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(11/03/19)

Lezione I

Quello di Modernità è un concetto che nasce nel periodo dell’umanesimo, già dal ‘300. Creazione di un’età
di mezzo che separi da un passato non più schiacciato sul presente.

La storia è inevitabilmente un racconto della realtà, e lo storico si occupa inevitabilmente dei racconti dei
fatti, piuttosto che coi fatti in quanto tali. L’archivio è il risultato di come il potere rappresenta se stesso.
Relatività e oggettività di ogni tipo di fonte.

Il grosso errore dello storico degli ultimi decenni è stato quello di credere di poter offrire fatti, dati, certezze.
Problema dei dati quantitativi. Positivismo/neopositivismo storico. Se ci abbandona così alla fonte, chiunque
può essere uno storico.

Le scoperte geografiche

Perché il viaggio verso occidente?

 Motivazione geopolitica: spaccatura del Mediterraneo e dell’Europa tra Oriente e Occidente.


L’affermazione dell’Impero Ottomano ostruisce il viaggio verso Oriente.
 Motivazione economica: nuovi sbocchi economici.
 Motivazione religiosa: crisi religiosa, secolarizzazione della Chiesa. La Cristianità è alimentata
dall’evangelizzazione.
 Motivazione politiche: l’Europa è dominata dal particolarismo locale  Sta per essere superato
perché alcuni signori locali si stanno rafforzando a tal punto d sopprimere con le armi gli altri.

Tutti questi elementi ci riportano alla situazione della Spagna di fine ‘400. Unificazione per via matrimoniale
di Aragona e Castiglia; repressione delle minoranze religiose (ebraica, musulmana; Reconquista). Crescita
concomitante delle altre monarchie europee, attraverso dinamiche non dissimili. Ecco spiegati i presupposti
del viaggio di Colombo.

[Fonte sul terzo viaggio di Colombo, in cui viene raggiunta la terra ferma dell’America Centrale, alla foce del
fiume Orinoko.] Colombo mette a confronto le proprie conoscenze ciò che vede in quel momento e rileva
una “disconformità”, cercando una sintesi (“pera”). Descrive ciò che pensa di vedere. Dice non ciò che vede,
ma ciò che non, che fa parte di un bagaglio di aspettative proprio a lui e ai suoi “connazionali” europei. La
descrizione è condotta in termini negativi. Si tratta di un racconto palesemente falso, ma ci parla
preziosamente, ci racconta non del Nuovo Mondo, bensì del Vecchio, di ciò che i suoi abitanti si aspettavano.
L’universo mentale presente in Dante è quello che accoglie Colombo allo sbarco in America. Queste notizie
vengono accolte come indisputabili verità, per questo molti corrono il rischio del viaggio verso “le Indie” (es.
religiosi in cerca di terreno fertile per l’evangelizzazione).

(12/03/19)

Lezione II

[L’Illuminismo: Illuminismo interpretato come rivoluzione mediatica. Radici nel pieno del XV secolo.
Strettamente legato alla rivoluzione mediatica affiancata tradizionalmente alla figura di Gutemberg 
introduzione della stampa. Legame complesso e spesso fuorviante.]

Torniamo alla fonte di Colombo. Lo sguardo di Colombo è estremamente parziale, ma ci dà uno sguardo sugli
schemi che il Vecchio Mondo si portava appresso. Anni ’70, studi in ambito culturale. Formazione della
cultura. La storia prende in prestito queste elaborazioni da altre discipline (es. comparativismo in ambito
letterario  Edward Sayd, Orientalismo: le culture costruiscono la propria identità soprattutto attraverso
l’osservazione dell’altro). Applicando la teoria di Sayd a quanto avviene a fine ‘400, possiamo affermare che
la scoperta del Nuovo Mondo funge per gli Europei da costruttore di Cultura, di Civiltà. Successivamente,
teoria dell’effetto specchio. Gli Europei non capiscono le ragioni dell’altro, ma solo dell’altro. Marina Formica
applica la metafora dello specchio all’incontro Europei-Turchi (Lo Specchio Turco)  È un libro sulla cultura
europea e italiana. Giovanni Ricci, Ossessione Turca (su Ferrara), I Turchi alle Porte (più generale sull’Italia).
Svedan Todorov (??), La Conquista dell’America (Einaudi)  Dimostra come di volta in volta gli Europei
esercitassero il dominio nella comunicazione nei rapporti coi nativi. Natan Vaktel, La visione dei vinti 
Problema di affrontare le fonti che pretendono di descrivere il nuovo mondo, cercando di porsi dal pdv di chi
ha invece incontrato gli Europei, ponendosi il problema di come mai la loro reazione sia stata quasi di
“paralisi”. Post-colonial studies: problema dell’evoluzione delle civiltà conquistate e dei problemi che hanno
affrontato. Jorge Canizares Esgerraz How to write history of New World. Jared Diamond  Esperto di
scienze dure. Armi, acciaio e malattie; Collasso. Parte dalla teoria tradizionale, che attribuisce alla triade del
titolo il collasso delle civiltà precolombiane, e la smentisce. Si allarga anche alle questioni economiche, sociali,
politiche.

Dall’Olio, IV. Cortez in Messico. 1519, prima battaglia contro gli Indiani. Dal testo di Bernard Diaz del Castiglio.
Le notizie pervenute dai viaggi di Colombo misero anche in guardia le potenze europee circa le potenzialità
e le risorse insite nel Nuovo Mondo (v. Trattato di Tordesillas). I due protagonisti di questo primo periodo
sono Spagna e Portogallo. La battaglia narrata si consuma nel Messico Meridionale. Come si spiega la fuga
degli Aztechi? Per la fonte, l’interpretazione mostruosa dell’unione cavallo (ignoto) – cavaliere. Non è
intrinsecamente importante ciò che vedi, bensì il significato conferito all’immagine, il fattore culturale. Puoi
combattere il terreno, per quanto pericoloso, ma non il sovrannaturale. La specificità dello studio di Vaktel è
di guardare alle ragioni dei vinti  Di fronte all’ignoto, il mondo dei nativi del continente americano si pose
di fronte alla scoperta dell’altro ponendo domande alla propria tradizione (religiosa, politica, filosofica). Il
loro mondo era in costante attesa di una fine realizzata da essenze ultraterrene. Paralisi culturale. Anche
l’arma, oggetto materiale, per quando distruttiva, potrebbe essere affrontata: è la sua interpretazione
sovrannaturale a renderla imbattibile. Anche le malattie, per quanto abbiano ucciso moltissimi nativi,
diventano distruttive quando interpretate come giusta punizione divina.

Documento VII. La descrizione si incentra sulla figura dell’Imperatore Montezuma. DDG interpreta le parole
di Montezuma facendogli parlare la lingua di un europeo. Resa, percezione della fine.

Porsi nei confronti dell’altro porta anche a forme di miopia nei confronti di se stessi. v. Mito del cannibalismo,
già fortemente presente nell’immaginario occidentale prima di queste esplorazioni. Stereotipo delle
narrazioni: cannibali dell’entroterra. Ma il cannibalismo era praticato anche dagli Europei, a Parigi, Londra,
Napoli, nelle occasioni in cui la mancanza di beni primari portava a rivolte e tumulti di carattere molto forte.
Ogni qual volta si presentava un’emergenza di carattere alimentare, magari accompagnata da una sanitaria,
si consuma una ribellione, quasi mai diretta però contro l’autorità, bensì contro il suo rappresentante: figure
specifiche che si occupano materialmente del controllo di alcune mansioni, e fungono da capro espiatorio. A
dispetto di questa miopia, qualcuno che riflette su questa discrepanza c’è, come Michele de Montaigne
(seconda metà del ‘500), che dedica uno dei Saggi al tema dei cannibali.

Ultima questione importante, è quella dell’evangelizzazione. Colombo e tutti i suoi compagni e successori
constatano una forte malleabilità religiosa dei nativi, che si premurano di comunicare in Europa. A questa
malleabilità si affianca sempre la disponibilità allo scambio materiale. Fin dalla prima lettera indirizzata a
Isabella di Castiglia, i documenti non descrivono un mondo, bensì le priorità e gli orizzonti di aspettative del
Regno spagnolo.

L’invenzione della stampa.

L’introduzione della stampa, pur apportando cambiamenti, non ha comportato alcun tipo di rivoluzione
nell’universo comunicativo europeo. Perché gli storici hanno cambiato idea? Perché stiamo vivendo un’epoca
di nuovi cambiamenti mediatici che ci hanno portato a riformulare la definizione di rivoluzione mediatica.
[Ricopio lezione]

18/03/2019 Lezione IV

Medialità, storia mediale.

Nascita/sviluppo/consolidamento dello stato moderno. Innanzitutto, l’affiancamento del termine moderno


a stato è un’operazione arbitraria e anacronistica, che risponde a un processo preciso. Cerchiamo di
proiettare in questo periodo l’origine di un fenomeno realizzatosi molto più di recente. L’Europa del ‘500 era
caratterizzata da un fortissimo particolarismo. I singoli territori sono fortemente frammentati; percezione di
una molteplicità di poteri non necessariamente riconducibili a quello di un unico monarca. Molteplicità di
autorità secolari. Es. un contadino può lavorare la terra di un aristocratico in cambio di prodotti o
promettendo fedeltà in determinate circostanze. Non è mai esistita la piramide feudale. Il contadino stesso
deve dar conto a una molteplicità di poteri (ess. potere ecclesiastico: parroco, vescovo, ordine religioso che
esercita competenze su quello stesso territorio; altre signorie locali). In caso di dispute, non c’è criterio fisso
a stabilire quale potere debba intervenire. Problemi relativi all’uso dei beni comuni, demaniali (fiumi, laghi,
piccoli boschi…). Ma chi stabilisce quali siano i beni comuni? E chi ne controlla l’uso e lo sfruttamento?
Dovrebbero essere pertinenza di un’entità sovraterritoriale, ogni autorità locale vuole prevalere. E durante
le emergenze di carattere militare? Chi difende dall’aggressore esterno? Anche in questo caso, concorrenza
su concorrenza. Tuttavia, tra fine XV-inizio XVI alcuni poteri territoriali assumono il potere necessario per
sovrastare IN PARTE gli altri. Concretamente  risorse economiche che si traducono in risorse militari.
Capacità di controllo della violenza necessaria a prevalere sugli altri. Rappresentazione del consolidamento
di questo potere (palazzi, regge...). Una delle formule più fortunate, ma falsa (Federico Chabod): esercito
permanente, burocrazia permanente, diplomazia permanente. Difesa del territorio, controllo del territorio e
rapporto con gli altri stati. Queste tre funzioni dovrebbero rappresentare una novità nel panorama europeo,
uno stato capace di superare i particolarismi. Ma anche le monarchie meglio riuscite, nell’Europa di questo
periodo, sono profondamente imperfette (Francia, Spagna, Inghilterra, Impero Asburgico). La Spagna è
particolarmente forte perché, in virtù di una serie di alleanze matrimoniali, riesce a riunificare, sotto la figura
di Carlo V, la corona iberica e quella del Sacro Romano Impero. Nel momento della gestione concreta del
territorio, gli ostacoli rimangono infiniti. L’avvento di un potere così forte deve comunque confrontarsi con
enormi resistenze, a partire proprio dal territorio primario, la penisola iberica, caratterizzata da
frammentazione e strapotere dei poteri religiosi. Carlo V ha enormi difficoltà solo per controllare quest’area.
Le città danno vita a rivolte incessanti (rivolte dei Comuneros). Le rivolte guardano quasi sempre al passato,
per ripristinare qualcosa che si ritiene di aver perso. Le rivolte contro Carlo V sono ispirate alla necessità di
ripristinare un’autonomia territoriale che si ritiene sia stata persa in virtù dell’ascesa di un sovrano che vuole
accentrare il potere nelle proprie mani. La rivoluzione, invece, è un progetto di palingenesi radicale, che
mette in discussione le radici del potere così com’è, guardando nettamente al futuro. Un altro limite
fondamentale è che la guerra è costosa. Man mano che aumentano le esigenze di difesa del territorio, i costi
risultano difficili da gestire  Carlo V per primo comincia a chiedere prestiti ad alto interessa a privati (non
sempre suoi sudditi, spesso Fiorentini e Genovesi) per finanziare le proprie imprese militari. In antico regime
non sono gli stati a contrarre dei debiti, bensì delle dinastie. Il potere di antico regime è un potere dinastico,
cui il concetto di stato si applica forzatamente. Che quella dinastia si voglia proporre come tale, è un’altra
cosa. Lo sforzo delle dinastie è di identificare il proprio potere di sangue con una nazione. Ma dinastie, stati
e nazioni rimangono comunque formalmente essenze separate. Le guerre di regime sono guerre dinastiche,
che le famiglie cercano di far passare come guerre di tutti. Potere dinastico ≠ potere statale ≠ nazione.
Prendiamo l’esempio della Spagna, che già al momento dell’unificazione si preoccupa di ripulire il proprio
territorio da tutte le presenze a vario titolo non cristiane, fino ai convertiti  Paradigma della limpidezza del
sangue. Sforzo dinastico di unificare sotto al proprio controllo una popolazione non più eterogenea, bensì
omogenea su tutti i punti di vista. Francia e Inghilterra attraversano processi analoghi. È necessario un
meccanismo di controllo. In Spagna  Tribunale dell’Inquisizione (≠Romana). L’Inquisizione Spagnola
risponde immediatamente al monarca, quella romana a un sovrano formalmente spirituale-sovraterritoriale,
il Papa. Non è possibile separare radicalmente il secolare dal religioso. Il monarca è colui il quale pretende di
dare una direzione all’universo mentale del suddito, persino alla coscienza, assicurandosi della sua fedeltà.

E la penisola italiana? Evidentemente, non attraversa il medesimo processo di unificazione territoriale


conosciuto dalle altre aree europee. Vari tentativi in questo senso (es. di rendere il Papa sovrano della
penisola). Forte potere territoriale delle famiglie italiane. Grosso blocco meridionale aragonese, blocco
centrale papale, area toscana dei Medici, varie signorie territoriali nell’area settentrionale. Tipo di forza
supportato da una grandissima floridità economica. Ruolo assolutamente centrale di Firenze nel contesto dei
tre continenti (Europa-Africa-Asia). Tra il ‘300 e l’inizio del ‘500 i mercati di valore sono nel Mediterraneo, il
centro del Mondo, al cui centro sta Firenze. Altri luoghi che ricoprono un ruolo simile in Italia sono Venezia,
Genova, e in misura ridotta Napoli. Tuttavia, la scoperta del nuovo mondo, l’apertura delle rotte atlantiche e
la teorica apertura di una nuova strada verso l’oriente, cambia le carte in tavola. Si perde la centralità assoluta
di Firenze. L’attenzione politica ed economica si sposta dall’Italia all’Atlantico, dai cui porti partono le
imbarcazioni dirette verso il nuovo mondo, dove cominciano a concentrarsi interessi e investimenti. Di fronte
a questa perduta centralità economica, permangono forza politica e prestigio. Il ruolo simbolico di Firenze
rimane, garantendo ancora stabilità ai poteri territoriali. L’Italia, tuttavia, si trasforma in terra di conquista.
A contendersela sono principalmente la dinastia francese e quella spagnola. “Guerre d’Italia”. Questa
definizione deriva da studiosi già del tempo, come Guicciardini, che però ricoprivano posizioni di potere, e
avevano dunque una visione complessiva che alla popolazione mancava. Quello che conta è l’esigenza del
potere di rappresentare se stesso. L’Italia del ‘500 ci mette di fronte alla distanza tra come il potere si
rappresenta e come in effetti è. Il problema è che l’immagine che un sovrano riesce a restituire ai sudditi
propri e di altri paesi è fondamentale. Firenze, perso il proprio ruolo, deve continuare a essere Firenze. La
rappresentazione del potere tende a essere tanto più aggressiva quanto il potere è debole.

Quali sono le fonti che ci consentono di capire come il potere si autorappresenta? Svariati ambiti. Es. (oltre a
quelli più classici) fiscalità, burocrazia. Paul Ginzborg  Contemporary Italy. Osservazioni importanti sui
mezzi di comunicazioni degli anni ’90 in Italia. Il calcio viene affiancato a una narrazione. Es. Milan di
Berlusconi, calcio totale. Narrazione vestita di un tono fortemente etico  Holly e Benji. Due concetti
fondamentali, mezzo di comunicazione di massa e cultura popolare, fino a poco tempo fa ignorati dagli
storici, oggi rivalutati, divenuti oggetto centrale degli studi.

19/03/2019 Lezione V

Fino a poco tempo fa, occuparsi dei mezzi di comunicazione di massa e della cultura popolare erano attività
che si escludevano a vicenda. Il primo si incentra sul medium, legato al carattere fisico, mentre la cultura
popolare era ritenuta essere unicamente prodotto di un patrimonio di una parte di popolazione slegata dal
potere e dai mezzi di comunicazione. Mezzo di massa come manipolatore, formulatore e veicolatore di
messaggi sempre espressione di un potere economico, religioso, politico o culturale. Si presuppone
l’esistenza di una media industry, dall’editore veneziano di fine ‘400 alla Mediaset di Berlusconi. Peter Burke
e Asa Briggs: Social History of Media, from Gutenberg to the Internet (2009). Storia dei media sul lunghissimo
periodo. Raccoglie intuizioni che gli studiosi avevano già maturato precedentemente. Rompe il linearismo. Il
dualismo di cui sopra mozza una parte di realtà, le cose stanno diversamente. A contare sono le interazioni.
Lo schema è stato rotto da Internet, che ha messo in discussione la possibilità del potere di controllare il
processo produttivo del medium, attraverso nuove possibilità partecipative. E allora forse anche quelli in
passato considerati mezzi di comunicazione unidirezionali non erano tali. Anche la comunicazione di “età
moderna” dava forse spazio a forme di partecipazione. Come funziona la comunicazione oggi? Rinnegazione
del dualismo mass medium-cultura popolare. In Italia, collettivo V-Mill (Prima Luther Blisset), Q (romanzo
sulla riforma protestante). Hanno poi portato la traduzione italiana dell’edizione critica dell’opera di Henry
Genkins, Cultura Convergente  I mezzi di comunicazione di massa non esistono più, e forse non sono mai
esistiti. Elabora la differenza tra mediale, intermediale, transmediale e crossmediale. Intermediale:
accentua la comunicazione. Crossmediale: tutto ciò che viene prodotto da un’industria mediatica attraversa
diversi mezzi di comunicazione, senza alcun cambiamento radicale di contenuto; l’intento dell’industria
mediatica viene sempre rispettato e il messaggio originario mai alterato. Transmedialità: passaggio di un
contenuto da un medium all’altro che però incontra l’interferenza di un impulso partecipativo, che lo
trasforma allargando un universo narrativo, prima narrativo e poi non più  Possono succedere due cose da
parte dell’industria: accettazione o netto rifiuto. Abbiamo rivisto le vecchie questioni storiografiche alla luce
di questi paradigmi svecchiati e non lineari.

Cos’è che contribuisce a creare l’immagine dello stato? Lo stato, chi lo osserva e chi con esso interagisce.

Es., fonte, descrizione del potere di Carlo V sul territorio tedesco da parte di Contarini, ambasciatore
veneziano. Carlo V vuole restituire di sé l’immagine di un sovrano onnipotente capace di ridurre
all’obbedienza qualunque forma di dissenso religioso e non. Carlo V diventa imperatore non per diritto
ereditario, bensì per elezione. E cosa dà in cambio ai Grandi Elettori? Soldi, indebitandosi con i banchieri.
L’immagine che Carlo cerca di restituire è improntata verso l’universalismo. La testimonianza dell’imperatore
mette invece alla luce il pluralismo di autorità che riescono a tenere di fatto sotto scacco l’imperatore. La
fonte transmedializza il tentativo dell’imperatore di rappresentare se stesso. Il problema è se le persone che
non ricoprivano ruoli paragonabili a quelli dell’imperatore potessero applicare meccanismi comunicativi
simili. Qualche anno dopo questa delegazione, un evento sconvolse l’Europa, il cristianesimo e il suo
immaginario: il sacco di Roma. Grande divario tra la frammentazione del potere di Carlo V e questa
dimostrazione di forza. Firenze, 1561: un altro ambasciatore veneziano, Vincenzo Fedeli, offre una
descrizione della città inizialmente apparentemente positiva e oggettiva, che poi accentua avversativamente
il dominio personale di Cosimo de’ Medici. Questo ritratto a tinte fosche del potere fiorentino ha come
sottotesto lo spargersi di iniziative rivoltose. La fonte si riferisce a Cosimo come a un “concittadino”: per
quanto cercassero di ricostruire una falsa genealogia nobiliare che facesse risalire la propria linea di sangue
a Carlo Magno, i Medici erano una famiglia borghese.

Le stampe fiorentine di fine ‘400 sono monolitiche, muri di testo senza frontespizio, che si preoccupano del
contenuto e non di chi lo legge. Perché a volte manca l’iniziale? Perché la stampa avveniva per i sottoscrittori,
che non danno al libro a stampa lo stesso valore del manoscritto  Si lascia lo spazio vuoto perché
l’amanuense possa decorarlo e renderlo unico, riconoscibile, una rappresentazione dello status symbol. I
testi raccolti nelle biblioteche pubbliche sono quelli al tempo rimasti invenduti, sui quali non intervenne
nessuno. Anni ’80-’90: comincia a intervenire l’uso del frontespizio  Rende facilmente riconoscibile il libro
dall’esterno, molto utile a facilitare i controlli dei censori. E infatti ne circolano moltissimi falsi. Interviene
l’indice, che apre la prospettiva di un uso selettivo del testo. Non leggere il testo, bensì usarlo. Il lettore è
anche autore. L’indice viene fatto dallo stampatore, per facilitare, dal suo punto di vista, l’esperienza del
lettore. L’organizzazione delle idee viene scandita dalla paragrafazione, spesso accompagnata dalla
glossatura a margine. Il lettore, con le sue esigenze, con i meccanismi della sua memoria, è sempre più
presente nei libri. Nota a piè di pagina. Nello studio dei mass media sono rintracciabili componenti di cultura
popolare?

[Riprendo lezione]

26/03/2019 Lezione VII

Lutero, problema della salvezza, visione non remunerativa della fede, della grazia e delle opere. Nell’ottica
luterana, i comportamenti luterani non sono finalizzati alla grazia, bensì conseguenti al fatto che Dio ti ha già
scelto  Deriva da una peculiare concezione del potere divino. Gli storici del protestantesimo, pur avendone
accentuato l’elemento politico, hanno dovuto ammettere che la questione luterana è sostanzialmente
spirituale: agostinismo, lettura delle lettere di San Paolo, lettura delle scritture che accentua l’onnipotenza
del divino. Partiamo, dal punto di vista espositivo, prima dalle questioni dottrinali, e poi esaminiamo le
ricadute disciplinari. Essere contrari alla corruzione ecclesiastica è per Lutero una conseguenza di una
peculiare posizione dottrinale circa la posizione dell’uomo rispetto a Dio. Si ha fede perché si è già stati scelti.
Tutto questo ha delle conseguenze: mettere in secondo piano le opere significa mettere in secondo piano
tutte le funzioni ecclesiastiche legate alle opere, come la Confessione, che è un nodo fondamentale dell’ottica
remunerativa. Altre due conseguenze importanti: approccio diretto al testo sacro, patrimonio di tutti che
ognuno deve poter leggere e interpretare, e sacerdozio universale  Rapporto diretto uomo-Dio. Esistono
predicatori/pastori/guide spirituali nel mondo luterano, ma che questa guida si possa ergere a giudice del
comportamento dei fedeli non è lecito.

A Roma, per almeno vent’anni, si sottovaluta e non si comprende ciò che sta avvenendo nel mondo tedesco,
affiancando il tutto a quanto già successo in passato (ondate di profetismo contrarie alla corruzione
ecclesiastica almeno dal ‘200), e pensando che questo movimento si sarebbe spento come gli altri. Lutero
usufruisce però di un panorama mediatico rinnovato anche dalla stampa, che si serve ancora di mezzi quali
il manoscritto, la voce, etc.etc. (non banalizziamo dicendo che Lutero è semplicemente facilitato dalla
presenza della stampa). Carlo V, ispirato da un sentimento universalistico, è profondamente avverso a quanto
sta avvenendo, e spinge Roma verso la convocazione di un concilio. A Roma fanno orecchie da mercante 
Questione politica. Il collegio cardinalizio, di cui il papa è espressione, è al tempo scisso tra fazione filo-
francese e fazione filo-asburgica, le cui posizione emergono nettamente di solito nel caso delle elezioni al
soglio pontificio  In questi casi, l’accusa di essere filo-luterano, filo-cospiratore etc.etc., erano abbastanza
comuni. Es. Benedetto Accolti, Arcivescovo di Ravenna VS Benedetto Accolti (suo cugino), si accusano
reciprocamente di luteranesimo. Uno è filo-francese, l’altro filo-asburgico. Man mano che scendiamo in
basso nella gerarchia ecclesiastica, notiamo un mondo senza guida. V. Famiglia Borgia, tra fine ‘400 e inizio
‘500. [Digressione sulle due serie sui Borgia e sulle serie tv storiche] In questo momento storico la distanza
tra l’essere nominato Papa e la condanna per eresia è impalpabile  Piuttosto che combattere il
luteranesimo, sia usa l’accusa di luteranesimo per combattere i concorrenti. Questo presso le alte sfere del
clero. E in quelle basse? A Roma, ad esempio, durante periodi come quello dei Borgia c’erano delle
manifestazioni di dissenso nei confronti degli indirizzi pontifici  Es. Pasquinate (tradizione delle statue
parlanti, dietro alle quali il popolo si nasconde, accostando scritte e motti, per mettere alla berlina la corte
pontificia, descrivendola come un “puttanaio”  Si serve di una forma di comunicazione transmediale). Tipo
di comunicazione difficilmente controllabile da parte delle autorità. [Film consigliato sul tema delle
pasquinate, di Luigi Manni, con Nino Manfredi, Nell’anno del Signore]. Paradossalmente, la città di Roma è
uno dei maggiori crocevia di disobbedienza. E poi c’è il clero parrocchiale.

Dall’Olio, fonte sul presunto prete-stregone risalente al 1517 (stesso anno delle Tesi di Lutero)  Processo
svolto dall’inquisizione innocenziana (quella ancora del XIII secolo). In questo periodo si pubblicano le
sentenze, non le procedure. Guglielmo, secondo la sentenza, aveva uno spirito demoniaco in una sfera di
cristallo, che gli permetteva di vendere profezie. Peggio ancora, aveva evocato il diavolo (accusa classica nei
processi successivi contro le streghe). Viene descritta una pratica concernente statuette di cera e spilli che
trapassano il loro cuore, che ricorda le fatture (sì, il Voodoo è un’attribuzione moderna un po’ razzista, queste
cose le fanno anche da noi…). Avrebbe poi convinto venti donne di star parlando col diavolo (in realtà un
uomo nascosto, anche secondo la sentenza) che le avrebbe persuase ad avere rapporti sessuali con lui.
Rapporto tra sessualità, fede, comportamento religioso. Credenza diffusa che il diavolo possedesse più
facilmente il corpo della donna, perché esso possiede degli anfratti in cui si può nascondere e dal quale può
essere rimosso tramite penetrazione del membro del prete  Atto sessuale come esorcismo. Riferimento al
panno utilizzato per pulire il sangue mestruale (impuro), anch’esso “sacrificato” per la liberazione dalla
possessione demoniaca. EDIT: La fonte non è presente nella nuova edizione del Dall’Olio.
Problema Calvino

Che cosa lo contraddistingue dal punto di vista strettamente dottrinale rispetto a Lutero? In cima alla lista
dei luoghi comuni: Calvino introduce il concetto di predestinazione (bugia) e rivaluta il ruolo delle opere
(cazzata apocalittica). Il primo, lo abbiamo visto, è già in Lutero, e anzi ne fraintendiamo la dottrina se non lo
mettiamo al centro; per quando riguarda le opere, la decisione di Dio è immutabile. Una differenza tra i due
c’è: accentuazione del concetto di predestinazione e concezione di ciò che facciamo in vita come
conseguenza della decisione già presa da Dio. Durante la nostra vita abbiamo modo di cogliere indizi che ci
fanno capire se eventualmente Dio ci abbia già scelti o meno. In cosa consistono questi indizi? Inclinazioni,
talenti, chiamate. Il compito di un uomo è seguire i frutti della grazia divina. Nel farlo produrrà effetti positivi
o negativi; da tali risultati potrà intuire ciò che Dio ha già deciso di lui. Non si tratta di prove sufficienti, il
successo presente non ci assicura su quello futuro. Se uno va fuori strada per evento fortuito, non è mai stato
nella grazia di Dio. Altro slogan: Calvino darebbe più importanza di Lutero alla chiesa visibile. Vero, ma
perché? Perché noi tutti, in quanto chiesa, dobbiamo fare in modo che il progetto che Dio ha già per noi
divenga visibile (es. Ginevra come città di Santi). Rendere visibile sulla terra ciò che Dio ha già deciso per noi.
Nelle nostre opere misuriamo di volta in volta il segno di ciò che Dio ha decretato. Ottica non remunerativa,
bensì consequenziale.

Interpretazioni: molti studiosi sono stati influenzati dall’opera di Weber (Spirito Calvinista e Spirito
Capitalista, lui ha detto così)  Lettura profondamente anti-marxiana. Non è l’economia a creare una
sovrastruttura religiosa, bensì lo spirito religioso a stimolare la nascita di un sistema economico. Ma cosa
intendiamo con capitalismo? Cosa distingue il capitalista dal borghese? L’essere borghesi potrebbe significare
automaticamente essere capitalisti. Ma cosa distingue infondo i due concetti? O sono assimilabili? Perché
Weber non parla di spirito borghese? Il borghese descrive la propria posizione in base a ciò che ha e a come
lo amministra. Il capitalista usa ciò che ha esplicitamente per moltiplicarlo, il suo carattere è quello
dell’investimento. Il calvinista, secondo Weber, gioca a dadi con Dio. Rischia quello che ha perché in fondo
sa che la sua azione non cambierà la decisione di Dio, ma gli farà vedere la decisione di Dio per lui. La
propensione al rischio caratterizza per Weber il calvinista, e lo caratterizza anche rispetto al luterano. Questo
paradigma si espande sul piano mondiale. Il calvinismo abbraccia anche zone fuori dal continente, che si
contraddistingueranno per forti capacità di accelerazione economica (es. alcune zone del continente
americano). È vero che le aree calviniste sono le più ricche? Se sì, perché? Qual è il paradigma del perfetto
calvinista?

27/03/2019 Lezione VIII

Riprendo tutta la lezione.

01/04/2019 Lezione IX

[Le lezioni di lunedì e mercoledì prossimo sono annullate. Incontro sull’Illuminismo e ricerca, questo
mercoledì al posto della lezione  Battini, Anselmi: l’Illuminismo sarebbe totalmente fuori dalle classi di
insegnamento. Sarà presente anche Ferrone.]

Torniamo alla lotta all’eresia in Italia, con la riorganizzazione dell’Inquisizione che fa capo a una delle
congregazioni etc.etc. Rete articolata di inquisitori mandati da Roma che si affiancano ad arcivescovi, vescovi,
parroci. Alcuni stati impongono alcune regolamentazioni particolari (es. Venezia, controllo da parte di
ispettori veneziani; Regno di Napoli, che ha già vissuto i tentativi di imposizione dell’inquisizione spagnola,
dove l’inquisizione romana c’è e non c’è). Un esempio di come la presenza dell’inquisizione possa interferire
nella gestione ordinaria del potere aristocratico nelle sue espressioni ecclesiastiche è costituito dal controllo
sui monasteri femminili, espressione delle gerarchie aristocratiche. Un reato comunque in questo periodo è
il cosiddetto adescamento in confessione, deriva del rapporto confessionale del rapporto tra direttore
spirituale e penitente (sollecitatio ad turpia), in varie declinazioni. Al sud era presente un altro fenomeno
suscettibile al controllo terzo, quello delle chiese ricettizie, vere e proprie chiese private controllate da
famiglie. Queste forme di solidarietà tra forme ed espressioni del potere vengono messe a repentaglio da
Roma  Compromesso del Vicario Inquisitoriale, attività delegata direttamente all’Arcivescovo di Napoli,
che deve supervisionare all’attività inquisitoriale di tutti i vescovi e arcivescovi del Regno (sovrapposizione di
ruoli)} Si conta, qui come nel resto d’Italia, su un articolato sistema di sospetti e delazioni. L’inquisizione si
inserisce nel foro interno, quello della coscienza, legato a quello pubblico, in quanto condizione
dell’assunzione dei sacramenti, in particolare l’eucaristica  Un cristiano, per dirsi cristiano, deve avere
accesso all’eucaristia almeno una volta l’anno, a Pasqua. Se, all’interno della propria comunità, non può farlo,
allora c’è qualcosa che non va, ossia che in sede di confessione non hai potuto godere dell’assoluzione, poiché
qualche elemento poteva, a giudizio del direttore spirituale, adombrare la presenza di un peccato ereticale.
L’assoluzione può essere ottenuta solo a patto di comparire spontaneamente davanti all’inquisitore,
confessare e denunciare chi la pensa come te. Gli inquisitori avevano delle aspettative, e per incontrarle chi
confessava tendeva ad aggiungere del suo per soddisfarlo e ricevere il certificato necessario per l’assoluzione.
Gli altri vengono interrogati, e anche da loro l’inquisitore si aspetta risposte di un certo tipo, e così via, e così
via. Questo meccanismo può allargarsi anche a sfere intellettuali piuttosto alte, ad alti gradi della gerarchia
ecclesiastica. Basta che pochi vengano uccisi o torturati perché gli altri confessino. Si instaura la pratica del
nicodemismo  Sembrare cattolici ed essere in segreto luterani, diventa poi oggetto di sospetto e di
denuncia (Nicodemo, personaggio biblico(?) che dissimulava, mascherando ciò che davvero era). Queste
pratiche si prestavano bene a contesti di vendetta privata. Clima di sospetta radicato nella rete dei
sacramenti, che spinge la gente a dubitare persino di sé (v. Torquato Tasso). [METÀ LEZIONE] Nel giro di 30-
35 anni massimo, questo clima fa sì che si estingua il pericolo concreto che l’Italia divenga un paese
protestante. Focolai isolati, non pericolosi. Ha ancora senso far stare in piedi un tribunale costoso e ben
organizzato? Per Roma, sì, per svariate ragioni, soprattutto perché in molti casi i Papi era espressione della
Congregazione del Santo Uffizio, ex inquisitori, e poi perché la fine dell’eresia non era una ragione sufficiente
per allentare il controllo della Chiesa sulla società. Diventano ora rilevanti comportamenti e idee prima di
allora ignorati, anche solo semplicemente in quanto al di fuori dalla liturgia. Tutto ciò si racchiude entro un
concetto finora ritenuto di matrice laica e illuminista: quello di superstizione. Nel ‘500, superstizione
(≠irrazionale) è tutto ciò che è al di fuori della liturgia ecclesiastica, tutti quei comportamenti non codificati
ecclesiasticamente. Un concetto pienamente ecclesiastico. A partire dagli anni ’80 del ‘500, momento di
svolta  Non è più l’eresia il problema, bensì la superstizione. La documentazione mette questa svolta in
evidenza. Si rompe il rapporto tra inquisiti e inquisitori, che cominciano a mettere in questione
comportamenti che per i primi sembravano costituire pratiche del tutto normali e pacifiche. Da questo
momento, nella documentazione inquisitoriale cominciano a emergere pratiche come quella del malocchio,
sicuramente preesistenti da molto tempo. Semplicemente, fino ad allora gli inquisitori non se ne erano
occupati. Pratiche condotte da donne e trasmesse di donna in donna. Il luteranesimo mette in discussione
la presenza del sacerdote, Roma la riafferma, come sacerdote assolutamente maschio  Questa pratica
viene interpretata come un’apertura a forme di sacerdozio femminile. E come reagiscono i fedeli, che sinora
si limitavano a venire incontro alle richieste degli inquisitori? Dato storiografico: è in questo momento che
tali pratiche emergono nei registri. Perché negli archivi vi sia traccia di una pratica, c’è bisogno che qualcuno
le voglia reprimere. Quindi, come reagirono i fedeli? Spesso, inaspettatamente per gli inquisitori, in modo
duro. Si rompe il rapporto di complicità, perché si sono toccate pratiche consolidate. Storia di una donna
pisana accusata dall’inquisitore di malocchio e di aver prodotto languistara (??; pozione per il ritorno
dell’amore)  G. Romeo, Inquisitori, Esorcisti e Streghe nell’Italia della Controriforma. “Voi volete dirizzare
il becco alle civette”, ossia cambiare lo stato naturale delle cose. Nascono storie di ostilità e lotte senza
quartiere  Nuovo clima di sospetto. Sorgono le accuse di stregoneria. Che cos’è a stregoneria? Di che cos’ha
bisogno il giudice per decretare la condanna? Serve il patto esplicito col diavolo, da cui deriverebbero i vari
poteri della strega. Partiamo dal presupposto che i primi a credere nell’esistenza del diavolo siano gli
inquisitori stessi, che imparavano tutto questo su dei manuali, il più diffuso dei quali era Il Martello delle
Streghe (Melleus Malaeficarum)  Le domande e le risposte erano orientate dal contenuto. Fino all’apertura
degli archivi dell’inquisizione si sono sedimentate alcune credenze, ora in via di demolizione.

Due tipi di repressione della stregoneria: area protestante (tribunali statali) e area mediterranea (tribunali
ecclesiastici). Questione di genere: accusate di stregoneria sono donne che vivono prive di alcuna forma di
protezione familiare e in una forma di marginalità sociale, le quali pagano la propria volontà di uscire da
queste forme di marginalità attraverso pratiche al limite tra il lecito e l’illecito. I tribunali secolari condannano
molto di più, perché, a differenza di quello ecclesiastico che ha come scopo il pentimento, vuole mantenere
l’ordine pubblico, e quindi condanna colpevoli e sospetti. Nei tribunali ecclesiastici i casi si aggravano se
recidivi. Come nei processi del primo trentennio, anche in questo caso i processati tendono a dire ciò che
l’inquisitore vuole sentirsi dire, denunciando complici e diffondendo stereotipi. Nel libro di Romeo è riportato
il caso di Ippolita Palomba, che descrive dettagliatamente il rapimento notturno da parte dei diavoli e il
Sabbah presieduto dal diavolo, con la danza delle altre streghe che consumavano rapporti con Satana stesso,
il cui seme era però freddo. Da dove deriva un racconto così ricco? In realtà lei è molto lucida, e nel momento
in cui l’inquisitore pone la domanda fondamentale, cioè se potesse nominare qualche presente, comincia a
snocciolare nomi di vicine di casa, o comunque donne che vivevano vicino a lei. Sanno tutte perfettamente
che il giudice ha un orizzonte mentale, dei sospetti, che in giro si dice che i riti si svolgono tutti nello stesso
posto (il Noce di Benevento), e che alla città di Benevento è associato il fenomeno della stregoneria: tutte
raccontano agli inquisitori un racconto stereotipato, con l’idea di poterla fare franca. Questo ci porta a
riflettere ancora una volta sulla natura degli atti giudiziari. Spesso e volentieri gli inquisitori sono soddisfatti.
Soddisfatti della loquacità delle inquisite che dicono a volte più di quanto chiesto, e che a volte sono disposte
a fare nomi di uomini, fermo restando che, attorno alla figura del Diavolo, le protagoniste assolute sono tutte
donne. Una cosa sta a cuore agli inquisitori: capire se la donna sta parlando nel pieno possesso delle proprie
capacità o se è frutto, ciò che sta dicendo, di un’illusione diabolica, se non sia il diavolo a parlare per lei. La
presenza del diavolo in lei comprometterebbe l’affidabilità delle sue parole.

Molte volte, strumentalmente, alcuni storici hanno cercato di porre sulla bilancia le condanne a morte dei
processi per stregoneria secondo un criterio quantitativo, arrivando a giudicare più teneri o addirittura
anacronisticamente “garantisti” i tribunali religiosi rispetto a quelli pubblici. Tuttavia, tribunali pubblici
agivano di norma in caso di danni a terzi (omicidi, infanticidi…), mentre quelli religiosi reprimevano i reati di
opinione  Tant’è che anche nel caso dei tribunali religiosi per rendere esecutiva la condanna era necessaria
la condanna parallela di quello pubblico, quindi un danno materiale a terzi (es. collegare alla strega la morte
di un bambino).

02/04/2019

Lezione XI

La pratica stregonesca era utilizzata anche come strumento di sostentamento economico.

Compito del giudice è anche restituire alla comunità una versione della realtà quantomai lineare, coerente.
Es. in caso di morti sospette di capi di bestiame o bambini, non potendo fornire risposte concrete al
fenomeno, il giudice è tenuto a offrire una risposta lineare  Dobbiamo riflettere sulla natura della fonte,
che è sempre prodotta dal potere, chiamato a reprimere i comportamenti devianti e a premiare quelli
virtuosi.

Prima dell’apertura degli archivi, la storiografia dei processi inquisitoriali si basava sulle fonti locali, mancava
dunque l’anello fondamentale, quello del coordinamento centrale. Anni ’70  Carlo Ginzburg, Il Formaggio
e i Vermi, si basa sull’attività dell’inquisizione friulana. Domenico Scandella, mugnaio, molto loquace, ma a
differenza di altri spiazza i giudici. Li sorprende perché comincia a catechizzarli, esponendo una particolare e
personale visione del mondo basato sulla creazione, legata al formaggio, e gli sugli angeli, i vermi che ne
fuoriescono. Espone la propria visione del mondo e del ruolo degli uomini tramite metafore alimentari,
affermando che è possibile un rapporto diretto tra uomo e Dio, non mediato nemmeno dalla lingua latina, e
che le scritture riportano cose che i preti non rivelano. Passi dal Dall’Olio. Normalmente, gli inquisitori hanno
le domande già pronte, in linea col Malleus, ma nel caso di Scandella le risposte non collimano. Scandella non
credeva nella resurrezione dei corpi, fisicamente ingombrante. Gli inquisitori cominciano ad avere delle
premure nei suoi confronti, prima di tutto dove abbia appreso quelle cose. Le ha lette, le ha ascoltate, ha
interpretato delle immagini, qualcuno gliele ha spiegate, ha avuto dei testi tra le mani? Menocchio era
probabilmente semialfabetizzato, probabilmente poteva avere accesso ai testi stampati, non ai manoscritti.
E come li aveva avuti tra le mani? E queste cose, gli chiedono, le andava a predicare? Risponde candidamente
di sì. Il mugnaio, colui che dà il pane, riceve dalla comunità una forma di autorità. Ginzburg non sa nemmeno
come sia finita la causa, ma sa che, dopo la prima fase del processo, fu incastrato per recidiva, e davanti ai
giudici perse un po’ di baldanza, ma continuava ad ammettere di pensare e raccontare le proprie idee. Per
quel che sappiamo, probabilmente è stato condannato a morte. Ciò che conta è che la fortuna di questo libro,
a metà anni ’70, è tanta e tale da consentire agli storici di trarre conclusioni sul funzionamento
dell’inquisizione di antico regime a partire da dati locali, immaginando che questo strano rapporto tra
inquisito e inquisitore fosse diffuso. In realtà gli altri documenti ci hanno consentito di coglierne l’atipicità,
come l’atipicità della deponente pisana della lezione precedente. Si è arrivati a ipotizzare una netta
opposizione tra inquisizione e società, quando in realtà tra le due c’era una fortissima collaborazione. Perciò
l’analisi comparativa e quantitativa non ha senso  Il tipo di reato e compenetrazione del sistema
inquisitorio è ciò che cambia. Altro passaggio fondamentale  Menocchio critica l’uso del latino. Studi
sull’uso del latino. Uno su tutti, Giriola Frannino, Proibito Capire. La chiesa e il Latino in età moderna. La
Bibbia in volgare è il libro più bruciato e censurato di questo periodo (La Bibbia al Rogo, altro suo libro),
censurate erano le messe e le preghiere non in latino. Censurati erano i volgarizzamenti in forma poetica di
passi ed episodi biblici  In quanto indici forti di transmedialità (non intermediata!), direbbero i moderni
sociologici dei media. Perché censurare le preghiere in volgare? Perché costituiscono una forma di confidenza
con il sacro non intermediata. Giorgio Caravale, L’Orazione Proibita. Il Latino, in fondo, è la difesa di un
primato interpretativo.

Ancora sul Concilio di Trento

A Trento, sul piano dottrinale, ci si limita a ribadire, contra Lutero e Calvino, il valore delle opere. Il piano
disciplinare è molto più complesso. Si articolo in disciplina del clero e dei fedeli.

Del clero: dei vescovi e degli arcivescovi  Obbligo di residenza. Cura delle anime. Sacerdoti  Cura delle
anime. Obbligo di residenza. Compilare dei libri che attestino il rispetto da parte dei fedeli della rete dei
sacramenti (Libro dei Battesimi, Libro dei Matrimoni, Libro dei Morti, Libro dello Stato delle Anime, di tutti
coloro che hanno diritto al Precetto Pasquale).

Dall’Olio, fonte sulla Sesta Sessione. Decreti sul matrimonio. Nel medioevo, il matrimonio è un contratto
stipulato in forma privata tra famiglia sacra, che ha sì e no forma privata. Si poteva svolgere in qualunque
ruolo, era necessario solo che si svolgesse il rito dell’anellamento alla presenza di un testimone. Poi può
esserci eventualmente una tratta documentaria che attesti l’avvenuta stipula del contratto, poi può
eventualmente avere valenze religiose. Giuridicamente, il suo statuto è dato da uno scambio di promesse.
Questo tipo di matrimonio assegna ovviamente un ruolo fondamentale alle famiglie, chiamate a stipulare il
contratto matrimoniale come forma di alleanza, non belligeranza, condivisione patrimoniale, lasciando in
secondo piano l’elemento amoroso – sessuale. Nella tradizione stilnovistica, l’amore si realizza per
definizione al di fuori del matrimonio. Il concilio di propone di regolare questo vincolo, decretando che il
matrimonio si svolga necessariamente in facie ecclesiae È necessario che siano presenti dei testimoni e il
prete. Il prete deve esserci, ma non deve essere necessariamente consenziente. I matrimoni clandestini
vengono condannati, ma la loro legalità confermata. La giustificazione del cambiamento sta nel voler
garantire che il matrimonio sia frutto di libera scelta dei contraenti, perciò la compiacenza del sacerdote non
è un requisito, per evitare che divenissero complici delle famiglie. I libri, in genere, sono molto regolari nella
registrazione, ma sono intervallati a volte da lunghi racconti, che narrano episodi genericamente stereotipici
di come il parroco è stato ingannato per celebrare un matrimonio clandestino, che deve dunque registrare
nel libro. Il matrimonio non è consentito tra persone che abbiano il quarto grado di consanguineità o affinità
(vale anche per i parenti acquisiti)  Per farlo è necessario chiedere al vescovo una dispensa, rilasciata sotto
congruo compenso (a Napoli, a un certo punto, tre ducati). E come si fa nelle comunità rurali molto piccole,
dove spostarsi era molto difficile? Si paga. È un meccanismo di controllo, atto a dare all’istituzione
matrimoniale un altissimo grado di discrezionalità. E in casi di pubblico scandalo? Ci si sposa. Le famiglie
cominciano a indisporsi, soprattutto quelle delle future mogli. Molte volte è proprio il sacerdote a risolvere
la frizione, proponendo il matrimonio riparatore. Pratica del sororato (il fratello di un uomo morto sposa la
vedova), osteggiata dalla Chiesa (primo grado di parentela)  Si ricorre anche in questo caso alla mediazione
sacerdotale. Un registro medioevale non avrebbe annotato eventi del genere. La traccia archivistica, ancora
una volta, fotografa un fenomeno nel momento in cui lo vuole reprimere. Claudio Povolo, The Novelist and
The Archivist, dimostra che storie come quella raccontata da Manzoni nei Promessi sono tranquillamente
rintracciabili nel materiale archivistico italiano, in virtù del nuovo ordinamento tridentino; l’autore rintraccia
la presenza di Manzoni in determinati archivi, e quindi le fonti che potrebbe aver studiato e ordinato.

09/04/2019

Lezione XII

Se allarghiamo lo sguardo alla seconda metà del ‘500, all’Europa e al mondo, incontriamo nuovi problemi.

Filippo II, erede della sezione spagnola di Carlo V  Eredita anche i possedimenti spagnoli in Europa (in Italia
e nei Paesi Bassi) e nel Nuovo Mondo (Nuovo Perù e Nuova Spagna). Ricostruzione essenziale di Brodel.

Problema dello Stato Inglese, protagonista di una personale scissione politica nel cinquantennio precedente,
conteso tra gli Stuart, resisi conto della debolezza dei Tudor, e dalla Spagna, che utilizza la Scozia cattolica
come grimaldello. Elisabetta I Tudor, che diverse volte Filippo II tenterà di sposare. Mito della Regina Vergine
 Elisabetta si rende conto della fragilità della propria posizione; ogni matrimonio avrebbe decretato un
cambio di dinastia, quello con Filippo una ricaduta dell’Inghilterra nell’orbita spagnola. Autonomia dinastica,
che va però accompagnata da quella politica ed economica, nonché alla percepita convinzione degli Inglesi
 Elisabetta rafforza il fragile apparato religioso messo in piedi dal padre, formulando una liturgia capace di
stare a metà tra cattolicesimo e protestantesimo (anche se, dal punto di vista dottrinale, l’anglicanesimo è
quasi una branca del calvinismo). Autonomia economica  Elisabetta utilizza anche metodi non ortodossi
per incrementare i flussi commerciali, ricorrendo, mai esplicitamente, alla pirateria a danno del potere
spagnolo. Politica culturale interna estremamente aggressiva, perché gli Inglesi possano riconoscersi come
tali  Nell’Inghilterra elisabettiana, in un contesto totalmente diverso, si ripete il dislivello tra potere
economico/politico ed espressione celebrativa del potere che avveniva nelle corti italiane cinquecentesche.
Teatro elisabettiano. Rivoluzione del modo di comunicare, del controllo e della circolazione della stampa. Gli
scrittori inglesi godono di molta libertà. Tutela e garanzie del valore della stampa. Si incomincia ad affacciare
l’ipotesi che gli autori, non gli stampatori, siano i proprietari della propria “proprietà intellettuale”, come farà
Shakespeare. Nascono le prime leggi sul copyright. Ci si pone il problema del sostentamento degli scrittori
indipendente dal mecenatismo  Lo scrittore può vivere del proprio lavoro, di cui è proprietario.

Elisabetta e Filippo II sono nemici e hanno nemici.


Filippo II ha diverse spine nel fianco interne, una su tutte la spinta autonomista dei Paesi Bassi, e poi, come
sempre, la Francia, che attraversa però ora una crisi dinastica  Il potere dei Valois sta scricchiolando, messo
in discussione da altre casate, soprattutto dai Guisa e dai Borbone, che usano entrambe soprattutto la
religione come strumento. I Borbone sono calvinisti. Ma c’è anche l’Impero Ottomano. Contrasto che arriva
a un punto di non ritorno negli anni ’70, quando la Spagna è costretta a mettersi a capo di una coalizione per
la difesa dei confini orientali dell’Europa cristiana. Battaglia di Lepanto. Lepanto ci aiuta a riflettere su cosa
sia un evento storico. Brodel, scuola dell’Annales, concetto di lunga durata. Per comprendere cosa fosse il
Mediterraneo ai tempi di Filippo II dobbiamo porci nell’ottica della lunga durata  Per larga parte,
strutturalmente, ambientalmente, si è trasformato poco, è rimasto poco. Che cos’è dunque l’evento storico?
Una guerra, una battaglia, è un evento storico? No, perché in una società di antico regime sono caratteristiche
endemiche. Un evento storico, per Brodel, è un qualcosa che interferisce sulla linea della lunga durata,
riuscendo a deviarla. Devia, interrompe o comunque disturba un processo secolare. Quindi, Lepanto può
essere considerato un evento storico, secondo questi criteri? No. Non cambiò un granché, non mise in
discussione molto. E allora come mai è onnipresente nei manuali? Ad esempio, fortuna della storia culturale
(Peter Burke, Roger Chartier, Asia Birks). Per Chartier un evento storico esiste soltanto nella misura in cui
abbiamo tracce, materiali o no, che ce lo attestino, se c’è qualcuno che ce lo presenti. Da questo punto di
vista, Lepanto, che sul piano comunicativo generò una vera e propria ondata di testi, manoscritti e a stampa,
e immagini, accompagnati da performances, potrebbe essere un evento. Il tutto distorse all’inverosimile
l’evento. Sul piano geopolitico non cambiò nulla, ma cambiò il modo di pensare degli Europei, che
cominciarono ad acquisire coscienza che i Turchi non erano un pericolo e che se le cose erano andate così
ciò era dovuto all’intervento di una entità sovrannaturale. Presa di coscienza culturale che cambiò il modo di
osservare il Turco da parte degli Europei. Ma chi erano i Turchi per gli Europei? In Tasso attestiamo una forte
potenza attrattiva del mondo turco in generale, ricco di umanità e razionalità, degno di rispetto e
venerazione, di cui ci si può innamorare. Ma Tasso viveva nella corte estense, in forte competizione con
quella medicea di Firenze. Competizione sul piano della pretesa discendenza nobiliare. Spesso, da una parte
e dall’altra, comparivano falsi ambasciatori turchi prezzolati dall’avversario per prenderli per il culo. Quelle
paure, ansie e fascinazioni mostrate da Tasso sono davvero presenti nella società italiana, facilmente
permeabili da queste attrattive. Anche il Mediterraneo è pervaso da pirati, pirati “barbareschi”, ossia
provenienti dalle reggenze barbaresche del Nordafrica (Tripoli, Algeri, Tunisi) legate all’Impero Ottomano,
che spesso assaltavano le imbarcazioni cristiane e schiavizzavano gli equipaggi. Si formavano delle
confraternite (a Napoli, Confraternite per la Redenzione dei Captivi) dedite al recupero di questi schiavi, al
cui ritorno si organizzavano grandi feste e parate. Problema: molte volte, quando i principi italiani volevano
riscattare i propri sudditi, essi rifiutavano, perché entro l’universo musulmano trovavano grandi possibilità di
successo sociale che in patria non potevano prospettare. Anche perché chi intraprendeva viaggi nel
Mediterraneo, conscio dei rischi, di solito non aveva nulla da perdere, potevano trovare cose migliori altrove.
Queste parate avevano forte valenza simbolica: il prigioniero redento veniva esibito davanti a tutti in catene,
che “magicamente” alla fine cadevano, magari davanti all’immagine del santo patrono. E questi rifiutavano.
E rifiutavano anche perché lì trovavano costumi sessuali più appetibili, tra cui l’apertura all’omosessualità. Il
mondo cristiano teme il Turco, ma lo invidia. Marina Formica, Lo Specchio Turco. Giovanni Ricci, Ossessione
Turca e I Turchi alle Porte. Peter Mazurro parla di “conversioni” nell’Italia di questo periodo. La Doppia Vita
di Leone l’Africano  Natalie Zemon Davis. Tratta la storia di uno schiavo, Azaam Al-Bazaari, africano giunto
alla corte pontificia, dove sfrutterà la propria cultura per ottenere prestigio. Segna, con “La Descrittione di
Tutta l’Africa”, l’immaginario di tutta l’Europa per secoli. Vicenda dominata dalla dissimulazione. Fece finta
per tutta la vita di essere ciò che non era (es. di essere convertito)  Quella sua opera che, tanto avrebbe
influenzato la cultura europea, rispondeva alle aspettative degli Europei stessi, non descriveva davvero
l’Africa, che pure lui tanto bene conosceva, era frutto della sua esigenza di compiacere l’ascoltatore. Gigliola
Fragnito, Rinascimento Perduto. Dopo Lepanto i testi che circolano sono quelli che rispettano certi canoni,
che ritraggono il Turco in un certo modo, il resto è censurato dalla Congregazione dell’Indice, che pure agiva
in modo particolarmente contradittorio. Come mai? Come mai norme contradittorie, proprio come nel caso
del matrimonio? La confusione normativa è strategica, le norme sono pensate per essere confuse, per
aumentare a dismisura il livello di discrezionalità nell’interpretazione delle norme, in modo tale che
risoluzione o meno di un caso dipenda dall’intervento o meno di una certa personalità  Crea un rapporto
di debito personale tra l’inquisito e il membro della gerarchia ecclesiastica, un rapporto clientelare, di
patronato.

15/04/2019

Lezione XIII

Guerra dei Tre Enrichi  Prevale a dinastia borbonica. Le tensioni di carattere religioso e politico si
manifestano però anche in eventi di carattere estremo, come il Massacro della Notte di San Bartolomeo (un
altro evento che ebbe un forte impatto mediatico). Enrico IV di Borbone sale al trono da calvinista. Anche in
questo caso pullulano le leggende: elemento della conversione e delle frasi attribuitegli (una su tutte, “Parigi
val bene una messa”). La conversione è effettivamente puramente strumentale, atta a occupare il trono di
Francia. Cosa ne è dei calvinisti di Francia? Editto di Nantes, che norma di spazi di “tolleranza”. Ma l’uso del
termine tolleranza è del tutto sbagliato in questo contesto: il fine ultimo dell’Editto è di sancire l’intolleranza
assoluta verso il calvinismo e di affermare il cattolicesimo come religione di stato; ribadito ciò, secondo
l’Editto i calvinisti possono avere alcuni spazi estremamente ridotti all’interno dei quali, solo in alcune
circostanze, possono praticare la loro fede. Perché ancora oggi leggiamo l’Editto come un esempio di
Tolleranza? Perché Enrico non si allineò alla tendenza di affiancare l’unità politica a quella religiosa? Le guerre
di religione sotto Carlo V in ambito tedesco, nella Pace di Augusta, si erano risolte sotto la formuletta latina
cuius regio eius religio. Perché in Francia non succede tutto questo? La ragione va cercata nell’associazione
tra la religiosità calvinista e alcuni atteggiamenti economici particolarmente vivaci e vitali. Si va incontro a
una frizione tra la Ragion di Stato e la ragione economica. Il Sovrano non può rinunciare a cuor leggero a una
simile fonte di prosperità. A ciò vanno fatte risalire le fonti delle logiche dell’Editto, che durerà un secolo (nel
corso del ‘600 verrà prima fortemente limitato e poi cancellato (Luigi XIV? Editto di Fointamblue)). Le vicende
dell’Editto dimostrano che l’età moderna non è teleologicamente orientata verso una maggiore tolleranza.
Perché leggiamo l’Editto come un atto di tolleranza? Usiamo il passato per dare senso a cose del nostro
presente che non hanno direttamente senso, perciò retrodatiamo gli eventi (come con la nascita dello stato
moderno, dell’assolutismo, e una certa direzione dei rapporti tra stato e Chiesa). Lo stato di antico regime è
uno stato in cui la riflessione politica non è mai separata dalla riflessione ecclesiologica: ripensare l’idea di
Stato significa ripensare l’idea di Chiesa. Così quasi fino all’800. L’idea dello stato secolare e laico è una falsità
frutto della proiezione nel passato delle nostre aspettative. C. Ginzburg, articolo su Doppio Zero su
Machiavelli e Pascal  Lo storico è costitutivamente vittima della tendenza a trovare sempre quello che
cerca.

Dall’Olio, passi dell’Editto di Nantes. Di quanto successo, dei contrasti religiosi avvenuti in precedenza, si deve
cancellare ogni memoria.

Che cosa significa essere calvinisti nel territorio francese? Che cosa può comportare dal punto di vista
economico? Che conseguenze ha sul piano della vita quotidiana?

Martin Guerre. [Storia] Storia raccontata dal giudice Jean de Coras. Natalie Zemon Davis ha scritto al
riguardo. Perché? Lei, profuga ebrea, e il marito, assieme ai figli, scapparono dagli Stati Uniti in quanto
sospetti comunisti. Spiega, ne La Passione della Storia, il perché abbia scelto questi personaggi  In questi
personaggi rivede se stessa, la propria fuga, i propri problemi di identità personale, etnica, culturale, e magari
religiosa. Mettiamoci ora nei panni del narratore del tempo. Il matrimonio è probabilmente un matrimonio
bianco (lui è impotente, lei non è fertile). Martino, alla fine, decide di scappare di casa. Nel percorso che
compie, batte a ritroso la strada compiuta dalla propria famiglia in passato. Torna in Spagna, si arruola tra le
fila di Filippo II. A un certo punto, alla porta della moglie Bertrand si presenta un uomo, molto simile al marito,
che si professa come lui, ricorda molti dettagli della loro vita passata e privata, riconosce i parenti. Bertrand
lo accoglie. A un certo punto la sua famiglia comincia a essere indispettita dalla sua nuova intraprendenza, e
dalla nuova capacità, ignota al vecchio Martino, di far fruttare i vecchi beni di famiglia. I parenti lo sospettano,
e lo denunciano. Bertrand lo difende a spada tratta, ma nel mezzo del processo di presenta un altro uomo
che pretende di essere Martin, che presenta molte ferite di guerra e a cui manca una gamba. Jean de Coras,
il giudice, era un cattolico affascinato dal calvinismo, che traspone questa fascinazione nel proprio lavoro 
Il caso diventa una questione dirimente. Tra l’altro cerca di mettere insieme degli incidenti probatori,
mettendo assieme diversi interrogatori su persone che avevano conosciuto Martin in passato. Ma il campione
di 40-50 persone si spacca quasi a metà. Quasi per intuizione, dava Martin per innocente. Finché non si
presenta quello che pretende di essere il vero Martin. Per un calvinista, il fattore è terribile: Dio non è dalla
sua? Ma Martin è tornato prima che emettesse la sentenza, prima che commettesse l’errore. I protagonisti
del libro della Davis sono de Coras, chi la storia l’ha raccontata, e Bertrand, chi ha avuto un ruolo decisivo,
perché avrebbe dovuto individuare l’impostore: ma la Davis individua le sue ragioni. Una donna isolata in una
comunità rurale di antico regime, davanti a un potenziale marito, vede la soluzione a problemi
apparentemente insolubili. La Davis, prendendo atto della natura post eventu delle fonti, allarga lo sguardo
alle dinamiche delle famiglie nel contesto in questione. Quando un marito scompariva e non se ne attestava
la morte, la moglie non poteva sposarsi. Una questione fondamentale è l’atteggiamento della Davis sulle
incertezze: ci sono zone ombre che non avranno mai soluzione. Come storico si arrende e delega la coerenza
del racconto a ciò che può immaginare, sulla base, certo, di un’enorme conoscenza.

Il concetto di crisi

Onnipresente su ogni manuale (economica, demografica, politica). Nel momento in cui pensiamo alla prima
metà del ‘600, dobbiamo pensare alla guerra dei 30 anni (1618-1648). Mondo tedesco, motivazioni religiose,
controllo di alcuni territori nel mondo tedesco. Coinvolge un po’ tutti. Conseguenze devastanti su due zone
d’Europa: zona tedesca centrale, parte della Svizzera e nord-Italia. Non è una motivazione sufficiente a farci
parlare di un processo di crisi per tutto il continente o tutto il mondo. Né lo sono epidemie e carestie. Gli
eserciti, seppur enormi (quasi prototipi degli eserciti di massa), ingaggiavano battaglie campali. Il problema
è che c’è stato un cambiamento nella vita sul Mediterraneo rispetto ai secoli precedenti. Un Mediterraneo
spaccato, difficile e pericoloso da navigare e per il commercio. I grandi mercati non sono immediatamente
fruibili alle grandi potenze che si affacciano sul mediterraneo. Di crisi si può parlare su alcune zone europee
che si affacciano sul Mediterraneo, ma questa crisi è parallela a una forte accelerata di altre aree (Epoca
d’Oro olandese, l’Inghilterra fiorisce nonostante forti divisioni interne). Concetto di riconversione 
Nell’Europa del’500 il tessile è fondamentale. Nel momento in cui i mercati nordeuropei cominciano a
sviluppare il loro tessile, l’industria italiana entra in forte difficoltà per varie ragioni. Fin dal passato, l’industria
era dominata da sistemi di controllo che facevano capo alle corporazioni  Calmieri sui prezzi, regolazione
della competizione. Sistema pressoché sconosciuto alle città dell’Europa del Nord, dove il prodotto viene
immesso nel mercato senza vincoli dall’alto, facendo forte competizione al mercato italiano, a prezzi
impensabili per i produttori italiani. Il tessile italiano si riconverte, specializzandosi sui prodotti di lusso  Il
processo è prettamente economico, ma dato che il prodotto di lusso deve rispettare determinati standard,
ha delle ricadute culturali. È un prodotto destinato a delle corti dedite all’apparenza, in assenza di potere
reale. La società si irrigidisce, la produzione di lusso è destinata a pochi, nascono sacche di impoverimento,
abbandono delle città a favore delle campagne. Chi ancora giunge in città è perché, non riuscendo a reggere
i ritmi della vita contadina, prova a vivere di sotterfugi, espedienti, o elemosina. Sempre più numerosi sono i
marginali. Peggioramento delle condizioni igieniche. Se fino a ora il povero è l’immagine di Cristo, che va
aiutato, ora, soprattutto in Italia e nelle città della fascia mediterranea, assistiamo a una criminalizzazione
del povero, che il potere deve ingabbiare e controllare. Questo, almeno, è il modello.
Dall’Olio, Cap. I, sulle condizioni igieniche dei poveri di Firenze. Fonte d’archivio, scritta da un ufficiale di
sanità. Equazione povertà=sporcizia. L’iperbolicità della descrizione è funzionale agli interessi dello scrivente.
La criminalizzazione del povero porta a calcare la mano. Il legame tra povertà, sporcizia e malattia è
funzionale a far apparire essenziale il ruolo dello scrivente, esagerando l’importanza dell’ufficiale di sanità.
La fonte non fa altro che rappresentare se stessa, il proprio potere, le proprie ragioni. Contiguità tra questo
tipo di fonte e una fonte saggistico-letteraria. Una volta che viene fornita una certa lettura dell’argomento,
viene fornita anche la soluzione. Ogni forma di descrizione della realtà è una forma di controllo della realtà.
Non posso sperare di controllare ciò che non conosco.

16/04/2019

Lezione XIV

Italian Voices, progetto europeo coordinato da Brian Richardson, studioso della lingua, che coinvolgeva
diversi studiosi italiani  Rapporto tra cultura scritta, manoscritto, stampa e voce. Fermo restando che le
strutture repressive della Chiesa hanno avuto un enorme impatto sulla diffusione della cultura scritta,
soprattutto a stampa, cosa ne è stato di quella orale? Si presuppone che sia ancora molto forte, soprattutto
nell’Italia di antico regime, caratterizzato, soprattutto nei contesti urbani, da una dimensione spiccatamente
performativa. A cosa si va a guardare? Dove si va a cercare? Le prime indagini, chiaramente, si vanno a fare
direttamente sui testi, manoscritti e stampati, per rintracciare permanenze di modi del parlare (per esempio,
la stessa punteggiatura  Particolarmente evidente nel testo teatrale). Ma è troppo semplice. Si va poi alla
fonte inquisitoriale, per vedere se per caso gli inquisitori avessero intercettato chi diffondeva le proprie idee
oralmente. Ma anche questo è troppo semplice, non è abbastanza. Si può andare allora a guardare nelle fonti
di polizia, di polizia secolare, che spesso si occupano di figure marginali che hanno a centro della propria
attività la comunicazione (cantori, venditori di strada, i cosiddetti cantarinari, saltimbanchi…) che rischiano
di trasmettere messaggi sbagliati. Le forze di polizia cominciano a individuare, lo abbiamo visto, una
convergenza tra lo status marginale e una fonte di contagio ideologico oltre che fisico. In ultimo, sono state
importanti le fonti degli ufficiali di sanità. I ricercatori avevano intuito le forti relazioni nelle raffigurazioni del
potere tra il marginale, l’ambulante, lo sporco, il povero, il disobbediente e la malattia. Chi è in possesso di
un compito repressivo pone questi elementi sempre su un unico binario. Cosa ne è venuto fuori? Una tesi
molto forte (e quindi molto contestabile): secondo questi studiosi, nell’Italia tra ‘500 e ‘600 tutta una serie di
figure (quelli che noi definiremmo mediatori culturali) che animavano la vita sociale italiana sarebbe stata
radicalmente sterminata o ridotta ai margini totali, all’invisibilità. Il problema è che questa tesi è ancora più
complessa, guarda a un paradigma sostitutivo: al posto di queste figure cominciano ad apparire missionari,
predicatori, confessori, che a loro volta non si occupano, sempre attraverso la voce (a voce si sostituisce voce,
per comunicare anche e soprattutto a chi non sa leggere), della cura delle anime, dell’istruzione del fedele,
bensì anche degli aspetti materiali della vita dei fedeli. Ottica di allineamento a dettami propri del potere
secolare e di quello ecclesiastico. Questi studi si traducono in metodologie molto complesse. Rosa Sauzberg
Ephemeral City, su Venezia, città “effimera” per la volatilità delle fonti. Come farla rivivere? Guardando
alle fonti che ci mostrano come il potere gestiva proprio questi fenomeni.

Un altro progetto europeo riguarda le cosiddette digital humanities  Attraverso dei software riusciamo ad
applicare a delle fonti un modello di lettura che prima non potevamo adoperare. Far vedere ciò che l’occhio
umano non può vedere, rendere fonte visiva ciò che immediatamente visivo non è. Porre problemi che
l’occhio umano normalmente non potrebbe porsi. Laboratorio di Digital Humanities diretto da Friedrick
Kaplann  Progetto Venice Time Machine. Un programma che consente di vedere online, mese per mese,
la trasformazione di Venezia in antico regime in ciascuna delle sue componenti, comprese le figure, persone
vive a volte non immediatamente visibili. Ma c’è un problema. Da dove vengono ricavate queste
informazioni? Team di filosofi, letterati, storici, ingegneri informatici, sì, ma le fonti? Prima fonte importante:
catastico, fonte fiscale, cui si affiancano altre fonti (polizia, ufficiali di sanità, pittori, necrologi, che a Venezia
spesso riportano anche graficamente la causa della morte). Ma al fisco si tende a sfuggire, e soprattutto
costituisce quella parte di amministrazione pubblica che da ogni singolo cittadino deve ricavare delle
informazioni atte a rimpolpare le casse dello stato. Fonte estremamente parziale.

Quali sono le coordinate del primo cinquantennio del ‘600?

 La Francia, stabilizzatasi sotto la dinastia borbonica a seguito delle guerre di religione, entra in una
fase di spaccatura sociale tra la fascia contadina e quella nobiliare (?). Continue rivolte contadine.
Tensioni che arrivano alle fasce più alte, traducendosi in nuove forme di insorgenza. Ne ricordiamo
due: la Fronda Parlamentare e la Fronda dei Principi. I parlamenti in Francia sono corti di giustizia,
molte volte controllate dai ceti nobiliari. Il più importante era quello di Parigi. Una di queste fronde
è stata quindi portata avanti dai titolati di una corte di giustizia. Mentre l’altra, quella dei principi, dai
membri dell’alta nobiltà, in ribellione contro il tentativo della monarchia di accentrare in sé una certa
quantità di potere a essi delegato. Paradossalmente, questa stessa Francia si impegna nella guerra
dei trent’anni: attraverso l’individuazione di un nemico esterno cerco di risanare le fratture esterne;
 La Spagna, dopo il periodo di Filippo II, attraversa un periodo di divisioni e rivolte che attraversano
campagne e città;
 L’Inghilterra esce dal regno di Elisabetta I, morta senza eredi resistendo al tentativo di infiltrazioni di
altre dinastie. Potere a Giacomo I Stuart (dinastia scozzese). Anche lui in balia di una nobiltà riottosa
e di problematiche religiose (è cattolico, ma in quanto re di Inghilterra deve essere anglicano).
Giacomo I ha come principale spina nel fianco i sospetti di criptocattolicesimo. Divisioni profonde nel
paese, soprattutto dalle frange radicali degli anglicani e dei calvinisti  Puritani. Queste frange
hanno una forte rappresentanza nel parlamento (che in Inghilterra è effettivamente un’assemblea
rappresentativa). Materie in cui il Parlamento deve essere convocato: questioni fiscali e,
strettamente legate (non si fa la guerra senza soldi, niente soldi senza tasse), questioni militari. Il
successore di Giacomo, Carlo, non manterrà gli equilibri. Condurrà il paese in una guerra civile che
vedrà la monarchia sconfitta. Prima Rivoluzione Inglese;
 Mondo Tedesco: attraversato da grosse divisioni che danno origine alla guerra dei trent’anni, che
coinvolgerà un po’ tutti. Volontà generale di dominio sulla penisola italiana. La Russia guarda da Est.
Emerge la Prussia.

Il problema delle rivolte

Tradizione interpretativa estremamente complessa. Letture storiografiche estremamente contrastanti.


Lettura marxista delle agitazioni contadine come manifestazioni della lotta di classe, largamente
maggioritaria negli anni della guerra fredda. Già al tempo si levavano dei dubbi sull’applicazione di questo
modello a una società preindustriale. Le fonti restituiscono dinamiche estremamente complesse: le rivolte
guardavano al passato, mirando non all’instaurazione di nuovi rapporti di produzione, bensì alla
restaurazione di (presunti) privilegi passati. In alcuni casi, dalle fonti emerge che i contadini agivano sì spinti
da una certa consapevolezza della propria consapevolezza, ma sotto la direzione di soggetti socialmente
estranei (ecclesiastici, nobili signori). Dall’Olio, Le Rivolte Contadine in Francia. Chi li ha armati? Chi li ha
organizzati? E il nemico viene individuato, come al solito, in chi amministra il potere, non in chi lo possiede.
La società non è organizzata per piani orizzontali, bensì secondo un modello verticistico. In antico regime non
è tanto importante ciò che si ha, la condizione materiale, quando ciò che si è e il proprio legame con i vertici
superiori. Il contadino si farebbe ammazzare per il proprio signore, non per l’altro contadino. Questi
movimenti sono ben lungi dall’essere rivoluzionari. Ribadiscono la validità del potere monarchico,
scagliandosi contro gli amministratori fattuali del potere stesso. La rivolta di antico regime non è
assolutamente trascrivibile sul piano della lotta politica. Non c’è omogeneità, qualcosa che accomuni chi
assale il gabelliere. Strumentalizzazione della rabbia popolare come mezzo di soluzione di contese private. La
società di antico regime non è una società di classe, bensì di fazioni, schiatte, animate da contese private. La
rabbia popolare viene alimentata e diretta per esercitare vendetta contro la schiatta concorrente, per
esercitare vendetta verticale. Utilizzo come atto dimostrativo della rabbia popolare rispetto al potere più alto
nella gerarchia (quello monarchico). Pletora di micropoteri popolari capaci di dirigere la violenza e far mostra
di questa capacità. Grosso potere per avere voce al tavolo delle trattative. Il rapporto tra il potere monarchico
e quello locale è di natura puramente pattizia. Tendenza dei sovrani a vendere certe cariche, soprattutto per
sostenere le spese militari. La loro proprietà era interpretata da chi la acquisiva come permanente, quindi
ereditaria: manifestazione di nobiltà acquisita ma trasmissibile. Per questa società, la fedeltà è ancora
importante, e la fedeltà rimanda a diritti feudali. Feudalità, gestione dei rapporti sulla base del personalismo.
Tutte le oppressioni dalle quali i contadini reputano di essere afflitti vengono attribuite non al potere
monarchico, bensì ai burocrati  Tentativo di disintermedializzazione del potere monarchico. Eppure la
burocrazia, l’intermedializzazione del potere, è stata per anni considerata una caratteristica fondamentale
dello stato moderno così come sarebbe nato in questo periodo.

La fronda parlamentare

Esercitare il potere giudiziario in una società di antico regime significa esercitare un potere enorme nella vita
quotidiana. I contadini litigavano su questioni di sopravvivenza. Dall’Olio, fonte sul Cardinale de Retz (Fronda
del ’48-49)  Si riteneva fedele al Re, ma ostile a Richelieu e poi a Mazzarino. Ricostruzione a posteriori. Il
resoconto valorizza le istituzioni intermedie, gli Stati Generali e i parlamenti, che sarebbero state eliminate
dal Cardinale Richelieu. Se i contrasti religiosi sono stati domati e le guerre vinte, è stata questione di fortuna
(Machiavelli). Descrive l’ascesa dell’assolutismo come un processo negativo, di degenerazione e deriva verso
la tirannia.

17/04/2019

Lezione XV

Visione profondamente giustificazionista nei confronti di chi pone in atto forme di resistenza nei confronti
del sovrano. L’assolutismo si configura come una costruzione culturale sia del sovrano sia di chi rimprovera
l’eccessivo accentramento del potere da parte dello stesso. Si può dire che la Francia abbia vinto la guerra
dei Trent’anni, ma il cardinale attribuisce l’evento a circostanze fortuite. L’intero operato di centralizzazione
viene considerato come un’opera di degenerazione. Rovesciamento delle antiche leggi  Chi mette in atto
una ribellione guarda al passato, un passato che spesso è solo una ricostruzione culturale mai esistita, una
realtà sempre esistente nella mente dei rivoltosi di ogni epoca. Il passato è un luogo comune, un’età aurea
all’interno della quale ci si rifugia per rifiutare le asprezze, le lacerazioni del presente. Psicsotoria, intreccio
tra psicologia e storia. Questo atteggiamento ricorre in svariate epoche. Questione estremamente complessa
 Atteggiamenti umani non legati alla contingenza, che ci portano a guardare alla lunghissima durata. Lors
Mayle. Altri studiosi, invece, sono convinti che determinate situazioni siano in grado di cambiare le strutture
psichiche degli esseri umani, il loro modo di reagire agli eventi [Lynn Hant  La forza dell’empatia. Come i
romanzi hanno modificato il comportamento umano]. Forte passatismo e forte presentizzazione della storia.
Gary Edgerton e Bryan Collins  Television as Historian. Nel momento in cui questo medium si impossessa
del discorso storico, non soltanto lo memorializza, ma la presentizza. La memoria non è storia: la memoria è
monovocale, parziale, basata sull’osservazione diretta, piegata su una singola voce. La storia, quando cerca
di colpire, rischia di piegarsi al punto di vista di una sola voce, di memorializzarsi (fallacia dell’autoevidenza
della fonte rispetto al fatto).

La crisi spagnola

Dall’Olio, passi dal memoriale dell’Anonimo di Cimancas (?) e di Sancho de Moncada (?). Sancho attacca gli
stranieri, i meccanismi di produzione e quelli di commercio.

Firenze

Dall’Olio, passo di Alessandro Lamberti, lucchese. 1626. Parere circa le difficoltà produttive. Attacca la
concorrenza spagnola, contraddicendo la visione della fonte precedente. Immagine dei negozi chiusi, potente
e senza tempo. Riconversione dei negozi, da lana e seta ad arti vili.

Mercati inglesi e olandesi

Dall’Olio. Joshia Chyai  Mercante inglese, Compagnia delle Indie Orientali. Schiaccia la concorrenza.
Struttura unificante che centralizzi gli investimenti. La compagnia inglese e quella olandese sono legate al
potere politico che offre loro delle garanzie, in primis protezione militare contro le azioni piratesche,
infrastrutture (porti), e soprattutto reti di protezione politica, diplomatica. La navigazione, normalmente
molto pericolosa, per loro lo è molto di meno. La fonte descrive il contesto olandese. Ruolo nella politica
estera. Valorizzazione degli inventori, assente, per esempio, nel contesto dell’industria tessile italiana.
Incentivo proveniente dal potere pubblico. La fonte cita anche la tolleranza “in maniera di opinioni religiose”,
ciò che conta è fare soldi. Legame strettissimo tra strutture economiche, politiche e culturali.

Tutto ciò si riflette anche sul commercio e dall’atteggiamento che al riguardo hanno certe aree italiane.
Concetto di barocco  Forte accentuazione dell’esteriorità, degli scenari di evasione dalla realtà,
dell’ostentazione dello sfarzo e della ricchezza. Accentuazione del fuori rispetto al dentro. Elemento della
fruizione di questo tipo di arte e produzione letteraria  Puramente cortigiana e letteraria. Arcadia. Tuttavia,
all’interno di questi percorsi, devo sembrare ciò che non sono, vestirmi di abiti che non mi appartengono,
venire accettato in circoli chiusi socialmente statici. Es. Giovan Battista Basile (Lo Cunto de li Cunti), uomo
dalla doppia identità, innanzitutto come poeta (scrive sia in vernacolo sia in toscano petrarchesco); quando
scriveva in vernacolo, usava anche degli pseudonimi, tra i più ricorrenti Gian Alesio Abbattutis (anagramma
perfetto del suo nome). Il tema de Lo Cunto de li Cunti, rovesciamento palese del modello alto del
Decamerone, per via dell’antirealismo, coinvolge sistematicamente il magico, l’alchimia, le credenze, etc.etc.
Costituisce una forma di reazione al tentativo di controllo sociale adoperato dalla Chiesa. Un contemporaneo
di Basile, Cortese, altrettanto attivo nell’ambito della letteratura, vernacolare e toscana, aveva anch’egli una
doppia identità. Scrisse Il Viaggio di Parnaso e La Vaiasseide, il poema delle vaiasse, il cui stile di vita è anni
luce lontano da quello della corte. Questa letteratura è però semiclandestina: questi poeti ci tengono a
preservare la propria identità di poeti toscani (dissimulazione). Negli stessi anni circolava a Napoli, sotto
pseudonimo, un libro singolare: La Tiorba a Taccone de Filippo Scruttendio de Scafato. “Filippo” potrebbe
essere un omaggio al nome dei re di Spagna, “scruttendio” indica il rutto, Scafati era individuata come luogo
deputato dei cafoni, gli emarginati che si avvicinano alla città portando con sé un fattore di corruzione.
[PAUSA] È un canzioniere. Riferimento obbligato a Petrarca, e quindi alle caratteristiche somatiche attribuite
a Laura. La protagonista, Cecca, è tutto il contrario di Laura: grassa, capelli scuri e orrendamente cesposi,
carnagione livida. Anche i suoi modi sono tutto il contrario di quelli di Laura. La lingua di Petrarca è
“trascendentale”, l’alimentazione, ad esempio, come altri riferimenti alla lingua materiale, è assolutamente
assente. Laura è eterea, non si interessa mai a questioni materiali. Cecca, invece, mangia sempre. È vorace.
La fame è uno degli istinti che domina la sua figura. Laura è leggiadra, pulita, e profumata. Cecca è sporca,
lurida, puzza in una maniera insopportabile. Laura non è mai rumorosa, Cecca lo è sempre, parla come una
vaiassa e non riesce a controllare i movimenti d’aria dovuti alla propria voracità (da entrambi i lati).
Digestione estremamente complicata (vomito o diarrea). Voracità sessuale. È terribilmente bramosa quando
un uomo si rapporta con lei. Alcuni l’hanno interpretata come un’opera parodistica, mentre altri hanno
evidenziato come essa allarghi il discorso letterario ad ambiti che fino ad allora le erano estranei. Quando ha
fame, Cecca ha fame di cose particolari, e ciò ci dà conto dell’alimentazione non dei membri delle corti, bensì
del popolo napoletano, dai prodromi della pizza al pancotto. Come Basile cerca di rendere conto del rapporto
represso del popolo con il soprannaturale, quest’opera rende conto di una dimensione fino ad allora taciuta.
C’è una certa simpatia da parte dell’autore. Il poeta è innamorato perdutamente e cerca di corteggiarla,
anche attraverso le buone maniere. Spesso Cecca gli tira addosso gli zoccoli, facendogli molto male. Entriamo
così nell’universo della calzatura popolare, su cui le altre fonti tacciono. Ma chi è l’autore? Fino a qualche
anno fa si pensava a chissà quale figura misteriosa del sottobosco letterario, dato che prima edizione è
successiva alla morte di Cortese. Ma si è scoperto che quella che credevamo essere la morte di Cortese non
era altro che una messinscena. Era indebitato e ossessionato dai creditori, perciò inscenò la morte. Seguendo
i pagamenti bancari, si sono trovate firme su pagamenti bancari successive alla sua presunta morte. A quel
punto, Cortese era un papabile autore. Questo ci dice cose importanti circa l’importanza della dissimulazione
nella società del tempo, la marginalità del letterato dalle due nature (vernacolare e toscana) e la simpatia
che doveva provare quest’ultimo nei confronti del popolo, che, pur da un punto di vista elitario, viveva in
prima persona quest’epoca di forti spaccature sociali. La letteratura, pur essendo una forma di controllo della
società, può contenere forme di empatia che consentono di guardare ad aspetti non immediatamente
evidenti.

Dall’Olio, fonte di Giulio Cesare Croce, saga di Bertoldo e Bertoldino. Scontro tra il pane di città (di segale) e
di città (di legumi). Sguardo profondamente più elitario rispetto all’autore del canzoniere di Cecca.

Queste fonti ci danno conto di quello che accadeva nella Napoli che precede la Rivolta di Masaniello, verso
il finire della Guerra dei Trent’anni, per sostenere la quale la Spagna imponeva delle tasse. Quella che fece
traboccare il vaso fu la gabella sulla frutta. La figura di Masaniello è legata alle attività di
pescatore/pescivendolo. Questa visione ci consente di non memorializzare il discorso storico.

Il corso riprende il 29 e il 30 Aprile.

Riprendo lezione del 29.

30/04/2019

Il seicento fu teatro di uno dei più grandi atti di rappresentanza del potere assoluto: il “trionfo” di Luigi XIV.
Reggia di Versailles. Distribuzione degli spazi estremamente razionale e speculare rispetto all’organizzazione
sociale del paese. Miniatura della Francia così come Luigi XIV l’avrebbe voluta. Norbert Elias, La Società di
Corte. Arginazioni rispetto alla dispersione del potere e alle sue manifestazioni (fronde, rivolte…)  La
Reggia, luogo di richiamo per le nobiltà locali, ricopre un importante ruolo strategico. I nobili dalle periferie
giungono nella reggia, dove vivono di sfarzi nella contemplazione del sovrano, mentre nelle province vengono
mandati gli intendenti, burocrati che rispondono direttamente al Sovrano. Questo è il progetto. La realtà si
scontra con moltissimi difetti. Il potere è uno spettacolo, che fa parte della cultura mediatica sul piano
rappresentativo. Che se ne parli, ma non in modo critico. Il problema è che i discorsi critici nascono già
all’interno della corte, ad esempio nei linguaggi teatrali. Scrittori come Moliere mostrano l’esteriorità,
l’ipocrisia e la vacuità contenutistica di questi atteggiamenti. C’è un altro luogo di espressione del potere:
l’ambito militare. Individuazione di un nemico esterno contro il quale combattere e contro il quale
manifestare la grandiosità del potere regio. Convincere i sudditi che non stanno combattendo una guerra
dinastica, bensì nazionale. Non per i Borbone, bensì per la Francia. Nemico a Est e a Ovest. Francesi resi
fiduciosi dalla vittoria della guerra dei Trent’Anni. L’esercito costituisce un forte elemento di coesione.
Ulteriore piano rappresentativo: piano economico. Anche l’economia può essere il luogo all’interno del quale
si può mostrare la priorità dei francesi. Cercò di farlo il ministro delle finanze Colbert. I manuali lo descrivono
come mercantilista (e quindi protezionista)  Il mercantilismo dovrebbe cioè massimizzare la produzione
interna rendendo lo stato autosufficiente, consentendogli di arricchirsi (massimizzare le esportazioni). Forte
intervento statale nell’economia. Tutto ciò è legato alla questione militare: lo Stato investì moltissimo
nell’industria pesante, militare. Ma Colbert non era mercantilista, non poteva esserlo e non sapeva di esserlo.
Questo concetto è stato elaborato un secolo più tardi. Dobbiamo parlare piuttosto di colbertismo,
affermando che nel settecento Colbert sia stato poi preso a modello per le teorie mercantilistiche. Anche
l’economia è una forma di rappresentazione: mostrare ai francesi che non sono mai i francesi a pagare. Ma
qual è il primo effetto dell’imposizione di dazi? La “guerra doganale”. Questa strategia è destinata, dopo un
po’, a cominciare a non funzionare.

Guerra di Successione Spagnola, nella quale la Francia aveva il proprio “candidato” e dei candidati rivali
(Asburgo). Davanti a questo conflitto, le altre potenze fanno le proprie valutazioni. A un primo momento, la
sua aggressività rende le sue pretese inaccettabili, ma poi si rendono conto che il candidato asburgico
avrebbe potuto ricostruire quel potere unico sull’Europa che era stato di Carlo V. Tra i due mali, il male minore
era il candidato di Luigi, la cui vittoria è una vittoria di Pirro, dato che oramai le altre potenze europee lo
riconosco vecchio e innocuo.

E, in tutto questo, dissensi interi. Fénelon, Le Avventure di Telemaco (per il Duca di Borgogna). Attraverso un
paesaggio pseudo-storico-mitologico, Fénelon tenta di raccontare la Francia del proprio tempo, dove le cose
andavano male. Repressione. Conformismo culturale, chiaramente denunciato. Noi definiamo l’opera
“romanzo” (≠novel, che contiene elementi di verosimiglianza). In antico regime la distinzione tra narrazioni
verosimili (imitabili, che mostrano un modello di comportamento) e non verosimili ha un grosso peso.
Tramite questa scelta di ambientazione, Fénelon cerca di sfuggire al meccanismo di controllo del tempo.
Pierre Bayle, primo dizionario filosofico (Dizionario Storico-Critico), sintomo della necessità di ribellarsi
all’esteriorità e individuare la profondità delle cose. Entrambi questi personaggi vengono marginalizzati,
persino uno esiliato. I libri di testo non restituiscono la decadenza della cultura spettacolare di Luigi XIV, delle
sue politiche, l’evanescenza di tutto ciò.

Dall’Olio, fonte tedesca dall’Avventuroso Semplicissimo, che narra le vicende di un soldato che ha combattuto
la guerra dei Trent’Anni. Mondo onirico, al confine tra reale e irreale. Prospettiva estremamente soggettiva.
Punto di vista “basso”. Ibrido tra novel e romance, ma è più un romance, a prescindere dalle velleità di
verosimiglianza. A che genere appartiene? Romanzo picaresco. In antico regime ha un prototipo che viene
dalla Spagna, fondato sulla vita di un picaro, che vive ai margini della società, non è inquadrato e si muove
costantemente da un posto all’altro. Chi è il “semplice”? Il non colto. Punto di vista fortemente marginale.
Questo genere ci consente di intravedere voci normalmente taciute dalla storiografia. Assomiglia
stranamente al genere, alquanto opposto, dell’agiografia. I più grandi picari di antico regime sono proprio i
santi, con la grande differenza che loro compiono sempre azioni positive, mentre i picati fanno solo azioni da
non emulare. Tutto ciò non intacca però non ne intacca la natura didattica: il protagonista, di volta in volta,
paga i propri errori e dai propri errori impara. Anti-modello. Tal volta l’efficacia didattica di questi romanzi è
persino maggiore. Tuttavia, alcuni non sono d’accordo: la tentazione dell’imitazione può essere maggiore
della forza del messaggio pedagogico. Ultimo particolare: il romanzo in quanto tale fa paura, come anche
l’opera teatrale, ma curiosamente a chi si preoccupa del controllo teme di più il romanzo, perché innesca,
dato il rapporto diretto con la pagina, un legame diretto di imitazione. Un altro modello è il Don Chischiotte.
Ma come lo definiamo? Lui è matto perché ha letto troppi romances. La narrazione si basa sull’intersezione
tra realtà pura e realtà fantasiosa mentale. Sarebbe un novel, se non apparisse in gran parte come un
romance. Sulla base del Don Chisciotte non si possono operare distinzioni nette. Commento della fonte: il
narratore-attore, e questa è la base della verosimiglianza, distingue tra ciò che ha visto, ciò che ha sentito
dire e ciò che può solo ipotizzare. “Dittatura del testimone”. Tratto stereotipico del tesoro, fondamentale in
questo tipo di narrazione. Il tratto stereotipico mostra non ciò che c’era davvero, bensì ciò che nella loro
mente le persone si aspettavano ci fosse. Mostra la mente delle persone.

In antico regime, il concetto di “letteratura” come opera slegata da un fine eminentemente pratico e
destinata alla contemplazione estetica non esiste. È una costruzione culturale ottocentesca, frutto della
nascita di un sistema di comunicazione di massa che ha slegato la comunicazione rivolta a un fine pratico e
quella rivolta a un giudizio. Non esistono opere slegate dal fine pratico. In antico regime, leggere qualcosa ha
sempre e comunque un fine pratico, deve trasmettere cose che si traducano in un saper fare. Ciò che conta
sono le distinzioni tra generi e quella tra opere verosimili e non. I migliori conoscitori sul piano critico della
letteratura di antico regime sono i censori  Secondo alcuni studiosi, i censori sarebbero stati i primi critici
letterari (critica come attività intellettuale finalizzata all’incasellamento e al controllo). Le migliori definizioni
teoriche, in questo periodo, stanno nelle introduzioni, scritte non dagli autori, bensì da stampatori, editori, o
meglio ancora dai censori.

Che cos’è la globalizzazione? Può essere descritta solo e soltanto come un processo di ramificazione che
riesce a coinvolgere l’intero globo. Quello che avviene nel seicento è un processo di globalizzazione
dell’economia e della cultura? Probabilmente no. I fenomeni viaggiano su traiettorie, anche lunghissime, che
però non necessariamente implicano l’innescarsi di fenomeni globali. Traiettorie globali, non globalizzazione.
Transnazionalizzazione.

06/05/2019 Lezione XVIII

Nel ‘600 trovano un loro assetto i colonialismi inglesi e olandesi, soprattutto in Asia, con peculiarità. Quello
olandese si sostituisce a quello portoghese. Quello che avviene nel ‘600 si può chiamare globalizzazione?
Fenomeni globali o transnazionali? Globalizzazione: rete di fenomeni globale pluricentrica.
Transnazionalizzazione: i fenomeni seguono singole traiettorie, senza che allargarsi al di fuori. Vedi
fenomenologia dei prezzi delle merci. I prezzi potevano essere identici su una traiettoria, ma differenti in
località vicine senza ragioni riconducibili alla traiettoria stessa  Fenomeno proprio della
transnazionalizzazione. Altra domanda fondamentale: la globalizzazione è un fenomeno solo economico? No,
è la trasmissione di modelli (di comportamento, economici, politici, religiosi). Cosa succedeva negli altri
continenti? È difficile comprendere il percorso delle sincronie. Durante il regno di Luigi XIV tornarono in
Francia moltissimi missionari che avevano svolto funzione pastorale in Asia, soprattutto Gesuiti, molto abili
 Sorprendente flessibilità adattiva alle usanze della popolazione che andavano ad evangelizzare. Approccio
quasi “antropologico”, entravano nell’orizzonte di una cultura e, senza pretendere di capovolgerla, cercavano
di modificarla dall’interno per adattarla al messaggio cristiano. Entrano all’interno dei meccanismi sociali,
politici, rituali. Sulla base di questo presupposto, mettono in piedi i cosiddetti “riti cinesi”, in tutto e per tutto
cattolici, ma modellati sulle religioni già presenti sul suolo cinese (confucianesimo, buddismo, shintoismo,
induismo…). Metodologia legata anche in territori molto vicini  “Le Indie di qua giù”, ossia il Sud Italia.
Strategia di compromesso, sincretismo culturale. Zona americana, culto della Santeria  Esempio di come
l’osservazione del presente sia essenziale per comprendere il passato. Elementi di culto evidentemente
africani. Alcuni gruppi di origine africana portano i propri culti, e al momento dell’evangelizzazione questi
culti vengono trasformati in icone cristiane. Santa Barbara prese le sembianze della divinità Changò (?).
Scivolamento del culto di origine africana in culto cattolico, sulla base del meccanismo tipicamente
economico del cosiddetto “commercio triangolare”. Mercanti europei – Coste africane (materiale umano) –
Piantagioni americane a monocultura (materia prima agricola o mineraria, v. miniere d’argento) – Mercati
europei (materia prima che viene elaborata come prodotto finito) – Prodotti finiti presso i mercati asiatici e
di nuovo americani. Il discorso non è solo economico: gli schiavi portano culti e credenze, rielaborati dai
gesuiti durante il processo di evangelizzazione. Il prodotto finito viene portato su tutti continenti, e ciò ha
anche influenze culturali (influenza alimentare transcontinentale).

E l’Africa, in tutto ciò? I poteri politici in Africa erano in feroce lotta tra di loro. Uno dei poteri più forti era
l’Impero Ohio. Una presso la regione dei laghi. Le forze contrastanti cercano di trarre guadagno dal rapimento
del nemico e dalla sua vendita ai mercanti europei. Ricadute culturali. Le società africane, nel seicento,
diventano, per carenze di uomini, società prevalentemente matriarcali. Profonde trasformazioni alimentari:
l’Africa è l’unico continente che non riceve i prodotti e deve quindi sopravvivere di sfruttamento del suolo. Il
continente è l’unico resistente alla penetrazione cattolica, data la chiusura delle reggenze barbaresche
nell’area settentrionale.

Tutto questo percorso ci rimanda a meccanismi che possono essere effettivamente globalizzanti.

Questi fenomeni sono sempre accompagnati anche da quello ambientale. Charles Parker, Storia Globale
dell’Età Moderna, Orge Canizares…, How to write the History of the New World, McNeel  Come cambia
l’ambiente? Come cambiano gli ecosistemi? Assistiamo nel seicento a un cambiamento dell’interazione tra
uomo e ambiente, che definisce il concetto di territorio. Cambia l’ambiente africano, quello americano e
quello asiatico. In virtù della carenza di forza lavoro maschile, l’Africa deve riadattare la propria produzione
alimentare. L’universo americano si adatta all’esigenza della produzione coloniale: Sud, modello signorile;
Nord  Florida, Texas, Nuovo Mexico, Nevada, California; gli Spagnoli ci arrivano soprattutto grazie
all’intraprendenza delle missioni gesuitiche e francescane. Grandi fattorie dall’organizzazione ecclesiastica e
conventuale. Le missioni si trasformano pian piano in centri di potere, capaci di far ruotare attorno a sé un
intero territorio. Man mano che progrediscono, gli Spagnoli inglobano il territorio nel proprio impero. Solo
fascia meridionale, a ridosso del Golfo del Messico. Queste missioni interagiscono con i nativi, scendendo di
volta in volta a compromessi o entrando in contrasto. Abbiamo tutt’oggi grandi difficoltà a ricostruire una
storia dei nativi dal punto di vista dei nativi, che ne richiederebbe una profonda conoscenza dei culti, degli
usi e, soprattutto, della lingua. Atteggiamenti divergenti nei confronti dei missionari e delle altre forze
coloniali: Inghilterra, Olandese e Francese. Inglese: colonizzazione di massa e stanziale, prospettive;
impongono il proprio modo di vivere, plasmano l’ambiente, imponendo un modello differente rispetto a
quello dei nativi. La deforestazione toglie spazio alla caccia, attività essenziale per i nativi. Impatto
profondamente traumatico. Destrutturazione radicale dell’ambiente, prima ancora che delle culture
preesistenti. Olandese: colonizzazione costiera, mantiene una vocazione commerciale. Francese: penetra in
profondità, entra in contatto con le popolazioni e tenta di costruire una struttura politica che sotto Luigi XIV
prenderà il nome di Nuova Francia (ubbidisce alla vocazione economica del colbertismo)  Dall’attuale
Canada all’attuale Louisiana. Politica aggressiva, ma, in contrasto, attitudine diversa rispetto a quella inglese.
Colonizzazione quasi masi stanziale (poche decine di migliaia di Francesi nel nuovo mondo, contro forse più
di un milione di inglesi). Diverso rapporto con i nativi, che tendono (ma si deve guardare caso per caso) ad
avere rapporti più cordiali con i Francesi, che non sconvolgono il loro ambiente, che non gli inglesi. Quel tipo
di territorio risponde a politiche che partono dal colonizzatore ma non sempre si ripercuotono nel nuovo
mondo. Sviluppi divergenti dei due colonialismi.

Tutto ciò sembrerebbe affermare un’imposizione dell’Europa sugli altri continenti, ed è effettivamente così,
ma solo a partire da questo periodo. Oggettivamente in questo periodo gli europei mostrano una struttura
intera più salda che si traduce in forza espansiva, e mettono a frutto le difficoltà degli altri continenti, che ne
facilitano la penetrazione. Allo stesso tempo, l’Europa acquisisce. E una delle acquisizioni maggiori è u
modello politico che Luigi XIV acquisisce, attraverso il racconto dei gesuiti, dalla Cina  Racconti circa
l’imperatore Khan Xi, come manifestazione terra di un potere divino, che viveva in una splendida reggia.
Anche e soprattutto su queste basi Luigi XIV costruì il proprio apparato “ideale”.

Dall’Olio, processione di Bitonto. Puglia. Descrizione di una missione, scritte da missionari e dirette, in
generale, ai vertici della compagnia, o alla Santa Sede (congregazione della propaganda fide)  Vero e
proprio genere letterario, con regole proprie e schemi ripetuti. La reazione delle popolazioni locali si misura
soprattutto nella confessione di grandi masse di peccatori, che poi prendono la comunione e cambiano stile
di vita. Messa in scena, ingredienti fondamentali: buio e immaginario di morte (ossa e teschi). Il padre gesuita
si fa umiliare e insultare, per dimostrare la propria volontà di dimostrare il massimo dell’umiltà e della
mortificazione terrena. Le ferite e il sangue devono essere palesi e mostrate all’esterno. Capacità dei gesuiti
di entrare a contatto con un modo, comprenderne le esigenze e offrire una manifestazione visiva, tangibile
e, soprattutto, ripetibile, di fede.

Lezione XIX, 07/05/2019

Concilio di Trento  Repressione (Inquisizione) e Persuasione (Missioni). La reinterpretazione del messaggio


missionario porta ad adottare uno stile di vita che poco o niente ha a che fare con il dettame gesuitico.

Fine ‘600-Inizio ‘700 generale messa in discussione nel contesto europeo del paradigma secolare e di quello
ecclesiastico. Diverso contatto tra i letterati europei, superando barriere linguistiche, letterarie e culturali.
Francois Baquet, La Repubblica delle lettere, cioè delle missive, delle epistole, che all’inizio del ‘700
intensifica a tal punto la propria attività che i letterati sentono di far parte di una comunità unica e
transnazionale. Letterati, non intellettuali (anacronismo), che si riunivano in accademie, strutture a volte
promosse dal potere, a volte a esso leggermente subalterne. Al loro interno cominciano a nascere idee
critiche nei confronti del potere stesso. Napoli, Accademia degli Investiganti. Come reagisce la monarchia
spagnola? Non la prende bene. Le idee che circolavano erano a volte anche teologicamente eretiche. Lo stato
spagnolo e la chiesa decidono di allearsi contro questo tipo di fenomeno. Tra gli anni ’80 e l’inizio del ‘600 si
consuma a Napoli uno dei più grandi attacchi alla vita accademicaProcesso agli Ateisti (dall’accusa di
diffusione dell’ateismo). Paul AzardCrisi della coscienza europea, messa in discussione dei paradigmi
fondanti del potere. Es. Bayle e Du Fenellon. Non possiamo ancora parlare di Illuminismo (anni ’40 del ‘700
in poi). Italia: Alberto Radicati di Passerano, Pietro Giannone, Ludovico Antonio Muratori. Giannone va
ricordato in particolare per L’Istoria Civile del Regno di Napoli, pubblicata per la prima volta negli anni ’20 del
‘700. Ricostruzione della storia del Regno di Napoli che mette al centro il rapporto stato-chiesa. Accusa
esplicita: lo stato napoletano, come si presenta all’inizio del ‘700, è frutto di una secolare subalternanza del
potere regio a quello ecclesiastico, di cui ha sempre avuto bisogno per affermarsi nella società. Necessità di
riscatto. Giurisdizionalismo Studio del rapporto tra potere ecclesiastico e di quello secolare, e delle
rivendicazioni di quest’ultimo; gli si riconnettono anticurialismo e anticlericaslimo. Metà degli anni ’20, in
un sinodo la curia napoletana prende una posizione nettissima contro Giannone, l’Istoria e il
giurisdizionalismo. Giannone peregrinerà alla ricerca di un sovrano secolare che lo protegga dalla
persecuzione ecclesiastica, ma il potere secolare lo tradisce sistematicamente. Gli ultimi a ingannarlo sono i
Savoia. Morirà in carcere. Tendenza alla progressiva marginalizzazione della repubblica delle lettere, della
vita accademica, dell’attività dei letterati in dissenso con il potere. Di fronte a questa marginalizzazione, i
letterati non si arrenderanno, bensì si creeranno dei propri spazi di iniziativa e autonomia, spesso riducendosi
alla clandestinità (v. massoneria). Ludovico Antonio Muratori è un altro membro consapevole della
repubblica delle lettere, ma ha una posizione meno conflittuale rispetto al potere. Autore di grandi opere
erudite, che rispondono a due domande fondamentali: esiste un’identità italiana? E una europea (quale
sarebbero eventualmente le radici storiche?)? Trattato sulla fantasia umana. Trattato sulla felicità dei sudditi,
intesa come prioritaria per il sovrano, che per garantirla deve mettere in discussioni le proprie azioni e le
proprie credenze. Della regolata devozione dei cristiani  Ci troviamo a un modo di vivere la fede
radicalmente improntato all’esteriorità, alla materialità. C’è bisogno di una fede interiore, meditativa, che ci
renda più forti (lui è pur sempre un abbate). Passo dal Dall’Olio. [Peter Burke, La cultura popolare dell’Europa
Moderna, opposizione tra quaresimale e carnevalesco]. Alla penitenza seguiva la liberazione: le missioni
gesuitiche avevano la forma di incursioni piratesche, un mordi e fuggi totalmente esteriore.
Lezione XX, 08/05/2019

Riprendo prima parte della lezione

Occasionali, gazzette, avvisi, resoconti di scandali. Il meccanismo del “si dice… ma non è vero” consente,
rimanendo formalmente nei canoni dell’impeccabilità, di comunicare messaggi che impeccabili non sono. La
Outram ci invita a osservare l’Illuminismo come comunicazione forte, dinamica, che ora sì rivoluziona il modo
di leggere, scrivere, discutere, comportarsi delle persone. Daniel Rosch  Ruolo essenziale dei manifesti
affissi in giro  Pubblicità, inviti ad eventi, notizie di carattere pratico (es. istruzioni di carattere sanitario). Il
manifesto stimola la diversa dimestichezza del popolo di Parigi con le lettere (tra l’altro, i manifesti era
stampe a caratteri grossi). I manifesti possono anche ricostruire degli eventi, in maniera più o meno capziosa.
Es. Roma, pasquinate. Per la Outram, questi fenomeni contano più della tradizione letterata. Robert Dalton
(?)  Per capire l’Europa del ‘700 e l’Illuminismo non dobbiamo entrare nei palazzi e nei caffè di Parigi, bensì
nelle sue soffitte, dove si vive scrivendo e scribacchiando (soprattutto scritti denigratori). The litterary (?)
underground of pre-rivolutionary France. Ricostruisce la vita letteraria e la lotta per la sopravvivenza di autori
altrimenti ignoti, che vivono della propria penna. Gli studiosi hanno dimostrato che il caffè costava, e che il
caffè inteso come salone e luogo di riunione sono preclusi ai più  Cerchia elitaria. Ciò che conta è che ci
sono altri luoghi nella Parigi del tempo dove non si scambiano libri né si beve tè o caffè, bensì si scambiano
fascicoli, foglietti. È ciò a cambiare il modo di vivere e di pensare delle persone. Di cose si discuteva in questi
luoghi? Uno dei temi preferiti era quello delle prostitute di corte, le puttane di Luigi XIV, che per Dalton
scalfiscono la struttura dello stato francese molto di più di quanto abbiano fatto l’Enciclopedia o il Dizionario
Filosofico. Il potere se ne rendeva conto, e cercava di rispondere con un’azione di polizia  Censura,
repressione. Ma il potere deve pur sempre confrontarsi con il mercato, e i venditori si rendevano conto che
questa produzione costituiva fonte di guadagno: esiste un pubblico, cui magari è preclusa la produzione
“elevata”, affamato di scandali. Se entrassimo in una libreria del tempo, ci troveremmo di fronte a una sorta
di scatola cinese, piena di botole, sottopareti, stanzini nascosti, cui il cliente accede dopo che il rivenditore si
è accertato che non è uno sbirro. Di fronte a queste realtà, Dalton si pone il problema della produzione, cioè
degli stampatori. Come sfuggivano alla censura? In realtà quei libri scritti in francese per un interessatissimo
pubblico francese non vengono stampati in Francia, bensì fuori dai confini e rivenduti esclusivamente al loro
interno, introdotti all’interno di contenitori per merci. Dal punto di vista storiografico, Dalton ha costruito la
propria fortuna trovando in Svizzera uno stampatore che stampava libri solo ed esclusivamente per il mercato
francese. Ha potuto addirittura analizzare la contabilità di queste stamperie svizzere che si arricchivano grazie
al mercato clandestino francese. Però c’è un però. C’è anche un lato materiale (v. Voltaire, che si arricchiva
con le copie clandestine prodotte all’estero dei propri stessi libri, in cui, rispetto alle edizioni regolari, erano
presenti delle interpolazioni aggiuntive). Dalton, analisi del rapporto tra Rousseau e i suoi lettori, attraverso
lo studio del carteggio tra le due parti. Outram  Emancipazione dello scrittore dal tradizionale rapporto di
mecenatismo; lo scrittore vive ora del risultato del proprio lavoro.

Pietro Chiari, campione di vendite in Italia in questo periodo. Era un abbate. Le lettere scelte, in tutto e per
tutto un rotocalco odierno. Forma epistolare. Poi traduce romanzi francesi e, soprattutto e inglesi (attraverso
la versione francese, non conosceva probabilmente l’inglese), es. Robinson. Non si attribuiva le traduzioni.
Successo devastante con La filosofessa italiana  Racconta di una donna che vive un sacco di avventure,
commette un sacco di errori, si redime e ne commette di nuovo degli altri. Grande successo a Venezia, che si
irradia negli altri mercati. Arriva a Napoli, ma col titolo de La filosofante italiana e anonimo. Chiari se la
prende, è un’edizione clandestina. Questo tipo di operazione era propria dell’intraprendente stampatore
Giacomo Antonio Minaccia. Anche lui pubblicava traduzioni di opere francesi e inglesi, ovviamente
appropriandosi di traduzioni altrui, soprattutto veneziane. Incidente diplomatico con Venezia. Si conclude
tutto con un nulla di fatto. A un certo punto, anche perché a Napoli arrivano direttamente i testi veneziani,
ci si rende conto che il nome di Chiari aiuta a fare cassa, e allora i Napoletani cominciano a metterlo
OVUNQUE. Ci si è chiesti quanti lettori abbia avuto realmente Chiari alla fine della sua carriera. L’autore del
suo epitaffio dice “un milione”, dato iperbolico che confligge con i dati di alfabetizzazione (<20%, molto
meno). Le indagini hanno stimato 200k unità messe sul mercato che però non danno e non possono dare
l’idea di quante persone abbiano letto davvero questi libri, sia perché gli editori ufficiali lavoravano anche
per sottoscrizioni, sia perché Chiari si lamentava del passaggio di mano delle copie (proponendo di minacciare
uno sciopero). La bella pellegrina, La giuocatrice del lotto (storia breve, grande successo a Napoli ma non nel
resto d’Italia).

Lezione XXI, 13/05/2019

L’illuminismo che la Outram ci restituisce vive di una radicale trasformazione dell’universo mediatico. Nel
valutare la portata storica dell’Illuminismo, dobbiamo soppesare il livello al quale i grandi autori riescono a
penetrare.

All’interno dei cataloghi delle opere c’è una gerarchia di importanza. Es. Voltaire, Candido, che in Italia si
diffonde anche in traduzione fiorentina in ottave  Fortissimo legame con la dimensione vocale, cantata.
Struttura a episodi autonomi. Romanzo picaresco. Funzionano allo stesso modo i romanzi di Chiari. Altre
caratteristiche fondamentali: le protagoniste sono quasi sempre donne, e il romanzo viene spesso presentato
come la loro memoria in prima persona. Spesso la destinataria stessa del romanzo è una donna, sia dal pdv
letterario che da quello metaletterario (donna che parla a una donna in un libro destinato alle donne). I
capitoli indicano anche il tempo ideale di lettura. Pone gli storici davanti al problema di come sia cambiato
nel tempo il modo di leggere. Dalla lettura intensiva del medioevo a quella estensiva dell’età moderna. Tutto
ciò non ridimensiona l’intimità del rapporto con il libro, anche e soprattutto perché a tenere quel rapporto è
una donna, cioè un individuo cui socialmente non è deputato altro ruolo. In libri come La francese in Italia,
Chiari descrive spesso come le donne leggano. Questo significa fare pedagogia: educare intrattenendo,
divertendo, riuscire a catturare l’attenzione delle persone indipendentemente dal fatto che vogliano essere
educate. Comprare e leggere un romanzo è diverso da un testo scolastico.

Ora, il problema è che Chiari era un abbate, deve quindi mantenere l’intento educativo del proprio romanzo.
A far paura è proprio il rapporto intimo tra lettore e testo, temuto fortemente dalla Chiesa e talvolta dalle
autorità secolari, che si rendevano conto che questo rapporto andava a incidere uno degli asset principali
della lettura di antico regime: va bene l’accesso al testo, ma al testo devozionale. Il romanzo erode il
“monopolio” dell’agiografia. C’è poi il problema dell’attrattiva, che deriva dall’errore e dalla cattiveria dei
protagonisti. Polemica. Uno dei protagonisti è proprio Muratori, che si schiera contro i romanzi: non contesta
la correttezza morale del messaggio trasmesso dai romanzi in toto, MA essi hanno delle caratteristiche
fondamentali: essendo verosimili sono imitabili, e dunque i lettori possono essere tentati di ripetere
situazioni ed eventi improbabili, ma non impossibili. È vero poi che i protagonisti si pentono, ma i lettori sono
più attratti dall’errore che dal pentimento: non si fermeranno mai a contemplare il pentimento, bensì
l’ebbrezza dell’errore. Si innesca un discorso in cui la tentazione supera la pedagogia. Alcuni dei protagonisti
di queste opere sono dei veri e propri criminali, compiono azioni efferate, e spesso negli autori l’attività di
romanziere si sovrappone a quella di diffusore di cronache (i personaggi possono essere inventati o
appartenere alla cronaca pubblica dei grandi criminali). Es. John “Jack” Sheppard. Romanzo di Defoe. Defoe
era un mercante di merci e notizie, che, resosi conto della potenzialità del personaggio, ne sfruttò il resoconto
cartaceo. Defoe afferma di voler narrare la storia di come Sheppard ha pagato per i propri peccati. Tema della
certezza e dell’esemplarità della pena. La storia della giustizia e dei criminali è un grandissimo palcoscenico
dell’efficienza del potere nel garantire una società in cui i criminali non abbiano la meglio. Il problema delle
false notizie. Falsa notizia non significa niente, perché la notizia circola prima ancora che esista il “sito” che
la faccia circolare. Il contenuto corrisponde alle aspettative già nella mente delle persone. Il discorso va
spostato sul ricevente, proprio come faceva Muratori. Nel ‘700 la Chiesa non censura più i romanzi, perché
sarebbe inutile e controproducente (pubblicità enorme nei confronti dei libri censurati), ma segue il consiglio
di Muratori, innescando una campagna di contropropaganda moralmente inattaccabile e liberamente
fruibile. Questa guerra di parole in competizione è l’Illuminismo presentato dalla Outram. Anche gli stati
agiscono in questo senso, promuovendo a volte la propria campagna di stampa (v. Napoli). Lungo processo,
non circoscritto alla Rivoluzione Francese, di scoperta della politica: presenza in un contesto di una pluralità
di immagini, parole e idee in competizione.

1769, Gian Battista Roberti, ex-gesuista spogliato, Del leggere libri di metafisica e divertimento, testo
controversistico. Si pone sulla scia di Muratori, cercando di definire il romanzo. Non riesce a fornire una
definizione positiva, che cosa sia in tutto e per tutto (manca una parola distintiva in italiano), ma riesce a dire
cosa non è (“né Arturo, né Turpino, né la Tavola Rotonda”). Percepisce la distanza da una certa traduzione,
si tratta di qualcosa di totalmente nuovo e diverso, che si fonda su principi nuovi e diversi. Muratori prima e
lui dopo, nemici del romanzo, ne sono i più profondi conoscitori.

Il quadro esposto dalla Outram mette in primo piano le contraddizioni.

Rapporto tra l’Illuminismo e le riforme.

Categorie di riformismo/assolutismo/dispotismo illuminato. Determinati sovrani in Europa si aprono alla


possibilità di poter applicare ai propri stati le idee che provengono da questo mondo. Possiamo pensare a
queste possibilità come a delle aperture, ma in realtà si tratta di opere di rafforzamento del potere assoluto
e di ulteriore accentramento di potere nelle mani del potere. È questa la ragione per cui alcuni storici, come
Capra, sottolineano che la linea di confine tra un assolutismo di questo tipo e una vera e propria forma di
dispotismo è decisamente sfumata. La maggior parte di questi sovrani regnano e applicano riforme dove
l’Illuminismo non prospera, con le idee degli altri. Gli stati dove maggiormente si manifesta questa rivoluzione
mediatica sono anche quelli in cui le riforme falliscono (v. Francia). Le riforme funzionano, ad esempio, sotto
Federico II di Prussia, amico di Voltaire, sovrano di uno stato al tempo molto arretrato. Incontra meno
resistenza. L’Inghilterra arriva al ‘700 in una situazione in cui la macchina pubblica è oramai è estremamente
vivace, senza che ci fosse bisogno alcuno di accentrare il potere (altrimenti…). L’Austria (la parte Austriaca
della Corona asburgica) si è cattolicizzata, irrigidita e attraversa una profondissima crisi dinastica, come quella
spagnola. Guerra di successione, si risolve in virtù dell’intervento delle altre potenze e della promulgazione
della Prammatica Sanzione, che permette la successione anche sul ramo femminile.

Dagli anni ’80 del ‘600, crisi dei Balcani (assedio di Vienna dell’83)  Trasformazione culturale e religiosa.
Necessità di riorganizzare il territorio. Si cominciò a diffondere all’inizio del ‘700 una psicosi dovuta alla
credenza negli attacchi notturni dei vampiri. Per difendersi da questa psicosi, di cui si ha notizia in tutti i
giornali europei, queste popolazioni, incontrollate, cominciano a dissotterrare i morti, decapitarli, impalarli,
bruciarli, provocando tremende epidemie. Enorme emergenza sanitaria. A occuparsene devono essere
necessariamente i sovrani, tra cui Maria Teresa d’Asburgo, che manda in missione il proprio medico
personale, Gerard Van Svieeden (?), a monitorare e risolvere la situazione. Anche questo è riformismo.

Lezione XXII, 14/05/2019

Europa della prima metà del ‘700: pressione su due fronti. Impero ottomano (area balcanica); Crisi di
successione (crisi spagnola con soluzione francese “innocua”; crisi austriaca; crisi polacca  Provoca uno
smottamento politico tale da provocare un cambio di guardia sul trono di Napoli, portandovi un erede
Borbonico, Don Carlos, NON CARLO III RE DI NAPOLI O SI VIENE BOCCIATI ALL’ESAME, anche in virtù alle
macchinazioni della madre, Elisabetta Farnese, ottiene un regno autonomo, per la prima volta in tutta l’età
moderna, è in tutto e per tutto il primo re di Napoli e afferma l’autonomia dinastica, costruì al regno di Napoli,
tra le altre cose, una flotta e un esercito autonomi).
Questione dell’affrancamento del Regno di Napoli rispetto a Roma, rispetto alle autorità ecclesiastiche. 1741
 Carlo di Borbone firma un nuovo Concordato, o, per meglio dire, un Trattato di Accomodamento con la
Santa Sede, con cui si ridefiniscono i rapporti tra Stato e Chiesa. Sposa Maria Amalia di Sassonia: riassetto in
virtù degli sviluppi della guerra di successione polacca.

In generale, le guerre di successione riescono a tenere a bada il potere francese, e stimolano un


arretramento del potere spagnolo sul continente e un’avanzata di quello austriaco. Se guardiamo alla
penisola italiana, per definizione debole e frammentata, osserviamo uno smottamento verso l’influenza
austriaca, a svantaggio del potere spagnolo fino ad allora egemone  Vedi crisi di successione nel
Granducato di Toscana, che rientrerà nell’orbita asburgica.

E i vampiri? C’entrano tantissimo. In questi momenti di fluidità dei confini, pressione ottomana e russa,
l’incertezza geopolitica si traduce anche in incertezza nel controllo del territorio, soprattutto dei territori
rurali ai confini del dominio asburgico. Le credenze sui vampiri (“ritornanti”) e sui rimedi contro di loro erano
consolidate e secolari. La questione diventa questione di stato quando lo diventa il controllo e la contesa di
quegli stessi territori. È più facile che l’Impero Ottomano penetri in aree rurali scombussolate da questo
genere di psicosi e credenze, idem per la Russia. Maria Teresa se ne rende conto molto bene. Dall’assedio di
Vienne fino alla pace di Bassarofiz (?), anni ’10-’20, il confine è costellato di scontri (persino nelle aree
dell’attuale Dalmazia, con Venezia, o presso Corfù. Per questo Maria Teresa manda in missione il suo
archiatra, Gerard Van Sveeten, perché controlli e riferisca. Il problema è che il fenomeno è affiancato a una
campagna mediatica. Si comincia a trattare il problema del “vampirismo” come un’emergenza. Suscitava
curiosità, attirava l’attenzione dell’opinione pubblica. Anni ’30  Giuseppe Antonio Davanzati, importante
prelato della corte pontificia di Roma, di lì a poco arcivescovo di Trani, comincia a far circolare un manoscritto
intitolato Dissertazione sopra i vampiri  Racconta quello che dice di aver sentito dal vesco di Olunz (?) in
Moravia, che afferma che il territorio sia tempestato da questi fenomeni, poi dettagliatamente descritti nel
testo. I vampiri di Davanzati assomigliano in tutto e per tutto ai nostri zombie. Non hanno quasi raziocinio. Il
moderno paradigma del vampiro risale a Intervista col Vampiro della Ryce: gentiluomo raffinato, dal sangue
nobile, ha un forte savoir fair. Prima ancora, prima ancora di Stoker, nel primo ‘800, John Polidori, Il Vampiro,
romanzo breve, che disse esplicitamente di essersi ispirato a Byron. Come siamo arrivati dal “ritornante”,
mostro delle campagne, a questo? Il passaggio è stato nella negazione illuministica del vampirismo e del
rovesciamento che i pensatori illuministici hanno operato sul fenomeno. Voltaire ha scritto sui vampiri,
prendendosi gioco di chi ci credeva, come il padre Augustine Calmier (?), autore della Dissertazione sopra gli
spiriti e i vampiri. Leggendo il testo di Calmier non si capisce se ci creda o meno. Siamo portati a pensare di
sì, dato che è profondamente religioso e crede che il diavolo possa possedere i corpi e renderli un pericolo
per i vivi. Davanzati, che è pure lui un uomo di Chiesa, è invece molto scettico, ritenendo di poter ridurre
tutto a due-tre fenomeni facilmente spiegabili: a) allucinazioni dovute all’alimentazione pesante e al troppo
bere prima di andare a dormire, b) illusioni ottiche interpretate male per ignoranza. Davanzati non nega certo
la possibilità delle possessioni demoniache. Davanzati si sofferma poi sulla fenomenologia dell’analisi dei
cadaveri dei presunti ritornanti, su cui si cercano segni quali, soprattutto, la presenza di un colorito piuttosto
vivo o di un corpo non abbastanza decomposto. Davanti a ciò, gli si pone un grosso problema: l’incorruzione
del corpo è considerata dalla chiesa come un indizio di santità. La sua risposta è stucchevole: la ragione è da
ricercarsi nella loro vita. I presunti vampiri sono incorrotti per via dell’alimentazione, grazie alla quale nei loro
corpi è presente una certa quantità di liquidi che consente di resistere alla decomposizione. Gli altri, i santi,
nonostante il loro stile di vita e di alimentazione retto, sono incorrotti per volere divino. Giustificazione
morale del culto. A differenza del grande successo editoriale di Calmier, che non veniva preso sul serio dalle
gerarchie ecclesiastiche, questa dissertazione circolava negli ambienti della chiesa, e venne letta da Prospero
Lambertini, autore poi del De Servorum Dei Beatificazione et Canonizatione. Nell’edizione degli anni ’30 non
fa riferimento al vampirisimo. Nel ’40 diventa papa con il nome di Benedetto XIV. Nuova edizione, in cui
compare un paragrafo sul vampirismo, ricalcato su quanto scritto da Davanzati. Certe questioni potevano
essere essenziali per le gerarchie ecclesiastiche. L’osservazione del fenomeno non è assolutamente di
carattere razionalistico, ma parte da idee scientifiche e cerca di recintare il confine tra naturale e
soprannaturale non per attaccare la fede in un fenomeno, bensì per rafforzarla. Cosa si può spiegare
naturalmente (es. i vampiri) e cosa sono i veri miracoli? Rafforzamento del paradigma fideistico, che non
sarebbe potuto avvenire in un’epoca priva della densità comunicativa del ‘700. Il ‘700 illuministico è anche
questo, quello di chi, influenzato anche da idee scientifiche, sostiene teorie che scientifiche non sono.
Creazione di nuove priorità anche per chi non ha nulla a che vedere con la “ragione” come la intendiamo di
solito quando pensiamo a questo periodo. Altra osservazione: anche in questo caso il fenomeno emerge nelle
fonti quando il potere (Maria Teresa d’Austria) esercita la propria volontà repressiva. Volontà repressiva era
anche quella di Davanzati, anche quella di Bendetto XIV. I fenomeni, storicamente, emergono solamente
allorquando esiste una volontà repressiva, ed è l’intento repressivo a produrre la fonte. E in tutto questo, che
diceva Voltaire? Che sono cose sulle quali possiamo e dobbiamo ridere. Sono cose ridicole, superstizioni 
La parola assume un significato nuovo: non più ciò che esula dalla liturgia ecclesiastica, bensì ciò che non
ubbidisce ai dettami della ragione. Spostamento etimologico del termine, sottratto all’autorità ecclesiastica.
Sulla credenza circa i vampiri, Voltaire afferma nello specifico che i succhia-sangue non vanno cercati nelle
campagne delle Moravia o della Slesia, bensì nei palazzi nobiliari di Parigi. È in questo passaggio teorico che
si consuma lo slittamento dal vampiro-ritornante-zombie al vampiro nobile di Polidori e Stoker. Voltaire
sarebbe stato dunque uno dei primi a finzionalizzare l’immagine del vampiro, ma in realtà ne ha trasportato
su un piano diverso il ruolo semantico, associandolo al nobile-succhia sangue. È possibile che i messaggi di
Voltaire abbiano contribuito a consolidare, di contro, quelle credenze. Anche ciò sarebbe stato impossibile
senza una forte densità comunicativa in cui contestualizzarlo. È questo l’Illuminismo.

Per quanto riguarda l’economia, il ‘700 fu un momento importante di ridefinizione di alcuni problemi.
Mercantilismo, fisiocrazia, teoria che vanno a cercare l’organizzazione economica dello stato. Fisiocrazia:
centralità della produzione agricola all’interno della costruzione della ricchezza dello stato. Accentua alcuni
tratti del mercantilismo dando centralità alla produzione alimentare. Questo è punto, pensare che certe idee
possano penetrare nello spazio pubblico è un altro. Poi, questione della liberalizzazione dei commerci (anche,
molto importante, dello scaglionamento delle vendite). Voltaire stesso dirà che, incredibilmente, attorno agli
anni ’50-’60, i Francesi cominciano a parlare di grano. Si verificano emergenze cicliche ed epidemie, il grano
assume un ruolo importantissimo. Le emergenze svelano il funzionamento di alcuni meccanismi. Queste
emergenze cominciano a portare sospetti grossi contro soggetti sospetti di arricchimento in conteso
emergenziale (processi speculativi)  Accusa di incettamento. I pensatori si interrogano sulla legittimità
delle teorie mercantilistiche e fisiocratiche, nonché sulla legittimità del libero commercio. Dibattiti che
nascono dalle profonde contraddizioni dovute all’applicazioni di certe teorie. Tutto il ‘700, fino alla
Rivoluzione Francese, è costellato di sospetti nei confronti dei ceti abbienti di aver compiuto incettamento
durante le emergenze. 1763-64, Italia  Violentissima carestia (Napoli, Roma, Firenze). Divenne, pian piano,
un’epidemia. Secondo alcune stime, solo a Napoli ci sarebbero 30mila morti (soprattutto di malnutrizione)
in pochi mesi. Proprio durante il passaggio di corona a Ferdinando, che in attesa della maggiore età, era
sottoposto a un governo di reggenza, un cui membro godeva della fiducia incondizionata di Carlo di Borbone:
Bernardo Tanucci, prima ministro di giustizia, poi vero e proprio plenipotenziario. Dopo la partenza di Carlo,
lo aggiorna puntualmente sugli eventi e accoglie i suoi suggerimenti. Durante l’emergenza è essenziale. Si
rende conto di un fatto essenziale: la carestia a Napoli potrebbe non essere mai esistita. Una vera emergenza
si è creata sì perché i raccolti del ’63 non erano stati fruttuosissimi, ma soprattutto per la diffusione di voci
circa una carestia nell’autunno successivo, che avevano indotto chi si occupava di produzione e commercio
di grano a non metterlo sul mercato, bensì a metterlo da parte per speculare in vista della possibile carenza.
Piano piano, davanti all’emergenza, il governo comincia a emanare provvedimenti restrittivi presso i
magazzini e a ordinare l’arrivo di derrate. Si comincia a intervenire nei processi economici in quanto Stato. A
essere accusati di fare incetta di beni alimentare, in quegli anni, erano principalmente i membri del clero,
soprattutto i Generali e le alte gerarchie degli ordini, dato che negli anni precedenti a Napoli c’era stato uno
sviluppo del pensiero giurisdizionalista e illuminista che rifletteva sul rapporto Stato-Chiesa. Prima ancora
della crisi, Antonio Genovesi ricopre una cattedra in cui si intrecciano economia, diritto, etc., e riflettendo su
questi temi propone la decimazione degli ecclesiastici, parassiti. Questioni che diventano prioritarie nel
momento di emergenza. Chi è che ha speculato sul sangue negli innocenti? I proprietari, i ricchi, cioè i membri
del clero. Comincia una fortissima campagna contro il clero.

Lezione XXIII, 15/05/2019

Laura Barletta, Il Carnevale del 1764 a Napoli. Protesta e integrazione in uno spazio urbano. Domenico
Scafoglio, La Maschera della Cuccagna.

Crisi, rivelazione di meccanismi.

Lo stato si trova a dover controllare i prezzi (calmiere sui prezzi).

Intervento statale sul luogo delle sepolture (dalle chiese al Ponte della Maddalena), eseguite però
superficialmente.

Il problema è come si connettano a tutto ciò le idee degli illuministi come Genovesi? Chi è che commette
incetta di beni alimentari? I possidenti. Nel quadro desolante esposto da Genovesi, la quantità eccessiva di
ecclesiastici, che “vivono di rendita”. Il problema di questo sistema, del vivere di rendita che non comporta
l’interesse a investire sul miglioramento della produzione, è ben colto da Genovesi, che propone al sovrano
esproprio e messa in vendita a chi si preoccuperà poi di investire. Sul lungo periodo, questo processo, fino
all’età napoleonica, rappresenta una grande spinta verso la messa in discussione dei privilegi feudali e la loro
messa in discussione (che le pertinenze di nobiltà e clero diventino borghesi). Una delle caratteristiche
proprie della coltivazione meridionale è il latifondo. Genovesi si rende conto anche dei limiti della prevalenza
del latifondo, cercando di affermare un principio più dinamico, di borghesizzare la proprietà terriera. Pur
essendo un abbate, la sua polemica non può che andare a colpire il clero: «lo stato non può più sopportare il
peso della proprietà ecclesiastica».

Per far sì che questo tipo di discorso entri nello spazio pubblico e incida nel modo di pensare della
popolazione – e dei governanti – deve succedere qualcos’altro. Il problema è che, da un lato, il re può
prendere dei provvedimenti, ma scendendo a patti. Per l’uomo del popolo, attaccare i privilegi del clero
significava far venire meno uno dei punti di riferimento fondamentali della propria vita sociale e quotidiana.
Il membro del ceto ecclesiastico plasma il modo di vivere la vita e i rapporti sociali. Il clero, in ultima analisi,
plasma il modo di vedere la fede e la religione. Nel momento in cui nel ‘700 il clero si trova di fronte agli
attacchi di questi riformisti, si rende conto che tutto ciò rappresenta un’erosione del proprio spazio di azione
nei confronti della società. Anche l’istruzione è in buona parte nelle mani dell’autorità ecclesiastica, in
particolare degli ordini religiosi, in particolare dei Gesuiti. Da fine anni ’50 il ruolo dei Gesuiti è messo in forte
discussione da parte dei riformisti e da parte degli Stati, diventano una sorta di capro espiatorio. Saranno,
soprattutto negli stati più decisi nell’implementazione delle riforme, prima espulsi, e poi, all’inizio degli anni
’70, arrivati a un punto di non ritorno, cancellati dal papa. Cosa significa tutto questo per la popolazione?
Soltanto a Napoli, dall’inizio del ‘700, c’erano tre grossi predicatori, tutti gesuiti. Francesco de Geronimo,
Giovan Battista Cacciottoli, Francesco Pepe. Grandi sollevatori di folle; missioni popolari; organizzatori di
grandi apparati devozionali; intervenivano nella vita dei poveri; capaci di parlare agli illetterati; sapevano
toccare le corde giuste, mettere in connessione le élite e i poveri. Il terzo grande predicatore, Francesco Pepe,
fu più volte capace di intercedere presso la corte per il popolo. Sotto sua sollecitazione venne costruita la
Guglia dell’Immacolata. Il culto dell’Immacolata era un suo punto forte. Fece diffondere il culto delle
cartelline dell’Immacolata, che venivano fatte inghiottire ai bambini, una delle pratiche che arrivarono anche
all’altezza delle corti e dei sovrani che siamo abituati a pensare come “illuminati”, come Maria Amalia di
Sassonia, che le fece ingoiare ai figli.
Tutta l’affermazione delle politiche riformiste passa attraverso un allargamento degli spazi all’interno della
società dell’anticlericalismo. Altrimenti questi progetti non funzioneranno mai. Fortissima propaganda
antiecclesiastica. La chiesa reagisce, inserendo nello spazio pubblico istanze contrarie (contro i goverrnanti,
contro Tanucci, contro il Consiglio di Reggenza). Alluvione di testi, spesso poetici (canzoncine, canzonette,
testi denigratori) da una parte e dall’altra. Spazio pubblico come luogo di scontro di immagini e istanze
diverse.

Tra le tante questioni di cui dovrebbero parlare nell’autunno del ’63, i napoletani parlano anche di altro,
come di Leopoldo di San Pasquale, frate Agostiniano accusato di furto, truffa, di aver prodotto cedole false
e aver avuto rapporti sessuali illeciti con donne di malaffare e con religiose che lui avrebbe corrotto. Viene
imprigionato dai superiori del suo stesso ordine, che devono punirlo. Tuttavia, dato lo scontro tra potere
ecclesiastico e secolare, e dato che difficilmente il re può tollerare che un suo suddito venga incarcerato dal
potere contrario, fa ricorso al re stesso, supportato da uno scaltro avvocato, che trasforma la sua questione
in una questione di stato, pubblicando un testo famoso in cui lo descrive come vittima di angherie
insopportabili da parte dei suoi carcerieri, che avrebbero applicato su di lui il metodo illecito del Santo Uffizio,
dell’Inquisizione. Nel ‘700, sulla spinta di quanto detto sinora, Carlo di Borbone, aveva chiuso con
l’Inquisizione, vietando nel ’46 i processi secondo i metodi inquisitori. A questo si appella l’avvocato.
Bisognava però produrre delle immagini potenti per far sì che il pubblico ne parlasse: “Il mio cliente non è
stato imprigionato, ma è stato seppellito vivo”. Proprio nei mesi in cui la sepoltura viene a costituire un
problema. E non lo intende come una metafora. In realtà era stato chiuso all’interno di una cripta, ma lui si
guarda bene dal dirlo. Leopoldo era stato imprigionato anche in altre occasioni, ma in celle poste ai piani alti
di convento, dalle quali era sfuggito in vari modi. In una delle fughe più clamorose, la corda si spezza e si fa
un volo di tre piani in una zona molto affollata. Non si fa niente, e, inseguito dalle guardie, scappa in una
chiesa che gli offre asilo. Il racconto si riempie di tratti stereotipati. Altra questione che faceva molto
dibattere il popolo era quella relativa allo scandalo sessuale. Lì l’avvocato deve battere. Le prove di questi
rapporti sessuali illeciti si trovano sul corpo dell’imputato stesso (malattie sessualmente trasmissibili,
soprattutto bubboni della sifilide, tinconi). Il tincone di Leopoldo diventa oggetto di discussione e ispezioni
materiali. Diventa l’ossessione dei napoletani. Persino le monache ne vogliono sapere. Il ceto ecclesiastico
ne esce male. Non è semplice gossip, ha una portata politica enorme. L’informazione politica e l’informazione
tout court non possono essere distinte: persino l’informazione più marginale coinvolge elementi circa lo stato
ecc. Coinvolge moltissimi elementi di importanza (rapporto Stato-Chiesa, tema della proprietà  Chi sono i
chierici? Quelli che fanno questo, questo e questo…). Difesa nei confronti dell’Ordine Agostiniano.

Molti, più in generale, cercano di riorganizzarsi davanti all’erosione del potere ecclesiastico.

1767: Espulsione dei Gesuiti dal Regno di Napoli. Nello stesso anno, uscita di Ferdinando IV dalla minore età,
fine del Consiglio di Reggenza. La sua promessa sposa muore giovane in circostanze misteriose. Sposa Maria
Carolina d’Asburgo. Tutto ciò lo turba moltissimo. Paradossalmente, negli anni prima i gesuiti avevano
giocato un ruolo fondamentale nella sua educazione. Nello stesso anno, pesante eruzione del Vesuvio. Si
prova a fare pressione sul turbamento di Ferdinando. Forse Dio lo sta punendo per la decisione che ha preso.
E lui un po’ ci crede. Tanucci interpella subito Carlo, in Spagna. Se andassimo a guardare ai resoconti
dell’eruzione del tempo, vedremmo che ognuno ne dà una versione diversa. Secondo alcuni fu tutto
sommato un evento ordinario, poco rilevante, rispetto ad esempio, a quella del ’50-’51. Per altri era stata la
catastrofe del secolo. Ancora oggi, in sismologia e vulcanologia storica si cerca di tradurre questi resoconti in
dati quantitativamente rilevanti. Ma come facciamo davanti a resoconti totalmente divergenti a trasformare
le parole in numeri? La questione che dobbiamo affermare, a livello metodologico, è proprio questa: i
resoconti divergono perché divergono le esigenze di autori, stampatori, rivenditori e committenti. Se uno è
vicino ai gesuiti, è intenzionato a descriverla come la catastrofe del secolo; se uno è vicino al potere secolare
la descriverà come un evento ordinario. Cioè che conta è l’esigenza comunicativa, propagandista, cui il testo
è legata. Per quanto la fonte storica sia portatrice di dati quantitativamente rilevante, non potrà mai essere
attendibile se non alla luce di una lettura profonda. Dato qualitativo, dato quantitativo, conoscenza critica
della fonte.

Nella gestione della città di Napoli, già sotto Carlo, il potere borbonico ebbe grossi problemi, soprattutto nel
cercare di applicare determinati strumenti di controllo:

 Numeri civici;
 Illuminazione pubblica (si tradusse in 4-5 fallimenti). Un sacco di soldi spesi, tutto veniva
puntualmente e sistematicamente distrutto. Tutto finché un domenicano, di nome Gregorio Maria
Rocco, non si presentò a corte e non si propose di occuparsene. Era un grandissimo predicatore,
molto abile, capace di raccogliere l’eredità dei gesuiti dopo la loro espulsione. Allontanato durante
la carestia, in quanto reputato troppo invadente, ma richiamato nel momento di crisi peggiore,
riuscendo a far venire a più miti consigli la popolazione che si vede trascinati i cadaveri dei propri cari
verso il Ponte della Maddalena. Rimise il sistema in piedi e mise, sotto ogni singola lampada,
un’immagine della madonna. Nessuno da allora in poi osò distruggerle;

Altre figure nel ‘700 rappresentano punti di riferimento importanti sul piano della popolarità:

 Leonardo di Porto Maurizio, minore francescano che con le sue missioni attraversa tutta l’Italia, fino
al giubileo di Roma del 1750;
 Alfonso Maria dei Liguori, fonderà la congregazione dei redentoristi. Principale animatore delle
missioni popolari sia a Napoli-città sia nelle zone rurali;

Toscana, anni ’30-’40, varie riforme:

 Riforma della nobiltà;


 Riforma del commercio;
 Riforma dei porti;
 Vennero anche ridimensionati i meccanismi della guerra di corsa (anche Carlo di Borbone), a favore
di un approccio commerciale  Venne rinnegato il ruolo dell’Ordine Cavalleresco di Santo Stefano,
che si occupava appunto di guerra di corsa;
 Leopoldina, riforma civile e penale, da Dei Delitti e delle Pene di Beccaria (pubblicato proprio negli
anni ’60, quando a Napoli succedeva quanto detto prima)  Nega la tortura e la pena di morte;
 Riforma dell’istruzione;
 Passaggio religioso. Pietro Leopoldo aveva ricevuto un’educazione di matrice giansenista (religiosità
interiore, non esteriore, non pacchiana). Trova un importante nel vescovo di Pistoia Scipione dei
Ricci, che condivideva queste istanze e cercava di fagli da spalla. Minor numero di ecclesiastici con
minore spazio di azione; devozione meno esteriore, più meditativa. Si vanno ad attaccare tradizioni
consolidate, tra cui quella dello “scuoprimento delle immagini” nel corso della Settimana Santa. Al
tempo, anche in Toscana manifestazioni del tipo di quelle dei flagellanti erano frequentissime. Pietro
Leopoldo e Scipione dei Ricci vogliono tornare a processioni sobrie. Quando il governo emana
provvedimenti contro queste manifestazioni, gli altri vescovi mandano lettere di risposta rifiutando
e argomentando il proprio rifiuto, e spesso e volentieri le argomentazioni sono di carattere politico
ed economico. Politico, perché la popolazione si ribellerebbe; economico, perché le processioni
attraggono moltissima popolazione del circondario, e su questo afflusso vive una costellazione di
attività di vario tipo essenziali per queste cittadine. A differenza del tentennante governo
napoletano, Pietro Leopoldo va avanti, e dagli anni ’60 e ’80 del ‘700 le cancella tutte.
Le riforme di Leopoldo riescono a essere incisive, ma non quanto avrebbe voluto, sul lungo periodo. Durante
la rivoluzione, anche in Toscana la popolazione, come a Napoli, si ribella contro le istanze progressiste,
invano.

[Riprendo lezione + eventualmente sportello didattico]

Lezione XXV, 21/05/2019

Outram, pag.174  Rapporto tra illuminismo e rivoluzione. Il primo a individuare questo legame, all’epoca,
fu l’abate Agostino Barruel, Memorie per servire la storia del giacobinismo. Nasce con lui la teoria del
complotto rivoluzionario (cospirazione da parte di letterari che si riunivano e coltivavano e diffondevano, in
segreto, idee pericolose, pianificando nel corso dei decenni il percorso che avrebbe condotto alla
rivoluzione). È il primo ad applicare il principio di risanismo  La capacità degli illuministi di diffondere
disobbedienza affondava nel tardo medioevo (prima eretici tardo medioevali, poi Lutero, poi esponenti del
pensiero “razionalista”, da Galileo in poi, passando per Hume ecc.ecc.). Tesi. Alla base di un discorso
largamente condiviso in Europa. Edmund Burke aveva pubblicato poco prima Refletcion on the Revolution in
France  Rivoluzione come distruzione della gerarchia, deriva del mondo così come era, tutto per colpa di
come il mondo era stato ripensato dall’illuminismo, ma anche dal riformismo  Perché le riforme sarebbero
responsabili della rivoluzione? Acciecati dalla possibilità di rinnovare l’apparato statale, i sovrani gli hanno
sottratto alcuni elementi necessari al suo funzionamento (es. delega di potere agli apparati ecclesiastici,
come l’Inquisizione, cancellata in gran parte dell’Europa cattolica nel corso del ‘700). Illusi di poter fondare
lo stato su basi diverse e di poter secolarizzare il controllo della macchina pubblica, avevano apportato danni
irreparabili. Messaggio propagandistico immediatamente comprensibile per la popolazione. Il disastro
rivoluzionario è quasi sempre descritto attraverso la metafora della tempesta o del cataclisma incontrollabile.
È su questo che si fonda la tesi del complotto. In varie parti di Europa vengono pubblicati testi, anche
devozionali, che replicano queste tesi, rimarcando, da parte cattolica, il fatto che sia stato lo Stato stesso a
minare la capacità del clero di essere presente nella società. Secondo la Outram, le azioni di propaganda
hanno popolarizzato discorsi di carattere alto. Gli autori che hanno studiato il sottosuolo letterario di questo
periodo hanno dimostrato come questa produzione abbia più di altro corroso l’immagine e il potere del
trono. Ma allora come mai ci troviamo di fronte a queste analisi? La Outram applica questo meccanismo
anche alla produzione “conservatrice”, che forse era stata capace di capire cose stesse succedendo nel
mondo illuminista e di sfruttarne i mezzi di comunicazione a fini propagandistici per legare a sé i poveri, gli
umili.

Edizione del Caffè del 1766, Sui giudici popolari


[https://books.google.it/books?id=kNVWAAAAcAAJ&pg=PA288&dq=il+caff%C3%A8+1766+sui+giudizi+pop
olari&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjk5bn3rKziAhWCCOwKHX0pD1wQ6AEIKzAA#v=onepage&q=il%20caff%C3
%A8%201766%20sui%20giudizi%20popolari&f=false]. È legittimo o meno ascoltare la vox populi? Secondo il
primo avvocato, quando un caso complesso è spiegato a parole semplici tocca le corde giuste nell’animo dei
semplici, innescando una reazione, che deve essere valutata  Nel momento in cui si comunica qualcosa, la
reazione popolare, l’empatia, ha un peso. Il giudizio del popolo è il vero tribunale, quasi intrinsecamente
obbediente ai dettami della ragione. Per il secondo avvocato, le cose non stanno così. Se tutti quanti avessimo
la possibilità di esercitare le possibilità della ragione, il giudizio di molti varrebbe più di quello di pochi
(analogia proporzionale con le braccia). Non tutti però possono esercitare la ragione, come invece fanno
pochi. Qual è dunque il giudizio complessivo degli autori? A pag.293  Il giudizio del popolo non va del tutto
gettato: per quel che riguarda le cause e i processi che hanno a che fare con certi ambiti non vale (non tutti
esercitano ugualmente la ragione), ma quando si ha a che fare con le opere di finzione (romanzi, opere
teatrali…) quando il popolo si pronuncia su una percezione prevalentemente emotiva, che non ha a che fare
con la ragione, va ascoltato. Ma ciò equivale a dire che il popolo ha voce solo quando il gioco non c’è la verità.
Il popolo può fare tutto, tranne che ragionare.

Dall’Olio, ultimo capitolo. Articolo VI della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino.

Passaggio da uno spazio pubblico come catturatore del consenso a spazio pubblico come produttore di idee
da interpretare nelle stanze del potere. Habermas  La sfera pubblica è tale quando i messaggi vengono
recepiti e scambiati criticamente. La prospettiva del caffè è per certi aspetti ancora assolutistica, monarchica;
già il fatto che il popolo sia indicato come possibile giudice di opere di finzione è un enorme passo avanti.

Micheal Baudel  La rivoluzione francese è stata “la scoperta della politica”, ossia della convivenza nello
spazio pubblico di tesi e immagini della società in competizione. Giacobinismo come forma di democrazia
radicale fondata sulla partecipazione comune: una delle tesi prende il sopravvento con la violenza.

Lezione XXVI, 22/05/2019

Non dobbiamo scambiare per guerre tra stati quelle che erano, in ultime analisi, guerre dinastiche, che non
dovevano coinvolgere i destini degli interi stati  A maggior ragione per il fatto che lo stato è una pertinenza,
un possedimento dinastico. La differenza sta nella necessità di adozione di un sistema di coscrizione
(chiamata alle armi). Eserciti composti da 30-40mila elementi: passaggio comunque artificioso. Pur
coinvolgendo eserciti così grandi, la guerra rimane dinastica. Dopo il 1799, la guerra dinastica diventa guerra
di una nazione, in cui cioè si decidono i destini di un popolo e di uno stato. Nel momento in cui i in Francia si
instaura un nuovo governo, rivoluzionario, che delegittima le basi del potere monarchico, il problema è quello
del rapporto con gli altri stati, rispetto ai quali la Francia riconosce la propria differenza. È necessario che il
potere del nuovo governo venga riconosciuto  Ma gli altri stati si rendono conto che tale riconoscimento
rischierebbe di minare la loro stessa autorità. Coalizioni antifrancesi  Di volta in volta si pongono contro il
potere francese e ne interpretano la volontà di riconoscimento come volontà di espansionismo. Non
riconosciuta come stato legittimo, la Francia rivoluzionaria deve scegliere se attendere un’invasione o
attaccare per prima. Anche questo è oggetto di diatriba interna nello spazio pubblico. Una delle ragioni
fondamentali per l’accusa di tradimento nei confronti della monarchia. Polarizzazione di estremismi (da un
lato e dall’altro) (?). Nel momento in cui la monarchia è chiamata a prestare fedeltà ai nuovi principi
dell’assemblea nazionale, essa diventa oggetto di dicerie di ogni tipo. Sarà fedele o no? Maria Antonietta
faceva parte della potentissima dinastia asburgica, direttamente legata all’Austria e ad altre potenze europee
(era, ad esempio, la sorella di Maria Carolina di Napoli). Episodio decisivo della fuga di Varrain (?). Dimostra
il ruolo che possono avere le voci in un momento di crisi. Accusa di tradimento contro la monarchia. Ondate
di panico attraversano la Francia, fondate su queste voci. Anche la “Grande Paura” si basa su queste voci.
L’informazione gioca un ruolo essenziale sul nuovo ordinamento datosi dalla Francia. Secondo problema,
altrettanto importante: gestione del potere militare. Quando la difesa del nuovo ordinamento diventa una
questione essenziale, la gestione dell’esercito diventa decisiva, così come la fedeltà dei capi militari che,
gestendo la violenza, assumono una porzione di potere sempre maggiore. Il potere che esercitano potrebbe
essere diretto pro o contro la causa rivoluzionaria. Il modo di fare e vivere la guerra cambia ora in modo
decisivo ed epocale: gli uomini sono chiamati a combattere in virtù della difesa di una causa comune, non di
una famiglia o di una dinastia. Prima, per tutta l’età moderna, seppur in modo diverso, la fedeltà era eredità
di un tipo di fedeltà cavalleresca tardo-medioevale. Non è nemmeno il pagamento a essere in gioco, bensì la
partecipazione alla guerra in quanto causa comune. Composizione dell’esercito: in antico regime, le cariche
importanti vanno a chi è gerarchicamente superiore già prima del proprio impegno militare, all’interno del
contesto sociale; sono una manifestazione visibile dei rapporti di dipendenza sociale. L’esercito rivoluzionario
stabilisce due nuovi principi: la carica va guadagnata sul campo, mostrando merito, e persuadendo gli altri
(“meccanismo meritocratico”). In questo periodo cominciano, guardo un po’, a emergere figure non nobili,
ma che si distinguono nella guerra a difesa della rivoluzione. Una di queste figure è un generale che francese
non è, Napoleone [Nel periodo precedente, frizioni Francia-Corsica-Genova; la Corsica è oggettivamente
terreno di contesa  Napoleone sposa inizialmente la causa autonomista, salvo poi essere inglobato
nell’apparato militare francese e venire sovvenzionato dallo stato francese nei propri studi]. La rivoluzione
mostra la possibilità di una mobilità sociale che fino ad allora non c’era stata.

Poi, la deriva sul piano della forza e della violenza della rivoluzione diventa evidente. Terrore  Uso
illegittimo della forza contro il nemico pubblico, interno ed esterno. L’uscita da questa fase è consentita solo
da un restringimento fortissimo delle forze in campo e dall’assegnamento a capi (soprattutto militari) che
prima non ce l’avevano. Passaggio al Direttorio. La rivoluzione arriva in Italia. Triennio rivoluzionario. Sorgono
di volta in volta repubbliche (1798  Repubblica Romana; 1799  Repubblica Napoletana), data la resa
militare dei poteri costituiti all’esercito francese. Pretendono di essere repubbliche “sorelle”.

Gennaio 1799. Rep. Napoletana. II Processi. Interno: degenerazione dei processi riformisti di fine anni ’80-
inizio anni ’90. Convinzione dei monarchi di poter rinnovare lo stato affidando potere a fautori
dell’illuminismo. Gaetano Filangeri, erede effettivo di Genovesi. La scienza della legislazione (?). Già alla fine
degli ani ’80, davanti alle contraddizioni intrinseche che caratterizzano il rapporto tra i pensatori illuministi e
la monarchia, questo progetto riformistico comincia a cedere, fino a compromettersi definitivamente negli
anni ’90, in virtù della situazione francese. Maria Carolina, che detiene davvero il potere, teme di fare la fine
della sorella, comincia a vedere complotti ovunque e non si fida più di nessuno. Il circolo di Filangeri e
chiunque coltivi quel genere di interessi viene considerato un nemico, e comincia davvero a cospirare.
Qualcuno viene davvero incarcerato, divenendo davvero un nemico dello stato. Fine ’98 inizio ’99: i nodi
vengo o al pettine. La monarchia napoletana è coinvolta nella coalizione antifrancese (processo esterno?) e
fallisce nella difesa di Roma, lasciando così spazio alla Repubblica di Napoli e alla penetrazione dell’esercito
francese. Tra dicembre e inizio gennaio, i monarchi decidono di fuggire in Sicilia. I giorni tra questo evento e
la nascita della repubblica sono delicatissimi: chi prima era considerato traditore della monarchia deve
reggere la situazione e guadagnare consenso. Arriva l’esercito francese, si instaura la repubblica, che si dà
addirittura una costituzione, da molti considerata più radicale di quella francese del ’95. Ora va conquistato
il consenso: sanno di non avere il consenso dei lazzari, mostratisi incredibilmente fedeli ai Ferdinando e
Carolina. Champiogneau (?, generale francese) viene portato davanti al sangue di San Gennaro, che si
scioglie. Si grida, davanti al popolo, all’avvenuto miracolo: il santo è dalla parte della Repubblica. Da un lato,
costituzione iper-radicale, che tra le altre cose smonta le istituzioni ecclesiastiche, dall’altro importanza del
consenso popolare. L’esercito francese, prima o poi, dovrà andarsene. Ad avere il compito di tenere assieme
il consenso è proprio Eleonora Pimentel Fonseca, attraverso il Monitore Napoletano, giornale ufficiale della
Repubblica, attenta ad offrire anche un repertorio che possa essere fruito a voce, con la consapevolezza che
il popolo non abbandonerà mai certe istanze (come quella religiosa, è lei a suggerire il viaggio da San
Gennaro). All’interno del Monitore, Eleonora sviluppa anche importanti riflessioni sul lavoro degli illuministi
e delle loro difficoltà a parlare con gli umili, senza i quali un nuovo mondo è impossibili. Già negli anni
precedenti Eleonora si era sforzata di comprendere i bisogni di queste persone, le loro idee e il modo di
comunicare con loro, comprendendo la necessità di garantire loro, a differenza della monarchia, sussistenza
quotidiana. Propaganda e approvigionamento, per campagne e città. Rivoluzione passiva, espressione
coniata da uno dei suoi protagonisti, Vincenzo Cuoco, nel saggio Sulla rivoluzione napoletana del 1799, ossia
rivoluzione dall’alto, senza il consenso degli ultimi, degli umili, senza idee proprie del popolo napoletano,
bensì importate dalla Francia  Non tutti i rivoluzionari, tuttavia, stavano chiusi nelle proprie camere. Che
cosa fa Eleonora nel Monitore, attira semplicemente consenso o cerca di creare uno spazio critico? Eleonora
ci rifletteva, e in alcuni articoli lo palesa, pensando sul lungo periodo, sul lavoro degli illuministi precedenti.
Su Voltaire, “nulla è paragonabile agli effetti che ha ottenuto con pochi romanzetti”, si rende conto del loro
maggiore potere comunicativo. Gli illuministi sono stati bravi coi loro romanzetti, sì, ma non quanto i preti –
e qui si vede quanto fosse alto lo spirito critico di Eleonora – che hanno continuato a raggiungere strati della
società a loro preclusi.
A questo punto, cosa faceva il clero “refrattario”? San Gennaro viene additato come traditore. Andiamo a
puntare sul vero protettore, Sant’Antonio, attorno alla cui immagine si coagula una parte del consenso persa
da San Gennaro. Attorno all’immagine di Sant’Antonio si creano i nuovi simboli della “santa fede”. Da dove
si parte? Da Napoli è difficile. Dalle campagne, più recettive, da questo punto di vista, anche all’affiancamento
di istanze materiali diverse: potere della nobiltà, poco scalfita dal potere borbonico, e subisce la necessità
dell’approvigionamento  Influenza delle forze straniere che consegnano approvigionamenti a clero e
nobiltà. A partire dalla Calabria, il cardinale Fabrizio Ruffo raduna bande armate sotto il simbolo di
Sant’Antonio e della Santa Fede, buttando giù paese per paese i simboli della repubblica, in primis l’Albero
della Libertà, che il più delle volte sostituiva le croci e ammiccava al simbolo amato dalle folle dell’albero della
cuccagna. A giugno arriva a Napoli. La Repubblica, che non può più contare sul diretto supporto francese,
cade.

Cose simili succedono anche nel resto d’Italia  Dominio incontrastato delle immagini mariane. Possiamo
ricostruire una vera e propria geografia dei miracoli mariani nel centro-nord. Le bande armate si riuniscono
sotto il simbolo del “Viva Maria”. Gabriele Tuli, Viva Maria.

Dall’Olio. Fonte sulla città di Castello, pag.367 della nuova edizione. Ritualità. Proclama che proibisce i giochi
abusivi  Scesa in piazza  Giochi abusivi  “Viva Maria”  Abbattimento dell’albero. Dialettica tra
tentativi di controllo dello spazio pubblico e controllo effettivo. Resa al clero, con il patto di avere salva la
vita. Stesso schema di Napoli.

Quando realmente Ferdinando e Carolina tornarono a Napoli, i patti di Rufo non stavano bene alla regina,
adirata dalla condanna a morte della sorella. Decise unilateralmente di disattendere a queste condizioni e di
avviare processi sommari ed eseguire condanne a morte per decapitazione o impiccagione. Pochissimi
fuggirono. Secondo alcuni storici, questo momento è stato decisivo per la storia di Napoli, del Sud Italia e di
tutto il Paese, perché in quel tornante la classe dirigente napoletana in pochi giorni sarebbe stata sterminata.
Tutti gli esiti ottocenteschi del Regno di Napoli saranno vincolati dallo sterminio di quanti potevano reggere
la macchina statale napoletana. Per vendetta, era come se fossero stati eliminati i reggenti stessi.
Interpretazione di Croce e Galasso, che ha pubblicato uno studio fondamentale intitolato La filosofia in
soccorso dei governi, per descrivere la parabola riformista settecentesca e questo passaggio dal riformismo
al movimento rivoluzionario delle medesime persone. Oggi questo giudizio è un po’ più sfumato, e ci sono
letture del rapport rivoluzione-controrivoluzione che fanno emergere un quadro più complesso. Alcuni
studiosi, abbastanza unanimemente, hanno fatto emergere che anche durante la rivoluzione, in l’Italia, gli
schieramenti non furono il risultato di un’adesione convinta a una causa o all’altra, bensì il risultato di faide
e lotte familiari preesistenti e trasformate in lotte politiche in questo periodo. Ciò fa riemergere un’ulteriore
dinamica, quella delle alleanze verticali. Perciò l’abbattimento di una fazione non sarebbe altro che
l’espressione della sconfitta di una delle forze in campo. Interazione dei progetti ideali con le forze concrete.
Questo processo continua anche in tutto il periodo napoleonico. Scontri fazionari. Il concetto di fazione
(interessi particolaristici, meccanismo tipico di antico regime) è l’esatto opposto di quello di partito (interessi
generali).

Elogi storici di alcuni servi di Dio che operarono per il bene spirituale e temporale della città di Napoli, Pietro
degli Onofri (si trova su google books cercando col nome di Pietro Onofri)
https://books.google.it/books?id=e9fKLM6KkocC&pg=PA18&dq=Delle+vite+dei+servi+di+Dio+che+operaro
no+per+il+bene+spirituale+e+temporale+della+citt%C3%A0+di+Napoli+Pietro+onofri&hl=it&sa=X&ved=0a
hUKEwjwq4S86a7iAhVH_aQKHf9hDtUQ6AEIKTAA#v=onepage&q=Delle%20vite%20dei%20servi%20di%20D
io%20che%20operarono%20per%20il%20bene%20spirituale%20e%20temporale%20della%20citt%C3%A0%
20di%20Napoli%20Pietro%20onofri&f=false Pietro degli Onofri è un ex gesuita. Al momento dell’espulsione,
cambiò abito e rimase molto vicino alla famiglia borbonica, tanto da frequentare assiduamente la corte, avere
un rapporto epistolare con Carlo e scrivere, per la sua morte, un fortunato encomio funebre. 1803, pubblica
questo tempo bizzarro. Apparentemente agiografico, ma non lo è. “Elogio storico”, “bene temporale”, di cui
ai santi non dovrebbe importare. Rivendica l’importanza dell’alleanza tra clero e potere temporale su cui si
regge il trono di antico regime. Se il 1789 c’è stato, di conseguenza il ’99 a Napoli, lo dobbiamo
all’indebolimento di queste riforme da parte del riformismo, un clamoroso e illusorio autogoal. Questi servi
di Dio (si trova l’elenco nel file) sono importanti predicatori gesuiti del ‘700. Pepe aveva combattuto contro
il riformismo, contro l’illuminismo, contro la massoneria. Gregorio Maria Rocco agisce già dopo la cacciata
dei gesuiti, ma ne raccoglie l’eredità e, in momenti di crisi, agisce in modo alquanto invadente nella vita
pubblica del regno e della città. Finché ci furono loro, “uomini della corte presso il popolo e uomini del popolo
presso la corte”, lo stato era al sicuro. Senza di loro, la monarchia è diventata debole e si è autocondannata
alla rivoluzione. Non deve più essere commesso lo stesso errore, devono tornare figure simili. In altre parole,
recupera le stesse concezioni di Barruel ed Edmund Burke (teoria del complotto). Questo messaggio,
conservatore e antirivoluzionario, arriva dritto al popolo, in cui la memoria e le opere di quei personaggi
rimangono.

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