto e' anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le
lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di
gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono
determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale,
sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative.
Fino all'emanazione del primo decreto ministeriale, l'anticipazione del divieto di
146
lavoro e' disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente
per territorio.
2. Il servizio ispettivo del Ministero del lavoro può disporre, sulla base di
accertamento medico, avvalendosi dei competenti organi del Servizio sanitario
nazionale, ai sensi degli articoli 2 e 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza, fino al
periodo di astensione di cui alla lettera a), comma 1, dell'articolo 16, per uno o
più periodi, la cui durata sarà determinata dal servizio stesso, per i seguenti
motivi:
a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme
morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla
salute della donna e del bambino;
c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo
quanto previsto dagli articoli 7 e 12.
3. L'astensione dal lavoro di cui alla lettera a) del comma 2 e' disposta dal
servizio ispettivo del Ministero del lavoro, secondo le risultanze
dell'accertamento medico ivi previsto. In ogni caso il provvedimento dovrà
essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell'istanza della lavoratrice.
4. L'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) del comma 2 può essere
disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza
della lavoratrice, qualora nel corso della propria attività di vigilanza constati
l'esistenza delle condizioni che danno luogo all'astensione medesima.
5. I provvedimenti dei servizi ispettivi previsti dai presente articolo sono
definitivi.

Art. 22. Trattamento economico e normativo (legge 30 dicembre 1971,


n. 1204, articoli 6, 8 e 15, commi 1 e 5; legge 9 dicembre 1977, n.
903, art. 3, comma 2; decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito dalla legge 9 luglio 1993, n. 236, art. 6, commi 4 e 5)
1. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità' giornaliera pari all'80 per cento
della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità, anche in
attuazione degli articoli 7, comma 6, e 12, comma 2.
2. L'indennità' e' corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1 del decreto-
legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33,
ed e' comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.
3. I periodi di congedo di maternità devono essere computati nell'anzianità' di
servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o
alla gratifica natalizia e alle ferie.
4. I medesimi periodi non si computano ai fini del raggiungimento dei limiti di
permanenza nelle liste di mobilità di cui all'articolo 7 della legge 23 luglio 1991,
n. 223, fermi restando i limiti temporali di fruizione dell'indennita' di mobilità. I
medesimi periodi si computano ai fini del raggiungimento del limite minimo di
sei mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare dell'indennita'
di mobilità.
5. Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella carriera,
come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale
scopo particolari requisiti.
147
6. Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo
non vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternità.
7. Non viene cancellata dalla lista di mobilità ai sensi dell'articolo 9 della legge
23 luglio 1991, n. 223, la lavoratrice che, in periodo di congedo di maternità,
rifiuta l'offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilità, ovvero
l'avviamento a corsi di formazione professionale.

Art. 56. Diritto al rientro e alla conservazione del posto (legge 30


dicembre 1971, n. 1204, art. 2, comma 6; legge 8 marzo 2000, n. 53,
art. 17, comma 1)
1. Al termine dei periodi di divieto di lavoro previsti dal Capo II e III, le
lavoratrici hanno diritto di conservare il posto di lavoro e, salvo che
espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano
occupate all'inizio del periodo di gravidanza o in altra ubicata nel medesimo
comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino;
hanno altresì diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a
mansioni equivalenti.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche al lavoratore al rientro al
lavoro dopo la fruizione del congedo di paternità.
3. Negli altri casi di congedo, di permesso o di riposo disciplinati dal presente
testo unico, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto alla conservazione del
posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, al rientro nella stessa
unità produttiva ove erano occupati al momento della richiesta, o in altra
ubicata nel medesimo comune; hanno altresì diritto di essere adibiti alle
mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di adozione e
di affidamento. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano fino a un anno
dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.

Art. 51 Cost. — Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere


agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza 26, secondo

26 La norma sancisce il diritto alla parità nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche
elettive tra gli uomini e le donne. In esecuzione del principio di eguaglianza, sancito
dall’art. 3, alle donne è assicurato il diritto non solo di rivestire i medesimi incarichi
degli uomini e alle stesse condizioni, ma anche il diritto a svolgere eguali mansioni,
con parità di retribuzione e di assistenza e previdenza.

148
i requisiti stabiliti dalla legge 27. A tal fine la Repubblica promuove con appositi
provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini 28.
La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive,
parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo
necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro 29.

Profili generali
Nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro possono verificarsi certe
vicende, che ne alterano la normale fisiologia determinando in particolare una
temporanea sospensione dell’obbligo di eseguire la prestazione lavorativa. Si
suole operare al riguardo una distinzione di fondo fra cause sospensive che
attengono alla sfera del lavoratore e cause sospensive pertinenti alla sfera
dell’impresa.
Nell’ambito delle cause sospensive attinenti alla sfera del lavoratore si può
ulteriormente distinguere fra quelle che integrano altrettante fattispecie di
impossibilità sopravvenuta della prestazione ed altre ipotersi ove la
sospensione della prestazione consegue ad un’iniziativa del lavoratore resa

27 L’idoneità a essere eletti costituisce la cd. capacità elettorale passiva. Essa


richiede i medesimi requisiti della capacità di elettorato attivo [v. 48], per cui in
genere chi è elettore può anche essere eletto, con la sola differenza dei limiti d’età: 25
anni per essere eletto alla Camera dei deputati, 40 anni per il Senato. Inoltre si
richiede l’assenza di cause di ineleggibilità, cioè il soggetto non deve ricoprire cariche
che possano porlo in posizione di vantaggio rispetto agli altri candidati, o che
potrebbero determinare un’indebita ingerenza sugli elettori.
Il candidato non deve infine trovarsi in una condizione di incompatibilità a rivestire la
carica. Tuttavia la causa di incompatibilità non ne impedisce la regolare elezione, ma
impone al soggetto eletto di scegliere fra la nuova e la precedente carica già ricoperta
(es.: sono incompatibili la carica di deputato e quella di senatore [v. 65]).

28 L’ultimo periodo è stato aggiunto dalla l. cost. 30-5-2003, n. 1. I tentativi del


legislatore ordinario di garantire una maggiore presenza femminile nelle assemblee
elettive, attraverso l’introduzione di quote di riserva nelle liste elettorali, si sono
infranti di fronte all’interpretazione data dalla Corte costituzionale (sent. n. 422/1995)
degli artt. 3 e 51 Cost. Secondo la Corte, tali norme garantiscono l’assoluta
uguaglianza fra i sessi, per cui l’appartenenza all’uno o all’altro non può essere
assunta a requisito di candidabilità alle cariche politiche. Inoltre, l’introduzione di
quote di riserva non garantirebbe tanto la parità dei punti di partenza fra uomini e
donne, quanto direttamente il risultato di far eleggere un certo numero di donne.
Il nuovo periodo aggiunto dalla l. cost. 1/2003 dovrebbe garantire una copertura
costituzionale per le azioni positive assunte dallo Stato (e dagli enti territoriali: vedi in
tal senso l’art. 117, comma 7 Cost.) al fine di garantire le pari opportunità fra uomini e
donne. Rientrano in tale tipologia di provvedimenti gli incentivi di natura finanziaria
alle candidature femminili e le misure volte a garantire una maggiore visibilità delle
candidate nelle campagne elettorali.

29 Il principio di eguaglianza nell’accesso alle cariche pubbliche è rafforzato dalla


conservazione del posto di lavoro da parte dei soggetti eletti. Essi usufruiscono di un
periodo di aspettativa, vale a dire di un’interruzione del rapporto di lavoro, non
retribuita, per tutta la durata della carica.

149
possibile da specifiche norme che la prevedano. Con riferimento alle seconde è
più corretto parlare di pause, che non comportano affatto una sospensione del
rapporto di lavoro, trattandosi piuttosto di una modalità di svolgimento dello
stesso, legata ad eventi del tutto normali, ripetibili a cadenze prefissate e
previsti dalle parti sin dal momento dell’instaurazione del rapporto.
Stando al diritto comune dei contratti, l’impossibilità sopravvenuta parziale può
anche condurre, ex art. 1464 cod. civ., alla risoluzione del contratto,
legittimando l’altra parte a recedere dal medesimo qualora non abbia un
interesse apprezzabile all’adempimento parziale. Nel diritto del lavoro,
viceversa, le ipotesi di impossibilità sopravvenuta temporanea della
prestazione lavorativa non comportano conseguenze così drastiche.
Si parla solitamente di sospensione del rapporto di lavoro, l’effetto sospensivo
che investe, più propriamente, l’obbligazione lavorativa. Il rapporto, di per sé,
resta invece tutt’altro che sospeso: tant’è vero che permangono inalterati, ad
esempio, i doveri legati all’adempimento dell’obbligo di fedeltà.

Infortunio e malattia
Infortuni e malattie rilevano come cause di sospensione del rapporto di lavoro,
ovviamente, solo in quanto determinino una condizione di incapacità
lavorativa. Il diritto alla conservazione del posto di lavoro in situazioni del
genere, per periodi variabili in ragione dell’anzianità di servizio, fu inizialmente
riconosciuto in favore dei soli impiegati dalla legge relativa al contratto
d’impiego privato. Il principio è stato successivamente ripreso e generalizzato
in favore di tutti i lavoratori dall’art. 2110 cod. civ.. I contratti collettivi sono poi
intervenuti in materia, determinando in misura variabile la durata del periodo
di comporto, di solito dando ancora rilievo a tal fine all’anzianità di servizio.
Gli stessi contratti collettivi si preoccupano di solito di prevedere anche il c.d.
comporto per sommatoria, ovvero di delimitare la durata del periodo in cui
opera il diritto alla conservazione del posto a fronte di più malattie verificatesi
in un certo arco di tempo.
Quanto alla garanzia di carattere economico, è ancora rilevante in materia la
vecchia distinzione fra operai ed impiegati. In forza delle disposizioni della
legge sul contratto d’impiego privato i secondi hanno infatti diritto di
continuare a percepire la retribuzione loro dovuta dal datore di lavoro; gli
operai invece percepiscono un’indennità giornaliera di carattere previdenziale,
a partire dal quarto giorno dopo l’inizio dell’evento invalidante da parte
dell’Inps o dell’Inail. Tale indennità è pari al 60% della retribuzione normale e
può essere erogata per un massimo di 180 giorni nell’anno solare.
I contratti collettivi di solito provvedono ad assicurare agli operai la copertura
del c.d. periodo di carenza, facendo carico ai datori di lavoro di corrispondere,
in tutto o in parte, la retribuzione relativa ai primi tre giorni di assenza per
malattia o infortunio.

150
Il legislatore ha imposto al lavoratore l’obbligo di recapitare o trasmettere, a
mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, entro due giorni dal rilascio da
parte del medico curante, l’attestazione sull’inizio e la durata presunta della
malattia al datore di lavoro. Con la successiva legge si sono notevolmente
rafforzate le strutture preposte ai controlli sullo stato di salute dei lavoratori, i
quali dovranno essere effettuati, in forza di convenzioni fra Inps ed Aziende
sanitarie locali, entro lo stesso giorno della richiesta, anche se domenicale o
festivo, in fasce orarie di reperibilità. La previsione di fasce orarie di reperibilità
rappresenta, nelle intenzioni del legislatore, lo strumento più adatto a
prevenire comportamenti abusivi e qualora il lavoratore risulti assente alla
visita di controllo senza giustificato motivo, la decadenza dal diritto a qualsiasi
trattamento economico per l’intero periodo sino a 10 giorni e nella misura della
metà per l’ulteriore periodo.
La Corte ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 5, 14° comma, legge n.
638, nella parte in cui non prevede una seconda visita di controllo prima della
decadenza dal diritto a qualsiasi trattamento economico di malattia nella
misura della metà per l’ulteriore periodo successivo ai primi 10 giorni.
Nel pubblico impiego una disciplina delle assenze per malattia severamente
restrittiva e, per certi aspetti, irragionevolmente penalizzante, ancorché
motivata dall’obiettivo di combattere più efficacemente l’assenteismo
particolarmente diffuso nel settore è stata recentemente prevista dalla legge n.
133/2008.
Un’ulteriore ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro legata alle condizioni
fisiche dell’interessato si verifica quando un lavoratore ricorra ad un periodo di
cure termali. L’ipotesi è regolata anch’essa dalla legge n. 638/1983, la quale
consente di fruire di prestazioni idrotermali, al di fuori del periodo delle ferie
annuali, esclusivamente per effettive esigenze terapeutiche o riabilitative,
certificate da motivata prescrizione di un medico specialista della competente
struttura pubblica. Il trattamento economico è assimilabile a quello di assenza
per malattia, a condizione però che la fruizione delle cure risulti indilazionabile
sino al periodo delle ferie per assicurarne la migliore efficacia terapeutica.

Maternità e congedi parentali


In favore delle lavoratrici, nel periodo di maternità, il divieto di licenziamento e
un’ulteriore divieto, temporalmente più circoscritto, di adibizione a qualsiasi
attività lavorativa. Tale divieto comporta una sospensione del rapporto di
lavoro per un periodo, detto di astensione obbligatoria ed oggi rinominato dal
legislatore congedo di maternità della durata complessiva di 5 mesi, 2 dei quali
precedenti la data presunta del parto e 3 successivi alla nascita del bambino.
La fruizione del congedo di maternità da diritto alle lavoratrici non solo alla
conservazione del posto di lavoro, ma anche, salva rinuncia espressa, di
rientrare nella stessa unità produttiva ove erano occupate all’inizio del periodo
di gravidanza o in altra ubicata nel medesimo comune, e di permanervi fino al
compimento di un anno di età del bambino.

151
L’art. 22 del d.lgs. n. 151 stabilisce il trattamento economico e normativo
applicabile in relazione al congedo di maternità: è prevista la corresponsione in
favore delle lavoratrici di un’indennità giornaliera di carattere previdenziale, a
carico dell’ente pubblico gestore della relativa assicurazione obbligatoria, pari
all’80% della retribuzione. Lo stesso art. 22, 3° comma, conferma la
computabilità dei periodi di congedo di maternità nell’anzianità di servizio a
tutti gli effetti, ivi compresi quelli relativi alla tredicesima ed alle ferie.
L’aspetto più innovativo delle regole vigenti è dato dalla disciplina del congedo
di paternità. Il legislatore ha espressamente sancito che, in caso di morte o di
grave infermità della madre, il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal
lavoro per tutta la durata del congedo di maternità successivo al parto o per la
parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice.
La legislazione previgente riconosceva alla lavoratrice, dopo il periodo di
astensione obbligatoria, il diritto ad un ulteriore periodo semestrale di assenza
dal lavoro, c.d. di astensione facoltativa, fruibile nel primo anno di vita del
bambino; detto diritto, in alternativa alla madre, poteva anche essere
esercitato dal lavoratore padre. L’alternativa nella fruizione del diritto fra i due
genitori è oggi venuta meno: l’astensione facoltativa, ribattezzata congedo
parentale, costituisce diritto di entrambi i genitori, esercitabile più a lungo ed in
un arco più ampio di tempo. Ciascun genitore, infatti, ha diritto di fruire del
congedo parentale, nei primi otto anni di vita del figlio, per un periodo massimo
complessivo di 10 mesi. Ognuno dei due genitori, nel rispetto di tale limite
massimo, ha diritto ad un congedo parentale della durata di 6 mesi,
continuativi o frazionati; per incentivare i lavoratori all’assolvimento dei compiti
familiari è stata altresì prevista l’elevazione ad 11 mesi del periodo
complessivo di fruizione dei congedi parentali a condizione che il padre
lavoratore eserciti il proprio diritto al congedo per un periodo continuativo o
frazionato non inferiore a 3 mesi.
A coloro che fruiscono del congedo parentale è dovuta un’indennità
previdenziale pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo
complessivo tra i genitori di 6 mesi ed a condizione che il congedo sia goduto
entro il terzo anno di vita del bambino; per gli ulteriori periodi di congedo
parentale spetta la stessa indennità, ma soltanto a coloro che non superino il
limite di reddito previsto all’art. 34, 3° comma, d.lgs. 151. Per rimediare in
qualche modo all’esiguità della tutela in questione, è stato però previsto che
l’anticipazione del TFR possa essere richiesta dagli interessati anche in
relazione alle spese da sostenere durante i periodi di congedo parentale.
Coloro che fruiscono del congedo parentale hanno diritto alla conservazione del
posto, nonché al rientro nella stessa unità produttiva ed al computo delle
assenze dal lavoro nell’anzianità di servizio.
La disciplina dei c.d. riposi per allattamento è stata svincolata dall’originaria
motivazione di carattere strettamente biologico e, conseguentemente,
riformulata in senso paritario. Le lavoratrici madri, infatti, durante il primo anno
di vita del bambino hanno diritto a due periodi di riposo di un’ora ciascuno, da
considerarsi come attività lavorativa, durante le quali le interessate possono
allontanarsi dal luogo di lavoro. Lo stesso diritto è riconosciuto al padre
lavoratore non solo quando la madre non possa esercitarlo, ma anche in
alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non intenda avvalersene.
L’altra ipotesi di sospensione del rapporto può verificarsi in relazione alle
esigenze di cura di un figlio ammalato in tenera età. Ad entrambi i genitori,
152
infatti, è alternativamente riconosciuto, dietro presentazione di idonea
certificazione rilasciata da un medico del Servizio sanitario nazionale, il diritto
di astenersi dal lavoro durante le malattie del bambino di età non superiore a 3
anni. Lo stesso diritto può essere esercitato, sempre in alternativa dall’uno o
dall’altro genitore, quando la malattia insorga nella fascia d’età compresa fra i
3 e gli 8 anni, nel limite però di 5 giorni lavorativi all’anno per ciascun genitore.
Tutti i diritti previsti dal Testo unico in materia di tutela e sostegno della
maternità e della paternità sono riconosciuti, con qualche adattamento, anche
in favore dei genitori adottivi ed affidatari.

Servizio militare
Le tutele riconosciute dall’ordinamento in relazione alle 2 ipotesi della
chiamata e del richiamo alle armi hanno uno specifico fondamento
costituzionale, essendo espressamente previsto che l’adempimento degli
obblighi militari non può pregiudicare la posizione di lavoro del cittadino.
In relazione alla sospensione del rapporto per chiamata alle armi non è stata
però riconosciuta nessuna garanzia di carattere economico, come quella di cui
invece godono i lavoratori richiamati alle armi.
L’ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro per chiamata alle armi è
comunque ormai giunta al capolinea, a fronte dell’istituzione del servizio
militare professionale, con conseguente graduale sostituzione dei militari in
servizio obbligatorio di leva con volontari di truppa e con personale civile del
Ministero della difesa.

Congedi familiari e formativi


Le cause di sospensione del rapporto di lavoro non necessariamente coincidono
con ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione. Lo stesso può dirsi
della variegata tipologia di aspettative e permessi: è costituzionalmente
garantito a chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive il diritto di disporre del
tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.
I congedi familiari si concretano nel diritto ad un permesso retribuito di 3 giorni
all’anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge. È
altresì prevista, per gravi e documentati motivi familiari, la possibilità di
richiedere un periodo, continuativo o frazionato, di congedo non retribuito e
non computabile nell’anzianità di servizio, di durata non superiore a 2 anni. In
relazione a tale congedo è riconosciuta la sola garanzia di conservazione del
posto di lavoro.
È stato istituito il congedo per la formazione, di cui possono avvalersi lavoratori
con almeno 5 anni di anzianità di servizio per un periodo non superiore ad 11
mesi, continuativo o frazionato, nell’arco dell’intera vita lavorativa. Anche in
questa ipotesi c’è soltanto il diritto alla conservazione del posto, senza
computabilità del periodo di congedo nell’anzianità di servizio e con perdita
della retribuzione; è stata però prevista la possibilità di richiedere
l’anticipazione del TFR.

153
CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI
Legge 23 luglio 1991, n. 223
Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di
disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea,
avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato dei
lavoro.
(GU n. 175 del 27 luglio 1991)

Titolo 1

Norme in materia di integrazione salariale e di eccedenze di personale

CAPO 1

NORME IN MATERIA DI INTEGRAZIONE SALARIALE

Art. 1 (Norme in materia di intervento straordinario di integrazione


salariale)
1. La disciplina in materia di intervento straordinario di integrazione salariale
trova applicazione limitatamente alle imprese che abbiano occupato
mediamente più di quindici lavoratori nel semestre precedente la data di
presentazione della richiesta di cui al comma 2. Nel caso di richieste presentate
prima che siano trascorsi sei mesi dal trasferimento di azienda, tale requisito
deve sussistere, per il datore di lavoro subentrante, nel periodo decorrente
dalla data del predetto trasferimento. Ai fini dell'applicazione del presente
comma vengono computati anche gli apprendisti ed i lavoratori assunti con
contratto di formazione e lavoro.
2. La richiesta di intervento straordinario di integrazione salariale deve
contenere il programma che l'impresa intende attuare con riferimento anche
alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano
sociale. Il programma deve essere formulato in conformità ad un modello
stabilito, sentito il Comitato interministeriale per il coordinamento della politica
industriale (Cipi), con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale.
L'impresa, sentite le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di
queste, le organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori più
rappresentative operanti nella provincia, può chiedere una modifica del
programma nel corso del suo svolgimento.
3. La durata dei programmi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione
aziendale non può essere superiore a due anni. Il Cipi ha facoltà di concedere
due proroghe, ciascuna di durata non superiore a dodici mesi, per quelli tra i
predetti programmi che presentino una particolare complessità in ragione delle
caratteristiche tecniche dei processi produttivi dell'impresa.
4. Il contributo addizionale di cui all'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 21
marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988,
n. 160 1, è dovuto in misura doppia a decorrere dal primo giorno del
venticinquesimo mese successivo a quello in cui ' è fissata dal decreto
ministeriale di concessione la data di decorrenza del trattamento di
integrazione salariale.
154
5. La durata del programma per crisi aziendale non può essere superiore a
dodici mesi. Una nuova erogazione per la medesima causale non può essere
disposta prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla
precedente concessione.
6. Il Cipi fissa, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
sentito il comitato tecnico di cui all'articolo 19 della legge 28 febbraio 1986, n.
41 i criteri per l'individuazione dei casi di crisi aziendale, nonché di quelli
previsti dall'articolo 11, comma 2, in relazione alle situazioni occupazionali
nell'ambito territoriale e alla situazione produttiva dei settori, cui attenersi per
la selezione dei casi di intervento, nonché i criteri per l'applicazione dei commi
9 e 10.
7. 1 criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità
della rotazione prevista nel comma 8 devono formare oggetto delle
comunicazioni e dell'esame congiunto previsti dall'articolo 5 della legge 20
maggio 1975, n. 164.
8. Se l'impresa ritiene, per ragioni di ordine tecnico-organizzativo connesse al
mantenimento dei normali livelli di efficienza, di non adottare meccanismi di
rotazione tra i lavoratori che espletano le medesime mansioni e sono occupati
nell'unità produttiva interessata dalle sospensioni, deve indicarne i motivi nel
programma di cui al comma 2. Qualora il Cipi abbia approvato il programma,
ma ritenga non giustificati i motivi addotti dall'azienda per la mancata adozione
della rotazione, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale promuove
l'accordo fra le parti sulla materia e, qualora tale accordo non sia stato
raggiunto entro tre mesi dalla data del decreto di concessione del trattamento
straordinario di integrazione salariale, stabilisce con proprio decreto l'adozione
di meccanismi di rotazione, sulla base delle specifiche proposte formulate dalle
parti. L'azienda, ove non ottemperi a quanto previsto in tale decreto, è tenuta,
per ogni lavoratore sospeso, a corrispondere con effetto immediato, nella
misura doppia, il contributo addizionale di cui all'articolo 8, comma 1, del citato
decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge
20 maggio 1988, n. 160. Il medesimo contributo, con effetto dal primo giorno
del venticinquesimo mese successivo all'atto di concessione del trattamento di
cassa integrazione, è maggiorato di una somma pari al centocinquanta per
cento del suo ammontare.
9. Per ciascuna unità produttiva i trattamenti straordinari di integrazione
salariale non possono avere una durata complessiva superiore a trentasei mesi
nell'arco di un quinquennio, indipendentemente dalle cause per le quali sono
stati concessi, ivi compresa quella prevista dall'articolo 1 del decreto-legge 30
ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre
1984, n. 863 3. Si computano, a tal fine, anche i periodi di trattamento
ordinario concessi per contrazioni o sospensioni dell'attività produttiva
determinate da situazioni temporanee di mercato. Il predetto limite può essere
superato, secondo condizioni e modalità determinate dal Cipi ai sensi del
comma 6, per i casi previsti dall'articolo 3 della presente legge, dall'articolo 1
del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla
legge 19 dicembre 1984, n. 863, dall'articolo 7 del decreto-legge 30 dicembre
1987, n. 536, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1988, n. 48
ovvero per i casi di proroga di cui al comma 3.
10. Per le imprese che presentino un programma di ristrutturazione,
riorganizzazione o conversione aziendale a seguito di una avvenuta
155
significativa trasformazione del loro assetto proprietario, che abbia
determinato rilevanti apporti di capitali ed investimenti produttivi, non sono
considerati, ai fini dell'applicazione del comma 9, i periodi antecedenti la data
della trasformazione medesima.
11. L'impresa non può richiedere l'intervento straordinario di integrazione
salariale per le unità produttive per le quali abbia richiesto, con riferimento agli
stessi periodi, l'intervento ordinario.

Art. 3 (Intervento straordinario di integrazione salariale e procedure


concorsuali)
1. Il trattamento straordinario di integrazione salariale è concesso, con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, ai lavoratori delle imprese
soggette alla disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale,
nei casi di dichiarazione di fallimento, di omologazione del concordato
preventivo consistente nella cessione dei beni, di emanazione del
provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione
all'amministrazione straordinaria, qualora la continuazione dell'attività non sia
stata disposta o sia cessata. Il trattamento viene concesso, su domanda del
curatore, del liquidatore o del commissario, per un periodo non superiore a
dodici mesi.

CAPO IV

NORME FINALI E TRANSITORIE

Art. 12 (Estensione del campo di applicazione della disciplina del


trattamento straordinario di integrazione salariale)
1. A decorrere dal 1° aprile 1991, le disposizioni in materia di integrazione
salariale straordinaria si applicano anche ai dipendenti delle imprese artigiane
aventi i requisiti occupazionali di cui all'articolo 1, comma 1, e che procedono
alla sospensione dei lavoratori in conseguenza di sospensioni o contrazioni
dell'attività dell'impresa che esercita l'influsso gestionale prevalente come
definito dal comma 2 e che sia stata ammessa al trattamento straordinario in
ragione di tali sospensioni o contrazioni.
2. Si ha influsso gestionale prevalente, ai fini di cui al comma 1, quando, in
relazione ai contratti aventi ad oggetto l'esecuzione di opere o la prestazione di
servizi o la produzione di beni o semilavorati costituenti oggetto dell'attività
produttiva o commerciale dell'impresa committente, la somma dei corrispettivi
risultanti dalle fatture emesse dall'impresa destinataria delle commesse nei
confronti dell'impresa committente, acquirente o somministrata abbia
superato, nel biennio precedente, secondo quanto emerge dall'elenco dei
clienti e dei fornitori di cui all'articolo 29 del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come da ultimo sostituito dall'articolo 11
del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1980, n. 897, il
cinquanta per cento del complessivo fatturato dell'impresa destinataria delle
commesse.
3. Le disposizioni in materia di trattamento straordinario di integrazione
salariale sono estese alle imprese esercenti attività commerciali che occupino
più di duecento dipendenti.

156
Art. 14 (Norme in materia di trattamenti di integrazione dei guadagni)
1. L'ammontare dei trattamenti di integrazione salariale, compresi quelli
ordinari, qualunque sia la causa di intervento, non può superare, ferme
restando le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 1, l'importo massimo
determinato ai sensi della legge 13 agosto 1980, n. 427. La presente
disposizione non si applica nel caso di trattamento concesso per intemperie
stagionali nei settori dell'edilizia e dell'agricoltura nonché, limitatamente al
trattamento ordinario di integrazione salariale, per i primi sei mesi di fruizione
del trattamento medesimo.
2. Le disposizioni in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale
per gli operai dell'industria, per gli operai agricoli e per gli operai delle aziende
industriali e artigiane dell'edilizia ed affini, nonché delle aziende esercenti
l'attività di escavazione di materiali lapidei sono estese ai lavoratori
appartenenti alle categorie degli impiegati e dei quadri.

L. 20 maggio 1975, n. 164


Provvedimenti per la garanzia del salario.

Art. 1. Interventi di integrazione salariale.


Agli operai dipendenti da imprese industriali che siano sospesi dal lavoro o
effettuino prestazioni di lavoro a orario ridotto è dovuta l’integrazione salariale
nei seguenti
casi:
1) integrazione salariale ordinaria per contrazione o sospensione dell’attività
produttiva:
a) per situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili
all’imprenditore o agli operai;
b) ovvero determinate da situazioni temporanee di mercato;
2) integrazione salariale straordinaria:
a) […]
b) per ristrutturazioni, riorganizzazioni o conversioni aziendali.

Art. 2. Misure dell’integrazione salariale.


L’integrazione salariale è dovuta nella misura dell’80 per cento della
retribuzione globale che agli operai sarebbe spettata per le ore di lavoro non
prestate, comprese fra
le ore 0 e il limite dell’orario contrattuale, ma comunque non oltre le 40 ore
settimanali.

Art. 5. Procedure di consultazione sindacale.


Nei casi di eventi oggettivamente non evitabili che rendano non differibile la
contrazione o la sospensione dell’attività produttiva, l’imprenditore è tenuto a
comunicare alle rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste,
alle organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori più rappresentative
operanti nella provincia, la durata rivedibile della contrazione o sospensione e
il numero dei lavoratori interessati.
Quando vi sia sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, superiore a sedici
ore settimanali, si procederà, a richiesta dell’imprenditore o degli organismi
rappresentativi dei lavoratori di cui al comma precedente, ad un esame

157
congiunto in ordine alla ripresa della normale attività produttiva e ai criteri di
distribuzione degli orari di lavoro.
La richiesta di esame congiunto dovrà essere presentata entro tre giorni dalla
comunicazione di cui al primo comma e la relativa procedura dovrà esaurirsi
entro i cinque giorni successivi a quello in cui è stata avanzata la richiesta
medesima.
Negli altri casi di contrazione o sospensione dell’attività produttiva di cui
all’articolo 1, l’imprenditore è tenuto a comunicare preventivamente alle
rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, nonché per il tramite
dell’associazione territoriale degli industriali, in quanto vi aderisca o le
conferisca mandato, alle organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori più
rappresentative operanti nella provincia, le cause di sospensione o di riduzione
dell’orario di lavoro, l’entità e la durata prevedibile, il numero
dei lavoratori interessati.
A tale comunicazione seguirà, su richiesta di una delle parti, un esame
congiunto della situazione avente ad oggetto i problemi relativi alla tutela degli
interessi dei lavoratori in relazione alla crisi dell’impresa.
L’intera procedura di consultazione, ove attivata dalla richiesta dell’esame
congiunto di cui al precedente comma, dovrà esaurirsi entro 25 giorni dalla
data della richiesta medesima, ridotti a 10 per le aziende fino a 50 dipendenti.
All’atto della presentazione delle richieste di integrazione salariale ordinaria o
straordinaria dovrà darsi comunicazione dell’esecuzione degli adempimenti di
cui al presente articolo.

Art. 6. Durata dell’integrazione salariale ordinaria.


L’integrazione salariale prevista per i casi di cui al precedente articolo 1, n. 1) è
corrisposta fino ad un periodo massimo di 3 mesi continuativi; in casi
eccezionali
detto periodo può essere prorogato trimestralmente fino ad un massimo
complessivo di 12 mesi.
Le proroghe sono autorizzate dal Comitato speciale di cui all’articolo 7 del
decreto legislativo luogotenenziale 9 novembre 1945, numero 788. Qualora
l’impresa abbia fruito di 12 mesi consecutivi di integrazione salariale, una
nuova domanda può essere proposta per la medesima unità produttiva per la
quale l’integrazione è stata concessa, quando sia trascorso un periodo di
almeno 52 settimane di normale attività lavorativa.
L’integrazione salariale relativa a più periodi non consecutivi non può superare
complessivamente la durata di 12 mesi in un biennio.
Le disposizioni di cui al terzo e quarto comma non si applicano nei casi
d’intervento determinato da eventi oggettivamente non evitabili.

Art. 7. Procedimento d’integrazione salariale ordinaria.


3. Qualora dall’omessa o tardiva presentazione della domanda derivi a danno
dei lavoratori dipendenti la perdita totale o parziale del diritto all’integrazione
salariale, l’imprenditore è tenuto a corrispondere ai lavoratori stessi una
somma d’importo equivalente all’integrazione salariale non percepita.

Art. 12. Finanziamento della Cassa integrazione guadagni.


La Cassa integrazione guadagni è alimentata dai seguenti proventi:

158
1) contributo a carico delle imprese industriali nella misura dell’1 per cento
della retribuzione, determinata a norma dell’articolo 12 della legge 30 aprile
1969, n. 153; per le imprese fino a 50 dipendenti il contributo è determinato
nella misura dello 0,75 per cento. Al fine di assicurare l’equilibrio della
gestione, al termine di ciascun esercizio, sulla base delle risultanze di bilancio
dell’esercizio stesso, le aliquote contributive predette possono essere
modificate, mantenendo lo stesso rapporto proporzionale, mediante decreto
del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale, di concerto con il Ministro per il tesoro, sentito il Comitato
speciale di cui all’articolo 7 del decreto legislativo luogotenenziale 9 novembre
1945, n. 788; tale modifica è obbligatoria quando la differenza fra le entrate e
le uscite per le integrazioni salariali ordinarie risulti superiore al 10 per cento;
2) contributo addizionale a carico delle imprese che si avvalgono degli
interventi di integrazione salariale nella misura dell’8 per cento
dell’integrazione salariale corrisposta ai propri dipendenti, ridotta al 4 per
cento per le imprese fino a 50 dipendenti, che sarà versato, in sede di
conguaglio, alla Cassa integrazione guadagni.
Il contributo addizionale non è dovuto quando l’integrazione salariale è
corrisposta per sospensione o riduzione dell’orario di lavoro determinante da
eventi oggettivamente non evitabili;
3) contributo a carico dello Stato previsto dall’articolo 13 della legge 5
novembre 1968, n. 1115, e dall’articolo 6 della legge 8 agosto 1972, n. 464,
che resta determinato nella misura annua di 20 miliardi di lire, per gli anni
successivi al 1975.

Legge 12 agosto 1977, n. 675


Provvedimenti per il coordinamento della politica industriale,la
ristrutturazione,la riconversione e lo sviluppo del settore
(GU n. 243 del 07/09/1977)

Art.2.
Il cipi determina gli indirizzi di politica industriale,i quali devono essere diretti:a
favorire la riduzione delle importazioni nette,mediante lo sviluppo delle
esportazioni o la sostituzione delle importazioni con produzione nazionale,in
particolare nel settore agricolo-alimentare e nei settori legati all'agricoltura sia
per la fornitura dei mezzi tecnici sia per la trasformazione dei prodotti agricoli;a
stimolare la trasformazione, l'ammodernamento e lo sviluppo del sistema
industriale italiano,sia per elevarne il livello tecnologico,sia per adeguare la
struttura dell'offerta alle esigenze poste da una migliore collocazione nei
mercati internazionali e dallo sviluppo,all'interno,dei consumi collettivi e
sociali,sia per favorire il risanamento ecologico degli impianti e dei processi
produttivi;ad attuare una politica organica di approvvigionamento e di
razionale utilizzazione di materie prime minerarie ed energetiche;ad indirizzare
le scelte degli imprenditori verso sistemi e settori produttivi a basso tasso di
consumo energetico. Gli indirizzi di politica industriale dovranno essere
subordinati al vincolo di concentrare nel mezzogiorno la creazione di
occupazione aggiuntiva.
Il cipi provvede:

159
a) ad accertare periodicamente,almeno una volta l'anno, sulla base di una
relazione del ministro per l'industria,il commercio e l'artigianato,le condizioni
dell'industria e della occupazione industriale,anche sotto l'aspetto
territoriale,nonché lo stato di attuazione e le disponibilità finanziarie delle leggi
di incentivazione industriale;
b) a fissare contestualmente le direttive per la riorganizzazione e lo sviluppo
del sistema industriale nel suo complesso,per la crescita dell'occupazione nel
mezzogiorno e per la difesa dei livelli di occupazione nelle aree indicate
dall’articolo 8 del decreto del presidente della repubblica 9 novembre
1976,n.902 ;
c) a stabilire,entro due mesi dal compimento degli accertamenti e dalla
determinazione delle direttive anzidette,i settori e le attività il cui sviluppo
assume interesse rilevante ai fini della crescita industriale e per i quali si ritiene
necessario uno specifico quadro programmato di interventi,nonché i settori per
i quali si rendano necessari processi di ristrutturazione e riconversione in
misura tale da comportare rilevanti modifiche dell'attuale assetto per ciò che
attiene al numero e alla dimensione degli impianti,alla loro ubicazione sul
territorio nazionale,alle loro caratteristiche tecnico-produttive,ai livelli
occupazionali;
d) ad indicare i fabbisogni globali di finanziamento,con le relative scadenze,e
gli impegni da assumere al fine di garantire la operatività delle leggi di
incentivazione,nonché un'allocazione di risorse tra le medesime coerente con
gli indirizzi della politica industriale; a determinare i criteri di priorità,gli indirizzi
e le procedure amministrative,in base alle direttive e ai programmi di cui alle
lettere precedenti,per l'applicazione delle leggi di incentivazione all'industria;
e) a determinare le direttive cui dovrà attenersi l'imi nella gestione del _fondo
speciale per la ricerca applicata, anche ai fini dell'imputazione di finanziamenti
alla quota riservata al mezzogiorno dall’articolo 3 della legge 14 ottobre
1974,n.652 ;
f) a determinare i limiti ed i criteri per la classificazione delle piccole e medie
imprese,anche in rapporto al numero degli occupati e all'ammontare del
capitale investito,ai fini dell'applicazione della presente legge.
Per l'attuazione degli indirizzi di politica industriale sopra indicati il cipi,su
proposta del ministro per l'industria,il commercio e l'artigianato, approva un
programma annuale di ripartizione del fondo di cui al successivo articolo 3
,distinguendo fra le risorse finanziarie destinate ai progetti di riconversione e
quelle destinate ai progetti di ristrutturazione;emana direttive concernenti la
destinazione settoriale e territoriale di tutti i finanziamenti agevolati comunque
previsti a favore delle industrie manifatturiere.
Entro quattro mesi dalla scadenza del termine di cui alla lettera c) del
precedente secondo comma,il ministro per l'industria,il commercio e
l'artigianato,d'intesa con il ministro per gli interventi straordinari nel
mezzogiorno,sottopone all'approvazione del cipi,per ciascuno dei settori e delle
attività indicati,programmi finalizzati agli obiettivi previsti dalla presente legge
articolati per singoli comparti e coordinati con i programmi degli altri settori
economici. Tali programmi devono contenere direttive in ordine alla
localizzazione dei progetti di riconversione in rapporto alle esigenze di settore e
coerenti con l'indirizzo generale di priorità dello sviluppo del
mezzogiorno;devono tenere altresì conto della necessità di favorire
l'occupazione di manodopera femminile e giovanile nonché delle esigenze di
160
sviluppo delle piccole e medie imprese industriali,condotte anche in forma
cooperativa,in rapporto alla quota di finanziamenti da riservarsi alle stesse.
Il cipi,su proposta del ministro per il lavoro e la previdenza sociale:
a) accerta la sussistenza delle cause di intervento di cui all’articolo 2 della
legge 5 novembre 1968,n.1115 ,e successive modificazioni;
b) accerta lo stato di crisi occupazionale determinandone l'ambito territoriale
ed i termini di durata;
c) accerta la sussistenza,ai fini della corresponsione del trattamento previsto
dall'articolo 2 della legge 5 novembre 1968,n.1115,e successive
modificazioni,di specifici casi di crisi aziendale che presentino particolare
rilevanza sociale in relazione alla situazione occupazionale locale ed alla
situazione produttiva del settore;
d) accerta,anche in relazione alle direttive previste dalla lettera b) del secondo
comma del presente articolo:
1) su proposta della commissione centrale costituita a norma del successivo
articolo 26 ,le esigenze di mobilità interregionale di manodopera e i relativi
fabbisogni di intervento a carico del fondo istituito a norma del successivo
articolo 28 ;
2) su proposta della commissione regionale costituita a norma del successivo
articolo 22 ,le esigenze di mobilità regionale della manodopera ed i relativi
fabbisogni di intervento a carico del fondo istituito a norma del successivo
articolo 28.
Il ministro per il lavoro e la previdenza sociale adotta:
1) sulla base degli accertamenti previsti alle lettere a),b),e c) del precedente
comma, con propri decreti,i conseguenti provvedimenti,indicandone l'ambito
territoriale di applicazione ed i limiti temporali di efficacia;
2) sulla base delle esigenze determinate a norma della lettera d) del
precedente comma i conseguenti ordini di pagamento.
Il cipi,su proposta del ministro per l'industria, il commercio e
l'artigianato,determina le direttive per l'attività della gepi s.p.a.,sia per la
gestione delle partecipazioni acquisite,sia per i nuovi interventi previsti dal
successivo articolo 15 nei territori ivi indicati e stabilisce la quota da riservarsi
agli interventi nelle regioni a statuto speciale del mezzogiorno in concorso con
enti regionali di promozione industriale.
in sede di prima attuazione della presente legge il ministro per l'industria,il
commercio e l'artigianato presenta la relazione di cui alla lettera a) del secondo
comma del presente articolo,entro due mesi dalla entrata in vigore della
presente legge.
Sulle proposte di deliberazione di cui al presente articolo il cipi acquisisce i
pareri della commissione interregionale di cui all’articolo 13 della legge 16
maggio 1970, n.281 ,e delle organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori di
cui al precedente articolo 1 ,settimo comma,lettera b),che dovranno farli
pervenire entro il termine di 30 giorni dalla richiesta. Tutte le deliberazioni di
cui al presente articolo sono immediatamente trasmesse al parlamento.

Legge 5 novembre 1968, n. 1115


Estensione, in favore dei lavoratori, degli interventi della Cassa
integrazione guadagni, della gestione dell’assicurazione contro la

161
disoccupazione e della Cassa assegni familiari e provvidenze in favore
dei lavoratori anziani licenziati.
(GU, 5 novembre, n. 282, edizione straordinaria).

Art. 1.
Presso il Comitato dei Ministri per la programmazione economica si darà luogo
ad esami periodici annuali, o a richiesta delle organizzazioni sindacali dei
lavoratori o degli imprenditori, dell’andamento dell’occupazione con riferimento
sia a situazioni congiunturali che al processo tecnico ed alle conseguenti
ristrutturazioni delle
attività produttive.
Per l’esame della situazione, sia nella fase degli accertamenti preventivi che in
quella dei provvedimenti amministrativi, da adottare in relazione agli obiettivi
del programma quinquennale per lo sviluppo economico del Paese, saranno
consultate le predette organizzazioni sindacali.

Art. 2.
A decorrere dall’entrata in vigore della presente legge agli operai delle aziende
industriali, comprese quelle dell’edilizia e affini, che siano sospesi dal lavoro o
lavoranti ad orario ridotto in dipendenza di crisi economiche settoriali o locali
delle attività industriali o nei casi di ristrutturazione e riorganizzazione
aziendale, è corrisposta per la durata di tre mesi l’integrazione salariale di cui
all’art. 1 del decreto legislativo luogotenenziale 9 novembre 1945, n. 788, a
carico della Cassa per l’integrazione dei guadagni degli operai dell’industria
nella misura dell’80 per cento della retribuzione globale, che sarebbe ad essi
spettata per le ore di lavoro non prestato compreso fra le 0 ore ed il limite
massimo di ore previste dai contratti collettivi di lavoro, ma comunque non
oltre le 44 settimanali.
La durata di detto trattamento può essere prolungata a 6 mesi con disposizione
del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale e, eccezionalmente, a 9 mesi
con decreto interministeriale da emanarsi con le modalità indicate nell’art. 3.

Art. 3.
Con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale da pubblicarsi
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, di concerto con i Ministri per il bilancio
e la programmazione economica, per il tesoro, per l’industria, il commercio e
l’artigianato, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente
rappresentative, è dichiarata la sussistenza delle cause di intervento previste
dal precedente articolo, nonché la decorrenza dei relativi provvedimenti.

Art. 4.
Alla corresponsione del trattamento di cui al precedente art. 2, si provvede, per
un quinquennio, con un contributo a carico dello Stato ai sensi del successivo
art. 13 da versarsi alla gestione ordinaria, in separata contabilità, della Cassa
per l’integrazione dei guadagni degli operai dell’industria.

Art. 5.
Il primo comma dell’art. 8 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello
Stato 12 agosto 1947, n. 869, contenente disposizioni sulle integrazioni

162
salariali, ratificato con modificazioni dalla legge 21 maggio 1951, n. 498, è così
modificato:
<<previdenza sociale, su deliberazione di una commissione nominata con
decreto del prefetto presso ogni sede dell'istituto stesso e composta dal
direttore della sede, presidente, da un funzionario dell'ispettorato del lavoro,
da un funzionario dell'intendenza di finanza, da tre rappresentanti degli
imprenditori e da tre rappresentanti dei lavoratori dell'industria designati dalle
rispettive organizzazioni sindacali>>.

Art. 6.
A decorrere dal 1 gennaio 1969 ai lavoratori non agricoli aventi diritto
all’indennità o al sussidio straordinario di disoccupazione, competono, per la
durata della relativa corresponsione, ed in luogo delle maggiorazioni di cui
all’art. 1 della legge 20 ottobre 1960, n. 1237, gli assegni familiari di cui al
testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio
1955, n. 797, e successive modificazioni.
Il trattamento di cui al precedente comma spetta, altresì, per le annate
successive a quelle indicate dall’art. 1, secondo comma, del decreto-legge 21
dicembre 1966, n. 1089, convertito nella legge 16 febbraio 1967, numero 15, ai
lavoratori agricoli aventi diritto all’indennità di disoccupazione di cui all’art. 32,
lettera a) della legge 29 aprile 1949, n. 264.
A decorrere dal 1 gennaio 1969, gli operai ammessi in Cassa integrazione
guadagni ai sensi delle disposizioni di cui al decreto legislativo luogotenenziale
9 novembre 1945, n. 788, al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato
12 agosto 1947, n. 869, ed alla legge 3 febbraio 1963, n. 77, spettano gli
assegni familiari nella misura intera.
Gli assegni familiari corrisposti ai sensi dei precedenti commi sono a carico
della Cassa unica per gli assegni familiari, osservando, in quanto applicabile, la
disposizione di cui al terzo comma dell’art. 14 del testo unico delle norme sugli
assegni familiari.

Art. 7.
Sono abrogati il secondo comma dell’art. 21 del testo unico delle norme
concernenti gli assegni familiari approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, l’art. 4 del decreto legislativo
luogotenenziale 9 novembre 1945, n. 788, il terzo comma dell’art. 19 del regio
decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, ed il secondo comma dell’art. 35 della
legge 29 aprile 1949, n. 264, con le successive modificazioni.

Art. 8.
Nel caso di disoccupazione derivante da licenziamenti, posteriori all’entrata in
vigore della presente legge, da parte delle imprese industriali, diverse da
quelle edili, per cessazione di attività aziendali di stabilimento o di reparto, non
stagionali o di breve durata, o per riduzione di personale, il lavoratore
impiegato od operaio, qualora possa far valere almeno 13 settimane o un
trimestre di lavoro retribuito, prestato fino alla data del licenziamento con
rapporto a carattere continuativo, e comunque non a termine, alle dipendenze,
della stessa impresa, presso aziende, stabilimenti o reparti permanenti di essa,
ha diritto al trattamento speciale di cui alle disposizioni seguenti.

163
L’importo giornaliero del trattamento speciale di cui al precedente comma è
determinato dividendo rispettivamente per trenta o per ventotto i due terzi
della retribuzione di fatto corrispondente all’orario contrattuale ordinario,
percepito nell’ultimo mese di lavoro, in caso di paga mensile, o nelle ultime
quattro settimane, in caso di paga settimanale, al netto dei compensi,
comunque denominati, che non abbiano carattere continuativo o siano
collegati a rischi o prestazioni particolari, e al netto, altresì, della trattenute
stabilite dalla legge per contribuzioni ed oneri sociali e fiscali.
L’importo del trattamento speciale, in caso di godimento dell’indennità di
disoccupazione, è diminuito dell’ammontare della medesima al netto degli
assegni familiari eventualmente spettanti al lavoratore.
Il trattamento speciale di cui al presente articolo è corrisposto per un periodo
massimo di 180 giorni, comprese le domeniche e gli altri giorni festivi,
osservando, in quanto compatibili, le norme vigenti per il trattamento ordinario
di disoccupazione e, in mancanza, apposite disposizioni da emanarsi dal
Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentito il consiglio di
amministrazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale.
Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale disporrà, con proprio decreto,
l’istituzione di corsi di qualificazione o riqualificazione professionale, di cui
all’art. 46 della legge 29 aprile 1949, n. 264, e all’art. 4 della legge 2 aprile
1968, n. 424, quando almeno 15 lavoratori, che versino nelle condizioni
previste dal primo comma del presente articolo, ne facciano richiesta al
competente Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione.
La natura dei singoli corsi è determinata dal competente Ufficio provinciale del
lavoro e della massima occupazione, mediante aggiornamento del programma
annuale, tenendo conto delle esigenze formative e della qualifica professionale
dei richiedenti.
La gestione dei corsi è affidata dal Ministero del lavoro e della previdenza
sociale agli enti di cui alla legge 12 febbraio 1967, n. 36, e i relativi oneri di
spesa sono assunti dal fondo per l’addestramento professionale dei lavoratori.

Art. 9.
Il trattamento di cui all’articolo precedente è erogato dalla gestione
dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria
amministrata dall’istituto nazionale della previdenza sociale, in seno alla quale
è istituita una separata contabilità.
Alla copertura degli oneri derivanti alla gestione si provvede:
a) mediante versamento da parte delle imprese industriali che occupano
personale nelle condizioni di cui al primo comma del precedente articolo, di un
contributo nella misura dello 0,30 per cento delle retribuzioni degli impiegati ed
operai assoggettate al contributo integrativo per l’assicurazione obbligatoria
contro la disoccupazione involontaria corrisposte al personale medesimo a
cominciare dal primo periodo di paga posteriore all’entrata in vigore della
presente legge.
La misura dell’addizionale di cui al precedente comma potrà essere variata in
relazione alle risultanze contabili annue della gestione, al fine di mantenerne
l’equilibrio finanziario, con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente
rappresentative;

164
b) mediante versamento da parte delle imprese industriali che effettuano
licenziamenti nelle condizioni di cui al primo comma del precedente articolo, di
una somma corrispondente a 30 giorni del trattamento speciale di cui al
secondo comma dello stesso articolo, al lordo della riduzione prevista per il
caso di godimento delle indennità di disoccupazione, da effettuarsi all’atto di
ciascun licenziamento, salvo successivo conguaglio, su domanda dell’impresa,
in caso di anticipata cessazione del trattamento medesimo.
Ai contributi, versamenti e conguagli previsti dal presente articolo, si applicano,
in quanto compatibili, le norme vigenti per i contributi dell’assicurazione
obbligatoria per la disoccupazione involontaria e, ove occorra, quelle relative
alla gestione degli assegni familiari.

Art. 10.
Dalla data di entrata in vigore della presente legge l’assegno giornaliero di lire
600 per la frequenza dei corsi di cui al capo II del titolo IV della legge 29 aprile
1949, n. 264, spetta anche a coloro i quali percepiscono l’indennità di
disoccupazione o il trattamento speciale di cui al precedente art. 8.
A coloro i quali non percepiscono assegni familiari spetta altresì l’integrazione
di lire 120 al giorno prevista dal primo comma dell’art. 4 della legge 2 aprile
1968, n. 424, per ogni figlio, per il coniuge e per i genitori, purché siano a
carico dei lavoratori disoccupati.

Art. 11.
Nel periodo compreso fra il 1 gennaio 1969 ed il 31 dicembre 1973 agli operai
e agli impiegati dipendenti da aziende industriali, diverse da quelle edili, che
all’atto del licenziamento determinato dalle situazioni che formano oggetto del
decreto di cui all’art. 3 della presente legge, abbiano compiuto 57 anni di età
se uomini o 52 anni di età se donne e possano far valere nell’assicurazione
generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti 180 contributi
mensili ovvero 780 contributi settimanali di cui, rispettivamente, alle tabelle A)
e B) allegate al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488,
è dovuto, a domanda, a decorrere dal primo giorno del mese successivo a
quello di pubblicazione del decreto anzidetto o dalla data del licenziamento, se
posteriore, un assegno in misura pari alla pensione calcolata ai sensi dell’art.
16, commi quinto e sesto, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1968, n. 488.
L’assegno non può essere inferiore al trattamento minimo in vigore
nell’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori di età inferiore a 65
anni.
L’assegno, salvo il diritto di opzione, è sostitutivo del trattamento previsto dal
precedente art. 8 e non è cumulabile nè con la retribuzione percepita in
costanza di rapporto di lavoro, né con altri trattamenti di pensione, nè con
l’indennità di disoccupazione ed è corrisposto fino a tutto il mese nel quale i
lavoratori compiono l’età di pensionamento. Dal divieto di cumulo sono escluse
le pensioni di guerra e gli altri trattamenti a queste assimilabili per disposizioni
di legge. Ai titolari dell’assegno si applicano le norme dell’assicurazione
generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti che
disciplinano i ricorsi e le controversie.

Art. 12.
165
Alla corresponsione dell’assegno di cui all’articolo precedente provvede
l’Istituto nazionale della previdenza sociale, attraverso il fondo per
l’adeguamento delle pensioni, nel cui ambito è istituita apposita evidenza
contabile, con un contributo a carico dei datori di lavoro delle imprese
industriali diverse da quelle edili, nella misura dello 0,15 per cento in
addizionale al contributo di cui all’art. 26 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1968, n. 488 e con il concorso dello Stato.
Il contributo di cui al comma precedente decorre dal primo periodo di paga
successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
Allo scopo di realizzare il necessario equilibrio finanziario la misura del
contributo può essere variata al termine di ogni biennio, in relazione alle
risultanze contabili con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale, di concerto con il Ministro per il tesoro, sentite le organizzazioni
sindacali nazionali maggiormente rappresentative.

Art. 13.
I contributi a carico dello Stato di cui ai precedenti articoli 4 e 12 sono stabiliti
in lire 2 miliardi per l’anno 1968 e in lire 20 miliardi per ciascuno degli anni dal
1969 al 1973.
Con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale di concerto con il
Ministro per il tesoro sarà determinato, annualmente, l’ammontare del
contributo da destinare a ciascuna delle due gestioni nei limiti degli importi
indicati nel comma precedente.

Art. 14.
All’onere derivante dalla presente legge in lire 2.000 milioni per l’anno
finanziario 1968, si provvede quanto a lire 1.500 milioni e lire 500 milioni con
corrispondente riduzione dei fondi iscritti, rispettivamente, ai capitoli 3523 e
5381 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l’anno
medesimo; a quello di lire 20.000 milioni per l’anno finanziario 1969 con
corrispondente riduzione del fondo di cui al capitolo 3523 dello stato di
previsione della spesa del Ministero del tesoro per il medesimo anno.
Il Ministro per il tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 15.
La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Legge 8 agosto 1972, n. 464


Modifiche ed integrazioni alla legge 5 novembre 1968,n.1115,in
materia di integrazione salariale e di trattamento speciale di
disoccupazione.
(GU n. 218 del 23/08/1972)

Art.1.

166
4. le disposizioni della legge 5 novembre 1968,n.1115,con le modifiche
apportate dalla presente legge,in quanto applicabili,si estendono anche agli
impiegati sospesi dal lavoro per le cause indicate nei precedenti commi ai
medesimi è corrisposta una integrazione salariale pari all'80 per cento della
retribuzione mensile spettante al momento della sospensione e comunque non
superiore a lire 200.000.

Legge 236/93
"Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione"

Art. 8 (Norme in materia di licenziamenti collettivi)


[1]Nella legge 23 luglio 1991, n. 223, all'art. 24, il comma terzo è sostituito dal
seguente: (omissis).
[2] Nell'attuazione delle disposizioni di cui agli artt. 1, 4 e 24 della legge 23
luglio 1991, n. 223, che si applicano anche ai soci lavoratori di cooperative di
produzione e lavoro, devono essere garantiti i principi di non discriminazione,
diretta ed indiretta, di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 125.
[3] Gli accordi sindacali, al fine di evitare le riduzioni di personale, possono
regolare il comando o il distacco di uno o più lavoratori dall'impresa ad altra
per una durata temporanea.
[4] La disposizione di cui all'art. 24, comma primo, ultimo periodo, della legge
23 luglio 1991, n. 223, si interpreta nel senso che la facoltà di collocare in
mobilità i lavoratori di cui all'art. 4, comma nono, della medesima legge deve
essere esercitata per tutti i lavoratori oggetto della procedura di mobilità entro
centoventi giorni dalla conclusione della procedura medesima, salvo diversa
indicazione nell'accordo sindacale di cui al medesimo art. 4, comma nono.
[4bis] Per i lavoratori assunti dalle imprese in favore delle quali sia stato
emanato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale il decreto di cui
all'art. 7 della legge 8 agosto 1972, n. 464 5, i requisiti di cui agli artt. 16,
comma primo, e 7, comma quarto, della legge 23 luglio 1991, n. 223 5, si
considerano acquisiti con riferimento anche all'attività espletata presso
l'impresa di provenienza.
Alla relativa spesa, prevista in lire 3.500.000.000 per l'anno 1994 e in lire
2.700.000.000 per l'anno 1995, si provvede mediante riduzione del contributo
concesso alla regione Calabria di cui all'art. 3, comma nono, del presente
decreto.
[5] Sino al 31 dicembre 1993, nel caso di cessazione dell'attività di unità
produttive con oltre cinquecento dipendenti e nei casi di riduzione del
personale presso le unità produttive appartenenti alla stessa impresa o gruppi
di imprese, da parte di imprese rientranti nel campo di applicazione della
disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale, il trattamento
straordinario di integrazione salariale è concesso, su richiesta dell'impresa
interessata, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale per
un periodo non superiore a dodici mesi, comunque entro i limiti di durata
complessiva nell'arco di un quinquennio, di cui all'art. 1, comma nono, della
legge 23luglio 1991, n. 223.
[6] Sino al 31 dicembre 1993, nei casi di cui al comma quinto, gli effetti dei
provvedimenti di collocazione in mobilità dei lavoratori interessati sono sospesi
sino al termine del periodo di durata del trattamento di cassa integrazione
167
guadagni straordinaria di cui al comma quinto, che in tali casi viene concesso
sulla base della comunicazione ricevuta dal Ministero del lavoro e della
previdenza sociale ai sensi del comma quarto dell'art. 4 della legge 23 luglio
1991, n. 223. La sospensione dei lavoratori, in funzione delle esigenze tecniche
produttive ed organizzative, è disposta senza meccanismi di rotazione.
[7] Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale comunica immediatamente
al CIPI l'avvenuta concessione di cui al comma quinto, perché ne tenga conto in
sede di svolgimento della propria attività concessiva, fermi restando i
trasferimenti dallo Stato all'INPS a titolo di integrazione salariale.
[8] Le disposizioni di cui al comma terzo dell'art. 4 ed al comma quarto dell'art.
5 della legge 23 luglio 1991, n. 223, si interpretano nel senso che il mancato
versamento delle mensilità alla gestione degli interventi assistenziali e di
sostegno alle gestioni previdenziali, di cui all'art. 37 della legge 9 marzo 1989,
n. 88, non comporta la sospensione della procedura di mobilità di cui al
medesimo art. 4 e la perdita da parte dei lavoratori interessati, del diritto a
percepire l'indennità di mobilità di cui all'art. 7 della legge 23 luglio 1991, n.
223.

Legge 23 dicembre 1996, n. 662


"Misure di razionalizzazione della finanza pubblica"
(GU n. 303 del 28 dicembre 1996)

Art. 2 (Misure in materia di servizi di pubblica utilità e per il sostegno


dell'occupazione e dello sviluppo)
Comma 28: Misure a sostegno del reddito e dell'occupazione nei processi di
ristrutturazione aziendale e per fronteggiare situazioni di crisi di enti e aziende
che erogano servizi di pubblica utilità.
In attesa di un'organica riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno
o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con
il Ministro del tesoro, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400, sentite le organizzazioni sindacali ed acquisito il parere
delle competenti Commissioni parlamentari, sono definite, in via sperimentale,
misure per il perseguimento di politiche attive di sostegno del reddito e
dell'occupazione nell'ambito dei processi di ristrutturazione aziendali e per
fronteggiare situazioni di crisi di enti ed aziende pubblici e privati erogatori di
servizi di pubblica utilità, nonché delle categorie e settori di impresa sprovvisti
del sistema di ammortizzatori sociali. Nell'esercizio della potestà
regolamentare il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) costituzione da parte della contrattazione collettiva nazionale di appositi
fondi finanziati mediante un contributo sulla retribuzione non inferiore allo 0,50
per cento;
b) definizione da parte della contrattazione medesima di specifici trattamenti e
dei relativi criteri, entità, modalità concessivi, entro i limiti delle risorse
costituite, con determinazione dei trattamenti al lordo dei correlati contributi
figurativi;
c) eventuale partecipazione dei lavoratori al finanziamento con una quota non
superiore al 25 per cento del contributo;

168
d) in caso di ricorso ai trattamenti, previsione della obbligatorietà della
contribuzione con applicazione di una misura addizionale non superiore a tre
volte quella della contribuzione stessa;
e) istituzione presso l'INPS dei fondi, gestiti con il concorso delle parti sociali;
f) conseguimento, limitatamente all'anno 1997, di maggiori entrate
contributive nette complessivamente pari a lire 150 miliardi.

Decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134


"Disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese
in crisi"
(GU 201 del 28 agosto 2008)

Art. 2.
1. I trattamenti di cassa integrazioni guadagni straordinaria e di mobilità ai
sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito,
con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, e successive
modificazioni, possono essere concessi per periodi massimi pari,
rispettivamente, a 48 mesi e 36 mesi indipendentemente dalla età anagrafica e
dall'area geografica di riferimento, sulla base di specifici accordi in sede
governativa.
2. All'articolo 1-bis, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 5 ottobre 2004,
n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, e
successive modificazioni, la parola: «derivanti» e' sostituita dalla seguente:
«derivate».
3. All'articolo 1-quinquies del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito,
con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, e successive
modificazioni, dopo il comma 1-quater e' aggiunto il seguente:
«1-quinquies. Il regime delle decadenze di cui ai commi da 1 a 1-quater del
presente articolo si applica ai lavoratori destinatari degli ammortizzatori sociali
di cui all'articolo 1-bis, comma 1, del presente decreto. Ai fini dell'erogazione
dei trattamenti, i lavoratori beneficiari sono tenuti a sottoscrivere apposito
patto di servizio presso i competenti Centri per l'impiego o presso le Agenzie
incaricate del programma di reimpiego.».
4. Ai fini dell'attuazione del presente decreto l'apposita evidenza contabile di
cui all'articolo 1-bis, comma 3, lettera a), del decreto-legge 5 ottobre 2004, n.
249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, e'
incrementata di 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2009. L'Istituto
nazionale della previdenza sociale (INPS) provvede al monitoraggio dei
provvedimenti autorizzativi di integrazione salariale, delle domande di mobilità
e dei benefici contributivi, consentendo l'erogazione dei benefici nei limiti delle
risorse di cui alla predetta evidenza contabile. Al relativo onere si provvede:
a) quanto a 30 milioni di euro, per l'anno 2009, a carico delle disponibilità
del Fondo per l'occupazione, come rifinanziato dal comma 6 dell'articolo 63 del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133;
b) quanto a 30 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2010, mediante
riduzione lineare degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni
di spesa come determinate dalla tabella C della legge 24 dicembre 2007, n.
244.

169
5. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 9-ter della legge 5 agosto 1978, n.
468, e successive modificazioni, relativa al Fondo di riserva per le
autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente e' integrata di
30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2010 al 2014. Al relativo onere si
provvede mediante riduzione del Fondo per gli interventi strutturali di politica
economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre
2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n.
307.

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 10 giugno 2000, n. 218


Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento
per la concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni
straordinaria e di integrazione salariale a seguito della stipula di
contratti di solidarietà, ai sensi dell'articolo 20 della legge 15 marzo
1997, n. 59 - allegato 1, numeri 90 e 91.
(GU n. 181 del 04/08/2000)

Art. 2. (Esame congiunto della situazione aziendale)


5 . Costituisce oggetto dell'esame congiunto il programma che l'impresa
intende attuare, comprensivo della durata e del numero dei lavoratori
interessati alla sospensione, nonché delle misure previste per la gestione di
eventuali eccedenze di personale, i criteri di individuazione dei lavoratori da
sospendere e le modalità della rotazione tra i lavoratori occupati nelle unità
produttive interessate dalla sospensione. L'impresa è tenuta ad indicare le
ragioni tecnico-organizzative della mancata adozione di meccanismi di
rotazione.

Art. 3. (Domanda d'intervento straordinario di integrazione salariale )


6 . Qualora dall'omessa o tardiva presentazione della domanda di concessione
del trattamento straordinario di integrazione salariale derivi a danno dei
lavoratori dipendenti la perdita totale o parziale del diritto all'integrazione
salariale, l'imprenditore è tenuto a corrispondere ai lavoratori stessi una
somma d'importo equivalente all'integrazione salariale non percepita, ai sensi
dell'articolo 7, comma 3, della legge 20 maggio 1975, n. 164.

Legge 20 maggio 1988, n. 160


Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 marzo
1988, n. 86, recante norme in materia previdenziale, di occupazione
giovanile e di mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del
sistema informativo del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale.
(GU 21 maggio, n. 118)

Art. 8
3. L’ammissione del lavoratore ai trattamenti di integrazione salariale
straordinaria è subordinata al conseguimento di una anzianità lavorativa presso
l’impresa di almeno novanta giorni alla data della richiesta del trattamento.

170
Legge 24 dicembre 2007, n. 247
"Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza,
lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili,
nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale"
(GU n. 301 del 29 dicembre 2007)

Art. 1.
27. Con effetto dal 1º gennaio di ciascun anno, a partire dal 2008, gli aumenti
di cui all’ultimo periodo del secondo comma dell’articolo 1 della legge 13
agosto 1980, n. 427, e successive modificazioni e integrazioni, sono
determinati nella misura del 100 per cento dell’aumento derivante dalla
variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli
operai e degli impiegati.

Legge n. 244, 24 dicembre 2007


Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
stato (legge finanziaria 2008)
(GU n. 300 del 28.12.07, supplemento ordinario n. 285)

Articolo 1 (Disposizioni in materia di entrata, nonché disposizioni


concernenti le seguenti Missioni: Organi costituzionali, a rilevanza
costituzionale e presidenza del Consiglio dei ministri; relazioni
finanziarie con le autonomie territoriali)
303. Nelle more di un'organica riforma del sistema degli ammortizzatori sociali,
è esteso al settore del trasporto pubblico locale il sistema previsto dall'articolo
2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, senza oneri aggiuntivi a
carico dello Stato.

Profili generali
Le regole relative alla CIG sarebbe altrimenti applicabile al rapporto di lavoro in
aderenza al diritto comune delle obbligazioni e dei contratti. Si pensi all’ipotesi
in cui l’attività produttiva risulti impedita da un evento oggettivamente non
evitabile: in casi del genere l’imprenditore sarebbe legittimato ad astenersi dal
cooperare all’adempimento della prestazione lavorativa, potrebbe rifiutarla in
forza di un motivo legittimo senza essere considerato in mora30 e,
conseguentemente, andrebbe ritenuto liberato dall’obbligo di versare la
retribuzione. Per evitare ricadute così drastiche sul reddito dei lavoratori
coinvolti si pensò inizialmente di costruire uno strumento come la Cassa
integrazione; fu introdotta dalla contrattazione collettiva in favore degli operai
del settore industriale durante il secondo conflitto mondiale, per fronteggiare
gli effetti negativi sul reddito dei lavoratori altrimenti derivanti dalle
discontinuità della produzione causate dagli eventi bellici.
A partire dalla fine degli anni ’60 del secolo scorso, lo strumento vide
notevolmente ampliarsi il suo raggio d’azione, vuoi nel proprio ambito iniziale
d’intervento (ordinario), vuoi affiancandosi a quest’ultimo un nuovo tipo di

30 Art. 1206 cod. civ.

171
intervento, denominato straordinario. Le causali sono andate così
moltiplicandosi.
Nella sua concezione originaria la Cassa integrazione presupponeva interventi
di sostegno al reddito dei lavoratori di durata circoscritta nel tempo, a fronte di
situazioni di difficoltà dell’impresa, variamente motivate, di cui comunque si
prevedeva il positivo superamento. Nell’ambito dell’intervento straordinario
questa concezione fu però travolta da un uso improprio della Cassa in relazione
a situazioni di crisi prive di possibilità di soluzione, e quindi di reimpiego dei
lavoratori, e comunque ammettendosi proroghe dei trattamenti senza limiti di
durata definiti: la Cassa, in tal modo, ha finito con il rappresentare
l’equivalente funzionale di un trattamento di disoccupazione. Con la legge n.
223/1991 si è cercato di ricondurre il sistema della CIG alle sue finalità iniziali,
in particolare stabilendo precisi limiti di durata in relazione alle diverse causali
che ne legittimano l’intervento. Negli anni seguenti la nuova normativa è stata
fatta oggetto di ripetute deroghe, con particolare riferimento alla durata dei
trattamenti più volte prorogata da una miriade di leggi speciali.

La disciplina vigente
Il ricorso alla CIG si giustifica non soltanto quando i lavoratori interessati siano
sospesi dal lavoro (cassa a zero ore), ma anche quando la sospensione sia
soltanto parziale. L’integrazione salariale ordinaria è ammessa a fronte di:
a) situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili
all’imprenditore o agli operai;
b) crisi temporanee di mercato.
L’integrazione salariale straordinaria è invece consentita per:
a) ristrutturazioni, riorganizzazioni o conversioni aziendali;
b) specifici casi di crisi aziendale che presentino particolare rilevanza sociale in
relazione alla situazione occupazionale locale ed alla situazione produttiva del
settore;
c) quando l’impresa sia assoggettata ad una procedura concorsuale su
domanda del curatore, del liquidatore o del commissario, purché la
continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata.
Il campo d’applicazione degli interventi della CIG s’è andato modificando nel
corso del tempo. Dal punto di vista soggettivo il trattamento di CIG ordinaria,
rimasto a lungo riservato agli operai, può oggi essere fruito anche da impiegati
e quadri. Si è determinata in tal modo una simmetria con la sfera operativa
dell’intervento straordinario; quest’ultimo infatti, istituito anch’esso
inizialmente a beneficio degli operai, fu quasi immediatamente esteso agli
impiegati. L’intervento straordinario più recentemente è poi stato esteso anche
ai soci di cooperativa di produzione e lavoro.
Dal punto di vista oggettivo è stata introdotta una delimitazione con riguardo
alla CIG straordinaria: ad essa possono avere accesso soltanto le imprese che,
inclusi nel computo anche gli apprendisti, abbiano occupato mediamente più di
15 lavoratori nel semestre precedente la data di presentazione della richiesta
di intervento della Cassa. La possibilità di accedere alla CIG straordinaria è
stata riconosciuta anche alle imprese commerciali con più di 200 dipendenti ed
alle imprese artigiane sottoposte ad influsso gestionale prevalente da parte di
un’impresa che abbia sospeso o ridotto l’attività produttiva e sia stata
ammessa al trattamento di integrazione salariale straordinaria; dal 1° gennaio
172
2005, in considerazione della situazione di grave e notoria crisi del settore,
anche alle imprese di trasporto aereo.
Il ricorso alla CIG presuppone lo svolgimento di una procedura, articolata in una
fase sindacale ed una amministrativa. La procedura di consultazione sindacale,
salvo quando la richiesta di intervento della CIG dipenda da eventi
oggettivamente non evitabili, si compone di due momenti: una comunicazione
preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali, cui può fare seguito, a
richiesta dell’una o dell’altra parte, un esame congiunto. Con riguardo
all’intervento straordinario di integrazione salariale le relative richieste
debbono contenere il programma che l’impresa intende attuare che costituisce
oggetto dell’esame congiunto con le rappresentanze sindacali.
La fase amministrativa della procedura si svolge a livello locale per la CIG
ordinaria; presso il Ministero del lavoro per quella straordinaria. La domanda di
integrazione salariale ordinaria va presentata alla sede provinciale Inps ed è
accolta in forza di una deliberazione assunta da una commissione provinciale a
composizione tripartita. Le richieste d’intervento straordinario vanno invece
presentate ad un apposito ufficio del Ministero del lavoro; lo stesso ministro,
con proprio decreto, decide sulla concessione del trattamento.
L’integrazione salariale ordinaria può essere concessa per un periodo massimo
di 3 mesi continuativi, eccezionalmente prorogabile di trimestre in trimestre
fino ad un massimo complessivo di 12 mesi.
Con riferimento all’ipotesi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione
aziendale, l’integrazione salariale straordinaria può essere concessa per un
periodo non superiore a 2 anni, con la possibilità di ottenere 2 proroghe,
ciascuna di durata non superiore a 12 mesi.
La durata dell’integrazione salariale per crisi aziendale non può invece
eccedere i 12 mesi (con l’ulteriore limite che una nuova erogazione per la
medesima causale non può essere concessa prima che sia trascorso un periodo
pari a 2/3 di quello relativo alla precedente concessione). Lo stesso limite di 12
mesi (con una proroga della durata massima di 6 mesi) è previsto per
l’integrazione salariale erogata a lavoratori dipendenti da imprese assoggettate
a procedure concorsuali. È stato previsto anche un limite cumulativo: per
ciascuna unità produttiva i trattamenti straordinari di integrazione salariale non
possono avere una durata complessiva superiore a 36 mesi nell’arco di un
quinquennio. Il limite può essere superato in applicazione dei criteri fissati dal
ministro del lavoro con proprio decreto.
La CIG ordinaria è finanziata da un contributo a carico delle imprese, calcolato
in percentuale delle retribuzioni versate ai rispettivi dipendenti; quella
straordinaria si avvale invece di un finanziamento a carico del bilancio dello
Stato. In entrambi i casi è però previsto un contributo addizionale, al cui
versamento sono tenute le imprese che in concreto ricorrano agli interventi di
integrazione salariale; detto contributo, calcolato in misura percentuale
dell’integrazione salariale corrisposta ai propri dipendenti, è raddoppiato
qualora l’impresa usufruisca di proroghe di trattamento di CIG straordinaria.
Il medesimo obiettivo è riscontrabile nella disposizione che subordina al
conseguimento di un’anzianità lavorativa presso l’impresa di almeno 90 giorni
alla data della richiesta del trattamento.
L’entità del trattamento è ragguagliato all’80% della retribuzione globale
spettante per le ore di lavoro non prestate (fino al limite di 40 ore settimanali).
È stato previsto un massimale, annualmente rivalutabile, funzionale anch’esso
173
al contenimento delle prestazioni assicurate dalla Cassa, cosicché
l’integrazione salariale corrisposta ai lavoratori con le retribuzioni più elevate
risulta, in concreto, assai inferiore rispetto allo standard potenziale dell’80%.
Può ritenersi consolidata l’opinione che in materia non vada fatta applicazione
analogica dei criteri previsti in relazione alla selezione dei lavoratori destinatari
di un provvedimento di licenziamento collettivo. Le scelte possono essere la
risultante di un accordo sindacale, concluso all’esito della procedura di
consultazione prevista dalla legge. Nell’ambito della procedura preliminare
all’attivazione dell’intervento straordinario, in ogni caso, va sottolineato che la
legge ha imposto che i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere
devono formare oggetto delle comunicazioni e dell’esame congiunto previsti
dalla legge.
In giurisprudenza si è affermata l’opinione che la mancata comunicazione alle
organizzazioni sindacali dei criteri di scelta da parte dell’imprenditore comporti
l’illegittimità del provvedimento amministrativo di ammissione al trattamento
di integrazione salariale e delle sospensioni dal lavoro ad esso connesse: con la
conseguenza che, in casi del genere, il datore di lavoro sarà tenuto a
corrispondere la retribuzione con effetto ex tunc.
Un profilo particolare è quello relativo all’obbligo di rotazione gravante sul
datore di lavoro che intenda collocare i propri dipendenti in cassa integrazione:
si è occupata la legge n. 223 disegnando una soluzione favorevole all’adozione
del criterio di rotazione, ma non tale da configurarlo come un obbligo
ineludibile. L’impresa che ritenga di non poter adottare, per ragioni di ordine
tecnico-organizzativo, meccanismi di rotazione tra i lavoratori che svolgono le
medesime mansioni nell’unità produttiva interessata dalle sospensioni, deve
infatti indicarne i motivi nel programma che accompagna la richiesta di
intervento della CIG; le ragioni che impediscono la rotazione vanno altresì
indicate nel corso dell’esame congiunto con i rappresentanti dei lavoratori. Il
ministro del lavoro può però ritenere infondati tali motivi, emanando un
decreto con i criteri da adottare; l’impresa potrà però egualmente evitare di
applicarli ed optare per il pagamento in misura doppia del contributo
addizionale per ogni lavoratore sospeso: una sorta di penale, che è stata
prevista con la funzione sanzionatoria della scelta organizzativa adottata.
Quando sia stato raggiunto un accordo collettivo che preveda la rotazione fra i
lavoratori da collocare in cassa integrazione, l’intesa può essere completata
dalla previsione di clausole di rientro in servizio in favore dei lavoratori
coinvolti: l’eventuale violazione di tali clausole comporta un vero e proprio
diritto soggettivo e legittima i lavoratori ad una richiesta di risarcimento danni.
Una regola particolare è espressamente prevista nel caso in cui l’imprenditore
ometta o ritardi la richiesta di integrazione salariale e da ciò derivi la perdita
del trattamento per i lavoratori. In questi casi, vuoi che si tratti di integrazione
ordinaria, vuoi che si tratti di integrazione straordinaria, l’imprenditore è tenuto
a corrispondere ai lavoratori una somma di importo equivalente all’integrazione
salariale non percepita.
La CIG si colloca nell’ambito del sistema dei c.d. ammortizzatori sociali,
affiancandosi all’indennità di mobilità, con la diversa funzione di sostenere il
reddito di lavoratori colpiti da un licenziamento collettivo, e quindi per fare
fronte alle ricadute sociali di eccedenze di personale di carattere strutturale.
La CIG è stata sottoposta a critiche non solo in ragione dell’uso improprio cui
essa si è prestata nel corso del tempo, ma anche per la caratterizzazione
174
settoriale del suo raggio di operatività. La CIG continua infatti ad essere
fondamentalmente una forma previdenziale calibrata a misura delle esigenze
delle imprese industriali che, nonostante l’estensione progressivamente
realizzata in favore di altri settori, resta ben lungi dal rappresentare una
provvidenza di carattere universale.
Nell’attesa di una riforma del sistema degli ammortizzatori sociali sono state
previste dal legislatore misure, a carattere sperimentale e temporaneo, di
sostegno del reddito e dell’occupazione nell’ambito dei processi di
ristrutturazione aziendali e per fronteggiare situazioni di crisi di categorie e
settori di impresa sprovvisti del sistema di ammortizzatori sociali. Gli strumenti
attivabili sulla base di tale previsione legale si configurano di carattere
mutualistico, comportando la costituzione di appositi fondi settoriali ad opera
della contrattazione collettiva nazionale, da finanziarsi con contributi
integralmente a carico delle parti interessate.

175

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