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Adolescenza

Il modello teorico che il Canestrari utilizza nel caso dell'adolescenza è quello della teoria
psicoanalitica, che postula la crisi adolescenziale come "fisiologica" per uno sviluppo adeguato
della personalità; le soluzioni di assetto della personalità, che non passano attraverso questo
travaglio interno, risulterebbero monche e parziali, in quanto l'integrazione libidica o dell'Io non si
organizzerebbe intorno a nuovi oggetti d'amore o ad una nuova identità, bensì attorno alle antiche
identificazioni e ad una gamma di attività sublimate della tensione sessuale, tipiche dell'età della
latenza. Dalle esperienze di valutazione durante i colloqui, da vari dati anamnestici si può affermare
che l'adolescente avverte in modo intenso il primato della vita interiore rispetto a quella che lo
circonda e si ritrova quindi a fare i conti con le fantasie che riemergono dal mondo passato, col
mondo attuale che lo circonda e col futuro, che avverte incerto e problematico. Con l'adolescenza
avviene in modo spontaneo la messa in crisi delle certezze o delle difese dell'età della latenza; la
certezza circa l'onniscienza degli adulti, la certezza sulla univocità della realtà esterna, la certezza
sulla semplificazione della vita interiore e quella sulla esistenza dello schema di riferimento esterno
come guida stabile e sicura.
Il conflitto di base dell'adolescenza è connesso con l'entrare in posizione depressiva e al
gestirla; tali conflitti trovano espressione in un disagio legato allo sviluppo
- fisico, la perdita di uno schema di riferimento da parte del ragazzo, che vede il suo corpo
cambiare e non sa quando si stabilizzerà; soprattutto per quanto riguarda la comparsa dei
caratteri sessuali secondari si possono animare ansie e preoccupazioni, in maggior misura per
le ragazze, il cui eventuale sviluppo precoce le porta ad essere trattate dagli adulti come
giovani donne, quando la loro maturazione emotiva è ancora lontana.
- sessuale, origine al modo in cui la fase orale e sadico-anale sono state superate, e soprattutto
all'andamento della fase fallica (edipica); se riemergono nuclei orali, ad esempio, si possono
avere alterazioni del comportamento alimentare, onicofagia e succhiamento del dito; se
riemergono nuclei sadico-anali, invece, l'adolescente può divenire sporco, trascurato (chiaro
riferimento al mancato controllo sfinterico). Il menarca è un altro momento importante legato
a questo tipo di conflitti; la fanciulla può vergognarsi di questo fenomeno, si sente sporca e
diminuita nella persona: questo la porta alla negazione o al rifiuto dell'evento. Il menarca ha
però allo stesso tempo una valenza positiva, in quanto offre alla ragazza dei punti fissi su cui
può organizzare molte sue esperienze (per la periodicità delle mestruazioni, l'inizio e la fine
dei dolori etc), e stabilizza le disperse eccitazioni della fase prepuberale, indirizzandole verso
il maturo modello vaginale. Altra componente importante di questo tipo di conflitti è la
masturbazione, vissuta dall'adolescente con forte ansietà; può avere un significato di un
movimento psichico verso la eterosessualità oppure esprimere tensioni psichiche regressive di
tipo edipico. Sia per il menarca che per la masturbazione, grande importanza ha la famiglia, e
l'atteggiamento con cui ha affrontato l'educazione del figlio fin dai primi anni di vita; se non
ha ecceduto né in sottomissione né in dominanza nei confronti del ragazzo, quest'ultimo potrà
vivere il conflitto in modo meno acuto e prolungato nel tempo.
- intellettuale. riguardano il passaggio da un tipo di pensiero concreto (quello del fanciullo)
ad un tipo di pensiero ipotetico-deduttivo (dell'adolescente), definito anche astratto:
quest'ultimo tipo di pensiero può tener conto non solo delle situazioni o avvenimenti
direttamente percepibili, ma anche di situazioni o avvenimenti "possibili": il significato di un
evento accaduto non sta solo in ciò che è ma anche in ciò che poteva essere e non è stato. Lo
sviluppo intellettuale porta quindi l'adolescente ad avvertire l'esigenza della dimostrazione del
controllo, ad elaborare personalmente i dati sui quali fondare le proprie convinzioni; questo
nuovo modo di porsi favorisce l'insorgenza di conflitti (insofferenza verso contenuti ideologici
o comportamentali che gli adulti cercano di trasmettere all'adolescente senza dimostrargliene
la plausibilità o la razionale motivazione, ad esempi, può portare l'adolescente ad abbandono
scolastico, fuga da casa, suicidio etc).
A seguito di questi conflitti a livello fisico, sessuale e mentale, l'adolescente può costruirsi una
serie di difese: il narcisismo, in cui la valorizzazione del proprio Io esalta l'autostima
dell'adolescente e consente di tentare una ricerca di sé sull'onda dell'autoesaltazione; l'ascetismo
pone l'adolescente in una situazione di isolamento, con proibizioni rigorosissime, per sbarrare la via
ai desideri; l'intellettualizzazione mira a trasferire il conflitto dal piano delle emozioni a quello del
pensiero, per cui l'adolescente si immagina come un conquistatore, un divo o un trionfatore, a
livello di fantasticherie e sogni ad occhi aperti; la scissione è la difesa più radicale contro
l'esperienza dell'ansia e della colpa perchè, riportando l'Io ad una situazione pre-depressiva, in cui
gli oggetti buoni sono separati da quelli cattivi (posizione schizo-paranoidea dei primi mesi di vita),
elimina alla radice la possibilità di provare ansia.
Per effetto della scissione riemerge il controllo onnipotente, che gli permette di negare la
dipendenza dai suoi genitori pretendendo la dipendenza dai suoi genitori, e riemerge inoltre
l'identificazione proiettiva, per cui i genitori (e gli adulti) diventano il contenitore di tutta
l'aggressività dell'adolescente; nell'adolescente sano esiste una scissione esteriorizzata, in cui gli
oggetti buoni idealizzati e quelli cattivi proiettati sono rintracciabili nella realtà esterna, e in cui
l'idealizzazione è più forte dell'identificazione proiettiva, e si estende ai genitori o a figure ad essi
assimilabili.
Gli esiti del processo adolescenziale possono essere diversi:
un'adolescenza ritardata appartiene in genere ad adolescenti di famiglie borghesi, che portano
avanti i loro studi, intraprendono carriere già avviate in famiglia, sposano persone scelte o
accettate dai genitori, riproducono il modello familiare dei loro genitori: in pratica, in questo
caso l'adolescente non dimette le difese ossessive dell'età di latenza;
un'adolescenza prolungata è un esito meno frequente, ed identifica un'adolescente che si
"prolunga" all'infinito, per paura di deludere le aspettative dei genitori (spesso infatti sono
ragazzi che nell'infanzia erano stati sopravvalutati dai genitori);
un'adolescenza sacrificata identifica adolescenti che per motivi diversi non hanno potuto
affrontare l'adolescenza nella maniera corretta (apprendisti, persone costrette a lavorare al
compimento del quattordicesimo anno d'età), sono persone che non colgono continuità tra
passato e futuro ma vedono solo il presente;
l'adolescenza dissociale è quella più preoccupante, perchè sono persone che restano ancorate
alle difese maniacali, paranoidee, in cui c'è stato un crollo dell'idealizzazione dei genitori, che
non può essere ricostruita: sono persone che idealizzano sempre ciò che i genitori e la società in
genere disapprovano, e che provengono da ambienti integrati ma rigidi nei modelli educativi,
con modelli parentali ambigui (si presume anche una carenza di cure materne adeguate);
un'adolescenza tossicodipendente, infine, permette, attraverso l'uso di una sostanza, un
distacco dalla sofferenza relativa ai conflitti del passaggio alla vita adulta; le droghe leggere
vengono di solito utilizzate per risolvere il senso di solitudine, la difficoltà di inserimento in un
gruppo, etc., mentre nel caso di uso di droghe pesanti c'è una volontà di trovare un modo di
essere al mondo, una identità (a parte i casi in cui subentrano psicosi, forme di tipo borderline
etc.).
Il gruppo per gli adolescenti ha un'importanza decisiva; tra gli 11 e i 15/16 anni avrà struttura
omosessuale (soli maschi o sole femmine) e atteggiamento di tipo paranoide (le proiezioni da parte
dei maschi nei confronti delle femmine e viceversa tendono ad identificare nell'altro gruppo
caratteristiche negative). Quando l'adolescente all'interno di uno dei due gruppi sperimenta che il
suo "odio" per i membri dell'altro gruppo non è distruttivo, e che l'altro sesso si dimostra seduttivo,
comincia a provare sentimenti di amore che prendono il sopravvento sul disprezzo; nasce così la
coppia (amicizia, amore), e da qui si passa al gruppo adolescenziale eterosessuale e depressivo;
depressivo perchè i membri di tale gruppo non hanno bisogno di proiettare all'esterno le parti
sofferenti del Sè, ma possono trattenerle e fare esperienza della preoccupazione per l'integrità
dell'oggetto amato. Si stabilisce un nuovo rapporto di dipendenza in cui oltre all'esperienza della
propria impotenza e incompletezza, si fa l'esperienza dell'altro come complementare al sé e allo
stesso tempo ugualmente importante, incompleto e dipendente.
Il gruppo è, dunque, per l'adolescente una struttura in cui egli verifica la propria capacità di stabilire
rapporti sociali più o meno duraturi, di tollerare conflitti e tensioni, di assumere una posizione in
relazione a quelle degli altri membri. Per questo il rifiuto o l'accettazione da parte dei coetanei sono
due tipi di esperienze importantissime per l'equilibrio psicologico dell'adolescente e per lo sviluppo
della sua disponibilità a realizzare rapporti interpersonali: se accettato, trova nel gruppo un sostegno
emotivo alle proprie ansie ed incertezze; se rifiutato, vivrà l'esperienza della impotenza, della
esclusione sociale, che finirà con l'influire notevolmente sull'immagine di se stesso che egli sta
edificando.
Iniziare un discorso sull'adolescenza suscita perplessità perché ogni teoria (da quella proposta da
Stanley Hall nel 1904 a quelle psicosociologiche più recenti) rischia di essere contraddetta dalle
osservazioni che si fanno giorno per giorno, al punto che viene il sospetto che certe tematiche
conflittuali siano causate, più che dai conflitti ritenuti tipici di quest'età, dai modelli di
comprensione dell'adolescenza adottati in quel periodo storico ed in quel determinato contesto
sociale.
Per affrontare questo problema, può essere fecondo utilizzare il modello della teoria psicoanalitica,
che postula la crisi adolescenziale come "fisiologica" per uno sviluppo adeguato della personalità:
le soluzioni di assetto della personalità che non passano attraverso questo travaglio interno,
risulterebbero monche e parziali, in quanto l'integrazione libidica, o dell'Io, non si organizzerebbe
intorno a nuovi oggetti d'amore o ad una nuova identità, bensì attorno alle antiche identificazioni e
ad una gamma di attività sublimate della tensione sessuale, tipiche della età della latenza.
Ne risulterebbero, come vedremo, delle adolescenze mancate, abortite, ritardate, prolungate,
sacrificate.
Sull'inizio del processo puberale, che generalmente fa da supporto al processo adolescenziale,
l'osservatore dispone di rilievi abbastanza definiti attraverso l'esame somatico, come la comparsa di
caratteri sessuali secondari, l'inizio del flusso mestruale ecc.
Quali rilievi guidano lo psicologo durante i primi colloqui col ragazzo, al fine di verificare il non
avvenuto viraggio adolescenziale, il suo incerto inizio o il suo progredire?
Dalla esperienza di valutazione del contenuto del colloquio, dal rilievo delle qualità espressive del
comportamento, da informazioni raccolte anche dai familiari si può schematicamente affermare che
il periodo dell'età evolutiva che ci accingiamo a trattare, si differenzia sotto molti aspetti dalla
fanciullezza o terza infanzia:
- nella terza infanzia la struttura mentale del fanciullo è generalmente rivolta verso
l'esplorazione del mondo esteriore VS. nell'adolescente è l'esperienza soggettiva (la vita
interiore) che viene ad essere, attraverso l'analisi introspettiva, l'oggetto di maggiore interesse;
- nella fanciullezza gli interessi e le attività hanno ancora la caratteristica "infantile" (nel
senso che riguardano il presente od al massimo il futuro immediato) VS. nei processi psichici che
caratterizzano l'adolescenza, gli obiettivi a lunga prospettiva temporale cominciano ad
assumere un grado di realtà tale da orientare le scelte fondamentali ed i criteri di giudizio sulla
condotta pro pria ed altrui;
- il funzionamento mentale del fanciullo si basa prevalentemente sui dati di fatto VS. il
pensiero dell'adolescente, per la ragione che in questa età emerge (come vedremo) la categoria
del possibile, utilizza maggiormente il piano dell'ipotesi;
mentre il fanciullo, relativamente allo sviluppo della socialità, è ancora legato a formule
egocentriche o sociocentriche (nel senso che la socialità corrisponde sempre a dei bisogni di
sicurezza, appoggio, di avere dei "compagni") VS. l'adolescente tende ad identificazioni più
selettive, più personali (esperienza dell'" amicizia ", esperienza dell'"innamoramento").
Come si è detto, i processi psichici che caratterizzano questa fase dell'età evolutiva si svolgono in
una dimensione temporale di circa sei anni: alcuni autori hanno pertanto pensato utile introdurre
il termine di preadolescenza per il periodo compreso fra il 12° ed il 15° anno. Nella nostra
esposizione faremo a meno di utilizzare tale distinzione per il semplice fatto che la trattazione non
intende essere un completo aggiornamento su tutti gli aspetti della psicologia di questo complesso
periodo dello sviluppo psichico. Dovendo fare una scelta, si è pensato più utile trattare il problema
dei conflitti psichici nella condizione adolescenziale, traendo informazioni, oltre che dalle opere dei
vari autori, da dirette osservazioni cliniche condotte nei consultori di orientamento scolastico o
in centri medico-psico-pedagogici, nonché da esperienze di psicoterapia individuale o di
gruppo specificamente dedicate ad adolescenti.
Dal punto di vista etimologico la parola “adolescenza” deriva dal latino e significa “crescita”.
Con questa definizione si indica una fase dello sviluppo, caratterizzata dalla complessità, in cui le
modificazioni somatiche, le vicende intrapsichiche e le dinamiche psicosociali sono
indistricabilmente intrecciate e interdipendenti.
Questo fenomeno si declina diversamente all'interno delle diverse culture: nella civiltà romana
indicava un periodo di apprendistato sociale, professionale, culturale e soprattutto umano che si
estendeva fino ai 30 anni di età, mentre nelle società tribali l'adolescenza non ha una dimensione
diacronica estesa ma si risolve nel rito di passaggio che sancisce in modo puntuale l'ingresso del
giovane o della ragazza nella comunità degli adulti.
Nel mondo occidentale l'adolescenza comporta una forma di cambiamento in cui coesistono
elementi di continuità e di rottura, di armonia e di crisi, che si sottrae ad una definizione definitiva
già a partire dalla delimitazione temporale; se è facile infatti identificare come limite inferiore la
vistosa maturazione puberale dell'apparato genitale interno e dei caratteri secondari esterni, non
altrettanto agevole da definire è la conclusione della fase, che dovrebbe coincidere con l'assoluzione
di importanti compiti evolutivi come il raggiungimento dell'identità adulta e della piena
socializzazione lavorativa e familiare, che vengono tuttavia sempre più parcellizzati, dilazionati,
mantenuti sospesi.
Molti approcci teorici si sono occupati dell'adolescenza: pensiamo in primis ai modelli fisiologici
(es. Tanner) che hanno studiato le drammatiche modificazioni morfologiche, neuroendocrine e
fisiologiche della pubertà, ai modelli sociologici che approfondiscono l'aspetto culturale e
ambientale o ancora al modello psicoanalitico che ricostruisce le travagliate vicende delle pulsioni,
degli oggetti e delle identificazioni e infine ai modelli cognitivi che si focalizzano sull'evoluzione
delle funzioni intellettive.
Ciascun orientamento teorico, tuttavia, si occupa di un aspetto parziale, circoscritto del fenomeno,
che rimane inafferrabile nel suo complesso.
Di fatto si impone la necessità di adottare un approccio eclettico e comprensivo, che Marcelli
definirebbe “transazionale”, sensibile all'interdipendenza dei molti fattori e alla costitutiva
permeabilità tra interno ed esterno, tra lo psichico e l'ambientale, tra l'individuale e il sociale.
In quest'ottica diviene possibile integrare i contributi di ciascuna scuola di pensiero in modo che
risultino fusi in una rappresentazione a tutto tondo, dinamica, evolutiva che possa costituire una
linea guida, un'ipotesi di lavoro per qualsiasi tipo di intervento da quello clinico, all'orientamento
scolastico e professionale.
Per quanto riguarda la dimensione intrapsichica particolarmente ricco di contributi significativi è il
modello psicoanalitico.
Già S. Freud sottolineava particolarmente come l'avvento della pubertà, che sancisce il
raggiungimento ella capacità orgasmica e riproduttiva, determina un'esplosione libidica che riattiva
tutte le pulsioni pre-genitali e i conflitti pre-edipici ed edipici.
La prepotente spinta delle pulsioni sottopone l'Io, impiegano nel controllo dell'Es e nella
mediazione con Super Io e realtà, ad una pressione potenzialmente destabilizzante, tanto da indurlo
alla sperimentazione di alcune forme di meccanismi di difesa illustrate da A. Freud.
Un altro aspetto cruciale dell'adolescenza è la centralità del corpo, che dopo il “silenzio degli
organi” della latenza, diventa protagonista di molteplici trasformazioni locali e globali che
sortiscono profonde ripercussioni sull'immagine corporea dell'adolescente.
Questo aspetto del sé costituisce un punto di riferimento cardinale a molteplici livelli; il corpo,
infatti, rappresenta da un lato uno strumento di misura dello spazio fisico, dall'altro un medium per
l'espressione simbolica dei conflitti, oltre che un oggetto di investimento narcisistico, basti pensare
all'interesse per l'abbigliamento, all'accanimento nella decorazione anche cruenta del corpo
(peircing e tatuaggi), alla trepidazione che caratterizza il rapporto dell'adolescente con lo specchio ..
tutte manifestazione che tradiscono la ricerca di un confine tangibile che argini e contenga
un'identità liquida e sfuggente, oltre che la necessità di indossare una divisa riconoscibile che attesti
l'appartenenza ad una generazione.
L'adolescente è chiamato anche ad affrontare un duplice lutto: egli, infatti, deve rinunciare
all'oggetto primario pre-edipico, intraprendendo quella che Blos chiama una seconda separazione-
individuazione, ma deve anche elaborare la perdita dell'oggetto edipico, investito in modo
ambivalente. Questa sfida evolutiva è particolarmente impegnativa e può rendere ragione dei
frequenti vissuti depressivi e abbandonici sperimentati dagli adolescenti al cospetto della caduta
delle divinità genitoriali.
La ricapitolazione e il completamento del compito di separazione-individuazione si intreccia
strettamente con lo sviluppo delle identificazioni e con le vicende del narcisismo.
In particolare, secondo autori come Blos, Kestenberg e Laufer, il narcisismo adolescenziale
dipende dall'Ideale dell'Io, inteso come quella componente dinamica ed evolutiva del Super Io che
rappresenta un'immagine soddisfacente ed amabile di sé e che svolge funzione di supporto dell'Io
nella gestione della regressione, nell'aggiustamento delle relazioni con gli oggetti interni e
nell'adattamento sociale.
Erikson STADIO 5 (adolescenza)→ stadio adolescenziale→ identità e rifiuto vs. dispersione
d’identità.
Transizione tra infanzia ed età adulta con conseguente crisi d’identità causata dal conflitto se
rimanere nelle sicurezze infantili o passare al mondo degli adulti, visto come complesso,
sconosciuto e inquietante. Ciò lo porta ad una dispersione dei ruoli o alla confusione d’identità.
Elemento negativo di questa fase è la possibile percezione del negativo in se stessi che comporta un
senso di inadeguatezza rispetto al mondo. Questa “identità negativa” può essere proiettata sugli altri
originando atteggiamenti pregiudiziali, discriminazione razziale, rifiuto del diverso e crimine.
Questa fase è caratterizzata anche sul rafforzamento del senso di fedeltà e di coerenza, su cui poggia
l’identità; l’adesione a qualche ideologia e l’appartenenza al gruppo, che sono elementi
fondamentali per confermare il proprio valore e il proprio modo di essere. La posta in gioco,
comunque, è sempre la conquista di un'identità integrata, come rileva Erikson il quale individua
nella dialettica tra conquista di un'identità coesa e ricca e la dispersione la sfida evolutiva propria
dell'adolescenza. L'esito di tale sfida dipende dalla qualità delle relazioni precoci, come affermano
tra gli altri anche i teorici dell'attaccamento, e dalla risoluzione dell'edipo, attraverso una definitiva
identificazione con il genitore dello stesso sesso, come sostiene Blos.
Se la storia relazionale ha consentito l'instaurarsi di un attaccamento sicuro, la “fame d'oggetto”
(Blos) dell'adolescente può dunque esplicarsi nella sperimentazione di molteplici identificazioni sia
mimetiche che oppositorie, di esperienze relazionali nel contesto “intermedio” del gruppo dei pari,
che viene identificato da Laufer come il mediatore dei sistemi di identificazione e di identità,
nonché luogo di proiezione e funzione vicaria dell'Ideale dell'Io.
Se la scuola psicoanalitica ha approfondito gli aspetti affettivo-relazionali della fase, Piaget ha
illustrato gli aspetti cognitivi dell'adolescenza. IV Stadio→ Periodo delle Operazioni Formali
(11-15 anni), il bambino può applicare le operazioni mentali anche ad affermazioni puramente
verbali o logiche. I risultati delle operazioni concrete vengono sfruttate per generare ipotesi relative
alle loro relazioni logiche. Il modo di pensare assomiglia a quello di uno scienziato. Si caratterizza
per riduzione dell'egocentrismo (il bambino riesce a considerare le questioni da diversi punti di
vista) e per il completamento delle strutture cognitive. (METODO SPERIMENTALE)
L'esperimento consiste nel chiedere ad un ragazzo, posto di fronte ad un pendolo (una corda a cui è
appeso un solido), di scoprire quale dei diversi fattori determina la frequenza delle oscillazioni del
pendolo. I fattori sono: la lunghezza della corda, il peso del solido, il lancio impresso al pendolo.
Piaget e Inhelder sostengono, infatti, che intorno ai 12-13 anni compaia una nuova forma di
intelligenza di tipo operatorio-formale, caratterizzata dall'acquisizione del pensiero ipotetico-
deduttivo.
Nel dettaglio questa conquista si traduce nella capacità di utilizzare le operazioni del gruppo
combinatorio INRC ovvero: identità, negazione, reciprocità, correlatività, che l'adolescente diventa
in grado di applicare ai soli enunciati verbali, raggiungendo il livello di astrazione della logica delle
proposizioni che definisce il mondo del possibile. In questo modo il ragazzo si rende conto che la
realtà non è che un caso particolare rispetto alle opzioni rappresentabili.
Piaget ha elaborato anche uno strumento testistico per valutare qualitativamente il livello di
formalità del pensiero ipotetico deduttivo: la scala SPL, l'Echélle du Developpement de la Pensée
Logique.
Come ho già più volte ribadito, è artificioso distinguere l'aspetto cognitivo dalla dimensione
affettiva e relazionale; basti pensare come una difficoltà nell'accesso al pensiero logico formale può
essere effetto di un contesto familiare deprivato culturalmente o patologico e a sua volta può
contribuire a determinare problematiche relazionali per la scarsa padronanza dei concetti di
reciprocità e mutualità o a causa dei deficit nei processi cognitivi di attribuzione, interpretazione,
previsione degli stati mentali altrui, così come uno sviluppo precoce e disarmonico della capacità
intellettuale può determinare l'isolamento del ragazzo nell'intellettualizzazione solipsistica di cui
parla A. Freud.
La dimensione affettiva, quella cognitiva e quella sociale, pertanto, sono aspetti costitutivamente
interdipendenti.
La dimensione relazionale e sociale del fenomeno è imprescindibile, in quanto le conquiste affettive
ed intellettuali avvengono all'interno di apprendimenti socialmente e culturalmente contestualizzati;
quello dell'adolescenza è infatti il momento in cui l'individuo ha la possibilità di cimentarsi in
diversi ruoli e di collaudare sistemi di valori, procedendo per tentativi ed errori e in modo
trasversale rispetto ai differenti contesti e gruppi sociali tra i quali si distribuisce la sua
appartenenza, pensiamo ad es. al gruppo classe, all'istituzione scolastica, alle realtà associative, alle
compagnie informali, alla famiglia.
Certamente la disponibilità di scelta tra molteplici opzioni e la possibilità di collezionare esperienze
sociali, culturali diverse rappresenta una risorsa, tuttavia la frammentarietà e la contraddittorietà dei
modelli valoriali proposti dalla nostra società può costituire anche un fattore di rischio per quella
che Erikson chiama la “confusione dell'identità”, ovvero una forma disagio che paralizza il giovane
posto di fronte a richieste paradossali da parte dell'ambiente che sollecita il ragazzo ad impegnarsi
in scelte esistenziali relativamente alla professione e alla vita affettiva ma offre un caleidoscopio di
parametri incoerenti e frammentari.
Come sostiene Brusset, nella nostra epoca si verifica un parallelismo di tematiche tra la fase
adolescenziale dell'individuo e la crisi della società post-industriale alle prese con il lutto per la
miserabile deriva delle grandi utopie politiche, religiose, sociali come archetipi di figure genitoriali
edipiche.
L'adolescenza come prototipo esistenziale di crisi individuale con aspetti catartici ed evolutivi,
rappresenta comunque un nodo cruciale dello sviluppo che presenta specifiche zone di vulnerabilità,
a cui le agenzie di formazione devono essere sensibilizzate..
Da un punto di vista clinico, in senso lato, infatti, è importante tenere sempre presente qualunque
sia il contesto di intervento (scolastico, diagnostico-terapeutico, orientamento, ecc.) all'interno del
quale si incontra l'adolescente che normalità e patologia non sono chiaramente distinguibili, al
contrario si definiscono e si compenetrano reciprocamente in un'ottica dinamica, provvisoria, in
continua evoluzione.
Pertanto qualsiasi sintomo o problema di adattamento, dai disturbi alimentari agli insuccessi
scolastici, deve essere contestualizzato all'interno di un quadro di personalità composito e fluido.
E' importante, quindi, non farsi distrarre dalla platealità della singola manifestazione ma considerare
complessivamente in modo gestaltico la struttura dell'individuo, cogliendone gli aspetti di rigidità e
di flessibilità e soprattutto riflettendo sul significato prognostico del sintomo rispetto allo sviluppo
ulteriore.
E' fondamentale, inoltre, valorizzare le risorse, le potenzialità individuali e di rete, lavorando nella
direzione di un'alleanza costruttiva con l'adolescente e la sua famiglia.
L'adolescenza di un figlio rappresenta, infatti, un evento critico per tutta la famiglia che è chiamata
a confrontarsi con la necessità di realizzare un percorso di co-individuazione, intesa come compito
evolutivo congiunto che richiede ai genitori di riconsiderare la loro stessa adolescenza, di gestirne
gli aspetti irrisolti e di riuscire a conciliare contenimento e flessibilità nell'aggiustamento delle
distanze e nella ridefinizione dei confini generazionali.
Partendo da questa visione sistemica dell'evento adolescenza, è necessario procedere sempre ad
un'accurata analisi della domanda che tenga in considerazione tutti gli attori coinvolti individuali e
istituzionali che attivano sempre complesse dinamiche collusive e manipolatorie delle quali il
professionista deve rendersi consapevole.

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