Un giorno, a tavola, ci fu una discussione, quasi un litigio. Lo zio aveva mosso un
blando rimprovero al figliolo: “Capisco che tu sia voluto andare a teatro ... Ma cenare, potevi cenare a casa.” Si riferiva alla sera avanti. Remo ebbe un gesto di fastidio. “Lo so, ti fa più piacere stare con gli amici”, disse la madre inviperita. “Ma almeno a pranzo e a cena, potresti stare con noi ...” Improvvisamente si mise a piangere. La guardarono stupefatti. Lo zio si commosse. Le posò la mano sul braccio: “Che ti prende, mamma?” “Si vergogna di noi” rispose lei tra i singhiozzi. “Perché siamo gente da nulla ...” “Che vai dicendo” fece Remo. Aveva sempre l’aria infastidita. “Anche i tuoi amici, perché non ce li hai fatti conoscere? Ce ne avessi almeno parlato. Niente, non vuoi dirci niente...” A un tratto attaccò a parlare Remo: “Che ve ne parlerei a fare? Se non mi state nemmeno a sentire. Voi, a parte gli interessi, non vi occupate d’altro ... Vi dovrei raccontare di me, dei libri che leggo? Dei discorsi che faccio con gli amici? Di quello che ho visto ierisera a teatro?” Si rivolse al padre:”Cosa credi che sia andato a vedere, le ballerine? Perché prima l’hai detto con un tono ... Come se i soldi li buttassi al vento. Sono andato a vedere una commedia di Pirandello. Ma voi non lo sapete nemmeno, chi è Pirandello.” “Almeno tu, il tempo lo avresti. Non fai niente dalla mattina alla sera ...” “La pensate tutti nello stesso modo” disse la madre rabbiosa. “Ma i sacrifici che ho fatto per voi quando eravate piccoli, di quelli, non ne sapete niente. Sì, di quando vostro padre era in guerra ... e io dovevo farmi quattro per mandare avanti la baracca ...” “Si parla di ora, mamma. Che vita fai, scusa? Ti potresti interessare di qualcosa. Potresti leggere qualche libro. Potresti andare a teatro. Ti ci porterei io, a teatro. Potresti andare ai concerti con Adiana. Ma tu, niente, preferisci ricevere le amiche ... Voi credete di aver fatto abbastanza allevandoci e assicurandoci una vita agiata. Ma vi siete curati di capirci? Non parlo solo di me. Parlo di Adriana. E di Gisella; fa parte anche lei della famiglia.” “Gisella lasciala stare”. Si indispettì la madre. “Già, lei è beata, ha il fidanzato, cos’altro può desiderare una ragazza? Adriana, certo, mi dà pensiero ...” “Figlioli, io non vi capisco. Un po’ mi dite di lasciarvi in pace, un po’ mi accusate di non pensare a voi ...” Remo aveva ripreso la sua aria assente. Gisella era stupita di avergli sentito fare tutto quel discorso. Di solito, a fatica apriva bocca. Remo se ne andò, Adriana fece lo stesso; se ne andò anche lo zio. “Ecco” commentò la zia, “loro se ne vanno e mi lasciano sola. Se la prendono perché ho un po’ di amiche. Ma se non avessi loro, mi dici che vita farei? Eh, anche in una famiglia ognuno deve pensare a se”, aggiunse come se riflettesse a voce alta. “Noi donne lo capiamo sempre troppo tardi. Ci dedichiamo tutte al marito, ai figlioli ... E questa è la ricompensa” disse indicando i posti vuoti. “Appena finito di mangiare se la svignano e non li rivedi più fino all’ora di cena.”