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Manto-GAS | Gruppo di Acquisto Solidale Mantova

organizza un incontro sul tema

DETERSIVI E AMBIENTE:
ISTRUZIONI PER UN USO SOSTENIBILE
a confronto detersivi “convenzionali”
e detersivi cosiddetti “ecologici”

a cura di Fabrizio Zago


chimico industriale specializzato in detergenza e
cosmesi, consulente di Legambiente, AIAB, Ecolabel
e con la partecipazione degli amici del G.A.S. di
Rimini, fondatori di Officina Naturae

Lunedì 30 Gennaio 2006 – Ore 20,45


Ostello del Mincio – Sala Polivalente – Rivalta sul Mincio (Mantova)

Trascrizione della registrazione audio di Virgina Iannaccone (Manto-GAS)

Introduzione di Marco Munari (Manto­GAS)
Buonasera, buonasera a tutti e benvenuti.
A nome del Manto-GAS, il Gruppo di Acquisto Solidale di Mantova, anzitutto vi ringrazio per la vostra
presenza e partecipazione così numerosa, segno dell’interesse per l’argomento che affronteremo questa sera:
i detersivi.
Prima di passare la parola al nostro relatore, Fabrizio Zago, che ringrazio fin d’ora, penso sia giusto dire
brevemente cos’è e cosa fa il Manto-GAS, immaginando che molti di voi non han mai sentito parlare di un
GAS, non del GAS (!).
Molto semplicemente i Gruppi di Acquisto Solidale sono gruppi di famiglie che scelgono di comprare
insieme beni d’uso quotidiano e talvolta anche servizi. La presenza però dell’aggettivo solidale sta ad
indicare che i fornitori vengono selezionati in base a criteri di giustizia, di solidarietà e di rispetto per
l’ambiente.
I GAS sono diffusi un po’ in tutta Italia e se ne contano ad oggi circa 240; c’è una rete nazionale che li
collega per facilitare lo scambio di esperienze ed un sito web di riferimento che offre molte informazioni e
notizie per chi vuole approfondire: l’indirizzo è www.retegas.org.
In provincia di Mantova da oltre 10 anni esiste il Manto-GAS che è composto da alcune decine di famiglie;
oltre ad organizzare periodicamente gli acquisti, il Manto-GAS promuove il consumo critico e consapevole
con incontri a tema aperti a tutti, come quello di questa sera.

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E vorrei concludere citando e ringraziando anche gli amici del GAS di Rimini, qui presenti, e grazie ai quali
è stato possibile realizzare quest’incontro. Luca e Silvia hanno una storia molto particolare che forse ci sarà
il tempo di raccontare: in sostanza quando circa due anni fa come gruppo di acquisto hanno dovuto affrontare
la scelta del fornitore di detersivi, rimasti insoddisfatti di quelli esistenti sul mercato, hanno deciso di fare da
sé, mettendo a frutto anni di esperienza nei settori chimico-farmaceutico, bio-edile, alimentare e nel
commercio equo-solidale. Hanno così fondato la ditta “Officina Naturae” che attualmente rifornisce
numerosi GAS e botteghe del mondo.
Infine una citazione: il settimanale Carta, nell'annunciare il nostro incontro di questa sera, ci ha definiti “I
ribelli dell'aceto di mele”, prendendo spunto da una ricetta per auto-prodursi un ottimo anti-calcare a partire
dall'aceto. Ed ha scritto "Quando si parla di inquinamento è immediato pensare alle auto e al petrolio, molto
meno ai detersivi, eppure i danni provocati dal loro uso sono spesso irreparabili...".
Bene, io mi fermi qui e passo la parola a Fabrizio.
Buona serata.

Relazione di Fabrizio Zago
Chimico, rappresentante tecnico a Bruxelles dell'Associazione Piccole e Medie Imprese Europee, da cui ha
attinto i dati presentati. Si occupa, sempre a Bruxelles, del marchio ECOLABEL. Collaboratore di AIAB e
Legambiente.

Se per caso qualcuno ha un dubbio rispetto al perché dobbiamo interessarci ai detersivi e a quanto questi
possano inquinare, basta considerare il primo dato illustrato nella diapositiva che considera la quantità di
sapone (quindi una sostanza completamente vegetale, di origine naturale) immessa sul mercato dell'Europa
Occidentale nel 1960, che era pari a 1milione 100 mila tonnellate; in quello stesso anno venivano immesse
sul mercato 1 milione 232 mila tonnellate di detersivi sintetici.
Solo 36 anni dopo, nel 1996, la quantità di sapone immessa sul mercato si è dimezzata, in compenso la
quantità di detersivi sintetici è circa 8 volte di più. Tutto ciò è accaduto in un periodo di tempo molto breve,
anche rispetto al percorso dell'industria, quindi è evidente che abbiamo un problema e, se non basta questa
considerazione, ce n'è un'altra molto più interessante per i tecnici: una ulteriore tabella, rappresentante una
sostanza chimica detta LAS (linear alkylbenzene sulphonate), presente in tutti i detersivi classici, ma anche
nei lava-piatti, lava-pavimenti, ecc…, dimostra che, quando questa finisce nel fango, non è più in grado di
degradarsi, ovvero: finché è nella "parte acqua" viene ossigenata e i batteri se la mangiano, quando arriva nel
fango non c'è più aria né ossigeno e i batteri non se la mangiano più.
Due studi effettuati in Italia nel 1994 e nel 2000 dimostrano che nel '94 sono stati rilevati 6000mg di LAS
per ogni chilo di fango, mentre nel 2000 ne sono stati riscontrati da 6000 a 14.000mg, sempre per ogni chilo
di fango (14 gr al chilo). Per lavare i piatti con lo “Svelto”, ad esempio, ne basta mezzo grammo per litro di
questa sostanza, qui ne abbiamo 10-12 volte di più, il che significa che se lavate i piatti nel fango del fiume
vengono perfettamente sgrassati, puliti e fa anche un po' di schiuma.
Tutto ciò è drammatico perché le forme viventi che vivono nei fanghi dei laghi, dei mari e dei fiumi un
problema ce l'hanno, se si usano sostanze non completamente biodegradabili.
Altra questione da porsi è se il problema interessi solo pochi "matti" o se è un po’ più diffuso.
Da una ricerca europea del 2002, in cui sono state interpellate 23.000 persone dei 15 paesi europei, si
constata che vi è stato un aumento della sensibilità verso certi argomenti: dal 1999 al 2002, si registra un
aumento del 9% di persone preoccupate per l'inquinamento dell'aria, e un 15% in più di chi si dichiara
estremamente preoccupato della salute dei fiumi, dei laghi e dei mari. Il 6% degli intervistati dà altre

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risposte, il 46% dice che ormai il deterioramento dell'ambiente è definitivo, il 4% invece sostiene che
l'attività umana è perfettamente in armonia con l'ambiente, il 44% dice che si possono cambiare le cose
cambiando il i nostri usi e consumi e il 53% degli italiani, più della media europea, ritiene che sia possibile
modificare lo stato delle cose modificando lo stile di vita.
Ricapitolando, c'è una presa di coscienza da parte delle persone, che però non basta, è indispensabile che
succeda qualcosa di più, perché altrimenti si fanno solo chiacchiere, e quindi: i materiali ecologici e biologici
dovrebbero essere maggiormente visibili, inoltre sarebbero necessari adeguati strumenti legislativi e buoni
esempi, come Officina Naturae….
Qualcosa sta succedendo?....Se si analizza l'evoluzione del mercato negli ultimi 50 anni si nota che negli anni
'60 e '70 bastava produrre un prodotto e distribuirlo che "lui si vendeva da solo", perché non ce n'erano altri;
qualche anno dopo, invece, non bastava più che il prodotto fosse distribuito, bisognava che fosse anche
buono. Si è cominciato così a distinguere tra prodotti di qualità e altri di minore qualità. Successivamente è
subentrato prepotentemente il "packaging", il marketing, per cui il prodotto deve anche essere bello. Negli
anni '90 è stato introdotto il concetto del prodotto sano e sicuro, senza rinunciare a nulla dei concetti
precedenti. Infine, negli anni 2000, la strategia/sfida delle multinazionali è quella del prodotto eco e dei
concetti e valori eco-sostenibili.
Per esempio, la multinazionale Dash pubblicizza sulle confezioni che 50 centesimi del valore di acquisto del
proprio prodotto sarà utilizzato per sostenere ospedali pediatrici.
Il target di consumatori a cui queste multinazionali puntano è quello relativo alle persone attente a queste
tematiche, approfittando spesso della buonafede.
Per questa ragione è importante informarci e diventare sempre più consumatori responsabili, perché siamo
perfettamente nell'occhio del ciclone.
A proposito di leggi (sopra citate tra i vari strumenti utili affinché il prodotti ecologici, meno inquinanti,
prendano piede), ci sono delle iniziative lodevoli, tra cui una portata anche a livello europeo e promossa da
enti pubblici: la Green Public Procurement, che riguarda gli acquisti delle pubbliche amministrazioni e si
basa sul fatto che questi ammontano a circa 1000 miliardi di euro in Europa, il 14% del P.I.L; il 75% delle
spese, infatti, è sostenuto dalle autorità locali.
In sintesi, in base a questo proponimento, il Comune di Mantova, per esempio, verrebbe spinto a comprare
almeno il 30% di prodotti ecologici per i servizi che sostiene (asilo, scuola materna, ospedale…). Si darebbe
dunque la possibilità ad alcune aziende di entrare in questo mondo ed offrire un prodotto magari talmente
soddisfacente da indurre l’ente ad incrementare l’acquisto fino al 100%.
Anche in Francia e Danimarca già si sono attivati per attuare questi progetti. Una volta tanto si tratta di una
iniziativa che parte dall’amministrazione pubblica e non dal basso, sembra incredibile ma si spera che i buoni
propositi vengano mantenuti.

Ecolabel
L’Italia ha 82 licenze ECOLABEL (marchio esistente dal 1992), il maggior numero a livello europeo. La
maggior parte dei prodotti Ecolabel sono tessili (abiti, lenzuola..), 11 sono i detersivi per il bucato, 7 per le
lavastoviglie, 15 per i piatti a mano, 25 per le superfici.
Ecolabel non è l’unico marchio, ce ne sono altri: AIAB, LEGAMBIENTE, CONTROLLO BIOLOGICO….
Un prodotto a marchio ECOLABEL non fa grandi distinzioni tra componenti vegetali o petroliferi, ha la sola
mira di dare un livello di impatto ambientale calcolato e basso. E’ molto controllato, a livello centrale,
europeo, locale, ma non esclude l’industria petrolifera, la limita e garantisce un livello di inquinamento
basso.

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AIAB
Ha come scopo che nei prodotti ci sia la maggior parte possibile di componenti derivanti dal mondo
biologico, il problema è stabilire se poi questi prodotti lavino, se è una spreco quindi anche quello di mettere
tanti derivati vegetali in un lavapiatti, per poter ottenere il marchio, la risposta è: in alcuni casi si, in altri no.

Controllo Biologico
E' stato creato da una azienda fortissimamente sponsorizzata che aveva bisogno di un marchio ecologico ma
non aveva voglia di usare gli altri, così se n’è fatto uno per conto suo (“quando vedrete i prodotti capirete
quello che voglio dire….”).

Legambiente
Fa una scelta un po’ più di campo e stabilisce che, per avere il marchio, tutti i prodotti che servono per fare i
detersivi devono essere di origine vegetale. Ci sono alcune grosse aziende che vorrebbero avere questo
marchio, la questione è in discussione e le premesse sono abbastanza buone.

Ci sono due fonti per ottenere le sostanze che servono per fare i detersivi: una è la petrolchimica, che
impiega sostanze che derivano dal petrolio, da materiali fossili, normalmente usati per l’energia, la
trazione…; l’altra è l’oleochimica, che fa uso di materie prime che derivano da vegetali, grassi, fonti
rinnovabili, normalmente destinati all’alimentazione animale e/o umana. Da entrambe le fonti si riescono ad
ottenere le stesse sostanze.
L’oleochimica si basa sul principio secondo cui l’anidride carbonica, l’acqua, i sali minerali e le piante, con
la luce solare, si trasformano in carboidrati, proteine e grassi, questi ultimi servono per costituire i materiali
che compongono i derivati oleochimici.
Il COCCO è il più usato perché ricco di grassi. L’olio di cocco infatti è la base per ottenere molte sostanze
utilizzate dei detersivi ecologici.

L'esempio del fiammifero
I tensioattivi, vale a dire le sostanze che lavano i piatti i pavimenti, il bucato, sono fatti come un fiammifero.
Il gambo del fiammifero ama i grassi e cerca di infilarsi all’interno di essi appena li incontra, la testa, invece,
attratta dall’acqua, vi si scioglie dentro.
Se quindi, per esempio, su di una superficie c’è del grasso, lo scopo dei tensioattivi è quello di penetrare
all’interno dello sporco, attraverso il “gambo del fiammifero” e, successivamente, di scioglierlo, grazie alla
“testa del fiammifero” che si scioglie e disintegra il grasso, spazzandolo via dalla superficie.

La differenza tra un detersivo ecologico ben formulato ed uno tradizionale è che quest’ultimo utilizza come
tensioattivi principali quelli più inquinanti per i fiumi, i laghi e i mari e, come emulsionanti, usa sostanze
costituite per circa il 70% da derivati petroliferi.
I tensioattivi che si usano nei detersivi eco-bio utilizzano invece tensioattivi derivanti dal cocco, che hanno la
stessa funzione ed efficacia.
I costi sono ovviamente diversi perché i derivati oleochimci costano di più, ma siccome non risentono
dell’influenza del petrolio, in quanto di origine agricola, sono rimasti pressoché invariati negli ultimi 10 anni,
mentre quelli di origine petrolifera aumentano ogni 6 mesi, quindi fra non molto arriveremo ad un giusto
equilibrio.

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Un altro aspetto da considerare è la schiuma.
Una bolla di sapone è composta da tante “testoline” dei vari tensioattivi, controluce si scorgono riflessi
bluastri, questi sono i grassi.
Per non avere troppa schiuma, bisogna “rompere” le bolle di sapone con sostanze apposite che penetrano
all’interno della bolla e la fanno scoppiare. A tale scopo i detersivi tradizionali utilizzano i SILICONI,
molecole molto grosse completamente non biodegradabili, molto usati anche in cosmetica (SYMETICONE,
DIMETICONE, CYCLOMETICONE), da evitare il più possibile.
I detersivi eco-bio utilizzano il sapone di sodio, che è molto grosso e quindi riesce a rompere le bolle di
sapone.

I sequestranti
Sono sostanze immesse nei detersivi per togliere la durezza dell’acqua.
Dal 1986, dopo la proibizione dei fosfati, si utilizza la ZEOLITE A (proposto come soluzione “ecologica”
rispetto al fosforo), che però è completamente insolubile e quindi causa una serie di problemi: il primo è che
si infila nei tessuti e quando questi sono asciutti produce una polverina minuscola.
Ogni anno vengono immesse sul mercato oltre 120 mila tonnellate di zeolite, che alla fine inquinano
moltissimo, oltre ad intasare le fognature.
Il fosforo che arriva nell’Adriatico non deriva solo dai detersivi (5%), ma anche dall’agricoltura e soprattutto
dagli impianti di depurazione, quindi bisognerebbe vietarlo o studiare alternative, per questi casi. Il fatto di
aver vietato i fosfati nei detersivi non ha risolto il problema, anzi con la zeolite ha peggiorato i danni.

[...parte molto tecnico-chimica, registrazione pessima...]

“Più bianco non si può”: lo slogan del “genio” che ha inventato il candeggiante ottico. Vale a dire quella
sostanza che sfrutta la capacità del sole di riflettere i raggi solari, quelli che possiamo vedere e quelli
cosiddetti ultravioletti (che ci scottano al mare), che il nostro occhio non è in grado di leggere.
Il candeggiante ottico si deposita sopra i tessuti, il mio occhio vede quindi un bianco che non c’è, ma che è
solo il riflesso della sostanza chimica utilizzata (es.: camicie bianche in discoteca con luci stroboscopiche).
Questa sostanza può provocare allergie e non è biodegradabile.

Dosaggio detersivi
E’ dimostrato che, all’inizio di un lavaggio, qualsiasi detersivo lavi egregiamente. Via via però che il
lavaggio prosegue lava sempre meno, di conseguenza, le indicazioni di lavaggio di un detersivo tradizionale
sono di utilizzare una dose superiore, mentre un detersivo ecologico indica un dosaggio dimezzato. Usare
una dose doppia di detersivo, infatti, per avere un piccolissimo vantaggio nel risultato, determina anche un
doppio inquinamento e un doppio consumo.

Attenzione ai “nuovi ritrovati”, tipo le noccioline che si mettono in lavatrice e “lavano perfettamente”: sono
delle prese in giro, perché è come lavare solo con acqua. I test effettuati a livello europeo per concedere i
marchi utilizzano, come parametri, un detersivo di riferimento (ritenuto buono) e l’acqua fresca, il marchio
viene concesso solo se il prodotto testato lava meglio o uguale rispetto al detersivo di riferimento.

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Se i norvegesi non metteranno i bastoni fra le ruote si riuscirà ad approvare, ad Aprile 2006, una normativa
europea sui cosmetici, a cui si sta’ lavorando da un anno e mezzo.
Uno studio del 2004 sul consumo di detersivi rivela che ciascuno di noi, ogni giorno, immette nelle acque 4,4
gr. di tensioattivi, considerando solo i prodotti per l’igiene personale, una quantità superiore anche a quella
dei detersivi.

Diffidare di chi promette miracoli con prodotti che “penetrano nella pelle e ringiovaniscono”, è una presa in
giro anche da un punto di vista legale, perché tutto ciò che è cosmetico riguarda le cure esterne, mentre ciò
che va “all’interno” sono farmaci.
Se si lava troppo la pelle si va ad intaccare lo strato di grasso naturale che sta’ in superficie; le ghiandole
sebacee, che hanno il compito di riprodurlo, vengono attivate più del dovuto e la produzione di sebo
aumenta.
Bisogna invece detergere la pelle in modo equilibrato.
Per quanto riguarda le rughe è importante sapere che queste non si formano in superficie, ma uno strato più
sotto, dove si forma una piega seguita dalla pelle. L’unico modo per attenuare questa piega è che lo strato in
cui si forma sia il più spesso possibile. Le creme migliori del mondo sono quelle che idratano, che fanno
aumentare lo spessore della pelle creando una specie di barriera in superficie che impedisca l’evaporazione
dell’acqua, è importante dunque anche bere molto.
Le smagliature si formano a seguito della rottura di uno strato cellulare, problema irrisolvibile con le creme,
perché non si può ricostruire la pelle.

Come scegliere un buon cosmetico
E’ importante che sia idratante e che abbia la vitamina E.
I saponi liquidi sono molto buoni da un punto di vista metodologico, molto meno da un punto di vista
ecologico, perché sprecano parecchio materiale di imballaggio, diversamente dal sapone di Marsiglia.
Un sapone liquido però riesce ad avere un ph più affine a quello della pelle, dunque è meno invasivo.
Altro spreco enorme è l’acquisto dei dentifrici, perché il migliore resta il bicarbonato, molto economico, tra
l’altro e non è vero che graffia lo smalto dei denti, perché è talmente veloce a sciogliersi che è fisicamente
impossibile.

Dentifricio fai­da­te
Frullare nel macina caffè il bicarbonato ancora un po’ granuloso, mettere in una scatolina, dove si possono
sciogliere anche due o tre gocce di mentolo, e il dentifricio è pronto.
I dentifrici economici sono composti da carbonato di calcio (SODIUM CARBONATE), vale a dire marmo
macinato, che non si scioglie certo come il bicarbonato!

In quasi tutti i cosmetici non ecologici si trovano anche dei siliconi, che non sono biodegradabili e moltissimi
petrolati (PARAFFIN LIQUIDUM), anche nelle creme che si usano per i bebè, che se le mettete nel
serbatoio dell’auto…. questa parte!!...
Se si può è meglio scegliere prodotti, anche fra quelli ecologici e di derivazione vegetale, che non abbiano
troppi ingredienti, non solo per lo spreco, ma anche perché ci possono essere problemi di allergie e
intolleranze anche per queste sostanze: maggiore è il numero, maggiori sono i rischi.
Uno o due estratti vegetali sono più che sufficienti, tra questi è molto valida l’aloe vera, il burro di chiury.

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Un aiuto per orientarsi è il BIODIZIONARIO (www.biodizionario.it), dove è possibile trovare,
gratuitamente, oltre 6000 sostanze e conoscere se queste sono pericolose o meno.

Dall’8 ottobre 2005 è entrata in vigore una norma europea (Reg. detergenti 648/2004), che prevede che ogni
responsabile di immissione in commercio di un detersivo debba inserire, su di un apposito sito internet, la
composizione completa del detersivo.
Gli indirizzi internet non sono ovviamente molto pubblicizzati!

Eco­furbi in agguato
Gli eco-furbi hanno come target privilegiato di consumatori proprio coloro che sono più attenti e sensibili
rispetto a certe tematiche ambientali e bio-ecologiche.
Una delle “furbate” più comuni è quella relativa alla scritta sui prodotti: “non testato su animali”.
Presa in giro straordinaria perché dall’11 settembre 2004 i test sugli animali sono proibiti per ciò che
concerne il prodotto finito, tuttavia le materie prime, prima di essere immesse sul mercato europeo (per una
quantità superiore ad una tonnellata), devono necessariamente essere testate su animali, è quindi scandaloso
che alcuni fabbricanti utilizzino questa dicitura pur consci di questo fatto.

Dibattito col pubblico presente
Domanda: le saponette solide non potrebbero essere preferibili in quanto hanno meno ingredienti?
Risposta: si è vero, la saponetta è anche auto producibile, volendo, è consigliata tuttavia più che altro per
lavare le mani, mentre ci sono zone molto delicate (parti intime, occhi) per le quali è consigliabile utilizzare
detergenti più rispettosi del ph naturale.
Dal punto di vista etico è naturalmente da preferire la saponetta che non ha spreco di sostanze e imballaggi.
Attenzione alla composizione dei saponi che si acquistano. Il sapone di Marsiglia, per esempio, deve essere
composto da grassi vegetali, mentre in commercio ce ne sono molti che riportano questa dicitura ma che
contengono grassi animali.

Domanda: ammorbidenti?
Risposta: l’ammorbidente serve per profumare, ma questo è un problema facilmente risolvibile, tuttavia ha
anche una “carica positiva” ed è acido, il detersivo invece ha una “carica negativa” ed è alcalino.
Le lavatrici dell’ultimissima generazione consumano “solo” dai 50 ai 60 litri d’acqua, quelle che si
costruivano sino a 7-8 anni fa, ne consumavano 100 litri per ogni lavaggio. Consumare meno acqua significa
che è più facile che rimangano residui di detersivo con carica elettrica negativa e alcalina sugli indumenti che
poi indossiamo e sui quali, se potessimo misurare il ph, scopriremmo che è vicino al 10 (la pelle ha ph 5,5), è
più facile quindi avere problemi di dermatiti, allergie….
L’ammorbidente ha ph 3 e quindi neutralizza l’alcalinità dei tessuti.
L’aceto di mele o di vino più l’acido citrico compongono un ottimo ammorbidente.

Domanda: anticalcare?

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Risposta: si consiglia di utilizzarlo per consumare meno energia, in quanto la resistenza elettrica, senza
deposito di calcare, trasmette meglio il calore e funziona meglio.

Domanda: uso del sapone in scaglie in lavatrice?


Risposta: sbagliato, perché è vero che anni fa si usava il sapone di Marsiglia puro, ma le macchie si
toglievano con l’azione meccanica dell’olio di gomito, oggi non si può pretendere che in 12 litri d’acqua
(consumo minimo per un lavaggio in lavatrice), si possano sciogliere le scaglie di sapone perché, oltre tutto,
il sapone è di per se lentissimo a sciogliersi.
Se nell’acqua in più c’è un po’ di durezza (calcio o magnesio) si indurisce anche la biancheria.
Esempio: vasca da bagno in cui ci si è lavati con il sapone, lo strato grigiastro che rimane sulla vasca
svuotata non è il nostro “sporco”, sono i saponi insolubili “precipitati” dal calcio e dal magnesio.
Ecco perché capita che i tessuti, dopo molti lavaggi, si ingrigiscano, proprio per effetto di questo eccesso di
saponi insolubili.
Meglio quindi un buon detersivo ecologico e anche la dose giusta.

Domanda: è meglio lavare i piatti a mano o in lavastoviglie?


Risposta: la lavastoviglie, rispetto al lavaggio a mano, consuma molta più energia, ma molto meno
detersivo.
Il problema è l’uso del brillantante che, per svolgere la sua azione, si attacca al vetro e non si scioglie in
acqua, quindi ce lo mangiamo, e non fa benissimo.
L’acido citrico rimane la soluzione migliore.
Evitare le pastiglie per lavastoviglie perché queste sono talmente difficili da sciogliere che si deve utilizzare
una tecnologia a base di cellulose microcristalline (utilizzate normalmente nell’impasto che si da’ da
mangiare ai maiali, queste si gonfiano nella pancia per farli sentire sazi e produrre il prosciutto magro)…..

[...fine della registrazione...]

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