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Tesi di Laurea
Enoturismo nella D.O.C. Prosecco.
Indagine esplorativa.
Introduzione 5
Il turismo in Veneto 22
Fonti accademiche 31
Altre fonti 35
Il Prosecco 41
Metodologia 44
Il questionario 45
Riduzione fattoriale 64
Cluster analysis 67
New media 73
Conclusioni finali 78
Bibliografia 82
3
4
I
ntroduzione
Gli spunti dai quali è nata questa tesi vengono da lontano. Viaggiando, con
amici di varie nazionalità, succedeva di trovarci in ristoranti particolarmen-
te eleganti (o semplicemente un po' al di sopra del nostro standard) e per
animare la serata, c‟era sempre qualcuno che improvvisava una degustazio-
ne con relativo commento da sommelier. In realtà stavamo facendo il verso
a chi di vino se ne intende davvero e riesce davvero a sentire un mondo di
profumi, sfumature, sapori lontanissimi che noi potevamo solo tirare a indovinare. Tut-
tavia in mezzo a quelle grasse risate si capiva che, anche tra i profani del vino, ci sono
alcuni assiomi globalmente accettati e uno di questi è che "i vini migliori sono francesi".
Al ché, io, da veneto proveniente dalla città del Prosecco, facevo notare che anche in
Italia abbiamo produzioni di tutto rispetto e la risposta normalmente è: "Ah già, in To-
scana". Ovviamente parliamo di commenti di consumatori inesperti. Ovviamente, chi di
vino se ne intende, sa che la Francia non è tutta uguale e sa anche che alcuni vini cileni,
sudafricani, e italiani non hanno niente da invidiare ai più celebri francesi.
Tuttavia, chi se ne intende (di vino come di qualsiasi argomento) è sempre, per defini-
zione, una minoranza e a quanto pare il two-step flow of communication sui successi del
vino italiano non è ancora riuscito a scalzare l‟associazione stereotipica vino = Francia
dall‟immaginario del consumatore medio.
Da studente di marketing cerco di mettermi sempre nella prospettiva di un consumatore
mediamente inesperto, che a quanto pare fa ancora fatica ad associare l‟Italia e il Veneto
a un‟immagine di regione vinicola di qualità e tradizione, nonostante gli innumerevoli
successi conseguiti dai vini veneti a livello internazionale.
Non indignamoci per questo, è un dato di fatto che sul mercato dei beni di largo consu-
mo, spesso prevalga la superficialità. Se tutti sanno che i vini migliori sono francesi,
non tacciamo quei consumatori di ignoranza. Al contrario, applaudiamo ai produttori
francesi (e in Italia ai toscani) perché negli anni sono riusciti a costruire un'immagine di
qualità che è diventata universalmente nota ed eventualmente chiediamoci: come hanno
fatto?
Secondo spunto: scorrendo tra le notizie scopro che il World Economic Forum compila
5
ogni anno un indice di competitività turistica di tutti gli stati del mondo. Si tratta di un
corposo documento di 500 pagine fitto di grafici, classifiche e statistiche che, tutti insie-
me concorrono a formare una classifica di competitività turistica che vanta un indice di
correlazione del 75% con gli incassi provenienti da turisti stranieri (Blanke et al. 2008).
Visto che ormai da anni noto un decadimento nella qualità dei servizi turistici italiani
vado curioso a vedere come ci piazziamo in un'industria che in Italia avrebbe tutte le
risorse per ottenere ottimi risultati. Senza sorpresa, scopro che quest'anno siamo in ven-
tottesima posizione ovvero dopo quasi tutti gli altri stati europei.
Ecco il giudizio sintetico.
Italy, despite being endowed with the most World Heritage cultural sites in
the world, ranks a lower 28th in the TTCI ranking. As well as its cultural ri-
chness, Italy‘s strengths lie in areas such as the health and hygiene of the
country (19th) and its excellent tourism infrastructure (4th). However, it
faces a number of challenges that bring its overall rating down. These inclu-
de policy rules and regulations, where Italy ranks 57th because of its very
strong foreign ownership restrictions (ranked 102nd) and rules governing
FDI (109th). Further, the government is not seen to be prioritizing the sec-
tor (ranked 97th). In addition, ground transport infrastructure requires u-
pgrading, and there are some safety and security concerns in the country
(81st). (Blanke et al. 2008 p.XV)
La lettura dell'intero rapporto è illuminante. Per questa tesi mi limito a citare la posizio-
ne raggiunta dall'Italia su alcuni indicatori chiave.
A valori più bassi corrispondono risultati migliori. Molti primi posti sono ex-aequo con
altri stati. Totale stati analizzati: 130.
6
Broadband Internet subscribers* 25
[...]
Quality of domestic transport network 70
Quality of air transport infrastructure 71
Attitude of population toward foreign visitors 76
Quality of the natural environment 76
Tourism openness 89
Effectiveness of marketing and branding 103
Road traffic accidents* 104
Hotel price index* 106
Purchasing power parity* 107
Business impact of rules on FDI 109
Sustainability of T&T industry development 113
Fuel price levels* 124
Extent and effect of taxation 126
Hiring and firing practices 127
Sostanzialmente il rapporto conferma alcuni fatti a livello macro che già sospettavo. Per
un turista straniero siamo un paese bello da vedere, sano, pulito, relativamente ospitale e
facile da visitare. Di contro siamo molto costosi, poco sicuri, chiusi verso gli stranieri e
non sappiamo venderci efficacemente.
Il punto "efficacia di marketing e branding" è molto interessante per chi si occupa di
comunicazione. Ricordiamo a proposito la sfortunata storia del progetto internet ufficia-
le dell'Italia turistica costato, pare, più di 30 milioni (PuntoInformatico, 2007) e mai ve-
ramente decollato fino alla decisione di inizio 2008 di toglierlo del tutto dalla rete. Pari-
menti ricordiamo che anche il logo ufficiale dell'Italia turistica presentato nel corso del
2007 ha ricevuto una critica praticamente unanime fino a farlo sparire completamente
dalla circolazione.
Il terzo spunto per questa tesi è arrivato da alcune piccole imprese produttrici di vino.
Non in Toscana, ma nella zona del Prosecco di Conegliano, il famoso Mitico Nordest,
balzato alle cronache per il boom economico e ultimamente minacciato dalla concorren-
za del Far East. Il Nordest che io stesso critico per la scarsa cultura (e a ragione, visto
che il 70% della popolazione non ha nemmeno il diploma di scuola media superiore.
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Istat, 2001).
Proprio in queste zone, tra le fabbrichette, i mulettisti e gli operatori macchine CNC mi
sono accorto che forse si sta facendo spazio anche una cultura del marketing e, sorpresa,
le opportunità non sembrano arrivare dalle multinazionali della moda ma da quella che
probabilmente è la più antica industria di queste parti: la viticoltura.
Tra Conegliano e Valdobbiadene, alcune cantine di piccole dimensioni, già da qualche
anno propongono eventi collaterali al vino nell'evidente tentativo di farsi conoscere e
attirare nuovi clienti. Qualcuno organizza le mostre di pittura, qualcuno le rassegne ci-
nematografiche, qualcuno addirittura organizza un'intero teatro dell'opera nel cortile
della cantina. Si tratta di eventi messi in piedi dai privati in totale autonomia che ag-
giungendosi alle ormai tradizionali giornate delle Cantine Aperte contribuiscono a tra-
sformare sempre di più lo spazio chiuso della produzione vinicola in uno spazio pubbli-
co di consumo, di piacere e magari anche di turismo.
Queste poche osservazioni mi sono bastate per accendere la curiosità sul fenomeno eno-
turismo. Ho quindi deciso di approfondire per capire se effettivamente un mercato (e un
marketing) per il turismo del vino esiste o se si tratta solo di qualche iniziativa isolata
destinata a rimanere insignificante.
Dopo una brevissima analisi della letteratura esistente in materia passerò al caso specifi-
co della provincia di Treviso. Il mio obiettivo è verificare lo stadio di sviluppo
dell‟enoturismo in quella zona ed eventualmente proporre qualche soluzione ai proble-
mi che dovessi trovare.
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sul marketing, che è anche quello che userò io. A livello locale invece la maggior parte
degli studiosi è di formazione enologica o agraria.
In una prospettiva di marketing, la ricerca sull‟enoturismo può trarre beneficio da una
varietà di settori: marketing del vino, del turismo, comportamento del consumatore,
pianificazione e marketing territoriale, pianificazione e strategia di marca ma anche co-
municazione interna e relazioni pubbliche.
Purtroppo, come puntualizza Carlsen c‟è uno sbilanciamento della ricerca globale verso
le aree del nuovo mondo di cultura anglosassone mentre poco si sa riguardo all‟Europa.
There is a distinct focus on wine tourism research within the New World,
especially Australia, New Zealand and North America; to a lesser extent
South Africa also. The distinctive nature of the wine industry in those coun-
tries (Charters, 2006), and their Anglo-Saxon culture, means that our un-
derstandings of how wine tourism operates, the demands placed on it by
visitors and the factors necessary to implement it effectively are limited.
lt Is clear that in Italy, for instance, there are wine tourists who do not fit
into any of the categories noted by Tassiopoulos and Haydam [...] any con-
clusions which may be drawn about how wine tourism is affecting winery
or tourism operators, or how it can be more effectively utilized, are tentati-
ve and tend to apply more to anglophone cultures.
Inoltre, la ricerca globale è molto frammentata e le conclusioni parziali che sono state
raggiunte, difficilmente possono essere generalizzate.
Wine tourism as a discrete field of research is inchoate, yet there has been
rapid development in this field since the mid 1990s. The hosting of the first
Australian Wine Tourism Confernce in 1998 was the first forum in which
wine tourism researchers from the public and private sector were able to
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Un possibile quadro di riferimento per la ricerca sull’enoturismo (Carlsen, 2004 p.5)
present their work to their colleagues. Importantly, much of the wine and
tourism industry were involved in that conference and served to guide the
direction of wine tourism research from that point on. Hence much of the
research that is presently available is applied and practical and inclu-
des a body of work on wine tourism conceptualisation, wine tourists and
wine tourism destinations. Initially most of this work took the form of case
studies and cross-sectional 'snapshots' of wine tourism, with a noted ab-
sence of any theoretical underpinnings or conceptual framework to
set the context of the research. (Carlsen, 2004. Grassetto mio).
Quanto detto da Carlsen riguardo all‟assenza di un quadro teorico è ancora più vero per
l‟Italia come è vero che quasi tutti gli studi che ho trovato sono quasi sempre empirici e,
di volta in volta, indagano solo un caso o un aspetto molto limitato del fenomeno.
Come se non bastasse, a livello locale, la ricerca di pubblicazioni scientifiche
sull‟argomento è resa incredibilmente complicata dai campanilismi universitari e
dall‟assenza di un database generale omologo a quelli internazionali.
Con queste premesse, non deve stupire che il viticoltore veneto medio sia a dir poco in-
fastidito quando gli si propone di partecipare a una ricerca universitaria. Probabilmente
negli ultimi tre anni ha già partecipato ad altrettante ricerche simili e se tanto mi da tan-
to è probabile che non abbia nemmeno visto i risultati.
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dall‟Università di Padova, sede di alcuni corsi di laurea di stampo enologico e di cui fa
parte anche il Centro di Ricerca di Conegliano.
La ricerca di pubblicazioni presso tutte le università italiane fornirebbe sicuramente
spunti interessantissimi ma diventerebbe insostenibile in termini di tempo.
Inoltre, anche limitandosi solo al contesto locale, parafrasando un‟espressione di Fabio
Taiti (2007), direi che esiste una estrema coriandolizzazione della ricerca. Ironico che
gli stessi studiosi che predicano la collaborazione tra le aziende non riescano a collabo-
rare tra loro per produrre un quadro riassuntivo delle innumerevoli ricerche, paper, tesi e
tesine sull‟argomento. Cosa ancora più grave, le ricerche locali che ho esaminato (tutte
in lingua italiana) ignorano sistematicamente i risultati internazionali contribuendo così
indirettamente alla segregazione e allo sbilanciamento di cui parla Carlsen.
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danneggiare il territorio naturale.
Tutti (italiani e internazionali) sono d‟accordo che, per avere successo, un piano di svi-
luppo enoturistico deve essere condiviso da tutti gli stakeholder interessati, sembra una
banalità ma spesso nella realtà non è così.
Non è mia intenzione ammorbare il lettore con infinite citazioni di materiale già pubbli-
cato e facilmente reperibile pertanto mi limito a indicare alcuni testi che possono essere
utili come introduzione all‟argomento.
Per un riassunto sull‟evoluzione dei gusti e della cultura del mangiare bene in Italia si
veda Croce (2008 p.15) e Antonioli (2004 p.97)
Per una descrizione del ciclo di vita della destinazione turistica si veda Croce (2008
p.44); Colombini (2007 p.64); Dodd et al. (2001).
Per un profilo dell‟enoturista in Italia si veda Croce (2008 p.54); Colombini (2007
p.58); Antonioli (2004 p.102); Mauracher (2001 p.197); Taiti (2008). In Sud Africa,
Carlsen (2006 p.144); in Australia, Charters (2002); sulla Strada del Piave, Galletto,
(2008 p.161.)
Per uno schema sugli effetti positivi del turismo enogastronomico si veda Croce, (2008
p.50).
Per gli effetti positivi sull‟export si veda Antonioli (2004 p.110).
Per i vantaggi per l‟impresa si veda Hall (2003 p.57).
Per i fattori critici di successo si veda Getz, (2000) e Getz et al, (1999)
Per le tendenze e i cambiamenti in atto sul turismo e enoturismo in Italia si veda Monte-
rumisi (2005 p.60); Pastore (2002 p.62); Antonioli (2004 p.112); Taiti (2008). Tutti
concordano sul fatto che ci siano cambiamenti in atto. Nessuno spiega a che punto sia il
cambiamento e quanto sia esteso. Io credo che si tratti di un fenomeno da coda lunga ma
che spesso lo si tratti come un fatto acquisito.
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Creare per il turista un‟esperienza indimenticabile (Croce, 2008 p.9).
Per sapere cosa apprezzano gli enoturisti australiani si veda Carlsen (2006 p.49 e 89)
Per i problemi e i fallimenti delle strade del vino in Italia si veda Antonioli (2004 p.117
e 202); Monterumisi (2007). In Portogallo, Carlsen (2006 p.249).
Per conoscere lo stato dell‟enoturismo nel mondo anglosassone si veda Hall (2003 p.3)
Per un‟introduzione generale sul turismo e l‟evoluzione in Italia si veda Galletto (2008
p.5)
Per un elenco degli attori coinvolti si veda Da Ros (2001 p.43) e Galletto (2008 p.27).
Dal punto di vista della domanda, vale a dire delle persone che lo praticano,
il turismo consiste nel visitare, durante il tempo libero, luoghi diversi da
quelli di residenza abituale a scopo di istruzione o di diletto.
L‟enoturismo invece...
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industry (Getz, 2000).
La precedente definizione di Hall e Macionis è quella più citata dalla letteratura interna-
zionale e, giustamente, sottolinea l‟importanza del vino e di tutti gli eventi collegati per-
ché un turista si possa definire enoturista.
In Italia invece il turismo enogastronomico è definito:
...most visits to wineries are only part of an overall holiday in, or adjacent
to, a wine region. (Carlsen, 2004).
Non si può quindi pensare all‟enoturismo come fenomeno a sé stante perché molto spes-
so la visita alla cantina fa parte di un itinerario di vacanza più ampio.
Emerge da subito la necessità di coordinare gli sforzi, non solo tra i soggetti
dell‟enoturismo, ma anche tra chiunque sia coinvolto nella gestione del turismo (di
qualsiasi tipo) nell‟area geografica di riferimento.
Inoltre, oltre a essere un‟attività che per molti è complementare a qualcos‟altro, Poitras
(2006, citando Carlsen e Ali-Knight, 2004) ci mette in guardia: l’enoturismo è e deve
restare un fenomeno di nicchia altrimenti rischia di creare squilibri nella comunità loca-
le portando tra le altre cose alla temuta disneyzzazione del territorio. Addirittura, nella
Napa Valley californiana...
Queste poche righe sfatano il mito della Francia come destinazione enoturistica più svi-
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luppata e di nuovo pongono l‟accento sulla necessità di avere l‟approvazione dell‟intera
comunità locale perché il progetto possa funzionare.
I turisti per definizione si muovono, non stanno sempre sull‟itinerario che è stato predi-
sposto per loro e questo ha due conseguenze: il territorio deve essere ben conservato
ovunque e non solo lungo la strada del vino e la comunità locale deve essere cosciente
che sul loro territorio è in atto un piano di sviluppo del turismo altrimenti si rischia
che...
Il paesano che al turista che lo interpella per raggiungere la Chiesa dei tem-
plari di Ormelle o la cantina XYZ risponda: ―Mai sentita nomina-
re!‖ (Galletto, 2008).
Non significa che tutti debbano essere guide turistiche ma perlomeno che ci sia una co-
noscenza diffusa delle attrazioni della zona e una coscienza di trovarsi in un‟area turisti-
ca. Due cose che non si improvvisano e che non si possono calare dall‟alto per decreto
ma che devono essere costruite giorno per giorno con la trasparenza e la condivisione
delle decisioni.
L‟idea di strada del vino è nata in Germania negli anni „30, un contesto culturale che
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come minimo definirei fortemente normativo. Sostanzialmente si tratta di un percorso
prestabilito che attraversa la regione vinicola toccando vari punti di interesse enogastro-
nomico e paesaggistico. Può essere visto come il primo passo verso la disneyzzazione
palese del territorio. Un tentativo di isolare un segmento della rete stradale per farlo di-
ventare un percorso turistico. Come in un parco divertimenti in cui si chiede al visitatore
di non uscire dai percorsi segnalati perché altrimenti si potrebbe venire in contatto con il
backstage e ciò farebbe rompere l‟incantesimo.
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Pensiamo alla regione vinicola con tutti i suoi punti di interesse e la sua normale rete di
strade.
Un visitatore può concedersi il lusso di perdersi nell‟esplorazione del territorio. Il che
non significa togliere qualsiasi punto di riferimento ma semplicemente lasciare la libertà
di scelta sul percorso da intraprendere. Togliendo di mezzo la dicotomia tra front e
backstage. Il messaggio sottostante potrebbe essere: siamo così sicuri della bellezza dei
nostri paesaggi che non abbiamo bisogno di incanalare i turisti in un percorso prestabili-
to.
...deve essere in possesso di eccellenze particolari in modo che sia resa in-
teressante ed attraente sotto: aspetto storico-monumentale o enogastrono-
mico e in grado di trainare le altre località del distretto; una realtà la cui
visita possa valere un viaggio di diverse centinaia di chilometri, come Firen-
ze, Siena, San Giminiano, Volterra, Montepulciano, Perugia, oppure località
famose perché vi si organizzano importanti manifestazioni di carattere eno-
gastronomico, come Alba (CN), Marsala, Torgiano (PG), Verona, Monteforte
(VR), Trento, Imola (BO), Gradara (PU). La «città locomotiva» deve avere il
compito di attrarre i turisti per poi indurli a visitare l‘intero territorio del di-
stretto, deve essere messa in grado di fornire le indicazioni su tutte le pos-
sibilità di visita mediante un attrezzato e funzionale ufficio informazioni e si
deve fare in modo che ogni località trainata si caratterizzi in maniera da po-
tersi distinguere per almeno una delle eccellenze che il distretto turistico è
in grado di offrire. Il concetto di «città locomotiva» è ben rappresentato da
molte Città del Vino; (Monterumisi, 2005 p.25)
Tutto questo per ribadire che la volontà di creare una strada del vino si deve confrontare
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anche con la dislocazione territoriale delle risorse oltre che con le persone che le presi-
diano e con la domanda di turismo. Solo dopo attente valutazioni si potrà scegliere con-
sapevolmente se l‟istituzione (e la promozione) di una strada del vino sia un affare van-
taggioso o meno.
Questa vuole essere una riflessione sulle caratteristiche di uno strumento che a mio av-
viso si dà troppo spesso per scontato e si usa in modo automatico senza interrogarsi sul-
la sua reale utilità per il contesto in esame.
I vantaggi che la strada del vino assicura sono stati esposti più volte da Croce (2008),
Monterumisi (2005) e tanti altri nomi autorevoli. Il problema è che quei vantaggi si ve-
rificano solo se la strada è progettata e funziona bene, altrimenti si rischia di generare
emozioni negative nel visitatore.
Vediamone alcune con le loro controparti positive:
Negative Positive
Ansia di perdersi e di non riuscire a Spirito di avventura; uscire dal semina-
seguire correttamente il percorso. to alla ricerca di qualcosa di speciale.
Paura e incertezza su cosa ci potrà es- Rassicurazione perché si sa che seguen-
sere al di fuori. (Se busso a una cantina do il percorso (seguendo le regole) non
che non fa parte della strada del vino si dovrebbero incontrare brutte sorpre-
rischio di essere sbattuto fuori?). se.
Disillusione e sfiducia nel caso Sicurezza di viaggiare su un percorso
l‟esperienza non corrisponda a quanto collaudato. Un po‟ come quando si visi-
promesso. ta una città in compagnia di un amico
Ansia di vedere tutto ciò che è stato locale.
predisposto. “Gotta catch „em all” sfida di riuscire a
visitare tutti i siti indicati sulla mappa.
Purtroppo, le emozioni positive, richiedono molto lavoro per venire a galla mentre per
suscitare un‟emozione negativa basta che anche un solo pezzo del puzzle non sia al suo
posto.
Se vogliamo che il visitatore abbia una buona esperienza e quindi una volta tornato a
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casa si impegni in passaparola positivo e continui ad acquistare i vini della regione dob-
biamo fornire una struttura che sia all‟altezza delle aspettative. Ovvero bisogna fare in
modo che la qualità sperimentata incontri la qualità attesa (Croce, 2008 p.27).
Possiamo connotare una regione vinicola per la qualità dei suoi vini o anche per la sua
ospitalità. Se si decide di puntare esclusivamente sulla qualità dei vini senza pubbliciz-
zare l‟enoturismo è comunque possibile attirare visitatori che però saranno eno-
avventurieri (allocentrici) più che enoturisti. Ovvero persone che sono più inclini a ri-
schiare, che non hanno paura dell‟incertezza, che scelgono di visitare la regione pur sa-
pendo che le cantine potrebbero non essere aperte al pubblico o potrebbero essere diffi-
cili da raggiungere (per qualsiasi motivo).
Se però si decide di connotare la regione come destinazione enoturistica è necessario
fornire un certo grado di certezze. Non basta tracciare un percorso su una mappa. Un
turista (psicocentrico) si aspetta di trovare accoglienza e strutture pensate per soddisfare
i suoi bisogni, ovvero i bisogni di una persona che non conosce il territorio, che magari
è interessata a imparare qualcosa ma non vuole fare troppa fatica perché è pur sempre in
vacanza.
L‟avventuriero sa che deve essere lui ad “andare incontro” al territorio per cui anche
un‟accoglienza rude può essere interpretata come sintomo di autenticità e non provoca
troppi disagi.
Il turista invece si aspetta che sia il territorio a “venirgli incontro” e quindi non tollera
che le aziende sulla mappa siano introvabili nella realtà o non rispettino gli orari di a-
Rielaborazione da Minca C., 1996. Spazi effimeri. Cedam, Padova (Croce, 2008)
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pertura indicati (solo per fare qualche esempio).
Tutto questo discorso serve a ribadire un assioma della comunicazione che evidente-
mente non è ancora abbastanza conosciuto nel mondo del vino cioè: bisogna essere coe-
renti. Coerenti tra le varie iniziative di comunicazione ma soprattutto coerenti con la
propria identità. Chi compra una vacanza Club Med non vuole dover affrontare
un‟Avventura nel mondo. Non c‟è un modo giusto e uno sbagliato in assoluto. Basta
sapere quello che si sta facendo.
Inoltre...
...it is one of the paradoxes of a successful wine route that wineries need to
work together — both formally and informally — with their commercial ri-
vals if the route is to be successful (Telfer, 2001). This of course, goes a-
gainst the grain for many wine producers who otherwise seek to gain com-
petitive advantage over their neighbours. (Correia, 2006).
Quando si attiva una strada del vino si da implicitamente per scontato che i vignaioli, le
associazioni e le istituzioni siano disposti a collaborare tra loro per il bene dell‟intera
regione. Conoscendo la cultura e i campanilismi italiani mi permetto di essere scettico
su questo punto.
Although the tasting of wine is the raison d‘étre of any route, this feature
alone is unlikely to sustain tourism growth (Preston-Whyte, 2000). Conse-
quently, wine route authorities can provide a source of marketing
intelligence for wineries, organize activities and events such as wine fairs
and contests, develop promotion/communication plans, conduct research,
develop criteria for the selection of members and create tour packages
(e.g. rural tourism accommodation plus visit to local wineries). They can
also combine wine with other complementary activities, such as local ga-
stronomy, architecture and heritage, mountain biking, sailing, golf, etc.
(Dodd, 1995; Cambourne et aI., 2000; Frochot, 2000). Indeed, these links
are essential, for wine on its own is unlikely to sustain the entire inte-
rest of a tourist (Getz. 2000).
Vedremo nel capitolo successivo che nel nostro caso, le autorità le hanno provate tutte
per offrire itinerari complementari al vino. Meno è stato fatto dal punto di vista della
promozione territoriale e ancora meno sul fronte della creazione di pacchetti turistici
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integrati.
Il turismo in Veneto
Federico Tessari, presidente Unioncamere del Veneto dichiara:
Le forme giuridiche più frequenti nel comparto del turismo veneto sono la
società di persone (42,8%) e la ditta individuale (35,7%) (Unioncamere
2006).
Insomma manca un vero approccio strategico alla gestione del turismo, addirittura...
In realtà qualche dato sul turismo e sull‟enoturismo esiste, solo che si tratta di studi par-
ziali o secondari realizzati da soggetti diversi senza alcuna periodicità e non sempre
confrontabili.
Osservando il grafico troviamo la conferma che il turismo in Veneto è in gran parte at-
tratto da Venezia (che dista circa 45 minuti / 60 KM dalle zone del Prosecco. Fonte:
ViaMichelin), da Verona e dalle località balneari. Ovvero da quelle attrazioni che hanno
una rilevanza tale da rendere superflua qualsiasi azione di marketing perché uniche al
mondo e quindi insostituibili.
Diversamente accade nelle altre provincie del Veneto.
Se da un lato, la forza attrattiva di Venezia mette in ombra tutto il resto, dall'altro, si po-
trebbe pensare al contributo delle provincie in un'ottica di prolungamento del soggiorno.
Detto con uno slogan: vieni per Venezia, resti per il Veneto. L'eventuale sviluppo di
un'offerta turistica rurale probabilmente beneficerebbe dei flussi di turisti già presenti in
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regione, aiuterebbe a destagionalizzare le presenze e possibilmente a ridurre la pressio-
ne su Venezia.
La questione a questo punto è: quanti dei 7 milioni di turisti che arrivano in provincia di
Venezia ogni anno possono essere interessati a visitare altre zone del Veneto?
A prima vista si potrebbe pensare che un‟attrazione forte come Venezia dovrebbe essere
in grado di trainare l‟intera regione nel raggio di centinaia di chilometri ma i dati
(Unioncamere, 2006) ci dicono che questo non avviene .
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all‟indietro” e a non accorgersi nemmeno di ciò che sta nelle immediate vicinanze.
Venezia non si può considerare una locomotiva naturale per Valdobbiadene perché la
differenza di attrattività è troppo grande.
Tuttavia, questa prospettiva naturale può essere corretta con la lente del marketing.
Probabilmente molti dei visitatori che arrivano a Venezia ignorano di trovarsi a meno di
un‟ora dalle terre del Prosecco ma se adeguatamente informati e “condotti per mano”
potrebbero essere interessati a un‟escursione in collina. La quantità e la varietà dei turi-
sti che arrivano in laguna rende difficile azzardare ipotesi quantitative. Certo è che an-
che se solo una piccola percentuale di quei 7 milioni di visitatori fosse deviata nell'en-
troterra, ciò avrebbe effetti importanti su provincie che sono abituate a numeri di un or-
dine di grandezza inferiore.
Lo Shop Freixenet. Oltre alle bottiglie e ai calici si trovano in vendita souvenir, oggettistica,
zaini e borse termiche, cappelli, magliette e perfino i boxer con il marchio della cantina.
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una delle aziende spumantistiche più importanti della Spagna.
Eppure, la cantina Freixenet riesce ad attirare una (piccola) parte dei milioni di turisti
che affollano il capoluogo grazie a un‟offerta che, anche senza strada del vino, “prende
il turista per mano”, lo preleva dalla movida, lo porta di fronte all‟ingresso della cantina,
gli fa fare il tour guidato, magari gli vende anche qualche souvenir e lo riporta sulla
Rambla senza la minima preoccupazione.
25
D.O.C. e D.O.C.G. con marchi star co-
me Brunello e Chianti
(politicheagricole.it, 2008).
Viste le risorse viene da pensare che
tutto sommato il risultato di Treviso
non sia male: non dispone di grandi
Trend dei flussi turistici in provincia di Treviso 1997-
territori incontaminati (densità: 341 2007. (C.I.S.E.T. 2008b)
È quindi ancora più importante puntare sui servizi e sul “cosa fare” visto che il “cosa
vedere” è già irrimediabilmente compromesso.
A questo proposito Elena Bisiol (responsabile Unità Programmazione Turistica - Pro-
vincia di Treviso) individua i tratti distintivi che connotano la provincia agli occhi del
turista.
- naturalistico - sportivo
- eno-gastronomico
- storico - culturale
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- business (Bisiol 2008)
L‟enogastronomico è uno dei quattro fondamentali attrattori su cui la Provincia sta lavo-
rando ma non è l‟unico. A mio avviso è un errore cercare di connotare a livello interna-
zionale un‟area così piccola con quattro temi così diversi. Tuttavia dai documenti che
ho letto non si capisce se queste quattro identità siano pensate per il pubblico internazio-
nale, nazionale o regionale quindi concedo il beneficio del dubbio.
Evitiamo dunque di identificare l‟intera provincia con il Prosecco e teniamone conto
quando andremo a progettare un piano di marketing pensando anche alle inevitabili si-
nergie che si possono sviluppare con gli altri tre attrattori (sempre che siano abbastanza
forti).
D‟altra parte, in accordo con la tesi di Carlsen (2004) vediamo nella tabella che il turi-
smo enogastronomico rappresenta solo una piccolissima percentuale di pernottamenti
sul totale della vacanza. Però presenta anche la più alta spesa media per presenza. Come
dire che nelle aree enogastronomiche si registrano pochi pernottamenti ma molto reddi-
tizi. Infatti:
27
Attualmente, l‟offerta turistica in provincia di Treviso è declinata secondo alcuni itine-
rari che oltre a tre strade del vino comprendono anche la strada dell‟Architettura, quella
dell‟Asparago bianco, dell‟Archeologia, del Radicchio rosso, della grande Guerra e
l‟anello ciclistico del Montello. La maggior parte di questi percorsi sono stati istituiti
solo negli ultimi 5 anni e probabilmente non sono ancora molto conosciuti.
Inoltre sono in corso studi per la ricerca di fonti termali.
Sicuramente bisogna riconoscere alla Provincia il merito di essere riuscita a scovare
punti di interesse in tutte le parti del territorio coprendo diversi “bisogni” di turismo
dall‟enogastronomico allo sportivo al culturale. D‟altro canto, c‟è da augurarsi che que-
sta pluralità di attrattive non diluisca i finanziamenti dedicati per la promozione del turi-
smo tra una miriade di consorzi, ognuno impegnato a promuovere solo la propria strada.
28
280.000 se consideriamo l’intera regione Veneto.
Prendendo per buona la stima di Manente di 143 euro spesi per ogni presenza possiamo
supporre che in provincia di Treviso l‟enoturismo generi 1.215.500 euro di fatturato an-
nuo senza contare gli escursionisti giornalieri. Numeri ovviamente da prendere con e-
strema cautela visto che sono il risultato di estrapolazioni condotte su dati secondari di
provenienza eterogenea.
Difficile anche dare un giudizio univoco. Da un lato, la cifra si può considerare molto
bassa vista la quantità di aziende coinvolte però è anche vero che ho considerato solo i
pernottamenti che avevano come motivazione principale l‟enogastronomico. Sappiamo
che quasi sempre la visita in cantina è un optional di una vacanza che ha altre motiva-
zioni principali.
Alla luce di questa considerazione non credo che sia possibile isolare l‟impatto econo-
mico dell‟enoturismo, perlomeno non con questi dati. Preferisco pensare all‟offerta eno-
turistica come a uno degli elementi attrattori che da solo ha una forza limitata ma inseri-
to in un contesto storico, paesaggistico, architettonico e perché no, sportivo contribuisce
sinergicamente alla competitività turistica della provincia.
Una stima più ottimistica sugli interessi dei visitatori si può ricavare dai risultati di un
altro sondaggio condotto dal CISET presso gli uffici di informazioni turistiche della
Provincia. Qui vediamo che il 26% degli italiani e addirittura il 50% degli stranieri di-
chiara una motivazione enogastronomica per il viaggio. Non voglio azzardarmi a trarre
conclusioni da questi dati. Comunque, di sicuro c‟è perlomeno un interesse, soprattutto
29
da parte degli stranieri,
cosa che appare alquanto
confortante.
co D.O.C. (Distretto del Prosecco, 2006) scoprendo tra l‟altro che la vendita diretta pesa
si e no per il 6% del volume d‟affari mentre l‟HoReCa si piazza di gran lunga al primo
posto con circa il 50% del fatturato.
Questo risultato è da considerare una specificità della zona in netta controtendenza con i
trend globali per cui soprattutto le piccole aziende agricole realizzano la buona parte
delle vendite direttamente allo spaccio aziendale (Mauracher, 2001 p.197)
Bisogna comunque dire che dai contatti avuti con alcuni produttori, ho appreso che la
Fonti accademiche
Prima di passare all‟analisi dei dati primari, e vista anche la limitatezza della mia inda-
gine, ritengo utile un rapido excursus su alcuni miei predecessori per capire cosa do-
vremmo aspettarci.
Galletto (2008) ha realizzato un corposo studio sui visitatori di eventi enogastronomici e
sulle cantine della Strada dei Vini del Piave da cui mi permetto di citare alcuni dati. Un
indizio per me molto significativo arriva proprio dalle aziende. Ricordiamo che la
(nuova) Strada dei Vini del Piave è stata approvata dalla Provincia solo nel 2005. è
quindi verosimile che, a tre anni di distanza si possa fare una valutazione sul suo impat-
to. Ebbene, il 67% dei produttori intervistati da Galletto (2008 p.140) ritiene che la stra-
da non abbia avuto alcuna influenza sul flusso di enoturisti in azienda. Come faccia un
imprenditore a distinguere i visitatori che arrivano esclusivamente grazie alla Strada
31
piuttosto che per altri motivi, non è dato sapere. Il 74% degli imprenditori ritiene la
Strada poco influente o irrilevante per i successi aziendali.
Sicuramente, c‟è sfiducia verso questo strumento ma leggendo tra le righe a me viene
anche da pensare che nella zona Piave l‟enoturismo sia molto meno sviluppato di quan-
to certi articoli roboanti vorrebbero far credere. Gli stessi produttori intervistati da Gal-
letto individuano nella provincia e nelle provincie limitrofe la provenienza del 51% dei
loro clienti diretti.
La seconda parte della sua tesi presenta i risultati di un lungo questionario somministra-
to a 309 visitatori di eventi enogastronomici (Cantine aperte, Calici di stelle…) presu-
mibilmente nella primavera-estate 2007. I risultati sono confortanti visto che rilevano
un 47% di casi di provenienza straniera e solo un 25% provenienti dal Nordest.
Non dobbiamo sottovalutare però che gli eventi esaminati sono per definizione dei mo-
menti speciali che possono avere un grande richiamo ma che capitano solo in poche
giornate all‟anno (e spesso sono svolti in contemporanea in tutta Italia) mentre per poter
parlare di un fenomeno enoturistico bisogna poter rilevare un buon flusso di presenze
almeno per un centinaio di giorni all‟anno che ovviamente non possono essere sempre
trainati da eventi.
Nonostante questo limite, il lavoro di Galletto ci ha mostrato che è possibile attirare e-
noturisti in provincia di Treviso, in questo caso con eventi enogastronomici ma auspica-
bilmente anche con un‟offerta organizzata e di qualità.
In un altro studio degno di nota, presentato da Galardi (2008) sono stati intervistati “54
turisti mediante questionario somministrato in cantina” e un numero ignoto di imprendi-
tori vitivinicoli e agrituristici della provincia di Treviso. Alcune parti del rapporto sono
molto poco chiare e quella parte di risultati che sembra confrontabile con i dati istituzio-
nali (per esempio sui canali di distribuzione o sui servizi offerti) getta un‟ombra di inaf-
fidabilità sull‟intera presentazione (il dottor Galardi, interpellato in proposito, ha dichia-
rato che i dati erano stati raccolti dal prof. Scaggiante che però risulta irreperibile).
Ciononostante vorrei comunque soffermarmi a commentare alcuni risultati.
Secondo Galardi-Scaggiante, l‟imprenditore medio vede nella qualità del paesaggio un
punto di forza della provincia mentre indica la scarsa efficienza dei trasporti come prin-
cipale ostacolo allo sviluppo dell‟enoturismo (Galardi, 2008 p.11). Se questi dati sono
32
attendibili significa che tra gli imprenditori regna la più totale confusione e inconsape-
volezza perché come ho già parzialmente evidenziato, la situazione in provincia di Tre-
viso è esattamente opposta. Ovvero troviamo un paesaggio fortemente urbanizzato, in
molti punti degradato ma comunque ben collegato alla rete ferroviaria e autostradale
nazionale. Anche le strade provinciali e comunali non sembrano presentare particolari
problemi e tra le aziende che ho visitato non ho mai trovato strade eccessivamente scon-
nesse (cosa che invece a Siena è la norma.) Il giudizio di inefficienza dei trasporti po-
trebbe essere riferito ai trasporti pubblici su gomma. Nel qual caso la critica sarebbe az-
zeccata ma sarebbe comunque un problema comune a moltissime regioni vinicole nel
mondo e non certo esclusivo della provincia di Treviso.
Passando ad osservare i risultati sulla domanda troviamo che oltre a visitare le cantine,
gli intervistati amano passeggiare in campagna, visitare monumenti, musei e mangiare
in ristorante. La conoscenza del produttore, il rapporto qualità prezzo e la bellezza del
paesaggio sono fattori importanti nella scelta della cantina e la provenienza è locale nel
33% dei casi. Galardi sottolinea anche come la maggior parte dei visitatori siano fedeli,
non a una, ma a un gruppo di cantine che conoscono.
L‟ultima pubblicazione che voglio citare risale al 2000 e presenta i risultati di 34 que-
stionari somministrati presso altrettante strutture di accoglienza (prevalentemente risto-
ranti) presenti lungo le tre strade del vino trevigiane (Mauracher, 2001 p.205). Anche
qui si chiedeva un‟opinione agli imprenditori riguardo alle caratteristiche dei turisti. Al-
cuni dei risultati sulle caratteristiche della domanda sembrano francamente fin troppo
precisi e dettagliati quindi mi limito a citare solo i dati che verosimilmente possono es-
sere più attendibili.
Secondo l‘80% degli intervistati, la maggior parte dei flussi turistici provie-
ne dall‘Italia, in particolare dal Veneto e dalle regioni circostanti; i turisti
stranieri invece sono per lo più tedeschi ed austriaci. La ripartizione percen-
tuale tra italiani e stranieri varia leggermente tra i diversi percorsi: per i
ristoratori della Strada dei Vini del Piave e la Strada del Prosecco, la quasi
totalità dei turisti è di provenienza italiana (oltre il 90%); la Strada dei Vini
del Montello e dei Colli Asolani invece accoglie il 70% di turisti italiani ed il
30% di stranieri. Il maggiore afflusso di stranieri su questo percorso rispet-
to agli altri è senza dubbio dovuto alla presenza, tra le varie tappe
33
dell‘itinerario, di una città a forte vocazione turistica come Asolo. [...]
Per quanto concerne gli obiettivi di sviluppo economico, dalle interviste con-
dotte risulta che la Strada del Prosecco ha avuto effetti positivi nei
confronti dei comparti direttamente interessati, primo tra tutti la ristorazio-
ne tipica. I ristoratori della zona ritengono infatti che l‘istituzione della stra-
da abbia determinato un aumento dei flussi turistici nell‘area interessata,
favorendo così la loro attività imprenditoriale. Sotto il profilo della comuni-
cazione gli operatori turistici intervistati denotano una riduzione dello sforzo
promozionale rispetto al periodo immediatamente successivo alla creazione
del percorso, sebbene le attività di promozione e comunicazione continuino
ad essere svolte efficacemente da parte degli enti competenti; lungo
l‘itinerario infatti è ancora presente la cartellonistica stradale e la segnaleti-
ca di percorso, così come il marchio delle botteghe del vino autorizzate.
Il quadro descritto cambia invece riguardo alle altre due strade del vino del-
la Provincia che, sebbene più recenti, si trovano in uno stato di abbandono
totale. La cartellonistica stradale e la segnaletica di percorso sono infatti del
tutto assenti, con la conseguenza che risulta molto complicato seguire
l‘esatto itinerario, tanto più che le insegne delle botteghe del vino, che do-
vrebbero indicare le varie tappe del percorso, sono rare e spesso riferite a
locali che hanno ormai cessato la propria attività. L‘impatto delle strade del
vino rispetto ai settori correlati è molto limitato: la maggior parte degli in-
tervistati infatti ritiene che i flussi turistici generati dalla strada siano
stati pressoché ininfluenti sulla redditività della loro attività imprendito-
riale, senza considerare il fatto che una certa percentuale degli operatori
interpellati era del tutto ignara dell‘esistenza del percorso enoturistico. In
questi due casi quindi l‘attività di comunicazione e promozione è perciò qua-
si del tutto assente.
Alla luce dei risultati ottenuti nell' area trevigiana, si può pertanto ritenere
che le strade del vino possano costituire valide iniziative in grado di offrire
delle opportunità di crescita economica interessanti in particolari real-
tà territoriali, purché vi sia coordinamento tra i soggetti interessati alla
gestione, comunicazione nei confronti degli operatori turistici e, soprattut-
to, un’efficace e continuativa attività di promozione e di comunica-
zione da parte degli enti preposti. (Mauracher, 2001 grassetto mio)
Nonostante il tono generalmente più enfatico che si riscontra nelle pubblicazioni acca-
34
demiche rispetto a quelle istituzionali, direi che anche qui non possiamo essere sicuri
della consistenza dell‟enoturismo in provincia di Treviso. Certamente gli imprenditori
sono quasi sempre scettici sull‟utilità delle strade del vino per il loro business. Cerchia-
mo allora di capire se ne hanno buoni motivi.
Altre fonti
Avendo vissuto gran parte della mia vita a Conegliano, posso affermare che da quelle
parti c‟è una fierezza condivisa nei confronti del vino locale, non solo Prosecco. Appena
fuori dalla stazione di Conegliano c‟è da tempo immemorabile un grande cartello con
l‟itinerario storico della Strada del vino bianco che si vanta di essere la più antica
d‟Italia, fondata nel 1966, però...
Nella prima parte del 6° Rapporto (Città del Vino) – presentata a Stresa nel
mese di maggio 2007 – si è sviluppata una mappatura delle ―Strade‖ rispet-
to ai fattori di attrattività fondamentali – vino, ristorazione, turismi – secon-
do quanto valutato nelle Guide di settore. [...]
- 9 Strade ―CHAMPION‖;
- 7 Strade ―CLASSICHE‖;
- 36 Strade ―EMERGENTI‖;
- 55 Strade ―PRIMAVERA‖.
A questo punto mi pare abbastanza chiaro che l‟enoturismo in provincia di Treviso sten-
ti a decollare.
Il problema ora capire è chi debba fare cosa per migliorare le performance turistiche
della Marca (Mauracher, 2001 p.212). E soprattutto, chi debba avere l‟autorità per coor-
dinare il tutto.
Mai come in questo caso gli stakeholder sono innumerevoli (Galletto, 2008 p.27; Da
Ros, 2001 p.43). Per semplicità li raggruppo in macrocategorie.
Istituzioni pubbliche (Stato, Regione, Provincia e comuni)
Associazioni nazionali (Slow Food, Città del vino, Movimento turismo del vino)
Associazioni locali (Altamarca, Consorzi di tutela, Strade del vino)
Singole imprese (cantine, agriturismi)
Operatori del turismo (agenzie, tour operator e guide turistiche)
È bene ricordare che attualmente ciascuno di questi stakeholder comunica con una pro-
pria voce contribuendo a creare un‟entropia informativa che può solo confondere il po-
tenziale consumatore. È legittimo e auspicabile che ciascuna cantina e ciascun agrituri-
smo abbiano il proprio sito web perché, agli occhi del consumatore sono soggetti diver-
si, concorrenti, con identità distinte. Non è ammissibile che esistano decine di associa-
zioni e consorzi, tutti che dichiarano di voler “promuovere e valorizzare la cultura, il
turismo e l‟enogastronomia della Marca trevigiana”. Ognuno dei quali contribuisce con
un piccolo investimento, un sito sviluppato tre anni fa, poche foto a bassa risoluzione e
qualche frammento di informazione. Non c‟è bisogno di citare Kotler per affermare che
una strategia del genere è fallimentare. Infatti, parlando a livello di Italia...
36
importante era far vedere che si era approntato un piano, senza preoccu-
parsi se dovesse poi rivelarsi irrealizzabile o difficilmente realizzabile. Non si
è proceduti effettuando una analisi di mercato o individuando le effettive
potenzialità dell‘offerta locale. Non si è mai affrontato il problema centrale
del come gestire gli interventi programmati e si è andati avanti solo preoc-
cupandosi di come intercettare i finanziamenti a fondo perduto.
(Monterumisi, 2007 p.9)
Riporto ora un‟intervista gentilmente rilasciata dall‟ex presidente della Provincia di Tre-
viso Luca Zaia, oggi Ministro per le Politiche agricole e forestali.
Utile a mio avviso per inquadrare meglio la situazione e la posizione della politica sul
tema.
Qual è secondo Lei lo stato dell‟enoturismo in provincia di Treviso e come vede il futu-
37
ro?
Poi, cos‘è una strada del vino? È un percorso paesaggistico all‘interno dei
vigneti e dei contesti vitivinicoli dove tu ti puoi fermare a comprare vino,
(qui da noi tutti hanno lo spaccio aziendale) dove c’è un’ottima ristorazione,
(qui da noi c’è dappertutto) non so, le tabelle ci sono, cosa dobbiamo fare?
Forse è mancata un‟azione di relazioni pubbliche verso le guide che sono state usate
come fonte di questo studio?
38
Quindi lei sostanzialmente non concorda con l‟idea che il turismo non sia ancora così
sviluppato…
La strada del Piave è molto più complicata, attraversa anche delle zone in-
dustrializzate, non può garantire al turista una perfetta percezione di un
territorio incontaminato però lambisce territori come Oderzo che è munici-
pio romano o Portobuffolè, Motta di Livenza… insomma, bei contesti…
Non è mica possibile che ci siano 8000 nomi per identificare un territorio
che produce Prosecco.
Su Monterumisi 2007 p.9. (“Si è andati avanti solo preoccupandosi di come intercettare
i finanziamenti a fondo perduto.”)
Queste sono persone con i calli sulle mani che si sono caricate la damigiana
in macchina ed sono andate a aprire mercati nuovi come la Germania o gli
Stati Uniti. Questi sono produttori da 1,13 ettari di superficie. Qualcun altro
39
Il 19 febbraio 2008 sono stati costituiti in provincia
ci fa il giardino su un ettaro.
di Treviso due gruppi di azione locale (GAL) deno-
minati “Terre di marca” e “Alta marca trevigiana”. La sola cantina Banfi produce
4—Leader. Tra i loro obiettivi figura espressamen- zione mondiale. Qua da noi non
c‘è una sala che tiene tutti i
te “L'incentivazione del turismo rurale tramite la
produttori e abbiamo la stessa
valorizzazione in loco dei numerosi siti con
produzione. Comunque stiamo
particolare interesse storico, culturale, ambientale
garantendo una qualità estre-
e artigianale e iniziative di marketing ma sul Prosecco.
territoriale e di promozione dei prodotti agroali-
Sulla riforma OCM vino:
mentari e Artigianali caratteristici del
Io sono profondamente contra-
Territorio.”
rio e lo ho detto in tempi non
A prima vista, l‟unica differenza tra i due gruppi
sospetti. Abbandoniamo un
sembra essere l‟ambito territoriale di riferimento grande investimento che l‘Italia
che, osservando la lista dei soggetti aderenti, sem- ha fatto. Noi abbiamo 316 doc
bra dividere la provincia in una parte Nord e una 38 docg e 118 igt... noi abban-
aderiscono praticamente tutti i comuni confinanti Certamente può essere vista in que-
oltre alla Camera di commercio e a un consistente sto modo, la riforma dell‟OCM è la
numero di partner privati operanti nel settore agri- più classica delle minacce da analisi
colo, alimentare e bancario. (GAL Terre di Marca, SWOT. Come studente di marketing
2008) e (GAL dell’Alta Marca Trevigiana, 2008). sono abituato a vedere le opportunità
che si aprono dietro alle minacce e
in questo caso vedo un mare di opportunità di branding per i produttori o i consorzi che
volessero investire sul proprio marchio al di là di quello della denominazione ma que-
sta, come si dice, è un‟altra storia.
Il Ministro sembra avere una visione dell‟enoturismo un po‟ troppo semplicistica, è vero
che lo spaccio aziendale è il punto focale del fenomeno ma la semplice vendita e degu-
stazione da sole non sono sufficienti a sostenere la crescita del turismo (Preston-White,
40
2000)
Torno su una frase importante di questa intervista:
È proprio questo il “problema”. Finora le vendite si sono sostenute da sole, quasi senza
sforzo. Quando sono andato a parlare con gli imprenditori nessuno aveva informazioni
precise sul proprio mercato. Molti non sapevano proprio niente del proprio mercato. Fi-
guriamoci quanto possono essere interessati a sviluppare l‟enoturismo quando non de-
vono nemmeno preoccuparsi di conoscere i loro mercati principali.
Il Prosecco
Non voglio dilungarmi nella presentazione del prodotto. Il lettore interessato che non
fosse già a conoscenza di cosa sto parlando potrà facilmente informarsi digitando
“Prosecco” o “Cartizze” su un qualunque motore di ricerca oppure leggendo la sintesi di
Anastasia et al. (2008, p.25).
A me interessa presentare alcuni articoli significativi che ci danno l‟idea di come il pro-
dotto di punta della Provincia sia percepito nel mondo (anglosassone).
The Economist (2007), New Statesman (2004) e Business Week (2006) trattano il Pro-
secco come uno “Champagne per tutti i giorni”. Meno sofisticato ma anche molto meno
costoso e pretenzioso. Godibile in qualsiasi momento, più amichevole rispetto al
“borioso” Champagne. Inoltre...
...a NY esiste un locale trendy, il bar del noto albergo Benjamin nel cuore di
Manhattan, divenuto famoso per il ―Prosecco Night‖.
Questo appuntamento, dove si incontra la Manhattan bene, è un vero e
proprio aperitivo all‘italiana dove sono presenti una selezione di prosecchi
del territorio di Conegliano Valdobbiadene.
L‘iniziativa ha subito riscosso un ampio successo tanto che, proprio durante
la visita dei produttori, è stato anticipato che il locale cambierà nome in
―Prosecco Lounge Bar‖ e offrirà sette giorni su sette questo momento.
Un bel risultato, che dimostra come il nostro vino abbia portato anche oltre-
oceano una filosofia di vita e di bere, uno stile ―informale ma di classe‖.
(Trevisosystem 2008)
41
E ancora...
Negli USA Prosecco doc sta diventando un sinonimo di stile italiano. [...] Il
Prosecco doc si trova oggi in molti locali a New York e nella maggior parte
degli Stati Uniti. Grazie ad un interesse genuino, il prodotto è cresciuto e
sta vivendo un momento di forte espansione.
Recentemente è apparso sul New York Times un articolo dedicato alla deno-
minazione e questo ha determinato un vero boom del prodotto. Uno degli
elementi vincenti è il rapporto qualità prezzo, che ha permesso di conqui-
stare una fascia di mercato interessante. Oggi Prosecco doc è Italian Life
Style, è moda e per questo è importante valorizzare la bottiglia, il packa-
ging e proporre suggerimenti di abbinamento con ricette e cocktails. Oggi il
Prosecco doc ha affinità soprattutto con il canale retails, che richiede una
formazione personalizzata. (Larner 2006)
42
volte ci piace credere e rischia di essere copiato da chiunque.
Non si pensi però che un‟offerta di vini medium-price non possa essere attraente, al
contrario, sappiamo bene che sul mercato conta il rapporto qualità-prezzo più della qua-
lità assoluta e visti i commenti positivi delle riviste possiamo credere a ragione di non
avere problemi da questo punto di vista.
L‟importante è riuscire a proporre un‟offerta di turismo integrata e coerente che possa
interessare quelle persone che pur non essendo grandi esperti di vino magari si ritrovano
nel profilo del bevitore “informale ma di classe”. Per fare ciò, come per una qualsiasi
altra azione di marketing, è prima di tutto necessario conoscere il pubblico già presente
e quello potenziale.
Concludo la parte teorica di questa tesi citando Antonioli et al. (2007) che parlando del-
le Strade di Lombardia hanno centrato in pieno anche le sensazioni del ricercatore vene-
to.
Ne deriva che è poco utilizzabile anche la loro ripartizione per aree territo-
riali di provenienza.
Conclusione: non si conosce il proprio mercato.
Metodologia
43
Chi sono i visitatori delle cantine trevigiane? Cosa cercano? Cosa apprezzano di più? E
soprattutto quanto è sviluppato l‟enoturismo in zona?
Nella parte sperimentale di questa tesi cercherò di rispondere a queste e altre domande.
L‟indagine è composta da 145 questionari in italiano somministrati ad altrettanti visita-
tori scelti a caso tra quelli presenti in otto cantine nella parte Nord della provincia. Du-
rante le rilevazioni erano pronti all‟uso anche questionari in inglese ma non sono mai
stati necessari. A proposito è utile sottolineare che le rilevazioni sono avvenute nel 2008
nei weekend 7-8-9 Novembre (71% dei questionari) e 5-6-7 Dicembre (29% dei que-
stionari). Mesi in cui la componente straniera dei turisti in provincia è più limitata (ma
non assente). Inoltre il lunedì 8 Dicembre era festivo e ciò consentiva un piccolo ponte
con il weekend.
Sette delle cantine analizzate appartengono alla Strada del Prosecco e una appartiene
alla Strada del Piave. Quattro su otto sono aziende di piccole dimensioni a conduzione
familiare. Le altre sono una Cantina Sociale, la Scuola Enologica di Conegliano e altre
due aziende private di dimensioni medie e grandi.
Il contesto paesaggistico era decisamente collinare in tre casi; periferico/pianeggiante in
altri tre casi; urbano e industriale in un caso ciascuno;
Le rilevazioni sono avvenute in diverse fasce orarie (mattina 22,8%; pomeriggio 57,2%;
sera 20%) nei weekend (venerdì 21,4%; sabato 51,7%; domenica 26,9%) perché secon-
do gli stessi produttori sono quelli i giorni in cui lo spaccio è più affollato.
In due cantine su otto (41,4% dei questionari) era in corso un evento speciale: una serata
jazz (8 Novembre) organizzata in autonomia dalla singola cantina (20% sul totale) e
44
“San Martino in Cantina” (21,4% sul totale). Giornata di cantine aperte promossa dal
Movimento turismo del vino per la prima volta il 9 Novembre 2008. Durante questa
giornata era presente anche il mercato cittadino e in cantina c‟erano stand per la degu-
stazione di vino e prodotti tipici e a intervalli regolari si organizzavano degustazioni e
tour guidati.
Vediamo subito che durante gli eventi è molto più facile raccogliere dati per due motivi:
(1) la gente è più rilassata, ha tempo e considera il questionario quasi come un piacevole
diversivo (Galletto, 2008 p.94). (2) gli eventi, evidentemente, richiamano molti visitato-
ri e oserei dire, richiamano un pubblico sostanzialmente diverso rispetto ai “normali”
visitatori di cantine.
Il questionario
È uno strumento di rilevazione dalle caratteristiche e dai limiti noti. Permette di racco-
gliere molti dati in poco tempo ed è relativamente facile da analizzare però è rigido, po-
co affidabile, mal tollerato dal pubblico e obbliga il rispondente a incanalare il proprio
pensiero sui binari tracciati dal ricercatore.
Nella maggior parte dei casi (soprattutto quando non c‟era l‟evento) la compilazione era
assistita e spesso ho dovuto suggerire le risposte cercando di interpretare le espressioni
facciali e i mugugni degli intervistati.
Inoltre, l‟età avanzata e/o il basso titolo di studio di molti rispondenti fanno pensare che
molte domande siano state fraintese.
Alle pagine successive ho riprodotto il questionario nella sua forma definitiva. L‟ordine
delle pagine è stato cambiato dopo una prima tranche per evitare di iniziare l‟intervista
chiedendo l‟età e visto che la maggior parte dei rispondenti era locale è stata aggiunta la
domanda sulla radio che per questo ha molti valori mancanti.
Il questionario si apre con un invito alla compilazione. Nel titolo ho usato la forma più
neutrale possibile “visitatori delle cantine”. Ciononostante alcune persone hanno dichia-
rato di non essere visitatori di cantine (pur trovandosi lì).
I font scelti per il titolo sottolineano il messaggio: istituzionalità, imperativo e velocità.
I font usati vanno dai 13 ai 15 punti per facilitare la lettura. La domanda di apertura usa
il font più grande e sottolinea che voglio conoscere l‟opinione del rispondente. Ciono-
nostante molti intervistati credevano di dover dare un voto all‟esperienza che stavano
45
vivendo in quel momento e altrettanti soffrivano di “Sindrome del politicante” ovvero
credevano di dover parlare a nome e per il bene della collettività invece di dire sempli-
cemente cosa è importante per loro. Esempio di conversazione: “per lei è importante
che ci siano mezzi pubblici? Beh si, se uno viene da fuori… No, no, è importante PER
LEI? Ah per me no, tanto mi muovo sempre in macchina.” In questi casi ho cercato di
esplicitare il più possibile la domanda ma a volte è stato necessario leggere tra le righe e
interpretare per non restare bloccati.
La prima batteria di 25 domande è la più soggettiva e ne descriverò le debolezze insie-
me al commento dei risultati. Ora invece voglio descrivere e commentare le debolezze
delle domande più oggettive che iniziano da:
In molti casi sarebbe stato più corretto chiedere “da quanti decenni conosce questa a-
zienda?” Infatti moltissimi erano i clienti storici.
Domanda molto semplice. Ci sono valori mancanti perché spesso, per ragioni logistiche,
il questionario veniva somministrato prima che il visitatore si fosse deciso.
Idem come sopra. Molti visitatori, soprattutto agli eventi, non avevano idea di quanto
avrebbero speso.
Nessun problema per età e genere mentre sul titolo di studio alcuni intervistati tendeva-
no a sovrastimare e a confondere scuola media e superiore.
Nessun problema sulle domande successive fino a:
Purtroppo tra le possibili risposte ho dimenticato di includere la più ovvia ovvero: “ne
ho bevuto una bottiglia e mi è piaciuta”. In questi casi ho cercato di individuare quale
fosse lo step successivo nella ricerca di informazioni.
Nessun problema poi fino a:
La gente ha difficoltà a valutare la propria conoscenza sul vino non essendoci punti di
riferimento. Inoltre in questa domanda c‟è il bias per cui il saggio sa di non sapere
46
47
48
(Socrate, 400 A.C.) mentre l’ignorante è quello che pensa di sapere tutto e ciò può esse-
re determinante in una autovalutazione delle competenze.
Qui c‟è il bias da accettazione sociale e inoltre alcune persone fanno confusione tra la
lettura del web e quella dei quotidiani. Esempio: “legge quotidiani? Si, sul web.”
Di nuovo il bias da accettazione sociale tende a far sottostimare il tempo dedicato alla
TV. Inoltre sospetto che molta gente non si renda conto di quante ore passa davanti alla
televisione considerando che in una sola serata si raggiungono facilmente le 4 ore. Nella
formulazione ho usato una forma passiva perché ritengo che il fatto stesso che la TV sia
accesa, anche se non si presta molta attenzione, possa essere sufficiente per veicolare un
messaggio pubblicitario o di RP. La domanda sulla radio ha molti valori mancanti per-
ché è stata aggiunta in un secondo momento quando mi sono reso conto che la maggior
parte degli intervistati erano locali e quindi poteva avere senso una promozione in radio.
Qui cerco di capire non solo la frequenza ma anche il tipo di uso che viene fato del web.
Se una persona usa il web tutti i giorni per navigare solo sul sito della propria azienda
evidentemente non è per me rilevante e quindi questo caso è stato raggruppato insieme a
chi lo usa sporadicamente. In realtà volevo sapere se queste persone sono raggiungibili
attraverso pubblicità o redazionali sul web e se sono loro stessi dei possibili opinion
leader da influenzare.
49
Statistiche descrittive. Variabili oggettive.
Di seguito riporto una serie di grafici e tabelle che riassumono i risultati dell‟indagine.
Cerchiamo subito di dare una risposta alla domanda che ci ha perseguitato per 50 pagi-
ne: quanto è sviluppato l‟enoturismo? Osservando le provincie di provenienza del cam-
pione si direbbe molto poco. Più dei tre quarti dei visitatori erano locali. Percentuale che
arriva all‟85% se consideriamo la provincia di Treviso insieme alle provincie limitrofe
(BL, VI, PD, VE, PN). Se poi consideriamo che un 5,5% del campione non ha risposto
alla domanda vediamo il no-
stro margine di enoturisti ri-
dursi ulteriormente.
La piramide anagrafica evi-
denzia come nelle otto canti-
ne analizzate non ci si sia an-
cora liberati dagli stereotipi.
Il visitatore tipo è maschio
nel 66% dei casi e ha un‟età
media di 47 anni e viaggia da
50
Da quante persone è com-
posto il suo gruppo? solo nel 37% dei casi. Ciò nonostante, troviamo una signi-
ficativa minoranza (11,9%) che viaggia in un gruppo di
almeno 5 persone.
La suddivisione generazionale conferma che il vino è un
prodotto che attrae soprattutto in una fase di maturità. Il
45% degli intervistati apparteneva alla generazione dei
Baby-boomers (oggi compresi tra i 45 e 64 anni) ma an-
che la generazione X (oggi tra i 30 e 44 anni) gioca un
ruolo importante con un 35% di presenze. La bassa per-
centuale di under-30 potrebbe destare qualche preoccupazione in un‟ottica di ricambio
generazionale ma questo è comunque un problema dell‟intero settore vino e non solo
dell‟enoturismo. Piuttosto, in una ricerca successiva sarebbe interessante verificare se
anche in Italia le generazioni più giovani attribuiscono più importanza al servizio piutto-
sto che al vino, come rileva-
to in Australia da Charters et
al. (2006). Una scoperta di
questo genere potrebbe ob-
bligare molti produttori a
spostare il focus della loro
attività, da produttori di un
bene a fornitori di un servi-
zio secondo lo schema a pa-
gina 10.
Il test T indica una differen-
za di 7,2 anni (significatività: 0,002) tra chi visita o non visita un evento confermando
che si tratta di un ottimo strumento per attirare clientela giovane.
La distribuzione dei titoli di studio non riserva sorprese, confermando che la visita alle
cantine è un‟attività che attrae chi ha un‟istruzione perlomeno superiore. Il 25% di in-
tervistati con un‟istruzione inferiore è facilmente spiegabile incrociando l‟alta età media
con la provenienza locale del campione. Semplicemente si tratta di clienti storici, in al-
cuni casi ormai amici dei produttori che vanno a riempire la damigiana nel portabagagli.
51
Anche qui, il test T rileva una piccola
differenza di 0,286 punti (su 3) (sig.
0,024) in caso di eventi confermando
che la loro clientela è leggermente più
colta del normale.
52
Durante gli eventi è molto mag-
giore la quantità di persone che
viaggia in compagnia (Gamma:
0,712; sig: 0,000). Solo il 3,9%
dei visitatori si trovava da solo
all‟evento contro il 56,5% nelle
giornate normali. Perciò, durante
gli eventi, è probabile che il que-
stionario sia finito in mano ad un
“accompagnatore” più spesso di
quanto non sia successo nelle giornate normali. Inoltre, ho l‟impressione che nelle gior-
nate normali, per ottimizzare i tempi, gli intervistati abbiano risposto a nome del loro
intero gruppo (la moglie risponde mentre il marito compra) mentre durante l‟evento mi
è sembrata prevalere la componente individualistica.
Un test T sulle medie di spesa non ha rilevato differenze significative tra chi partecipa
(media = 55,9 euro) o non partecipa (media = 61,2 euro) a un evento pertanto eviterei di
bollarlo come un puro momento di promozione che non genera fatturato. Anzi, vediamo
dal grafico che l‟evento è un ottimo modo per attirare
nuovi clienti (Phi: 0,545; sig:0,000) in un mercato che
altrimenti definirei fedele al limite dell‟assopito. In as-
senza di evento, infatti, si registra solo il 18,8% di nuovi
clienti mentre la grande maggioranza è formata da clienti
storici che non ricordano nemmeno come hanno cono-
sciuto l‟azienda. Inoltre, i partecipanti agli eventi erano
significativamente (differenza tra medie: 0,412 su 5; sig:
0,05) più interessati degli altri ad arricchire le proprie
conoscenze sul vino. Ciò conferma il ruolo educativo e
“selezionante” degli eventi enogastronomici che in termi-
ni commerciali si potrà tradurre in maggiori vendite di
prodotti premium visto che chi è informato difficilmente
si accontenta di acquistare i primi prezzi.
È anche interessante notare che i due eventi selezionati
53
non sono riusciti ad attirare turisti. I pochi casi provenienti da provincie non limitrofe si
sono concentrati nelle giornate normali, mentre durante gli eventi l‟87% dei rispondenti
era locale, il 5,1% equamente distribuito tra Padova, Pordenone e Vicenza mentre un
8,2% non ha risposto. È vero
Provincia Evento: % cu- Evento: % cu-
che parliamo comunque di sì % mulata no % mulata
A proposito è utile sapere quali sono i mass media con cui è più facile raggiungere i vi-
sitatori del campione.
I test indicano che non ci sono differenze significative nel consumo di media tra i gene-
ri, le generazioni e i partecipanti agli eventi (tranne l‟uso del web che è più frequente tra
i più giovani e tra i partecipanti).
Evidentemente le domande erano un po‟ troppo generiche. In una ricerca successiva sa-
rebbe interessante chiedere che tipo di giornali, radio, tv e siti web i visitatori preferi-
scono. Ciò non toglie che una cantina che volesse farsi pubblicità (locale) avrebbe
l‟imbarazzo della scelta visto che il nostro campione si dichiara un assiduo consumatore
di informazioni.
Va forte la stampa con più del 45% degli intervistati che si dichiarano grandi lettori
(punteggio 4 o 5) ma anche TV e radio non sono da meno con una media di un paio
d‟ore al giorno per ciascun mezzo. Anche il web se la cava bene con un 45% del cam-
pione che dichiara di usarlo spesso anche al di fuori del lavoro e un ulteriore 10% che
dichiara in qualche misura di contribuire alla creazione dei contenuti.
54
In totale ha Sig. (2- Nonostante questo gran-
Correlazione di Pearson N
speso code)
Ha conosciuto questa azienda su de consumo di media,
0,343 0,005 65
pubblicazioni cartacee? solo un 5,5% del campio-
Ha acquistato bottiglie da regalare? 0,313 0,005 80 ne ha dichiarato di aver
conosciuto l‟azienda tra-
mite stampa. Risultato attribuibile alla forte presenza di clienti
storici ma anche probabilmente alla scarsità degli investimenti.
Si noti comunque che l‟aver conosciuto l‟azienda sulla stampa
è positivamente correlato con la spesa effettuata (Pearson:
0,34 sig.0,005). Così come il fatto di avere acquistato bottiglie
da regalare (Pearson: 0,3 sig.0,005). Evidentemente chi com-
pra il vino per sé è più disposto ad accontentarsi mentre chi fa
regali vuole essere sicuro di fare bella figura.
Tra i canali per conoscere l‟azienda va un po‟ meglio il web
con quasi il 12% di visitatori che dichiarano di aver usato que-
sto mezzo per conoscere l‟azienda, soprattutto in caso di even-
ti (Lambda “ha conosciuto questa azienda tramite web?” di-
pendente evento: 0,302; sig: 0,000). Segue il caso che ha por-
55
tato il 16,4% dei visitatori di fronte alla porta della cantina ma chi la fa da padrone è
sempre il passaparola con quasi il 62% dei visitatori motivati dal consiglio di un cono-
scente.
Marginale il ruolo della Strada del vino che ha guidato solo un 5,5% dei visitatori.
Ho già accennato che i visitatori del campione viaggiano in compagnia nel 64,5% dei
casi. Il 31,3% ha dichiarato di viaggiare con amici e il 33,3% con familiari. Marginali le
visite con colleghi di lavoro (3%) e i tour organizzati (1,5%). (era possibile segnare più
risposte).
Al primo posto come importanza, con una media di 4,66 punti su 5, si colloca la qualità
del vino. Questa è una delle domande meno affidabili in assoluto. La qualità del vino è
stata interpretata quasi da tutti soggettivamente, cioè la gente ha risposto alla domanda:
“è importante che il vino ti piaccia?” E ovviamente tutti hanno dato punteggi alti. Quasi
nessuno ha pensato che la qualità di un vino sia un attributo misurabile per esempio con
l‟appartenenza a D.O.C.G., D.O.C. o con la vincita di premi e medaglie. Se la qualità
fosse davvero importante, questa domanda dovrebbe mostrare punteggi significativa-
mente diversi nelle risposte di chi compra vino sfuso (che è quasi sempre qualitativa-
mente inferiore e si conserva peggio dell‟imbottigliato). Invece, il test T non rileva si-
gnificative differenze a riguardo, confermando la mia interpretazione.
Al secondo posto, con una media di 4,1 si colloca l‟importanza del paesaggio naturale
incontaminato. Anche qui, qualche dubbio sull’affidabilità permane, visto che solo tre
cantine sulle otto analizzate godevano di un paesaggio oggettivamente bello. La mia
56
impressione è che se avessi chiesto “perché ha scelto questa cantina e non un‟altra” il
risultato sarebbe stato ben diverso. Paradossalmente, questo dato è in linea con quanto
pubblicato sulla letteratura enoturistica, ma da un campione quasi completamente locale
mi sarei aspettato criteri di scelta più basati sulla comodità o sull‟abitudine. Il test T non
Dev. Asim-
Variabili soggettive Validi Media Curtosi
std. metria
Qualità dei vini 139 4,662 0,654 -2,194 4,998
Paesaggio naturale incontaminato 134 4,104 1,099 -1,384 1,401
Degustazione guidata 132 4,091 1,108 -1,275 0,974
è stato facile arrivare? (Qualità delle strade e delle in-
107 4,065 1,268 -1,255 0,417
dicazioni)
Personale informale, familiare 136 3,904 1,003 -0,879 0,519
Contesto rurale-tradizionale (architettura, arredi, am-
139 3,842 1,150 -0,874 0,084
bientazione…)
Fare un tour della cantina 136 3,787 1,261 -0,847 -0,300
Informazioni sulla storia della cantina e la sua tradizio-
138 3,768 1,210 -0,797 -0,199
ne
Informazioni tecniche, specifiche sulla cantina e i suoi
136 3,721 1,275 -0,766 -0,433
vini
Assaggi gratuiti 135 3,689 1,272 -0,631 -0,611
Orari di apertura flessibili 135 3,511 1,326 -0,813 -0,475
Strade di accesso comode con molte indicazioni 135 3,489 1,440 -0,511 -1,089
Prezzi bassi 137 3,438 1,070 -0,147 -0,582
Trovare vini rari o novità dalla ricerca enologica 131 3,412 1,270 -0,475 -0,719
Personale professionale, tecnico 136 3,368 1,287 -0,315 -1,076
Eventi culturali in cantina (musica, arte, cinema) 137 3,292 1,554 -0,284 -1,451
è interessato ad arricchire le sue conoscenze sul vino? 138 3,094 1,261 -0,269 -0,910
Inserimento in un circuito organizzato con altre canti-
130 2,946 1,290 -0,052 -1,017
ne o attrazioni
Possibilità di prenotare la visita 133 2,887 1,396 -0,033 -1,329
Marca esclusiva, di nicchia 133 2,774 1,335 0,151 -1,102
Marca popolare, conosciuta 133 2,571 1,214 0,205 -0,932
Vicinanza a musei-centri storici 131 2,496 1,309 0,353 -1,082
Si ritiene esperto in campo enologico? 136 2,243 1,015 0,316 -0,826
Trasporti pubblici per raggiungerla 132 2,121 1,302 0,910 -0,381
Trasporti alternativi (cavalli, mongolfiere, treni
127 2,079 1,337 0,907 -0,475
d’epoca...)
Strutture termali/wellness in zona 126 2,032 1,332 0,972 -0,407
Possibilità di fare sport in zona 132 2,000 1,242 1,044 -0,011
Vita notturna in zona 131 1,794 1,207 1,338 0,567
57
rileva significative differenze nelle risposte date nelle aziende in collina rispetto alle
altre.
Al 3,7 troviamo l‟importanza data al tour della cantina, alle informazioni sulla sua
storia e tradizione e alle informazioni tecniche sul vino. La distribuzione delle rispo-
ste è ancora anormale, sbilanciata verso la parte alta della scala. Molti visitatori storici
hanno dichiarato di aver già visitato la cantina tempo addietro, in quel caso ho cercato
di capire se l‟esperienza li aveva interessati segnando il giudizio di conseguenza.
Tra l‟importanza attribuita alle informazioni tecniche e il titolo di studio c‟è una debole
relazione (coefficiente di contingenza: 0,372; sig: 0,021).
58
Orari di apertura flessibili e strade di accesso comode stanno intorno a 3,5. Probabil-
mente anche questi valori sarebbero stati più alti in un campione di turisti. I locali ten-
dono a sottostimare l‟importanza di questi fattori perché danno per scontato che le stra-
de siano asfaltate e perché molto spesso conoscono quell‟azienda da decenni e quindi
non hanno difficoltà a raggiungerla negli orari di apertura.
L‟importanza del prezzo basso è valutata mediamente 3,4 punti. Anche questo dato è
confortante ma su di esso influiscono almeno tre bias.
Il primo è il classico bias da accettazione sociale che tende a far sottostimare
l‟importanza del denaro.
Il secondo è un bias da ancoraggio: è dimostrato che in questa zona il vino costa poco e
quindi si è portati a dare meno importanza al prezzo di quanto non si fa, per esempio,
nel Chianti dove si trovano ben poche bottiglie sotto i 5 euro.
Il terzo bias è dovuto all‟agenda setting che nel periodo della ricerca puntava molto sul-
la crisi economica facendo quindi sovrastimare l‟importanza del denaro. Purtroppo non
possiamo sapere quanto quest‟ultimo bias compensi gli altri due.
Inoltre si ricordi che i cittadini del Nordest godono di una disponibilità economica me-
diamente alta e anche questo può aver fatto sottostimare l‟importanza del prezzo.
Intorno al 3,4 troviamo l‟importanza di poter trovare vini rari o novità e un persona-
Fasce di prezzo del Prosecco D.O.C. in percentuale (Prezzo allo spaccio aziendale per una
bottiglia da 0,75 l) (Rapporto Distretto del Prosecco 2006)
59
le tecnicamente preparato.
Si noti che la prima domanda spesso non era compresa e quindi per sbloccare la situa-
zione ero costretto a trasformarla in “acquista sempre i prodotti che conosce o le piace
sperimentare cose nuove?”
Tra l‟apprezzamento per il personale tecnico e il titolo di studio c‟è una debole relazio-
ne (coefficiente di contingenza: 0,313; sig: 0,078)
Fatalmente al di sotto della soglia di indifferenza, con una media di 2,95, si colloca
l‟importanza che la cantina sia inserita in un circuito organizzato con altre cantine o
attrazioni (aka: strada del vino). Il dubbio è che molti intervistati avessero difficoltà a
immaginare di cosa si stava parlando.
L‟importanza della marca, sia essa esclusiva o popolare si attesta intorno a un misero
2,6. Molta gente fa confusione tra il marchio della cantina, il nome del vino, della canti-
na, del vitigno e la DOC (Mattiacci et al. 2006 p.8). Ancora di più sono quelli che fati-
cano a distinguere una marca popolare da una di nicchia. Se proprio vogliamo puntua-
lizzare, la marca di nicchia ha un punteggio medio leggermente più alto ma ritengo il
dato scarsamente affidabile vista la confusione che regna sul tema. Come ho già accen-
nato, sarebbe ora che le singole aziende cominciassero a investire un po‟ di più sul pro-
prio brand e un po‟ meno sul nome del vitigno.
un punteggio di 2,5 su 5.
I trasporti pubblici, siano essi classici o alternativi ottengono solo un 2,1 di media con
circa metà del campione che ha segnato il punteggio minimo. Questo dato è in netta
controtendenza con la letteratura. Basti pensare alle molte aree vinicole (tra cui la To-
scana) in cui i trasporti alternativi esistono e sono apprezzati.
Il punteggio più basso in assoluto (1,8) è ottenuto dai locali notturni con più del 60%
del campione che ha indicato il punteggio minimo. Questo è in netta controtendenza con
l‟immagine di vino da party che il Prosecco ha all‟estero.
Per ora, sembra che domanda locale e offerta si incontrino abbastanza bene. Forse anche
perché alcuni intervistati facevano fatica a immaginare qualcosa di diverso rispetto a ciò
a cui sono abituati.
Nelle tabelle in queste pagine ho cercato di capire quali sono le determinanti di giudizi
differenti. Spicca la non importanza del genere. Vediamo nella tabella viola che solo
62
quattro variabili sono influenzate dal genere ma sempre in misura molto ridotta.
Al contrario, come volevo dimostrare, i partecipanti agli eventi (tabella azzurra) e i first
time visitors (tabella marrone) danno giudizi sostanzialmente diversi rispetto ai normali
visitatori. Soprattutto, apprezzano di più tutte le componenti di servizio.
Anche le correlazioni (tabelle verdi) confermano quanto riportato in letteratura. I giova-
ni sono più interessati al servizio e alla qualità mentre gli anziani sembrano trattare il
vino come una semplice commodity.
Questi risultati possono essere utili per un eventuale piano di sviluppo enoturistico. Se
un‟offerta come quella descritta attrae prevalentemente locali, viene da pensare che per
attrarre i turisti si debba procedere in direzione opposta, cioè puntando sul servizio più
che sul prodotto e sulle attività extra più che solo sul vino, ovvero come viene ampia-
mente suggerito in letteratura.
Oltre a questo, completa la descrizione del campione la domanda su quanto è stato fa-
cile raggiungere la cantina che ottiene un 4 abbondante spiegabile con la provenienza
locale del campione e con la conoscenza pluriennale dell‟azienda. Il test T indica un dif-
ferenza di 0,6 punti (sig: 0,019) tra chi conosceva già l‟azienda e chi la visitava per la
prima volta. Inoltre sembra che chi è più giovane e istruito abbia più difficoltà ad orien-
tarsi (D di Somers su “titolo di studio” dipendente “quanto è stato facile raggiungerla?”:
-0,171; sig: 0,016) ma si tratta sicuramente di una relazione spuria oltre che molto debo-
le.
Differenza fra
Statistiche di gruppo Trevigia- Media Sig. (2
N Dev. std. medie stan-
Confronto tra medie no? grezza code)
dardizzata
è interessato ad arricchire le No 27 3,556 1,219
11,47% 0,033
sue conoscenze sul vino? Sì 111 2,982 1,250
No 30 0,033 0,183
Ha acquistato nulla? -10,95% 0,022
Sì 112 0,143 0,351
Ha acquistato bottiglie da re- No 30 0,467 0,507
22,77% 0,030
galare? Sì 113 0,239 0,428
No 15 120,733 198,085
e in totale ha speso circa 9,06% 0,168
Sì 65 45,928 53,154
No 32 0,250 0,440
Evento -21,02% 0,025
Sì 113 0,460 0,501
ressati ad arricchire le conoscenze sul vino, più propensi a non acquistare nulla o co-
munque a spendere meno e quello che comprano è più spesso per consumo personale
piuttosto che per fare regali; rispetto a chi viene da fuori però sono molto più propensi a
frequentare gli eventi confermando che questi sono vissuti come momenti di festa per la
popolazione locale più che come iniziative di promozione enoturistica.
Riduzione fattoriale
Dopo avere descritto le risposte avute al primo blocco di domande cerchiamo di capire
se ci sono dei temi più generali che riassumono l‟esperienza in cantina del campione. La
riduzione fattoriale aiuta a vedere relazioni tra le variabili per individuare le motivazioni
e i significati più generali che sottostanno alle 25 domande di partenza.
64
Ovvero si cerca di capire quali sono i tratti di fondo che connotano l‟esperienza in canti-
na (sempre nei limiti imposti dal questionario).
La riduzione fattoriale individua cinque componenti che spiegano quasi il 70% della
variabilità di partenza. Ciò significa che le 25 variabili di partenza possono essere rag-
gruppate in queste cinque macro-variabili senza perdere troppa informazione.
Structure Matrix
Componenti 1 2 3 4 5
Avere informazioni tecniche, specifiche sulla cantina e i suoi vini ,850 ,303
Poter trovare vini rari o novità dalla ricerca enologica ,788
Avere informazioni sulla storia della cantina e la sua tradizione ,758 ,514
Vita notturna in zona ,837
Possibilità di fare sport in zona ,834
Strutture termali/wellness in zona ,805
Vicinanza a musei-centri storici ,690
Contesto rurale-tradizionale (architettura, arredi, ambientazione…) ,834
Paesaggio naturale incontaminato ,724
Inserimento in un circuito organizzato con altre cantine o attrazioni ,717
Personale informale, familiare ,858
Marca esclusiva, di nicchia ,330 ,441 ,642
Degustazione guidata ,889
Fare un tour della cantina ,479 ,357 ,769
Extraction Method: Principal Component Analysis.
Rotation Method: Oblimin with Kaiser Normalization.
65
possibile, su tutti i dettagli ma non è detto che si sia disposti a farsi indottrinare.
66
formativa della visita, qui in più abbiamo la necessità di essere guidati e anche una certa
ingenuità e predisposizione ad essere sedotti.
Cluster analysis
La sintesi delle variabili ci servirà ora che andiamo a raggruppare i casi per individuare
quali sono i modelli di comportamento prevalenti nel campione. Modelli che potrebbero
essere utili per un piano di sviluppo enoturistico della zona. Nel capitolo sulle descritti-
ve abbiamo visto quali sono i comportamenti medi, differenziando a volte in base ad
alcune variabili chiave (evento, età, genere…). La cluster analysis è una procedura più
scientifica del semplice confronto tra medie che permette di raggruppare i soggetti sulla
base di risposte comuni prendendo in considerazione anche molte variabili alla volta. I
cluster individuati permetteranno di capire meglio le tendenze di fondo nei comporta-
menti del pubblico così da poter sviluppare tipi diversi di prodotto-servizio che soddisfi-
no al meglio le preferenze di un gruppo obiettivo. L‟alternativa, cioè cercare di accon-
tentare un po‟ tutti senza eccellere in alcun segmento del mercato non ha futuro né in
letteratura, né in realtà.
Nonostante la limitatezza del campione e per certi versi anche la scarsa variabilità inter-
na possiamo comunque individuare delle tendenze ragionevolmente generalizzabili; che
poi nel nostro campione siano rappresentate solo marginalmente poco importa. Quello
67
che mi interessa è individuare dei segmenti di mercato su cui poter costruire una strate-
gia.
Possiamo scegliere di raggruppare i casi in base ai comportamenti manifestati (cosa ha
acquistato, quanto ha speso, con quante persone viaggia, presenza a un evento...); in ba-
se alle variabili socio-demografiche (età, genere, titolo di studio, provenienza) o in base
alle preferenze espresse nelle prime 25 domande. Scegliendo solo un gruppo di variabili
su cui basare i cluster è possibile focalizzarsi con più precisione su un aspetto
dell‟indagine piuttosto che cercare di sviluppare una classificazione generale degli inter-
vistati che lascerebbe il tempo che trova, viste le limitazioni del campione.
Abbiamo già visto che ciascun blocco di domande ha una certa affidabilità pertanto an-
che i cluster soffriranno degli stessi problemi trovati nelle variabili di partenza. Per e-
sempio, scegliendo di clusterizzare in base ai comportamenti manifestati possiamo a-
spettarci di avere risultati molto affidabili mentre i cluster basati sulle 25 domande sog-
gettive potranno richiedere un po‟ più di interpretazione.
Ritengo che una classificazione interessante e utile per lo sviluppo dell‟enoturismo pos-
sa essere basata proprio sulle 25 domande di cui i fattori al capitolo precedente rappre-
sentano la sintesi.
Il metodo Ward individua quattro cluster di visitatori che evidenziano le preferenze ri-
portate in tabella. Vediamoli nel dettaglio.
Il primo cluster PseudoTuristi copre l’8,3% del campione ed è l’unico cluster a stac-
carsi dalla media sul fattore Divertimenti e ha anche un valore abbastanza alto sul fatto-
re Guidami. I fattori Tipicità e Idillio invece ricevono punteggi molto bassi in questo
gruppo che evidentemente vuole divertirsi, partecipare a una “gita scolastica” ma non è
particolarmente interessato né al vino, né al territorio.
68
Il secondo cluster EnoEsclusivi (22,8%) ha il valore più basso sul fattore Divertimenti
mentre presenta valori alti su Specialty e Guidami. Tipicità non riesce a raggiungere il
valore soglia 3. Si tratta dunque di persone molto interessate al vino e solo a quello. Vo-
gliono conoscere la cantina, i suoi prodotti caratteristici ma non sono particolarmente
interessati alle tradizioni o al territorio. Probabilmente apprezzano più gli aspetti tecnici
della visita ed è probabile che si tratti di persone alquanto esperte.
Il terzo cluster Enoturisti (35,9%) ha medie alte su tutti i fattori tranne, in parte, Diver-
timenti. Questo cluster rispecchia abbastanza bene il profilo del classico enoturista de-
scritto in letteratura. È interessato al vino, al territorio, alla cantina, ai suoi prodotti ca-
ratteristici e unici. Vuole vivere un‟esperienza autentica e vuole essere informato il più
possibile. Evidentemente l‟intero questionario era sbilanciato per incontrare le preferen-
ze di questo target che per questo raggiunge punteggi alti in quattro fattori su cinque.
Il quarto e ultimo cluster Tradizionali (9%) è interessato quasi solo all’immagine tra-
dizionale, bucolica dell‟esperienza in cantina. Apprezza la ruralità, il paesaggio e il fa-
scino del passato. Non cerca vini pregiati e non è nemmeno troppo interessato a infor-
marsi. Apprezza il personale informale e non tecnico. Non è particolarmente attratto dal
tour della cantina. Sembra quasi che queste persone siano più interessate a
un‟escursione in campagna che al vino.
Andiamo ora a vedere alcune descrittive riferite al campione che possono aiutarci a de-
finire meglio i cluster stessi.
L‟età è intorno ai 41 anni per tutti tranne che per i tradizionali, significativamente più
anziani.
Il genere è al 70% maschile tranne che per gli enoturisti che sono un po‟ più equilibrati,
come suggerito da Colombini (2007).
Paradossalmente la provenienza è prevalentemente locale soprattutto nel gruppo (1) che
ha dichiarato di apprezzare le attrattive turistiche della zona e che per questo ho chiama-
to PseudoTuristi. Mentre nel gruppo (3) degli Enoturisti troviamo un po‟ meno locali.
Quest‟ultimo si configura evidentemente come uno dei cluster più genuini.
Il titolo di studio è più basso nei Tradizionali (in accordo con l’età) e più alto negli
69
PseudoTuristi. (Phi: 0,518 sig. 0,001) Forse perché le persone più colte apprezzano una
maggiore varietà di stimoli.
Tutti i gruppi si ritengono abbastanza poco esperti in campo enologico ma gli Enoturisti
e gli Enoesclusivi sono i più propensi ad apprendere.
I Tradizionali viaggiano più spesso soli (62%) mentre Enoturisti e Enoesclusivi sono
Cluster sui fattori Ward 1 Pseu- Dev.Std 2 EnoE- Dev.Std 3 Enotu- Dev.Std 4 Tradi- Dev.Std
Method doTuristi . sclusivi .2 risti .3 zionali .4
Età 40,42 10,18 43,41 11,08 42,94 12,04 56,15 13,18
Maschio 0,73 0,47 0,70 0,47 0,57 0,50 0,62 0,51
Trevigiano 0,92 0,29 0,82 0,39 0,73 0,45 0,85 0,38
Quanto si ritiene esperto in
campo enologico? 2,25 1,29 2,30 1,02 2,28 1,03 2,15 0,99
è interessato ad arricchire
le sue conoscenze sul vino? 2,83 1,19 3,45 1,23 3,48 1,13 2,08 1,04
È qui solo? 0,36 0,50 0,24 0,44 0,21 0,41 0,62 0,51
E' la prima volta che visita
questa azienda? 0,25 0,45 0,42 0,50 0,52 0,50 0,08 0,28
è stato facile raggiungerla?
(Qualità delle strade e delle
indicazioni) 3,60 1,51 4,04 1,32 3,62 1,36 4,83 0,39
Da quante persone è com-
posto il suo gruppo? 3,18 2,75 3,73 7,35 3,28 4,37 1,46 0,66
Legge giornali, riviste, quo-
tidiani? (di qualsiasi tipo) 2,67 1,30 3,48 1,34 3,57 1,21 3,58 1,51
Quante ore al giorno tiene
accesa la televisione? 1,82 1,66 1,45 0,87 1,72 1,09 2,17 1,29
Quante ore al giorno tiene
accesa la radio? 1,33 1,03 2,12 2,99 2,65 2,54 0,33 0,43
Conosce e usa il web? 2,67 1,07 2,52 0,79 2,80 0,70 1,77 1,01
Ha conosciuto l'azienda sul
web? 0,17 0,41 0,10 0,30 0,20 0,40 0,00 0,00
Ha conosciuto l’azienda su
pubblicazioni cartacee? 0,00 0,00 0,10 0,30 0,05 0,22 0,00 0,00
Ha acquistato vino sfuso? 0,08 0,29 0,24 0,44 0,20 0,40 0,62 0,51
Ha acquistato bottiglie da
regalare? 0,08 0,29 0,39 0,50 0,33 0,48 0,31 0,48
Ha acquistato bottiglie per
uso personale? 0,33 0,49 0,70 0,47 0,52 0,50 0,38 0,51
In totale ha speso circa 56,67 33,86 60,09 72,73 48,11 40,03 30,69 13,49
orario 2,00 0,74 1,97 0,64 2,17 0,73 1,62 0,51
Evento 0,42 0,51 0,39 0,50 0,62 0,49 0,00 0,00
Bellezza paesaggio 0,50 0,52 0,36 0,49 0,52 0,50 0,38 0,51
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più spesso in compagnia.
Gli Enoturisti sono anche più spesso first time visitors mentre i Tradizionali sono quasi
sempre fedeli e per questo hanno anche meno problemi a orientarsi.
In accordo con l‟età, i tradizionali sono i più grandi lettori e fruitori di TV mentre gli
Pseudoturisti, pur essendo i più colti (o forse proprio per questo) leggono meno quoti-
diani di tutti.
Interessante e in linea con la letteratura che gli Enoturisti usino di più (20%) il sito web
per conoscere l‟azienda mentre gli Enoesclusivi preferiscono seppur di poco la stampa
(10%). La conoscenza del web è abbastanza buona, sempre intorno al 2,7 (dove 3 = Lo
uso spesso anche al di fuori del lavoro) tranne che per i Tradizionali che conoscono po-
co il web o lo usano solo per lavoro (media: 1,7).
Le preferenze di acquisto ci danno un vero insight sui nostri cluster. I Tradizionali sono
i più grandi consumatori di vino sfuso e sono anche quelli che spendono meno (30 euro
di media) mentre con una media doppia (60 euro) gli Enoesclusivi sono quelli che spen-
dono più di tutti. A poca distanza gli Pseudoturisti, che saranno anche poco interessati
al vino però spendono in media 57 euro ad ogni visita. Più distaccati gli Enoturisti puri
con una media di 48 euro.
Vediamo anche che i Tradizionali tendono a presentarsi più nella prima parte della gior-
nata mentre gli Enoturisti sono più frequenti al pomeriggio (media: 2,17 dove
1=mattina; 2=pomeriggio; 3=sera).
Emblematica la presenza agli eventi che vede gli Enoturisti in prima linea (62%) mentre
i Tradizionali restano completamente indifferenti (0%).
Anche un bel paesaggio sembra attirare più Enoturisti (52%) e Pseudoturisti (50%) che
non Tradizionali (38%) e Enoesclusivi (36%).
In sintesi, la cluster analysis ci ha fornito almeno due gruppi molto chiari: Enoturisti e
Tradizionali. I primi sono i veri enoturisti descritti in letteratura: viaggiano in compa-
gnia, apprezzano molto il servizio, usano il web, sono curiosi. Apprezzano e comprano
vini di qualità ma non sono i più spendaccioni, forse perché in una giornata visitano più
di una cantina.
I Tradizionali invece comprano vino sfuso, sono anziani, spendono poco. Non sono in-
teressati ad informarsi sulla cantina o sui vini. Spesso sono clienti fedeli di vecchissima
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data. Vogliono un prodotto-servizio no-frills, solo vino da bere a tavola e basta.
Meno chiaro è il gruppo degli Enoesclusivi. Leggendo tra le righe sembra di vedere dei
consumatori estremamente esperti e informati, forse addirittura enologi o sommelier.
Quando scelgono di visitare una cantina vanno a colpo sicuro, magari perché ne hanno
assaggiato una bottiglia in ristorante o perché hanno letto una recensione sul Gambero
Rosso. Ciononostante non cercano un brand famoso o esclusivo. Sono curiosi e si muo-
vono in gruppo. Su moltissime variabili hanno valori assolutamente medi tranne che
sulla spesa, comprano e spendono tantissimo. Forse proprio perché scelgono attenta-
mente quali cantine visitare e una volta lì fanno provvista. Potremmo considerarli
l‟evoluzione dei Tradizionali, cercano solo vino, il migliore che ci sia ma tutto il resto
passa in secondo piano.
Il gruppo più enigmatico è quello degli Pseudoturisti. Sembrerebbero dei turisti perfetti
se non fossero quasi tutti locali. Spendono tanto, frequentano gli eventi, apprezzano il
paesaggio. Non sono particolarmente curiosi verso la tradizione ma apprezzano una de-
gustazione guidata (media: 4,33) sono anche i più giovani con un‟età media di 40 anni.
Sono gli unici interessati alle attrattive turistiche della zona. Forse si tratta di giovani (?)
locali, viveur che amano semplicemente la bella vita.
Potremmo fermarci qui se non fosse che all‟appello manca il 24,1% dei questionari che
per vari motivi sono stati esclusi automaticamente.
Si tratta di una quota importante del campione che però non rientra in nessuna delle pre-
cedenti descrizioni, o meglio, presenta tratti in gran parte misti: alta età media (54,75
anni), basso titolo di studio (media: 1,73), forte consumo di televisione (media: 2,5 ore
al giorno), scarsa presenza agli eventi (29%) e il fatto che 4siCluster
presentano nella prima par-
Fattori Ward Method
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Come ultima osservazione si noti che il cluster più numeroso è proprio quello degli eno-
turisti (o presunti tali). Ciò non significa che ci sia già un importante flusso enoturistico
in zona. Ricordiamo che nel questionario ho chiesto di attribuire dei pesi di importanza
ad alcune caratteristiche del servizio offerto. Non ho chiesto dei giudizi di soddisfazione
e tantomeno di descrivere il proprio comportamento di consumo.
Questo risultato può significare che c‟è un potenziale mercato per un‟offerta di servizi
enoturistici ma che attualmente questa domanda è insoddisfatta visto che i servizi consi-
derati non ci sono quasi mai o se ci sono dipendono più dall‟umore del momento che da
una scelta strategica dell‟imprenditore.
Nondimeno, il profilo dei visitatori, quasi sempre di provenienza locale, stride non poco
con questo risultato riportandoci alla mente tutte le debolezze del questionario che ho
già spiegato. Ciò potrebbe anche significare che i locali stessi sarebbero disponibili ad
acquistare un‟offerta di servizi enoturistici. Cosa che permetterebbe alle aziende di ini-
ziare lentamente ad attrarre gli “enoturisti locali” prima di investire grandi cifre per pro-
muovere la destinazione enoturistica nel mondo.
In ogni caso credo che ora sia saggio fermarsi con il data mining per non rischiare di
trarre conclusioni basate su una somma di errori statistici.
Prima di concludere però, un breve excursus sui siti web delle cantine del Prosecco.
New media
Sappiamo che l‟esplorazione del web, a parità con il passaparola, è lo strumento princi-
pale attraverso il quale i potenziali enoturisti si informano sulla loro prossima destina-
zione (Taiti, 2007 p.16).
Anche nel nostro campione, chi usa di più il web è più interessato ad arricchire le pro-
prie conoscenze sul vino (Tau-b: 0,241; sig: 0,000) e acquista più vino in bottiglia (Tau-
c: 0,325; sig: 0,000) rispetto allo sfuso (Tau-c: -0,340; sig: 0,000). È quindi un target
che vale la pena fidelizzare.
Ciò mi permette di rispolverare un‟antica passione per l‟ICT che si rivela utile per ana-
lizzare i siti web delle cantine iscritte alla Strada del Prosecco. Non ho analizzato i siti
delle associazioni e istituzioni di settore perché, come ho già accennato, c‟è molto caos
su chi dovrebbe fare cosa e quindi sarebbe difficile proporre una valutazione imparziale.
73
Mi limito quindi ai soggetti che sono più direttamente coinvolti ovvero le cantine stesse
e solo a quelle che si trovano lungo la Strada del Prosecco perché quello dovrebbe esse-
re il prodotto di punta dell‟enoturismo provinciale. Scopo di questo capitolo è capire se i
siti web aziendali sono adeguati per l‟uso che ne può fare un potenziale enoturista.
A un‟analisi preliminare, i siti delle cantine iscritte alla Strada del Prosecco presentano
molte caratteristiche in comune. Spesso sono progettati secondo criteri ormai obsoleti,
sicuramente non da professionisti della comunicazione ma al massimo (quando va bene)
da agenzie di web-design. Non mancano progetti evidentemente artigianali, probabil-
mente realizzati da qualche liceale. Il livello di interattività rasenta lo zero e anche la
frequenza media degli aggiornamenti sembra alquanto bassa. Si tratta quasi sempre del
classico sito-vetrina di prima generazione. Viste queste osservazioni preliminari ritengo
opportuno sospendere il giudizio formale sulla parte tecnica e sull‟usabilità per concen-
trarmi piuttosto sulle caratteristiche che possono essere più utili per gli enoturisti.
Praticamente tutti i siti che ho visto raccontano in qualche modo la storia della cantina e
presentano i prodotti. Le differenze si concentrano sul livello di dettaglio delle informa-
zioni, il numero di lingue disponibili, la presenza di una sezione news aggiornata e le
indicazioni per raggiungere l‟azienda.
Delle 81 cantine appartenenti alla Strada del Prosecco, 64 (cioè il 79%) hanno un sito
ufficiale trovabile con uno sforzo ragionevole. Ciò significa che il sito stesso, o un sito
con un link diretto a esso, compariva nella prima pagina dei risultati di Google a seguito
di una ricerca con il nome della cantina accostata alla parola “vini”. Ritengo che se un
sito non è trovabile in questo modo la sua utilità sia pari a zero.
Dei 64 siti trovati, la maggior parte (42,3%) erano scritti in almeno tre lingue. Tuttavia,
una importante minoranza (23,4%) si limita al solo italiano.
Tutti (100%) indicano almeno uno strumento per contattare l‟azienda tra telefono fax e
email. Molti meno sono quelli che li indicano tutti e tre.
Per quanto riguarda le informazioni sui vini, il 43,8% dei siti si limita a brevi indicazio-
ni simili a quelle che si trovano normalmente sull‟etichetta. Il 37,5% presenta delle
schede mediamente dettagliate, spesso in PDF e il 7,8% va oltre con delle schede ecce-
zionalmente dettagliate. Un preoccupante 11% non da alcuna informazione sui prodotti
oppure si limita a una lista di nomi.
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Segue un esempio di ciò che considero “brevi indicazioni”:
Clima: inverni freddi con estati calde, asciutte ventilate e buone escursioni
termiche giornaliere.
Vinificazione: pressatura soffice delle uve, con separazione delle bucce, fer-
mentazione dei mosti con inoculo di lieviti selezionati, a temperatura con-
trollata.
75
Temperatura di servizio: 8-10 °C
Solo il 25% dei siti ha una sezione dedicata ai riconoscimenti ottenuti dall‟azienda, sia-
no essi premi, medaglie o citazioni da riviste.
Il 64,1% non ha una sezione news degna di questo nome ma c‟è anche un 14,1% dei siti
(ovvero 9 aziende su 81) che presenta notizie aggiornate almeno una volta al mese. Un
altro 14,1% le aggiorna una volta ogni 2-4 mesi mentre il 7,8% ha una sezione news con
aggiornamenti molto sporadici.
Fin qui ho analizzato informazioni che possono essere utili a qualsiasi tipo di cliente,
anche B2B. Passiamo ora alle informazioni più utili per un enoturista.
Uno sconcertante 92,2% dei siti non da alcuna indicazione sugli orari e i giorni di aper-
tura al pubblico. Questo dato non si può considerare altro che vergognoso per delle can-
tine che aderiscono a una strada del vino. Basterebbe solo questo per capire molte cose
sull‟enoturismo nostrano ma preferisco limitarmi ai fatti.
Il 53,1% dei siti mostra una mappa statica (un‟immagine) con le indicazioni per rag-
giungere la cantina. L‟utilità di questo tipo di mappe è variabile ma tendenzialmente è
bassa perché si tratta quasi sempre di mappe molto schematiche che non permettono di
zoomare. Il 14,1% dei siti invece mostra una mappa interattiva che può essere integrata
nelle pagine del sito o semplicemente linkata da un servizio esterno (per esempio Goo-
gle Maps). 21 aziende su 81 non danno alcuna indicazione al di là dell‟indirizzo.
Solo due dei 64 siti trovati, fornivano le coordinate GPS per raggiungere l‟azienda.
Il 75% dei siti non da alcuna informazione o link di interesse turistico ovvero riguardan-
ti la visita alla cantina, alla strada del vino, alla regione o all‟ospitalità.
Oltre a queste variabili, ho rilevato che 8 siti su 64 (12,5%) si distinguono negativamen-
te per evidenti malfunzionamenti tecnici o grossi impedimenti alla navigazione mentre 7
siti si distinguono in qualche modo positivamente. Cinque per quantità e qualità di in-
formazioni e/o per il modo con cui sono esposte. Due per la presenza di una piattaforma
e-commerce.
Visti i risultati sarebbe facile sparare a zero sulla chiusura e sulla scarsa imprenditoriali-
tà che sembra regnare tra queste aziende. Dopotutto, le informazioni che ho cercato so-
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no tutte molto basilari e non richiedono certo grandi investimenti per essere pubblicate
sul web. Basterebbe un minimo di attenzione al cliente per progettare siti più piacevoli e
utili (Murphy, 2006). Tra l‟altro mi preme far notare che oltre agli strumenti consolidati
come il sito aziendale e la piattaforma e-commerce esistono anche altri metodi molto
meno costosi per essere presenti sul web con successo.
Pensiamo a tutto ciò che di volta in volta sta sulla cresta dell‟onda. Può essere Twitter,
Facebook, Youtube o un qualsiasi altro servizio che sta riscuotendo molto successo sul
web. Non dobbiamo aspettarci che l‟uso di questi servizi si riveli subito profittevole,
anzi, nella maggior parte dei casi si sa già che saranno dei fallimenti (vedi Second Life).
Però il loro potere è quello di catalizzare l‟attenzione dei media per un breve periodo di
tempo sulle aziende che li stanno sostenendo. D‟altro canto il rischio è quello di essere
percepiti come un‟azienda poco stabile che si fa influenzare dalle mode. Per evitare
questa percezione è necessario separare molto chiaramente le attività istituzionali con-
solidate da ciò che si fa in via sperimentale un po‟ come fa Google con i suoi Labs.
Oppure c‟è una scelta intermedia che non richiede nemmeno grandi competenze infor-
matiche ma semplicemente curiosità, un po‟ di tempo, voglia di sperimentare e un mini-
mo di conoscenza del web.
Immaginiamo una qualsiasi piccola azienda che voglia essere presente sul web. Si può
chiedere a una società di consulenza di affittare lo spazio su un server e sviluppare un
sito web con relativa piattaforma e-commerce sicura. Scelta certamente professionale
ma costosa. Oppure si può aprire un blog gratuito e vendere i prodotti su Ebay. Certa-
mente è una scelta meno istituzionale, più amatoriale e anche più rischiosa per chi ha un
brand consolidato (ma chi può dire di averlo tra le PMI?) Però comunica vicinanza, au-
tenticità, trasparenza e attenzione alle dinamiche del web. Se è ancora vero che il mezzo
è il messaggio, il fatto di usare gli stessi mezzi amati dei netizen comunica similarità di
vedute, cameratismo e anche umiltà nei confronti di chi il web lo ha visto nascere. Sia
chiaro che tutto questo non lo si fa per spirito di solidarietà nei confronti del popolo
nerd ma per guadagnare l‟unica moneta spendibile per attrarre visibilità sul proprio sito
(o blog) ovvero la fiducia e il passaparola.
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Conclusioni finali
Nel mio campione, l‟enoturismo è un fenomeno certamente molto marginale ed esami-
nando le fonti secondarie questa considerazione si può ragionevolmente estendere a tut-
ta la provincia di Treviso.
Contrariamente a quanto avviene nel resto del mondo, le piccole cantine dell‟Alta Mar-
ca trovano il loro canale prevalente nell‟HoReCa mentre la vendita diretta rappresenta
una minima parte del giro d‟affari. Di questo piccolo mercato, i clienti locali e affezio-
nati-assopiti rappresentano il segmento principale mentre gli enoturisti sono una mino-
ranza che proviene quasi sempre da provincie vicine.
Ciò consente comunque alle aziende di essere profittevoli e probabilmente per questo
non sono motivate a cercare altri canali.
Tuttavia, i clienti locali storici sono anche i più anziani, meno attenti alla qualità e spes-
so si accontentano di vini sfusi a basso prezzo mentre i pochi giovani e i turisti presenti
hanno dimostrato di essere più interessati alla qualità sia del prodotto che soprattutto del
servizio.
Con il ricambio generazionale c‟è da aspettarsi una contrazione delle vendite di vino
sfuso che infatti non è nemmeno proposto nelle cantine di più recente istituzione che
non hanno uno zoccolo duro di clienti affezionati.
Come se non bastasse, la generazione Y mostra una generale disaffezione verso il vino a
tutto vantaggio di birra, cocktail e superalcolici. Soprattutto la birra è percepita come
più informale e quindi più adatta a un consumo frequente mentre il vino è percepito co-
me un prodotto formale e costoso da consumare in occasioni speciali (Mattiacci et al.
2006) e in quantità più limitata.
Questa tendenza getta un‟ombra di incertezza sul futuro di molti piccoli produttori che
rischiano di ingaggiare una guerra di prezzi pur di continuare a presidiare il canale Ho-
ReCa locale.
In questo contesto, lo sviluppo del canale diretto può essere una soluzione per vendere
prodotti di qualità a prezzi competitivi e per promuovere l‟educazione al consumo an-
che fuori casa. L‟enoturismo può essere un mezzo per allargare il mercato oltre i confini
regionali e possibilmente nazionali. Inoltre, l‟offerta di servizi aggiuntivi a pagamento
(corsi di degustazione, visite guidate, ecc.) può essere un’interessante possibilità per
diversificare il business.
78
In proposito si rileva che l‟unica azione messa in atto con un certo impegno per la pro-
mozione dell‟enoturismo in provincia di Treviso è l‟organizzazione di eventi in cantina
che avviene quasi sempre per volontà di singoli imprenditori e che curiosamente sembra
essere una peculiarità della zona.
La comunicazione avviene, quando va bene, sul sito aziendale, tramite mailing list e
passaparola che finiscono per attrarre più visitatori locali che turisti. In questo senso
l‟evento si è dimostrato un buon mezzo per superare il gap generazionale ma non sem-
bra ancora essere riuscito a superare il gap spaziale. Tuttavia su questo punto esistono
dati diversi. Probabilmente nel periodo autunnale i turisti sono meno propensi a visitare
cantine di quanto non lo siano in primavera.
Le associazioni, e i consorzi locali di promozione non sembrano godere di grande fidu-
cia tra gli imprenditori che pur vi si iscrivono ma sembra che se ne dimentichino in fret-
ta e preferiscano fare da sé. La mentalità sembra essere quella del poco, in piccolo e in
autonomia forse anche perché le associazioni che dovrebbero dare una visione strategica
unitaria hanno fallito questo intento.
Il paradosso in cui si trova ora la provincia di Treviso, che non trova casi simili in lette-
ratura, è quello di una regione storicamente votata alla produzione vinicola e
all‟autoconsumo che pertanto si trova a dover far convivere due anime: quella tradizio-
nale della “damigiana nel portabagagli” (Colombini, 2007) e quella embrionale della
degustazione guidata.
Sul fronte
dell‟enoturismo si tratta
teoricamente di un pro-
blema di riposizionamen-
to. Attualmente ci trovia-
mo nella fase di maturità
delle strade del vino loca-
li alla quale si dovrebbe
far seguire un ringiovani-
mento per ricominciare il
ciclo con la fase di ade-
scamento (secondo la ter-
Schema del ciclo di vita del prodotto turistico (Croce et al. 2008 p.44)
79
minologia di Colombini, 2007). Abbastanza facile dal punto di vista della comunicazio-
ne. Più difficile da far digerire agli innumerevoli operatori dell‟offerta, almeno finché
gli affari continueranno ad andare bene.
Il mio suggerimento è quello di segmentare le cantine della zona in due gruppi: uno che
continui con i clienti storici locali e uno che si dedichi all‟enoturismo e ai consumatori
giovani. In questo modo si evita di imporre cambiamenti organizzativi a chi non ne vede
la necessità e contemporaneamente si può disporre di un numero più ridotto (più facil-
mente gestibile) e motivato di imprenditori disposti a fare sistema e a seguire un piano
di sviluppo comune. Quest‟ultimo gruppo è individuabile probabilmente tra le cantine
di più recente istituzione, quelle che sono state recentemente oggetto di un cambio ge-
stione e quelle che hanno dato prova di avere una comunicazione web di qualità.
L‟importante, per gli imprenditori, è capire se vogliono entrare nel business. Poiché gli
investimenti sono indubbiamente necessari, non è possibile accettare posizioni interme-
die (Sparks et al. 2006) che hanno la conseguenza certa di vanificare anche il lavoro dei
più motivati.
Una volta chiarito chi è interessato a questa opportunità sarà relativamente semplice svi-
luppare un piano di marketing strategico visto che ci si potrà avvalere dei molti contri-
buti già presenti in letteratura per il lancio di regioni enoturistiche emergenti.
In questo quadro, il ruolo di associazioni & consorzi dovrebbe essere quello di coordi-
nare la promozione dell‟intera area come destinazione turistica; dare una visione strate-
gica di insieme, stabilire le linee guida per i soci (sia per quanto riguarda il servizio che
per la comunicazione) e vigilare sulla loro applicazione.
Inoltre, le associazioni hanno il delicato compito di supportare le imprese più “deboli”
che possono non avere le necessarie competenze e risorse ma non per questo vanno e-
scluse a priori. Per esempio le associazioni, o meglio, l‟unione di tutte le associazioni
potrebbe tranquillamente gestire in outsourcing i siti web delle aziende che non sono in
grado di occuparsene con continuità oppure potrebbe fornire del personale che si occupi
dell‟accoglienza o dell‟organizzazione delle visite in modo da consentire a tutte le im-
prese che lo desiderano di entrare nel business in modo soft.
Non dimentichiamo che la D.O.C. Prosecco ha la fortuna di poter attingere all‟enorme
bacino di turisti “veneziani”. Una visita guidata in autobus con partenza da Piazzale Ro-
ma e tappe in cinque o sei cantine in un bel contesto paesaggistico, pranzo in un risto-
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rante in collina e visita a una villa veneta appare una soluzione ragionevolmente pratica-
bile senza necessità di impegnare grandi capitali e senza imporre grandi cambiamenti
organizzativi alle aziende.
81
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