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PIRANDELLO (LUPERINI)

Sentimenti di vanità, insensatezza, illusorietà precoci; relativismo tipicamente novecentesco.


Influenza di Nietzsche e accostamento al surrealismo degli anni 20. La poetica dell'umorismo si
conclude nel 1° decennio del '900.
5 diversi periodi: formazione (fino al 1892), coscienza della crisi e impegno letterario (radicale
relativismo, fino al 1903), narrativa umoristica (1904-15), teatro umoristico (1916-25, iscrizione al
partito fascista), surrealismo (1926-36, direzione del Teatro dell'Arte a Roma).
FORMAZIONE: influenza degli ambienti siciliano (dei borghesi proprietari di miniere di zolfo e di
un ceto intellettuale estraneo ai meccanismi produttivi), romano e tedesco. Padre in crisi econo-
mica, sviluppo squilibrato rispetto al nord. Allagamento della miniera del 1903 porta Pirandello a
cercare lavoro (nasce così Fu Mattia Pascal). Questa crisi accentua forme di anarchismo sicilia-
no e dà il via ai Fasci siciliani e al sindacalismo rivoluzionario tra gli intellettuali. Pirandello si
sente diviso.
All'università di Palermo appoggia i Fasci, poi dal 1894 condivide l'indirizzo antisocialista di Cri-
spi. Garibaldinismo di famiglia che lo porta al patriottismo; razionalità e sentimento di crisi dei
vecchi valori. Rifiuto delle correnti irrazionalistiche e spiritualistiche a cavallo del secolo.
Consapevolezza di diversità e angoscia nevrotica, tipica del decadentismo. Percezione dell'inet-
titudine nella vita pratica e degli affari (fallimento del tentativo di lavorare nelle miniere di zolfo).
Da ciò la scelta di dedicarsi alla letteratura. L'arte è l'unico luogo dove può esprimersi il suo sen-
timento di esclusione dagli altri e la percezione del suo sdoppiamento di personalità. Scrittura
vissuta anche come macchina cognitiva, osservatorio della normalità altrui. Vede la potenza de-
mistificante nella scienza più che una ragione di speranza o di progresso. Pessimismo influen-
zato da Leopardi. Rivista "Ariel": con Capuana (di eredità positivistica), non aderiva all'irrazionali-
smo né al decadentismo né al neoidealismo di Croce. Scoperta della fine dell'antropocentrismo
e della relatività di ogni cosa. La teorizzazione pirandelliana di una crisi ontologica dovuta a una
condizione originaria (debolezza umana nel poter giungere a una verità oggettiva o metafisica)
nasce come percezione di una crisi storica, moderna. Il moderno si presenta a P. come un ossi-
moro permanente, in un coro di voci discordi e contraddittorie. A Bonn si accosta a Goethe e
Heine. Nel saggio su Cecco Angiolieri mette a fuoco la differenza tra comicità e umorismo.
Ideale estetico di composizione e poetica della scomposizione. Sono gli anni della psicoanalisi,
dell'isterismo, della parapsicologia, dell'ipnotismo e dello spiritismo, e
di Lombroso. Dagli studi teosofici di Leadbeater conclude che i personaggi dei romanzi sono
espressione della materia mentale dell'autore giunta a un'autonoma realizzazione; secondo Bi-
net i vari elementi dell'io non costituiscono sempre un livello organico di coscienza e possono
essere in uno stato di disgregazione, in grado di riorganizzarsi autonomamente nell'io, dando vi-
ta a personalità secondarie.
Carattere organico della proposta culturale pirandelliana, oltre le moderne correnti; passaggio
dall'oggettivismo del 1897 al soggettivismo del 1908 (separazione impossibile di soggetto e og-
getto, in quanto l'oggettività è considerata solo in relazione al sentimento e all'intenzione che at-
tribuiamo alla rappresentazione), e quindi il tentativo di superare la dicotomia tra soggetto e og-
getto. Il sentimento è una partecipazione sofferta a una visione del mondo relativizzata e disgre-
gata. Confronto con l'estetica crociana nel superamento delle ideologie positivistiche, tanto che
Pirandello tende a sovrapporre i concetti di scienza e di conoscenza, allontanandosi definitiva-
mente dal positivismo e sostenendo la tesi anticrociana della necessità del riferimento intellet-
tuale nell'arte: la scienza e la riflessione sono costitutive del fatto estetico e artistico. L'arte x P. è
il "subiettivarsi dell'oggettivazione", sentimentalizzazione dell'atto cognitivo. Rispetto a Croce P.
considera l'arte come creazione formale, non materializzazione dell'intuizione artistica. Il senti-
mento non può più librarsi nell'arte perché la coscienza dello sdoppiamento e della straniazione
lo trattiene; l'arte non nasce dalla pienezza e dall'immediatezza della vita e del sentimento, ma
dall'esperienza amara della riflessione e del vedersi vivere.
POESIE: prima raccolta, Mal giocondo, del 1889, l'ultima, Fuori di chiave, del 1912, senza solu-
zione di continuità. Mantiene il canone scolastico e la tradizione linguistica dell'800, con un ca-
rattere appartato e provinciale della sua formazione, con riferimenti soprattutto a Carducci, rifiu-
tando il simbolismo e le avanguardie. Per P. essere poeta significa accettare codici e modelli let-
terari, formali e retorici. Solo in seguito si aprirà a una dialettica di tensioni e contraddizioni. Mal
giocondo è espressione della crisi di un giovanile programma neoclassico: aspirazione all'Ar-
monia, alla serenità, alla bellezza, realizzabili solo nel sogno. Ma i grandi ideali di un tempo non
sono più realizzabili, e non resta che obliare il mal triste di vivere e la vanità dell'esistenza. Il rap-
porto polemico io-voi e l'atto di strapparsi la maschera sono un costante atteggiamento di P. ro-
manziere e novelliere. Attacco al rispetto sociale e tendenza a stracciare convenzioni e leggi.
Modi crepuscolari.
Fuori di chiave: libro più maturo e consapevole, dopo del quale P. abbandona la poesia.
I ROMANZI: ne l'Esclusa un personaggio esamina la coscienza moderna in un saggio intitolato
Arte e coscienza oggi", diviso tra nobili aspirazioni e realtà pratica, cosciente della crisi di ideali.
Anche un protagonista de I vecchi e i giovani, prigioniero anche lui dell'inanismo, è consapevole
della sterilità della sua generazione: romanzo contraddittorio, ricco di spunti e tendenze diverse
e contrastanti, e chiude la parentesi romanzesca siciliana di P, di impronta stilistica fondamen-
talmente ottocentesca. I suoi romanzi vedono spesso diverse rielaborazioni anche a distanza di
anni. L'Esclusa e il Turno vengono scritti a pochi mesi di distanza ma hanno grande differenza: il
secondo vede personaggi privi di interiorità e di possibilità di evoluzione, prigionieri di una ma-
schera, mentre la mancanza di partecipazione emotiva del narratore esclude l'umorismo. Anche
ne l'Esclusa predomina il paradosso; per gli intellettuali frustrati dopo gli eroismi risorgimentali
l'esclusione è una precisa condizione esistenziale e sociale. Se in Verga e in Capuana sono i
fatti a portare i personaggi all'esclusione, in P. è l'apparenza sociale del fatto a causare l'esclu-
sione della protagonista. Le interpretazioni nietzschiane in P. hanno la forza della realtà. L'unico
riscatto possibile all'isolamento è quello intellettuale. La poetica dell'umorismo nascerà dalla
predisposizione a cogliere il ridicolo, cioè da un approfondimento del tema dell'estraneità dell'io
nei confronti delle cose e di se stesso. In un'alternanza tra reazione e passività, nel romanzo vin-
ce quest'ultima: l'unica soluzione è la reintegrazione nella società e l'accettazione delle conven-
zioni: P. supera il naturalismo dall'interno e comincia ad elaborare la nozione di verità relativa e
convenzionale cui resterà sempre fedele. Fondamentali le figure degli intellettuali tra i personag-
gi: escono dalle convenzioni con la pazzia. Ne I vecchi e i giovani la crisi degli ideali e la man-
canza di prospettive con le loro incertezze e i loro fallimenti, creano un sistema di forze immobi-
li, che si annullano: sono tutti dei vinti; la storia non conclude, è un flusso senza senso e senza
scopo. Come soluzione l'autore sembra proporre una soluzione di cooperazione interclassista x
riequilibrare lo sviluppo economico e industriale del sud. Il linguaggio è ricco di termini rari e
neologismi; le tonalità della scrittura oscillano tra il patetismo drammatico e l'umorismo. In que-
sto romanzo manca la sintesi tra avvertimento e sentimento del contrario, solo nei successivi ro-
manzi i toni umoristici troveranno una loro organica unità. Neanche la contraddizione tra la fun-
zione sociale dei personaggi e la loro essenza viene mai fatta esplodere. Per P. questo romanzo
chiude un'epoca della vita, non è solo un resoconto della situazione siciliana: è una testimo-
nianza fedele e contraddittoria di un dramma generazionale.
La poetica dell'umorismo viene elaborata nei primi anni del '900: nella seconda redazione del Fu
Mattia Pascal l'umorismo viene fatto dipendere dalle scoperte di Copernico e del loro relativi-
smo mentre nel saggio del 1908 è visto come un'estetica filosofica. Alla sua base c'è l'abbando-
no della possibilità tragica e oggettiva e di una soggettività forte che ricomponga in unità una
realtà piena di contraddizioni e contrasti. Era l'antropocentrismo tolemaico a dare unicità e orga-
nicità al mondo e alla sua visione. La dichiarazione della mancanza di senso sia della vita che
della scrittura è la novità storica pirandelliana e la distanza dal romanzo dell'800. Il saggio L'u-
morismo esprime la coscienza pirandelliana del moderno sul piano letterario: l'autore è consa-
pevole della fine del mondo classico, con eroi integri e univoci. L'umorista scompone il carattere
nei suoi elementi e si diverte a rappresentarlo nelle sue incongruenze; il relativismo romanzesco
preferisce il basso, il comico e la mistificazione dell'autorità; protagonista è una antieroe,
predisposto allo sdoppiamento e a guardarsi vivere. La modernità è il tempo dell'impossibilità
dell'epos e il tragico si converte o si mescola al comico. Le categorie sono pure illusioni e
variano a seconda delle circostanze. Le grandi ideologie rispondono a un'esigenza pratica di
sicurezza e di operatività, non hanno alcuna base cerca né garanzia di verità. Il bisogno di
immobilizzare la realtà in concetti e rappresentazioni e di dare un significato all'esistenza con
criteri e ideali aiuta concretamente a vivere ed è indispensabile fondamento della pratica
sociale, ma ontologicamente e filosoficamente è fonte di inganni e illusioni e cristallizza
l'esistenza in forme aride e ripetitive. Le anime inquiete sono quelle che rifiutano questa
cristallizzazione in forme. L'umorismo scavalca l'irrigidimento della forme impossessandosi della
fluidità della vita. Ciò che distingue l'opera d'arte artistica da quella ordinaria è il ruolo della
riflessione: non razionalistica ma empirica. Il comico è semplice avvertimento del contrario,
l'umorismo è sentimento del contrario che nasce dalla riflessione, assente nel comico. La
riflessione è scomposizione critica. L'umorismo procede x rotture e interruzioni, puntando sullo
choc del contrasto e della contraddizione: le immagini si presentano in contrasto e dividono lo
spirito, che cerca di trovare delle relazioni. Tende a un'arte della discordanza e della
contraddizione, nella convinzione dell'irriducibilità del reale a un senso ultimo. La poetica
umoristica rifiuta le leggi della retorica x adeguarsi alla lingua comune. L'io viene svuotato di
ogni fisionomia cerca, l'identità entra in crisi e l'interiorità viene smantellata. La fine della
naturalezza riguarda anche l'arte: la soggettività non è più sovrana, il personaggio è quasi
autonomo, ma è un puro simulacro. Al personaggio pertiene una condizione di estraneità che si
manifesta in lui verso le istituzioni sociali e naturali e verso la propria stessa soggettività, e si
limita a guardare la vita sociale dall'esterno; il vedersi vivere ha il sopravvento sul vivere. Il senso
della vita degli altri e della propria sfugge e ne resta sospeso uno nuovo. L'estraneità è un
atteggiamento allegorico. L'opera d'arte non giunge più all'essenza delle cose.
IL FU MATTIA PASCAL: si lega alla poetica dell'umorismo e anticipa le considerazioni sul rap-
porto fra arte e sviluppo tecnico, concludendo che il progresso tecnologico non fa la felicità ma
complica la vita. Adriano Meis riflette sulla fine dell'armonia fra l'anima e il mondo e sull'estranei-
tà della natura ai destini dell'uomo e alle sue domande di senso. La condizione di infelicità e di-
stonia è incoraggiata dalla modernità: dopo Milano, anche Roma è morta sotto la modernità. Il
mondo arcaico-rurale non rende più possibile l'idillio famigliare, è concluso. Vi è sospensione
tra vecchio e nuovo, entrambi invivibili: condizione che si riflette nel romanzo, per la crisi delle
tradizionali forme letterarie. Le vecchie forme romanzesche sono smembrate e rinnovate. La
conclusione del romanzo sottolinea che l'identità non può realizzarsi: l'illusione di poter vivere è
definitivamente deposta.
Il rovesciamento delle strutture tradizionali del romanzo e l'alternarza fra narrazione e metanarra-
zione sono la novità. La straniamento viene espresso tramite gesti paralleli e grotteschi, che di-
struggono l'armonia della persona. Qui la poetica dell'umorismo è pienamente narrata. Nel ro-
manzo manca l'autorealizzazione del soggetto, che si limita a un'evoluzione. L'ostilità verso il
padre è una costante in Pirandello. Il protagonista tende ostinatamente a ripetere le stesse si-
tuazioni, in un accostamento tra le identità di Mattia. Va considerato uno dei primi esempi di al-
legorismo moderno della letteratura italiana.
QUADERNI DI SERAFINO GUBBIO OPERATORE: primo titolo è Si gira...! ed è un romanzo dia-
ristico, dal nome del suo narratore. I riferimenti a san Francesco vogliono culminare in un'ascesi
laica. 6 quaderni con diversi capitoli. Vicenda povera di azioni. Serafino Gubbio rappresenta l'e-
stremo limite di rarefazione e scarnificazione, puro personaggio intellettuale. I commenti filosofi-
ci e divaganti, quasi esercizi di logica astratta, s'insinuano continuamente nei fatti narrati e dialo-
gati, tanto che alla forma diaristica si sovrappone quella del romanzo-saggio. L'oggetto reale
del romanzo è il predominio delle macchine, mentre l'esclusione dalla vita è vicenda filosofica,
storica e sociale, non esistenziale.
L'atteggiamento di Serafino nei confronti della realtà è improntato alla pietà x gli uomini, che ap-
paiono prigionieri dei ruoli sociali e delle istituzioni. L'uomo è un ingranaggio della civiltà delle
macchine, servo e schiavo di un meccanismo che non controlla.
SUO MARITO: del 1909, riprende da L'esclusa l'estraneità e l'affermazione di una personalità in-
tellettuale in una figura femminile. L'istintività creatrice della protagonista si contrappone alla ra-
zionalità economica con cui il marito concepisce l'arte. Analisi critica della modernità vista nelle
organizzazioni dei letterati e nella diffusione delle loro opere sul mercato. L'obiezione nei con-
fronti della modernità (la mercificazione artistica) resta ideologica, non si esplica in eventi con-
creti. Riferimento a Una donna di Sibilla Aleramo.
UNO NESSUNO E CENTOMILA: lunga gestazione, dal 1909 al 1925, riprendendo temi e struttu-
re dal Fu Mattia Pascal. Vitangelo Moscarda è uno sviluppo di Pascal: entrambi inetti e perse-
guitati dal fantasma del padre. Vitangelo è più consapevole di Pascal dell'impossibilità della
propria identità, da cui la guarigione del personaggio con un approdo sapienziale grazie anche
all'immersione nella natura, per quanto priva di senso. Superamento dell'atteggiamento critico-
negativo nella trasformazione dell'orrore in idillio, dell'alienazione in ontologizzazione.
Pirandello si dedica al teatro dal 1910, dal 1916 in modo continuativo. Pirandello incontrava
maggiori difficoltà a portare avanti nel teatro la battaglia contro il simbolismo e il naturalismo, ri-
spetto che con le novelle e le poesie. Nei primi decenni del '900 dominano sulla scena letteraria
le belle parole dannunziane e su quella teatrale le scarne battute simboliste. Per P. il teatro è in-
terpretazione da parte degli attori del testo dell'autore. Elabora la tesi dell'autonomia dei perso-
naggi rispetto all'autore e agli attori, passando x il concetto di autonomia dell'opera d'arte, e ac-
centua l'aspetto dissacrante del lavoro artistico, ridimensionando l'aura della letteratura, in
un'autocontestazione interna del teatro. L'attore del teatro pirandelliano indossa una maschera
preconfezionata che non lascia spazio all'interpretazione. Il mestiere dell'attore viene così esal-
tato e disciplinato. L'arte si impone all'autore con una sua propria volontà, provocando il movi-
mento tecnico atto ad effettuarla.
La materia mentale si può staccare dando vita a un personaggio di pochi tratti caratteriali es-
senziali, dopodiché è il personaggio a creare la trama. Il teatro è arte degradata: in un clima di
guerra, l'arte procede verso la propria autodistruzione tra beffe e parodia di se stessa: la trage-
dia può presentarsi solo umoristicamente come farsa, nella propria irrealtà. L'opera di sdoppia
e ostenta la propria artificiosità. P. considera il cinematografo mero prodotto industriale ed è
contrario anche al film parlato. Le prime opere teatrali sono trasposizioni di novelle. E' con All'u-
scita del 1916 che ha davvero inizio il teatro pirandelliano: nettissima è la distanza dai prece-
denti atti unici, la scarnificazione, la rarefazione, la dematerializzazione dell'allegoria sono facil-
mente percepibili perché la vicenda stessa si colloca al di là della vita; protagoniste sono appa-
renze e ombre. Liolà verrà criticata da Gramsci molto più positivamente delle altre opere di Pi-
randello: più vitale di All'uscita è comunque caratterizzata da un forte spirito antiborghese e lo
scandalo resta aperto. Liolà come Pascal è un diverso, x quanto guardato con ammirazione e
perfettamente inserito nel suo ambiente.
Il dramma Così è (se vi pare) è manifesto del relativismo gnoseologico pirandelliano: sono in
questione sia la categoria d'identità sia quella di verità. Viene messa in scena la presunzione
positivistica che esista una verità oggettiva basata su dati di fatto: la verità in realtà non esiste, è
solo un processo sociale, storico e relativo, che vive nelle coscienze e nelle interpretazioni.
6 PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE: rinvia al tema dell'autonomia del personaggio rispetto
all'autore. Nel 1919 la moglie di P. viene ricoverata in clinica psichiatrica: la sua follia si manife-
sta come gelosia ossessiva nei confronti del marito e della figlia. L'impossibilità di trovare nei
suoi personaggi un significato universale viene messa in scena nell'opera. La contrapposizione
tra attori e personaggi è esplicita e introduce il tema del doppio, nell'impossibilità di trasferirlo in
opera compiuta; al posto del dramma vi è solo la commedia del vano tentativo. Il vero dramma
è l'impossibilità del dramma. La struttura riflette una complessa e contraddittoria relatività, la vi-
cenda appare destrutturata su piani diversi che si intersecano continuamente. Le casuali inter-
ruzioni che ripartiscono l'opera in atti e il carattere aperto e inconcluso sono parte semantica del
messaggio pirandelliano: la forma è contenuto sedimentato (Adorno). Il concetto dell'incesto
viene degradato: padre e figlia non hanno legame di sangue e l'incesto non viene consumato;
la famiglia non è più luogo di valori ma sede di tensioni e meschinità. Il riso viene inserito in un
contesto che permette allo spettatore di passare
dall'avvertimento al sentimento del contrario. In 6 personaggi P. vede raggiunti x la prima volta i
due obiettivi dell'autonomia dei personaggi dall'autore e la dissacrazione del momento artistico,
sino all'autodestrutturazione interna. La destrutturazione dell'atto scenico giunge sino a una sor-
ta di autocontestazione interna del teatro. Quest'opera rivela un meccanismo anche gnoseolo-
gico: P. pone la questione dei modi stessi della conoscenza artistica del moderno, con un incre-
mento di coscienza teorica dalla prima alla definitiva stesura. P. distingue gli scrittori di natura
storica da quelli di natura filosofica: i primi si attengono ai fatti, i secondi sentono il bisogno di
attribuire significati universali. Lui, P., non riusciva a dare un senso generale alla storia e ai suoi
personaggi. Il simbolismo allegorico rifiutato da P. parte da un concetto che cerca di farsi imma-
gine, mentre il bisogno spirituale dell'autore cerca nell'immagine un senso che gli dia valore. Nel
moderno manca il significato universale: è questo il dramma gnoseologico che vuole mettere in
scena P. I personaggi sono in cerca di un autore come in cerca di un significato impossibile.
L'atto della significazione allegorica mette in scena se stesso. L'ordine che si riesce a realizzare
è quello dell'allegoria, con frammenti di senso e caos che mettono in scena l'impossibilità del-
l'arte moderna di divenire interpretazione complessiva, capace di armonizzare le voci discor-
danti. La poetica dell'umorismo si presenta capace di rompere sia col mondo classico che con
quello romantico, perché evidenzia lo sdoppiamento e la scissione dei piani, contro la ricerca di
un'armonia. Col teatro nel teatro 6 personaggi vuole dare congedo a ogni forma organante o
sublimante della forma sottolineando il carattere contraddittorio e decostruttivo della ricerca pi-
randelliana. Un continuo processo di straniamento campa sul vuoto. La stessa dissociazione
tra materia e il suo significato emerge anche nell'Enrico IV (1921), considerato complementare a
6 personaggi. La tragedia è degradata e mostra la propria naturale metateatrale, fatta di ele-
menti da dramma ottocentesco. La tragedia nella modernità non viene mai vissuta, ma è sem-
pre finzione. Il personaggio di Enrico IV si inserisce nella serie rassicurante dei fatti storici e fuori
del flusso vitale e della società, da cui estraneità e distacco critico. Il rivale del re rappresenta il
suo doppio, il suo alter ego. Enrico IV si pone in attitudine allegorica, escludendo sintonia e
possibilità di conoscenza. La distonia non è solo una condizione psicologica quanto la condi-
zione tipica dell'allegorista moderno. Enrico IV si maschera da pazzo per smascherare coloro
che da pazzi si comportano. La finzione della follia è la forma dell'estraneità.
Vestire gli ignudi riprende 6 personaggi, mentre La vita che ti diedi rimanda a Enrico IV. Ne L'uo-
mo dal fiore in bocca la prospettiva della morte reale smaschera la morte metaforica. L'arte ten-
de a coincidere con la vita e la verità estetica, al di là del relativismo che rende immobile e pro-
blematico il comportamento dei personaggi: una nuova forma di catarsi. La caduta della barrie-
ra tra scena e extrascena qualifica Questa sera si recita a soggetto. Gli attori si ribellano al regi-
sta: ora entrano a far parte del momento metateatrale ora recitano immedesimati nella parte,
ciò senza marche distintive. La ricerca di un autore e di un significato appartiene al passato (6
personaggi), per cui la loro assenza è scontata: il posto dell'autore è conteso, in luogo del
dramma sarà lo spettacolo o la recita a soggetto a seconda che prenda il potere il regista o che
gli attori impongano la loro autonomia. 2 soli livelli: piano dei personaggi e quello degli attori, il
significato letterale e il suo straniamento. E' la fine della possibilità allegorica e rischia di coinci-
dere con la fine del teatro. Si riaffacciano l'irrazionalismo vitalistico e la soluzione romantico-sim-
bolista. La sintonia, l'identificazione con flusso vita come espressione dell'arte, può apparire
preferibile alla distonia.
Straniamento e metateatralità poggiano sul vuoto.
Dal periodo dei capolavori teatrali, 1922, fino alla morte, riordina tutta la sua produzione novelli-
stica all'interno di un progetto unitario in 24 volumi di 15 novelle x volume. Uno dei massimi ca-
polavori dell'allegorismo moderno, vuoto e negativo, insieme ai 6 personaggi, pur animato da
un'esigenza di quiete e alla ricerca di un senso. Le novelle vengono ordinate in senso cronologi-
co o tematico. Le novelle x un anno acquistano significato solo all'interno del progetto elaborato
da P. nel 1922. 5 aspetti caratteristici di tutta l'opera: la concezione del linguaggio e il suo uso
nella pratica della scrittura (come sistema convenzionale all'interno della comunità), il rifiuto del-
la sineddoche e l'isolamento espressionistico della parte rispetto al tutto, il paesaggio e la sua
disarmonia rispetto all'uomo, il rapporto fra il nichilismo e la ricerca di una verità, la struttura del-
le novelle. Il caso e il caos sono riscontrabili oltre che nella struttura interna dell'opera, anche
nelle singole novelle. Alla varietà dei casi e delle situazioni corrisponde altrettanta varietà dei
punti di vista e delle tecniche narrative.
UNO NESSUNO E CENTOMILA: del 1926, si colloca in un momento di svolta per la società ita-
liana. Il fascismo è regime e le tendenze d'avanguardia sono sconfitte. L'arte sta recuperando
l'aura tradizionale, puntando sull'elemento catartico e mitico. Ontologizzazione della vita e asso-
lutizzazione dell'arte. Viene meno l'istanza della provocazione e della rottura col pubblico. Anche
P. attenua gli elementi disgregativi e umoristici della propria arte. L'unicità ora prevale sulla di-
sgregazione e sulla scissione. La natura cessa di essere istanza di estraneità e diviene entità
positiva che si rivela, nei bambini e negli animali.
Nei miti si dà una tendenza analoga alla sublimazione e alla consolazione, con un atteggiamen-
to gnoseologico che sembra rinunciare all'allegoria x scegliere soluzioni simboliche. Se finora i
progetti avevano sviluppo razionale, condotto sul filo della logica, con cui misurarsi con l'assen-
za di significato, nei miti prevalgono procedure irrazionali e mistiche, tendenti ad affermare veri-
tà universali che dovrebbero imporsi attraverso processi intuitivi. La struttura dell'allegoria e del
simbolo sembra confermata: i miti sono delle favole la cui durata narrativa suggerisce un signifi-
cato altro. Non sono semplici figure retoriche: inferiscono a diversi statuti gnoseologici riguar-
danti il rapporto fra soggetto e mondo, ragione e intuizione, particolare e universale. Sono modi
di organizzare figure. Nel P. dialettico e allegorico non scaturisce un senso complessivo, qui il
significato universale è dato dalla struttura stessa del racconto, da cui deve emergere una verità
valida per tutti, suggerita x via di intuizione ma già assimilata e scontata. Allo stile concitato e
dialogico si sostituisce uno ispirato a una liricità soffusa; al posto di una verità relativa c'è la veri-
tà per eccellenza. Concezione della superiorità dell'arte, con analogia e corrispondenza fra il
creatore della natura e quello dell'arte e le loro creature. Ora P. l'arte aspira all'organicità, all'uni-
tà, della naturalezza quale voce di un assoluto.
Nell'opera di P. si delinea una vera e propria tipologia di riso. Nei racconti il riso viene presentato
nelle sue 2 valenze principali: come eversione anarchica in quanto espressione della vita e co-
me castigo sociale ed elemento di stabilizzazione e conservazione in quanto espressione della
forma.
Attraverso il secondo il potere riesce a dare unità e compattezza a una comunità incerta e diso-
rientata, a bloccare e reprimere la coscienza del carattere artificioso del patto civile e a compat-
tare il corpo sociale. All'inautenticità della forma civile l'ultimo P. contrappone l'utopia dello stato
di natura. Il surrealismo può congiungersi con la denuncia e con l'espressionismo ma può an-
che cedere a suggestioni fiabesche o mistiche.
Pirandello è l'unico scrittore italiano del 900 famoso in tutto il mondo. Pirandelliano indica un av-
venimento o una situazione paradossali, pirandellismo definisce atteggiamenti ispirati al moder-
no relativismo o a un esasperato cerebralismo. Con Pirandello entrano nella letteratura italiana
alcuni dei caratteri fondamentali dell'avanguardia europea: la crisi delle ideologie e il conse-
guente relativismo, il gusto per il paradosso, la tendenza alla scomposizione e alla deformazio-
ne grottesca ed espressionistica, la scelta della dissonanza, dell'umorismo, dell'allegoria. Bene-
detto Croce stronca l'opera pirandelliana come "inutile filosofare", mentre Gramsci ne riconosce
il valore ideologico, soprattutto di Liolà, anche se non quello estetico. Intuizioni brillanti della no-
vità rivoluzionario di Pirandello, scopritore della fine dell'aura del personaggio, giungano da chi
era totalmente estraneo all'influenza idealistica: Walter Benjamin. La maggior fortuna di P. si ha
tra gli anni 50 e i 60, nel periodo del boom economico, dello sperimentalismo e della neoavan-
guardia, e dell'apertura alle tendenze culturali più diffuse in Europa, dalla psicoanalisi allo strut-
turalismo, dal neopositivismo alla fenomenologia.

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