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Documento Politico

Circolo “Francesco Coppini” di Montelanico

approvato all’unanimità dal congresso di circolo del 18/12/2010


Documento Politico
Circolo “Francesco Coppini” di Montelanico

L a situazione critica in relazione al consenso, sia elettorale che non, in cui il Partito della
Rifondazione Comunista si trova attualmente è senza alcun dubbio riconducibile a quello che il
partito è stato negli ultimi anni. I progetti portati avanti, in particolar modo a livello nazionale, si
sono dimostrati a dir poco fallimentari ed hanno portato ad una condizione in cui la capacità stessa
di continuare a perseguirli è drasticamente compromessa. L’attuale situazione, a volte definita
complessa, in realtà è frutto di una logica semplice e, cui corrisponde, un' altrettanto semplice
spiegazione. Pur continuando a muoversi in un contenitore, il PRC, che fa propri simboli e
nomenclature della storia comunista si sono intrapresi percorsi completamente al difuori da questa
ideologia. In sintesi si è mancati di coerenza. Una mancanza che poi si è ripercossa anche nel
disattendere le promesse elettorali per il governo Prodi del 2006, generando la conseguente
delusione, nell’elettorato e tra i militanti, che ha portato al drastico crollo di consenso.
Assumendo come vera tale analisi, consapevoli di una certa dose di semplificazione che tuttavia, di
fronte alle infinite diatribe che ci accompagnano da troppo tempo, riteniamo una nota meritoria
piuttosto che il contrario, risulta evidente come sul fronte del consenso è necessario ricucire
l’elemento cardine che è venuto a mancare, ovvero la sopracitata coerenza. A ben vedere in una
situazione di questo genere si è davanti ad un bivio e non vi sono che due scelte, riconducibili a
percorsi ben diversi ed inconciliabili. In definitiva: o si modifica il contenitore, stravolgendo il
partito, e si perpetua nell’abbandono dell’ideologia comunista, oppure si muta profondamente
l’azione.
La prima scelta è stata già intrapresa. Il riferimento è alla formazione Sinistra Ecologia e Libertà
capeggiata, non a caso, dalla classe dirigente che ha guidato il nostro partito nei recenti fallimenti.
Questa classe dirigente lontano dal contenitore PRC sembra acquisire un consenso nuovo, ma è lo
stesso consenso che già in esperienze passate si è rivelato illusorio, non incisivo, e solamente il
tempo dirà quanto sia effettivamente duraturo. Una scelta di questo tipo rappresenta una svolta
non troppo dolorosa per chi nella pratica ha rinunciato all’ideologia comunista già da tempo, ma
inaccettabile per chi crede nella realizzazione di una società diversa attraverso la sovversione del
capitalismo. Francamente quindi è questa una scelta che non ci interessa.
La seconda scelta è quella che doverosamente va fatta. La riappropriazione di una dialettica
marxista allo scopo di riproporla nei conflitti, nelle ingiustizie e nelle contraddizioni della nostra
società, per chi milita in un partito comunista e che in tali termini si autodefinisce, è un’operazione
che non solo gioverebbe al consenso ma rappresenta anche un dovere morale.
Alla luce di ciò, la valutazione della neofondata Federazione della Sinistra deve essere inserita
anche in questo contesto. Non è favorevole una sua evoluzione verso un’entità che si ponga

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davanti al partito. Tantomeno non è favorevole che l’operazione si trasformi in un sostanziale,
seppure non formale, scioglimento del partito. Questo potrebbe essere riconducibile alla prima
scelta di cui sopra si è trattato o, tutto al più, ad un progetto intermedio che di fatto tenta di
eludere il bivio cui sono difronte le maggiori formazioni comuniste del nostro Paese.
Un partito comunista non è un partito come gli altri, è un partito che ha l’ambizione della
costruzione di una società nuova, ha l’ambizione del socialismo. Un partito comunista è figlio
dell’ideologia marxista e conosce meglio di chiunque altro la realtà dove la sua base (per ora,
onestamente, del tutto ipotetica) vive, per questo non può in alcun modo appiattirsi nel tentativo
di gestire l’esistente, deve proporre e contribuire in maniera determinante al superamento
dell’esistente. In definitiva non deve schiacciarsi sul “governismo”, che si poteva sapere a priori
essere fallimentare e di cui tuttavia il fallimento è stato toccato con mano. Noi crediamo che la
questione dell'autonomia, pur posta con la necessaria pragmaticità e senza voli pindarici estranei
all' "analisi concreta della situazione concreta" di leniniana memoria, sia tuttavia ineludibile da
parte di una forza che ha l'ardire di definirsi "Comunista" nel XXI secolo. E tale esigenza, non
bastassero le esperienze traumatiche del passato, è confermata dalla definitiva presa d'atto che
l'intero arco delle forze parlamentari italiane (ivi compreso il famoso centrosinistra, su posizioni in
taluni casi persino più spregiudicate della destra) è espressione di interessi confindustriali e
padronali sul piano interno, oltre che immancabile stampella dell'imperialismo atlantico sul piano
internazionale. Evitati tali incidenti c’è da scongiurare anche la deriva opposta: non ci deve essere
alcun imbarazzo ideologico nell’intraprendere percorsi istituzionali. Il partito deve utilizzare
qualsiasi mezzo ha a disposizione per raggiungere i propri scopi.
La conciliazione di tutti i mezzi disponibili è fondamentale ed ha un unico presupposto: un
progetto che sia di ampio respiro, un progetto a lungo termine ed a più largo raggio possibile nel
quale far convergere e coordinare le azioni singole e locali in ogni fase e conflitto. Qui si inserisce il
discorso circa l’unità dei comunisti in Italia. Negli ultimi due anni si è parlato spesso di unità, e se
ne parla ancora. Le discussioni in merito nella maggior parte dei casi sono state indirizzate
solamente alla proposta di unità tra i due principali partiti, il PRC ed il PdCI. Si è prospettata spesso
una sostanziale fusione “a freddo” di tali forze sorvolando in questo modo sulle divergenze reali
che oggi sono presenti anche nei contesti della cultura e della militanza comunista in Italia. La
necessità di un progetto di riaggregazione dei comunisti è riconosciuta da molti, noi tra questi, ma
tale necessità è tanto grande quanto è essenziale che il progetto risulti solido e condiviso. Per
questo deve partire dalla conoscenza e presa d’atto delle effettive divergenze, partitiche e non, e
coerentemente non dal loro sorvolamento. Inoltre un processo unitario, per essere effettivamente
tale, dovrebbe essere aperto a tutte quelle forze comuniste che ne condividono la necessità e che
ne accettano la prospettiva. In tal modo si può mirare alla realizzazione di un’unità che sia vera e
conseguentemente duratura. Solo in tal modo il partito prospettato può riacquistare una
caratteristica essenziale, quella di essere un partito vincente. Altresì, su quest’ultima affermazione,
quello che deve essere chiaro a tutti fin dall’inizio è che la vittoria, per un comunista, non è quella

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elettorale ma è il socialismo. Il lavoro deve essere orientato in tal senso, il risultato elettorale non è
lo scopo ma un mezzo, e come tale è da sfruttare ed è da sommare ad altri. Altri mezzi in parte ci
sono ed in parte vanno costruiti, un Partito Comunista unitario può essere uno di questi.

Montelanico, 18/12/2010 Circolo PRC “Francesco Coppini” di Montelanico

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