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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PERUGIA

FACOLTA' DI INGEGNERIA

Corso di laurea in Ingegneria Civile


Dipartimento D.I.C.A.
Sezione I.D.e.A.

Tesi di laurea
Studio dell'area di Ponte San Giovanni ed ipotesi ricostruttiva
del Ponte Vecchio

LAUREANDO RELATORE
Alessio Bartocci Prof. Ing. Fabio Bianconi

CORRELATORE
Dott. Ing. Marco Filippucci

Anno Accademico 2006/2007


Indice

Ragioni della tesi

Capitolo 1
Analisi storica e urbanistica
1.1 Storia di Ponte San Giovanni nell'antichità
1.1.1. Viabilità da Perugia al Tevere nell'antichità
1.2 Storia di Ponte San Giovanni dal medioevo all'età moderna
1.2.1. La strada e il ponte di San Giovanni dal secolo XIII all'età moderna
1.2.2. Agricoltura in Ponte San Giovanni tra Medioevo e l'età moderna
1.3Nascita ed evoluzione della comunità di Ponte San Giovanni

Capitolo 2
Il Rilievo

Capitolo 3
Il Ponte Vecchio
3.1 Storia del ponte Vecchio
3.1.1. Origini del Ponte di San Giovanni
3.1.2. Opere di consolidamento sul Ponte di San Giovanni
3.2 Ricostruzione del ponte
3.2.1. La pila e le foto storiche
3.2.2. Il raddrizzamento fotografico
3.2.3. Piante e prospetti
3.2.4. Ricostruzione 3D

Tavole

Bibliografia e fonti
Ragioni della tesi

Ragioni della tesi

L'obiettivo di questa tesi è quello di riuscire a rappresentare graficamente


tramite strumenti informatici la realtà, non più osservabile, dell'area di Ponte
San Giovanni all'epoca precedente le distruzioni dovute ai bombardamenti della
seconda guerra mondiale.
Ci soffermeremo in particolare sulle ipotesi ricostruttive che riguardano il Ponte
Vecchio.
Per far ciò dovremo prima effettuare un'analisi storico urbanistica del luogo,
per conoscere il contesto in cui il nucleo abitativo si è evoluto, basandoci su
documenti storici ed effettuando indagini archivistiche su carte catastali
risalenti a periodi differenti.
Il metodo che useremo poi per la ricostruzione grafica sarà quello del rilievo
applicato sulle piante dell'area e sul materiale fotografico in nostro possesso.
Dovremo quindi formulare delle ipotesi che risultino coerenti con tutte le fonti
che abbiamo a nostra disposizione qualora dovessero presentarsi delle lacune,
basandoci anche sulla conoscenza delle tecniche di costruzione abitualmente
utilizzate all'epoca.
Il risultato di questo studio sarà un modello virtuale tridimensionale che
rappresenterà, seppur con qualche incertezza a livello di misure, la struttura
del ponte ed il suo inserimento generale nel contesto urbanistico dell'antica
Ponte San Giovanni.

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Analisi Storica e Urbanistica

CAPITOLO 1

ANALISI STORICA E URBANISTICA

1.1 STORIA DI PONTE SAN GIOVANNI NELL’ANTICHITA’

La prima cosa che si nota nel territorio di Ponte San Giovanni e’ la mancanza di
una sovrapposizione di nuclei cittadini definiti e circoscritti stanziati nella zona
in epoche successive, bensì la diffusa presenza dell’insediamento umano
riconducibile all’assetto territoriale dell’antica città di Perugia, di cui Ponte San
Giovanni costituiva parte integrante e particolarmente importante date le sue
peculiarità, quali la vicinanza ad un punto favorevole all’attraversamento; una
posizione di incontro tra civiltà diverse : gli Etruschi di Perugia sulla sponda
destra e gli Umbri sulla sponda sinistra; e la possibilità di accesso ad una via di
comunicazione fluviale molto importante quale il Tevere.

L’importanza del Tevere come via d’acqua

La fortuna di Perugia etrusca, e poi romana, si deve attribuire alla sua


vantaggiosa posizione di controllo sull’alta valle del Tevere, che determinò il
sorgere dei primi nuclei di abitazioni in quello che sarà il territorio della futura
città.
Il Tevere, prima di tutto, aveva un ruolo di assoluta rilevanza nella storia del
territorio perugino come mezzo per veicolare uomini, mezzi, culture e
quant’altro. In realtà il Tevere era percorribile con grosse barche fluviali
solamente fino ad Orvieto, mentre presentava maggiori difficoltà nei tratti a
monte dovuti a scarsa portata e magre. Per ovviare a tale problema fu
adottato un sistema di chiuse, utilizzate per sbarrare il flusso d’acqua a valle,
innalzarne il livello e permettere alla barca di proseguire sino alla chiusa
successiva oppure ad un successivo tratto percorribile.

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Analisi Storica e Urbanistica

Chiuse di questo tipo si trovavano in particolare anche a Ponte San Giovanni,


una a monte, e una a valle del Ponte Vecchio.

Disegno di una chiusa sul Tevere

Il Tevere come punto di contatto tra Etruschi ed Umbri

Plinio il Vecchio descrive come il Tevere separi lungo il suo corso l’Etruria
dall’Umbria e dalla Sabina: la zona di ponte San Giovanni rappresenta per
Perugia uno dei punti in cui questo confine diventa tangibile, luogo di confronto
tra due culture. La posizione di frontiera ha alimentato il dibattito (tuttora
irrisolto) tra gli studiosi, riguardo alle origini di Perugia: se fosse cioè, all’alba
della sua storia, Umbra o Etrusca. Il gravitare degli Umbri, come già detto,
sulla sponda sinistra del fiume, portò questa popolazione, più arretrata e quindi
più ricettiva, ad assorbire molto dalla cultura Etrusca; in questa dinamica le
sponde del Tevere giocarono un duplice ruolo : elemento di separazione, ma

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Analisi Storica e Urbanistica

anche di mediazione e di scambi, sia economici che culturali con gli altri popoli
legati dalla stessa contiguità al fiume, che portarono Perugia a rappresentare il
fulcro economico dell’alta valle del Tevere.
Si capisce bene perciò, il motivo per cui Ponte San Giovanni e Ponte Valleceppi,
con i loro punti di guado naturale, assunsero un ruolo cardine per lo sviluppo
culturale ed economico della città di Perusia, e la ragione per cui ci vennero
costruiti ponti già in epoca romana.
Tuttavia questo ruolo, non si concretizzerà (se non in epoca moderna) nella
nascita di un centro abitato distinto da Perusia, secondo le tendenze che
caratterizzavano l’organizzazione del territorio perugino.

L'atrio dell'ipogeo dei Volumni e in fondo il tablino con le urne

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Analisi Storica e Urbanistica

L'urna di Arnth Velimna Aules al centro del tablino

Organizzazione e vita nel territorio Perugino

Il Tevere ricopriva un ruolo importante anche per la sua influenza


sull’organizzazione e sulla vita degli insediamenti. A partire dal secondo secolo
si può già parlare di una città diffusa; infatti, a fronte di una città ormai cinta di
poderose mura e al cui interno si può intravedere un preciso assetto
urbanistico, le campagne circostanti appaiono fittamente popolate da nuclei di
contadini liberi o liberti di grandi famiglie.
L’organizzazione del territorio privilegiava lo stanziamento di fattorie di
dimensione familiare, raggruppate in centri satellite intorno alla città. La
localizzazione di tali centri, tra cui appunto la zona che ci riguarda, rispondeva
ad esigenze diverse, ma coincidenti e legate strettamente alla presenza del
Tevere: qualità dei terreni, prossimità alle vie di comunicazione, ma anche
motivazioni strategiche, come per esempio la necessità di esercitare un
controllo capillare del territorio e formare un presidio contro l’espansione di
Roma verso nord. A partire dal 40 a.C. con la guerra civile tra Ottaviano
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Analisi Storica e Urbanistica

Augusto e Marco Antonio, la città venne incendiata e distrutta, ma a seguito


della ricostruzione e delle sanzioni a carico dei perugini, si venne a creare da
un lato un processo di inurbamento entro le mura della città, e dall’altro un
progressivo spopolamento della campagna, secondo una tendenza già in atto
da fine del secondo secolo a.C.
Nel mondo agricolo ci fu il passaggio da insediamenti produttivi a conduzione
familiare a ville a conduzione schiavistica di medie e grandi dimensioni, gestite
come vere e proprie imprese, anche se la piccola proprietà non scompare del
tutto.

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Analisi Storica e Urbanistica

1.1.1 VIABILITA’ DA PERUGIA AL TEVERE NELL’ANTICHITA’

L’accesso al Tevere da Perugia era praticato in due direzioni : per Ponte


Valleceppi e per ponte San Giovanni. Entrambi i percorsi sono ricostruibili con
una buona approssimazione sulla base dei ritrovamenti delle necropoli
dislocate all’esterno della città. La presenza così diffusa di necropoli non si
spiega con l’ipotesi di un’area a vocazione prevalentemente sepolcrale, quanto
piuttosto con il dislocarsi, come abbiamo già visto, di numerosi nuclei abitativi,
con le rispettive necropoli, in un territorio appetibile proprio per la sua
vicinanza al Tevere.
L’attraversamento del Tevere a Ponte San Giovanni, si dovette effettuare per
lungo tempo a guado, sfruttando un punto dove il corso del fiume fosse poco
impetuoso, le acque poco profonde e , ultimo ma non meno importante,
l’avvicinamento alle rive fosse agevole. Questo ultimo argomento può aiutare
ad individuare dove fosse precisamente situato il guado: non è infatti vero,
come potrebbe sembrare ad un primo approccio, che l’attraversamento di un
fiume sia più facile dove il corso d’acqua scorre in una piana, dal momento
che, con molta probabilità la piana stessa è soggetta ad alluvioni ed
impaludamenti, e quindi non offre condizioni favorevoli alla percorribilità di una
strada. La circolazione è piuttosto favorita, invece, da quegli itinerari a mezza
costa, che evitano le zone malsane; in questo quadro, il guado migliore si
trova nel punto in cui, soddisfatte le condizioni sopra elencate, le rive del fiume
sono fiancheggiate da modesti rilievi, sufficienti però a creare argini solidi ed
asciutti. Il guado era possibile effettuarlo con piccole barche di traghettatori e
forse nei periodi di magra anche a piedi e a cavallo. L’attività di
traghettamento e i trasporti a piccolo raggio, dovettero creare una rete locale
di traffico alternativa alle vie rivierasche, secondo un’ uso che si manterrà
inalterato nei secoli.

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Analisi Storica e Urbanistica

Sulla scorta anche del documento medievale che cita una via “vetus per quam
consuetum erat ire ad vadum aque que est in flumine Tiberis” nella zona in
vocabolo Getola, si può ipotizzare qui il punto di attraversamento principale del
territorio di Ponte San Giovanni, non escludendo tuttavia la presenza di altri
guadi più a monte (contemporanei o alternativi a questo). Infatti, nel punto
indicato, gli argini del Tevere si restringono a causa della presenza, sulla riva
sinistra, delle pendici della collina di Collestrada (280 metri s.l.m.) e una
strada medievale, forse ancora oggi riconoscibile nel tracciato di sentieri e
strade vicinali, attraversava qui il fiume, seguendo con tutta probabilità un
percorso più antico. La presenza stessa di una curtis medievale nella località di
Getola, rafforza l’ipotesi di una frequentazione del sito già stabilita in epoca
precedente.

Principali direttrici viarie del territorio Perugino in epoca etrusca e romana

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Analisi Storica e Urbanistica

La direzione della strada antica corrisponde alla direttrice per Vettona e per
Tuder, di probabile origine preromana, poi ricalcata dal tracciato della Via
Amerina. Questa, che nasceva come deviazione della Via Cassia, attraverso
Veio, Orte, Amelia, Todi, Bettona, raggiungeva Perugia, e quindi andava a
ricongiungersi a Chiusi con la Cassia. La Via Amerina, Percorreva
essenzialmente il territorio alla sinistra del Tevere, attraversandolo
necessariamente in questa zona, per raggiungere Perugia e il Trasimeno.
Resta comunque aperto il problema del vecchio ponte romano, di costruzione
precedente al Ponte Vecchio (di epoca successiva all’invasione longobarda).
Infatti, benché l’esistenza di questo ponte sia data per certa in tutta la
letteratura erudita perugina, e dal fatto che i romani erano soliti costruire ponti
permanenti in muratura in corrispondenza dei punti di attraversamento
tradizionali lungo le vie principali di comunicazione, non ne conosciamo
comunque con sicurezza la collocazione.

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Analisi Storica e Urbanistica

1.2 STORIA DI PONTE SAN GIOVANNI DAL MEDIOEVO ALL’ETA’ MODERNA

A beneficio della chiarezza riguardo allo studio storico effettuato per l’epoca
Medioevale, è bene definire anticipatamente l’ambito territoriale entro cui è
opportuno ed utile limitare l’analisi.
In effetti con le invasioni barbariche, a partire dal periodo compreso tra la fine
del sec. VI e la seconda metà dell’ VII, il Tevere non rappresenterà più, come
nell’antichità, un punto di contatto tra Etruschi e Umbri, e quindi, come
abbiamo visto, una via di comunicazione fra di essi, ma una barriera di
separazione fra, dapprima i Longobardi , poi i Goti ed i Bizantini attestati in
area perugina. Per questo motivo la storia delle due aree presenti nelle sponde
opposte del Tevere ebbe sviluppi differenti e quindi anche svincolati dalla
presenza del ponte. La storia successiva dell’insediamento impone, in termini
inequivocabili, la scelta della riva destra, quella perugina, sotto il controllo dei
Bizantini, dove si svilupperà l’insediamento di Ponte S. Giovanni, anche se con
la presenza del ponte a partire dal Basso Medioevo, l’ambito territoriale in cui
muoversi sembrerebbe riallargarsi, comprendendo anche parte della riva
sinistra del Tevere; in particolare, si possono definire quattro punti entro cui
racchiudere l’area alla quale essi conferiscono unità storica e geografica: la
Pieve di S. Giovanni in Campo, il Palazzone, il ponte e Getola.
La grande crisi dell’antichità, che probabilmente, per quanto riguarda Perugia,
si manifestò in tutta la sua drammaticità durante la guerra gotica e nella
successiva invasione longobarda, costituisce sicuramente un punto fermo da
cui partire nella prospettiva di un’analisi dello sviluppo storico di questo
territorio. Sulla strada dove erano transitate le merci scambiate con il vicino
popolo degli Umbri fin dal periodo etrusco, strada che probabilmente aveva
arrecato un contributo notevole nel trasformare la zona in punto di riferimento
preciso per l’attività commerciale, poi consolidatosi in età romana, nel V e
soprattutto nella metà del VI secolo transitavano eserciti che portavano
distruzione e carestie. I ponti sul Tevere, insieme alla città di Perugia,
divennero, durante la guerra gotica, obiettivi militari di primaria importanza. La

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Analisi Storica e Urbanistica

conquista di Perugia sarebbe stata subordinata alla distruzione di questi punti


di collegamento tra le due rive del fiume e di quegli insediamenti più vicini alla
città che avrebbero potuto arrecarle aiuto nei momenti cruciali dell’assedio ad
essa portato.
In altra sede, in via ipotetica, è stato sottolineato come ”visto che l’assedio di
Perugia protrattosi in maniera più o meno continua dal 545 al 548 non stava
dando i frutti sperati… le truppe gotiche” avessero “provveduto alla distruzione
degli insediamenti più vicini alla città”. In questo contesto di devastazioni si
ebbe, probabilmente, anche l’abbattimento del ponte, quasi certamente, si
dovette accompagnare anche quella degli insediamenti agricoli di epoca
romana ancora presenti nel territorio compreso tra il fiume e le colline su cui
sorge Perugia.
All’indomani della sconfitta di Totila ad opera di Narsete, nella battaglia di
Tadinum del 552, nel lasso di tempo che precedette l’invasione longobarda,
sicuramente più violenta e devastante di quanto non lo fu la guerra gotica,
l’arca rurale di Ponte San Giovanni dovette probabilmente trovare la forza ed il
modo di risollevarsi. Infatti se è vero che i circa quindici anni intercorsi tra i
due momenti non dovettero essere sufficienti alle ricostruzione di diverse città
del territorio italico, sembra di poter dire con un certo margine di sicurezza,
che le aree rurali più vicine agli insediamenti urbani – quelle a ridosso delle
città che in qualche modo erano riuscite a superare i circa diciotto anni di
devastazioni portate dal conflitto tra Goti e Bizantini -, tornarono ben presto a
svolgere la loro funzione di “serbatoio alimentare” cittadino. Non si crede
quindi errato ipotizzare una ripresa quasi immediata dell’agricoltura nella
fertilissima pianura del Tevere e, di conseguenza , anche nella zona di Ponte
San Giovanni. Le villae romane che si trovavano in questo territorio,
verosimilmente distrutte o comunque danneggiate insieme al ponte, tornarono
forse a svolgere la loro funzione di centri di produzione agricola, proponendosi
quale punto di riferimento per l’organizzazione della società rurale. Ovviamente
rimane impossibile dire con sicurezza se questa ripresa fu un fenomeno
estendibile a tutte le strutture agricole esistenti in zona in età romana.

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Analisi Storica e Urbanistica

Probabilmente alcune di esse non riuscirono a riorganizzarsi, e quelle che si


risollevarono, a causa dei danni subiti e della scarsità di manodopera dovuta
alle stragi compiute durante la guerra e le carestie che l’accompagnarono,
difficilmente riuscirono a tornare ai livelli di funzionalità e produttività
precedenti. Del resto, pure presupponendo un processo di sviluppo, di recupero
delle posizioni perdute, il tempo a disposizione non dovette essere molto. I
quindici anni circa, intercorsi tra il conflitto Gotico - Bizantino e l’invasione da
parte dei Longobardi dovettero servire, al massimo, a gettare le basi per quella
che avrebbe potuto essere la ripresa economica, e di conseguenza insediativi
del territorio. L’invasione Longobarda bloccò questa ripresa non solo
azzerandola, ma addirittura respingendola a livelli mai visti fino ad allora.
Il successo dell’avanzamento in Italia delle schiere di Alboino dovrebbe potersi
ricondurre a due ragioni di fondo: la ferocia di questo popolo, variamente
testimoniata nel racconto dei contemporanei, e la non completa e sufficiente
riorganizzazione delle città soggette ai Bizantini.
Nonostante ciò, alcune di esse, verosimilmente quelle che avevano raggiunto
un maggior grado di riorganizzazione e che meglio avevano saputo rimediare ai
danni subiti durante la guerra gotica, sia per quel che riguarda l’ambito
economico e politico, che quello prettamente militare, riuscirono ad opporsi,
anche se con alterna fortuna alla nuova invasione. La resistenza di queste
città, tra cui si può annoverare anche Perugia, impedì al popolo germanico di
debellare l’esercito bizantino che riuscì a tenere, più o meno saldamente,
diversi territori. Rimasero in mano bizantina l’arca veneziana e ravennate,
l’urbinate ad est della penisola, il ducato romano e quell’esile striscia di terra,
lungo la via Amerina tra Roma e Ravenna, che andrà sotto il nome di “corridoio
Bizantino” di cui Perugia sembra aver costituito un solido bastione difensivo
centrale.
La tenacia e la saldezza con cui i Bizantini riuscirono a tenere Perugia,
testimoniata anche dalla presenza in essa di un dux, dovrebbe trovare, nel
riassetto politico, economico e soprattutto militare del territorio, la principale
spiegazione. Alla difesa inizialmente incentrata sulla città, dovette andare

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Analisi Storica e Urbanistica

gradualmente sostituendosi, a partire dal settimo secolo, un'articolazione di


essa nel territorio conferendole una maggior efficacia. Se ad occidente essa
dovette trovar forza nei fortilizi posti sulle cime dei colli e lungo le vie di
comunicazione, nel lago Trasimeno e nei boschi, che verosimilmente
ricoprirono gran parte dei territori in precedenza coltivati, ad oriente si
avvaleva in massima parte del fiume che, privo di ponti, costituiva senz'altro
un solido baluardo difensivo in opposizione alla pressione longobarda, più o
meno costante durante l'intero periodo della loro dominazione.
Naturalmente l'assenza dei ponti, che limitavano la possibilità del passaggio del
fiume al suo guado soltanto nei periodi di secca, deve aggiungersi la relativa
vicinanza della città che finiva per costituire un grosso supporto alla difesa di
questa parte del fiume.
In merito all'attraversamento del fiume è importante sottolineare come i pochi
casi che probabilmente continuavano a verificarsi anche nei periodi di piena, in
autunno e in primavera, da parte di gente comune, furono verosimilmente
effettuati grazie a quel servizio di traghettamento che seppur non
esplicitamente documentato, pure doveva sussistere vista la consolidata
presenza nelle fasi successive.
A partire dai primi anni del secolo VII dunque la situazione di questa zona andò
normalizzandosi, al riparo del fiume e della città. E' forse proprio in questo
periodo, nonostante le paure e le tensioni che comunque caratterizzavano
questo territorio di confine, che riprenderà in modo deciso lo sviluppo di questa
zona. Resta comunque difficile dire con sicurezza se l'insediamento che
risulterà il principale di quest'area nel basso medioevo, Villa Campi, sia esistito
già nel settimo secolo e se, e in quale misura, si possa pensare ad esso come
uno di quei nuclei abitati scampati alle distruzioni che caratterizzarono il secolo
precedente. Tuttavia alcuni indizi lasciano pensare che ci fosse la presenza di
un nucleo abitativo in quest'area già a partire dall'inizio del medioevo.
Un “elemento chiave” presente in questo territorio contribuisce alla
formulazione di un'ipotesi circa l'esistenza di insediamenti umani nella zona sin
dal periodo altomedievale: la Pieve di San Giovanni di Campo.

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Analisi Storica e Urbanistica

Appare dunque chiaro come riuscire a collocare cronologicamente la


costruzione della pieve significhi, almeno in linea di massima, delimitare
l'ambito cronologico in cui si ebbero le prime forme insediative organizzate
nell'area.
Nel 1029-31 Ugo, figlio di Alberico e Tedirada, sua moglie, donano al
monastero di Santa Maria di Farfa alcuni loro beni situati nei territori perugino
e tuderte, tra i confini dei quali essi sono ubicati compare anche la Pieve di San
Giovanni in Campo. Questa testimonianza suggerisce senza dubbi una
datazione probabilmente precedente, probabilmente di qualche secolo, della
costruzione della chiesa.
A fronte di ciò, se si tiene conto che la pieve di San Giovanni di Campo è
ubicata in una zona che appare ben protetta dalle incursioni longobarde e
inoltre, vicina a Perugia, città che pare sia stata sede vescovile già dal sesto
secolo, non è improbabile la presensa di una struttura plebanale in loco fin dal
periodo precedengte l'invasione della penisola da parte delle schiere di Alboino
o da quello immediatamente successivo, e dunque si può dedurre con buona
probabilità la presenza di un insediamento abitato gia' dal periodo dell'alto
medioevo.

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Analisi Storica e Urbanistica

1.2.1 LA STRADA E IL PONTE DI SAN GIOVANNI DAL SECOLO XIII ALL’ETA’


MODERNA

La storia di questo territorio, dagli ultimi secoli del medioevo a buona parte
dell’Età moderna, ruota sicuramente intorno alla struttura del ponte, alla via
che dalla città vi conduceva, alle potenzialità agricole espresse e ai mulini
presenti in questa parte del Tevere. In ragione di ciò si è creduto opportuno
andare ad un’analisi separata di questi “momenti” prima di affrontare la
questione inerente la comunità di Ponte San Giovanni, allo scopo di mettere a
fuoco il rapporto strettissimo che l’insediamento ha mostrato di avere con essi
Lo scavalcamento del Tevere in questa zona dovette avere per Perugia, subito
dopo il mille, una notevole importanza che andò senz’altro aumentando nel
corso del tredicesimo secolo. La sottomissione di Collestrada ed il suo entrare a
far parte del contado perugino e della diocesi di questa città, rendeva infatti
necessaria la presenza del ponte che, in questo come in altri casi, riesce a
svolgere la funzione di punto di sutura di un territorio altrimenti diviso dal
fiume. Non è quindi un caso se, proprio sulla sistemazione del ponte e sulla
costruzione della “nuova” via che da Perugia doveva raggiungerlo, verterà la
documentazione riguardante questa parte del contado perugino di cui può
disporsi per il secolo XIII e prodotta a livello di consiglio cittadino.
Di fatto la viabilità della zona si presenta, agli inizi del secolo XIV, dotata di
un’alta funzionalità, articolandosi variamente sul territorio e contribuendo a
fare del ponte di San Giovanni un nodo stradale di prima importanza.
Il ponte di San Giovanni è diventato, sul finire del tredicesimo secolo, un punto
cardine del commercio perugino. I pedites e gli equites che usufruiscono delle
vie per la città dissetandosi alle fonti poste lungo i tracciati dovevano essere,
per lo più, quei mercanti che giungevano a Perugia dall’Umbria meridionale e
dagli empori dell’Anconitano. La strada ed il ponte avevano fatto di questa
zona un punto strategico d’importanza vitale per Perugia e ciò e’ in parte
tristemente confermato, a partire dalla metà del quattordicesimo secolo, dai
numerosi casi in cui si ha la sosta di eserciti e fatti d’arme nel luogo.

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Analisi Storica e Urbanistica

La rete viaria che aveva contribuito a fare di Perugia una delle maggiori città
del centro Italia nel Basso Medioevo e che aveva in Ponte San Giovanni uno dei
suoi punti chiave, era ora diventata una sorta di “maledizione”. Essa era
largamente usata da quegli eserciti che decretarono, per la città, La fine di
un’esperienza secolare come quella dei Comuni.

La fonte di Pieve di campo, una delle tante che caratterizzavano le strade per Perugia

Il ponte, forse simbolo del livello di sviluppo fatto registrare dall’economia


mercantile della città, continuerà sommessamente a svolgere la sua funzione di
raccordo tra le due sponde del fiume, ma su di esso non transiteranno più tutte
quelle merci che vi erano transitate in precedenza. Anche in piena età moderna
il ponte di San Giovanni resterà comunque oggetto delle attenzioni da parte
della città che, in vario modo, si adopererà per scongiurarne la rovina.
Purtroppo il ponte non riuscì a scampare alla distruzione nel corso dei
bombardamenti che l’intera area subì durante la seconda guerra mondiale.

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Analisi Storica e Urbanistica

1.2.2 AGRICOLTURA IN PONTE SAN GIOVANNI TRA MEDIOEVO ED ETA’


MODERNA

La storia di Ponte San Giovanni, pur strettamente legata alla rete viaria, non
ha soltanto in questa il suo momento distintivo, né ad essa soltanto vanno
attribuiti quelli che potrebbero definirsi “i caratteri di fondo” che ne hanno
determinato lo sviluppo. Anche altre sono le caratteristiche che la
contraddistinguono e che, in maniera più o meno importante hanno contribuito
alla crescita del suo territorio. Prima tra tutte, la fertilità del suolo e le notevoli
potenzialità agricole che ne derivano per l'area pianeggiante compresa tra il
Tevere e le colline di Perugia. Se è vero che questo territorio è stato un grande
supporto per l'economia agricola dell'Evo antico e dell'Alto Medio Evo, a
maggior ragione dovette esserlo anche negli ultimi anni dell'Età di mezzo e
nell'Età moderna.
Probabilmente e' proprio per la qualità della terra e per il legame ormai
consolidato tra questa e i proprietari terrieri cittadini che la stragrande
maggioranza dei terreni della zona di Ponte San Giovanni non doveva
appartenere agli abitanti del luogo.
L'elevata fertilità determinava ovviamente un valore dei possedimenti
decisamente considerevole, ecco perché, come è facile intuire, era
praticamente impossibile per i ceti meno abbienti acquistare dei terreni in
quest'area, almeno per quel che riguarda quantitativi di una certa importanza.
In effetti i documenti storici confermano come i possessori di queste terre
fossero solitamente i grossi enti religiosi, della città e non, e le famiglie
nobiliari perugine più importanti, mentre gli abitanti del luogo potevano
solamente prestare la loro opera nei possedimenti dei proprietari, ecclesiastici
o laici che fossero.
Tale situazione di sfruttamento delle risorse agricole da parte del ceto
magnatizio della città perdurò verosimilmente anche in piena età moderna, fino
al secondo dopoguerra, quando lo sviluppo dell'attività industriale e
commerciale cambiò completamente il volto della zona.

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Analisi Storica e Urbanistica

La vita agricola di Ponte San Giovanni, testimoniata ancora nel nostro secolo

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Analisi Storica e Urbanistica

1.3 NASCITA ED EVOLUZIONE DELLA COMUNITA' DI PONTE SAN GIOVANNI

Il 6 novembre 1366, Balduccio Cinoli e Bianco Vannoli, officiales armarii


librarum comitatus Perusii, ratificavano l’avvenuta costituzione dell’autonoma
villae di Ponte San Giovanni, distaccatasi da quello di Pieve di Campo, alla
quale, fino ad allora, era stata unita dando vita ad una sola comunità. Come si
fosse trattato di un singolo insediamento, la libra e il catasto degli uomini di
Ponte San Giovanni si trovano frammisti a quelli degli allibrati e degli
accatastati in villa Campi; ora venivano divisi, stando a quanto riportato nel
documento redatto dai due officiali, per il bene di entrambe le comunità.
Chiaramente la separazione comportava anche una ripartizione di quelle che
erano state le pertinenze territoriali su cui villa Campi aveva giurisdizione in
precedenza, non potendosi ricavare il territorio della nuova comunità riducendo
quelli di altri insediamenti estranei alla vicenda. La linea di confine tra le
pertinenze di villa di Campo e villa Pontis Sancti Iohannis, sarebbe stata
segnata dalla via che conduceva al guado di Getola; coloro che risiedevano ad
ovest di essa, verso Perugia, avrebbero fatto parte del vecchio insediamento,
mentre coloro che abitavano ad est della via, verso il ponte, avrebbero
composto il nuovo, formando un proprio catasto ed eleggendo un proprio
sindicus.
Delle 103 unità fiscali accatastate nel 1361 in villa Campi, un terzo, 34,
avrebbero composto la popolazione della nuova comunità e in questa
avrebbero assolto ai propri doveri fiscali facendovi nuovamente il catasto e la
libbra.
Nonostante questa sorta di atto ufficiale con cui si sancisce la nascita della
comunità, giuridicamente e amministrativamente intesa, la villa di Ponte San
Giovanni, sotto l’aspetto insediativo, doveva già esistere da diverso tempo,
sicuramente dal secolo precedente. Ciò è testimoniato da una causa che il
comune di Perugia ebbe con alcuni abitanti di villa Pontis Sancti Iohannis nel
1287.

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Analisi Storica e Urbanistica

La presenza del ponte doveva aver svolto la funzione di polo d’attrazione e, nei
pressi di esso, si era formato un piccolo agglomerato che, nonostante l’assenza
di autonomia amministrativa, si era accresciuto nel corso degli anni fino a
raggiungere una consistenza tale da giustificare la concessione, da parte del
Comune cittadino, di un’autonoma amministrazione, alla stregua delle altre
comunità del contado.
Dello sviluppo dell’insediamento dovette giovarsi la chiesa di S. Bartolomeo;
essa, forse in origine soltanto cappella dipendente dalla Pieve di Ponte San
Giovanni, ubicata lungo la strada in prossimità del ponte, probabilmente già nel
XIV, andò acquisendo alcune prerogative di parrocchia anche se non riuscì a
recidere del tutto i legami che la vincolavano alla Pieve. Infatti, ancora in età
moderna, essa non era dotata di fonte battesimale e gli abitanti di Ponte San
Giovanni venivano battezzati presso la chiesa plebanale.
La chiesa di San Bartolomeo, così come l’intera comunità, pure nata lungo
un’importante arteria commerciale, non doveva aver tratto vantaggi diretti da
essa, tanto che la situazione economica in cui versavano sia la struttura
ecclesiastica che i fedeli, come confermato dai dati storici, non era certo delle
più floride.
Un altro punto chiave dell'antica Ponte San Giovanni era l'isolato delle logge, di
costruzione risalente alla stessa epoca del ponte e della chiesa, era un'antica
stazione di posta con osteria, camere per i viandanti e servizio di stallaggio.
Si dice che ospitarono San Francesco quando ancora giovane fu ferito e fatto
prigioniero dai perugini poco prima della sua conversione. Di queste ci resta
poco più che un disegno, redatto da Alfonso Scandellari nel 1921, legato al
progetto di trasformazione in case per gli operai del molino pastificio. La
ristrutturazione del vecchio caseggiato avvenne solo in parte.

22
Analisi Storica e Urbanistica

Le logge restarono centro di accoglienza dei giovani, specialmente nelle brutte


giornate, finché i bombardamenti della seconda guerra mondiale non
distrussero quasi completamente l'intero complesso. Tuttora resiste ed è
riconoscibile tra i palazzi di nuova costruzione uno degli edifici che costituivano
la vecchia struttura.

Progetto di ristrutturazione dell'antico complesso delle logge

Immagine attuale dell'ex via delle logge

23
Analisi Storica e Urbanistica

Vecchio edificio ancora intatto dell'antico complesso

Lo stato di povertà in cui versava la popolazione di Ponte San Giovanni sul


finire del Medioevo dovette durare anche nei primi secoli dell’Età moderna.
Questo tuttavia non impedirà alla comunità di far registrare, tra i secoli XVII-
XIX, un notevole incremento demografico che la porterà dalle 187 anime
presenti in essa nel 1648 alle 372 del 1860.
Simile aumento demografico non sembra aver inciso più di tanto nell’assetto
urbano dell’insediamento che, pur risentendo pienamente del legame con la via
ed il ponte – non a caso le abitazioni sono dislocate lungo la strada e in
prossimità di esso – non subirà grandi mutamenti nel corso dell’Età moderna
fino a tutto il novecento.

24
Analisi Storica e Urbanistica

Vista aerea di Ponte San Giovanni ai primi del '900

Piazza della vecchia Chiesa di San Bartolomeo

25
Analisi Storica e Urbanistica

L’espansione urbanistica di Ponte San Giovanni è anche parallelamente


riscontrabile sia nel trend della popolazione, analizzato dal 1901 al 2007, e sia
nella capacità imprenditoriale che il grosso quartiere esprime.
Dall’andamento della popolazione rileviamo che nel 1901 nel territorio di Ponte
San Giovanni, erano presenti 3501 abitanti. Di questi la maggior parte abitava
nelle località intorno al paese. Le ragioni di importanza crescente della
frazione, già dette precedentemente, indussero un aumento pressochè
costante della popolazione nei decenni seguenti fino al 1936. I residenti del
1911 erano 3876, nel 1931 erano 4530, e 4792 nel 1936, dimostrando un
certo ristagno. Con il censimento del 1951 si può iniziare a verificare il
fenomeno dell’esodo dalle campagne ed il conseguente progressivo
inurbamento del paese.

Scorcio dell'antica Ponte San Giovanni all'inizio del '900

Nei decenni tra il 1951 e il 1981 gli abitanti del centro aumentano rapidamente
e diminuiscono quelli del rimanente territorio. Nel 1951 la popolazione
residente era di 3647 unità e di queste 2207 vivevano nel centro abitato. Nel
1961-71-81 i residenti sono rispettivamente di 5636, 8218 e 10143 unità e gli
abitanti del centro abitato di 3469, 5910 e 9404. Dalla lettura del 1991 risulta
che la popolazione residente nello stesso ambito di comprensorio censito nel
1901 è di 11242 e che di questi 10448, cioè il 93% del totale, vivono nel nuovo
quartiere che si è così recentemente e rapidamente ampliato. L’ultimo

26
Analisi Storica e Urbanistica

censimento del 2001 rivela un ulteriore incremento che porta la popolazione di


Ponte San Giovanni a 13341 unità e il trend è ancora in crescita, infatti gli
ultimi dati riportano una popolazione di circa 16000 anime. Si recepisce quindi
facilmente la forte trasformazione di Ponte San Giovanni che trova anche
riscontro nella salutare crescita delle capacità imprenditoriali.
A parziale dimostrazione di questo fenomeno sono le ben 74 attività produttiva
con un minimo di 5 addetti che desumiamo da Sviluppumbria S.P.A. Da questi
risulta che le suddette 74 attività costituiscono un ben nutrito e variegato
raggruppamento di imprese, molte delle quali a gestione locale, che per suo
conto esprime l’impegno moderno di questa popolosa frazione. Non sono tra
queste comprese le tante attività produttive e commerciali con meno di 5
addetti che consentono l’autosufficienza di ogni esigenza di consumo del
quartiere.

Principali vie di comunicazione della zona nel corso dei secoli

27
Analisi Storica e Urbanistica

Ricostruzione 3D dell'area prima dei bombardamenti

Aspetto attuale dell'ex piazza della Chiesa di San Bartolomeo

Il nuovo ponte realizzato nel 2000

28
Analisi Storica e Urbanistica

Di seguito si riporta, a conferma di questo, lo studio dello sviluppo urbano della


zona. La mappa storica più antica che riporta la zona di Ponte San Giovanni, è
la n.46 del Catasto Chiesa, di cui riportiamo una foto, in cui si possono
visionare gli edifici esistenti nel 1727.

Si riporta poi la mappa catastale risalente al 1820, in cui si evidenzia all’incirca


la stessa densità edilizia.

29
Analisi Storica e Urbanistica

Un consistente aumento demografico si riscontra dalla mappa catastale del


1918.

Ai giorni nostri lo sviluppo è avvenuto soprattutto nella zona ovest in


prossimità dello svincolo della superstrada E45, mentre la zona intorno al
“Ponte Vecchio” è rimasta pressoché invariata dagli ultimi decenni
dell’ottocento.

30
Il Rilievo

CAPITOLO 2

IL RILIEVO

Con la parola rilevamento, o come più comunemente si dice, rilievo


architettonico, si intende la raccolta, analisi e interpretazione di tutti i dati
inerenti all’oggetto del rilievo, intendendo per questi non solo quelli di
carattere geometrico e spaziale, ma anche quelli di tipo storico, urbanistico e
culturale. Bisogna inoltre considerare tutte le implicazioni costruttive,
strutturali e dei materiali, senza tralasciare la finalità per la quale era destinato
l’oggetto del rilievo e l’uso che ne è stato fatto. Nessuna opera architettonica,
infatti, è avulsa dal proprio contesto storico e culturale, e risulta influenzata
fortemente da esso, negli aspetti economici, tecnologici, legislativi, spesso
legata anche ai movimenti artistici. Perciò sarebbe vano tentare di
comprenderla nella sua realtà, attraverso un esame superficiale, senza
inquadrarla nella giusta contestualità storiografica, servendosi di elementi
solamente misurativi. L’operazione stessa del rilievo è strettamente legata
all’epoca in cui viene effettuato, perché con il trascorrere del tempo cambiano i
criteri con cui si affronta lo studio di un’opera, il modo di osservare gli edifici,
le norme e le convenzioni grafiche, si perfezionano le tecniche e gli strumenti
di misura, cambia il modo stesso di intendere il rilievo.
Il rilevamento in definitiva, va considerato come rapporto tra opera da rilevare
e rilevatore, e visto in relazione alle sue finalità, alle conoscenze geometriche,
alla strumentazione utilizzata, alla cultura del rilevatore stesso e a quella del
tempo in cui viene eseguito, e ai mezzi grafici con cui viene realizzato.
L’epoca attuale, dopo la codificazione della geometria descrittiva e l’esecuzione
di elaborati sempre più chiari e oggettivamente validi, anche grazie alla ricerca
di una normativa grafica, tende alla produzione di elaborati scientificamente
esatti e sempre più obiettivi ed impersonali. Tuttavia, nonostante questa
tendenza alla scientificità e l’uso di strumenti sofisticati, la personalità del
rilevatore non può essere totalmente eliminata; questo dà luogo a uno dei

31
Il Rilievo

problemi più complessi da risolvere nell’ambito del rilievo: quello riguardante la


soggettività e l’oggettività intrinseche sia nell’operazione stessa del
rilevamento che nella trascrizione grafica dell’oggetto del rilevamento. In
particolare, bisognerebbe ridurre al minimo l’aspetto soggettivo negli ambiti
della strumentazione, della normativa grafica e della rappresentazione, poiché
comunque la lettura degli elaborati grafici deve risultare univoca e non deve
lasciare adito ad alcun dubbio.

Finalità del Rilievo

In tutti i settori della società odierna che vengono a contatto con l’architettura,
il rilievo occupa un posto importante, essendo utilizzato in molti lavori di
pertinenza dell’ingegnere e dell’architetto e in discipline quali il restauro,
l’urbanistica, l’archeologia, le vertenze giudiziarie, il censimento dei beni
architettonici e la didattica.
Un altro ambito che è a stretto contatto con il rilievo è l’analisi storico-
architettonica, che presume uno studio della “storia della costruzione” , studio
che spesso può essere fatto solo mediante un rilevamento accurato, ed è
proprio grazie ad esso che l’opera si dischiude alla conoscenza del rilevatore,
che compie un lavoro di misurazione, ma anche e soprattutto un’operazione di
lettura, orientata verso la conoscenza critica dell’opera da rilevare. Ne
consegue quindi che, come già detto, il rilievo è intimamente legato all’analisi
storica, di cui dovrebbe costituire l’ossatura portante, fino a diventare
addirittura un documento storico.

32
Il Rilievo

Tipologie di Rilievo

Sono due le principali classificazioni in cui è possibile suddividere il rilievo: a


seconda delle sue finalità oppure a seconda delle principali strumentazioni
utilizzate.
Con riferimento alle finalità, le categorie del rilievo sono:
-RILIEVO ARCHITETTONICO: fornisce una rappresentazione che sottolinea le
connotazioni artistiche dell’opera, ponendola in relazione con il periodo storico
con cui essa è legata;
-RILIEVO COSTRUTTIVO o STRUTTURALE: pone in evidenza il sistema
costruttivo dell’edificio, i singoli elementi strutturali e i materiali impiegati. E’
particolarmente indicato per l’elaborazione di progetti di ampliamento,
consolidamento e restauro;
-RILIEVO ESTIMATIVO: è volto al calcolo del valore commerciale dell’opera al
fine di una vendita o di una catalogazione. Non si basa sulla rappresentazione
di elaborati grafici ma sulla stesura e compilazione di tabelle, su cui si
riportano misurazioni e relativi importi economici;
-RILIEVO GIURIDICO o CATASTALE: ha lo scopo di documentare la consistenza
materiale di un’opera edilizia in rapporto al diritto della proprietà in sé e nei
confronti delle proprietà vicine. Questo tipo di rilievo è spesso accomunato a
quello estimativo in quanto i confini della proprietà, i vincoli e le servitù di una
costruzione sono elementi determinanti il valore venale di questa.

Con riferimento alle strumentazioni usate, possiamo distinguere:


-RILIEVO DIRETTO: viene realizzato tramite strumenti di misurazione semplici
come fettuccia metrica, aste graduate, livella, filo a piombo, bussola;
-RILIEVO STRUMENTALE: può essere considerato complementare al rilievo
diretto, viene impiegato nei rilevamenti di precisione ed è effettuato con
l’ausilio di strumenti più complessi, quali teodoliti, distanziometri e livelli.

33
Il Rilievo

-RILIEVO FOTOGRAMMETRICO: è utilizzato per ottenere una grande precisione


e una grande quantità di informazioni, viene effettuato con l’ausilio di sofisticati
strumenti elettronici, come il laser scanner o le macchine da presa digitali.
La scelta del metodo del rilievo è dettata dalla caratteristiche dell’opera da
rilevare, dal suo posizionamento spaziale e dallo scopo per cui si deve
effettuare il rilievo.

Fasi del Rilievo

Quando si effettua un rilievo, prima di dare inizio alle operazioni di


misurazione, è necessario compiere un’indagine preliminare volta a reperire
tutto il materiale esistente sull’opera oggetto di studio: documentazione
bibliografica, archivistica e fotografica, eventuali rilievi precedenti redatti in
occasione di interventi di restauro o ristrutturazione, materiale iconografico e
cartografico, ecc. Tale ricerca è importante perché fornisce informazioni
sull’evoluzione dell’opera architettonica in esame e permette di inquadrarla nel
suo contesto, prima storico e poi contemporaneo.
Occorre quindi effettuare un primo sopralluogo per visionare l’opera,
individuare le sue principali qualità e prendere coscienza di eventuali difficoltà
pratiche.
La fase successiva consiste nel progetto del rilievo, volto a stabilirne la finalità,
a decidere quali dati acquisire e a individuare le tecniche di misurazione e gli
strumenti più adeguati.
Per rilievi di opere di grande importanza è inoltre importante stabilire il numero
di persone necessarie e indicare un coordinatore.
Si passa quindi alla redazione dei cosiddetti eidotipi, ovvero schizzi eseguiti a
mano che schematizzano l’oggetto da rilevare selezionando le principali qualità
che lo caratterizzano, e sui quali vengono riportate le principali misure; su di
essi inoltre vanno individuate le linee fondamentali di partenza per le quote:
una linea fondamentale longitudinale coincidente di solito con l’attacco a terra
dell’edificio, e una linea fondamentale trasversale passante per l’asse

34
Il Rilievo

dell’edificio e tracciata ortogonalmente alla prima. Il punto di intersezione delle


due linee è detto caposaldo e si parte da questo per iniziare le misure.
I metodi di misurazione utilizzabili nel rilievo diretto possono essere distinti in
diverse categorie:
-MISURAZIONI PARZIALI: le distanze tra i punti vengono riferite all’ultimo
punto rilevato. Questo può causare l’amplificarsi di un eventuale errore
sistematico dello strumento, che si propaga nelle misurazioni successive;
-MISURAZIONI PROGRESSIVE: ogni misurazione viene riferita a un punto fisso
di origine (caposaldo);
-MISURAZIONI PER TRIANGOLAZIONE: le distanze vengono riferite a due punti
noti detti punti fiduciari, fissi e riconoscibili. I tre punti devono appartenere allo
stesso piano e devono formare triangoli il più possibile equilateri;
-MISURAZIONI PER COORDINATE: si costruisce un sistema di riferimento in cui
l’ascissa è parallela all’andamento dell’oggetto del rilievo e l’ordinata è
tracciata perpendicolarmente; i vari punti sono individuati tramite proiezione
su questi assi.

Per la natura dell’opera oggetto della presente tesi, il rilievo è stato effettuato
esclusivamente sulla base della documentazione archivistica, bibliografica e
fotografica dell’epoca in cui la struttura era ancora in essere, e manca quasi del
tutto della fase di misurazione diretta.

La documentazione fotografica è un elemento fondamentale perché consente di


estrapolare misure mancanti e fornisce sia una buona visione d’insieme
dell’oggetto da rilevare, sia una visione di dettaglio che sarebbe molto difficile
cogliere se non con reiterati sopralluoghi; inoltre è un ottimo strumento per
evidenziare l’utilizzo dei materiali. Qualora si debbano rilevare degli alzati, per
cui vi siano delle difficoltà pratiche nella misurazione di alcuni elementi, si può
ricorrere all’uso del programma RDF, un software di raddrizzamento
fotografico, che permette di trasformare una fotografia in formato digitale in
un fotopiano su cui è possibile calcolare la posizione di un qualunque punto

35
Il Rilievo

sull’oggetto a partire dal rispettivo punto sull’immagine. Il programma opera


infatti in automatico, una serie di operazioni che trasformano l’immagine
prospettica in una proiezione ortogonale; per fare ciò, produce inevitabilmente
degli errori di approssimazione, che possono essere trascurati se non superano
l’errore di graficismo.
La correzione delle immagini viene effettuata dal programma tramite due
procedimenti: quello analitico, che opera tramite particolari algoritmi
matematici, e quello geometrico, che è un procedimento grafico che si basa
sull’introduzione di linee di riferimento orizzontali e verticali e sulla conoscenza
di almeno una misura verticale e una orizzontale.

La Restituzione Grafica

Tutte le informazioni raccolte vanno infine rielaborate e tradotte con l’ausilio di


un programma di disegno automatico (AUTOCAD). In questa fase, si denotano
spesso alcune lacune nelle misurazioni effettuate, ed è quindi necessario
tornare sul posto per colmarle, oppure estrapolare queste informazioni dalle
fotografie, dopo un’attenta analisi delle proporzioni.
L’utilizzo di un supporto informatico in sede di restituzione grafica consente
numerosi vantaggi, in primo luogo l’eliminazione dell’errore di graficismo,
altrimenti inevitabile nella rappresentazione su supporto cartaceo, poi il fatto
che i dati archiviati non presentano rischi di deterioramento e possono essere
utilizzati in qualunque momento, possono essere sovrapposti e combinati tra
loro per ricavare le informazioni di interesse.
Con lo stesso programma va poi realizzato un modello tridimensionale digitale
che fornisca una visione d’insieme dell’opera, e che metta in evidenza la
volumetria, l’aspetto cromatico e metrico e i materiali utilizzati.

36
Il Ponte Vecchio

CAPITOLO 3

IL PONTE VECCHIO

3.1 STORIA DEL PONTE VECCHIO

Come già accennato in precedenza, l'area di Ponte San Giovanni rappresentava


un punto chiave per l'intero territorio perugino, nel bene e nel male, ecco
perché l'amministrazione cittadina ebbe sempre un occhio di riguardo verso le
condizioni in cui versava il ponte, e la via che portava ad esso, lungo tutto il
periodo medievale, e fino agli ultimi secoli.
Risulta dunque interessante analizzare gli eventi che caratterizzarono la vita
del ponte e che fortemente incisero sulla vita degli abitanti dell'area per lunghi
secoli.

3.1.1 ORIGINI DEL PONTE DI SAN GIOVANNI

Nonostante l'incertezza e le diverse supposizioni che sono state fatte sulle


origini del ponte, la sua data di costruzione è da ritenersi compresa tra l'anno
mille e il dodicesimo secolo. Sembra infatti questa l'ipotesi più attendibile, in
contrasto con quelle che, più per spirito “romantico” e di propaganda politica
durante il ventennio fascista, volevano attribuirgli origini romane (da cui anche
la denominazione di “Ponte Romano”).
In effetti sappiamo che i Romani erano soliti costruire ponti permanenti in
muratura nei punti chiave delle principali vie di comunicazione, e sappiamo
anche che tale zona godeva sicuramente di elevata importanza, e' dunque
molto probabile che un ponte di costruzione romana dovesse realmente
sorgere in quei luoghi, tuttavia svariati documenti fanno pensare che il ponte
non fosse lo stesso che fino a sessant'anni fa veniva utilizzato per guadare il
Tevere prima dei massicci bombardamenti che rasero al suolo l'intero nucleo
abitativo.

37
Il Ponte Vecchio

Gli anni bui che seguirono la capitolazione dell'impero romano furono infatti
teatro di scorrerie da parte di truppe barbariche più o meno organizzate su
tutto il territorio italico, e Perugia non fu risparmiata. Ma la conquista della
città era sicuramente subordinata alla distruzione di ogni possibile via di
comunicazione tra essa e nuclei circostanti che potessero venire in suo
soccorso, tra esse gli obiettivi sicuramente più sensibili furono proprio i ponti
sul Tevere.
Se ci si attiene alla narrazione di Procopio inerente le fasi salienti della guerra
Gotica, durante l'undicesimo anno di questa, quindi nel 545, le truppe
germaniche, dopo aver conquistato Spoleto e Assisi si diressero verso Perugia
ponendovi assedio. Dopo due anni, Totila, dietro richiesta delle sue stesse
truppe che cingevano in assedio la città ancora non espugnata, vi si diresse in
prima persona a comando delle sue armate per completare l'opera. La
capitolazione di Perugia sembra essersi avuta nel dicembre del 548. Nel
discorso che il comandante dei Goti fece ai propri soldati prima di accingersi a
questa impresa, Totila sottolineò come egli avrebbe fatto provvedere alla
distruzione di tutti i ponti sul Tevere in modo tale da poter operare nel
massimo della tranquillità. L'abbattimento dei ponti avrebbe salvaguardato lui
e le sue truppe da eventuali attacchi alle spalle portati da coloro che avrebbero
tentato di arrecare aiuto alla città.
Da ciò dunque si evince che se un ponte fosse stato costruito in età romana,
sicuramente esso sarebbe stato distrutto verso la meta' del sesto secolo,
dunque, le origini del Ponte Vecchio sono da ritenersi sicuramente successive.
La “normalizzazione” che si ebbe in questi territori a partire dal secolo
successivo, e la conseguente ripresa economica, commerciale e sociale, fa
pensare che nell'arco di pochi secoli potesse essere stato ricostruito un nuovo
ponte, dunque tra il secolo X e il XII, di cui cominciano ad aversi notizie certe e
documentate, anche a causa di tristi eventi di guerra nell'area.
Il nuovo ponte finalmente permetteva alla città di Perugia di poter nuovamente
comunicare con l'altra sponda del Tevere.

38
Il Ponte Vecchio

3.1.2 OPERE DI CONSOLIDAMENTO SUL PONTE DI SAN GIOVANNI

Durante tutta la sua lunga storia il ponte fu soggetto a svariati interventi di


restauro a causa dei danneggiamenti ripetuti dovuti principalmente all'irruenza
e alle piene del fiume. L'importanza strategica del ponte faceva si che la
questione non fosse mai di poco conto, e inoltre, era resa ancor più spinosa
quando c'era bisogno di decidere chi avrebbe dovuto pagare per tali interventi.
Solitamente la scelta ricadeva su tutti i nuclei abitativi siti nelle vicinanze di
esso e cresciuti lungo la strada che vi portava e che quindi ne traevano
benefici.
L'intervento che più di tutti fu cruciale per la sopravvivenza del ponte fu quello
messo in atto sul finire del 1700 da Serafino Calindri, ingegnere e uno dei più
quotati esperti in questo campo. Dopo una prima perizia nell'agosto del 1787
in cui il Calindri denunciava le precarie condizioni del ponte, egli venne
richiamato a Ponte San Giovanni nel marzo del 1788.
Il ponte era infatti provvisto, dal lato della sponda destra, e sopra al terzo
pilone di due torrette , concesse in enfiteusi a chiunque ne avesse fatto
richiesta, dietro versamento di una certa somma. Evidentemente le
sollecitazioni cui il ponte era stato soggetto in quell'ultimo periodo erano state
fatali per la stabilita' della torretta. Il Calindri descriveva cosi' le condizioni del
ponte in data 8 marzo 1788: “Sono stato a visitare [...] la torretta del ponte di
San Giovanni, e l'ho ritrovata di recente risentita e spaccata nei suoi due muri
laterali in tre siti [...] ho altresì riconosciuto aver ceduto i cunei della stessa
pietra dell'arco che guarda la parrocchiale, ed essere usciti dal loro centro per
circa un'oncia di piede; non ho potuto riconoscere, stante l'essere il Tevere
grosso, se il patimento proceda da risentimento negl'archi, o nel pilone del
ponte, che sottostà alla stessa torretta, ovvero se sia proceduto dal
traballamento causato dall'ultima sentita scossa di terremoto. Da qualunque
causa sia ciò proceduto è certo che esigge provvedimento. Sembra a me, che
l'unico per ora sia il farla demolire [...] e lasciare le cose così sino a migliore
stagione”.

39
Il Ponte Vecchio

E infatti pochi giorni dopo la torretta fu demolita, ma si trattava solo di un


intervento temporaneo , non sufficiente ad assicurare la stabilità del ponte.
Occorreva intervenire direttamente sulle “pile sgrottate dell'arco terzo”. Per
questo il Calindri nell'agosto-settembre del 1788 propose un progetto di
ristrutturazione del ponte che prevedeva il taglio della chiusa del molino di
Santa Giuliana, per abbassare il livello dell'acqua e rendere più agevole il
lavoro, come “la via più breve, meno dispendiosa, la più sicura per poter
otturare i due sgrottamenti allo scoperto o dir vogliasi a secco”.
“Il proposto artificiale sbassamento per vedere, se le buche descritteci da
nuotatori ne' due piloni del ponte di San Giovanni siano pericolose o no [...] di
pochi giorni è il loro otturamento, nel caso di esser tali quali le descrivono, e
pericolose a segno di farne temere ragionevolmente la rovina del ponte [...] chi
spesso praticando fiumi, e conoscendone la natura osserva e sa, come e
quanto con moto di trivellazione [...] scavi l'acqua nelle buche, che trova
nell'alveo, o nelle pila de' ponti, non dubita, che se riesce alla piena
d'introdurvi un tronco di quercia, la leva sia fatta, il ponte debba rovinare”.
Ma i molinari erano restii ad eseguire un taglio sulla chiusa che alimentava il
molino e il Calindri dovette fare un'altra proposta, evidentemente più
dispendiosa, che consisteva nella costruzione di una palizzata che sostenesse
l'urto delle acque circostanti all'area di lavoro. Si dovette dunque arrivare ad
un compromesso: i molinari avrebbero dovuto tenere i mulini con “tutte le
porte aperte a tutt'acqua” per consentire un massimo deflusso delle acque, un
abbassamento del livello e una più facile costruzione della palizzata.

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Il Ponte Vecchio

Disegno ripreso da uno schizzo dell'ingegner Serafino Calindri, datato 14 settembre 1789

L'opera di ristrutturazione del ponte poté cosi' finalmente iniziare nel


settembre 1789.
L'esito di quei lavori purtroppo non è più visibile ai nostri occhi. Secoli di lavoro
manuale ed intellettuale che resero possibile l'esistenza e il perdurare nel
tempo del Ponte di San Giovanni furono bruscamente interrotti dai
bombardamenti che si abbatterono su di esso nel corso della seconda guerra
mondiale.

Ecco come si presenta il nuovo ponte costruito nel


2000 proprio accanto a dove sorgeva il vecchio

41
Il Ponte Vecchio

3.2 RICOSTRUZIONE DEL PONTE

Terminata la parte riguardante l'indagine storica del ponte, siamo dunque


passati alla sua ricostruzione, che risulta possibile principalmente tramite la
documentazione di foto storiche, largamente presente nei libri riguardanti la
comunità di ponte San Giovanni, ma anche grazie a quel poco che rimane
dell'antica costruzione.

3.2.1 LA PILA E LE FOTO STORICHE

Tutto ciò che rimane dell'antico ponte e' parte di un pilone, quasi sicuramente
il primo, che emerge da terra ormai solo per poche decine di centimetri e che
giace ancora a fianco del nuovo ponte.
Nonostante sia abbastanza poco ciò che ne rimane, tuttavia questi ultimi
mattoni risultano fondamentali per poter ricostruire il ponte nella sua
interezza; essi ci consentono infatti di individuare innanzitutto la larghezza del
ponte stesso, altrimenti non valutabile dalle pur numerose fotografie storiche,
in secondo luogo, grazie ad esso possiamo avere una misura di riferimento per
la ricostruzione del prospetto, e ancora, possiamo avere informazioni sulle
dimensioni e soprattutto sul colore dei mattoni utilizzati, informazione che
chiaramente non possiamo estrapolare da foto in bianco e nero.

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Il Ponte Vecchio

La pila del vecchio ponte

La principale fonte di informazioni e' pero' sicuramente la documentazione


fotografica che comprende un buon numero di viste a partire all'incirca dai
primi anni del 1900 fino alla seconda guerra mondiale.
Vediamo qui di seguito alcune tra le più importanti ai fini della ricostruzione
grafica.

Ponte Vecchio lato sud. In primo piano la seconda diga sul Tevere.

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Il Ponte Vecchio

Ponte Vecchio lato nord, si può notare l'opera di consolidamento nell'ultimo arco

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Il Ponte Vecchio

3.2.2 IL RADDRIZZAMENTO FOTOGRAFICO

Per elaborare i prospetti e quindi una completa visione della struttura del
ponte, specialmente in casi come il nostro in cui le informazioni sono date
esclusivamente da foto storiche, e' cruciale poter ricostruire un fotopiano della
nostra costruzione; ovvero una fotografia il cui piano sia perfettamente
parallelo al piano che contiene la facciata della costruzione che stiamo
esaminando, nel nostro caso il prospetto di valle del ponte.
La realizzazione di fotopiani è possibile anche quando la fotografia sia stata
realizzata con una qualsiasi inclinazione, tenendo ferma la condizione che
nell'oggetto fotografato sia individuabile un piano medio principale di
riferimento. Questo risultato e' ottenibile attraverso la tecnica del
raddrizzamento, realizzato con strumenti ottico-meccanici, o ottico-elettronici,
che consente attraverso un processo proiettivo di trasformare il fotogramma
realizzato con una qualunque inclinazione in uno con asse ottico perpendicolare
al soggetto.
Le possibilità offerte dall'informatica in questo campo sono attualmente
notevoli. Per eseguire un raddrizzamento informatico non è indispensabile
conoscere gli elementi di orientamento interno della macchina fotografica, è
sufficiente conoscere alcune informazioni metriche dell'oggetto fotografato, ed
è proprio in questo passaggio che entrano in gioco le misurazioni effettuate
sulla pila del ponte ancora esistente.

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Il Ponte Vecchio

Immagine campione utilizzata per stabilire i rapporti tra altezze e lunghezze

In generale le due modalità principali, prevedono l'una l'individuazione di


almeno due coppie di rette, verticali ed orizzontali, e almeno un segmento di
lunghezza nota, e l'altra la posizione di almeno quattro punti non allineati, di
cui siano note le coordinate oggetto, espresse sul piano di riferimento, ed e'
proprio questo secondo metodo che abbiamo potuto utilizzare per effettuare il
raddrizzamento del ponte, tramite una serie di rapporti tra lunghezze ed
altezze riferite alle misure effettuate sulla pila, e a seguito dell'accostamento di
più parti della struttura raddrizzate separatamente.

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Il Ponte Vecchio

Immagine originale dei primi due archi del ponte; sono evidenziate alcune delle
grandezze note, ottenute per rapporti dalle misurazioni effettuate sulla pila

Immagine ottenuta dopo il raddrizzamento

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Il Ponte Vecchio

Raddrizzamento globale effettuato in photoshop sulla


base dei dati ottenuti dai raddrizzamenti parziali

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Il Ponte Vecchio

3.2.3 PIANTE E PROSPETTI

Una volta terminato il lavoro di raddrizzamento possiamo quindi passare alla


realizzazione del prospetto di valle del ponte e conseguentemente anche alla
realizzazione della pianta. Possiamo osservare dunque che il ponte ha una
struttura piuttosto irregolare ed asimmetrica con andamento cosiddetto a
dorso d'asino, con la parte che da sulla sponda destra decisamente più
inclinata dell'altra, cosa che lo rendeva spesso anche di difficile
attraversamento da parte di carri e mezzi a trazione animale. Il ponte presenta
sei archi, ognuno di differente altezza ampiezza e forma, i due archi
all'estremità sono molto più piccoli degli altri e quello dal lato della sponda
sinistra ha una forma particolare, probabilmente a seguito di un'opera di
ristrutturazione che ha finito per riempire parte dell'arco per stabilizzare
l'ultimo pilone. I piloni sono cinque, quattro dei quali dotati di frangiacque,
mentre il primo, vicino alla sponda destra era sprovvisto, probabilmente perché
il livello variabile dell'acqua del Tevere faceva si che quel punto spesso fosse
totalmente al di fuori dell'alveo e che quindi non avesse bisogno di frangiacque
per sostenere la portata del fiume. Si nota da diverse foto anche un
allargamento del ponte stesso in prossimità della sponda sinistra del fiume,
inoltre, tramite disegni e le precedenti documentazioni storiche è stato
possibile ipotizzare sia la forma che la posizione delle antiche torrette, una
all'estremità destra del ponte, l'altra al di sopra del terzo pilone.

49
Il Ponte Vecchio

Antico disegno raffigurante il ponte ancora provvisto delle due torrette

50
Il Ponte Vecchio

51
Il Ponte Vecchio

3.2.4 RICOSTRUZIONE 3D

Dalle informazioni ottenute da pianta e prospetto del ponte siamo in grado


infine di ricostruire il modello 3D della struttura, e grazie alle foto e alla pila
ancora presente possiamo cercare di ricostruire una texture che riproduca nel
miglior modo possibile il reale aspetto del ponte.

Assonometria “a fil di ferro” del Ponte Vecchio

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Il Ponte Vecchio

Vista a monte del ponte

Vista a monte dalla sponda destra

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Il Ponte Vecchio

Vista a valle dalla sponda destra

Vista ravvicinata dalla sponda sinistra

54
Tavole
Bibliografia e fonti

P. Lattaioli, A. Pinna, G. Riganelli – Ponte San Giovanni dal Tevere alla città –
ed. Protagon, Perugia, 1990

AA.VV. – Ponte San Giovanni visto e raccontato – ed. Cornicchia grafiche,


Perugia, 1990

L. Messini – Obiettivo… …Ponte San Giovanni – Litostampa s.r.l., Ponte San


Giovanni, Perugia, 1994

L. Messini – Ponte San Giovanni tra i due conflitti mondiali – Litostampa s.r.l.,
Ponte San Giovanni, 1990

E. Ippoliti – Rilevare – ed. Kappa, Roma, 2000

M. Docci, D. Maestri – Il rilevamento architettonico – ed. Laterza, Bari, 1984

www.wikipedia.it
Vorrei ringraziare innanzitutto il mio relatore e il mio correlatore, il Professor
Bianconi e l'ingegner Filippucci che ci hanno proposto un lavoro interessante e
stimolante e sono riusciti a seguirci e soprattutto a “sopportarci” durante tutto
lo sviluppo della tesi.

Filippo con cui ho condiviso tutta la durata del corso e tutto il lavoro della tesi

Ringrazio il dottor Guido lemmi e Don Marino che ci hanno aiutato nel
reperimento del materiale fotografico e bibliografico.

Devo ringraziare anche la mia famiglia che, ognuno a suo modo, mi ha sempre
supportato e ha sempre creduto in me, forse a volte più di quanto non credessi
io stesso; i miei amici, quelli che hanno seguito con me questo percorso,
sempre presenti e disponibili per scambiare idee e consigli, e anche tutti gli
altri, vicini o lontani che siano.

Non posso non ringraziare Gabriele, Davide e Marco, che mi hanno sostenuto
in tutti questi anni, nonostante i chilometri, anche nei momenti più difficili.

Senza tutte queste persone non ce l'avrei mai fatta.

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