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DALL’IMPERO DI CARLO ALLA DISSOLUZIONE DELL’ORDINAMENTO PUBBLICO

La superfice dell’ impero fu organizzata in comitati, retti dai conti (comites), agenti regi dotati di ampi poteri
( arruolamento e conduzione esercito, mantenere pace e ordine, riscuotere imposte, amministrare giustizia). Oltre i
comitati, c’erano le “marche”, lungo la frontiera e perciò fortificate e protette da stabili guarnigioni; rette da
ufficiali ( “marchiones” ) e infine ducati, regioni acquisite da poco e non appieno assimilate.
I funzionari regi erano controllati da ufficiali itineranti, detti missi dominici.
Carlo Magno scelse i suoi funzionari tra coloro che erano legati a lui dal vincolo del vassallaggio,
o fece diventare suoi vassalli coloro che svolgevano funzioni pubbliche.
Con l’andare del tempo i missi provennero sempre più spesso dalle file dei ceti dirigenti locali, a discapito della
loro efficacia ispettiva, per cui i controllori finirono per coincidere coi controllati.
Carlo utilizzò il vassallaggio ad integrazione dell’apparato pubblico.
Con il tempo, però, si creò una confusione tra ambito privato e pubblico: il vassallo-conte finì con il confondere il
beneficio con la funzione pubblica e i vantaggi economici legati alla sua funzione pubblica (a volte si trattava di
benefici) con il beneficio goduto in quanto vassallo.
Inoltre, con la fine della spinta espansiva dell’impero, si esaurirono le nuove ricchezze, per cui le aristocrazie
tendevano sempre più a patrimonializzare i benefici e le funzioni pubbliche
Le guerre civili e le invasioni, comportano, nel IX secolo un aumento della “forza contrattuale” dei vassalli. I
Seniores, per essere aiutati militarmente sono sempre più dipendenti dai vassalli, non a caso in quest’epoca
compare il “vassallaggio multiplo”.
Per i Seniores è sempre più difficile disporre dei benefici assegnati: da loro, in caso di fellonia;
dal loro predecessore, dopo la sua morte.
La prassi di accettare l’omaggio vassallatico dell’erede del vassallo defunto e di confermagli il beneficio diventa
un obbligo, una legge non scritta.
Viene poi sancita formalmente.
Nel 877 con il Capitolare di Quierzy, Carlo il Calvo concede l’ereditarietà degli uffici comitali e dei benefici ad
essi connessi (ereditarietà dei “benefici maggiori”). In realtà il capitolare, emanato alla vigilia di una spedizione in
Italia contro i saraceni, si limitò a sancire che le cariche e i benefici che fossero rimasti vacanti non dovevano
essere attribuiti a chicchessia prima del rientro del figlio dell’ufficiale o vassallo deceduto.. tale norma venne però
interpretata come un riconoscimento dell’ereditarietà degli incarichi pubblici e dei beni che ad essi si
accompagnavano.
Nel 1037, con la Constitutio de feudiis, l’imperatore Corrado II di Franconia rende ereditari anche i benefici dei
vassalli dei vassalli (“benefici minori). L’ editto specificava che ad un vassallo non poteva essere sottratto un
beneficio, senza giusta causa e così questa disposizione che mirava a contrastare lo strapotere dell’aristocrazia finì
col legittimare realtà esistenti ed a frammentare ulteriormente il potere.
Il beneficio ereditario, dall’ XI secolo chiamato “feudo”, diviene quasi irrevocabile e del tutto simile all’allodio
( la piena proprietà ).
Su di esso il vassallo tende ad esercitare un potere signorile, quasi del tutto autonomo dal controllo del sovrano.
Nell’assenza dello stato, a causa delle guerre e delle invasioni, alcuni signori iniziano ad esercitare, sui loro beni e
sul territorio circostante, poteri militari, fiscali e giurisdizionali.
Acquisicono un’autorità su servi e liberi, nei loro fondi, ma anche su coloni di altre curtes e su possessori di
allodi.
Alcune circostanze favoriscono lo sviluppo delle signorie territoriali:
- Concessioni di immunità (= esenzione dal controllo dell’autorità pubblica) da parte dei sovrani. Sin dai tempi dei
Merovingi i re Franchi concedevano immunità, soprattutto a monasteri e vescovati. L’immunista esercitava i
poteri pubblici sottratti all’autorità comitale locale.
I proprietari terrieri imitano l’esempio e si comportano sui loro beni, come se godessero di immunità.
- Costruzione di fortificazioni e castelli. Fortificazioni (all’inizio anche semplici palizzate) vengono costruite per
difendersi dalle invasioni.
Ma le fortezze (e gli armati che le difendono) diventano uno strumento per controllare il territorio.
Tant’è vero che la loro costruzione doveva essere autorizzata dall’autorità regia.
- Comportamento di conti, duchi e marchesi che non ostacolano il fenomeno, anzi vi partecipano. Non si
oppongono al sorgere di signorie nei territori da loro controllati,
perché sono essi stessi impegnati a costruire fortezze a difesa dei loro beni allodiali o beneficiari.
Rinunciano a governare la contea in nome del re e diventano signori di quei territori su cui possono esercitare
pieni poteri.
Così, la dissoluzione del potere pubblico fra una pluralità di soggetti signorili fu la conseguenza di un processo
spontaneo di sviluppo di poteri locali, i quali con l’indebolirsi dell’autorità centrale monarchica, si resero di fatto
indipendenti ed esercitarono le loro prerogative liberi da ogni controllo e legittimazione: la legittimità del potere
discese dalla capacità effettiva di esercitarlo e non da una concessione dall’alto.

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