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La mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. 56 Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, e io in
lui. 57 Come il Padre vivente mi ha mandato e io vivo a motivo
del Padre, così chi mi mangia vivrà anch'egli a motivo di me.
58 Questo è il pane che è disceso dal cielo; non come quello che i
padri mangiarono e morirono; chi mangia di questo pane vivrà in
eterno». 59 Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga di
Capernaum.
60 Perciò molti dei suoi discepoli, dopo aver udito, dissero:
«Questo parlare è duro; chi può ascoltarlo?» 61 Gesù, sapendo
dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano di ciò, disse loro:
«Questo vi scandalizza? 62 E che sarebbe se vedeste il Figlio del
l'uomo ascendere dov'era prima? 63 È lo Spirito che vivifica; la
carne non è di alcuna utilità; le parole che vi ho dette sono spirito
e vita. 64 Ma tra di voi ci sono alcuni che non credono». Gesù sa
peva infatti fin dal principio chi erano quelli che non credevano, e
chi era colui che lo avrebbe tradito. 65 E diceva: «Per questo vi
ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è dato dal
Padre».
Care sorelle, cari fratelli,
con il brano su cui vogliamo riflettere oggi diventiamo dei testi
moni di un colloquio a prima vista strano. Infatti, chi non conosce
ciò che porta a questo discorso di Gesù, si sentirà un po' spaesato.
Per questo conviene guardare anche il contesto, ciò che precede il
nostro brano:
all'inizio c'è una grande folla, una folla enorme, uomini e donne
curiosi di quel Gesù che cammina per il paese e predica con una
chiarezza rara. Inoltre ha la fama di guarire i malati.
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Così un ritiro spirituale di Gesù con suoi discepoli, un ritiro pen
sato per stare soli, diventa un megaevento: 5000 uomini con le
loro donne e i loro figli si avvicinano al luogo del ritiro. Quando
arriva la fame, si contano i pani: cinque pani e due pesci devono
bastare per saziare tutte e tutti.
E poi il miracolo: esso non consiste tanto nel fatto che cinque
pani e due pesci bastano per saziare una folla così enorme, il mi
racolo consiste invece nella condivisione di ciò che c'è.
La condivisione è un miracolo ogni volta che accade, un miracolo
perché anche all'interno delle nostre chiese talvolta vige una leg
ge diversa da quella della condivisione. La domanda che ci fac
ciamo sovente è: che vantaggio ho? E' una domanda che rivela
egoismo: non ci chiediamo cosa sarà di noi, del mondo, della
creazione, ma solo che vantaggi ho IO.
La legge della condivisione perciò è sempre più rara; nonostante i
risultati devastanti di una società che non sa condividere, vincono
sempre di più l'egoismo e la legge del profitto personale; perdia
mo così di vista l'orizzonte del tutto, delle relazioni che siamo
chiamate e chiamati a vivere.
Non approfondisco qui, perché due settimane fa Iris ha parlato
proprio della condivisione nel culto della gmp.
Torno invece alla situazione che precede il nostro brano: Gesù è
riuscito solo per poco tempo di “fuggire” dalle masse. Le persone
lo cercano, sanno che si trova a Capernaum e perciò salgono sulle
barche per arrivarci. Alla fine lo trovano e rivolgono a Lui le loro
domande. Gesù risponde affermando che l'essere umano non vive
solo di pane, apre l'orizzonte in modo da fare vedere alla folla che
c'è qualcosa nella vita che va oltre la questione del profitto e del
possesso: vivere in relazione con Dio ascoltando la sua Parola.
Questa vita in Dio e con Dio fa di noi delle persone non più con
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dannate all'egoismo, perché con Dio non ci sentiamo più soli, con
un Dio che pronuncia su di noi il suo “io ti amo perché esisti”
crea un legame profondo con noi. La relazione con Dio ci collega
alla fonte di vita e apre nuovi orizzonti.
Per questo Gesù dice: “Io sono il pane della vita; chi viene a me
non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete.”
Per concretizzare il significato di questa sua autorivelazione,
Gesù fa un tuffo nella storia d'Israele, nella storia della salvezza
del popolo di Dio, ricorda i fatti che tutti in Israele conoscono, le
vicende del cammino del popolo di Dio nel deserto, del cammino
verso la terra promessa.
Allora il popolo, fuggito dalla schiavitù in Egitto, cammina per il
deserto. La strada verso la libertà è lunga e spesso il popolo soffre
la sete e la fame. Talvolta il popolo sembra essere arrivato a ca
polinea, non ce la fa più a seguire Mosè ed i suoi discorsi di un
paese in cui scorrono il latte e il miele. “Come può essere vera
questa affermazione se noi qui ed oggi dobbiamo morire di
fame?”
Allora Dio fa piovere pane dal cielo. Il popolo sperimenta quindi
la presenza del suo Dio anche in mezzo al deserto e alle situazioni
critiche della vita. Il popolo, anche per mezzo del pane venuto dal
cielo, vede di non essere solo, sa che Dio cammina con loro.
Gesù evoca questo racconto della manna quando dice: «Io sono il
pane che è disceso dal cielo».
Come il popolo d'Israele, anche noi, nella nostra vita, facciamo
delle esperienze del deserto, conosciamo i momenti in cui soffria
mo di fame e di sete, arriviamo ad un punto che per noi sembra il
capolinea.
Allora accadono i piccoli o i grandi miracoli della presenza di
Dio, il capolinea diventa una semplice fermata, la vita va avanti,
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forse non come l'abbiamo progettata noi, ma comunque va avanti,
e lo fa in modo che possiamo scorgere Dio in mezzo alle nostre
esperienze, Dio che ci libera e ci fa camminare lì dove tutto sem
brava inutile.
Gesù dice: «Io sono il pane che è disceso dal cielo» e continua
questo discorso che caratterizza tutto il sesto capitolo dell'Evan
gelo di Giovanni con le parole che abbiamo letto: 55 Perché la
mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. 56 Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, e io in
lui. 57 Come il Padre vivente mi ha mandato e io vivo a motivo
del Padre, così chi mi mangia vivrà anch'egli a motivo di me.
58 Questo è il pane che è disceso dal cielo; non come quello che
i padri mangiarono e morirono; chi mangia di questo pane vivrà
in eterno».
Gesù promette di essere colui che continua a rendere visibile la
presenza di Dio nel mondo. Come il pane disceso dal cielo così
Gesù stesso è il pane di Dio, anche dopo la sua morte. Per questo
parla di sangue e del suo corpo, dice parole che a noi fanno venire
in mente la santa cena che celebreremo fra poco qui insieme.
Diremo le parole: il pane che spezziamo è la comunione con il
corpo di Cristo che è stato dato per noi; il calice della benedizione
per il quale rendiamo grazie è la comunione con il sangue di
Cristo che è stato versato per noi.
Sono parole che consociamo bene, le ripetiamo ogni volta che ci
avviciniamo alla mensa del Signore.
I discepoli, durante l'ultima cena con Gesù, hanno sperimentato
concretamente il significato delle parole di Gesù: io sono il pane
disceso dal cielo, quando Gesù, il loro Signore e Maestro ha loro
lavato i piedi facendo così un servizio da schiavo.
Per noi tutto ciò si concretizza, anzi si addensa nella cena del Si
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gnore, che è più di un semplice cibo per l'anima, ma qualcosa che
va molto oltre.
La cena del Signore dà la certezza che non siamo soli nella nostra
vita, la cena Signore ci rende capaci di scoprire nei poveri segni
di un boccone di pane e un sorso di vino la presenza del nostro
Dio che vuole vivere una stretta e intensa comunione con noi.
Dio è con noi, Dio in Cristo ci dice: non sei solo, non sei sola, la
tua vita è ancorata in me, in colui che è amore e vuole renderti
partecipe di questo amore.
Che bella, questa affermazione di Gesù, un'affermazione che vuo
le incoraggiare noi in mezzo alla nostra vita in cui ci sono dei
tempi in cui viviamo nelle angosce profonde e ci sentiamo terri
bilmente soli e sole:
mi ammalo e il mio unico pensiero e quello di guarire. Quando
però non so, che cosa mi succede, quando ci sono dei dolori e non
ho niente con cui toglierli, l'angoscia cresce pari passo con la mia
impotenza di poter fare qualcosa.
La stessa impotenza, la sperimentiamo quando una persona a noi
cara si ammala senza poter fare niente.
Ma l'angoscia ci viene non solo per la malattia, ci sono tante si
tuazioni nella vita in cui l'angoscia sale in noi e ci rende impotenti
e soli: nell'incertezza sul lavoro “mi diranno domani che non ci
si sarà più posto per me?”, nell'incertezza della casa che forse non
riuscirò più a pagare o – come si sperimenta qui nella Calabria
delle frane – la casa che è a rischio di essere portata via.
In quei momenti è importante la parola di Gesù: 55 Perché la mia
carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. 56 Chi mangia
la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, e io in lui.
57 Come il Padre vivente mi ha mandato e io vivo a motivo del
Padre, così chi mi mangia vivrà anch'egli a motivo di me.
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58 Questo è il pane che è disceso dal cielo; non come quello che
i padri mangiarono e morirono; chi mangia di questo pane vivrà
in eterno».
E' importante sapere: non sono solo, Dio mi offre la comunione,
la sua presenza nella mia vita, Dio mi da la sua mano e mi dice:
tu non sei solo, non sei sola, qualunque cosa accada. Dio mi è vi
cino, il pane e il vino della Santa cena ne sono poveri segni, sim
boli della Sua presenza in mezzo a noi.
In Gesù, Dio si avvicina a me, condivide con me la Sua vita, di
venta il mio compagno di strada, cammina accanto a me che sono
fragile e pieno di tante domande, il Dio, creatore del mondo di
venta il mio compagno.
Ed è questa sua presenza che cambia la nostra vita, che fa di noi
dei portatori e delle portatrici della comunione con Cristo che sta
alla base della nostra esistenza.
Siamo al “fattore orizzontale” della pane della vita, della comu
nione con Cristo. Chi ha assaggiato il pane della vita, chi ha spe
rimentato la presenza di Cristo nella propria esistenza, non è più
indifferente alla comunione fra gli uomini e le donne di questo
mondo e alla comunione con il creato. Il pane di vita, Cristo, ci
“contagia”, ci vuole coinvolgere nel portare avanti e nella concre
tizzazione della sua comunione.
Ed ecco, siamo in un certo senso tornati alla condivisione di cui
parlavamo sopra. Ma comunione e condivisione vanno pari passi:
solo la vera comunione porta alla condivisone e solo la condivi
sione porta ad un legame stretto con tutti e tutti.
Dio ci faccia sempre di nuovo sperimentare la sua presenza come
fece una volta con pane nel deserto e un'altra volta con la Sua ve
nuta nel mondo in Cristo. Dio ci faccia diventare delle persone
capaci di relazionarsi in modo sano e autenticamente e testimoni
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di un mondo di condivisione. Amen.
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