Escolar Documentos
Profissional Documentos
Cultura Documentos
l' associazione ceccanese "piazza d'armi" chiede di intitolare una strada di ceccano a tale
antonio aversa, componente della legione tagliamento, un'unità militare della repubblica
sociale italiana, morto nella strage di rovetta.
La leggione tagliamento, se pur composta da giovanissimi, condusse azioni sanguinarie
contro le truppe partigiane e si macchiò di orrendi crimini di guerra. Una azione su tutte
alla quale prese parte è il rastrellamento del grappa.
Quì sotto potete trovare gli articoli tratti da "la provincia" di questi giorni, la terza di
copertina di un libro sul rastrellamento del grappa, una lectio magistralis dell'autrice
dello stesso libro e qualche informazione presa da uichipedia (quindi comunque da
prendere con le molle)
A Bassano del Grappa il 27 settembre 2008 alla commemorazione dei Martiri del Grappa
la dott.ssa Sonia Residori ha tenuto una Lectio Magistralis sul barbaro evento che ha
interessato la Città Medaglia d'Oro al Valor Militare.
Ritengo utile condividere con chi non ha potuto essere presente il contenuto della
relazione.
I.
II.
Il massacro del Grappa ebbe termine martedì 26 settembre 1944 a Bassano, quando
31 tra partigiani e civili, furono impiccati agli alberi delle vie cittadine, con il
cartello “Bandito” sul petto (Giovanni Cocco, Gastone Bragagnolo, Giuseppe Bizzotto,
Luigi Stefanin, Albino Vedovotto).
L’esecuzione, allestita su tre vie alberate della cittadina trasformate in improvvisati
patiboli, fu eseguita da giovani volontari di Salò, ex Fiamme bianche dislocate alla Flak
Italien di Bassano del Grappa. I ragazzi, tutti sui 17 anni, addossavano il camion sotto le
piante, afferravano il laccio, lo infilavano al collo della vittima che scaraventavano dal
camion e andavano avanti (Leonida De Rossi, Ignoto, Francesco Cervellin, Giovanni
Cervellin, Giuseppe Giuliani, Carlo Fila). Talvolta davano due violenti strappi alle gambe
della vittima per affrettarne la morte (Mario Aliprandi, Girolamo Moretto, Ignoto)
Secondo la testimonianza del prof. Rino Borin, a dirigere l’impiccagione, vi era un
componente del Kommando Andorfer, il vicebrigadiere SS cecoslovacco, Karl-Franz
Tausch, nato a Olmuetz il 9 ottobre 1922.
Alcuni mesi fa, avuta notizia della possibile esistenza in vita sia di Andorfer che di
Tausch, gli Istituti storici per lo studio della Resistenza e dell’età contemporanea di
Vicenza e di Treviso hanno presentato formale richiesta alla Procura Militare perché
finalmente, dopo oltre 60 anni, siano accertate le responsabilità degli esecutori del
massacro avvenuto a Bassano del Grappa il 26 settembre del 1944.
Ora Herbert Andorfer ha 97 anni, Karl-Franz Tausch, invece, ne ha quasi 86 e vive
tranquillamente nella sua villetta a Langen, in Germania. Ormai sono due anziani signori
che fra non molto dovranno rendere conto del loro operato ad un’Autorità ben più grande
di quella umana.
Questo era quanto avevo scritto nel preparare la relazione di oggi. Tre giorni fa ho
ricevuto la comunicazione che Andorfer, dopo essere resuscitato varie volte, è
ufficialmente deceduto nel 2003 e ieri pomeriggio ho avuto la conferma che Tausch si è
suicidato con un colpo di rivoltella alla testa dopo aver letto il lungo articolo pubblicato
da un giornalista tedesco sul Frankfurter Rundschau. Ieri sera avrei dovuto cambiare
questa parte della relazione in rapporto alla mutata situazione, ma poiché la cerimonia di
stamani è per ricordare le vittime, il patrimonio di valori di cui ci hanno lasciato eredi, e
non i carnefici, Andorfer, Tausch e la morte violenta di quest’ultimo, ho voluto lasciare il
testo inalterato.
Qualcuno potrebbe affermare che, data l’avanzata età, essi avevano il diritto di morire
serenamente o, in ogni caso, di essere lasciati in pace: che senso aveva metterli davanti
alle proprie responsabilità dopo 60 anni?
E poi, perché ancora ricordare uno dei circa 400 massacri compiuti da nazisti e fascisti,
uno degli infiniti massacri di questo secolo appena trascorso?
Le risposte non sono e non possono essere semplici.
Il rastrellamento del Grappa non fu un’operazione militare, ma un massacro di
inermi, che nel dopoguerra si trasformò in una gigantesca menzogna e in
un’enorme ingiustizia. Gli esecutori negarono ogni loro responsabilità, alcuni
reparti non furono neppure processati e, alla fine, nessuno scontò la pena per
quanto aveva commesso. Le vittime, oltre al massacro, subirono l’ingiustizia
dell’assenza di giustizia. Pertanto restituire alla verità ciò che accadde oltre
sessant’anni fa, conferisce un po’ di giustizia a chi ha dovuto tanto soffrire per la
sua mancanza.
Il nome di coloro che furono appesi ai lecci e lasciati penzolare per ore, pronunciato ad
alta voce nelle aule dei tribunali, scritto a caratteri cubitali sulla carta stampata, ripetuto
di bocca in bocca, può risarcire le vittime strappandole all'oblio e restituendole alla
memoria della verità (Giuseppe Moretto, Bortolo Busnardo, Ignoto, Pietro Citton, Emilio
Seghetto, Giacomo Bertapelle).
Come gli individui non possono costruirsi una specifica identità e autonomia senza fare i
conti con la propria storia individuale, così la collettività non può rimuovere il proprio
passato, la propria storia senza conseguenze assai gravi.
«Per quanto possa essere un’esperienza dolorosa» scriveva nel 1999 l’arcivescovo
Desmond Tutu, presidente della Commissione sudafricana “Verità e riconciliazione”, «non
possiamo permettere che le ferite del passato arrivino a suppurazione. Devono essere
aperte. Devono essere pulite. Devono essere spalmate di balsamo perché possano
guarire. Questo non significa essere ossessionati dal passato. Significa preoccuparsi che
il passato sia affrontato in modo adeguato per il bene del futuro».
In questi ultimi anni si è parlato molto di pacificazione con il passato, ma pacificazione
ed oblio non sono la stessa cosa, bensì due modi assolutamente opposti di rapportarsi al
passato. L'oblio porta alla cancellazione di quanto è avvenuto, invece la riconciliazione
parte necessariamente dalla memoria e non può prescindere dal riconoscimento della
verità e delle responsabilità. L'oblio nega e rimuove le responsabilità; la riconciliazione si
costruisce sull'accettazione e l'individuazione delle responsabilità.
Nel nostro Paese sotto la parola "riconciliazione" si nasconde spesso la tentazione
dell'amnesia e dell’oblio, con la ricorrente proposta di "riconciliazione" tra
partigiani e repubblichini, attraverso il riconoscimento della “buona fede” che
tende a fare degli uni e degli altri un sol fascio, dimenticando responsabilità e
colpe.
E’ possibile che la maggior parte dei giovani che nel periodo ‘43-‘45 si sono schierati,
rischiando volontariamente la propria vita, fossero in buona fede, convinti gli uni e gli
altri di difendere la causa più giusta. Ma la buona fede è una categoria morale, etica,
utile per ricostruire la biografia dei singoli uomini. Quando si ricostruisce la biografia di
una nazione, quando si fa la storia di un paese, si deve guardare ai progetti per i quali gli
uomini hanno combattuto, non alle ragioni individuali delle scelte di campo. Nella
seconda guerra mondiale si sono contrapposti due progetti: uno era quello nazista, che
voleva ridisegnare il mondo secondo una gerarchia delle razze e stabilire quali popoli
avevano diritto a detenere il potere nel mondo e quali no; l’altro era quello degli alleati,
che perseguivano obiettivi sociali e politici diversi, ma che trovarono il denominatore
comune nell’opposizione al progetto nazista. Al di là di qualsiasi considerazione sulle
storie personali dei ragazzi di Salò e sulla pietà per i caduti di tutte le guerre, di qualsiasi
guerra, non si può dimenticare che le formazioni partigiane, gli internati militari, le forze
regolari del Regno del Sud, tutti i ragazzi impiccati e fucilati che oggi ricordiamo, stavano
dalla parte degli alleati, dalla parte della democrazia e della libertà, mentre il fascismo di
Salò stava dalla parte di Hitler, del nazismo, dei campi di concentramento: questo resta il
dato storico di fondo che nessuno potrà mai cambiare.
E' tempo ormai di accettare coraggiosamente tutto il nostro passato, qualsiasi esso sia,
per costruire ponti fra gli uomini invece di muri che dividono. È necessario che la
memoria diventi strumento di coscienza civile nel presente, che ognuno si assuma la
responsabilità della propria storia, anche di quella che ha preceduto la nostra vita.
Dopo oltre sessant’anni, ragazzi della Resistenza e ragazzi di Salò sono ancora pieni di
rancore per quanto è accaduto nel passato. Dovremmo chiederci se non possa essere
anche questo un’ultima vittoria del nazismo, quella di privarci del buon uso della
memoria, quella di impedire l’elaborazione del lutto e la riconciliazione fra gli uomini.
Ognuno di noi deve tentare, per riprendere l'immagine del vescovo Tutu, di guarire le
ferite invece di farle suppurare, lavorare per la verità e la memoria, non per esacerbare
gli odi, ma pacificare l’uomo con se stesso.
Vorrei terminare questa mia esposizione con le parole di una grande donna, Etty
Hillesum, tratte dal suo diario:
«Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno
in se stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque
razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso,
forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo ... Sono una persona felice e lodo
questa vita, la lodo proprio, nell’anno del Signore 1942, l’ennesimo anno di guerra». Etty
è morta ad Auschwitz nel 1943.
Settembre 2008
Sonia Residori
Il massacro del Grappa
Vittime e carnefici del rastrellamento (21-27 settembre 1944)
ISTRE-VI - Cierre Edizioni, 2007
Presentazione
Questo libro di Sonia Residori è la storia del rastrellamento del Grappa
che si risolse in un massacro di inermi, ma è anche la storia di una
gigantesca menzogna e di un’enorme ingiustizia che conferiscono
all’“evento” la fisionomia di una grande tragedia collettiva.
Gli esecutori negarono ogni loro responsabilità, alcuni reparti non
vennero neppure processati e, alla fine, nessuno scontò la pena per quanto
aveva commesso: le vittime, dopo l’ingiustizia del massacro, subirono
l’ulteriore ingiustizia dell’assenza di giustizia.
Con questa ricerca si dimostra il valore che assume l’analisi dettagliata di
un fatto traumatico per la comprensione di un contesto e anche per i
nuovi interrogativi che ne scaturiscono e che coinvolgono il nostro
passato, ma anche il nostro presente insieme con la nostra stessa qualità di essere umani.
Il lavoro difatti ha al centro la ricostruzione del massacro del Grappa operato da truppe del Terzo
Reich e della Repubblica Sociale Italiana fra il 20 e il 28 settembre 1944, ma si allarga a investire
questioni di giustizia e di memoria (pubblica e privata), nonché di elaborazione del lutto, mentre
riflette sui caratteri di quella violenza spropositata.
È anche, possiamo dire, una microstoria che pone domande alla macrostoria o, se vogliamo,
l’analisi di un “episodio”, collocato in uno spazio ben definito e in un tempo altrettanto delimitato,
che - proprio in virtù di questo ancoraggio - riesce a dialogare con altri “episodi” analoghi per la
definizione di una propria specificità o di eventuali similitudini.
Legione Tagliamento
Comandanti
Comandanti degni di nota 1° Seniore (Tenente Colonnello) Merico Zuccari[1]
[senza fonte]
Storia [modifica]
Trae origine dal 63° Battaglione M Tagliamento della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale
(MVSN) che, nell'estate del 1941, viene inquadrato nella 3ª Divisione Celere, in partenza per il
fronte russo.
Nel 1943 combatte contro l'Armata Rossa sul Dnepr e, a seguito della Ritirata di Russia, sono pochi
i reduci che riescono a fare ritorno in Italia.
Dopo l'Armistizio di Cassibile la Legione Tagliamento viene ricostituita, prendendo la
denominazione di 1ª Divisione d'Assalto "M" Tagliamento e passando sotto il comando della
Repubblica Sociale Italiana.
Di stanza a Vercelli opera in varie parti d'Italia, tra cui la Valsesia, dove si rende responsabile
dell'eccidio di Borgosesia del 22 dicembre 1943.
Nel 1944 si trova a combattere le Battaglie del Mortirolo ed a condurre azioni contro la Resistenza
vicentina, rendendosi responsabile di numerosi crimini di guerra, quali il "rastrellamento del
Grappa" e "l'impiccagione di Bassano".
Nella notte tra il 27 ed il 28 aprile 1945, subisce la Strage di Rovetta, in cui 43 soldati della
Legione, dopo essersi arresi ed aver ricevuto promessa di ricevere tutte le garanzie riservate ai
prigionieri di guerra, vennero torturati e giustiziati sommariamente dal Comitato di Liberazione
Nazionale (CLN) di Rovetta.
Note [modifica]
1. ^ [1]Fondazione RSI - scheda Merico Zuccari - visto 3 marzo 2009
Bibliografia [modifica]
• Giuseppe Rocco, L'organizzazione militare della RSI: sul finire della seconda guerra
mondiale, Greco&Greco, 1998. ISBN 88-7980-173-2
• Sonia Residori, Il massacro del Grappa: vittime e carnefici del rastrellamento, 21-27
settembre 1944, Nordest -- nuova ser., 71, Ricerche / ISTREVI -- 7, Ricerche (Istituto
storico della Resistenza e dell'età contemporanea della provincia di Vicenza-Ettore Gallo)
ISBN13 9788883144424
• Carlo Mazzantini, A cercar la bella morte, Mondadori, 1986 e poi Marsilio, 1995.