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DE ALDILADE

La parola aldilade non esiste in latino, l'ho inventata, comunque, esiste l'aldilà?

M.M.1 = Maestro Muratore giovane - M.M.2 = Maestro Muratore anziano

M.M.1
Tu credi nell’aldilà?
M.M.2
Mi hai spaventato! Fare queste domande da dietro e all’improvviso!
M.M.1
Dai, rispondi.
M.M.2
Che intendi per “aldilà”?
M.M.1
Il solito.
M.M.2
Io, un ginger, grazie.
M.M.1
Dai. Hai capito.
M.M.2
Mi sa che vuoi fare sul serio.
M.M.1
Grande intuitore, tu.
M.M.2
Non esiste.
M.M.1
L’aldilà non esiste?
M.M.2
No, la parola intuitore non esiste.
M.M.1
Allora?
M.M.2
Sono discorsi difficili.
M.M.1
Per questo li faccio solo con te.
M.M.2
Possibile?
M.M.1
Giuro, con nessun altro.
M.M.2
A forza di fare queste domande tutti sono scappati, lo immaginavo.
M.M.1
Allora?
M.M.2
Sei una petola.
M.M.1
Che vuol dire?
M.M.2
Pulce, in veneto. Me lo diceva sempre mio nonno quando gli facevo domande a raffica.
M.M.1
Ah, vedi? Anche tu.
M.M.2
Ma lui era un grado 32.
M.M.1
E tu sei solo un grado 3.
M.M.2
Si fa qual che si può e quel che ti consentono di fare gli altri. Qui, appena arrivi a 3 ti tagliano le gambe.
M.M.1
Beh, ma poi ci sono altri titoli.
M.M.2
Oh, certo. Ven. e poi M.to Ven. e poi Ven.mo ecc. ecc. Sai che divertimento! Solo rogne.
M.M.1
Se ti sentissero.
M.M.2
E che mi fanno, mi retrocedono? Hi, hi. Sai che divertimento tornare a fare l’Apprendista! Magari fosse
possibile, così con la scusa del silenzio non sarei costretto a rispondere a domande assurde.
M.M.1
Perché io faccio domande assurde, questo vuoi dire?
M.M.2
In un certo senso. Più che assurda è mal posta.
M.M.1
Dimmi.
M.M.2
Vedi, la questione non è quella di credere o non credere. Infatti, da che l’Homo Sapiens è diventato Sapiens
Sapiens, si può dire che questa è la domanda che subito si è posto. La prima in assoluto. Per me la domanda
vera è: Esiste la morte? E anche: Esiste la vita?
M.M.1
Rispondere alle due domande è facile. Esistono. Le abbiamo di fronte in ogni momento, con qualunque
essere vivente, pianta, animale, essere umano, tutto.
M.M.2
Non è vero. Se io dico che esiste la morte, implicitamente dico che esiste la vita. Giusto?
M.M.1
Giusto.
M.M.2
Ed è vero il contrario?
M.M.1
Humm… è difficile rispondere.
M.M.2
Infatti. La domanda più importante, quella drammatica è proprio la seconda, se esiste la vita.
M.M.1
Non capisco.
M.M.2
Perché si ha coscienza della vita? Noi viviamo, ma questa non è una buona spiegazione, sarebbe una
tautologia. Il fatto di essere coscienti di vivere non ci spiega nulla. La domanda piuttosto dovrebbe essere:
che cosa è la vita?
M.M.1
Messa così…
M.M.2
A me piace molto coltivare i bonsai. È un’attività complessa che implica molto studio teorico e molta
applicazione pratica, una grossa esperienza. Purtroppo, spesso un bonsai muore, dopo anni di cure e
attenzioni. Quasi sempre per miei errori.
M.M.1
E te ne incolpi.
M.M.2
No, gli errori fanno parte dell’esperienza che si deve fare per migliorare. Però sto lì a guardare quella cosa
che non è più un essere vivente. È un cadavere rinsecchito. Non reagisce: se bagno la terra, la terra rimane
bagnata perché la pianta non assorbe l’acqua. Sento un profondo senso di vuoto. Lo stesso vuoto provato alla
morte del mio gatto o di esseri umani conosciuti, certe volte anche di sconosciuti, visti in televisione.
M.M.1
Ma è solo una pianta!
M.M.2
È, o meglio “era”, viva. Tu credi che si possa provare dolore solo per la morte degli esseri umani?
M.M.1
Ripeto, era solo una pianta.
M.M.2
E io ti ripeto che era viva. La vita è inenarrabile quanto la morte. La vita è… dimmi che cosa è la vita?
M.M.1
È… la vita è… non so dirlo.
M.M.2
La vita è vivere. La vita non è un sostantivo, cioè un atto, un evento in sé conchiuso. La vita è un verbo,
vivere, cioè un processo. E un processo ha bisogno di tanti modi per poter essere descritto.
M.M.1
Giri intorno al problema, ma non dici nulla di essenziale.
M.M.2
Vero. La pianta, il bonsai, per me era vivo perché reagiva a me, ma prima ancora alle stagioni, al giorno e
alla notte, con i suoi impercettibili stadi di crescita. Potrei dire che la vita è relazione, con la natura, con altri
esseri viventi, con se stessa. La vita si autodefinisce nella relazione.
M.M.1
Quindi, passando all’essere umano, questo è vivo finché si relaziona a tutto ciò.
M.M.2
Anche la persona autistica all’ultimo stadio è comunque viva perché, anche se non reagisce agli altri esseri
umani - cosa poi da dimostrare quella dell’assoluta mancanza di reazioni - che ne sappiamo noi di che cosa
accade nel profondo della sua mente? Quella persona reagisce alla natura, è sveglia e dorme, mangia e beve,
ecc. ecc.
M.M.1
Queste sono funzioni fisiologiche.
M.M.2
Ogni funzione biologica è una relazione con la natura.
M.M.1
Non vedo dove vuoi arrivare.
M.M.2
Semplicemente a ribadire che la vita è relazione. E che la morte è la fine delle relazioni.
M.M.1
E l’aldilà?
M.M.2
È il desiderio umano dell’immortalità
M.M.1
Non può essere anche quello di un gatto o di un cipresso?
M.M.2
Non possiamo saperlo. Qui sta il problema. Oggettivamente, come possiamo sapere che cosa accade con la
morte, di là dai processi biologici che possiamo osservare, bada bene, da vivi?
M.M.1
Però, ci poniamo la domanda. Forse perché l’uomo è un gran curiosone.
M.M.2
In genere, oltre ai religiosi e ai filosofi, chi si pone questa domanda?
M.M.1
I depressi?
……..

Il testo continua nel libro di Francesco Angioni: DIALOGHI MASSONICI (pagine 186) prezzo €18
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