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CARLO V E LA RIPRESA IMPERIALE

Un impero su cui non tramonta mai il sole


Carlo V regnava su:
Domini asburgici: Austria, Tirolo e Slovenia, più Boemia e Ungheria (fratello Ferdinando)
Domini borgognoni: Olanda, Belgio, Lussemburgo, parte della Francia:
Domini spagnoli: Castiglia, Aragona, Napoli, Sicilia e Sardegna. Colonie americane (Messico e Sudamerica).
Domini imperiali: (Germania e Italia) ottenuti corrompendo i principi elettori nel 1519
Il ritorno dell’imperatore
Su queste basi, il titolo imperiale torna ad avere sostanza,
d’altra parte la speranza in un sovrano riformatore non era mai scomparsa: Il popolo attendeva chi lo difendesse dai
signori,I feudatari si appellavano all’impero contro i re nazionali, Mercanti e banchieri auspicavano un’unità
dell’Europa che facilitasse i commerci.

Nato a Gand (1500), re di Spagna a 16 anni e poi in continuo movimento tra Italia e Germania, Carlo V sembra essere la
sintesi vivente di queste aspirazioni.
I suoi stessi consiglieri (M.A. di Gattinara) gli presentano come obiettivo il governo universale della cristianità, già
teorizzato da Dante.
Guerra in Italia
In vista di questi obiettivi Carlo punta al controllo della Lombardia (corridoio, con Genova, tra Germania e Spagna).
Nel 1521 inizia un lunghissimo conflitto con la Francia (Francesco I): A Milano tornano gli Sforza sotto protezione
imperiale. Francesco contrattacca ma è sconfitto e fatto prigioniero (Pavia, 1525) e costretto alla pace di Madrid.

La debolezza di Carlo V
Carlo V si trova però presto impegnato su troppi fronti: il suo impero non è coeso: si ribellano le città della Castiglia
(1520-21); guidati da Solimano il Magnifico i Turchi riprendono l’espansione conquistando Belgrado (1521) e
l’Ungheria (1526), mentre i pirati musulmani infestano il Mediterraneo; in Germania i principi approfittano della
ribellione di Lutero, convocato alla dieta di Worms (1521).

La Riforma protestante
Due premesse: la Riforma protestante è un fatto religioso, tuttavia ebbe conseguenze rilevanti sul piano politico e
culturale: va in pezzi l’unità della christianitas medioevale; non è la prima volta che si parla di “riforma” nella Chiesa:
questa volta, più che ripristinare la “forma originaria” si dà origine ad una nuova realtà.
Qual è la causa?
Alle origini della Riforma c’è l’opera di un singolo, il monaco Martin Lutero (1483-1546).
Ma c’è anche la particolare situazione creatasi all’interno della cristianità all’inizio dell’età moderna; non una causa,
ma diversi fattori: religiosi, politici, economici e sociali.
Sicuramente fu determinante la corruzione del clero,ma importanti furono il fiscalismo ecclesiastico, la tendenza del
potere laico a controllare la Chiesa, le tendenze autonomistiche dei principi tedeschi, i disordini sociali.
Martin Luther
Nato ad Eisleben (Turingia) nel 1483, dominato da terrore della giustizia divina si fa monaco.
La polemica sulle indulgenze
Nel 1517, per ottenere il suo terzo beneficio, Alberto di Hohenzollern doveva 23.000 ducati alla curia romana. I
Fugger (i banchieri di Carlo V) anticiparono la somma.
Il papa permise ad Alberto di destinare al pagamento del debito metà delle offerte raccolte attraverso le indulgenze per
ricostruire S.Pietro, promosse Giulio II.
Le indulgenze: uso e abuso
L’indulgenza è la remissione della pena (non della colpa) meritata dall’uomo per i suoi peccati
concessa in speciali occasioni, a coloro che compiono atti di penitenza e di pietà.
L’opera buona, all’epoca, si traduceva spesso in un’offerta in denaro, il che offriva alla curia romana un buon
espediente per accrescere le entrate.

Le 95 tesi
Lutero non sa nulla degli scandalosi accordi tra Alberto e la curia, ma si accorge degli effetti negativi della vendita
delle indulgenze sui suoi fedeli.
Scrive ad Alberto per far cessare lo scandalo e si dichiara disposto a confutare l’insegnamento di Tetzel proponendo
alla discussione dei teologi 95 tesi sulle indulgenze.

1
E’ propagata nel paese, sotto la protezione del tuo illustrissimo titolo, l’indulgenza papale per la fabbrica di
S.Pietro. Al riguardo io […] ardo di dolore per le falsissime interpretazioni che ne derivano tra il popolo, diffuse
ovunque. Infatti le infelici anime credono evidentemente di esser sicure della propria salvezza non appena
abbiano acquistato una lettere di indulgenza; e inoltre che le anime del purgatorio se ne partono non appena essi
abbiano messo il denaro del riscatto nella cassetta. Inoltre che al grazia dell’indulgenza è così potente che (come
dicono) anche nel caso impossibile che uno violentasse la Madre di Dio, potrebbe esserne perdonato. Infine che
con questa indulgenza l’uomo si libera da ogni pena e colpa.
Lutero, Lettera ad Alberto di Hohenzollern

Per la tradizione, Lutero avrebbe affisso, in modo provocatorio, le sue tesi sulla porta di una chiesa di Wittemberg. (31
ottobre 1517). In realtà egli si rivolgeva ai teologi.
Le tesi furono però tradotte e stampate, incontrando la simpatia di coloro, nobili e non, che erano in polemica con la
corruzione e il fiscalismo romano.
Lutero è denuciato a Roma, ma gode della protezione di Federico il Savio, elettore di Sassonia, e non si procede contro
di lui.
Egli viene tuttavia riconosciuto eretico; ciò lo spinge a rifiutare l’autorità della Chiesa, e a maturare una propria
visione, basata su due caposaldi:
“Sola fide”
In base al principio di giustificazione per sola fede, Lutero contesta il ruolo delle opere per la salvezza:
Dopo il peccato originale l’umanità è peccatrice e destinata alla dannazione.
Dio, nella sua misericordia, salva alcuni non considerando il loro peccato e donando loro la fede, senza alcun merito.
L’uomo resta incapace di fare il bene, il redento è “simul iustus et peccator”.

“Sola Scriptura”
Per Lutero solo la Bibbia è vincolante per il cristiano, che può leggerla senza bisogno della guida della Chiesa (“libero
esame”).
Egli non difende il relativismo delle interpretazioni. Il cristiano può scoprire l’unico vero significato della Scrittura
attraverso una diretta ispirazione divina.
Gli scritti riformatori
La dottrina di Lutero si approfondisce in successivi scritti (1520-25), nei quali:
contesta la separazione clero-laici, sostenendo il “sacerdozio universale” (ogni credente è sacerdote di se stesso);
rifiuta i sacramenti cattolici salvo il Battesimo e l’Eucarestia (senza transustanziazione); nega, contro Erasmo da
Rotterdam, che esista un libero arbitrio dopo il peccato originale.

Le condanne
Nel 1520 fu scomunicato da Leone X. Lutero bruciò la bolla in piazza a Wittenberg.
I principi che lo sostenevano, gli ottennero la possibilità di discolparsi davanti a Carlo V (Dieta di Worms, 1521).
Lutero però non ritrattò nulla e fu messo al bando. Il duca di Sassonia lo nascose nel suo castello di Wartburg.

La ribellione dilaga
Nonostante la condanna, la polemica antiromana si scatena: si riforma il culto, si scardina la gerarchica ecclesiastica,
si mette in discussione l’ordine sociale.
Lutero interviene contro gli eccessi appellandosi all’autorità principi: il cristiano è libero nel mondo interiore, ma in
quello esteriore è del tutto sottoposto all’autorità politica che è voluta da Dio.

Chiunque sia un sedizioso è messo al bando da Dio e dall’imperatore, cosicché chi per primo voglia ucciderlo
agisce molto rettamente […]. Per la qual cosa, cari signori, liberate, salvate, aiutate e abbiate misericordia della
povera gente; ma ferisca scanni strangoli chi lo può; e se ciò facendo troverai la morte, te felice, morte più beata
giammai potresti incontrare, perché muori in obbedienza alla parola di Dio ed al servizio della carità per salvare
il prossimo tuo dall’inferno e dai lacci del demonio.
Lutero, Contro le bande brigantesche e assassine dei contadini

Una Riforma “dall’alto”


L’atteggiamento moderato di Lutero che affida la riforma al potere laico, ne spiega il successo tra i principi.
I sovrani possono liberarsi da ogni legame con Roma e incamerare beni e entrate ecclesiastici.
Dal nord-est della Germania, la Riforma si diffonde in Danimarca, Norvegia e Svezia.

2
Il fallimento del tentativo restauratore di Carlo V
Carlo V e la riforma
Con l’eccezione di Adriano VI (1522-23) i papi di questo periodo, Leone X (1513-21) e Clemente VII (1523-34)
sottovalutano Lutero e la riforma.
Fu l’imperatore Carlo V ad avvertire maggiormente l’urgenza del problema che rese più difficile il controllo della
Germania e influì sul conflitto con la Francia.
La ripresa della guerra
Francesco I, tornato in libertà, non è disposto ad accettare la sconfitta e crea la lega di Cognac con il papa e diversi
stati italiani (1526).
La lega è però fragile: Carlo V riesce a fermare l’attacco francese al napoletano.
I suoi mercenari, i “lanzichenecchi”, tedeschi e luterani, scesi in Italia, occupano e saccheggiano Roma (1527).
Successi di Carlo V
Carlo V, su posizioni di vantaggio, firma la pace di Cambrai (1529) con Francesco I che rinuncia all’Italia e riscatta i
figli ostaggi dalla pace di Madrid.
Clemente VII incorona Carlo a Bologna
in San Petronio (1530) e ottiene il suo appoggio per il ritorno dei Medici a Firenze come duchi (1530), eliminando
definitivamente la repubblica.
La minaccia turca
Carlo V può concentrarsi sui Turchi che avevano occupato l’Ungheria e, con i pirati, dominavano il Mediterraneo.
Nel 1535 conquista Tunisi, divenuta base del pirata Khaireddin, detto il Barbarossa.
Ma Francesco I si accorda con il sultano e riprende le ostilità invadendo la Savoia.
Il conflitto si trascinerà senza vincitori (1538-1544).

Tentativi di conciliazione
Carlo V non riesce ad ottenere né l’obbedienza dei principi (alla dieta di Spira del 1529 “protestano” contro il
sovrano) né la riunione di un concilio.
Con la dieta di Augusta si tenta la via del dialogo (1530).
Tuttavia le distanze teologiche e gli interessi dei principi impediscono la conciliazione.
Filippo Melantone presentò la posizione luterana alla dieta di Augusta, con un documento molto moderato (Confessio
Augustana)

Soluzioni di forza
Nel 1545 si apre il Concilio di Trento. Carlo ricorre alle armi per costringere i protestanti a parteciparvi.
Nel 1547 a Mühlberg sconfigge l’alleanza protestante (Lega di Smalcalda, 1531). Il concilio, però viene sospeso dal
papa Paolo III.
Nel frattempo il nuovo re di Francia, Enrico II (1547-1559) riprende le ostilità.

La resa
La prospettiva di un inutile logoramento porta Carlo V ad accettare la divisione religiosa dell’impero.
La pace di Augusta del 1555 è un compromesso basato su due princìpi:
Ogni principe decide la religione del proprio stato (“cuius regio, huius religio”)
Le secolarizzazioni sono “congelate” al 1552 (reservatum ecclesiasticum).

La fine del sogno


Constatato il fallimento, Carlo conclude una tregua con Enrico II e rinuncia ad ogni corona (1556).
Al figlio, Filippo II vanno Spagna, Colonie americane, Italia e Paesi Bassi.
Al Fratello Ferdinando I, i domini asburgici l’Impero, l’Ungheria.
Dopo l’abdicazione Carlo si ritira in un convento dove muore nel 1558.

La pace di Cateau-Cambrésis
Filippo II chiude la guerra con la Francia con la vittoria di S.Quintino (1557), cui segue la pace (1559):
Alla Francia: Calais, Metz, Toul e Verdun e Saluzzo.
Alla Spagna: Milano, Napoli le isole e lo Stato dei Presìdi (egemonia spagnola in Italia).
Piemonte e Savoia a Emanuele Filiberto.
I Medici annettono Siena e diventano granduchi (1569)

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