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Eddi Bisulli

VIATERREA
EFESO 2007

Abduzione e Serendipità
ʺOsservate, memorizzate, collocate al giusto posto, comunicate. Usate i vostri cinque sensi...
Imparate a vedere, imparate a udire, imparate a toccare, imparate a odorare e sappiate che solo con
la pratica potrete diventare esperti. La medicina si impara al letto del malato e non in unʹaula.
Non lasciate che le vostre concezioni delle malattie vengano da parole udite in classe o lette sul
libro. Guardate, e poi ragionate e mettete a confronto e controllate. Ma per prima cosa guardateʺ.

L’abduzione Eʹ una forma logica che si oppone in parte alla deduzione. Nella deduzione,
poste due premesse come valide – per esempio, ʺTutti gli uomini sono mortaliʺ; ʺSocrate è
un uomoʺ – ne discende per forza una terza altrettanto valida– in questo caso, ʺAllora
Socrate è mortaleʺ. Nellʹabduzione, invece, la seconda premessa al ragionamento e quindi
la conclusione finale non sono certe ma hanno un certo grado di probabilità o, vista
dallʹaltra faccia, di improbabilità, almeno pari a quello della seconda premessa.

[Un esempio tipico di abduzione è la storia di Archimede e la corona dʹoro]

La storia completa è questa. Gerone II, tiranno di Siracusa, fece costruire da un


valente orafo una corona dʹoro, a forma di rami intrecciati, del tipo di quella
riprodotta a lato, per porla a decoro di una statua rappresentante un dio o una
dea. Tuttavia quando ricevette la bellissima corona ebbe il sospetto che lʹorafo
potesse aver sostituito, allʹinterno della corona, lʹoro con lʹargento. Per questo
il Tiranno chiese ad Archimede di determinare se la corona fosse dʹoro massiccio oppure se
contenesse allʹinterno il meno pregiato argento. Ma poiché la corona, di pregevole fattura, doveva
ornare il capo di una divinità, era essa stessa un oggetto sacro. Quindi il Tiranno pose ad
Archimede la condizione che la corona doveva restare integra (oggi diremmo che Archimede doveva
sottoporre la corona a un esame non distruttivo). Archimede trovò la soluzione mentre stava
entrando nella vasca da bagno osservando che, nellʹimmergersi, lʹacqua traboccava dalla vasca.
Intuendo ciò che noi oggi chiamiamo peso specifico (materiali differenti di egual peso occupano
volumi differenti), egli capì come poter risolvere il quesito che il Re gli aveva posto.

Bastava porre in una vasca una quantità dʹoro puro di peso pari a quello della corona e poi riempire
la vasca fino allʹorlo. Quindi bisognava togliere lʹoro e immergervi la corona: se vi fosse stato
argento, che a parità di peso occupa un volume maggiore di quello dellʹoro, lʹacqua sarebbe
traboccata. Archimede fu così felice della sua scoperta che si alzò repentinamente dalla vasca e corse
per Siracusa gridando, appunto,

Come riferisce lʹarchitetto romano Vitruvio nel primo secolo avanti Cristo, Archimede riuscì in
questo modo a scoprire la frode che lʹorafo commise nei confronti di Gerone II.
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Eddi Bisulli
VIATERREA
EFESO 2007

Nella scienza, il ricercatore usa molto spesso, anche se in molti casi in modo automatico o
incosciente, il metodo dellʹabduzione; più raramente quello della serendipità, che ne è un
aspetto particolare, visto che implica di trovare una cosa che non si cercava.
Il lavoro del ricercatore si può ricondurre a quello di un detective. Non per niente il più
famoso tra gli investigatori, Sherlock Holmes, era un campione di abduzione, anche se si
vanta di usare la deduzione come metodo infallibile per risolvere i casi. Le sue non erano
infatti, come affermava, deduzioni, non avevano cioè la caratteristica di certezza, erano
solo illazioni, che alla fine rispondevano alla verità.

Osservare è fondamentale perché molto spesso, soprattutto per una serie di preconcetti e
condizionamenti personali, o più semplicemente per la fretta e la distrazione, capita di non
vedere ciò che è palese davanti agli occhi.
Particolari apparentemente insignificanti, dettagli trascurabili possono rappresentare il
bandolo della matassa per risolvere ogni genere di problemi. Altrettanto importante è il
passo successivo, che consiste nel procedimento mentale che valuta i dati raccolti e li
integra in unʹunica plausibile spiegazione.
Se tale atteggiamento mentale è tipico di alcune professioni, come quelle dellʹinvestigatore,
del ricercatore e del medico (o della Guida ambientale Escursionistica), è indispensabile in
realtà per la pratica di molte altre discipline, come le scienze storiche e paleontologiche.
Thomas Huxley, il celebre biologo inglese della seconda metà dellʹOttocento, battezzò
questo metodo di lavoro logico come profezia retrospettiva. Si tratta infatti di indagare
nel rapporto tra causa ed effetto di un fenomeno, procedendo a ritroso, cercando cioè di
abdurre, da ciò che si vede, ciò che può averlo determinato.
Lʹabduzione è fondamentale nelle scienze che studiano il passato: lo storico ricava il
succedersi degli eventi dai documenti e dalle testimonianze giunte fino a noi; lʹarcheologo
risale alle abitudini dei popoli antichi basandosi su ciò che rimane delle loro strutture
architettoniche o dei loro utensili; il paleontologo ricostruisce lʹaspetto di un animale
preistorico da frammenti del suo scheletro e dei suoi denti, e riflettendo su questi scarsi
elementi a disposizione può decidere se si tratta di un essere acquatico o terrestre, se è
carnivoro o erbivoro e così via.
Huxley sosteneva che il metodo della profezia retrospettiva – noto anche in seguito come
metodo di Zadig, in onore del personaggio di Voltaire – è universale perché si basa sulla
costanza dellʹordine della natura ed è innato in ciascuno di noi perché ogni gesto
quotidiano si fonda sulla considerazione di senso comune che un certo effetto implichi una
certa causa. Ma lo scienziato inglese andò oltre, affermando che se tale metodo vale per
alcune scienze, deve essere valido per tutte. Non solo quindi per la storia o la
paleontologia, in cui è evidente il ruolo della cosiddetta profezia retrospettiva, ma anche
per la geometria (vedi storia di Archimede) o, più curiosamente, la storia dellʹarte.
Il metodo di Zadig venne infatti riconosciuto (anche se applicato in modo inconsapevole)
nel lavoro dal critico Giovanni Morelli, che alla fine dellʹOttocento mise a punto una
tecnica per distinguere i quadri autentici dalle copie, individuando la presenza o meno di
minimi dettagli che ogni pittore inserisce inconsciamente in ciascuna delle sue opere, e che
ovviamente mancano nelle copie.

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Il suo lavoro venne molto apprezzato da Sigmund Freud, che, proprio nello stesso
periodo, anche se in tuttʹaltro campo, procedeva nella stessa direzione, attribuendo grande
importanza a dettagli apparentemente banali che rivestono in realtà un grande significato
psicologico. Dimostrò così che un lapsus nel parlare, un gesto non calcolato o la
dimenticanza di un oggetto potevano fornire indizi preziosi per comprendere la
personalità e la vita interiore di un soggetto. Michael Shepherd, autore del libro ʺSherlock
Holmes and the case of dr. Freudʺ, fu il primo a riconoscere il filo conduttore del metodo
di Zadig nel lavoro di Morelli e Freud, paragonando entrambi a Sherlock Holmes.
Lʹinvestigatore è infatti in un certo senso la reincarnazione in chiave moderna di Zadig e
non a caso il suo personaggio è stato modellato sulla figura di un medico, Joseph Bell, che
esplicitamente si richiamava al metodo del personaggio voltairiano, ritenendolo ʺquel che
ogni buon docente di medicina o chirurgia mette in pratica ogni giorno nellʹinsegnamento
e nellʹattività clinicaʺ.
Il medico scozzese affermava che ʺil riconoscimento preciso e intelligente e la presa in
considerazione delle più piccole differenze è il vero fattore essenziale in tutte le
diagnosi corretteʺ. Dʹaltra parte, come sottolineato più volte nel campo scientifico, anche il
più acuto senso di osservazione, accompagnato dalla memoria e dallʹimmaginazione,
richiedono per giungere allo scopo una mente preparata dal punto di vista culturale e
pronta ad associare in modo coerente gli elementi disponibili. Sosteneva infatti Bell: ʺCi
sono una miriade di segni eloquenti e istruttivi, ma che richiedono un occhio preparato
per essere individuatiʺ.
Contemporaneamente a Joseph Bell, anche sullʹaltra sponda dellʹAtlantico il più famoso
clinico statunitense, Sir William Osler, applicava il metodo di Zadig nella sua pratica e
nellʹinsegnamento agli studenti di medicina del Johns Hopkins Hospital di Baltimora,
tanto da scegliere come motto la frase: ʺTutta lʹarte della medicina sta nellʹosservareʺ.
Come Bell, anche Osler si rifaceva esplicitamente al metodo di Zadig. Non solo:
pretendeva che la novella venisse letta allʹinizio di ogni anno scolastico dai suoi studenti,
quasi fosse lo scheletro su cui costruire tutta la successiva preparazione didattica. Così il
medico statunitense descriveva il suo metodo di insegnamento e, di conseguenza il suo
modo di vedere e di esercitare la medicina: ʺInsegna allo studente come osservare, dagli
molti fatti da osservare e la lezione uscirà da sola dai fatti stessiʺ. Il sistema doveva
funzionare perché, unito al personale carisma del personaggio, rese le sue lezioni uniche e
memorabili per tutti gli studenti che vi presero parte e che cercarono poi di emularlo.
Trasferendo le lezioni dalle aule alle corsie dellʹospedale ripeteva: ʺOsservate,
memorizzate, collocate al giusto posto, comunicate. Usate i vostri cinque sensi... Imparate
a vedere, imparate a udire, imparate a toccare, imparate a odorare e sappiate che solo con
la pratica potrete diventare esperti. La medicina si impara al letto del malato e non in
unʹaula. Non lasciate che le vostre concezioni delle malattie vengano da parole udite in
classe o lette sul libro. Guardate, e poi ragionate e mettete a confronto e controllate. Ma per
prima cosa guardateʺ.

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