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Storia dei trattati e politica

internazionale

Le conseguenze dei trattati di pace nel primo dopoguerra

LA GERMANIA: NUOVE FRONTIERE, GARANZIE E RIPARAZIONI.

La sorte della Germania fu regolata dal Trattato di Versailles del giugno 1919, un minuzioso e
complesso documento che regolava unilateralmente il problema delle frontiere e delle
garanzie di ogni tipo che furono prese contro la Germania da parte delle potenze vincitrici.
Per stabilire i nuovi confini fu adottato il “principio di nazionalità”, secondo cui ogni popolo
aveva il diritto di disporre di se stesso.
Ad Ovest la Germania perse l’Alsazia e la Lorena, “restituite alla Francia” nel novembre 1918,
addirittura prima dell’entrata in vigore del trattato (gennaio 1920), senza che gli abitanti
potessero approvare o rifiutare l’annessione allo stato francese.
I francesi avrebbero voluto il distaccamento dalla Germania dell’intera Renania (la parte ad
ovest del Reno) ma Clemanceau non appoggiò gli autonomisti per l’opposizione assoluta degli
alleati.
La Francia avanzò pretese sulle miniere della Saar nel marzo 1919:
un mese dopo fu deciso che le miniere sarebbero passate sotto la proprietà francese per 15
anni, durante i quali la zona sarebbe stata amministrata da una commissione della Società
delle Nazioni composta da cinque membri;
dopo i 15 anni gli abitanti avrebbero deciso con un plebiscito se unire la Saar alla Francia, alla
Germania o restare sotto protettorato internazionale.
Molti furono gli scontri nel ’20 tra i lavoratori tedeschi e l’esercito francese.
La Germania perse due cantoni tedeschi al confine con il Belgio, il quale avanzò anche altre
pretese territoriali che furono respinte dagli alleati; da questo momento il Belgio abbandona la
neutralità, aderendo alla Società delle Nazioni, ottenendone l’approvazione ufficiale a Locarno
nel 1925.
I tedeschi persero anche il nord dello Schleswig, che passò alla Danimarca con un referendum
popolare che mantenne il sud alla Germania.
Più importanti furono le modifiche che la Germania subì ad est (dove non fu rispettato il
principio di nazionalità), con la perdita della Posnania e di una parte della Prussia occidentale.
Gli alleati decisero di far rinascere la Polonia, concedendo al nuovo stato uno sbocco al mare
con un porto e cioè la città di Danzica.
Essa era una grande città quasi completamente tedesca, nella conferenza di pace essa fu
dichiarata “Città libera” sotto la protezione della Società delle Nazioni, con accesso
totalmente libero ai cittadini polacchi (novembre 1920).
- Nel 1921 vi fu un plebiscito sull’Alta Slesia in cui la Germania ottenne la maggioranza ma,
sotto la guida di Korfanty, i polacchi scatenarono una rivolta che fu sedata dai “corpi franchi”;
successivamente fu operata una spartizione del territorio, che vide i 2/3 della Slesia andare
alla Germania.
Il sud andava alla Polonia, compresa parte della zona industriale.
Sempre nella Prussia orientale la Germania perse la regione di Memel, che fu posta sotto
amministrazione internazionale senza alcun plebiscito; successivamente i lituani, che
occupavano le campagne della zona, compirono nel 1923 un atto di forza che fu poi ratificato
dalla Società delle Nazioni, la quale assegnò il territorio alla Lituania con statuto speciale.
In totale la Germania perse 1/7 del suo territorio e 1/10 della popolazione.

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Per prevenire una ripresa della potenza tedesca, gli alleati stabilirono una serie di garanzie
militari e politiche:
Disarmo. Su proposta di Lloyd George si decise che l’esercito tedesco sarebbe stato di tipo
professionale con sole 100.000 unità.
l’artiglieria pesante, i carri armati e l’aviazione proibiti, la flotta avrebbe dovuto consegnarsi
agli alleati (ma le navi da guerra si autoaffondarono nel 1919, prima dell’entrata in vigore del
trattato), i sottomarini proibiti.
Per controllare l’esecuzione delle clausole militari fu costituita una “Commissione di controllo
interalleata”.
Smilitarizzazione ed occupazione della Renania. Oltre la riva sinistra del Reno furono proibite
fortificazioni militari o manovre.
Dopo l’abbandono del progetto francese di annessione, Wilson e Lloyd George accettarono
un'occupazione militare temporanea della Renania, che doveva essere progressivamente
abbandonata nel corso di 15 anni.
L’occupazione sarebbe stata sospesa se non si fosse avuto con certezza il rischio di
aggressione; le spese erano a carico della Germania.
- Trattati di garanzia franco-inglese e franco-americano (falliti).
Per far abbandonare le rivendicazioni francesi sulla Renania, Wilson e Lloyd George proposero
due trattati in cui garantivano la difesa della Francia in caso di aggressione non provocata da
parte della Germania.
I due accordi decaddero poiché il Senato americano non approvò il trattato di Versailles e gli
accordi suddetti in esso contenuti, sciogliendo in tal modo dal vincolo anche l’Inghilterra, con
grande soddisfazione degli inglesi, i quali erano preoccupati delle mire imperialiste della
Francia sul continente.
La sola alleanza che la Francia ottenne contro la Germania fu quella con il Belgio, per la quale
i francesi rinunciarono al congiungimento economico con il Lussemburgo e garantirono la
partecipazione belga alla Conferenza degli Ambasciatori, che regolava l’applicazione del
trattato di Versailles (accordo firmato nel settembre 1920).

- Riparazioni di guerra. Nel trattato di Versailles fu aggiunto un piano incompleto circa il


pagamento dei danni di guerra da parte della Germania.
Si affermava che la Germania era responsabile dei danni subiti dagli stati alleati, in quanto
essa soltanto aveva provocato il conflitto (art. 231, sorta di dichiarazione di “colpevolezza
morale”, molto contestato dai tedeschi).
Secondo alcuni questo articolo stabiliva una responsabilità finanziaria di diritto civile, dando
una base di diritto alla riparazione dei danni subiti.
Gli Alleati non fissarono subito l’ammontare delle riparazioni:
si stabilì che entro il I Maggio 1921 la Germania avrebbe versato 20 miliardi di marchi-oro
(sotto il controllo di una “Commissione delle riparazioni”) e che, entro quella data, si sarebbe
definito l’ammontare reale dei danni di guerra con l’aggiunta delle pensioni di guerra voluta
dall’Inghilterra.
Durante il ’20 ed il ’21 vi fu in tutta la Germania una forte opposizione al trattato, soprattutto
per le riparazioni; un violento movimento di protesta nazionale indusse gli Alleati a rinunciare
all’estradizione dell’Imperatore e dei vertici militari tedeschi (Hindemburg, Ludendorff, von
Tirpitz, ecc…).
Corpi franchi dell’esercito giravano per il paese, vi fu un tentativo di colpo di stato e uno
sciopero nella Ruhr fu interrotto dall’esercito tedesco violando la zona smilitarizzata (per
reazione la Francia occupò Francoforte).
Nella conferenza di Londra del marzo 1921 la Germania espose chiaramente la sua
opposizione sulle pretese alleate dei pagamenti, ottenendo come conseguenza l’occupazione
di Dusseldorf e di altre città.

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Il 30 aprile 1921 la Commissione delle riparazioni stimò i danni di guerra in 132 miliardi di
marchi-oro (120 +12 di arretrati non pagati il I maggio, divisi 52% alla Francia, 22%
all’Inghilterra, 10% all’Italia e 8% al Belgio), da pagare 2 miliardi all’anno ed il 26% delle
esportazioni.
Per costringere la Germania ad accettare fu inviato dagli Alleati un vero e proprio ultimatum,
minacciando l’occupazione militare del paese. Il nuovo governo assistito dall’uomo
d’affari Rathenau accettò lo “stato dei pagamenti” e nell’estate del 1921 la Germania
cominciò ad onorare il suo debito, cercando di approfittare al momento opportuno delle
divergenze tra la Francia (che premeva per stroncare la pericolosa economia tedesca) e
l’Inghilterra, che era a favore del risollevamento economico della Germania poiché cliente
principale per la sua economia.

LO SMEMBRAMENTO DELL’AUSTRIA-UNGHERIA.

Trattato di pace, smembramento e Anschluss.


Il trattato di Saint-Germain-en-Laye del settembre 1919 regolò le sorti dell’Austria. Gli alleati
cercarono di applicare il principio di nazionalità, ma furono avvantaggiati gli stati che avevano
combattuto al loro fianco (Serbia, Romania, Grecia e Cecoslovacchia), mentre Austria,
Ungheria e Bulgaria furono alquanto scontenti della pace (stati “revisionisti”).
L’Austria perse a favore dell’Italia il Trentino ed il Tirolo meridionale, più complicata fu la
questione della Venezia-Giulia, della Dalmazia, di Trieste e Fiume, poiché l’espansionismo
italiano si scontrava con le rivendicazioni del nuovo Regno dei serbi, dei Croati e degli Sloveni.
A nord si formò nel dicembre 1918 la nuova Repubblica cecoslovacca comprendente la
Boemia, la Moravia, la Slesia ed il Sudeti, una regione con una forte presenza tedesca che
tentò invano un’unione con la Germania.
Ad est l’Austria cedette la Bucovina alla Romania, mentre la Galizia (dopo forti contrasti ed
indecisioni degli Alleati) fu affidata alla neo costituita Polonia solo nel 1923.
A sud-est nasceva il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni che, oltre a queste regioni,
comprendeva anche la Dalmazia, la Bosnia e l’Erzegovina.
In conclusione l’Austria diventa un piccolo stato con sette milioni di abitanti.
Forte è la tentazione degli austriaci ad unirsi alla Germania, per ragioni culturali ed
economiche; i plebisciti organizzati in Austria nel 1918 vedevano il 99% di consensi a favore
dell’unione. Tuttavia gli alleati proibirono l’Anschluss nel Trattato di Versailles e in quello di
Saint-Germain-en-Lays.
Contro l’unione austro-tedesca erano soprattutto la Francia e l’Italia (che non voleva offrire
alla minoranza tedesca in Alto-adige un punto di riferimento così forte come la Grande
Germania); relativamente favorevoli erano invece Stati Uniti ed Inghilterra.
Per impedire l’anschluss fu usata ancora impropriamente la SDN: i diplomatici riconoscevano il
diritto all’unione del popolo tedesco ma decisero che in merito avrebbe deliberato il Consiglio
(dove le decisioni dovevano essere approvate all’unanimità).
Il voto contrario di Francia ed Italia rese l’unione irrealizzabile, nonostante la pronuncia
favorevole del Parlamento austriaco e il già citato referendum.

Nascita di Jugoslavia e Cecoslovacchia.


Il principale problema dell’Impero asburgico era sempre stato quello della difficile convivenza
tra molte etnie (dagli italiani ai boemi) ma, nonostante le aspettative degli alleati, le varie
nazionalità non approfittano della guerra per ottenere l’autonomia, tranne italiani e rumeni
che volevano la divisione.
La possente amministrazione austriaca era basata sul rispetto delle nazionalità, ognuna delle
quali aveva i suoi rappresentanti nei parlamenti di Vienna e di Budapest.

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Quindi, le minoranze non avvertivano l’oppressione dell’Impero inoltre, in uno dei 14 punti di
Wilson (che era un documento politico dell’Intesa), l’Austria-Ungheria avrebbe dovuto perdere
solo Trento e Trieste.
La disgregazione si ebbe solo per la politica adottata da Francia, Italia ed Inghilterra che, per
far uscire l’Austria dalla guerra, fomentarono le rivendicazioni autonomiste italiane, rumene,
croate e boeme.
Negli Stati Uniti fu creato il Comitato cecoslovacco (patto di Pittsbourg) composto dagli esuli
politici boemi, mentre il Comitato jugoslavo era composto in prevalenza da esuli politici croati
e fu ufficialmente riconosciuto nell’aprile 1918 al congresso di Roma sulle “nazionalità
oppresse dall’Austria-Ungheria.
Il comitato jugoslavo nacque in Francia durante la guerra; la Serbia era stata invasa dagli
austriaci ed il suo governo era sotto protezione italiana nell’isola di Corfù, fu allora che esso,
per ottenere appoggio internazionale, decise di aderire alla proposta francese di nascita di
uno stato jugoslavo, nonostante la previsione di una difficile convivenza tra serbi e croati.
Con il patto di Corfù si prendono gli accordi tra i nazionalisti serbi di Pasic ed i membri croati
del Comitato jugoslavo sulla nascita del Regno dei serbi, dei croati e degli sloveni (Jugoslavia
dal 1929).
Alla conferenza di pace partecipò solo la Serbia, la quale si fece portavoce delle esose
richieste territoriali slovene e croate a danno di Austria ed Italia;
ma la coesione tra le due etnie nel nuovo stato è subito difficile per la sussistenza di interessi
diversi.
L’iniziale prevalenza dei croati del Comitato ha fine quando essi decidono l’invasione della
Carinzia (che i trattati avevano lasciato all’Austria ma che i croati rivendicavano); gli alleati
inviano agli jugoslavi un durissimo ultimatum, cosicché le truppe sono costrette a ritirarsi ed i
serbi hanno un comodo pretesto per screditare il gruppo direttivo croato.
Successivamente è il gruppo dirigente di Pasic a controllare lo stato, avviando trattative con
l’Italia per la delimitazione del confine.

L’Ungheria ed il tentativo di Carlo I d’Asburgo.


- Il Trattato del Trianon del giugno 1920 impose all’Ungheria la perdita delle regioni slave del
sud e del Banato occidentale (zona a nord della Serbia), della Slovacchia e della Rutenia alla
Cecoslovacchia, ad est la cessione completa della Transilvania alla Romania.
Lo scontento ungherese si manifestò con una violenta opposizione al trattato, nel 1919 vi fu
un tentativo fallito da Bela Kun di compiere una rivoluzione comunista e, per reazione, fu
creato un governo contro rivoluzionario che preparò il ritorno degli Asburgo. Gli Alleati si
opposero nettamente a questa eventualità ma la Francia si fece portavoce per propri
interessi economici del revisionismo ungherese, sostenendone le rivendicazioni.
Per prevenire colpi di mano dell’Ungheria (insieme ai tedeschi), nel 1920 Cecoslovacchia,
Jugoslavia e, successivamente, la Romania sottoscrissero un’alleanza militare per aggressioni
non provocate, detta Piccola Intesa.
Nel 1921 l’ex imperatore austriaco Carlo I, incoraggiato dalla Francia, fece due tentativi per
ritornare sul trono che gli apparteneva di diritto e che gli era stato tolto da una decisione
politica degli alleati: il primo, incruento, fallì per le pressioni di Cecoslovacchia e Jugoslavia sul
reggente ungherese, l’ammiraglio Horthy; successivamente, Carlo decise di marciare su
Budapest ma fu lo stesso Horthy ad inviargli contro l’esercito e a farlo esiliare.
La Francia decise allora di avvicinarsi alla Piccola Intesa, la quale stabiliva un trattato di
alleanza con la Polonia e manteneva buoni rapporti con l’Austria.
La Romania fu uno dei grandi beneficiari dei trattati di pace:

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conservava la Bessarabia nonostante le proteste sovietiche e la Dobrugia a spese della
Bulgaria; nel Trattato erano previste forti autonomie per le molte minoranze etniche presenti
sul territorio rumeno che furono fatte accettare con l’ennesimo ultimatum degli alleati.
Il territorio jugoslavo comprese (oltre alle terre strappate all’Austria e all’Ungheria) il
Montenegro, dove il parlamento votò l’unione con la Serbia, e parte della Macedonia,
contando però tra i suoi 14 milioni di abitanti più di 2 milioni di cittadini facenti parte di
minoranze etniche.

La Bulgaria e la fine dell’Impero ottomano.


Nella regione balcanica i due Paesi vinti erano la Bulgaria e l’Impero Ottomano.
- Le sorti della Bulgaria furono decise nel Trattato di Neuilly del novembre 1919: essa dovette
cedere parte della Macedonia alla Serbia e lasciare la Dobrugia del Sud alla Romania nonché
la Tracia orientale alla Grecia, perdendo così ogni possibile sbocco sul Mediterraneo.
Soprattutto l'ulteriore perdita di territori macedoni (dopo una prima cessione alla Serbia per la
sconfitta nella guerra balcanica del 1913), fu la causa di anni di guerriglia in Macedonia e di
rapporti tesi tra la Jugoslavia e la Bulgaria nel primo dopoguerra.
- Per quanto riguarda la Turchia la situazione fu più tragica e complessa.
L’impero arabo nasce dalla predicazione di Maometto nella penisola arabica (632, inizio
dell’Egira), successivamente esso si espande nell’Africa del nord raggiungendo nel 1500 parte
della Spagna e della Sicilia.
La seconda ondata di conquiste investe la Mesopotamia e la Turchia, dove gli Arabi instaurano
stretti legami con i Bizantini ortodossi, spostando il centro dell’impero dall’Arabia alla Turchia.
L’invasione nell’Europa orientale balcanica giunge al culmine con l’assedio di Vienna del 1683,
poi inizia un declino (questione d’Oriente) sotto la pressione del mondo russo e tedesco che
porterà alla fine dei possedimenti europei nel 1911-13 (guerre balcaniche) e al crollo
dell’Impero nel 1918.
Durante la Grande Guerra i turchi si schierano con gli Imperi centrali; questa scelta si ebbe
perché fino ad allora la rivalità anglo-russa sul controllo degli stretti e sulla questione orientale
aveva permesso il mantenimento dell’impero. Ma guerra queste due potenze trovarono un
accordo (possibilità per i russi di accedere agli Stretti in modo da poter mantenere un
collegamento con gli alleati), perciò i turchi dovettero schierarsi contro di esse per mantenere
l’indipendenza.
IL TRATTATO DI SÈVRES DELL’AGOSTO 1920 regolava le sorti dell’ex Impero:
esso si basava sul principio di divisione dei territori turchi da quelli arabi, cosicché la nuova
Turchia dei “Giovani Turchi” si distacca dal mondo arabo sia politicamente che culturalmente.
Il trattato fu preceduto da una serie di accordi tra gli Alleati a partire da quello franco-inglese
già nel 1916 (accordi Sykes-Picot), fino ad arrivare alla conferenza di Londra del febbraio 1920
in cui si decise che i Turchi avrebbero conservato Costantinopoli, ai Greci sarebbe andata la
Tracia e la regione di Smirne, agli Italiani la regione di Adalia ed ai Francesi la Cilicia, mentre
gli stretti sul mar Nero sarebbero stati smilitarizzati; in Armenia ed in Kurdistan sarebbero nati
due stati indipendenti, mentre in Palestina doveva nascere un “focolare nazionale” per gli
ebrei.
Per quanto riguarda la sorte degli arabi, francesi ed inglesi ottengono dei mandati sotto il
nome della SDN, mentre altri territori sono resi indipendenti.
Qualche mese dopo questi accordi furono sanzionati definitivamente dal trattato di Sèvres.
Alla notizia di questi accordi scoppia in Turchia una rivolta popolare guidata dai “Giovani
Turchi”, un movimento riformatore con una base laica e di stampo occidentale, i quali
rivendicano una separazione tra chiesa e stato (l’islam, infatti, era una teocrazia) e
l’instaurazione della repubblica.

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Quando iniziano le occupazioni militari alleate previste dal trattato, il gruppo riformatore turco
si organizzò militarmente sotto la guida di Mustafà Kemal, un generale che aveva respinto
durante la guerra lo sbarco inglese nella zona degli stretti.
Egli chiese subito lo sgombero delle truppe alleate, poi strinse un patto con la Russia sovietica
nel 1921 per assicurare i confini orientali (riconoscimento dei confini sovietici e dei diritti russi
nella regione transcaucasica in cambio dei distretti di Kars e Ardahan).
Nello stesso anno Ataturk riesce a fermare l’avanzata greca in Anatolia (Venizelos cadde e
tornò, solo per un anno, la monarchia con Costantino I)
e soprattutto ad ottenere senza combattere l’evacuazione italiana dall’Adalia (mantenendo
comunque Rodi ed il Dodecanneso), l’abbandono della Cilicia da parte della Francia e il
riconoscimento del suo governo da parte russa e francese; i greci invece, appoggiati
dall’Inghilterra, continuano la guerra.
Nel 1923 i kemalisti sconfissero definitivamente i greci e gli inglesi nella battaglia di Smirne,
dopo una guerra dove non vi furono prigionieri.
Cominciarono dei lunghi negoziati che si conclusero con il TRATTATO DI LOSANNA DEL LUGLIO
1923.
La Turchia riconquistava tutta l’Asia Minore, Costantinopoli e manteneva una striscia europea
in Tracia; perdeva tutti i territori arabi dell’ex impero.
Le popolazioni greche in Turchia e turche in Grecia furono scambiate, la questione degli Stretti
fu rimandata a tempo indeterminato.
La rivoluzione kemalista aveva intanto trasformato completamente la Turchia: furono adottati
codici giuridici italiani e francesi, il Sultano scomparve e nacque una repubblica sulla base dei
principi laici delle antiche tribù turche prima della massiccia islamizzazione; fu adottata la
separazione tra chiesa e stato e si ebbe una netta divisione tra turchi e musulmani arabi.

POLITICA ESTERA ITALIANA: FIUME, I BALCANI E LE COLONIE.

Sulla base del Trattato segreto di Londra, gli Italiani rivendicavano l’Istria, la Carinzia ed una
parte della Dalmazia, ma non Fiume, che fu rivendicata in seguito dal primo ministro Orlando.
Le rivendicazioni jugoslave riguardavano gli stessi territori ed erano in parte sostenute da
Wilson, il quale rivolse un appello diretto al popolo italiano per l’abbandono delle
rivendicazioni su Fiume senza consultare il nostro governo, provocando l’abbandono
temporaneo della Conferenza di pace da parte di Orlando e Sonnino.
Durante la loro assenza, nel maggio 1919, le potenze si divisero le ex colonie tedesche; al
nostro paese non fu assegnata alcuna colonia poiché fu adoperato il sistema dei mandati che
non era previsto nel Patto di Londra.
L’Italia riuscì solo ad ottenere delle piccole rettifiche al confine libico-tunisino (due oasi) e a
quello libico-egiziano (un oasi); l’Inghilterra concesse anche il Giuba in cambio di alcuni diritti
italiani sullo Zanzibar.
Il malcontento per la questione coloniale continuò fino alla campagna etiopica condotta da
Mussolini.
- Tornando alla questione fiumana, alla conferenza di pace fu in seguito deciso su proposta
italiana che la questione sarebbe stata direttamente risolta dalle parti in causa, l’Italia e la
Jugoslavia, cosa che avvenne con il Trattato di Rapallo del novembre 1920.
Per la pressione congiunta di Francia ed Inghilterra (grazie alle relazioni del nuovo ministro
Sforza) e per la caduta elettorale di Wilson, la Jugoslavia dovette accettare un trattato molto
svantaggioso, in cui l’Italia otteneva tutto tranne parte della Dalmazia e la città di Fiume, che
fu riconosciuta “stato indipendente” (l’occupazione della città da parte delle truppe di
D’Annunzio durò dal settembre 1919 al dicembre 1920, dopo la firma del patto).
Le elezioni per il Parlamento di Fiume si tennero nel 1921 ed i nazionalisti italiani bruciarono
le urne, successivamente nel marzo 1922 gruppi fascisti organizzarono con successo un colpo
di stato nella città.
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Con l’avvento al potere di Mussolini (ottobre 1922) la politica italiana si fa sempre più
aggressiva, finché nel 1923, rifiutato un arbitrato, egli invia a Fiume un amministratore
italiano.
La Jugoslavia non può far altro che accettare il fatto compiuto, in quanto una richiesta di aiuto
rivolta alla Francia non ha esito.
Nel gennaio 1924 fu firmato il patto di Roma, con il quale fu riconosciuta la potestà italiana su
Fiume.
Sempre nell’ambito dei rapporti italiani con la Grecia e la Jugoslavia, si inserisce un problema
molto importante nell’instabile regione balcanica, quello dell’Albania.
L’Italia aveva delle mire sul piccolo stato per contrastare la neo potenza jugoslava che si
andava formando di fronte le sue coste.
Si giunse ad un patto segreto con la Grecia (accordo Tittoni-Venizelos, luglio 1919), con il
quale l’Italia annetteva Valona e otteneva il mandato sull’Albania con il sostegno greco, la
Grecia era sostenuta dall’Italia nelle sue rivendicazioni sulla Tracia e sull’Epiro.
Ma qualche mese dopo i greci resero pubblico l’accordo, scatenando proteste in Jugoslavia ed
un’insurrezione anti-italiana a Valona. L’accordo fu così denunciato dal nostro governo, che in
seguito cercò di intrattenere rapporti di amicizia con l’Albania in mancanza del protettorato.

L’Italia mussoliniana ebbe gravi contrasti anche con la Grecia.


Nel 1923 un ufficiale italiano fu assassinato dai greci nella rilevazione del confine albanese;
Mussolini invase per reazione l’isola di Corfù, liberandola solo dopo l’intervento diplomatico
degli altri membri del Consiglio della SDN. Negli anni seguenti la Grecia si trovò in conflitto
con la Bulgaria per il controllo di territori di frontiera (un azione militare greca fu fermata
dall’intervento della SDN, l’unico efficace della sua breve storia), ma anche con l’Albania e la
Jugoslavia per fattori etnici e territoriali.
Sentendosi perlopiù tradita dalle clausole del Trattato di Versailles, l’Italia appoggiò le
richieste dei paesi revisionisti (Ungheria e Bulgaria), contro quelle dei paesi della Piccola
Intesa (Jugoslavia, Romania e Cecoslovacchia, che di certo non erano revisionisti ed erano
appoggiati dalla Francia).
Nonostante ciò l’Italia di Mussolini riuscì a stringere proficui rapporti con la Cecoslovacchia
(trattato di amicizia del 1924) e con la Romania nel 1926 (grazie al filo-italianismo del
generale Averescu), soprattutto sulla comune base di opposizione all’anschluss.
La competizione italo-francese continuava anche nel settore balcanico:
con l’avvento di Mussolini i rapporti tra Italia ed Albania si rafforzano, grazie anche alla firma
di un patto di amicizia e di sicurezza firmato nel 1926 con il re Zogu, il quale aveva tradito
l’appoggio che gli era stato dato dagli jugoslavi per impadronirsi del potere. Con questo patto
l’Italia riconosceva l’integrità territoriale dell’Albania, i due stati si impegnavano a sottoporsi
ad arbitrato e a non pregiudicare con accordi gli interessi dell’altra parte.
Questo trattato peggiorò ulteriormente i rapporti tra Italia e Jugoslavia (che aveva a sua volta
stipulato un trattato di alleanza ed amicizia con la Francia), al punto che nel 1927 furono
interrotte le relazioni diplomatiche tra i due paesi e non fu rinnovato il “patto di amicizia e di
collaborazione cordiale” firmato a Roma nel 1924; successivamente Mussolini siglò con Zogu
un vero e proprio trattato di alleanza militare, facendo entrare definitivamente l’Albania nella
sfera di influenza italiana.
Nell’aprile 1927 l’Italia siglò un trattato di amicizia anche con l’Ungheria che prevedeva, però,
solo i casi di arbitrato e non comportava alleanze.
Tuttavia Mussolini considerava la zona danubiana una naturale zona di espansione italiana ed
il governo ungherese stesso affermò che “l’Ungheria entrava nella sfera degli interessi politici
italiani”, in cambio di un appoggio che negli anni seguenti il Duce dette alle sue rivendicazioni
revisioniste.

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- Sulla questione coloniale Mussolini dichiarò che “l’Italia aveva fame di colonie” e nel 1925 fu
siglato una accordo anglo-italiano circa la spartizione delle zone di influenza in Etiopia, stato
sovrano membro della SDN dal 1923.
L’accordo fu protestato da Francia ed Etiopia alla Società delle Nazioni, ma Mussolini riuscì a
rassicurare il governo etiope sulla sua indipendenza futura, cosicché nel 1928 fu siglato un
trattato di amicizia tra Italia ed Etiopia che prevedeva procedure di conciliazione e di arbitrato
e assicurava l’indipendenza dello stato africano.

CONTRASTO ANGLO-FRANCESE E RAPPORTI CON LA GERMANIA.

Le conferenze di Cannes, Genova e Rapallo.


Riguardo al problema tedesco l’atteggiamento della Francia è stato, dal 1919, quello della
fermezza nel richiedere l’applicazione integrale del trattato di Versailles, i cui rappresentanti
principali di questa politica sono il Presidente della Repubblica Milleirand e l’ex Presidente
Poincarè.
Anche il presidente del consiglio Briand mantiene un atteggiamento di contrasto con la
Germania, ma solo fino al 1921, anno in cui egli diviene il leader di una politica di
riavvicinamento franco-tedesca, appoggiato dai radicali di Herriot e dalle sinistre.
La sua nuova politica era anche vicina a quella di Lloyd George, da sempre favorevole ad una
veloce ripresa economica tedesca. E’ proprio il primo ministro inglese che stimola il
riavvicinamento:
Egli propone nel nov. 1921 un piano che prevedeva di concedere alla Francia quel trattato di
garanzia fallito nel ’19 a causa del rifiuto del Senato americano, ottenendo in cambio una
maggiore conciliazione francese sulle difficoltà tedesche nelle riparazioni e la riunione di una
conferenza per discutere la ripresa dei commerci in Europa alla quale avrebbero partecipato
su un piano di parità anche la Germania e la Russia sovietica.
La proposta fu accettata da Briand (che tentò di proporre, fallendo, un allargamento
dell’alleanza anche ai paesi dell’est europeo), cosicché si giunse alla Conferenza di Cannes nel
gennaio 1922, con Italia, Belgio e Giappone.
La politica di avvicinamento di Briand fu aspramente contrastata a Parigi.
Milleirand indirizzò a Briand un memorandum in cui gli vietava di fare concessioni sulle
riparazioni e di convocare i delegati tedeschi.
Tornato a Parigi nel mezzo della conferenza, Briand diede le dimissioni e fu prontamente
sostituito da Poincarè, il quale cercò di far fallire subito il programma portato avanti da Briand.
Innanzitutto, il capo del governo francese fece intendere a Lloyd George il poco interesse che
egli nutriva verso il patto con gli inglesi, ma, quando l’accordo russo-tedesco di Rapallo rese
questa alleanza necessaria, egli non riuscì più a riaprire il negoziato con gli inglesi su questo
punto.
Altro obiettivo di Poincarè era quello di ostacolare la Russia durante la conferenza economica
promessa da Briand a Lloyd George, cioè la Conferenza economica di Genova del maggio
1922.
L’obiettivo del vertice era quello di ottenere dalla Russia il riconoscimento dei suoi debiti di
guerra ed il risarcimento delle proprietà straniere confiscate dallo stato comunista. Queste
rivendicazioni si scontrarono con una controproposta russa, che chiedeva un risarcimento
sostanzioso per i danni subiti durante la guerra civile. Si ebbe, di conseguenza, un totale
fallimento.
Tuttavia la conferenza ebbe un’appendice molto importante poiché Cicerin e Rathenau si
incontrarono presso Genova, dove firmarono un accordo, il
Trattato di Rapallo, con il quale i due paesi rinunciavano simultaneamente ai debiti di guerra e
alle riparazioni, stabilendo rapporti commerciali (con la clausola della nazione più favorita) e

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soprattutto militari, con la quale la Germania poteva costruire armi in Russia ed addestrare
soldati.
Questi accordi ebbero fine con l’avvento di Hitler al potere. Gli alleati protestarono con la
Germania, escludendola dalla Commissione politica.

Stresemann e la questione della Ruhr.


Le conferenze di Cannes e Genova avevano lasciato da parte il problema delle riparazioni.
Nel luglio 1922 il cancelliere Wirth chiese una moratoria dei pagamenti, a causa dell’inflazione
galoppante del marco. All’assenso di Lloyd George seguì quello di Poincarè, a condizione che
le miniere della Ruhr fossero date in pegno agli alleati. Iniziava, così, la politica del “pegno
produttivo”.
L’Inghilterra si oppose a questo sistema, esigendo dalla Francia il pagamento dei debiti di
guerra, cosa che i francesi erano disposti a fare solo dopo aver ricevuto le indennità tedesche.
La moratoria fu quindi negata.
Altro motivo di attrito franco-inglese fu la ritirata francese dalla zona di Costantinopoli, che
lasciava gli inglesi soli contro le truppe di Kemal.
Nel novembre 1921 Lloyd George fu sostituito da Law, ma la politica inglese non mutò.
Poincarè era deciso ad occupare la Ruhr alla prima inadempienza tedesca nei pagamenti,
appoggiato nella Commissione per le riparazioni dai belgi e dagli italiani. Grazie a questi
appoggi, alla conferenza di Parigi nel gennaio 1923 fu decisa l’occupazione militare della
Ruhr.
Il governo tedesco protestò immediatamente e ordinò ai lavoratori della Ruhr di praticare una
“resistenza passiva”, continuando ad essere stipendiati dal governo. Vi furono scontri e
sabotaggi ma, nonostante ciò, Poincarè uso l’esercito e minatori francesi per far produrre le
miniere.
Questa ostinazione ebbe effetto, in quanto la Germania non poteva mantenere gli operai in
sciopero per molto. Questi riprendevano spesso spontaneamente il lavoro per paura di essere
rimpiazzati dai francesi.
Nell’agosto 1923 a capo del governo fu chiamato il banchiere liberale Strasemann (una carica
che in quel momento pochi agognavano in Germania) che, come primo atto, ordinò la fine
della “resistenza passiva”.
La situazione interna tedesca era davvero molto critica. Strasemann dovette affrontare due
tentativi rivoluzionari, uno comunista ed un altro nel 1923 nazionalsocialista durante il quale
fu arrestato Adolf Hitler.
Forte era anche la pressione dei separatisti renani, ai quali l’occupazione della Ruhr aveva
offerto un ulteriore motivo di protesta. A capo del movimento separatista vi fu il dottor
Dorten, che mantenne anche contatti con la Francia nella creazione di un “governo
provvisorio della Repubblica renana”; successivamente la Francia appoggiò le rivendicazioni
autonomiste più legalitarie del sindaco di Colonia, Adenauer, ma il rifiuto inglese
all’autonomia della regione renana ed il lavoro di risanamento economico operato da
Strasemann (varo del Ratenmark nel 1923) che allentò le tensioni interne in Germania, fecero
si che Poincarè abbandonasse completamente la questione, cosicché i movimenti autonomisti
non sopravvissero fino al ’24.
L’eccellente operato di Stresemann riuscì soprattutto a riaprire il dialogo con la Francia sulla
questione delle riparazioni; risolta la situazione egli lasciò il posto da Cancelliere per far si che
si formasse un vero e proprio governo, ma fu sempre chiamato al ministero degli esteri.
Nel novembre 1923 Poincarè (pressato dalla crisi economica francese e dalle elezioni
imminenti) accettò la proposta del presidente americano Coolidge di istituire una
commissione di esperti per valutare il problema delle riparazioni, al fine di ridare vigore
all’economia tedesca ed in tal modo far saldare ai paesi europei i loro debiti verso gli Stati
Uniti.

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La commissione fu presieduta dal banchiere americano Dawes e presentò il suo piano
nell’aprile 1924, sia agli alleati che alla Germania. Strasemann si dichiarò disponibile, come
pure Poincarè, più che altro per l’incalzante crisi economico che stava colpendo i due Paesi.
Intanto in Francia ed Inghilterra i governi cambiavano guida: in Francia il “cartello delle
sinistre” portò al potere il radicale Heriot, in Inghilterra diveniva Primo Ministro il laburista
MacDonald.
Entrambi chiesero a Strasemann un controllo generale sull’armamento tedesco e Heriot
annunciò la fine dell’occupazione della Ruhr con l’applicazione del piano Dawes.
Il piano Dawes consisteva in un accordo valevole per cinque anni, durante i quali la Germania
avrebbe dovuto pagare rate annuali crescenti da 1 miliardo a 2.5 miliardi di marchi oro (cifra
notevolmente inferiore rispetto ai 132 miliardi di marchi oro chiesti all’epoca dello “Stato dei
pagamenti”).
Nella Conferenza di Londra del luglio 1924 si discusse sull’adozione del piano e
sull’evacuazione della Ruhr (solo tra Herriot e Strasemann); grazie anche alla mediazione di
MacDonald si decise una evacuazione scaglionata in un anno, tranne la città di Colonia
(occupata in virtù del trattato di Versailles) che doveva essere liberata subito.
Questi accordi furono rigettati dagli alleati quando l’ispezione degli armamenti tedeschi rivelò
la presenza di armi proibite dal trattato di Versailles, perciò la Ruhr fu liberata nell’agosto
1925 e la zona di Colonia, in seguito ai patti di Locarno, solo nel gennaio 1926.

GLI ESORDI DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI.

A partire dal 1916 Wilson cominciò ad interessarsi, come recita il suo 14° punto, ad una
“associazione generale delle nazioni, con lo scopo di fornire mutue garanzie di indipendenza
politica e di integrità territoriale ai grandi come ai piccoli stati”.
Clemanceau e Lloyd George si mostravano poco interessati a questo progetto; l’iniziativa
apparteneva dunque al solo Wilson.
Durante la Conferenza di pace fu formata una commissione presieduta da Wilson che aveva il
compito di elaborare il patto della Società delle Nazioni.
Nell’aprile 1919 fu approvato un testo proposto dallo stesso Wilson; il patto della SDN fu
premesso a tutti i trattati di pace.
La Società delle Nazioni nacque nel gennaio 1920, con l’entrata in vigore del trattato di
Versailles. La prima riunione ebbe luogo sei giorni dopo.
Alla SDN facevano parte le nazioni vincitrici della guerra, gli stati neutrali e ogni stato che
fosse stato disposto ad accettare gli obblighi internazionali della società; i paesi vinti ne erano
temporaneamente esclusi.
La SDN si componeva di tre organi principali: l’Assemblea, il Consiglio ed il Segretariato; il
Consiglio era composto da 4 membri permanenti (Italia, Francia, Inghilterra e Giappone) e 9
membri non permanenti eletti a turno, era più o meno l’organo esecutivo dell’assemblea, che
era formata da un numero di delegati variabile da uno a tre in base alla quota versata.
Tutte le decisioni erano prese all’unanimità, quindi tutti avevano diritto di veto (cosa che non
avviene all’ONU).
Si può dire che la nascita della SDN sia stata una tappa fondamentale nel processo di
cooperazione internazionale avviato a partire dal 1848.
Tuttavia essa non tutela completamente l’uguaglianza tra gli stati, in quanto i paesi vinti sono
esclusi, ma possono essere ammessi successivamente in parità assoluta con gli altri (cosa che
non avviene nell’odierno ONU).
Sicuramente la comparsa della SDN ha stimolato la cooperazione internazionale, diminuendo
il bellicismo e sostituendo in parte quella prassi consolidatasi nel tempo nei rapporti
internazionali.
Nell’azione della Società delle Nazioni ci si basava sul “principio di solidarietà tra tutte le
nazioni”, per il quale ogni paese attaccato era difeso da tutti i membri, ma solo dopo che
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l’aggressione fosse stata ufficializzata dai membri del Consiglio (vale a dire le grandi potenze).
Il paese aggressore poteva essere colpito da sanzioni economiche o da un attacco militare
(non era però obbligatorio fornire truppe).
Il problema era che le sanzioni erano facilmente aggirabili poiché USA e Germania non
facevano parte della SDN e l’intervento armato era difficilmente scelto volontariamente dagli
stati; c’è da dire, inoltre, che l’aggressione giapponese della Manciuria e quella italiana
all’Etiopia sono state sanzionate in ritardo o molto blandamente.
La vita della Società delle Nazioni fu perciò caratterizzata da continui tentativi di revisione
dello statuto.
La portata del trattato di Versailles e del patto della Società delle Nazioni fu sminuita
dall’astensione degli Stati Uniti.
Infatti, il trattato di Versailles doveva essere approvato dai 2/3 del Senato americano ma
Wilson, allontanatosi per malattia dalla vita politica e disinformato per lungo periodo, non
accettò di votare il trattato con degli emendamenti chiesti dai repubblicani (che sarebbero
stati accettati dagli alleati), quindi gli USA furono costretti a firmare una pace separata con la
Germania, l’Austria e l’Ungheria nell’agosto del 1921.

Il sistema dei mandati.


Nella riunione di Londra tra esperti americani ed inglesi del novembre 1918 si definirono i
modi per privare la Germania delle sue colonie e spartirle tra i paesi vincitori senza procedere
ad annessioni dirette.
A tal fine fu usato il sistema dei mandati in cui la SDN, erede degli imperi, conferiva alcuni
mandati a paesi successori della Germania per amministrare temporaneamente alcuni
territori (poiché giuridicamente non si trattava di annessioni l’Italia non poté chiedere alcun
territorio promesso).

I mandati si dividevano in tre categorie:


tipo A: paesi dell’ex impero ottomano, che dovevano scegliere una potenza tutrice la quale li
avrebbe condotti alla piena indipendenza.
tipo B: paesi dell’Africa, ritenuti incapaci di autoamministrarsi, sarebbero stati divisi tra le
potenze mandatarie.
tipo C: paesi del Sud Ovest dell’Africa e alcune isole del Pacifico, governati direttamente dalle
potenze mandatarie con le proprie leggi.
La maggior parte dei mandati B e C furono assegnati nel maggio 1919 dal Consiglio Supremo;
la delegazione italiana era assente (protesta per il proclama di Wilson) e non partecipò alla
divisione poiché, secondo Balfour, il Patto di Londra non prevedeva il sistema dei mandati.
La Francia ottenne il Togo, l’Inghilterra ebbe il Camerun e la totalità dell’Africa Orientale
tedesca, l’Australia ottenne le isole tedesche nel Pacifico a sud dell’Equatore, quelle a nord
andarono al Giappone.
Più delicata fu la questione degli ex possedimenti tedeschi in Cina: il Giappone, che aveva
occupato quei territori, ne chiedeva il riconoscimento ufficiale ai danni della Cina. Da principio
gli USA, che appoggiavano la Cina, dovettero cedere, ma la questione fu in parte risolta solo
nella conferenza di Washington del 1922.

La sicurezza collettiva ed il “Protocollo di Ginevra”.


La Società delle Nazioni cominciò ad acquistare un’effettiva rilevanza politica internazionale
quando, in conseguenza dei rapporti franco-tedeschi, si poneva all’attenzione degli stati il
problema della sicurezza collettiva, legata soprattutto al disarmo.
Fin dalla prima assemblea del 1920 era stata costituita una “Commissione permanente per le
questioni militari”, seguita dalla cosiddetta risoluzione 14, con la quale si affermava che, per
avviare il disarmo generale, tutti gli stati dovevano poter accedere ad un accordo difensivo di
mutua assistenza tra tutti gli stati membri.
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Dopo vari progetti falliti, nella riunione del 1924 (che per l’importanza del tema trattato
vedeva la presenza di capi di governo come Heriot) fu discusso il progetto presentato dal
ministro degli esteri cecoslovacco Banes e conosciuto con il nome di “protocollo di Ginevra”.
Il protocollo affermava che ogni controversia internazionale sarebbe stata giudicata sia dalla
Corte di Giustizia internazionale e sia (elemento nuovo) da un arbitrato internazionale.
Se uno stato si fosse rifiutato di accettare l’arbitrato o le sue decisioni, sarebbe incorso in
sanzioni economiche e militari e, con il voto dei due terzi degli stati facenti parte del Consiglio,
tutti i membri sarebbero stati costretti ad imporre le sanzioni decise dal Consiglio
(precedentemente il consiglio doveva votare all’unanimità e non poteva imporre il suo voto
all’Assemblea).
Infine, gli stati firmatari si sarebbero impegnati a partecipare ad una conferenza per la
riduzione degli armamenti.
Nella successiva sessione del 1925, il nuovo premier inglese Chamberlain (sostenuto
dall’Italia) criticò fortemente il protocollo: egli non considerava efficaci le sanzioni economiche
e la mutua assistenza avrebbe comportato, data l’estensione dell’impero, l’intervento inglese
troppo spesso.
Con l’opposizione dei Dominions (che non volevano partecipare agli affari europei) e degli
Stati Uniti (che non volevano interferenze europee in America latina) il progetto fallì
definitivamente.

IL PROBLEMA SOVIETICO, LA POLONIA E I PAESI BALTICI.

La rivoluzione bolscevica e l’instaurazione di un governo comunista in Russia fu causa di


rapporti molto difficili tra gli alleati ed il governo di Mosca, il quale aveva un impostazione
ideologica giudicata “pericolosa”.
Gli stati vincitori avevano deciso (con una decisione unilaterale di dubbia validità giuridica) di
annullare il trattato di Brest-Litovsk stipulato tra la Russia e la Germania prima della fine della
guerra.
Il trattato era molto oneroso per la Russia (perdeva territori vastissimi e quasi due milioni di
abitanti), cosicché uno dei primi problemi a presentarsi ai vincitori era proprio quello di evitare
che i russi approfittassero della situazione mutata per avanzare pretese su territori persi o mai
posseduti, cercando di assoggettare i popoli vicini favoriti dal crollo della Germania.
Ma all’interno il paese è tutt’altro che unito: parte dei generali dell’esercito, e le armate che
essi comandavano con assoluta autorità, si schierarono contro l’adesione alla rivoluzione
bolscevica e combatterono una guerra civile contro l’altra parte dell’esercito, comandata da
generali ai quali i bolscevichi avevano promesso privilegi particolarissimi all’interno del
regime (successivamente, con le purghe staliniane del ‘36-’38, essi furono condannati per
“deviazionismo” dall’ideologia di regime).
I generali controrivoluzionari (i cosiddetti “bianchi”) formarono gruppi militari poco coordinati
tra loro, mentre i bolscevichi poterono organizzare la popolazione nella formazione
dell’Armata Rossa; il popolo russo fu investito dagli slogan rivoluzionari come “la terra ai
contadini”, e proprio questa promessa portò i lavoratori a pensare che essi avrebbero solo
lavorato per autoprodurre, causando malumori e rivolte, la carestia per lo scarso raccolto e la
Nuova Politica Economica (NEP) subito dopo la fine della guerra civile.
Dal canto loro i paesi vincitori decisero in un primo momento di contrastare il nuovo governo
comunista, ritenuto una minaccia per la pace raggiunta;
di conseguenza essi appoggiarono la lotta dei Bianchi, inviando soprattutto denaro ed armi,
ma anche alcuni contingenti militari.
Inghilterra e Francia inviarono truppe a Odessa e Bantum in appoggio alle truppe comandate
a nord da Kolcak ed a sud da Denikin con i cosacchi, l’Italia un contingente a Sant’Arcangelo,
USA e Giappone a Vladivostok.

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Ma l’inarrestabile avanzata dell’Armata Rossa e la scarsità di truppe e mezzi che le spossate
finanze degli occidentali potevano permettersi, fecero mutare atteggiamento alle potenze
vincitrici.
Alla conferenza di pace si cominciò a discutere circa la partecipazione della Russia alle
trattative sui confini orientali; favorevole erano Italia e Stati Uniti, neutra la Francia, contraria
l’Inghilterra (gennaio 1919).
Per osservare la situazione fu affidato un mandato esplorativo all’inviato diplomatico
americano Bullit, il quale riuscì ad accordarsi con Lenin sulla partecipazione alla conferenza di
pace in cambio del ritiro delle truppe dal suolo russo e del mantenimento di una buona parte
dei territori conquistati..
Ma il piano Bullit non fu accettato proprio dalle potenze vincitrici.
Questo avvenne poiché esse cominciavano a temere il diffondersi del comunismo in tutta
Europa, preoccupate dai segnali della rivolta spartachista in Germania e da quella comunista
di Bela Kun in Ungheria; ma la preoccupazione maggiore fu sicuramente data dalla adesione-
promozione della Russia al Comintern, la III internazionale che rompeva con il socialismo e si
poneva come obiettivo quello di portare la rivoluzione comunista in tutto il mondo.
Questa violazione palese del principio di sovranità degli stati (allora avvertito in maniera
intensa) portò alla definitiva bocciatura del compromesso ottenuto da Bullit; inoltre i russi
bianchi scatenavano nel febbraio 1919 una violenta offensiva, offrendo una speranza agli
occidentali.
Ma nel marzo essi costatano il grave onere finanziario di un’azione militare diretta (come
voleva Churchill) e soprattutto la mancanza di uomini e mezzi, cosicché decisero di continuare
ad inviare solo aiuti finanziari ai bianchi.
Le truppe furono ritirate e, di conseguenza, le armate controrivoluzionarie non riuscirono più
a sostenere l’urto dei bolscevichi; Kolcak si ritirò a maggio verso la Siberia, fu
successivamente fucilato dai bolscevichi, anche le armate di Denikin capitolarono e si ebbe la
fine della guerra civile.
Risolti i problemi interni, Lenin voleva ottenere un riavvicinamento all’occidente capitalista
per ottenere quei capitali necessari alla ricostruzione industriale del paese; a tal fine egli
opera una parziale “correzione ideologica”, affermando che l’esportazione della rivoluzione
comunista in tutto il mondo è ancora lontana e che i due sistemi possono convivere.
L’appello è raccolto dalle potenze e vi è la ripresa dei rapporti commerciali e degli
investimenti stranieri nell’industrializzazione russa con l’arrivo di capitali soprattutto inglesi e
tedeschi, ma anche francesi ed italiani.
Inizia il periodo della NEP: al latifondista si sostituisce lo Stato, i contadini non diventano
padroni della terra (come avevano fatto volutamente intendere gli slogan) ma devono
lavorare per il sostentamento loro e della comunità.
Circa la definizione dei confini, gli occidentali riuscirono a limitare l’espansionismo russo,
grazie ad aiuti finanziari e militari (talvolta diretti) alle popolazioni in lotta per la loro
indipendenza, concessi soprattutto dall’Inghilterra e dalla Germania; ma se non si ebbe un
nuovo conflitto fu soprattutto grazie alle concessioni in tal senso di Lenin, il quale era disposto
a rinunciare a molte rivendicazioni territoriali pur di assicurare la stabilizzazione della
rivoluzione comunista in Russia.
Con l’aiuto delle truppe irregolari del generale tedesco von der Goltz la Finlandia cacciò i Russi
dopo essersi proclamata indipendente nel dic. 1918, mentre il trattato di pace ed il
riconoscimento ufficiale si ebbe solo nel 1920.
Con complesse vicende anche l’Estonia, la Lettonia e la Lituania riuscirono a mantenere
l’indipendenza dalla grande Russia, anche loro avevano proclamato nel 1918 la loro
indipendenza.
La pace con l’Estonia si ebbe nel 1920 su proposta russa, nonostante le interferenze
occidentali per far fallire l’accordo.

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La Lettonia dovette combattere contro i Russi ed i tedeschi di von der Goltz, aiutata dalla
Francia e dall’Inghilterra conquistò l’indipendenza nel 1920.
Nel luglio 1920 si ebbe anche l’accordo di pace tra Russia e Lituania (che otteneva
l’indipendenza), ma i lituani dovettero subire l’attacco dei polacchi che riuscirono ad occupare
e mantenere l’importantissima città di Vilna, aggressione che successivamente la SDN
riconoscerà come fatto compiuto.
L’Ucraina e la Bielorussia accettarono di far parte della Federazione Russa.
Sembrava dunque che nel 1920 la situazione si fosse normalizzata e che i rapporti russo-
occidentali andassero verso una definitiva distensione.
Invece i rapporti furono nuovamente deteriorati a causa delle rivendicazioni territoriali della
Polonia che scatena un nuovo conflitto ad est. Nata nel novembre 1918 la repubblica
polacca combatté contro i tedeschi dopo la fine delle ostilità e contro gli ucraini ed i Russi
durante tutto il 1919.
Gli alleati proposero la definizione dei confini sulla cosiddetta “linea Curzon” (che passava per
Brest-Litovsk), i russi proposero i confini sulle posizioni del fronte, poi furono disposti ad
accettare la proposta occidentale.
I polacchi rifiutarono e ripresero le ostilità nell’aprile 1920.
Dopo alcuni successi iniziali i polacchi subirono una dura sconfitta, i russi volevano trattative
dirette e rifiutarono la mediazione britannica, cosicché la richiesta d’aiuto fatta dalla Polonia
fu accolta dai francesi, che inviarono soldati, armi ed ufficiali alla Polonia, riuscendo a far
indietreggiare i russi.
La pace russo-polacca fu firmata a Riga nel marzo 1921, stabilendo i confini dello stato
polacco molto più ad est rispetto alla “linea Curzon”.
Intanto la Francia otteneva in cambio un’alleanza militare con la Polonia, completando la sua
difesa contro la Germania.
La frontiera russo-rumena fu definita interamente dal Consiglio Supremo interalleato
nell’aprile 1919, il quale attribuì la Bessarabia (o Moldavia) alla Romania, invitando i russi ad
accettare questa decisione e garantendo direttamente la frontiera.
A causa di questo episodio i russi considerarono la Bessarabia “terra irredenta” e quando
questi accordi di garanzia furono definitivamente ratificati dai parlamenti degli stati
occidentali (in Italia avvenne nel 1926) i rapporti tornarono a deteriorarsi.
I russi riescono a recuperare l’Azerbaigian e la Georgia grazie ad insurrezioni comuniste
guidate da Mosca che cacciarono le truppe inglesi presenti in quei territori, l’Armenia fu
conquistata direttamente con una spedizione dell’Armata Rossa, grazie all’accordo stipulato
nel 1921 con la Turchia di Mustafa Kemal, il quale delimitava i confini russi e prevedeva la
cessione ai Turchi dei distretti di Kars e Ardahan in cambio della libertà di intervento nella
regione Transcaucasica, dove si trovavano questi stati.
Alla fine del 1921 vennero anche firmati gli accordi commerciali tra la Russia e l’Inghilterra, la
Francia e l’Italia, ma i russi desideravano il riconoscimento de iure del loro governo da parte
della comunità internazionale.
Nonostante la convocazione della conferenza di Genova, si manifestò la non comprensione
con gli occidentali circa la questione dei debiti di guerra e del risarcimento dei capitali delle
industrie occidentali confiscate dai soviet.
Una svolta si ebbe dal trattato di Rapallo con la Germania, primo stato a riconoscere la Russia
sovietica, con il quale i tedeschi potevano condurre esperimenti militari e riarmarsi ed i russi
ottenevano le conoscenze tecniche necessarie al rafforzamento dell’esercito voluto da Lenin.
Il riconoscimento dello stato bolscevico fatto dal governo tedesco fu seguito nel febbraio 1924
dal governo laburista inglese di MacDonald e dall’Italia di Mussolini. Nello stesso anno si ebbe
il riconoscimento da parte della Francia e della Cina, non dagli USA.
Dopo la morte di Lenin (1924) e fino all’esclusione di Trotsky (1927) l’Unione Sovietica subì
una grave crisi interna che la escluse dalla politica europea, considerando il trattato di
Locarno come una minaccia per la costituzione di un fronte anti-bolscevico.
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I rapporti con la Germania si mantennero attivi anche dopo l’accordo di Rapallo; nel aprile
1926 fu siglato un trattato di amicizia e di neutralità tra i due paesi (neutralità di uno in caso
di attacco non provocato all’altro, obbligo a non aderire a coalizioni di boicottaggio economico
diretto contro uno dei due stati).
Ma il 1926 fu un anno molto intenso per la politica estera russa.
Dal canto suo la Polonia cercò di arrivare ad un trattato di garanzia sulle sue frontiere,
tentando la creazione di una “piccola intesa baltica” che la Russia temeva molto.
Per impedirla, i russi proposero trattati bilaterali di garanzia e di neutralità, respingendo le
proposte di un patto di garanzia globale.
Trattati bilaterali furono stipulati durante il 1926 con la Lituania, la Lettonia, la Turchia e
l’Afganistan.
Accordi non ci furono con la Polonia e la Romania che, al contrario siglarono sempre nel 1926
un trattato di alleanza militare; inoltre la spinosa questione mai sopita della Bessarabia si
riaccese quando la Romania vide formalmente riconosciuti nel 1926 i suoi confini prima dalla
Francia e in settembre anche dall’Italia.
La Russia protestò con due note rivolte contro i due paesi; la situazione con la Francia era già
stata compromessa dal fallimento di una conferenza per il pagamento del debito di guerra
sovietico nel febbraio 1922.
Ma i rapporti più tesi furono quelli con la Gran Bretagna: in seguito ad uno sciopero generale
organizzato nel 1926 dalle Trade Unions, che fu appoggiato da collette raccolte dai lavoratori
russi, il governo Baldwin affermò che i sindacati sovietici finanziavano quelli inglesi,
mostrando l’ingerenza dei Soviet nella politica britannica.
Successivamente, in seguito alla pubblicazione di un libro in cui erano svelati i piani sovietici
anti-inglesi, il governo britannico decise di rompere le relazioni diplomatiche con i sovietici
nonostante le loro proteste (mag. 1927).
L’isolamento internazionale dell’Unione Sovietica durò sino al 1929, quando l’adesione al
patto Briand-Kellogg la riavvicinò ai paesi europei.

L’EUROPA E L’APOGEO DELLA SICUREZZA COLLETTIVA.

I Trattati di Locarno e l’ammissione della Germania alla Società delle Nazioni.


Partendo da un’idea dell’ex Cancelliere Cuno, nel febbraio 1925 Strasemann redasse un
memorandum ai governi alleati, il quale proponeva un accordo in cui la Germania avrebbe
rispettato il confine franco-tedesco e la zona smilitarizzata della renania, accettando in questo
modo solo due punti del Trattato di Versailles e tralasciando il resto.
L’Inghilterra non approva questa nuova politica revisionista di Strasemann, Mussolini avrebbe
preferito anche un impegno tedesco nel non applicare l’anschluss, mentre in Francia cadeva
Heriot ed il nuovo governo francese di Painlevè con agli esteri Briand (che manterrà questa
carica fino alla morte nel 1932), accettò la proposta a condizione che la Germania fosse
entrata nella SDN senza porre condizioni particolari.
La conferenza per discutere questi ed altri temi si svolse a Locarno nell’ottobre 1925. Ad essa
vi parteciparono anche Chamberlain, il belga Vandervelde e Mussolini.
Furono stipulati una serie di trattati, il più importante dei quali fu quello che stabiliva il mutuo
rispetto delle frontiere tra Francia, Belgio e Germania, fatto con la garanzia militare
dell’Inghilterra e dell’Italia.
Fu deciso, inoltre, che se la Germania avesse invaso la zona smilitarizzata si sarebbe potuto
intervenire con le armi; furono stipulati dalla Francia due trattati di alleanza con la
Cecoslovacchia e la Polonia.
Il tutto fu chiuso con accordi di arbitrato tra la Germania da una parte e Francia, Belgio,
Cecoslovacchia e Polonia dall’altra per evitare conflitti.

15
La Germania subordinò la firma del Trattato allo sgombero della zona di Colonia, che fu
accettata dalla Francia; successivamente il Trattato fu approvato in Germania superando
l’ostacolo dei nazionalisti.
Per quanto riguarda l’entrata nella Società delle Nazioni, la Germania chiese un seggio
permanente e (per il suo esercito ridotto) di non partecipare alle sanzioni militari.
Alla prima votazione del Consiglio la Germania fu esclusa per l’opposizione del Brasile, poi nel
settembre 1926 fu approvata una riforma dello Statuto per cui i membri del Consiglio
divenivano 15: 6 permanenti (compresa la Germania, ammessa dopo l’uscita del Brasile
dall’organizzazione), 3 a carattere semipermanente e 6 non permanenti.
La Germania fu ammessa nella SDN nel settembre 1926, dando l’idea al mondo dell’inizio di
un periodo di pace e collaborazione tra le nazioni.
Questo riavvicinamento franco-tedesco fu soprattutto opera di Briand e Stresemann. Il primo
era un idealista che operava sinceramente per la pace invece di cercare a tutti i costi un
vantaggio per la Francia o l’umiliazione della Germania (per questo fu spesso criticato dai
nazionalisti francesi);
Stresemann era invece più concreto. La sua più grande vittoria è stata proprio quella di far
accettare gli accordi di Locarno ai vincitori, poiché egli ottenne da questi il riconoscimento che
il Trattato di Versailles fu un'imposizione senza la minima mediazione con i vinti e che, inoltre,
la Germania non era la sola responsabile dello scoppio della guerra.
Riuscì ad imporre il suo revisionismo ai vincitori, sconfisse l’opposizione montante all’interno
della destra nazionalista e contribuì a dare al mondo negli anni che vanno dal 1926 al 1929
una forte speranza di pace e stabilità.
Dopo Locarno Briand propose a Strasemann (accordi di Thoiry del settembre 1926) la fine
dell’occupazione militare, la restituzione della Saar e la fine dei controlli sull’arsenale militare.
In cambio di queste importanti concessioni politiche egli chiedeva alcuni vantaggi finanziari
per la Francia in modo da salvare la credibilità del franco.
Il governo tedesco fu subito favorevole ma in Francia rimaneva viva soprattutto la paura per
la fine dei controlli militari; il progetto fallì perché il mese successivo il franco cominciò a
rinforzarsi, rendendo non più prioritarie le manovre finanziarie.
Tuttavia la Germania ottenne comunque la fine del controllo militare a partire dal 1927,
poiché la Società delle Nazioni decise di richiamare la Commissione competente in quanto i
governi non ne tenevano conto.

Il patto Briand-Kellogg ed il piano Young.


L’apogeo di questa ondata pacifista si ebbe nell’agosto 1928 con il patto Briand-Kellogg,
firmato a Parigi da quasi tutte le nazioni del mondo (57).
Esso nasce da una proposta di Briand al governo americano, vale a dire la firma di un patto
che avrebbe sancito l'abbandono della guerra come risoluzione dei conflitti tra i due stati; gli
americani accettarono a condizione di allargare l’accordo a tutti gli stati, mentre la Francia
ottenne che la firma del patto non avrebbe annullato gli obblighi di Locarno (intervento
armato in caso di invasione tedesca) e della appartenenza alla Società delle
Nazioni (intervento contro uno stato inadempiente).
Presi gli accordi, il “patto di rinuncia generale alla guerra” fu accettato anche dagli altri
governi, condannando il ricorso alla guerra come risoluzione dei conflitti internazionali (art.1)
e impegnandosi alla ricerca di mezzi pacifici nelle situazioni di conflitto (art.2).
La Russia vi aderì dopo aver firmato un patto simile con i suoi vicini (Polonia, Estonia, Lituania,
Lettonia, Turchia e Romania) detto “accordo di Mosca” o “protocollo Litvinov”.
Durante la firma del patto Stresemann, Briand e Poincarè (rieletto a grande maggioranza in
Francia poco tempo prima) discussero circa i due problemi ancora pendenti tra Germania e
Francia: le riparazioni e l’evacuazione della Renania, occupata dalla fine del conflitto.
Poincarè voleva (come fu per il piano Dawes) unire le due questioni, cosicché anche la Francia
avrebbe potuto pagare i suoi debiti di guerra a USA ed Inghilterra.
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Nell’agosto 1929 una conferenza franco-anglo-tedesca tenutasi all’Aia decise che
l’evacuazione della Renania sarebbe stata completata nel luglio 1930. La questione delle
riparazioni era invece più complessa: il piano Dawes aveva valenza per cinque anni, fino al
1929 (da qui la preoccupazione di Poincarè), la Germania aveva pagato regolarmente quasi
10 miliardi di marchi-oro in valuta e in merci prodotte.
In giugno si era riunita una commissione sotto la presidenza dell’americano Young, la quale
presentò un progetto di pagamento in 36 annualità crescenti da 1,5 miliardi a 2,5 miliardi di
marchi-oro (la scadenza era nel 1988, anno in cui Francia ed Inghilterra finivano il pagamento
dei debiti agli USA, ma non si era adottata appositamente la politica “clausola di
salvaguardia”), pagati dalla Germania direttamente in valuta straniera per riacquistare la sua
autonomia finanziaria; inoltre la Commissione per le riparazioni sarebbe stata soppressa.
In Francia il Piano Young fu approvato contemporaneamente con l’approvazione del
pagamento dei debiti di guerra agli USA.

I PROBLEMI EXTRA EUROPEI DAL ’21 AL ’29.

La conferenza di Washington.
Gli Stati Uniti erano governati dal 1921 dal presidente Harding, il quale sosteneva l’idea del
“ritorno alla normalità” consistente nella conservazione dell’isolamento tradizionale e di non
partecipazione alla SDN.
Gli USA firmarono un trattato di pace separato con la Germania nel 1921.
Harding decise di convocare una conferenza per la discussione del disarmo (in particolare di
quello navale) e della situazione in Estremo Oriente e nel Pacifico. Alla CONFERENZA DI
WASHINGTON DEL NOVEMBRE 1921 parteciparono Francia, Inghilterra, Italia, Giappone, Cina,
Belgio, Olanda e Portogallo; essa si protrasse sino al febbraio del ’22.
Si discusse solo del disarmo navale (la Francia non accettava limitazioni sull’armamento
terrestre) e da subito si creò una forte coalizione anglo-americana che riuscì ad imporre
determinate quote di navi civili e militari agli altri paesi.
Il trattato delle cinque potenze fu firmato nel febbraio 1922.
Esso stabiliva la parità tra le flotta militare americana e quella inglese (che doveva
abbandonare il principio del “two powers standard”), e riduceva le aspirazioni al riarmo navale
francese; per le flotte civili erano assegnate le seguenti quote: 5 USA e GB, 3 Giappone, !,75
Italia e Francia.
La Francia ottenne un unico successo nel mantenere libera la costruzione di sottomarini e
delle unità minori; il Giappone fu spinto ad accettare dalla clausola che stabiliva il
mantenimento dello status quo nelle fortificazioni delle isole nel Pacifico e anche perché gli
USA potevano schierare nel pacifico solo un 2,5 della flotta, mentre il Giappone aveva una
quota di 3.
Per quanto concerne l’Estremo Oriente fu firmato il trattato delle quattro potenze sul pacifico
nel dicembre 1921 in cui Francia, Inghilterra, USA e Giappone stipulavano un trattato di
garanzia sui possedimenti nel Pacifico, stabilendo regole di non aggressione e di risoluzione
pacifica delle controversie.

La situazione in Estremo Oriente:


Il Giappone.
Durante la sua storia il Giappone ha sempre vissuto sotto la minaccia del ben più potente
impero cinese, non sviluppando una flotta da guerra.
Essi adottavano approssimativamente un ordinamento interno a base piramidale simile al
nostro sistema feudale, con l’imperatore al vertice ed una casta di guerrieri subito dopo che
adottavano forme di guerra basate sulle arti marziali, quindi sullo sviluppo del corpo e senza
armi particolari.

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Il Giappone era una teocrazia, in quanto l’imperatore era considerato come un Dio in terra
(“figlio del Sole”) e la sua vita stabiliva il tempo, le ere.
La situazione cambia con l’arrivo nel 1854 di una nave commerciale americana, che stabilisce
i primi contatti e provoca stupore nel mondo nipponico per le conoscenze tecniche degli
stranieri.
Nel 1868 il nuovo imperatore (che da inizio all’era Tokugawa) decide di operare un processo di
modernizzazione dello stato, adottando un sistema parlamentare (partiti, elezioni,
rappresentanza) che opera una divisione tra il potere civile ed il potere militare, entrambi
autonomi e riuniti nella persona dell’imperatore.
Questo rinnovamento avviene ad imitazione dei modelli europei (creando anche e soprattutto
un nuovo esercito pari a quello dei paesi occidentali), ma esso non nasce da una rivoluzione
popolare come era successo in Europa, bensì è imposto dall’alto ed accettato da tutti senza
lotte interne.
Con il nuovo esercito i giapponesi operano una rivincita sulla Cina, occupando nel 1894 la
penisola coreana, dalla quale erano partite tutte le passate incursioni cinesi sul suolo
giapponese.
Nonostante questa vittoria, però, i giapponesi non poterono annettere la Corea, poiché vi fu
un intervento delle potenze occidentali (la cosiddetta “Triplice dell’estremo oriente”, formata
da Germania, Russia e Francia) che non volevano la presenza dei giapponesi sul continente
asiatico; esse imposero la decisione al Giappone con l’invio delle loro tre flotte orientali.
Come reazione a questa imposizione i giapponesi stipulano un accordo marittimo con
l’Inghilterra nel 1902, il quale prevede il sostegno giapponese all’impero inglese in India in
cambio di un aiuto dell’Inghilterra alla flotta giapponese (accordo che perse ogni sostanziale
valore dopo il “Trattato delle quattro potenze del Pacifico”, che sanciva lo status quo in quell’
La prima “vendetta” contro gli stati della Triplice dell’Estremo oriente fu operata dai
giapponesi ai danni della Russia, con una guerra vinta dai giapponesi nel 1904-1905,
ottenendo il controllo della ferrovia sub-manciuriana (parte importante della Transiberiana), i
diritti di presidio in Corea (poi annessa definitivamente nel 1910) e la possibilità di inserire
capitali giapponesi nella costruzione della Transiberiana.
Durante la Prima Guerra Mondiale è saldato il conto con la Germania, occupando in due mesi
tutte le colonie tedesche in Estremo Oriente (lo Xiantung e le Isole Marianne).
La conquista dello Xiantung è usata come base per una penetrazione in Cina: i giapponesi
impongono una sorta di assistenza tecnica e politica al debole governo cinese, sancita con il
“Trattato delle 21 domande” del 1915.
Alla conferenza di pace il Giappone chiede il riconoscimento delle conquiste fatte ma si
scontra con l’opposizione soprattutto degli Stati Uniti, che lo vede come un pericoloso nemico
ad oriente; per forzare gli americani i giapponesi chiedono un trattato internazionale
sull’eguaglianza delle razze, il quale avrebbe penalizzato quegli stati (come gli USA) che
praticavano la segregazione razziale. Ed infatti il Giappone vide riconosciute le sue richieste
nel trattato di Versailles, compresa l’occupazione dello Xiantung.
Possiamo dire che negli Stati Uniti questa vittoria diplomatica giapponese fu una delle cause
che non fecero approvare il trattato (oltre al patto di difesa militare che li legava alla Francia).
Il contrasto nippo-americano continuerà negli anni successivi sino all’attacco giapponese a
Pearl Harbor e all’attacco atomico americano.

La Cina.
La Cina compare sulla scena internazionale con le “Guerre dell’Oppio” del 1840, alle quali
seguono i cosiddetti “Trattati ineguali”, con cui gli stati europei ottengono molti privilegi nella
gestione di beni, servizi e commerci sul suolo cinese (concessi con il consenso dei potentissimi
amministratori locali, i Mandarini), nonché regole privilegiati sull’extraterritorialità.
Solo gli USA mantengono il “principio della porta aperta”, protestando contro il mantenimento
di zone privilegiate al commercio di prodotti europei.
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Nel 1899 si ha un risveglio nazionalista cinese, che esplode con la “rivolta dei Boxers” contro
il quartiere delle ambasciate.
L’insurrezione ha un esito fallimentare poiché gli stati europei organizzano una spedizione
militare che riprende il controllo del paese.
Un processo di modernizzazione fu avviato da Sun Yat-Sen nei primi anni del secolo: si ha un
parziale abbandono del vecchio ordinamento che si attua soprattutto con l’allontanamento
pacifico dell’Imperatore.
Tuttavia il paese è diviso sotto il controllo di varie autorità ed il governo di Sun Yat-Sen è
esiliato a Canton, mentre a Pechino se ne forma un altro portando il paese ad una guerra
civile che rende molto più difficoltosa la conquista della piena indipendenza dello stato dai
paesi europei.
Ad approfittare di questa situazione è soprattutto il Giappone, che impose alla Cina
l’accettazione del “Trattato delle 21 domande”, chiedendo l’assenso ad una “assistenza” di
ministri giapponesi nel governo cinese e di forti comunità in Manciuria, nonché il controllo
dello Xiantung (allora colonia tedesca).
Mentre le potenze europee davano via libera al Giappone, gli americani si schieravano con la
Cina, facendola entrare in guerra contro la Germania per partecipare da paese libero e
vincitore alle trattative per la pace.
Ma, trovandosi USA e Giappone nella stessa coalizione, essi dovettero raggiungere un
accordo: nel novembre 1917 gli americani riconoscono la presenza giapponese in Cina,
mentre questi ne assicurano l’indipendenza.
Gli USA appoggiano la Cina in funzione anti giapponese e il problema della ormai prossima
avanzata nipponica sul continente asiatico è ripreso proprio durante la conferenza di
Washington.
I cinesi chiedevano la revisione dei “Trattati Ineguali” e la fine delle usurpazioni territoriali
straniere: Stati Uniti ed Inghilterra erano favorevoli, secondo il “principio della porta aperta”,
ad una revisione che favorisse la Cina (ostacolando le ambizioni giapponesi), la Francia era
disposta a fare piccole concessioni, il Giappone era contrario sostenendo l’instabilità della
situazione interna cinese come pretesto per non attuare le revisioni.
Dopo accese discussioni i cinesi ottennero solo un impegno dalle potenze a rispettare
l’indipendenza e l’integrità territoriale della Cina, a mantenere legami commerciali e a non
approfittare della situazione interna dello stato;
Gli occupanti non ritiravano le loro truppe e non concedevano l’indipendenza doganale,
l’extraterritorialità non fu abolita poiché si riteneva che l’organizzazione giudiziaria cinese non
offrisse sufficienti garanzie.
Questi accordi composero il “trattato delle nove potenze” (febbraio 1922).
Per quanto riguardava i rapporti con il Giappone, la Cina chiese la revisione del “trattato delle
21 domande” e l’annullamento dei diritti giapponesi nello Xiantung. I giapponesi imposero dei
colloqui bilaterali e, sotto la minaccia statunitense di un forte riarmo navale, con l’accordo del
febbraio 1922 accettarono di evacuare le truppe dallo Xiantung e restituire alla Cina il
controllo delle ferrovie su questo territorio; il “trattato delle 21 domande” rimase in vigore ma
il Giappone di fatto rinunciò a molti dei privilegi che questo “accordo” gli attribuiva. In cambio
di tutte queste concessioni i giapponesi ottennero la già accennata supremazia navale nel
pacifico.
- Durante e dopo la conferenza di Washington, la Cina continuava ad essere sconvolta dalla
guerra civile; il governo momentaneamente riconosciuto dall’occidente era quello di Pechino,
mentre un secondo governo guidato dal partito nazionalista di Sun Yat sen (Kuomintang) era
di stanza a Canton e vari generali occupavano d'autorità alcune province nel nord del paese.
Il problema che si poneva alle potenze era sapere con quale governo trattare.
Particolari furono le relazioni tra Cina ed URSS:
Dal 1923 al 1927 i sovietici riconobbero come legittimo il governo di Canton, stabilirono
strette relazioni con Sun Yat sen, addestrarono le armate del Kuomintang e cercarono di
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riformare il partito dall’interno in direzione comunista, perorando in Giappone e all’estero la
revisione dei “Trattati ineguali”; in cambio ottennero l’occupazione militare della Mongolia
esterna, che nel 1924 fu trasformata in una “Repubblica Popolare”.
Ma i rapporti ebbero fine con la morte di Sun Yat sen; il nuovo capo del Kuomintang, Chiang
Kai-shek, operò una netta rottura con i russi, i quali nel 1927 interruppero le relazioni
diplomatiche con Canton.
Contemporaneamente i sovietici negoziavano un accordo con il governo di Pechino che fu
firmato nel maggio 1924.
Questo trattato fu il primo per la Cina negoziato su basi paritarie: infatti, i cinesi
riconoscevano il governo sovietico della Russia, in cambio tutti i trattati tra la Cina ed il
governo zarista erano annullati, la Mongolia esterna era data completamente alla Cina, i
sovietici rinunciavano alla “indennità dei Boxer” e ritiravano le loro truppe dalla zona della
ferrovia orientale cinese (che era diretta dai russi in attesa del riscatto, con alcuni membri
cinesi nel consiglio di amministrazione); i sovietici rinunciavano anche ai loro diritti di
extraterritorialità sul suolo cinese.
Intanto nel 1926 Chiang Kai-shek iniziava la sua lotta di unificazione della Cina, che si
concluse vittoriosamente nel 1928 con la conquista di Pechino.
L’anno seguente egli decise di cambiare il direttore russo della ferrovia orientale con uno
cinese. I sovietici risposero attaccando la Manciuria del nord e, nel dicembre 1929 sconfissero
duramente i cinesi.
Tuttavia la questione della ferrovia non fu risolta e, quando nel 1931 i giapponesi attaccarono
la Manciuria, vi era ancora un direttore cinese.
- Gli accordi di Washington cominciarono ad essere applicati nel 1922 (conferenza di Shanghai
sulle tariffe doganali, istituzione di una commissione d’inchiesta sull’extraterritorialità per
stabilire la sicurezza per i cittadini occidentali in Cina e l’efficienza del sistema giudiziario);
Ma intanto continuava l’occupazione sempre più odiosa agli occhi della popolazione, cosicché
nel 1925 scoppiò a Shanghai una forte rivolta anti-occidentale guidata dai nazionalisti; nella
città la polizia inglese uccise nove cinesi e la flotta francese mitragliò Canton.
Le trattative erano fatte con il governo di Pechino ma nel 1926 cominciò l’avanzata vittoriosa
del Kuomintang; scosse dalle violenze e per la perdita di potere del governo rappresentativo,
le potenze decisero di proporre una revisione dei trattati se la Cina avesse espresso un
governo solido con il quale trattare. Nel 1928 iniziarono le trattative con il governo
nazionalista del Kuomintang che era riuscito ad unificare la Cina, il solo Giappone si rifiutava
di mettere in discussione gli accordi.
A partire dal luglio di quell’anno il governo nazionalista cinese ottenne la firma di vari trattati
che riconoscevano alla Cina l’autonomia doganale, mentre per il problema
dell’extraterritorialità le potenze chiedevano un ulteriore miglioramento dei codici, quindi la
situazione rimase immutata.

Situazione dell’Africa e del Medio Oriente.


- In Africa solo Sudafrica, Egitto, Etiopia e la Liberia erano Stati indipendenti, il resto dell’Africa
era una colonia europea.
Abbiamo visto l’accordo stipulato tra Italia ed Inghilterra che diede agli italiani il controllo su
una zona di influenza in Etiopia, seguito poi dal Trattato di amicizia e collaborazione firmato
con gli etiopici nel 1928. L’Egitto ha invece una storia a parte.
Protettorato inglese, di fatto, già dal 1882, esso aveva un’ampia autonomia all’interno
dell’impero ottomano; nel 1914 gli inglesi lo trasformarono ufficialmente in un loro
protettorato.
Si creò, però, un movimento di protesta nazionale che portò a delle trattative durante il 1922
per la concessione del self-government; queste si conclusero con un atto unilaterale con cui
gli inglesi mettevano fine al protettorato con alcune riserve (le comunicazioni dell’impero

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dovevano essere garantite, la difesa dell’Egitto spettava all’Inghilterra, il Sudan restava in
statuto di condominio).
Faud I fu nominato “re d’Egitto” nel 1923 e l’anno dopo si tennero le prime elezioni, in cui il
Wafd ebbe la maggioranza in opposizione alla corona.
Un primo incontro tra il presidente del consiglio egiziano e il primo ministro inglese Mac
Donald non portò ad alcun accordo, pochi mesi dopo fu assassinato il governatore generale
inglese del Sudan e l’Inghilterra reagì ordinando l’evacuazione di tutte le truppe egiziane dal
Sudan.
Un secondo progetto di trattato fu respinto dal governo egiziano nel 1927, un terzo progetto
fu boicottato dalla maggioranza del Wafd nel 1929, un quarto negoziato fu interrotto nel 1932;
sembrava impossibile ottenere un risultato.

Con la caduta dell’Impero ottomano i territori del Medio Oriente (penisola araba, Palestina,
Iraq, Siria, Libano) divennero regioni instabili e di difficile controllo per le potenze occidentali.
Ovviamente le spoglie dell’Impero furono divise tra Francia ed Inghilterra, che già da tempo
erano interessate alle enormi quantità di petrolio di quelle terre; in mancanza
dell’impossibilità giuridica di una occupazione diretta esse usarono il mezzo del “mandato
della Società delle Nazioni”.
Esso consisteva in un vero e proprio contratto tra la SDN ed uno stato in cui si fissavano le
regole con le quali lo stato doveva condurre all’indipendenza un territorio occupato
militarmente.
Secondo gli accordi segreti Sykes-Picot del 1916 la Francia avrebbe avuto il mandato sulla
Siria e sul Libano, l’Inghilterra sulla Palestina e l’Iraq.
- Ma questi mandati creavano una distinzione tra i paesi arabi, poiché la penisola arabica
(nonostante fosse una zona più arretrata rispetto alle altre) fu considerata l’unica regione
della zona capace di “autogovernarsi”.
Nel 1918 cominciarono in Arabia gli scontri per la conquista del potere da parte delle famiglie
dominanti, che si concluse nel 1925 con la vittoria di
Ibn Saud; egli proclamò la nascita del regno arabo-saudano, stabilendo la capitale nella sua
città di origine, Riyadh.
In quell’anno egli ottenne anche il riconoscimento inglese, suggellato da accordi di confine: a
sud della penisola Saud dovette rinunciare allo Yemen (dove avevano interessi inglesi ed
italiani), mentre al nord non ottenne il confine con la Siria poiché avrebbe interrotto le
comunicazioni tra i mandati britannici di Iraq e Transgiordania.
- Durante la guerra le due potenze sostennero i movimenti separatisti arabi contro l’Impero
ottomano; durante il 1918 vi fu nei territori turchi una rivolta araba appoggiata dagli inglesi
che condusse il capo degli arabi, Faysal, alla conquista di Damasco, in Siria, nell'ottobre dello
stesso anno.
Il sogno di Faysal era quello di creare un vasto stato arabo unito ed indipendente, ma questi
progetti si scontrarono duramente con le ambizioni delle due potenze europee che, oltre ad
ottenere i mandati dalla Società delle Nazioni, avevano intenzione di imporre la nascita in
Palestina di uno stato nazionale ebraico.
Nel corso del 1919 Faysal cercò quindi di rafforzare il suo potere in Siria ma, con lo sbarco
delle truppe francesi in Cilicia e nella stessa Siria, egli adottò la resistenza “diplomatica”
facendosi proclamare re di Siria (1920).
Questo non impressionò più di tanto gli europei, infatti la conferenza di Sanremo confermò i
mandati assegnati permettendo alle truppe francesi di entrare tra gravi scontri a Damasco.
Faysal fu espulso nello stesso anno.
Nel 1924 i francesi trasformarono la Siria in uno stato unitario che, da allora, è rimasto
sempre diviso dal Libano.

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Dal 1925 al 1927 vi furono violenti scontri di matrice soprattutto religiosa a causa soprattutto
dell’anticlericalismo del generale francese Sarrail che scatenò la rivolta della popolazione
cristiana libanese.
A causa di questa situazione lo sviluppo socio-politico della regione fu ritardato: il Libano ebbe
una costituzione nel 1926, la Siria nel 1930.

- Anche gli inglesi dovettero affrontare in Iraq una rivolta popolare avente l’obiettivo di porre
sul trono Faysal, appena cacciato dalla Siria dei francesi. Essi si dichiararono pronti a
concedere la piena indipendenza all’Iraq sotto un regno ereditario, cosicché Faysal fu
nominato re nel 1921.
La completa indipendenza doveva essere concessa nel 1923 ma fu rimandata di alcuni anni in
quanto gli inglesi aiutarono l’Iraq a conquistare i diritti sulla ricca zona petrolifera di Mosul, ai
danni della Turchia.
L’Iraq fu dichiarato indipendente nel 1930, anno in cui entrò a far parte della SDN e stipulò un
trattato di alleanza militare con l’Inghilterra.
- Diversa la situazione circa l’altro mandato inglese in Palestina.
La zona comprendeva i territori palestinesi e la Giordania, non distinti culturalmente bensì
uniti dall’unica fonte d’acqua nella zona, il Giordano.
Nonostante ciò gli inglesi decisero, nel 1922, di separare i due territori allo scopo di creare
una zona araba ed ebraica in Palestina (Cisgiordania) ed una araba (Transgiordania) in cui
l’immigrazione ebraica doveva essere frenata.
La creazione di uno stato nazionale ebraico era sostenuta dalle potenze europee (Giappone ed
USA non se ne interessavano) poiché nei territori palestinesi vivevano già circa 60.000 ebrei
(un decimo degli abitanti).
Gli Inglesi adottarono una politica incerta mentre gli arabi, timorosi dell’aumento della
popolazione ebraica, crearono il Comitato Esecutivo Arabo, che riuniva arabi cristiani e
musulmani sul piano politico.
Il fragile equilibrio fu spezzato nel 1929, dopo un parziale ritiro delle truppe inglesi (fiduciosi
nella convivenza tra le due etnie): vi furono scontri in cui molti ebrei furono uccisi, perciò gli
inglesi intensificarono l’occupazione militare e permisero la creazione dell’Agenzia Ebraica,
un’autorità amministrativa che doveva regolare l’immigrazione degli ebrei in Palestina e
limitarla in Transgiordania (organizzazione già prevista nel mandato).
In Transgiordania gli inglesi adottarono soluzioni più autoritarie: il nuovo sovrano Abdullah
doveva accettare i consigli del governo britannico in politica estera ed economica ed il
controllo su alcune leggi importanti, l’indipendenza avrebbe richiesto l’adozione di un regime
costituzionale.
Nella già difficile situazione si inseriva la presenza in Palestina dei luoghi santi della religione
cristiana (la Francia si autonominò protettrice di questi luoghi), le differenze sostanziali a
livello economico e sociale che ostacolavano l’integrazione tra israeliani e palestinesi, come la
gestione delle terre, l’impiego della tecnologia e l’assiduità nel lavoro degli ebrei, sconosciute
o differenti nel mondo arabo (si pensi che le terre erano equamente divise dall’autorità
religiosa).
Durante il periodo della persecuzione nazista (dal ‘33-’34) il numero degli ebrei in Palestina
arrivò a 500.000, ¼ della popolazione araba.

Le relazioni interamericane.
Non tutti gli stati americani aderirono alla Società delle Nazioni; le repubbliche dell’America
Latina contavano su questa organizzazione per resistere all’imperialismo degli Stati Uniti.
Furono rapidamente deluse.
Messico, Argentina, Perù, Bolivia, Costa Rica e Brasile non entrarono o si ritirarono presto
dalla SDN.

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Gli USA imposero la “dottrina Monroe” definitivamente all’Europa, aggiungendo il “corollario
Roosevelt” che ammetteva l’esclusivo intervento statunitense negli affari interni delle
Repubbliche americane.
Dal 1921 al 1925 i repubblicani Harding ed Hughes cercarono di stemperare questa politica,
provocando alcune serie conseguenze.
Nel 1922 fu convocata la “Conferenza di Washington per l’America centrale”, durante la quale
furono firmati trattati tendenti a conservare la pace nella regione e a promuovere la
cooperazione tra le cinque Repubbliche (Cuba, Honduras, San Salvador, Nicaragua e Costa
Rica).
Nel 1925 le truppe americane evacuarono il Nicaragua. Un colpo di stato militare subito dopo
costrinse gli USA a rioccupare la regione, organizzando nuove elezioni in cui fu eletto
presidente Adolfo Diaz.
A preoccupare gli statunitensi era soprattutto l’influenza messicana nella regione (il Messico
era in rivoluzione dal 1901 ed era tacciato di “bolscevismo”), ma i disaccordi con il Messico,
dovuti soprattutto alla nazionalizzazione del petrolio, furono risolti diplomaticamente nel 1927
in modo che gli USA poterono progressivamente abbandonare l’interventismo militare del
“corollario Roosevelt” ed abbandonare il Nicaragua nel 1933.
In questo quadro di rapporti particolare importanza assumono anche le CONFERENZE
PANAMERICANE (ricordiamo quelle di Santiago del Cile nel 1923 e dell’Avana nel 1928) in cui
si cercò di assicurare il regolamento pacifico delle dispute e di elaborare un “Pan-American
Peace System”.
All’Avana gli Stati Uniti rifiutarono di rinunciare all’interventismo (moratoria proposta
dall’Argentina che per protesta si rifiutò di firmare il Patto Briand-Kellogg e abbandonò la SDN)
ma, dal 1929 il nuovo presidente Hoover (che aveva sostituito Coolidge) inizierà il periodo
della “dottrina Hoover”, con la quale gli USA non accettavano situazioni contrarie agli obblighi
assunti con il patto Briand-Kellogg.
In questo periodo si ebbero anche una serie di scontri di frontiera tra le Repubbliche
dell’America Latina.
Tra questi ricordiamo il conflitto di Tacna-Arica tra Cile e Perù che si concluse nel ’29 con un
accordo mediato dagli USA, il conflitto del Chaco tra Bolivia e Paraguay che si protrasse per
dieci anni e fu risolto solo nel 1935 con un embargo della SDN; infine il conflitto di Leticia tra il
Perù e la Colombia che fu risolto dopo due anni nel 1934 anch’esso con l’intervento della SDN,
che condannava ufficialmente l’aggressione fatta dal Perù.

L’indipendenza dei “Dominions” ed il Commonwealth.


Dopo la Guerra i “Dominions” cercarono di emanciparsi dalla tutela britannica: firmarono il
Trattato di Versailles, nominarono propri rappresentanti diplomatici, agirono in seno alla SDN
indipendentemente e soprattutto si rifiutarono di seguire l’Inghilterra nella guerra contro
Kemal ed indussero gli inglesi a rigettare il “Protocollo di Ginevra”.
Nel 1926 ebbe fine l’Impero britannico e nacque il Commonwealth, cioè un raggruppamento di
nazioni autonome e liberamente associate, unite da un comune vincolo alla Corona.
In seguito fu stabilito il diritto di secessione e che i conflitti interni sarebbero stati risolti da
inglesi nel “Comitato giudiziario del Consiglio privato del re”.
Il tutto fu ratificato nello Statuto di Westminster del 1931.

I PRIMI FALLIMENTI DELLA SICUREZZA COLLETTIVA.

La principale causa del fallimento del sistema della sicurezza collettiva fu sicuramente il crollo
della borsa di Wall Street dell’ottobre 1929.
Numerose banche ed imprese fallirono ed il governo americano decise di sospendere i prestiti
all’estero e di far rientrare i propri capitali; il ribasso dei prezzi mondiali provocò una crisi in
tutti gli stati europei.
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Gli USA scelsero di operare una politica isolazionista, lasciando campo libero alle potenze che
volevano modificare gli accordi di Versailles, soprattutto la Germania che approfittava delle
crisi di governo che si successero in Francia dopo la morte di Poincarè. Anche l’Inghilterra
cercò di superare la crisi intensificando i suoi rapporti con il Commonwealth, disinteressandosi
dei problemi europei.
Il Giappone (1931), l’Italia (1932) e la Germania con Hitler (1933) furono controllate dai partiti
nazionalisti che predicavano una politica di forza; ciò avvenne proprio a causa della crisi che
esasperò l’opinione pubblica e screditò il sistema democratico che ancora vigeva in Giappone
e nella Germania di Weimar.
In Italia Mussolini si orientò sempre più su di una politica di aggressione, dalla quale sembrava
essersi tenuto lontano sino ad allora.
- Ad aumentare la spaccatura definitiva degli stati europei fu anche il fallimento del progetto
di “Unione europea” proposto nel 1929 da Briand all’Assemblea della SDN.
Il politico francese stilò un memorandum che inviò a tutti gli stati europei interessati, nel
quale prevedeva l’estensione del regime di sicurezza creato a Locarno a tutti gli stati europei,
riuniti soprattutto a livello economico da una unione doganale e su quello politico da una
conferenza con i rappresentanti di tutti i paesi.
Nel corso del 1930 tutti i paesi interessati risposero al memorandum, ognuno con delle
critiche e delle riserve: la Germania temeva la stabilizzazione delle ristrette frontiere orientali,
l’Italia voleva allargare l’Unione alla Russia e alla Turchia, la Gran Bretagna, infine, si
opponeva a particolari organismi europei privilegiando l rapporti con i dominions. Fu solo
costituita una “Commissione di studio per l’Unione europea”.

La Germania: il tentativo di Anschluss economico e la fine delle riparazioni.


- Nel marzo 1931 il nuovo ministro degli esteri tedesco Curtius (che aveva sostituito
Strasemann e aveva continuato la sua politica di non contrapposizione con la Francia) firmò
un progetto di unione doganale tra la Germania e l ‘Austria, dove tutte le forze politiche erano
favorevoli a legami più stretti con la Germania.
Sul piano economico l’unione era un mezzo per superare la crisi ma in Francia l’opinione
pubblica reagì con vigore, ricordando che lo Zollverein prussiano era stato il primo passo per
l’unione dell’impero tedesco.
Il parlamento francese votò contro l’Anschluss, appoggiato all’estero anche dall’opposizione
ufficiale dei paesi della Piccola Intesa e da quella di Italia ed Inghilterra; si decise, perciò, di
rimettere la questione al parere della Corte Internazionale dell’Aja.
Ma la questione fu “risolta” ancora una volta dalla crisi economica che, investendo in pieno
l’Austria e la Germania nell’estate del ’31, mise in gravi difficoltà i due governi che furono
costretti a ritirare definitivamente il loro accordo per ricevere prestiti dalla Francia (l’Austria) e
per ottenere una moratoria sulle riparazioni (la Germania).
- Nel gennaio 1930 entrava in vigore il piano Young, che fissava definitivamente l’ammontare
delle riparazioni tedesche fino al 1988, in concomitanza con il pagamento dei debiti degli
alleati agli Stati Uniti.
Questa situazione fu modificata dalla crisi finanziaria: nel 1931 il presidente americano
Hoover propose una moratoria generale sia per i debiti interalleati che per le riparazioni, che
fu accettata da tutti gli altri stati.
Nonostante ciò in Germania vi fu un crescente panico finanziario; un comitato di esperti riuniti
a Parigi in una conferenza internazionale affermò che l’instabilità economica della Germania
era pericolosa per la stabilità finanziaria e che l’ampiezza della crisi impediva l’applicazione
rigorosa del Piano Young.
La fine delle riparazioni fu deciso alla CONFERENZA DI LOSANNA DEL 1932, nella quale la
Francia dovette rassegnarsi ad accettare la soppressione dei pagamenti tedeschi già
proclamata da Inghilterra ed Italia; gli alleati continuarono a pagare con piccole rate

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simboliche il debito agli USA fino al 1933, poi gli americani pretesero il rimborso totale e tutti
gli stati europei smisero ogni pagamento.
Tutto ciò portò ad un ulteriore allontanamento degli USA da un Europa il cui atteggiamento li
indignava, lasciando mano libera ai progetti revisionisti dei regimi dittatoriali; il periodo dei
trattati di pace e del mantenimento degli obblighi internazionali era definitivamente chiuso.

La questione della Manciuria.


Il Giappone fu colpito più di altri paesi dalla crisi economica mondiale e a causa di ciò i liberali
di Shidehara si indebolirono a vantaggio di una crescente influenza della classe militare. Gli
interessi nazionali in Manciuria resero questa situazione ancora più critica.
La Manciuria del sud, compresa la zona della ferrovia era sotto il controllo di una guarnigione
nipponica, in difesa dei coloni e dei capitali investiti nella zona.
La parte settentrionale della regione era sotto il controllo del maresciallo cinese Liang, legato
al Kuomintang di Chiang kay Sek; egli stimolò l’immigrazione cinese nella regione, costruì
ferrovie ed investì capitali provocando la preoccupazione dei giapponesi, che si accrebbe
quando il Kuomintang aprì nella zona un ufficio di propaganda patriottica ed anti-nipponica.
Per evitare la perdita della Manciuria lo Stato Maggiore giapponese decise di occupare tutta la
regione, nonostante l’opposizione del partito liberale ancora al governo;
l’occupazione fu attuata in poche settimane e nell’ottobre 1931 i cinesi erano ridotti
all’impotenza.
Il governo cinese fece allora ricorso alla Società delle Nazioni, che ordinò il ritiro delle truppe
giapponesi nella misura in cui fosse assicurata la protezione dei loro cittadini; ma in dicembre
il governo liberale del Giappone cadde e fu sostituito da uno più conservatore appoggiato
fortemente dai militari.
La conseguenza fu che il conflitto si estese anche nella zona di Shangai, occupata dai
giapponesi nei primi mesi del ’32; la SDN ancora una volta ignorò le proteste cinesi e non
dichiarò il Giappone paese aggressore, ottenendo solo un armistizio a maggio.
Intanto in Manciuria continuava la politica di occupazione, nonostante la “dottrina Hoover”
sconfessasse le conquiste territoriali ottenute con la forza.
Cessata nel 1932 la debole resistenza delle truppe cinesi lo Stato Maggiore giapponese favorì
la nascita di un movimento indipendentista mancese, che fu poi attuato da un gruppo di cinesi
(“Comitato esecutivo delle province del nord-est”); con l’appoggio del governo giapponese fu
così creato lo stato fantoccio del MANCIUKUÒ (marzo 1932), retto formalmente dall’ex
imperatore cinese Pu Yi ma di fatto controllato politicamente e militarmente dai giapponesi,
che mantenevano forti guarnigioni.
A questo punto la Società delle Nazioni era costretta a prendere posizione sulla questione. Nel
febbraio 1932, spinta dalle conclusioni anti giapponesi del rapporto Litton, votò all’unanimità
(meno il Giappone) una relazione in cui si condannava la politica di invasione nipponica e si
screditava il governo del Manciukuò, dichiarando la Manciuria regione autonoma sotto
sovranità cinese.
Per tutta risposta il Giappone abbandonò la SDN nel 1933 ma non abbandonò la sua politica di
aggressione; infatti, quando il governo militare capì che nessuna potenza avrebbe intrapreso
la guerra per la Cina, iniziò anche l’occupazione del Jehol, superando la Grande Muraglia e
minacciando la stessa Pechino già nel febbraio del ’33.
A questo punto i cinesi si arresero e a maggio fu firmato un armistizio (Tregua di Tangku) in
cui la Cina fu obbligata a smilitarizzare un enorme fascia di territorio dentro la Grande
Muraglia.
Il colpo di forza giapponese riuscì in pieno, dimostrando ancora una volta l’inefficacia della
SDN e l’inutilità delle “condanne morali” operate dalle democrazie occidentali.

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II L’epoca di Hitler

L’AVVENTO AL POTERE DI HITLER E IL FALLIMENTO DELLA CONFERENZA SUL DISARMO.

Il “Patto a Quattro” e il fallimento dei piani di disarmo.


Adolf Hitler giunse al potere come cancelliere nel gennaio 1933, dopo l’incendio del Reichstag
e le successive elezioni di marzo, il partito nazista ebbe un potere assoluto;
la Costituzione di Weimar fu abolita e proclamato il III Reich.
Subito Hitler sciolse i partiti politici e riorganizzò l’amministrazione, iniziando l’odiosa
persecuzione contro gli Ebrei.
Le reazioni internazionali si orientarono verso la limitazione dei rischi che poteva portare la
presenza di un governo ultranazionalista in Germania; Mussolini auspicava un accordo tra le
quattro potenze europee per assicurare la pace nel vecchio continente, in realtà egli
intendeva questo patto d’intesa come un mezzo per arrivare pacificamente alla revisione dei
confini di Versailles, tramite accordi sanciti dalla SDN.
Il Duce sottopose il suo progetto a Francia, Germania ed Inghilterra: Von Papen, ispirato dagli
stessi progetti revisionisti, dichiarò l’idea “geniale”, il governo britannico assunse una
posizione di attesa mentre la Francia propose delle modifiche al progetto italiano; infatti, essa
era legata agli stati della piccola intesa e al Belgio, i quali protestarono fortemente contro
questo nuovo “concerto delle Potenze” che si andava delineando.
In queste condizioni l’accordo fu comunque siglato a Roma il 7 giugno 1933, ma in esso vi
erano tutte le limitazioni imposte dalla Francia: non si parlava più di uguaglianza della
Germania e di affrontare una politica europea comune, inoltre le potenze avrebbero dovuto
rispettare le decisioni del Consiglio della SDN, senza fare da sole (“Patto a quattro”).
Tuttavia, le intenzioni di Mussolini erano così diverse che il Patto non fu ratificato e
sembrarono perdute le speranze di una revisione pacifica dei trattati.
- Per quanto riguarda lo spinoso problema del disarmo, il Trattato di Versailles prevedeva un
disarmo generale, che doveva essere preceduto da quello tedesco.
A tal scopo si riunì a Ginevra nel febbraio 1932 la “Conferenza del disarmo”, che riuniva 62
paesi riuniti in una Commissione generale con i delegati di tutti gli Stati.
Vi furono diversi progetti presentati da varie nazioni:
il “PIANO TARDIEU” (delegato francese) partiva dalla necessità francese di non disarmare e
proponeva di mettere le armi più pesanti sotto l’egida dell’ONU e a favore degli Stati attaccati.
La Germania chiese la riduzione di tutti gli armamenti ai livelli fissati dal Trattato di Versailles
per l’esercito tedesco. Non si giunse a nessun accordo.
il “PIANO HOOVER” prevedeva riduzioni di 1/3 di esercito e marina e l’eliminazione completa
dell’artiglieria pesante. Francia ed Inghilterra rifiutarono e si approvò un compromesso
elaborato da Benes (inviato cecoslovacco) che invitava ad una riduzione degli armamenti
mondiali senza fissare né proporzioni né cifre, che non significava granché.
Con il pretesto che non le era stata concessa l’uguaglianza, la Germania abbandonò la
conferenza e rifiutò la proposta. Per sanare il contrasto si riunì a Ginevra una conferenza a
cinque (Ita. Gb. USA. Fr. Ger.) che, alla vigilia della presa del potere di Hitler, accordò alla
Germania “l’uguaglianza dei diritti in un sistema che garantisca la sicurezza di tutte le
nazioni” (settembre 1932).
il “PIANO HERRIOT” ampliava quello di Tardieu riducendo gli eserciti ad una milizia a ferma
breve e poco adatta all’offensiva per la lentezza della mobilitazione.
il “PIANO MACDONALD” (marzo 1933) fissava a 200.000 uomini gli eserciti dei paesi europei
(la Germania dopo cinque anni), Hitler accettò ma un ricorso degli Ebrei di Slesia alla SDN
impressionò molto le democrazie occidentali; queste irrigidirono il loro atteggiamento e
decisero, all’opposto della proposta tedesca, di stabilire il controllo degli armamenti in
Germania prima di iniziare il disarmo dei loro eserciti.

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Per questo “voltafaccia” Hitler decise a sorpresa di abbandonare la Conferenza sul disarmo
nell’ottobre 1933, alla sua riapertura. Pochi giorni dopo la Germania abbandonò anche la
Società delle Nazioni; il popolo tedesco approvò con un plebiscito queste decisioni.
il “PIANO TEDESCO” partì da una proposta fatta dalla Francia nel novembre 1933: un esercito
metropolitano di 300.000 uomini per entrambi i paesi, se la Germania tornava a Ginevra.
La Germania rifiutò di tornare alla Conferenza e alla SDN, protestando anche per la disparità
degli eserciti data dalle truppe coloniali francesi.
Per evitare la rottura l’Inghilterra tentò una mediazione tra il piano MacDonald e quello
tedesco che fu accettato da Hitler; tuttavia in Francia, dove si era costituito un governo di
unità nazionale, prevalse il punto di vista di Tardieu e del maresciallo Petain che ritenevano il
regime Hitleriano sul punto di crollare.
Perciò il governo francese pubblicò una nota in cui si rifiutava di legalizzare il riarmo tedesco e
affermava che avrebbe garantito la difesa dello Stato con i propri mezzi. Mussolini propose di
impedire il riarmo della Germania con una guerra preventiva ma la sua proposta bellicosa non
fu considerata dai governi occidentali.
Fu la rottura definitiva.

La crisi dell’estate 1934.


Nel 1934 la Germania iniziò il suo riarmo. I francesi erano sicuri della superiorità degli
investimenti militari che avevano fatto, in realtà Hitler impiegò somme enormi per la
ricostruzione dell’esercito, mentre cercava pazientemente di smantellare il sistema delle
alleanze francesi in Europa.
Nel gennaio 1934 fu firmata una dichiarazione di non aggressione con la Polonia valida per
dieci anni, dopo una preparazione totalmente segreta per l’ostilità di alcuni ambienti prussiani
alla Polonia e per i legami di quest’ultima con la Francia; in realtà prima dell’accordo era fallito
(su rifiuto francese) un accordo franco-polacco per un’operazione preventiva contro
l’hitlerismo.
Il patto dichiarava l’inizio di rapporti pacifici tra Germania e Polonia sulla base dei principi del
patto Briand-Kellogg, quindi tramite una risoluzione pacifica delle controversie.
Sul versante italiano la tattica tedesca fu molto meno fortunata, nonostante l’ammirazione
che Hitler nutriva sinceramente per Mussolini; ciò che divideva i due dittatori era la questione
dell’Anschluss e le zone di influenza nell’Europa dell’est.
L’Italia voleva sottoporre sotto la sua influenza economica l’Austria, l’Ungheria e la Croazia e
nel marzo ’34 furono firmati a Roma importanti accordi economici a tal fine, vantaggiosi
soprattutto per gli austriaci; Hitler, al contrario, sosteneva il partito nazista austriaco e
riteneva che la zona danubiana fosse di influenza tedesca e che l’Italia dovesse rivolgersi
verso il Mediterraneo. Il contrasto fu a culmine nel luglio 1934, un mese dopo l’incontro tra i
due che si svolse a Venezia e che non diede alcun risultato positivo concreto e subito prima
della violenta epurazione interna che Hitler operò ordinando l’assassinio di molte personalità,
ufficiali delle Sa e delle SS, compiuti nella “notte dei lunghi coltelli”(30 giugno).
Cominciò ad essere chiaro con questo episodio che i nazisti non osservavano regole.
Fu a luglio che avvenne in Austria l’assassinio del cancelliere austriaco Dollfuss, capo del
partito cattolico che, insieme ai socialisti, era contrario all’unione con la Germania nazista.
L’omicidio fu preparato in Germania e compiuto dai nazisti austriaci con lo scopo di porre
come cancelliere un fantoccio di Hitler, Rintelen; il piano fallì poiché fu tempestivamente
nominato un nuovo cancelliere cattolico e perché la Heimwehr (gruppo nazionalista legato ai
fascisti italiani) occuparono la centrale telefonica ed impedirono le comunicazioni tra i nazisti
e Berlino. Reintelen fu arrestato e Mussolini (che ospitava la famiglia Dollfuss) inviò due
divisioni di alpini al confine del Brennero come monito alla Germania.
Il governo nazista si dissociò subito dall’azione ma il Duce constatò in questa occasione
l’immobilità delle democrazie occidentali verso la questione dell’Anschluss.

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Il “Patto Balcanico” e la politica estera francese.
- L’ultimo successo della “pattomania” si ebbe con il “Patto Balcanico” del febbraio 1934,
stipulato da Grecia, Turchia, Jugoslavia e Romania, che garantiva l’integrità territoriale dei
quattro paesi contro il revisionismo di Bulgaria ed Ungheria (la prima godeva dell’appoggio
italiano ed inglese ma, per influenza francese, non fu inclusa nel patto).
- Anche la Francia cercò di crearsi delle alleanze in funzione anti-tedesca.
Il primo passo fu il riavvicinamento all’Unione Sovietica con un patto di non aggressione
siglato nel novembre 1932, prima dell’avvento di Hitler, fatto che allontanò ulteriormente
l’URSS dalla Germania e la spinse ad accentuare l’avvicinamento alla Francia.
Infatti nel ’34 fu firmato tra i due paesi un trattato commerciale e nello stesso anno il francese
Barthou presentò un progetto di “patto orientale” che fu però rifiutato da Germania e Polonia
(una sorta di patto di mutua assistenza militare tra tutti gli stati del nord-est europeo).
La conseguenza più immediata del legame franco-russo fu l’ammissione dell’URSS nella
Società delle Nazioni, avvenuta nel settembre 1934.
L’ultima azione diplomatica di Barthou fu l’avvicinamento alla Jugoslavia: invitò in Francia il
sovrano jugoslavo Alessandro in ottobre ma lo stesso giorno i due furono assassinati da un
gruppo di terroristi croati facenti capo alla “Ustascia”, società segreta separatista sostenuta
da Mussolini; ma il Duce non aveva interesse ad appoggiare l’azione (era in cantiere un
accordo tra Francia ed Italia), l’unico sostegno poteva arrivare dai nazisti.
In ogni caso il posto di Barthou fu preso da Laval, il quale non riuscì a mantenere le alleanze
tessute dal suo predecessore, trasformando la politica estera francese in una sorta di
mercanteggiamenti di conciliazione a breve termine un po’ con tutti, usando riguardi verso la
Germania e l’Italia (il nuovo re jugoslavo Paolo si riavvicinò alla Germania).
- La politica conciliante di Laval si manifestò in occasione del plebiscito sulla Saar, che si
tenne nel gennaio del 1935 (come previsto dal trattato di Versailles) e vide il 90% dei sarresi
votare per il ricongiungimento della regione mineraria alla Germania, che avvenne a marzo.
Laval sembrò disinteressarsi della questione, nonostante il nuovo governo nazista in
Germania avesse turbato molti animi nella regione contesa; quindi lasciò campo libero alla
massiccia propaganda orchestrata da Hitler senza tentare di ottenere vantaggi o assicurazioni
in cambio della rinuncia ad un eventuale mantenimento dello status quo (ipotesi probabile).
Anche nei confronti dell’Italia Laval fu molto conciliante: Mussolini, che aveva intenzione di
annettere l’Etiopia, voleva l’appoggio francese sulla difesa dell’Austria in considerazione
dell’invio dell’esercito in Africa; oltre all’assenso per l’invasione etiope Mussolini, nell’incontro
con Laval nel gennaio 1935 (accordi di Roma), riuscì ad ottenere dei territori in Africa e
l’impegno francese ad una intesa in caso di minaccia tedesca all’Austria, in cambio della
rinuncia italiana ad alcuni diritti italiani in Tunisia.

FALLIMENTO DELLE INTESE ANTI-NAZISTE.

Il periodo di distensione che si credeva arrivasse dopo la vittoria tedesca per la Saar fu
spezzato dai preparativi militari inglesi e francesi; preoccupato per il riarmo tedesco e per la
perdita del rassicurante dominio navale, il governo britannico decise la costruzione di una
flotta aerea che potesse difendere l’Isola e la Home Fleet, la flotta di stanza nella Manica.
La RAF sarà decisiva durante la “battaglia d’Inghilterra”, riportando un successo decisivo sulla
pur potente Luftwaffe tedesca e salvando l’isola da una certa invasione.
Anche la Francia prolungò il fermo militare a due anni.
La reazione di Hitler si concretizzò nell’annuncio della prossima costruzione di una flotta aerea
militare e nel ripristino della coscrizione obbligatoria in Germania (marzo 1935), annunciò
inoltre la costituzione di una marina militare pari al 35% di quella inglese ma confermò la sua
adesione agli accordi di Locarno.

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L’accordo di Stresa e il patto franco-sovietico.
Dopo gli “Accordi di Roma” furono gli Italiani a cercare un accordo di tipo militare con la
Francia, ma Laval si mostrò reticente ad una vera e propria alleanza e si concluse solo un
accordo detto “Gamelin-Badoglio” nel giugno ’35 (all’insaputa degli inglesi).
In risposta al riarmo tedesco fu siglato l’Accordo di Stresa nell’aprile 1935 da Francia, Italia ed
Inghilterra in cui si confermava la necessità dell’indipendenza austriaca e il rispetto dei patti;
in realtà gli inglesi fecero di tutto per eliminare ogni impegno preciso.
Alcuni giorni dopo la Francia investì la SDN per la violazione del trattato di Versailles da parte
della Germania, il cui atteggiamento fu condannato.
Dopo il fallimento del “Patto dell’Est”, Laval decise di accettare le proposte russe di un patto
di alleanza militare a coronamento dei rapporti tra i due paesi iniziati nel 1932 con il patto di
non aggressione; il patto franco-sovietico fu siglato nel maggio 1935, e prevedeva un aiuto
“immediato” (ma il valore del termine non era specificato) se uno stato europeo avesse
attaccato uno dei due contraenti e se il Consiglio della SDN non fosse riuscito a prendere una
decisione all’unanimità. Su pressione britannica fu aggiunto un protocollo speciale per cui, in
caso di aggressione tedesca, il patto sarebbe stato applicato solo se Italia e GranBretagna
avessero giudicato i tedeschi aggressori, subordinando così il patto al sistema di sicurezza di
Locarno.
In realtà il patto non era un vero e proprio accordo militare e la responsabilità di ciò sembra
debba essere attribuita ancora una volta ad una reticenza di Laval.
Simile a quest’ultimo fu il Patto ceco-sovietico siglato pochi giorni dopo e che impegnava
ancora una volta la Francia poiché esso aveva valore solo se anche i francesi avessero
aiutato la Cecoslovacchia in caso di attacco. Le cose non andarono proprio così.
I Tedeschi protestarono molto per questi accordi, soprattutto per il patto franco-sovietico,
dichiarando in un memorandum che esso contraddiceva nella sostanza gli accordi di Locarno
(denunciandoli indirettamente) poiché prevedeva un attacco tedesco alla Francia, cosa
impossibile perché il Trattato di Locarno comportava un patto di non aggressione tra i due
stati ed inoltre perché prevedeva, sempre contraddicendo gli accordi, un aiuto francese alla
Russia in caso di attacco.
Nonostante ciò, Hitler ripeté a più riprese durante il ’35 la sua intenzione di rispettare i patti di
Locarno, incantando l’opinione pubblica inglese; egli aspettava che l’esercito fosse pronto alla
rioccupazione della Renania e alla eventuale risposta francese per denunciare il trattato di
Locarno.

L’invasione dell’Etiopia e l’avvicinamento italo-tedesco.


Tuttavia la concordanza franco-anglo-italiana non ebbe lunga vita: l’Inghilterra era
preoccupata per il patto franco-sovietico diretto esplicitamente contro la Germania, che era
considerata nonostante Hitler un cardine del sistema di sicurezza collettivo.
Lo stesso Fuhrer (secondo il “Main Kampf”) considerava l’Inghilterra nel campo tedesco e
dunque fu siglato un “accordo navale anglo-tedesco” che limitava la marina nazista al 35% di
quella inglese lasciando libere le unità sottomarine.
Molte furono le proteste sollevate da Francia e Italia che non furono neanche consultate.
La concordanza fu definitivamente spezzata a causa dell’invasione italiana dell’Etiopia, stato
membro della Società delle Nazioni.
A proposito dei rapporti dell’Italia con le colonie in Africa bisogna dire che Mussolini ereditò
una patata bollente dai governi precedenti: a fine ‘800 il governo acquista delle terre sulle
coste somale ed eritree dall’impero ottomano al fine di ottenere nuove terre e nuovi posti di
lavoro in cui dirigere la forte emigrazione che partiva soprattutto dal mezzogiorno meno
sviluppato.

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Le terre acquistate, però, si rivelano di scarso valore e si pensa ad una conquista a danno del
popolo abissino: gli Abissini erano una civiltà più sviluppata rispetto alle altre popolazioni
africane, burocratizzati e cristianizzati con rito copto avevano istituzioni politiche abbastanza
avanzate, con un “negus neghesti” eletto a turno tra i quattro territori che componevano lo
stato. Con il trattato di Uccialli si tenta un imbroglio indegno che è subito smascherato, poi la
battaglia di Adua pone tragicamente fine ad una campagna militare organizzata con troppa
sufficienza; in seguito la “politica di raccoglimento” inaugurata da Ferdinando Martini opta per
una risoluzione dei problemi interni con una maggiore attenzione alla situazione dello Stato e
della società italiana, senza “valvole di sfogo” esterne.
Nei primi del ‘900 si decide di rinunciare all’Africa Orientale e si organizza la spedizione in
Libia, che è conquistata dopo una guerra con l’impero ottomano nel 1912.
Durante la seconda guerra mondiale si ritorna a parlare delle colonie africane e comparirà sul
tavolo della pace il “Memoriale Colosimo” con il quale si auspicava la conquista dell’intera
Etiopia da parte dell’Italia; Francia ed Inghilterra si opposero a queste richieste non pattuite e
fecero delle controfferte, considerando anche le rivendicazioni su Fiume (che peraltro non
avevamo chiesto prima della guerra e non figura negli “Accordi di Londra”).
Fu allora che gli oppositori del governo iniziarono la campagna della “Vittoria mutilata”, una
grande strumentalizzazione orchestrata soprattutto da Nitti (che poi riuscirà a farsi eleggere
Presidente del Consiglio nel 1922 con soli 35 deputati in cambio della soppressione di una
scomoda commissione d’inchiesta sulle forniture militari durante la Grande Guerra) e dalla
fazione cattolica impersonata dal senatore Titoni, in contrasto con il governo per il
prolungamento della questione romana.
Dunque è il governo Mussolini ad ereditare queste aspirazioni di conquista in Africa:
in un primo tempo egli cerca di ottenere una penetrazione economica nella zona, stipulando
nel 1928 degli accordi che prevedevano la costruzione della ferrovia Gibuti-Addis Abeba e di
una strada che avrebbe messo in comunicazione l’altopiano etiopico di 2000 metri con le
pianure a sud; questi accordi di “cooperazione tecnica” non furono mai resi operativi dagli
etiopici (il dislivello dell’altipiano era la loro unica difesa naturale da un attacco).
Mussolini tentò allora la carta diplomatica, cercando di ottenere da Francia ed Inghilterra
l’assenso alla costruzione di una ferrovia nella zona sud pianeggiante dell’Etiopia per unire
Eritrea e Somalia, in base ad accordi del 1906 sulla spartizione delle zone di influenza in
Etiopia, senza ottenere grandi risultati. La situazione cambiò nel 1934.
I due paesi avevano stipulato nel 1928 anche un trattato di conciliazione e di arbitrato ma nel
1934 vi fu un incidente a Ual-Ual in cui furono uccisi 30 indigeni dell’esercito italiano.
Mussolini prima rifiutò l’arbitrato poi, preoccupato dal ricorso etiopico alla SDN, lo accettò;
l’arbitrato fallì e iniziarono preparativi militari italiani in Eritrea, con truppe irregolari formate
soprattutto da “cani sciolti” appartenenti alle camice nere, cosicché l’Etiopia fece un nuovo
ricorso, il giorno prima dell’annuncio del riarmo tedesco da parte di Hitler, ponendo in
difficoltà le altre due potenze locarniane.
La Francia non aveva interessi in quella zona e con gli “Accordi di Roma” del gennaio 1935
Laval dette a Mussolini via libera in Etiopia, mentre l’Inghilterra, che vedeva come una
minaccia alla via delle Indie e ai suoi possedimenti in Africa la costituzione di un’Africa
Orientale Italiana, moltiplicò gli avvertimenti a Mussolini.
Durante tutto il 1935 vi furono dei negoziati dai quali uscirono varie proposte, come quella di
un “mandato comune franco-anglo-italiano” sull’Etiopia (nonostante questa fosse uno stato
membro della SDN) in cui gli italiani avrebbero avuto l’amministrazione e l’esercito; Mussolini
rifiutò tutte le proposte.
A questo punto gli inglesi tentarono con le minacce, concentrando gran parte della flotta
britannica a Gibilterra e ad Alessandria, nonostante essi non desiderassero una guerra in cui
avrebbero agito da soli; la situazione cambiò quando da un sondaggio sull’opinione pubblica
inglese il governo comprese la volontà di pace della nazione (“peace ballot”) e Laval propose
agli inglesi delle “conversazioni militari” in cambio di un allentamento della tensione etiopica.
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Mussolini sfruttò questa situazione, richiamò le camice nere e iniziò delle vere operazioni
militari in Etiopia nell’ottobre 1935, ma ancora con l’intenzione di annettere solo la zona sud.
La SDN reagì subito adottando contro l’Italia delle sanzioni finanziarie ed economiche, ma solo
l’embargo sulle armi e il divieto di alcune esportazioni (tra le quali, forse su pressioni inglesi e
francesi, non furono inserite quelle dei prodotti utili alla guerra); in effetti si era molto lontani
dalla rottura immediata di tutte le relazioni commerciali e finanziarie con l’aggressore
disciplinata dall’art. 16 del Conveant (patto) della SDN.
Un tentativo estremo per fermare Mussolini fu tentato in dicembre, quando fu presentato un
piano anglo-francese (piano Laval-Hoare) che consegnava all’Italia 2/3 dell’Etiopia e le
garantiva un controllo sul restante territorio (teoricamente uno stato etiopico indipendente),
concedendo più terre di quante gli italiani avessero fino allora conquistato e desiderassero.
L’Etiopia fu praticamente costretta ad accettare, tuttavia il piano fallì poiché arrivò a
conoscenza dell’opinione pubblica inglese e tedesca che protestarono vivacemente (il
governo nazista vedeva in questo piano un ricompattamento del fronte di Stresa e fece una
grossa campagna informativa per farlo fallire); Mussolini, irritato per il fallimento, denunciò in
un sol colpo gli accordi di Roma e quelli di Stresa e congelando quelli Gamelin-Badoglio.
L’esercito fu incrementato e si passò ad una vera e propria guerra dal gennaio 1936.
L’Inghilterra tentò allora l’embargo sui prodotti petroliferi ma gli USA potevano rifornire senza
problemi l’Italia, decretando il definitivo fallimento delle sanzioni.
La scontata vittoria arrivò tre mesi dopo ed il 7 marzo 1936, catturato l’interesse
internazionale sulla denuncia da parte della Germania del trattato di Locarno, Mussolini poté
negoziare la pace richiesta dall’Etiopia senza alcuna limitazione; il colpo di forza italiano era
così perfettamente riuscito, ma nello scacchiere internazionale era cambiato molto.
Per aumentare il peso politico dell’Italia, Mussolini cercò appoggi in Germania, sperando così
in un addolcimento dell’Inghilterra sull’Etiopia ed in effetti il piano riuscì perfettamente;
tuttavia con questa scelta l’Italia abbandonava il tavolo dei vincitori e con la denuncia degli
accordi di Stresa passava definitivamente nel campo dei paesi revisionisti, di cui la Germania
nazista era sicuramente il leader, dando così più forza ai piani di Hitler e divenendo
prigioniera del programma revisionista di espansione territoriale quasi mai supportato da
chiare manovre politiche, come dimostrano le assurde rivendicazioni “Gibuti, Tunisia, Corsica,
Nizza, Savoia” fatte conoscere ai francesi nel 1938 attraverso le acclamazioni invasate nella
Camera dei Fasci e delle Corporazioni direttamente dai “parlamentari” fascisti.
La conseguenza più importante di questo avvicinamento italo-tedesco fu la perdita della
indipendenza austriaca (prima con l’accordo austro-tedesco nell’estate del 1936, poi con la
definitiva annessione nel 1938) ed il progressivo convincimento del Duce ad abbandonare la
politica estera danubiana e concentrarsi verso il Mediterraneo e le colonie.

La rioccupazione tedesca della Renania.


La questione della Renania si riaccese proprio nel marzo 1936, quando la camera francese
ratificò il trattato franco-sovietico. Hitler non aspettava altro: il 7 marzo denunciò il trattato di
Locarno e comunicò agli ambasciatori dei paesi interessati che dei distaccamenti tedeschi (in
realtà 30.000 uomini) sarebbero penetrati in Renania, nonostante i suoi generali gli avessero
prospettato una sconfitta in caso di attacco francese.
Il governo francese si trovava a sei settimane dalle elezioni, i militari temevano che la
Wehrmacht fosse superiore all'esercito difensivo francese e auspicavano un intervento inglese
fortificando ulteriormente la linea Maginot; in questa situazione l’atteggiamento del governo e
del Quai d’Orsai fu quello della rinuncia, come intuito da Hitler, nonostante l’appoggio militare
offerto subito dall’URSS e dalla Polonia (quest’ultimo subito ritirato).
Gli inglesi e i belgi, infine, riuscirono a scoraggiare il già scarso bellicismo francese e si ebbe
una garanzia reciproca delle frontiere tra Francia, Belgio e Inghilterra, non una vera alleanza.
L’unica reazione fu quella di sottoporre il caso alla SDN e alla corte di giustizia internazionale
dell’Aja, ma Hitler rifiutò queste proposte e presentò un piano di pace che sviluppava il
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memorandum tedesco contro il patto franco-sovietico e prevedeva dei patti di non
aggressione e il ritorno della Germania nella SDN.
La Francia rifiutò e fece una controproposta ugualmente rifiutata da Hitler, ponendo fine alle
trattative; nei primi di maggio le elezioni francesi diedero la vittoria al “Fronte popolare” della
sinistra e le questioni interne presero nel paese il sopravvento.
Anche il colpo di forza tedesco, come quello italiano, era perfettamente riuscito.

La guerra civile spagnola e l’Asse Roma-Berlino.


La Spagna, dopo le dittature di Berenguer e Primo de Rivera dal 1923 al 1931, era divenuta
una repubblica inizialmente guidata da moderati di destra; nelle elezioni del febbraio 1936 si
costituì un “Fronte popolare” simile a quello francese che ottenne la maggioranza dei seggi
nonostante non avesse ottenuto la maggioranza dei voti.
La situazione si surriscaldò e membri militari e di estrema destra, tra cui il generale Franco,
organizzarono un colpo di stato partendo dal Marocco spagnolo nel luglio del 1936; il giorno
dopo si estese a tutta la Spagna e Franco ne prese il comando.
Le grandi potenze presero rapidamente posizione: l’Urss comunista e la Francia frontista di
Leon Blum si schierarono a favore dei repubblicani, la Gran Bretagna era timidamente
favorevole ai repubblicani solo per il timore della nascita di un altro stato dittatoriale, l’Italia
era naturalmente favorevole a Franco e sembra che se non direttamente da Hitler, Franco
abbia ricevuto l’appoggio di alcuni nazisti tedeschi.
Su proposta di Blum e con l’appoggio inglese si costituì un accordo di non intervento e di
divieto di invio di armi in Spagna in Agosto; tuttavia i paesi totalitari (Urss, Germania ed Italia)
non osservarono l’accordo ed inviarono ingenti aiuti alle due fazioni in lotta.
Mussolini inviò ben quattro divisioni di “volontari”, Hitler 20.000 uomini e sfruttò la guerra per
far esercitare gli aviatori della neonata Luftwaffe, Stalin inviò mezzi pesanti, finanziò e armò le
“brigate internazionali” reclutate dal Komintern: il non intervento era nettamente fallito.
- Intanto la posizione della Germania si andava nettamente rafforzando.
Nel luglio 1936 fu firmato un accordo Austro-Tedesco in cui la Germania riconosceva la piena
sovranità dell’Austria e quest’ultima avrebbe tenuto conto di essere uno “stato tedesco”;
Mussolini era consapevole di non essere più in grado di impedire un eventuale Anshluss sia
per il riarmo tedesco sia per la dispersione delle forze militari in Etiopia e in Spagna, quindi
acconsentì ad un accordo che garantiva quantomeno l’indipendenza austriaca.
Questo era il prezzo da pagare per il riconoscimento internazionale delle conquiste in Africa.
Grazie all’accordo la propaganda tedesca pose piede in Austria, molti nazisti furono amnistiati
e poteva ricostituirsi il partito nazista austriaco.
Un’altra vittoria tedesca fu l’allontanamento del Belgio dalla politica anglo-francese dopo il
fallimento nell’estate del ’36 di una conferenza sul rispetto dei confini occidentali dopo
Locarno; delusi, i Belgi decisero di rinunciare ad ogni alleanza e di non garantire più le
frontiere di Francia e Inghilterra, gestendo una politica estera indipendente e soggetta ai soli
obblighi internazionali derivanti dal patto della SDN.
Questo era una nuova sconfitta per il sistema di sicurezza della Francia, che obiettò molto,
poiché i paesi dell’est divenivano irraggiungibili e le alleanze con questi inoperabili; a ciò
doveva aggiungersi l’allontanamento in atto da parte della Jugoslavia e della Romania.
Ma probabilmente il colpo più grave la Francia lo ebbe dalla costituzione dell’Asse Roma-
Berlino; la vittoria del “Fronte popolare” aveva fatto cessare in Mussolini i propositi di
collaborazione con Parigi e aveva favorito un riavvicinamento alla Germania.
Hitler, da parte sua, era indeciso sulla collaborazione con l’Italia o con l’Inghilterra (che erano
nel ’36 in contrasto) e fu convinto da un dossier segreto del governo britannico consegnatoli
da Ciano intitolato “Il pericolo tedesco”; nell’ottobre 1936 fu dunque siglato un accordo (il
“protocollo di ottobre”) che univa i due paesi nella lotta al bolscevismo e ne intensificava i
rapporti. Fu Mussolini a definirlo “Asse Roma-Berlino” e fu da questo momento che egli

32
cominciò a volgere il suo interesse verso il Mediterraneo, abbandonando l’antica idea di
un’espansione italiana nella zona danubiana, lasciata così all’influenza tedesca.

ANSCHLUSS E CRISI CECOSLOVACCHE (1937-39).

Gli “Accordi di Pasqua” e l’Anschluss.


Durante il 1937 non vi fu alcuna nuova aggressione e questo periodo sembra essere
caratterizzato dall’atteggiamento di “Appeasement” (pacificazione) adottato dall’Inghilterra di
Chamberlain, fautore delle concessioni a Hitler e Mussolini per mantenere la pace, portando
ad una distensione favorita dalla necessità del Fuhrer di aumentare i propri armamenti.
- Sul fronte della guerra di Spagna, fallita la politica del non intervento, si ebbe nel febbraio
un accordo tra le quattro potenze per effettuare pattugliamenti navali e impedire l’arrivo di
armi e volontari sulle coste spagnole; a seguito di attacchi navali Italia e Germania si
ritirarono dall’accordo e pochi mesi dopo, nel corso dell’estate, navi mercantili dei governativi
furono attaccate da “sottomarini sconosciuti” ma che erano in realtà di nazionalità italiana.
Si tenne dunque, nel settembre 1935, la conferenza di Noyon in cui inglesi e francesi si
facevano garanti contro questi atti di “pirateria” nel Mediterraneo; quando ad essi si unì
anche l’Italia i misteriosi sottomarini scomparvero.
- Ma il 1937 fu segnato, nonostante questi avvenimenti, dal riavvicinamento anglo-italiano
dopo la tensione dell’anno prima a causa della questione etiopica; Chamberlain e i francesi
volevano staccare l’Italia dalla Germania prima della firma di una vera e propria alleanza.
A gennaio 1937 fu firmato un “Gentlemen’s agreement” in cui i due paesi si impegnavano a
mantenere lo status quo nel Mediterraneo (paura franco-inglese per eventuali concessioni
territoriali di Franco all’Italia) ma il progetto inglese non ebbe tanto successo poiché in estate i
sottomarini italiani attaccavano le navi britanniche.
L’accordo fu poi ulteriormente sviluppato all’inizio del 1938, poco prima dell’occupazione
tedesca dell’Austria e dopo gli avvenimenti di pirateria nel Mediterraneo. Il nuovo
“gentlemen’s agreement” fu firmato nell’aprile 1938 (“Accordi di Pasqua”): in generale esso
prevedeva relazioni amichevoli permanenti tra i due Paesi, regolava le questioni nell’AOI, in
Arabia Saudita e nello Yemen, proibiva ogni propaganda ostile e permetteva l’accesso di navi
italiane attraverso il canale di Suez anche in guerra ma, soprattutto, Mussolini ottenne il
sospirato riconoscimento inglese sulle conquiste italiane in Etiopia in cambio dell’impegno a
non ottenere vantaggi territoriali, commerciali o economici particolari in Spagna.
Ma contrariamente ai piani anglo-francesi vi fu in quell’anno un rafforzamento dell’Asse Roma-
Berlino; Mussolini fu pressato da visite di Von Neurath, Goring e Von Ribbentrop in Italia che
chiedevano l’adesione di Roma al patto anti-Komintern.
L’Italia aveva buoni rapporti con l’URSS e il Duce si convinse solo in settembre, in occasione di
un viaggio in Germania in cui parlò ad una folla enorme in favore dell’amicizia italo-tedesca, in
novembre Mussolini firmò il patto anti-komintern.
Approfittando di questo ulteriore avvicinamento e dell’impegno dell’esercito italiano in Africa
e soprattutto in Spagna, Hitler decise di concludere l’Anschluss con l’Austria; del resto lo
stesso Mussolini, firmando il patto anti-Komintern, aveva dichiarato che l’Austria era “un
paese tedesco per razza, lingua e cultura…l’interesse italiano non è più così vivo, anche per lo
sviluppo imperiale che ha fatto convergere l’attenzione sul Mediterraneo e sulle colonie… in
caso di crisi in Austria, l’Italia non agirà…bisogna informarsi reciprocamente delle azioni
future”.
In questo modo Mussolini dava praticamente mano libera ad Hitler, il quale si sentì autorizzato
dalla politica di Appeasement adottata ancora da Inghilterra e Francia, nonostante l’Italia.
Il passo successivo del Fuhrer fu quello di convocare il cancelliere austriaco Schuschnigg a
Berchtesgaden, dove egli fu violentemente attaccato e minacciato e indotto a nominare come
Ministro degli Interni il nazista Seyss-Inquart.

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Per scongiurare il pericolo, Schuschnigg decise di indire un plebiscito sull’annessione; Hitler
temeva il risultato e fu indotto a passare alle minacce esplicite: il plebiscito fu annullato,
Schuschnigg si dimise e al suo posto andò Seyss-Inquart il quale, il 12 marzo 1938, fece
appello alle truppe tedesche che varcarono la frontiera. Una successiva legge unì i due stati.
Le reazioni delle potenze furono pressoché nulle: l’Inghilterra consigliò all’Austria di non
reagire e la Francia si limitò ad una protesta del suo ambasciatore, frenata dall’atteggiamento
inglese e dalla crisi di governo interna.
Mussolini non rispose alle richieste d’aiuto austriache; tuttavia in Italia cominciò proprio allora
a nascere una certa diffidenza verso la Germania nazista e, nonostante i legami sempre più
stretti che si andavano instaurando tra le due dittature, nell’aprile 1938 fu iniziata la
costruzione nel nord Italia di un sistema difensivo detto “Vallo del Littorio” contro un
eventuale attacco tedesco.

Crisi cecoslovacca e Conferenza di Monaco.


Il secondo obiettivo di Hitler era la Cecoslovacchia.
In questo paese, nella regione dei Sudeti, vivevano più di tre milioni di Tedeschi in buona
armonia con i cechi; la zona era fortemente industrializzata e militarizzata.
Il partito “Sudeten Deutsche Partei”, diretto da Henlein, raccoglieva la gran parte degli
abitanti.
La Cecoslovacchia aveva un trattato di alleanza con la Francia del 1924 che prevedeva un
aiuto automatico in caso di attacco tedesco, ed un altro con l’URSS stipulato nel 1935 di
assistenza militare valido se anche la Francia avesse mantenuto i suoi impegni; per quanto
riguarda i Russi, però, vi era anche il problema che Romania e Polonia impedivano il
passaggio dell’Armata Rossa sui loro territori.
Inoltre la Cecoslovacchia faceva parte con Jugoslavia e Romania della “Piccola Intesa”, diretta
però più contro l’Ungheria e non si applicava in caso di aggressione tedesca.
Dopo l’Anschluss la situazione nei Sudeti cominciò ad essere più tesa e nell’aprile 1938 il
partito di Heinlen fece approvare un programma in cui si chiedeva alla Cecoslovacchia la
costituzione di un governo autonomo nella zona dei Sudeti e la libertà di aderire all’ideologia
nazista.
In Francia salì agli Esteri Bonnet, fautore della politica di appeasement sostenuta
dall’Inghilterra, quindi i due governi consigliarono ai cechi di intraprendere trattative dirette
con il partito di Henlein con “spirito di comprensione”.
Tuttavia, nel maggio 1938, il governo ceco mobilitò una classe di riservisti e una guerra fu
scongiurata solo per l’intervento energico dell’Inghilterra, la quale fece capire ai francesi in
questa occasione che sarebbe intervenuta solo in caso di aggressione tedesca alla Francia e
non per salvare la Cecoslovacchia; Hitler non si mosse e le misure furono revocate.
L’azione di pacificazione svolta dal governo inglese continuò con l’invio a Praga di Lord
Runciman come mediatore tra il governo ceco e il partito di Henlein; a causa anche di
preparativi militari in Germania il governo ceco si rassegnò a soddisfare quasi tutte le
richieste di Henlein ma, l’inizio della crisi si ebbe con l’entrata in scena ufficiale di Hitler nella
contesa, fatta nel settembre 1938 con il discorso a Norimberga davanti a una folla immensa.
Egli attaccò violentemente il governo ceco e disse che la Germania si sarebbe incaricata di
riparare ai torti che i Tedeschi subivano nei Sudeti; il giorno dopo Henlein ruppe le trattative
con il governo e chiese pubblicamente l’annessione al Reich mentre Runciman si ritirava.
Come ultima mossa diplomatica Chamberlain cercò un riavvicinamento anglo-tedesco e, in un
incontro con Hitler, affermò di ammettere l’autodeterminazione dei tedeschi del Sudeti.
Successivamente vi fu una consultazione tra i governi inglese e francese, quest’ultimo era
diviso sul da farsi e ancora una volta l’appeasement inglese ebbe la meglio; il 21 settembre
’38 il governo ceco accettò, sotto la prospettiva chiara di un non intervento della Francia in
suo aiuto, un piano anglo-francese per cui le regioni abitate da più di 50% di tedeschi
sarebbero state annesse al Reich.
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Nonostante queste enormi concessioni Hitler definì il piano “inaccettabile”, anche i cittadini
polacchi e ungheresi dovevano essere vendicati contro i soprusi del governo ceco; il 27 egli
fece sapere che avrebbe decretato la mobilitazione generale per il giorno dopo.
Poche ore prima della scadenza dell’ultimatum Chamberlain fece un ultimo tentativo e invitò
Hitler e Mussolini a partecipare ad una conferenza sulla questione ceca con i capi di stato
francese e inglese; convinto in extremis da Mussolini, che non essendo pronto per la guerra
era felice di poter fare la parte del mediatore, Hitler fissò la sede a Monaco.
La Conferenza di Monaco si tenne il 29 settembre 1938 e vi parteciparono Hitler con Von
Ribbentrop, Mussolini e Ciano, Chamberlain e Daladier assistito da François-Poncet.
Daladier disse subito che non poteva nascere alcun accordo se vi era l’intenzione di far
scomparire la Cecoslovacchia, mentre si poteva negoziare la cessione dei Sudeti.
Dopo dodici ore di trattative furono accolte tutte le richieste di Hitler mentre Francia e
Inghilterra garantivano con un accordo le frontiere dello stato cecoslovacco; la zona dei Sudeti
passava alla Germania ed entro dieci giorni i cechi avrebbero dovuto andarsene, negli altri
territori indicati da una Commissione Internazionale abitati da tedeschi si sarebbe operato un
plebiscito.
La Conferenza di Monaco, se da una parte aveva temporaneamente salvato la pace in Europa,
dall’altra aveva totalmente distrutto il sistema di alleanze della Francia, che aveva perduto
buona parte del suo prestigio abbandonando un paese con cui era alleata mentre le piccole
nazioni avevano fondati timori sulla costituzione di un “direttorio delle grandi potenze” ai loro
danni.
In Germania il successo e la credibilità di Hitler erano alle stelle.
L’Inghilterra volle concretizzare il risultato firmando lo stesso giorno un trattato di non
aggressione con la Germania, senza consultare la Francia, ma in patria Chamberlain trovava
serie opposizioni dai conservatori di Churchill.
Per iniziativa francese fu firmato un accordo simile anche tra la Germania e la Francia,
portando un certo clima di distensione in Europa che fu però scosso dalla “notte dei cristalli”,
una campagna di assassinii contro gli ebrei provocata in Germania dall’assassinio di un
segretario dell’ambasciata tedesca a Parigi per mano di un ebreo tedesco. Roosevelt richiamò
in patria l’ambasciatore a Berlino per l’indignazione.
Rispettivamente nei mesi di ottobre e novembre anche la Polonia e l’Ungheria ottennero la
cessione di territori ex cecoslovacchi: la Polonia lanciò un ultimatum ai cechi nonostante le
minacce russe e francesi e ottenne la regione di Teschen, l’Ungheria beneficiò di un
“arbitrato” italo-tedesco che le concesse un vasto territorio a sud abitato da un milione di
abitanti.
In conseguenza a questi traumi nei mesi successivi la Cecoslovacchia subì una sorta di
disgregazione interna e si costituirono governi autonomi in Slovacchia e in Rutenia.
Hitler decise di completare il lavoro: convocò a Berlino il presidente Hacha e, dopo una notte
di minacce sulla popolazione di Praga, il presidente cecoslovacco firmò un documento che
poneva il suo paese sotto la protezione della Germania.
Praga fu occupata il 15 aprile, la Boemia e la Moravia, primi territori non tedeschi conquistati
da Hitler per assicurare alla Germania lo “spazio vitale”, furono considerati un “protettorato
tedesco” così come la Slovacchia, mentre la Rutenia fu subito occupata dagli ungheresi.
Infine, dopo un nuovo ultimatum, il 22 marzo la Germania annetteva la città lituana di Memel.

Contrasto italo-francese e occupazione dell’Albania.


Nel maggio 1938 Mussolini aveva rifiutato di firmare un accordo con la Francia, essa allora
riconobbe la conquista italiana dell’Etiopia per tentare un riavvicinamento ma alla fine
dell’anno il contrasto tra i due paesi si accentuò; a novembre si ebbero le manifestazioni
indegne del parlamento che con le loro urla misero inaspettatamente al corrente la Francia
delle rivendicazioni italiane su Tunisi, Gibuti e la Corsica.

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François-Poncet, nuovo ambasciatore francese in Italia, chiese spiegazioni e Ciano per tutta
risposta denunciò a dicembre gli “Accordi di Roma” del 1935; la reazione francese fu ferma e
immediata, Daladier fece un viaggio dimostrativo in Corsica e Tunisia dove fu ben accolto.
Dopo un timido tentativo di mediazione l’Inghilterra disse che avrebbe garantito la Francia
non solo contro un attacco tedesco ma anche contro uno italiano.
In seguito, favorito dal prudente non intervento adottato da Francia e Gran Bretagna, il
generale Franco riuscì a sottomettere i governativi e nel marzo 1939 Madrid cadde; Mussolini
volle approfittare dell’effetto psicologico che la vittoria di Franco poteva suscitare in Francia
(ora circondata da Stati dittatoriali) e fece delle proposte sui problemi di Gibuti e della Tunisia
che il governo francese respinse con fermezza ricordando che era stato lo stesso Mussolini a
denunciare gli “Accordi di Roma”.
Intrappolato, come abbiamo già detto, da questa politica di rivendicazioni territoriali, il Duce si
rivolse bruscamente verso l’Albania, Paese soggetto dal 1921 alla netta influenza italiana;
Ciano aveva fatto in gennaio un viaggio in Jugoslavia dove Stojadinoviç, temendo mire
tedesche sulla Croazia, gli aveva dato il via libera in Albania.
Imitando i metodi di Hitler, Mussolini ordinò il 7 aprile 1939 l’invasione dell’Albania.
Il re Zog fuggì, lo stato fu reso un protettorato italiano e si ebbe l’unione delle due corone; la
Germania era stata preventivamente avvisata e l’intesa tra i due dittatori aumentava.

CRISI POLACCA E DICHIARAZIONE DI GUERRA.

La fine dell’Appesasement. Garanzie franco britanniche.


La conseguenza più rilevante dell’invasione tedesca in Slovacchia del 15 marzo fu il netto
cambiamento di rotta della politica inglese.
L’appello simil-legale fatto da Hacha non costringeva Francia ed Inghilterra ad intervenire
(visto che avevano garantito le frontiere del nuovo stato cecoslovacco a Monaco), ma due
giorni dopo l'aggressione Chamberlain disse al Parlamento che non ci si poteva più fidare di
Hitler e iniziò con l’appoggio della Francia delle conversazioni militari, dando entrambi i Paesi
una serie di garanzie ai paesi che sembravano più esposti ad un nuovo attacco nazista:
il 6 aprile la Gran Bretagna annunciò un’alleanza militare con la Polonia, pochi giorni dopo
anche la Francia confermò l’alleanza franco-polacca; il 13 i due stati davano la garanzia anche
a Romania e Grecia, a maggio l’Inghilterra firmò con la Turchia una dichiarazione di mutua
assistenza, mentre la Francia, per ottenere l’alleanza turca, fu costretta a cedere il
sangiaccato di Alessandretta, una regione abitata da Turchi a nord della Siria e sotto mandato
francese.
Un vero trattato di alleanza franco-anglo-turco fu firmato solo nell’ottobre 1939.
Dopo la presa di Praga, la Polonia era certamente il paese più minacciato; nell’ottobre 1938 i
tedeschi chiesero amichevoli conversazioni sulla possibilità di un passaggio di Danzica al
Reich e della costruzione di strade e ferrovie di comunicazione dotate di extraterritorialità.
Le proposte furono ripetute a gennaio e marzo ’39, e con la stessa cortesia della domanda la
Polonia rifiutò in ogni occasione: Von Ribbentrop cercava di spingere la Polonia in una sorta di
alleanza contro l’URSS, il colonnello Beck, da parte sua, cercava di bilanciare l’atteggiamento
polacco con entrambe le potenze per non subire degli attacchi da una delle due; tutto questo
senza informare la Francia dei contatti diplomatici con Berlino e Mosca.
La situazione cambiò dopo il 15 marzo. Nei giorni seguenti Von Ribbentrop intimò alla Polonia
di unirsi al blocco anti-sovietico e furono poste minacciose rivendicazioni su Danzica, Beck
rifiutò fermamente e in aprile vi furono le garanzie franco-inglesi.
La situazione si inasprì quando Hitler, in risposta ad un appello di non aggressione rivolto a lui
e a Mussolini dal presidente americano Roosevelt, pronunciò alla fine di aprile un discorso in
cui attaccava violentemente la Polonia e denunciava il trattato navale anglo-tedesco e
l’accordo con la Polonia del ’34, rivendicando apertamente l’annessione totale di Danzica.
Il giorno dopo il governo britannico faceva adottare ai Comuni il servizio militare obbligatorio.
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Il Patto d’Acciaio e i negoziati dell’URSS.
- Prima di procedere ad un eventuale attacco, Hitler voleva assicurare l’alleanza con l’Italia,
firmando una vera e propria alleanza militare.
Le proposte di Von Ribbentrop durante tutto il ’38 si infransero nei rifiuti di Mussolini, tuttavia,
a causa dell’alleanza militare francese con l’Inghilterra, il Duce decise di accettare nel gennaio
1939 e la decisione non mutò neanche dopo l’invasione tedesca della Slovacchia.
Il 22 maggio 1939 fu firmato da Ciano e Von Ribbentrop il “Patto d’Acciaio”, un trattato
offensivo che legava le due potenze ad un intervento immediato nel caso in cui una delle due
si fosse trovata in azioni belliche, anche di attacco.
Mussolini sperava che la Germania volesse ritardare la guerra almeno fino al ’43 ma Hitler
fece capire a Ciano che le ostilità sarebbero cominciate quello stesso anno; successivamente
fu concluso un accordo circa il Tirolo meridionale e le popolazioni tedesche abitanti nella zona
dovettero scegliere tra l’emigrazione in Germania e la cittadinanza italiana, la Germania, in
cambio, ebbe successivamente una zona franca nel porto di Trieste.
- Sia la Germania che le democrazie occidentali cercarono di portare l’URSS nei loro rispettivi
campi e fino all’agosto 1939 la scelta dei sovietici non era ancora fatta, sviluppando negoziati
paralleli con entrambi i contendenti.
Dopo l’invasione della Cecoslovacchia, l’URSS sembrò orientarsi verso una collaborazione con
le democrazie e iniziò scambi di opinioni con l’Inghilterra; gli inglesi volevano tirare il
negoziato per le lunghe per la giusta intuizione che la guerra non sarebbe scoppiata finché la
Russia non avesse reso chiara la sua posizione, data la paura della “guerra su due fronti” dello
Stato Maggiore tedesco.
I sovietici cercavano una vera alleanza militare, l’Inghilterra voleva solo una garanzia russa
sulla Polonia e la Romania ma non sarebbe stata disposta ad una guerra se l’URSS fosse stata
attaccata; la situazione ebbe una svolta quando Litvinov (favorevole al sistema della sicurezza
collettiva) fu sostituito dalla carica di “Commissario del Popolo agli Esteri” e al suo posto, il 3
maggio, subentrò Molotov. Pochi giorni dopo inglesi e francesi fecero chiaramente capire alla
Russia che non sarebbero entrate automaticamente in guerra se questa fosse stata attaccata,
tuttavia proposero dei patti di mutua assistenza in caso di attacchi tedeschi contro Polonia,
Romania, Grecia, Turchia e Belgio; poiché tra questi paesi non erano compresi i paesi baltici e
non vi era ancora una volta un chiaro accordo militare, Molotov rifiutò.
A questo punto, nell’agosto ’39, Francia ed Inghilterra accettarono di inviare in Russia delle
delegazioni militari e navali (gli inglesi avevano l’ordine di tenersi sul vago e guadagnare
tempo), Molotov protestò per lo scarso potere di negoziazione dei delegati, ma l’intoppo più
grande si ebbe a causa del rifiuto della Polonia (nonostante le forti pressioni franco-inglesi che
arrivarono al punto di denunciare l’alleanza) di consentire il passaggio delle truppe russe sul
suo territorio. L’accordo non si trovava e dopo pochi giorni Von Ribbentrop arrivò a Mosca e
concluse le trattative segrete russo-tedesche con un accordo storico.
I primi contatti russo-tedeschi iniziarono ad aprile con conversazioni di carattere economico;
dopo la nomina di Molotov furono i russi a fare le prime avances, mantenendosi da principio
sul vago per capire gli umori tedeschi e per le contemporanee trattative con gli alleati.
In giugno i tedeschi accettarono di stipulare un accordo economico ma fu solo alla fine di
luglio che i russi fecero delle proposte precise su di un trattato di carattere politico; i tedeschi
li convinsero di come la Germania poteva offrire all’URSS molti più vantaggi dell’Inghilterra.
Durante il mese di agosto Von Ribbentrop cercò di stringere i tempi sia perché Hitler aveva
deciso di attaccare la Polonia il 1° settembre, sia perché vi era una certa preoccupazione sulle
trattative militari intraprese dalle democrazie.
Von Ribbentrop arrivò a Mosca e lo stesso giorno, il 23 agosto 1939, fu firmato il “Patto Von
Ribbentrop-Molotov”, immediatamente operante e valido per 10 anni.
Il Patto comprendeva un Trattato di non aggressione in cui i due paesi si impegnavano a non
partecipare ad alcuna azione di aggressione contro l'altro, a non unirsi con potenze ostili e a
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risolvere i loro conflitti per mezzo dell’arbitrato; vi era anche un protocollo segreto che era in
realtà molto più importante poiché stabiliva le zone d’influenza dei due Paesi:
la zona d’influenza russa comprendeva la Finlandia, l’Estonia e la Lettonia e rimarcava
l’interesse sovietico sulla Bessarabia; l’influenza tedesca si sarebbe estesa sulla Lituania.
I due Stati non affermavano la volontà di mantenere uno Stato polacco indipendente.

L’attacco alla Polonia e la dichiarazione di guerra.


Abbiamo visto come, dopo l’invasione della Cecoslovacchia, Hitler avesse cambiato il suo
atteggiamento verso la Polonia, fino ad arrivare al discorso al Reichstaag in cui denunciava il
Trattato tedesco-polacco.
Dopo questi avvenimenti iniziarono in Polonia incidenti causati dai tedeschi residenti; i
polacchi decisero di intensificare i rapporti con la Francia e in maggio si ebbe un accordo
militare ma Bonnet (strenuo fautore della pace e delle concessioni alla Germania simili alla
farsa di Monaco) ottenne che il trattato militare entrasse in vigore dopo aver concordato un
accordo politico, cosa che avvenne quasi inutilmente solo il 4 settembre.
Fino alla metà di agosto a Danzica si moltiplicarono le sfilate e le parate naziste, poi dal 24
agosto, dopo la firma del Patto Ribbentrop-Molotov, gli eventi precipitarono.
Hitler diede l’ordine di attacco alla Polonia il 25 ma poi ebbe un ripensamento, probabilmente
a causa di una lettera di Mussolini che gli spiegava l’impreparazione militare dell’Italia ad
entrare in guerra ed un’altra in cui faceva richieste esorbitanti anche per la produzione
tedesca (ma si ritiene che in questa seconda lettera Ciano e Attolico abbiano appositamente
gonfiato le richieste per non far entrare il paese in guerra e sfruttare i vantaggi della
neutralità), nonché per la firma in quel giorno del trattato di alleanza anglo-polacco
annunciato in aprile.
Il governo inglese tentò un ultimo tentativo di pace proponendo una mediazione diretta tra la
Polonia e la Germania; Hitler accettò l’incontro con un plenipotenziario polacco che, non
essendo Beck stato avvisato per tempo dal governo inglese, si presentò solo la sera del 30 (e
non era neanche un plenipotenziario ma un semplice ambasciatore).
All’alba del 1° settembre 1939 l’esercito tedesco invadeva la Polonia
L’ultimo tentativo di pace si ebbe il 31 da parte di Mussolini che, umiliato dalla confessione
della sua debolezza militare, propose la riunione di una conferenza internazionale; il progetto
fallì poiché gli inglesi chiesero che prima di trattare le truppe tedesche avessero evacuato la
Polonia.
Mussolini rifiutò di mantenere la sua proposta definendo quest’atteggiamento una “idiozia”.
Il governo francese ordinò la mobilitazione generale il 1°settembre, la Camera dei Comuni si
indignò per i ritardi di Chamberlain (dovute solo alle incertezze francesi); il 3 settembre
Francia ed Inghilterra lanciarono un ultimatum al governo tedesco che scadeva il giorno
stesso.
Essendo stati entrambi respinti, il Regno Unito e la Francia dichiararono guerra alla Germania.

LA FASE EUROPEA DELLA GUERRA.

La sconfitta polacca e la “drole de guerre”.


Naturalmente, durante la guerra la diplomazia ebbe un ruolo secondario e tutto si ridusse ad
una questione di forza, tutt’al più essa servì per rafforzare le alleanze esistenti.
L’offensiva tedesca in Polonia fu folgorante, grazie all’uso combinato dell’aviazione e della
penetrazione dei carri armati in profondità nel territorio nemico.
Gli accordi Von Ribbentrop-Molotov avevano portato ad un piano prestabilito di spartizione
della Polonia e l’intervento russo si ebbe il 16 settembre, con il pretesto della difesa delle
popolazioni ucraine e bielorusse dopo il disfacimento dello Stato polacco; i russi avanzarono
velocemente e senza subire grandi perdite, provocando anche l’irritazione dei tedeschi.

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Il 28 fu firmato un nuovo trattato tedesco-sovietico che fissava la linea di demarcazione tra le
due zone di occupazione, con questo nuovo accordo lo stato polacco scompariva, Varsavia era
nella zona tedesca e la Lituania passava nella zona di influenza sovietica; questa spartizione
era molto vantaggiosa per i russi, meglio anche della Linea Curzon del 1919.
I protocolli segreti di questo nuovo accordo prevedevano che i cittadini russi e tedeschi
presenti nelle opposte zone di influenze potessero rimpatriare; inoltre la Russia fece valere i
vantaggi sulla sua zona d’influenza imponendo ai tre paesi baltici la cessione di basi navali ed
aeree, nonché lo stazionamento di truppe sovietiche sul loro territorio.
Per quanto riguarda l’Italia, Mussolini assistette impotente a questi avvenimenti; temendo che
la Francia e l’Inghilterra volessero portare l’Italia a rompere il “Patto d’Acciaio” (in effetti vi
furono alcuni contatti) Hitler parlò con Ciano senza forzare sull’entrata in guerra italiana,
prevista d’altronde nel Patto, affermando che l’Italia sarebbe stata la padrona assoluta del
Mediterraneo.
- Dopo la sconfitta della Polonia la guerra terrestre sul fronte occidentale assunse un
andamento molto tranquillo, Hitler in ottobre tentò di approfittare della situazione per offrire
una pace alle democrazie e assorbire le sue conquiste: la Francia e l’Inghilterra non potevano
permettere che questo succedesse e rifiutarono senza esitazioni le proposte del Fuhrer.
Un mese dopo si ebbe anche un altro tentativo di mediazione da parte del Belgio e
dell’Olanda che fu appoggiato anche da Norvegia, Danimarca, Svezia, Finlandia, Romania e
dal Papa; tuttavia sia Hitler che le democrazie rifiutarono l’offerta mediatrice (novembre
1939).
- In risposta a questi propositi di pace, l’Armata Rossa invase la Finlandia il 30 novembre,
dopo che i finlandesi avevano rifiutato l’installazione di basi militari russe nel loro Paese; i
rifornimenti di armi verso la Finlandia fatti dall’Italia furono interrotti per la pressione tedesca
e gli stessi tedeschi osservarono una rigida neutralità in base agli accordi con i sovietici.
Con la dura vittoria i russi ottennero, con il Trattato di Mosca del marzo 1940, l’istmo di
Carelia.
In seguito a questi avvenimenti Francia ed Inghilterra firmarono, il 28 marzo, un Trattato in
cui si affermava che non ci sarebbe stata né armistizio né pace separata con la Germania.
- Il passo successivo fu compiuto dai tedeschi. La Germania acquistava grandi quantità di
ferro dalla Svezia che transitavano per il porto norvegese di Narvik; se gli alleati prendevano
questo porto potevano tagliare la “via del ferro” alla Germania.
Hitler impedì che questo potesse accadere con un attacco preventivo alla Danimarca e alla
stessa Norvegia (9 aprile); la rapida vittoria dei tedeschi arrivò il 10 giugno 1940 con la
partenza per Londra del re di Norvegia.
Lo stesso 10 giugno 1940 i tedeschi invasero il Belgio e l’Olanda, rompendo la neutralità di
questi stati e la “drole de guerre” sul fronte occidentale; in conseguenza di questi
avvenimenti in Inghilterra cadde il gabinetto di Chamberlain e fu sostituito un governo di unità
nazionale sotto la guida di Winston Churchill, fin dall’inizio ostile ai nazisti.

La sconfitta della Francia e l’armistizio; la Battaglia d’Inghilterra.


Il 10 maggio 1940 Hitler lancia l’offensiva sul fronte occidentale contro Olanda, Belgio e
Francia.
Il 15 gli olandesi deposero le armi e il giorno successivo, con una spettacolare manovra a
sorpresa, i carri armati tedeschi sfondarono il fronte francese passando attraverso la foresta
delle Ardenne, ritenuta a torto inaccessibile ai blindati.
Invece di puntare direttamente su Parigi, le truppe tedesche marciarono verso Ovest per
bloccare i collegamenti con il resto dell’esercito francese e chiudere in una sacca le armate
del nord; sostituito Gamelin, il nuovo generalissimo Weygand non riuscì a collegare le due
armate e l’intero esercito del nord dovette imbarcarsi a Dunkerque lasciando a terra
l’equipaggiamento.

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Il 6 giugno l’esercito tedesco sfondava la disperata linea difensiva sulle Somme con il triplo
delle forze rispetto ai francesi, il governo (con a capo Reynaud) abbandonò Parigi il 10 giugno.
Ancora il 6 giugno Churchill annunciava l’arrivo in Francia di due divisioni britanniche, dopo le
richieste di aiuto francesi non furono più soddisfatte per garantire la sicurezza del suolo
inglese.
- Per quanto riguarda l’atteggiamento italiano dopo il 1° settembre, abbiamo visto che Hitler
non richiese l’entrata in guerra forzata di Mussolini; tuttavia l’8 marzo 1940 il Fuhrer scrisse
una lettera al dittatore italiano reclamando ardentemente l’entrata in guerra italiana, poi
incontrò il Duce al Brennero e in quel dialogo Mussolini disse che l’entrata in guerra era
“inevitabile”.
Ciano cercava di far mantenere al Duce la neutralità ma già il 13 maggio, osservando la
rapidità del successo tedesco, la decisione di Mussolini era definitiva ed egli si arrese; il 26
Reynaud si recò a Londra per concordare delle concessioni all’Italia in cambio della neutralità,
il presidente americano Roosevelt garantì (per far dimenticare Wilson) che le concessioni
sarebbero state applicate dopo la guerra.
Queste proposte si scontrarono con il rifiuto di Mussolini; il giorno dopo i francesi arrivarono
ad offrire vasti territori nell’Africa nord orientale ma il progetto cadde per l’opposizione
inglese che calcolava l’impatto morale che queste concessioni avrebbero avuto in Francia ed
Inghilterra.
Il 30 maggio Mussolini inviò ad Hitler una lettera in cui annunciava l’entrata in guerra
dell’Italia per il 5 giugno, poi i due si accordarono per l’11.
Il 10 giugno 1940 l’Italia dichiarava guerra alla Francia e alla Gran Bretagna.

In quello stesso 10 giugno il governo di Reynaud abbandonò Parigi e si rifugiò a Tours,


l’esercito era ormai vinto ed il problema principale era quello di decidere se il governo avesse
dovuto continuare la lotta trasferendosi in Nord Africa ovvero avesse dovuto chiedere un
armistizio alla Germania, che però contrastava con il Trattato franco-inglese del 28 marzo in
cui si proibiva armistizio o pace separata con i tedeschi.
L’11 si ebbe a Briare un Consiglio Supremo Interalleato con Churchill ed Eden; in seno al
governo francese Pétain e Weygand, comprendendo il disfacimento dell’esercito e seguendo il
codice militare francese, non accettavano di abbandonare l’esercito ed i cittadini in Patria e
continuare la guerra con le poche divisioni d’oltremare, quindi premevano per la richiesta di
armistizio nonostante l’impegno con l’Inghilterra.
Di parere opposto erano Reynaud e i presidenti delle due Camere (tra cui il radicale Herriot),
che consideravano in questo modo la possibilità della cessione all’Inghilterra della flotta
militare; Churchill affermò la volontà inglese di continuare a combattere e non fece pressioni.
Il 16 giugno fu una giornata molto importante. Il governo francese si era trasferito a Bordeaux,
Reynaud lesse al Consiglio dei Ministri la risposta del presidente americano Roosevelt circa la
richiesta di intervento militare americano; era piena di solidarietà verso la Francia e incitava
alla resistenza ma diceva che una decisione del genere poteva essere presa soltanto dal
Congresso.
Credendo in una capitolazione francese il governo britannico inviò due note in cui annunciava
che chiedere l’armistizio avrebbe “messo in discussione l’onore della Francia”, poi le due note
furono ritirate e gli stessi inglesi presentarono un “Progetto di Unione franco-britannica”.
La validità e la serietà di questo progetto, un impresa enorme di cui non si erano affatto
valutate le conseguenze e le complicazioni, non deve essere esagerata in quanto, secondo lo
stesso Churchill, esso aveva più che altro lo scopo di rivitalizzare gli oppositori dell’armistizio.
Purtroppo non si ebbe il risultato sperato: in serata Reynaud rassegnò le sue dimissioni ed il
suo successore, il maresciallo Pétain, formò il nuovo governo due ore dopo, includendo tutti i
fautori dell’armistizio; alle 3 del mattino fu convocato l’ambasciatore spagnolo e fu incaricato
di far trasmettere al governo spagnolo la richiesta di armistizio ai tedeschi.

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Il giorno dopo Churchill tornò a chiedere a Pétain di portare la flotta francese nei porti inglesi,
le note di protesta ritirate furono subito ripresentare al governo francese; i francesi
assicurarono che le navi non sarebbero state consegnate ai tedeschi ma rifiutavano di
trasferirle nei porti inglesi. A questo punto il governo britannico cercò di incoraggiare i
movimenti di resistenza all’armistizio come quello del generale De Gaulle, che il 18 giugno
pronunciò il famoso discorso via radio per incitare la popolazione francese alla resistenza, e di
altri parlamentari, tra cui Daladier, che avevano lasciato per protesta Bordeaux e si erano
trasferiti a Rabat per organizzare una sorta di “governo della Resistenza” (progetto che poi
Pétain bloccò).
Quando l’armistizio fu firmato, l’Inghilterra ritirò da Bordeaux il suo ambasciatore.
Hitler il 18 conferì con Mussolini il quale voleva un singolo armistizio tra i due paesi ed aveva
richieste esorbitanti considerando che l’esercito non aveva concluso nulla, alla fine Hitler
impose due armistizi separati e il governo francese fece sapere che le condizioni sine qua non
erano la non occupazione dell’impero e che la flotta non fosse consegnata ai vincitori.
Il 21 ebbe luogo a Rethondes la presentazione delle condizioni tedesche nello stesso vagone
ferroviario in cui i francesi avevano imposto il Diktat alla Germania nella Grande Guerra; le
condizioni erano dure, non disonorevoli e il giorno dopo furono discusse dal governo francese
che propose delle modifiche rifiutate dai tedeschi.
L’armistizio con la Germania fu firmato la sera del 22 giugno, quello con l’Italia il 24.
Le clausole politiche dell’armistizio con la Germania prevedevano la creazione a nord di una
zona occupata in cui la Germania aveva i diritti della potenza occupante, le spese di
occupazione erano della Francia e nessun arma, nave o soldato potevano essere trasferiti in
Inghilterra, il governo francese poteva insediarsi a Parigi (ma fu scelta la città di Vichy nella
zona “libera”); per quanto riguarda la flotta le clausole erano poco rassicuranti per gli inglesi:
una parte doveva rimanere alla Francia per la difesa dell’Impero, la restante parte doveva
essere “smobilitata e disarmata” dall’Italia e dalla Germania.
L’armistizio con l’Italia prevedeva la smilitarizzazione di una zona di frontiera, di Ajaccio e di
zone in Algeria e Tunisia, nonché l’uso del porto di Gibuti e della ferrovia di Addis Abeba.
Con questi due armistizi si ha un ritorno al modello ottocentesco con armistizio vero e proprio
e sospensione delle ostilità; anche la Francia è ammessa al tavolo della pace.

- Con la sconfitta francese termina per Hitler l’operazione polacca, quindi egli propone agli
inglesi una nuova pace (dopo quella dell’ottobre ’39).
E’ il 19 luglio 1940 quando Hitler, con affianco Ciano, fa un discorso al Reichstaag in cui non
chiedeva all’Inghilterra alcuna cessione in cambio della pace; su pressione tedesca anche la
Santa Sede fece pressione sui vescovi inglesi affinché convincessero l’opinione pubblica ad
accettare la pace, ma il clero britannico si oppose.
Un tentativo fu operato con una manovra dei servizi segreti tedeschi: il piano era di aiutare
l’ex sovrano Edoardo VIII a salire sul trono inglese; egli avrebbe spinto per la pace, appoggiato
dai gruppi universitari pacifisti di Bertrand Russell, a loro volta in contatto con l’URSS.
Il piano fallì poiché fu scoperto in tempo dai servizi segreti inglesi, Edoardo VIII fu nominato
“Governatore delle Bahamhas” (ma laggiù non poté lasciare la sua residenza) e alla fine della
guerra se ne tornò a vivere in Costa Azzurra.
In seguito si ebbe la storica risposta di Churchill alla proposta di pace tedesca, in cui il premier
inglese disse che avrebbero combattuto sino alla fine non contro il popolo tedesco, bensì
contro gli orrori del nazionalsocialismo.
Hitler, adirato dalla risposta di Churchill, decise di attaccare anche l’Inghilterra, andando per
la prima volta fuori dal rigido schema di guerra che aveva preparato con il suo Stato
Maggiore.
Per invadere la Gran Bretagna bisognava innanzitutto poter sbarcare, quindi gli sforzi
dell’estate furono quelli di costruire mezzi da sbarco e di distruggere la Home Fleet, la flotta
inglese di stanzia nella Manica; la flotta aveva una copertura aerea (costruita con intelligenza
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a partire dal 1934), quindi la prima fase dell’operazione “Leone marino” doveva essere quella
di spazzare la RAF dai cieli e di punire la popolazione civile inglese con dei bombardamenti a
tappeto sulle città (la prima ad essere rasa al suolo fu Coventry, da qui “coventrizzazione”).
Nell’agosto 1940 inizia dunque la “Battaglia d’Inghilterra” e per la prima volta nella storia
anche la popolazione civile diviene un obiettivo militare; intere città furono rase al suolo e
anche il Parlamento fu colpito ma, nonostante ciò, la popolazione inglese non fece alcun
dissenso alla guerra e al governo di unità nazionale non esisteva opposizione.
La battaglia coinvolse più di 3000 aerei, gli inglesi non avevano molti equipaggi e
mantenevano quasi tutti gli apparecchi in volo e anche aviatori francesi furono reclutati nelle
file britanniche (il cosiddetto “Albo d’oro”); dopo un mese di combattimenti, i tedeschi videro
che perdevano più aerei degli inglesi (un rapporto di 3 a 1) e capirono che continuare la lotta
significava mettere a rischio la consistenza stessa della Luftwaffe.
Per questa constatazione, a metà settembre l’operazione “Leone marino” fu interrotta e
rimandata a tempo indeterminato; questo fu un punto di svolta importante nella guerra.
A suggello di ciò, Churchill disse: “mai nella storia così tanti hanno dovuto tanto a così pochi”.

Annessioni russe e tedesche; rapporti Inghilterra-Vichy.


La conseguenza più immediata del crollo francese fu l’annessione da parte dell’URSS degli
Stati Baltici; i sovietici mandarono ai tre Stati degli ultimatum, con il pretesto delle minacce
che subiva l’Armata Rossa in quei territori, in cui si chiedeva l’instaurazione di governi filo-
comunisti. Appena saliti al potere i governi stessi chiesero l’incorporazione immediata dei loro
stati all’Unione Sovietica, tra il 1° e l’8 agosto 1940.
Contemporaneamente fu inviato un altro ultimatum alla Romania, nel quale i russi chiedevano
la cessione immediata della Bessarabia, di cui non avevano mai accettato la perdita, e anche
della Bucovina settentrionale (questa richiesta scatenò le proteste tedesche), una regione che
non era mai appartenuta all’impero zarista.
Probabilmente questo avvenimento peggiorò in maniera definitiva i rapporti tra l’URSS e la
Germania ed è in questo periodo che fu pensato il piano d’attacco dell’operazione
“Barbarossa”.
Il governo rumeno, dopo un inutile appello alla Germania e all’Italia, dovette cedere e il 2
agosto 1940 fu costituita la Repubblica Socialista Sovietica di Moldavia; i tedeschi risposero
subito inviando in Romania una missione militare, preludio di un’occupazione ben più vasta.
Anche la Bulgaria e l’Ungheria avanzarono rivendicazioni sui territori rumeni:
la Bulgaria ottenne direttamente dal governo rumeno la Dobrugia meridionale, mentre il
contrasto con l’Ungheria fu sanato solo con l’intervento di Germania e Italia che, il 30 agosto,
fecero accettare ai due contendenti il “Secondo arbitrato di Vienna” che prevedeva la
divisione della Transilvania tra i due Stati.
L’11 ottobre Hitler occupò definitivamente la Romania e i suoi preziosi pozzi petroliferi.
Il 27 settembre 1940 Italia, Germania e Giappone firmarono il “Patto Tripartito”, un trattato di
alleanza politica, economica e militare nel caso dell’entrata nel conflitto di un altro Stato; da
allora in poi la politica estera tedesca fu impegnata nel cercare adesioni a questo accordo.
L’obiettivo più importante era sicuramente quello di coinvolgere la Spagna nella Guerra;
al momento dell’armistizio con la Francia, Franco si era dichiarato pronto ma fece delle
richieste abbastanza consistenti (Gibilterra, Marocco francese e territori in Guinea) e inoltre,
poiché la Spagna era uscita prostrata dalla guerra civile, volle aiuti militari ed economici che
erano abbastanza gravosi per i paesi dell’Asse.
Il 23 ottobre Hitler incontrò Franco ma la decisione definitiva sull’entrata in guerra non si
ebbe.
Le uniche adesioni al “Patto Tripartito” furono quelle di Ungheria, Romania e Slovacchia.

- In questo periodo la situazione dell’Inghilterra era abbastanza problematica; i rapporti con il


governo di Vichy erano pessimi e Laval aveva proposto a Pétain addirittura di entrare in
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guerra contro l’Inghilterra, rea di dare protezione a De Gaulle, il quale alla fine di luglio darà
vita ad un “Consiglio di difesa della Francia d’oltremare” ottenendo l’adesione di quasi tutte le
colonie.
In questa situazione, Churchill prese la decisione di mettere la flotta francese in condizione di
non nuocere e il 3 luglio 1940 iniziarono una serie di operazioni della marina inglese; la flotta
francese di Mers-el-Kebir fu attaccata dopo aver respinto un ultimatum di salpare verso i porti
americani, vi furono 1.200 morti, altre navi francesi furono danneggiate, sequestrate o
affondate a Dakar e a Plymouth.
La Francia ruppe le relazioni diplomatiche con Londra e non vi fu alcuna rappresaglia;
paradossalmente la situazione migliorò dopo il 22 settembre 1940, quando reparti francesi
fedeli a De Gaulle, con l’appoggio della marina inglese, cercarono di conquistare Dakar, in
mano ai francesi di Vichy, fallendo nell’impresa.
A quel punto Churchill si rese conto che tutto ciò favoriva unicamente i tedeschi e cercò di
stabilire un “modus vivendi” pacifico con il governo di Vichy, senza abbandonare i gollisti.
Si ebbero dei primi accordi ufficiosi (Hoare – De la Baume e la “missione Rougier” che cercò di
convincere il generale Weygand, comandante delle truppe francesi in Africa del nord, a
ribellarsi) che furono però bruscamente interrotti dall’incontro tra Hitler e Pétain a Montoire il
24 ottobre 1940: quest’incontro era opera di Laval, che riuscì ad imporre a Pètain la sua
politica anti-inglese; fu firmato un accordo di “collaborazione” tra i due paesi e Laval si disse
addirittura favorevole ad un attacco contro l’Inghilterra nel lungo periodo.
Churchill, più che interessarsi alla sorte del governo di Vichy, era preoccupato soprattutto
della cessione da parte di Pétain di importanti basi militari in Africa ai tedeschi e agli italiani,
quindi incoraggiò la ripresa delle trattative che si ebbe in dicembre con gli accordi Halifax –
Chevalier;
questo accordo, fatto all’insaputa dei gollisti e grazie all’allontanamento di Laval, prevedeva
che le colonie francesi non sarebbero state più oggetto di attacco e che si sarebbe mantenuta
una “freddezza artificiale” tra il governo inglese e quello di Vichy, con un reale allentamento
dell’embargo sui prodotti petroliferi.
Nell’aprile 1941, grazie all’intervento del presidente Roosevelt, si ebbe un accordo tra gli USA
e le colonie francesi del nord Africa per la fornitura di materiale di prima necessità; in cambio
Weygand si impegnava a difendere i territori dagli attacchi di chicchessia.
Intanto in Francia l’ammiraglio Darlan divenne la seconda personalità del governo di Vichy;
egli era convinto della vittoria tedesca e il 28 maggio 1941, dopo alcuni colloqui con Hitler,
firmò i “Tre protocolli di Parigi” che conferivano ai tedeschi basi militari d’appoggio in Siria, a
Biserta e a Dakar. Il progetto non fu accettato da Weigand e da altre personalità del governo
e, con l’inizio della campagna di Russia, fu lasciato cadere anche dai tedeschi.
Successivamente Weigand fu richiamato a Vichy sotto pressione tedesca e, con il ritorno di
Laval nell’aprile ‘42, il governo di Pétain cessò di avere qualsiasi autonomia dalla Germania.

Attacchi dell’Asse in Grecia, Jugoslavia e Russia.


Nel corso dell’estate del 1940 Mussolini progettò di attaccare la Grecia e la Jugoslavia ma, su
pressione tedesca (per paura di una reazione russa che intensificasse la presenza sovietica in
Europa), l’attacco alla Jugoslavia fu abbandonato.
Indignato per l’occupazione della Romania senza preavviso, il Duce fissò l’attacco alla Grecia
per il 28 ottobre, giorno in cui incontrava Hitler a Firenze; l’operazione fu preparata male e
dopo una settimana le truppe italiane dovettero ripiegare in Albania e difendersi dagli attacchi
greci.
Gli smacchi militari italiani continuarono in Africa, dove era fallito l’attacco all’Egitto e si
ripiegava verso la Libia, nel 1941 gli inglesi occuparono l’Africa Orientale italiana.
Mussolini dovette chiedere l’aiuto tedesco e di giocare il ruolo di eterno secondo in guerra.

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Intanto la tensione russo-tedesca saliva: in Germania vi era preoccupazione per l’ambiguo
atteggiamento dell’URSS e si decise di fare delle proposte per allontanare i sovietici
dall’Europa.
Tra ottobre e novembre vi furono degli importanti negoziati tra Molotov e Von Ribbentrop, il
quale offrì ai russi di entrare a far parte del “Patto Tripartito” nato a settembre e di dividere
l’intero pianeta in precise zone di influenza tra le quattro potenze.
Concretamente, si offrì ai sovietici un protocollo segreto in cui si riconosceva la loro sfera di
influenza nel Golfo Persico e nell’Iran e il libero passaggio attraverso gli Stretti, obiettivi da
sempre anelati dagli Zar, in cambio di un allontanamento della Russia dall’Europa (i Balcani
come zona di influenza italiana e tedesca, garanzia dello status quo territoriale della Turchia,
ritiro dei sovietici dalla Finlandia, dove la Germania manteneva delle truppe).
Molotov fece delle controfferte che indicavano chiaramente la volontà della Russia di rimanere
saldamente in Europa; i tedeschi non si dettero nemmeno la pena di rispondere e questo
mancato accordo fece iniziare nel dicembre ’40 le prime misure operative per il “Piano
Barbarossa”, fissato dapprima per maggio poi, per il “contrattempo jugoslavo”, per il 22
giugno.
Un contrattempo ritardò l’operazione: dopo l’adesione di Ungheria e Romania al Patto
Tripartito mancavano solo la Bulgaria e la Jugoslavia per “pacificare” i Balcani e attaccare in
tutta tranquillità la Russia; la Bulgaria entrò nel Patto nel febbraio 1941 e subito dopo fu
invasa dalle truppe tedesche nonostante le forti proteste dei sovietici, tuttavia i problemi
vennero dalla Jugoslavia, dove il 27 marzo 1941 vi fu un colpo di stato militare da parte di
gruppi serbi e appoggiato dagli inglesi, spodestando il principe Paolo favorevole alla
Germania.
Di conseguenza Hitler decise di attaccare la Jugoslavia e di aiutare le truppe italiane in Grecia;
l’operazione iniziò il 6 aprile 1941, il 18 la Jugoslavia era sconfitta, il 27 cadde anche Atene.
In Grecia fu insediato un governo militare filonazista, la Jugoslavia subì invece una spartizione
territoriale e politica: la Slovenia del nord fu annessa direttamente alla Germania, l’Italia ebbe
la Slovenia del sud e la costa dalmata da Fiume a Cattaro, la regione di Zara, Spalato e
Ragusa.
In Croazia fu creato uno stato “indipendente” che alla fine della guerra doveva essere
governato dal duca di Spoleto, parente di casa Savoia (il nuovo Stato comprendeva la Croazia
continentale, la Bosnia-Erzegovina e due punti sulla costa “donati” al nuovo stato dall’Italia);
la Croazia aderì al Patto Tripartito in giugno e permise alle truppe italiane di attraversare il
suo territorio.
Più a sud era ricreato lo Stato montenegrino, completamente soggetto all’Italia, l’Albania
incorporava il Kosovo e parte della Macedonia, mentre la restante parte era annessa dalla
Bulgaria (che annetteva anche la Tracia); la Serbia era notevolmente ridotta ai tempi della
vecchia Serbia, tuttavia continuava ad esistere come stato in regime di occupazione.
- Da dicembre la Wehrmacht cominciò a schierarsi sul fronte orientale per l’Operazione
Barbarossa, gli inglesi e gli americani lanciarono parecchi avvertimenti ai russi, i quali, però,
continuavano a mantenere i rapporti commerciali con la Germania ed anzi nella primavera del
1941 cercarono di anticipare le consegne, soprattutto dell’indispensabile caucciù.
Tutto ciò non fece cambiare idea ad Hitler, il quale voleva definitivamente eliminare un alleato
misterioso, scomodo e ambiguo come la Russia, appropriandosi delle ingenti fonti energetiche
del paese che gli avrebbero permesso di continuare la lunga lotta contro l’Inghilterra.
Lo stato maggiore tedesco aveva preparato un piano che può essere definito un capolavoro di
strategia militare: grazie all’avanzata su tre direttive (peraltro molto distanti tra loro) di
reparti corazzati con copertura aerea, l’esercito russo doveva essere chiuso in enormi sacche
e fatto prigioniero; la genialità consisteva nel fatto che erano stati calcolati perfettamente
tutti i fattori che potevano influenzare l’avanzata di uomini e mezzi, dalla condizione delle
strade alle ore di luce e finanche le notti con una luce sufficiente per i movimenti.

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Secondo il piano, l’URSS sarebbe dovuta cadere in otto settimane, Hitler credeva in un’altra
facile vittoria della guerra lampo, in realtà l’Operazione Barbarossa si protrasse per 4 anni in
territorio russo e si concluse con l’entrata dell’Armata Rossa a Berlino nel 1945.
Il mattino del 22 giugno 1941 le truppe tedesche attaccavano l’Unione Sovietica, nella prima
settimana il piano tedesco portò ad un’avanzata di 80 km al giorno e un milione di prigionieri
russi, in quanto i generali russi credevano ad una avanzata omogenea e non bloccavano le vie
di comunicazione tra i reparti corazzati e le truppe.
In Russia fu il panico: Stalin non fece nulla per una settimana ed il regime rischiava di saltare;
dopo lo smarrimento si fece un appello in difesa della Patria ad imitazione di ciò che fece lo
zar Alessandro contro Napoleone (in barba alle ideologie comuniste) e si arrivò addirittura a
ritirare i commissari politici del partito presso le truppe e a sostituirli con preti della Chiesa
ortodossa, alla stella rossa fu sostituita l’immagine della Madonna.
Ciò che salvò i russi fu un errore strategico di Hitler, che fece infuriare i generali e rinascere
l’opposizione dell’aristocrazia militare verso il Fuhrer, sfociata poi nell’attentato del 1944;
dopo la guerra i militari scomparvero dalla scena politica e la Germania del dopoguerra fu
guidata dall’organizzazione politica delle chiese: poiché la colonna centrale, quella diretta su
Mosca, avanzava più rapidamente di quelle laterali, Hitler temette che quest’ultima potesse
essere tagliata dai lati, cosicché diede ordine di arrestarla a metà dell’operazione (fine luglio
1941), vi furono parecchie contestazioni e sostituzioni di militari, ma alla fine l’ordine fu
eseguito.
L’avanzata riprese solo dopo 40 giorni in condizioni non previste; il meccanismo si era
inceppato, a ottobre vi fu un’ulteriore avanzata ma a novembre fu impossibile proseguire,
iniziava così una delle guerre d’usura più terribili della storia.

Il rafforzamento dei legami anglo-americani.


A partire dal luglio1940, inglesi e americani si sforzano di coordinare le loro politiche in
funzione anti-giapponese, poi si ebbe un riavvicinamento anche sui problemi europei:
- Nell’estate del 1940, Churchill chiese al presidente americano Roosevelt il prestito di 50-60
cacciatorpediniere in cambio dell’occupazione di alcune basi inglesi in America (Bermuda,
Bahamas, Giamaica, Antigua e la Guyana inglese); Roosevelt, nonostante fosse nel pieno della
campagna elettorale, acconsentì alla richiesta con un “executive agreement” che non aveva
bisogno dell’approvazione del Senato, inviando anche una grande quantità di armi a sostegno
degli inglesi, incontrando molte opposizioni tra gli isolazionisti.
Nondimeno la sua politica di intervento fu accettata dagli elettori e Roosevelt fu rieletto; il 16
settembre fu approvata la legge che istituiva il servizio militare negli Stati Uniti, i quali
passavano in questo periodo dalla neutralità alla “non belligeranza”.
- Ma senza ombra di dubbio il gesto più importante nel rapporto anglo-americano si ebbe nel
marzo 1941 con l’emanazione della cosiddetta “legge affitti e prestiti”.
Mesi prima Churchill aveva spiegato a Roosevelt le difficoltà future che avrebbe avuto
l’Inghilterra nel continuare ad acquistare in contanti il materiale bellico dagli Stati Uniti; il
presidente americano propose un sistema che consisteva nel prestare tutto il materiale che
l’Inghilterra o i paesi amici potessero aver bisogno, subito dopo lanciò nel Paese una
campagna pubblicitaria a sostegno di quest’idea per vincere le resistenze degli isolazionisti.
A marzo si ebbe l’approvazione della legge che, in pratica, apriva all’Inghilterra un credito
illimitato (pagabile in seguito anche con rimborsi in natura)e dava al presidente americano
una grande discrezionalità nel poter utilizzare a piacimento la produzione di guerra
americana.
All’inizio del ’45 le forniture agli alleati a titolo di “Affitti e prestiti” arrivarono a 36 miliardi di
$.
A suggellare il rapporto, Halifax fu inviato negli Stati Uniti e Hopkins fu inviato in Inghilterra,
entrambi personaggi importanti e che godevano della piena fiducia dei due premier.

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- La prima importante missione di Hopkins fu quella che lo condusse a Mosca all’indomani
dell’attacco tedesco; egli conferì con Molotov e Stalin, i quali gli riferirono le necessità
primarie della Russia in materia di armamenti. Il 16 agosto Usa ed Inghilterra davano il loro
assenso alle forniture militari e di altro materiale necessario alla Russia.
Successivamente Hopkins fu il principale artefice dell’incontro tra Churchill e Roosevelt al
largo di Terranova il 9 agosto 1941; si parlò principalmente della minaccia di aggressione
giapponese e del progetto di una “Carta Atlantica”, proposta dal premier inglese per
rafforzare il legame con gli Stati Uniti e per fugare i dubbi circa trattati segreti degli inglesi per
accrescimenti territoriali.
La Carta enunciava in 8 punti i principi democratici nel campo delle relazioni internazionali:
i due Stati non avrebbero ricercato alcun ingrandimento territoriale, ciascun popolo avrebbe
scelto liberamente la propria forma di governo e i mutamenti territoriali che lo riguardavano,
tutti gli stati dovevano collaborare per sviluppare il processo economico e sociale mondiale.
Al fine di garantire il controllo dell’Oceano Atlantico e la sicurezza dei convogli che inviavano
aiuti agli alleati, l’8 luglio fu occupata l’Islanda e l’11 settembre il presidente Roosevelt ordinò
alle navi da guerra di attaccare le unità dell’Asse che fossero penetrate nella zona di difesa
americana, abbandonando definitivamente la neutralità.

I PROBLEMI EXTRA-EUROPEI DAL 1933 AL 1941.

Il Medio Oriente.
- Il fallimento dei negoziati anglo-egiziani del 1932 portò ad una situazione di stallo tra i due
Paesi, risolta solo dall’aggressione italiana dell’ottobre 1935 all’Etiopia.
In Egitto, dopo l’attacco di Mussolini, si costituì un “Fronte nazionale” guidato dal Wafd che
costrinse il re Faud a cessare il regime dittatoriale e ritornare alla costituzione del 1923, infine
ripresero i negoziati con il Regno Unito alla ricerca di un’alleanza militare difensiva.
Eden accettò la proposta e nell’agosto 1936 fu firmato un trattato anglo-egiziano che
comprendeva clausole militari e politiche su basi nuove: l’Egitto diveniva indipendente e si
poneva termine all’occupazione britannica, non erano ammessi trattati politici con altre
potenze e in caso di guerra era previsto un soccorso immediato reciproco (aiuto egiziano solo
fornire basi all’esercito inglese), l’Inghilterra avrebbe appoggiato l’Egitto nell’entrata alla SDN,
inoltre per dieci anni si sarebbe mantenuta una guarnigione di 10.000 soldati inglesi a Suez in
difesa del canale e il governo del Cairo avrebbe adottato armamento ed equipaggiamento
britannici.
Nel Sudan si stabiliva un regime di “condominio” con funzionari e truppe sia inglesi che egizie.
Grazie all’appoggio inglese e francese in Egitto si ebbe la fine delle “capitolazioni” e lo stato
ebbe una piena libertà legislativa e fiscale; il potere giudiziario prevedeva un regime
transitorio di tribunali misti per egiziani e stranieri presenti sul territorio.
Infine, nel maggio 1937, l’Egitto era ammesso alla Società delle Nazioni.
Con l’inizio della guerra l’Egitto optò per una non belligeranza: ruppe le relazioni diplomatiche
con la Germania e affermò che avrebbe partecipato alla guerra solo se l’Italia avesse
attaccato obiettivi propriamente egiziani; questa politica neutrale continuò anche durante
l’offensiva di Rommel nel pieno del territorio egizio.
- Nel 1936 fu riaperta anche la questione degli Stretti dei Dardanelli: il Trattato di Losanna
affermava che in tempo di pace essi erano aperti a tutte le navi (non da guerra), se la Turchia
era coinvolta in guerra poteva impedire il passaggio delle navi nemiche; per le navi da guerra
il Trattato favoriva il passaggio delle navi delle potenze rivierasche e la Russia e la Turchia vi
erano contrarie. Gli avvenimenti nel Mediterraneo del 1936 (flotta inglese a minaccia
dell’aggressione italiana) e la rimilitarizzazione tedesca della Renania, fornirono ai Turchi
l’occasione per chiedere la revisione di questo Statuto.

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Questo si ebbe con la Convenzione di Montreaux firmata il 20 luglio 1936 da Francia, Italia,
Inghilterra, Turchia, Giappone e Australia: i paesi rivieraschi avevano un diritto di passaggio
per le navi da guerra in tonnellaggio poco superiore a quello dei paesi non rivieraschi (ciò
favoriva la Russia), mentre la Turchia ottenne il permesso della rimilitarizzazione degli stretti
ed inoltre, in tempo di guerra, era interdetto il passaggio alle navi da guerra dei belligeranti e
se la Turchia era coinvolta era interdetto il passaggio di tutte le navi dei paesi nemici e anche
di quelle dei paesi che potevano aiutare il nemico. La convenzione aveva una durata di 20
anni.
- La situazione della Palestina era in quegli anni sempre più difficile: l’immigrazione ebraica,
favorita dalla politica antisemita nazista, si sviluppò in maniera crescente a partire per tutti gli
anni ’30, accrescendo le difficoltà economiche della regione e inasprendo i rapporti con gli
arabi; nell’ottobre del 1933 vi fu una sommossa organizzata dal “Comitato esecutivo arabo”
contro gli inglesi, accusati di favorire l’acquisto delle terre da parte degli ebrei, gli estremisti
ebrei ordinarono l’uccisione dei leader moderati che cercavano un dialogo con gli arabi.
Successivamente gli arabi fecero delle richieste politiche e il commissario britannico
Wauchope propose la creazione di un Consiglio legislativo composto da arabi ed ebrei; il
progetto, accettato dagli arabi, fu respinto sia dagli ebrei che dal parlamento britannico
provocando il grande sciopero e la guerriglia del 1936, sedata dall’esercito britannico solo
dopo sei mesi, contemporaneamente alla creazione di una “Commissione reale” d’inchiesta
nominata dal parlamento inglese e guidata da Lord Peel.
La Commissione pubblicò un rapporto nel 1937 in cui proponeva come unico rimedio per la
questione la divisione della Palestina in due, uno stato ebraico al nord (con i luoghi santi che
dovevano rimanere sotto mandato) e il resto della Palestina che sarebbe stato unito alla
Transgiordania; questo progetto incontrò una viva opposizione, l’Iraq fece una protesta alla
SdN, una conferenza di tutti i Paesi arabi non accettò il principio della spartizione, anche gli
ebrei erano divisi, solo in Transgiordania il progetto fu accettato, tuttavia la “Commissione dei
mandati” della Società delle Nazioni consiglio la prosecuzione del mandato britannico nella
forma attuale e il progetto non ebbe seguito, l’agitazione araba riprese e le autorità
britanniche sciolsero il “Comitato esecutivo arabo”.
Nonostante ciò, alla fine del 1938 la situazione tornò quasi alla normalità e anche il governo
britannico abbandonò l’idea della spartizione, cercando di arrivare ad un accordo tra le parti;
fallita una conferenza arabo-israeliana, il governo inglese annunciò la nascita di uno Stato di
Palestina sovrano ed indipendente e nei primi 5 anni la popolazione ebraica sarebbe stata 1/3
di quella totale del nuovo stato, successivamente lo Stato sarebbe stato diviso in tre zone,
delle quali in una gli ebrei non avrebbero potuto acquistare terre.
Questo progetto, che favoriva gli arabi, incontrò la tenace opposizione degli ebrei e lo scoppio
della guerra in Europa (e le persecuzioni ebraiche) ne bloccò l’attuazione.
- Nel 1934 l’Inghilterra aveva concesso l’indipendenza allo Yemen e lo stesso anno scoppiò la
guerra tra quest’ultimo e l’Arabia Saudita che terminò con il riconoscimento di Ibn Saud
dell’indipendenza dello stato vicino; il gentlemen’s agreement del 1938 tra Inghilterra ed Italia
prevedeva di rispettare la sovranità dello Yemen e dell’Arabia Saudita.
Infine nel 1937 fu siglato il Patto di Saadabad tra Iran, Turchia, Iraq e Afghanistan, un trattato
di consultazione e non aggressione rivolto soprattutto in difesa dall’Urss e dall’agitazione
comunista.
- In Iraq vi fu una forte propaganda tedesca dopo la morte del re Faysal nel 1933 e nel 1941
vi fu un colpo di stato militare con l’influenza dei nazisti greci; dopo un primo contrasto con gli
inglesi, il governo britannico iniziò una campagna militare così efficace che i tedeschi non
riuscirono a sostenere i rivoltosi iracheni, guidati da Rashid Alì, che furono presto sconfitti.
L’Inghilterra confermò l’indipendenza irachena e furono rotte le relazioni diplomatiche con
l’Italia e la Germania; la guerra all’Asse fu dichiarata nel gennaio 1943.

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- Tesa fu anche la situazione in Siria e Libano; nonostante l’indipendenza promessa dalla
Francia nel 1936 (con il “fronte popolare”), la questione del sangiaccato di Alessandretta fece
si che in Siria vi fosse un forte malcontento e ritardò il momento dell’indipendenza.
Con lo scoppio della guerra, si insedia nel 1941 la Commissione d’armistizio italiana e si
acconsentì al passaggio di aerei tedeschi in sostegno ai ribelli iracheni; per evitare che la
regione finisse nelle mani dell’Asse, truppe inglesi e della “Francia libera” di De Gaulle
attaccarono la Siria in giugno, ottenendo l’appoggio delle popolazioni promettendo
l’indipendenza. Le forze di Vichy furono sconfitte nell’arco di un mese e il generale De Gaulle
stesso garantì l’indipendenza della regione: la Siria l’ottenne il 27 settembre ’41 e il Libano il
21 novembre dello stesso anno.

La politica americana.
Nel 1933 divenne presidente degli Stati Uniti il democratico Franklin Delano Roosevelt; egli
scelse come segretario di Stato (ministro degli esteri) un uomo che aveva un forte ascendente
sul Senato, Corder Hull.
Fino al 1939 la politica estera americana fu caratterizzata da un accentuato isolazionismo, la
grave crisi economica del ’29 fece sentire i suoi effetti per tutti gli anni ’30; Roosevelt fu
quindi impegnato soprattutto sul fronte interno con la realizzazione del “New Deal” ed inoltre
scarsa era la sua fiducia negli accordi economici internazionali.
Questa politica isolazionista, il cui centro era soprattutto nel Senato, portò ad un
atteggiamento abbastanza timido degli Usa verso gli aggressivi nazionalismi di Germania,
Italia e Giappone, e la politica estera si occupò prevalentemente del Sud America, tutt’al più
appoggiando timidamente la SDN ma senza mai cercare di entrarvi.
I primi atti della nuova amministrazione in politica estera riguardarono il tentativo di
riallacciare dei rapporti con l’Urss, sia per avvicinarla alle democrazie in funzione anti-tedesca
sia per risolvere il problema ancora sospeso dei debiti russi sulle imprese americane
espropriate.
Nel novembre 1933 Litvinov fece un viaggio negli Usa dove ottenne il riconoscimento del
governo sovietico da parte degli americani, si decise in cambio che i russi avrebbero pagato
100 milioni di dollari ma essi non dettero alcuna assicurazione di non intromettersi negli affari
americani, come richiesto, attraverso la strumentalizzazione del partito comunista
statunitense.
Nel ’34 fu votato il “Johnson Act” che vietava prestiti ai paesi indebitati, Russia compresa; i
rapporti, quindi, furono riallacciati ma rimasero abbastanza mediocri.
- Per quanto riguarda l’America latina, fu mantenuta la politica del “non intervento” e “buon
vicinato” al fine di guadagnarsi la fiducia dei latino americani, nonostante i focolai di tensione
a Cuba e la guerra del Chaco tra Paraguay e Bolivia; le truppe Usa lasciarono Haiti e il
Nicaragua.
Nel novembre del 1933, Cordell Hull fu l’assoluto protagonista della Conferenza panamericana
di Montevideo dove furono firmati dagli stati americani importanti trattati sulla pace (tra cui il
“Patto Briand-Kellogg”) e vi fu una inversione di tendenza importante nella politica estera
americana poiché il Segretario di Stato annunciò che gli Usa approvavano il non intervento
negli affari degli altri Stati dell’America Latina, cosa che fino ad allora avevano rifiutato di
dichiarare.
Nel 1934 si ebbe la fine della guerra del Chaco, la più sanguinosa combattuta in America nel
xx secolo, grazie alla mediazione di Argentina, Cile ed Usa, fatta dopo il fallimento della SDN.
Sempre nel 1934 una commissione d’inchiesta presieduta dal senatore Nye svelò come gli
Usa fossero entrati nel primo conflitto mondiale quasi esclusivamente sotto la pressione dei
banchieri e dei produttori di armi che avevano finanziato gli eserciti inglese e francese; si
diffuse nel Paese l’idea che per restare fuori dalla guerra che si profilava in Europa (l’Italia si

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preparava ad attaccare l’Etiopia) sarebbe bastato proibire la vendita di armi ai Paesi
belligeranti.
Il potere esecutivo, in opposizione al Congresso, voleva il potere di decidere a quali paesi
imporre l'embargo che invece il Senato voleva estendere a qualsiasi belligerante.
Una prima “legge di neutralità” vide la vittoria del Congresso e allo scoppio della guerra italo-
etiope fu imposto l’embargo sulle armi ad entrambi i Paesi, ma gli Usa non seguirono la SDN e
continuarono a fornire all’Italia prodotti utili alla guerra (vi fu solo un “embargo morale”) e
tuttavia Roosevelt non riconobbe mai l’annessione dell’Etiopia all’Italia, nonostante
l’approvazione pubblica del “gentlemen’s agreement” anglo-italiano del 1938.
Nel 1936 la “seconda legge di neutralità” consentiva al presidente di decidere se esisteva o
no lo stato di guerra tra i belligeranti (così Roosevelt riuscì ad armare la Cina contro il
Giappone);
allo scoppio della guerra di Spagna l’embargo sulle armi non poteva essere applicato perché
si trattava di una guerra civile, ma Curdell Hull dichiarò che gli Usa non sarebbero intervenuti
in alcun modo nella guerra e non avrebbero partecipato neanche al “comitato del non-
intervento”; tuttavia Roosevelt, rieletto nel 1936, fece approvare dal Congresso una “legge
speciale di neutralità per la Spagna” nel gennaio 1937.
Sempre nel 1937 fu votata la terza legge di neutralità che, a differenza delle precedenti,
doveva avere un carattere permanente e introduceva la clausola del “cash and carry”: i
prodotti destinati ai paesi belligeranti non potevano viaggiare su navi americane e dovevano
essere pagati in contanti o con crediti a breve termine.
Questa legislazione fu osteggiata da Francia ed Inghilterra poiché privava il potere esecutivo
americano di poter aiutare molte delle nazioni soggette ad un’aggressione nazi-fascista.
- Dopo la fine della guerra del Chaco nel gennaio 1936 fu convocata una nuova Conferenza
Panamericana a Buenos Aires da Hull, il quale voleva rafforzare il panamericanismo in quanto
deluso dalla Società delle Nazioni e frenare la penetrazione economica tedesca in America del
Sud; gli si oppose l’argentino Lamas, che non voleva ingerenze statunitensi nel sud e preferiva
la SDN ad un panamericanismo guidato dagli Usa; la conferenza non concluse, quindi, nulla.
Un parziale successo statunitense si ebbe con la Conferenza Panamericana di Lima del 1938
dove fu deciso che in caso di minaccia territoriale di una delle repubbliche americane tutte le
altre si sarebbero consultate ed inoltre furono fatte delle dichiarazioni che condannavano il
razzismo e l’attività politica di gruppi stranieri, soprattutto tedeschi, in America del Sud.
Quindi prima della guerra si ha un rafforzamento della solidarietà americana e un timido
schieramento verso le democrazie europee, ma la prevalenza della neutralità è ancora netta.

L’espansione giapponese e gli inizi della guerra contro la Cina.


Nonostante non avesse un governo “fascista”, il Giappone assunse sempre più un
atteggiamento espansionista ed imperialista, manifestandolo palesemente nella corsa agli
armamenti navali e nella guerra contro la Cina.
Nelle Conferenze di Washington (1922) e Londra (1930), in cui si decise la proporzione del
naviglio da guerra tra le varie potenze, il Giappone aveva ottenuto un rapporto 3/5 con le
flotte inglese ed americana e già nel 1934, a differenza dei paesi occidentali, aveva raggiunto
il limite consentito; quando Roosevelt dichiarò che anche gli Usa avrebbero dovuto entro
breve termine raggiungere il limite, i giapponesi decisero di chiedere la parità con le flotte
occidentali alla Conferenza navale di Londra del dicembre 1935.
Già negli incontri preliminari alla conferenza il Giappone fece le sue richieste, rifiutate da Usa
ed Inghilterra che dovevano ripartire la loro flotta tra diversi oceani; come conseguenza di
questo rifiuto il Giappone denunciò il Trattato navale di Washington e si ritirò dalla
Conferenza; questa si concluse nel marzo ’36 e stabilì alcune limitazioni di carattere tecnico
sul tonnellaggio.
Intanto i giapponesi meditavano una ripresa dell’offensiva in Manciuria dopo la tregua di
Tangku del 1933, soprattutto per contrastare il pericolo del Kuomintang di Chiang Kai-shek,
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che stava tentando di riorganizzare la Cina e renderla indipendente; la pace fu rispettata per
due anni, poi ricominciò la penetrazione in territorio cinese.
Tra maggio e giugno, con dei pretesti, furono occupate le regioni della zona smilitarizzata
dalla pace di Tangku, l’Ho Peh, il Siu Yuan e il Chatar, a nord del Jehol, dove furono firmati
accordi con le autorità locali cinesi; un tentativo di creare in queste zone uno stato fantoccio
simile al Manciukuò (siamo nella Mongolia interna), fu abbandonato dal governo per la
reazione di Chiang Kai-shek (ammassò truppe al confine) e per il timore di un attacco russo.
L’Urss aveva provato ad essere conciliante con il Giappone, riconoscendo il Manciukuò e
cedendo in pagamento i propri diritti sulla ferrovia orientale cinese; tuttavia vi furono scontri
tra le truppe giapponesi del Manciukuò e quelle della Repubblica popolare mongola, con il
quale i russi decisero di firmare un trattato di assistenza per impedirne l’invasione.
Nel novembre 1935 l’avanzata giapponese in Cina continuò, arrivando nella regione di
Pechino; Chiang Kay-shek, non ancora pronto alla guerra, accettò il fatto compiuto.
Nel novembre 1936 fu firmato il patto anti-komintern tra il Giappone e la Germania; esso era
in apparenza un accordo contro l’espansione del comunismo nel mondo, in realtà la Germania
accettava la penetrazione giapponese in Cina e un protocollo segreto stabiliva che se uno dei
due paesi fosse stato attaccato dall’Urss, l’altro non sarebbe intervenuto e che inoltre degli
accordi politici di uno dei due Paesi sempre con l’Urss avrebbero dovuto ottenere il consenso
dell’altro firmatario.
A partire dal 1937 l’espansione giapponese in Cina assume le caratteristiche di una vera e
propria occupazione con la finalità di creare un vero e proprio protettorato su tutta l’immensa
regione, creando un governo controllato da loro come nel Manciukuò.
A causa di un incidente tra soldati cinesi e giapponesi nei pressi di Pechino, scoppiò una vera
e propria guerra che tuttavia non fu dichiarata da nessuna delle due parti contendenti; a
partire dal luglio i Giapponesi conquistano Pechino e si dirigono a sud verso Shangai (ottobre),
Nanchino (dicembre), conquistando lo Xiantung (gennaio ’38) e Canton (ottobre ’38); dopo
queste disfatte, Chiang Kay-shek decise di ritirarsi in una regione protetta dalle montagne
dove poté organizzare una resistenza ad oltranza e nel marzo e nell’aprile 1938 i cinesi
riuscirono anche a riportare qualche vittoria, grazie ai rifornimenti di armi che giungevano
dall’estero (soprattutto dall’Urss, dalla Birmania e dal Tonkino francese e dagli Stati Uniti,
poiché la guerra non era stata dichiarata).
Successivamente, fino al 1944, i Giapponesi cercarono prevalentemente di bloccare le vie per
questi rifornimenti, senza scatenare nuove offensive e reprimendo la guerriglia interna; essi
fecero anche due tentativi di pace nel ’37 e nel ’38 che furono respinti dai cinesi.
Abbiamo detto che l’intenzione dei giapponesi non era tanto quella di annettere territori
cinesi, bensì quella di creare uno in Cina uno Stato vassallo; quindi fu deciso di fondare a
Nanchino, nel gennaio 1940, un “Governo centrale della Repubblica cinese” sotto la guida di
Chiang-wei, promettendo di rispettare la sovranità della Cina e mantenendo soltanto delle
guarnigioni nelle regioni settentrionali.
Tuttavia ci si rese presto conto che, senza il sostegno dell’esercito nipponico, il governo-
fantoccio di Chiang-wei sarebbe presto caduto.
Nonostante il Giappone violasse il “Trattato delle nove potenze” e il “Patto Briand-Kellogg”, la
reazione delle potenze di fronte a questi avvenimenti fu assai debole: la Francia (nonostante
la preoccupazione per l’Indocina francese), l’ Italia e la Germania erano presi dai problemi
europei e solo l’Inghilterra cercò di concordare un’azione comune con gli americani, senza
tuttavia aver davvero l’intenzione di intervenire in una guerra lontana e logorante, cosa che fu
però rifiutata dal presidente Roosevelt e da Hull; nel luglio ‘37 i due si limitarono ad inviare a
tutti i governi del mondo una dichiarazione astratta in cui si enumeravano i principi da seguire
nei rapporti tra le nazioni. Essa non ebbe in pratica alcun effetto concreto.
In dicembre furono bombardate dai giapponesi due navi da guerra inglesi ed americane e
l’opinione pubblica statunitense reclamò il ritorno in patria dei soldati presenti in Cina, ma alla
fine ci si limitò a continuare a fornire armi al Kuomintang di Chiang Kay-shek.
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In settembre la SDN accolse l’appello della Cina e, guardandosi bene dal dichiarare il
Giappone “paese aggressore”, propose la riunione di una conferenza tra i firmatari del
“Trattato delle nove potenze” che si tenne a Bruxelles nel novembre 1937. Essa non ottenne
alcun risultato concreto.
Per quanto riguarda l’Urss, essa firmò con la Cina un patto di non aggressione dopo lo scoppio
della guerra e fornì costantemente armi al Kuomintang; i giapponesi protestarono e vi furono
diversi incidenti tra cui i più gravi furono la cosiddetta “guerra del Changkufeng” nel luglio
’38, con aspri scontri di confine tra le truppe nipponiche e sovietiche concluse con 300 morti
russi e la “guerra del lago Buir” con scontri che durarono dal maggio al settembre ’39.
Nonostante tutto ciò, nessuno dei due paesi voleva un conflitto con l’altro, i russi per i loro
interessi vitali in Europa e i Giapponesi per quelli in Cina e nell’Oceano Indiano.

Rottura tra Giappone e Stati Uniti.


A partire dall’estate del 1938 l’isolazionismo cominciò a perdere terreno tra gli americani,
soprattutto a causa dei bombardamenti giapponesi sulle popolazioni civili e si cominciò a
sostenere l’idea di distinguere tra vittima ed aggressore, abbandonando la cieca neutralità.
Intanto in Giappone andava al potere un governo più favorevole ad un ulteriore avvicinamento
alle dittature di Italia e Germania, ancora vaga nonostante il patto anti-komintern; i
giapponesi sapevano che la pressione di Hitler su Francia ed Inghilterra non permetteva ai
due Stati di intervenire in Cina e durante l’estate si svilupparono scambi tesi a trovare un
accordo per un’alleanza di natura militare.
Tuttavia il patto von Ribbentrop-Molotov fu visto dai giapponesi come un “tradimento”
(l’esercito aveva sempre più influenza sul potere politico) e al momento dell’occupazione
tedesca della Polonia vi fu una timida protesta del governo di Tokyo.
Con l’inizio della guerra in Europa anche gli americani iniziarono ad aumentare la loro
produzione di armamenti, nel novembre 1939 fu soppresso l’embargo sulle armi ed inoltre,
nel gennaio ’40, non fu rinnovato l’importante trattato di commercio con il Giappone (cosa
che portò alla caduta del governo nipponico).
A partire dal 1940 il Giappone si orientò verso una politica di espansione nei mari del sud;
innanzitutto il governo nipponico cercò di tagliare i rifornimenti a Chiang Kay-shek e in giugno
fu chiesto alla Francia di Pètain di bloccare i rifornimenti dall’Indocina e al governo inglese di
bloccare quelli dalla Birmania e da Hong Kong (questo fu fatto tramite un accordo dopo che
Churchill aveva avuto il rifiuto dell’appoggio statunitense); in seguito vi fu un’ulteriore
sostituzione del governo (con il ritorno del principe Konoye e l’allontanamento definitivo del
moderato Arita) che portò ad un rafforzamento dell’esercito e quindi ad un riavvicinamento
alla Germania e all’Italia, prevedendo la guerra con le potenze anglosassoni.
Le prime misure di questo disegno furono subito attuate: nell’agosto del ’40 fu lanciato un
ultimatum al governo di Vichy per l’invio di truppe nel Tonchino (Indocina del nord), il governo
francese cedette sotto la pressione dei tedeschi e in settembre i Giapponesi varcarono la
frontiera; un mese dopo furono inviate pressanti richieste di privilegi economici alle Indie
olandesi.
Il governo americano reagì votando in giugno la “legge sul rafforzamento della difesa
nazionale” che aumentava considerevolmente il numero dei soldati, inoltre furono prima
limitate e poi vietate tutte le esportazioni di metalli ferrosi, azione che comportò un grave
onere all’industria metallurgica nipponica, che si riforniva ampiamente negli Usa.
Nonostante ciò i dirigenti giapponesi continuarono la politica di espansione territoriale e il 27
settembre 1940 risposero firmando a Berlino il “Patto Tripartito” con la Germania e l’Italia;
questo patto riconosceva la creazione di un “nuovo ordine” in Europa, Africa ed Estremo
Oriente fatto da Germania ed Italia, i tre Paesi riconoscevano le loro sfere di influenza (quella
giapponese arrivava fino in India), il patto non era destinato contro l’Urss (lo diceva un

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articolo) e, non ufficialmente, era diretto contro gli Usa, in quanto prevedeva interventi militari
combinati contro tutti i Paesi che si sarebbero inseriti nella guerra.
A partire dalla firma di questo patto, il governo americano considerò sempre maggiormente
l’eventualità di una guerra; Roosevelt fu rieletto, confermando la politica di fermezza, e nel
gennaio ’41 iniziarono a Washington degli incontri segreti tra gli Stati Maggiori inglese,
americano e dei Dominions, poi fu elaborato un piano di difesa con l’Olanda e l’Australia;
fu deciso che in caso di entrata in guerra gli Usa si sarebbero concentrati nell’Atlantico e
anche in Europa, dato che la Germania era il Paese portante dell’Asse, la flotta del Pacifico
non avrebbe difeso Singapore ma le Hawaii e le Filippine.
Nonostante ciò, durante l’inverno, vi furono dei contatti tra Hull e l’ambasciatore Nomura
durante i quali fu proposto al Giappone un progetto: si sarebbero ristabilite le relazioni
commerciali con il Giappone e gli Usa sarebbero intervenuti come mediatori presso Chiang
Kai-shek se questo avesse usato solo mezzi pacifici nei mari del Sud e non avesse aiutato
Hitler.
A fine marzo Mutsuoka propose un patto di non aggressione all’Urss e negli incontri con Hitler
e von Ribbentrop questi cercarono di convincerlo che la sconfitta imminente dell’Inghilterra
favoriva un’invasione immediata di Singapore; tornato a Mosca trovò uno Stalin preoccupato
per l’atteggiamento tedesco e disposto a firmare il Trattato di non aggressione tra i due Paesi
senza porre condizioni (13 aprile 1941); ciò irritò molto Hitler.
In Giappone l’esercito premeva per un attacco immediato a sud anche in previsione di un
attacco americano, il principe Konoye e la marina non volevano la guerra con gli Usa, non era
previsto un aiuto alla Germania in caso di attacco all’Urss, quindi il rispetto del patto.

Tra giugno e luglio 1941 la politica giapponese fu definita:


nelle conferenze prevalse il parere dell’esercito, si decise di estendere l’influenza militare in
Indocina e in Thailandia e di porre termine alla resistenza di Chiang Kai-shek; i preparativi per
una guerra contro l’Inghilterra e gli Usa sarebbero stati completati.
La Thailandia era in lotta con la Francia di Vichy per alcuni territori in Cambogia, nel gennaio
’41 il Giappone strinse alleanza con la Thailandia e nel maggio di quell’anno la Francia cedette
ai thailandesi i territori richiesti; a luglio i giapponesi pretesero dal governo francese nuovi
diritti e nuovi territori in Indocina; sotto la pressione tedesca, Pétain cedette e le truppe
giapponesi invasero tutta l’Indocina, minacciando Singapore (25 luglio 1941).
A questo punto Inghilterra ed Usa decisero di intervenire a livello economico: nei due Stati e
nei Dominions furono congelati i fondi nipponici e ciò impedì ai giapponesi di poter acquistare
le necessarie quantità di prodotti petroliferi dagli Usa, in più furono rilasciate delle
dichiarazioni (frutto dell’incontro dell’Atlantico tra Roosevelt e Churchill) in cui si diceva che
gli Usa avrebbero preso tutte le misure necessarie per salvaguardare i loro interessi nel
Pacifico e che l’Inghilterra li avrebbe sostenuti senza alcuna esitazione.
Un progetto di incontro diretto tra Roosevelt e Konoye fu respinto dall’esecutivo statunitense,
rafforzando in Giappone l’idea che i metodi diplomatici erano ormai superati; in una
conferenza a cui prese parte anche l’Imperatore nel settembre 1941 si comprese come la
conquista del Borneo, di Sumatra e della Malesia avrebbero compensato per il Giappone la
carenza delle forniture americane ma per fare ciò bisognava conquistare Singapore (Gran
Bretagna) e le Filippine (Usa);
la decisione definitiva non fu raggiunta e Konoye rassegnò le dimissioni il 15 ottobre e il suo
successore, Tojo, decise che sarebbero state fatte agli Usa delle proposte finali (proposte A e
B), se gli americani avessero rifiutato, sarebbe stata la guerra.
La prima proposta fu respinta da Roosevelt poiché non prevedeva un evacuazione immediata
dell’Indocina, la seconda lo prevedeva ma, in pratica, lasciava la Cina nella mani nipponiche e
furono allo stesso modo respinte dagli americani; vi furono delle controproposte di Hull che
però erano inaccettabili per i progetti di espansione giapponesi (rinuncia a Cina e Indocina).

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Fallite le mediazioni, come deciso, il Giappone era pronto alla guerra, mentre negli Usa non si
credeva alla sua imminenza e i preparativi militari erano ancora insufficienti; il 7 dicembre
1941 una flotta aerea giapponese attaccò di sorpresa la flotta americana nel Pacifico di stanza
a Pearl Harbor, nelle isole Hawaii, e furono sbarcate truppe in Malesia.
Gli americani furono in questo modo brutalmente cacciati nel conflitto, che diveniva mondiale;
l’11 dicembre 1941 anche la Germania e l’Italia dichiararono guerra agli Stati Uniti.

LA FASE MONDIALE DELLA GUERRA (1941 – 45).

Il “nuovo ordine” in Europa.


La volontà di Hitler era sicuramente quella di dominare l’Europa. Tuttavia la politica di
controllo sugli Stati presentava differenze:
alcune regioni erano state direttamente annesse alla Germania (Austria, Sudeti, parte della
Polonia occidentale, l’Alsazia-Lorena, il nord della Slovenia e successivamente anche Trieste e
il sud Tirolo, Memel e Danzica);
altri Paesi erano soggetti ad un protettorato tedesco (Boemia e Moravia, Polonia occidentale);
in alcune regioni vi era un occupazione che si diversificava in zone in cui vi era un trattamento
relativamente favorevole (Francia, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca e Norvegia) e Paesi soggetti
ad un’occupazione estremamente dura (Grecia, Serbia, i territori sovietici e tutta la Polonia).
Solo Svizzera, Portogallo e Svezia sfuggivano all’influenza nazista in quanto i rimanenti stati
dell’Europa continentale (Italia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Slovacchia, Croazia, Spagna e
Finlandia) erano alleati della Germania o paesi amici.
I Paesi occupati avevano l’onere di mantenere le truppe di occupazione, in essi Hitler vi
trovava le materie prime, i viveri e soprattutto la manodopera, nonostante vi fosse la
guerriglia in molte zone; l’adesione al “patto tripartito” era considerato un criterio di fedeltà
all’ordine nuovo e Italia, Slovacchia, Ungheria e Romania si allearono alla Germania nella lotta
all’Unione Sovietica.

- Nell’Europa occidentale l’occupazione tedesca divenne più dura a partire dal 1942.
Hitler aveva dovuto rinunciare alla “guerra lampo” dopo la resistenza dei sovietici e si trovò
impegnato in un’estenuante “guerra totale”, soprattutto nel 1943; le risorse degli stati
occupati vennero sfruttate con sempre maggiore intensità, tutti i giovani furono mandati a
lavorare in Germania, gli attentati si moltiplicarono e le rappresaglie divennero sempre più
dure.
Il governo danese cercava di praticare la “non belligeranza” e limitava la collaborazione con i
tedeschi, in Norvegia fu creato un governo-fantoccio che fu sempre avversato dalla
popolazione, i regnanti e i governi legittimi norvegesi e olandesi erano a Londra e lo stesso
per il governo belga, mentre il re Leopoldo III era rimasto in Patria e rifiutava la collaborazione
con i tedeschi.
- Per quanto riguarda la Francia, dopo il ritorno di Laval nell’aprile ’42, il governo di Vichy
aveva accentuato il suo collaborazionismo con i tedeschi; tuttavia l’11 novembre 1942 i
tedeschi occuparono la zona libera francese e l’autorità di Pétain fu ridotta a zero (fu poi
portato coatto in Germania), le relazioni diplomatiche con l’estero si interruppero e si può dire
che dal 1943 la Francia non ebbe più una sua politica estera.

- Dopo il 1938 l’Ungheria si schierò nettamente nel campo tedesco, annettendo il Sud della
Slovacchia, la Rutenia sub carpatica, i 2/3 della Transilvania e alcuni territori in Yugoslavia;
tuttavia il reggente Horty, capo dello Stato, evitava di impegnarsi nella guerra e di praticare
una politica antisemita.
Nonostante ciò, sotto il compiacente governo Bardossy, essa dichiarò guerra alla Russia, alla
Gran Bretagna e agli Stati Uniti; quando Bardossy fu sostituito nel marzo ’42 da Kallay la

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politica estera ungherese cambiò radicalmente, poiché questi decise di chiedere l’armistizio
agli Alleati.
Dopo la disfatta ungherese di Voronez nel gennaio ’43, Kally cercò appoggio in Mussolini, il
quale era troppo debole per resistere alla Germania, cercando allo stesso tempo di stabilire
dei contatti ufficiosi con gli Alleati di stanza ad Istanbul; questi chiesero una non
collaborazione militare ed economica progressiva con i tedeschi e, al momento giusto, un
attacco armato.
Ma Hitler protestò energicamente contro il disimpegno ungherese, convocò Horty e gli pose
una sorta di ultimatum di collaborazione; quando egli rifiutò, i tedeschi invasero l’Ungheria (19
marzo 1943) e instaurarono un governo filo-nazista (che tuttavia fu sostituito da Horty in
agosto).
Dopo contatti con gli alleati fu firmato un armistizio a Mosca nell’ottobre 1944 che fu reso
pubblico; il giorno dopo i tedeschi fecero cadere il governo e Horty fu deportato in Germania.
Iniziavano mesi di terrore in Ungheria, fino alla liberazione.

- La Romania e la Bulgaria furono i principali alleati balcanici della Germania.


In Romania Re Carol fu costretto ad abdicare su pressione tedesca e il potere assoluto fu
preso dal generale Ion Antonescu, capo del movimento fascista della “Guardia di ferro”; egli
aprì il suo Paese ai tedeschi, sviluppò la campagna anti-semita, consegnò ad Hitler i pozzi
petroliferi romeni e dichiarò guerra alla Russia in cambio, sembra, di una riconquista della
Transilvania.
Le vittorie russe del 1943-44 favorirono la ripresa degli avversari di Antonescu, i quali
iniziarono ad avere contatti con gli alleati al Cairo; il 23 agosto 1944, con i russi ormai in
territorio rumeno, vi fu un colpo di stato a Bucarest che accelerò l’avanzata sovietica.
La Romania accettò l’armistizio alleato (firmato il 12 settembre a Mosca) e il giovane re
Michele fece arrestare Antonescu e costituì un nuovo governo.
Re Boris di Bulgaria scelse il campo tedesco nel 1940 ma, per le forti simpatie filo-russe, non
dichiarò guerra all’Urss e concluse con la Turchia un trattato di non aggressione (febb. 1941);
la Bulgaria ottenne dei vantaggi con l’annessione della Macedonia jugoslava e della Tracia,
che gli dava un importantissimo sbocco sul mar Mediterraneo.
Fino al 1944 si succedettero governi più o meno favorevoli ai nazisti, finché nell’autunno del
’44 fu chiesta la partenza delle truppe tedesche; il 5 settembre fu dichiarata guerra alla
Germania ma nonostante ciò pochi giorni dopo il Paese fu invaso dall’Armata Rossa.
Il 28 ottobre fu firmato a Mosca l’armistizio con gli Alleati e i bulgari non riuscirono ad
ottenere uno Stato macedone indipendente né a conservare la Tracia.

- Dopo la sconfitta della Jugoslavia, re Pietro II andò in esilio a Londra, appoggiando


dall’estero un movimento di resistenza serbo guidato dal generale Mihailovic il quale decise di
non compiere azioni di guerriglia e di serbare le forze per un eventuale sbarco alleato; allo
stesso modo si sviluppò un altro movimento di resistenza attivo guidato dal segretario
generale del partito comunista jugoslavo, Jozip Broz, un contadino di origine croata detto Tito.
Questo movimento di guerriglia arrivò a contare 200 mila uomini prima del ’43, poi aumentati
nel numero e nei mezzi impossessandosi delle armi dell’esercito italiano dopo l’armistizio; Tito
fu moderatamente appoggiato dai Russi.
La tensione tra il movimento partigiano e il governo in esilio appoggiato dal gruppo di
Mihailovic divenne estrema nel 1944, quando il “Comitato nazionale jugoslavo” di Tito
denunciò Mihailovic di collaborazionismo con i tedeschi (ciò che portò al ritiro dell’appoggio
britannico).
Il nuovo governo in esilio guidato da Subàsic riuscì ad ottenere un accordo con il movimento
di liberazione nazionale nell’agosto 1944, sull’obiettivo comune della liberazione del Paese;
questa liberazione si ebbe il 20 ottobre ’44 quando l’Armata Rossa entrò a Belgrado, ma

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bisogna dire che la Jugoslavia fu l’unico Paese che riuscì a cacciare i nazisti con le sue sole
forze.
Il governo croato tentò invano di resistere all’avanzata dei partigiani e in seguito Pavelic fuggì
con i tedeschi; in Albania Enver Hoxa costituì un governo comunista dopo la liberazione di
Tirana (passata dagli italiani ai tedeschi) nel novembre 1944.

Il “nuovo ordine” giapponese in Estremo Oriente.


Nei mesi che seguirono l’attacco a Pearl Harbor, i giapponesi iniziarono un’inarrestabile
avanzata che li condusse, nell’aprile del ’42, alla conquista di un impero di 8 milioni di Kmq
avente il 97% della produzione di caucciù naturale del mondo; caddero il Siam e la Malesia
britannica, Singapore, il Borneo e la Nuova Britannia, le Filippine e Giava, Honk kong e la
Nuova guinea, arrivando a minacciare l’Australia.
Gli americani si riorganizzarono a partire dallo stabilimento di basi nella Nuova Caledonia
francese e scatenarono un importante battaglia aeronavale nel Mar dei Coralli, riportando la
storica vittoria delle isole Midway (5 giugno 1942) e arrestando l’avanzata giapponese.
Nei mesi seguenti vi furono molti scontri in quest’area finché, nel febbraio 1943, gli
statunitensi riuscirono a liberare l’isola di Guadalcanal e cominciarono la riconquista dei
territori persi.
- Le Filippine avrebbero dovuto ottenere l’indipendenza dagli Usa intorno al ’44; all’arrivo dei
giapponesi, nel gennaio ’42, fu istituito un partito unico di tipo totalitario e tutti gli organismi
politici ed economici furono posti sotto l’autorità giapponese.
La politica giapponese si rifaceva al motto “l’Asia agli asiatici” e il governo decise di dare
prova di questa volontà di “autonomia e coprosperità asiatica” facendo eleggere
un’Assemblea Costituente che approvò una nuova Costituzione; successivamente
l’amministrazione militare giapponese lasciò i poteri alla nuova Repubblica indipendente delle
Filippine.
Nel 1944 il nuovo governo filo-giapponese firmò un’alleanza con il Giappone; quando
iniziarono i bombardamenti alleati le Filippine dichiararono guerra agli Usa e all’Inghilterra
(settembre 1944).
I giapponesi fecero un grosso sforzo per “disamericanizzare” il Paese, prendendo lo stesso
una grossa parte delle sue ricchezze, cosa che fece nascere vari movimenti di resistenza.
La liberazione delle Filippine iniziò nell’ottobre ’44 e fu completata nel febbraio 1945.
- Un metodo analogo fu adottato anche nelle Indie olandesi; quando si impadronirono del
vasto arcipelago, i giapponesi costituirono il “Movimento delle tre A” (Giappone leader
dell’Asia, protettore dell’Asia, luce dell’Asia); anche qui nacquero gruppi guidati dai leader
nazionalisti, qualcuno collaborazionista e altri di resistenza e anche qui fu promessa
l’indipendenza assoluta.
Tuttavia solo nel marzo 1945 fu costituito a Giava un “Comitato d’inchiesta per la
preparazione dell’indipendenza” dominato dal leader nazionalista Sukarno, il quale il 15
agosto 1945 pubblicò una dichiarazione d’indipendenza che ebbe importanti conseguenze.
- In Birmania i giapponesi trovarono un regime di autonomia stabilito dagli inglesi già nel
1935, anche se il governo britannico manteneva un diritto di veto su importanti decisioni del
governo e manteneva comunque un’autorità assoluta sulla metà del Paese; i tentativi dei
leaders dei movimenti patriottici birmani di ottenere lo status di “dominion” si scontrarono
con i rifiuti di Churchill e, quando i giapponesi conquistarono il Paese, concessero
l’indipendenza e crearono un governo-satellite, il quale dichiarò guerra agli Usa e
all’Inghilterra (agosto 1943).
Il governo legale era in esilio in India e la durezza dell’occupazione resero impopolare il
governo filo-giapponese, si svilupparono movimenti di resistenza di matrice comunista e,
quando il Paese fu liberato dagli Alleati (maggio 1945), nacquero agitazioni comuniste e
nazionaliste.

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Diversa fu la situazione in Malesia, dove l’occupazione giapponese non fu mai preferita dai
malesi a quella inglese (la mediazione inglese serviva per controllare il crogiolo tra cinesi,
indiani e malesi nello stato); i giapponesi preferirono stimolare sentimenti di diffidenza verso i
cinesi ma, con lo sbarco alleato e la liberazione, gli inglesi furono accolti con entusiasmo.
- Quando i giapponesi sbarcarono in Thailandia (ex Siam), la resistenza del governo fu nulla
in ricordo dell’appoggio giapponese dato a questo Paese nella lotta all’Indocina francese; il
governo thailandese (impostato su di un regime xenofobo a partito unico), dunque, non fu
sostituito e dichiarò guerra agli Alleati nel gennaio 1942.
Nel nord del paese fu costituito un movimento indipendentista appoggiato dagli Alleati, il
“Free Thai”, che riuscì ad insediare un suo simpatizzante come primo ministro, il quale si
sforzò di praticare una politica più vicina agli Anglosassoni.
- Per quanto riguarda l’Indocina, dopo l’occupazione l’ammiraglio Decoux praticò una politica
“attendista” ma nel marzo 1945 i giapponesi, temendo uno sbarco alleato in Indocina
appoggiato dalle truppe francesi, lanciò un ultimatum all’ammiraglio francese per una difesa
comune del Paese; avendo Decoux rifiutato, le guarnigioni francesi furono annientate e fu
posto fine allo statuto coloniale dell’Indocina.
La colonia si divise in più parti: Cambogia, Laos e nel Tonchino, con l’appoggio di armi e
tecnici americani, riuscì ad insediarsi la “Lega per l’indipendenza del Vietnam”, comandata dal
militante comunista Ho Chi Minh e naturalmente in opposizione al regime di occupazione
giapponese.
Quando i giapponesi capitolarono, la Lega (detta “Viet Minh”) proclamò l’indipendenza del
Paese e Ho Chi Minh si stabilì ad Hanoi.

Così, il metodo giapponese nel SudEst dell’Asia era consistito in uno sforzo per creare
ovunque dei governi satelliti strettamente sottomessi a Tokyo. Questo piano fu realizzato nel
1943 nelle Filippine e in Birmania e solamente nel 1945 nell’Indocina francese e in Indonesia.
In Siam, i giapponesi poterono utilizzare il governo esistente e solo in Malesia si
accontentarono di un sistema di governo diretto.

La minaccia giapponese che gravava sull’India comportava per gli inglesi una situazione
abbastanza delicata riguardo la soddisfazione dei sentimenti nazionalisti molto forti nel Paese.
Churchill, nonostante le pressioni di Roosevelt, non voleva concedere l’indipendenza nel pieno
della guerra, poiché ciò avrebbe gettato l’India nel caos (i musulmani erano contrari ad uno
stato unitario che li avrebbe sommersi) e favorito l’invasione giapponese; il Partito del
Congresso di Ghandi proclamava la neutralità e la non resistenza ma una falange
comprendente Nehru era ostile alla dominazione inglese e volevano un’indipendenza
immediata, pur lasciando mano libera all’esercito inglese per la difesa del territorio.
Il gabinetto di guerra britannico decise di promettere l’indipendenza per il periodo successivo
alla fine della guerra e inviò nel marzo 1942 un suo rappresentante, sir Cripps, con delle
proposte che furono però respinte dal Partito del Congresso; la situazione rimase immutata.
A questo punto i giapponesi cercarono di sfruttare il nazionalismo indiano per la loro causa,
creando (con i prigionieri di Singapore) un “esercito nazionale indiano” che arrivò a contare un
massimo di soli 30 mila uomini, ponendolo agli ordini di un leader nazionalista indiano, Bose, il
quale divenne anche Capo di Stato del governo filo-giapponese di Argad-Hind; questo esercito
fu annientato dagli Alleati nella riconquista della Birmania.
- In Cina, nei territori non controllati dai giapponesi, vi erano difficili relazioni tra il governo
nazionalista del Kuomintang e i comunisti; le ostilità si erano ridotte per far fronte
all’invasione giapponese tuttavia, nel gennaio 1941, l’incidente detto “della nuova quarta
armata” fece riesplodere il conflitto (un’armata comunista aveva rifiutato di eseguire un
ordine del governo ed era stata disarmata con la forza).
Vi furono degli incontri tra le delegazioni dei due schieramenti che si risolsero con un nulla di
fatto; Roosevelt, che aveva interesse in un’unione cinese contro il Giappone, inviò il
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vicepresidente generale Wallace in Cina, in territorio comunista, per mediare un risanamento
del conflitto tra i comunisti (che secondo Wallace erano in mala fede) e il Kuomintang.

Le relazioni alleate dal 1942 al 1944.


Di fronte alle invasioni naziste e giapponesi gli Alleati coordinarono i loro sforzi ma, se tra
Roosevelt e Churchill vi erano ottimi rapporti, rimaneva diffidenza tra gli Anglosassoni e l’Urss.
Dopo l’attacco alla Russia la Germania scompare dai rapporti internazionali e la palla passa
agli Alleati; con l’attacco di Pearl Harbor, Roosevelt accettò un incontro con Churchill a
Washington, dove si stabilissero solidamente le basi della collaborazione e determinare la
priorità da dare alle operazioni militari (dicembre ’41 – gennaio ’42).
La Conferenza di Washington si ebbe nel gennaio 1942, il 1° gennaio 1942 fu firmato da
Inghilterra, Usa, Russia e altre 23 nazioni un documento informale di grande valore, la
“Dichiarazione delle nazioni unite nella guerra contro la Germania”, un richiamo dei principi
della Carta Atlantica con l’aggiunta della libertà religiosa, che fu accettata anche dai sovietici;
le “Nazioni unite” si impegnavano a impiegare tutte le loro risorse militari ed economiche
contro l’Asse e di non firmare né armistizi né paci separate, concentrando lo sforzo sulla
Germania, sicuramente per la sua maggior potenza militare ed industriale e per le pressioni
inglesi.
Furono creati uffici comuni e fu deciso che l’autorità militare suprema sarebbe stato uno
“Stato maggiore combinato” in cui la rivalità tra americani (sostenitori della concentrazione
delle forze contro lo Stato più forte nel punto più forte) e gli inglesi (che sostenevano un
logoramento del nemico nei suoi punti deboli) fu assai viva.
Durante i primi mesi del 1942 gli Alleati subirono numerose sconfitte, solo i sovietici riuscirono
a riportare qualche vittoria nell’inverno ’41-’42 e ad arrestare definitivamente l’avanzata
tedesca;
Stalin chiedeva incessantemente l’apertura di un secondo fronte e una maggior fornitura di
armi all’Urss, Molotov fece un viaggio a Londra e Washington (maggio-aprile 1942), con
l’Inghilterra firmò un trattato di alleanza diretto contro la Germania e di collaborazione per la
fine del conflitto, agli americani Molotov chiese l’apertura del secondo fronte per quell’anno
poiché molto probabilmente l’Armata Rossa non sarebbe arrivata alla fine del 1943, Roosevelt
disse che si “poteva”, suscitando le proteste di Marshall e Hull.
Churchill era contrario all’idea di uno sbarco in Francia e preferiva preparare uno sbarco in
Africa del nord; Rommel conquistò Tobruk in giugno, mentre Churchill era a Washington e
quindi in luglio, malgrado le proteste dei generali americani, si decise per uno sbarco in Africa
del Nord (operazione Torch); stabiliti i piani, restava da far accettare a Stalin il ritardo
nell’apertura del fronte in Europa e fu direttamente Churchill a recarsi a Mosca il 12
settembre, dove incontrò uno Stalin molto scontento per queste decisioni.
Dopo lo sbarco in Africa del Nord, Stalin ruppe il suo lungo silenzio e si felicitò per i successi
riportati in Algeria e in Libia contro gli italo-tedeschi.
Churchill e Roosevelt si incontrarono nel gennaio 1943 in Marocco, a Casablanca , Stalin non
fu presente poiché quello era il momento più critico per l’assedio di Stalingrado;
quest’incontro serviva per preparare le operazioni militari nel Mediterraneo e la conquista
della Sicilia, per cercare di riconciliare i gollisti con i francesi algerini e per rassicurare i russi
sulla loro volontà di proseguire la lotta.
Nonostante quest’ultimo punto, i rapporti degli anglosassoni con l’Urss ebbero un
momentaneo peggioramento proprio dopo la Conferenza di Casablanca: Stalin moltiplicò le
illazioni circa il ritardo nell’apertura del secondo fronte e le fece conoscere vivacemente agli
anglosassoni; Roosevelt non si degnò neanche di rispondere mentre Churchill rispose a tono
ricordando le passate esperienze russe nel campo tedesco.
Accortosi forse dell’errore, Stalin fece un gesto molto importante che fece ristabilite i buoni
rapporti, decidendo di sciogliere il Komintern, organizzazione ostile ad Usa ed Inghilterra.
Nella metà del ’43 vi furono degli importanti incontri tra inglesi ed americani:
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a marzo Eden si recò a Washington e si ebbero dibattiti circa la situazione nel dopoguerra, il
riconoscimento dell’annessione dei Paesi Baltici e della Bessarabia all’Urss, la limitazione della
Polonia ad est sulla vecchia linea Curzon e compensazione ad ovest a spese della Germania
con l’evacuazione della popolazione tedesca, lo smembramento della Germania secondo le
volontà indipendentiste delle regioni interne, l’indipendenza dell’Austria.
D’altra parte non vi fu accordo circa la Francia poiché gli inglesi volevano unificare il comando
e Roosevelt preferiva continuare a trattare con le diverse “autorità locali” e non vi fu
intendimento neanche circa la questione del mandato (“trusteeship”) che gli americani
volevano in Oriente.
Nel maggio ’43 fu tenuta a Washington la conferenza “Tridente”, dove si discusse
prevalentemente di operazioni militari e si decise lo sbarco in Europa per il maggio 1944
(operazione “Overlord”) e la rinuncia ai diritti di extraterritorialità in Cina dopo la guerra.
L’arresto di Mussolini e la nascita del governo Badoglio indussero in agosto un nuovo incontro
a Quebec (conferenza “Quadrante”) dove le quattro grandi potenze in lotta (Usa, Inghilterra,
Urss e Cina) redassero il progetto di un’organizzazione internazionale per la sicurezza futura.
Il 19 ottobre 1943 vi fu la prima riunione tra i rappresentanti dei tre alleati, avvenuta a Mosca
con la Conferenza dei Ministri degli Esteri a cui parteciparono Eden, Hull e Molotov; l’obiettivo
di Molotov fu quella di affrettare uno sbarco in Francia, cosa non desiderata da Churchill che
voleva continuare le operazioni in Italia e uno sbarco nei Balcani o in Grecia, inglesi e russi
caldeggiarono un entrata in guerra della Turchia ma nella “seconda conferenza del Cairo”
avutasi subito dopo quella di Teheran, i turchi rifiutarono accampando l’insufficienza delle loro
forze militari (ciò che complicò il già improbabile sbarco nei Balcani voluto dal premer
inglese).
Prima dell’incontro tra i tre Capi di Stato in Iran, Churchill e Roosevelt incontrarono Chiang
Kay-shek al Cairo, dove fu deciso che il Giappone sarebbe stato punito con la perdita di tutti i
territori sul continente asiatico e delle isole occupate, gli inglesi insistettero su Hong Kong.

Dal 28 novembre al 1°dicembre 1943 si ebbe la Conferenza di Teheran (l’Iran, nonostante la


sua neutralità e stracciando le regole del diritto internazionale, era stato diviso nel 1941 tra
Russia ed Inghilterra e lo Scià era stato mandato in esilio).
L’incontro di Teheran portò ad una svolta nei rapporti tra i tre Paesi, l’atmosfera fu cordiale e
si discusse su molti punti importanti e Roosevelt abbandonò la sua diffidenza verso l’Urss,
credendo che avrebbe intrapreso la strada della democratizzazione.
L’incontro stabiliva che le tre potenze vincitrici (con l’aggiunta della Cina) avrebbero dovuto
controllare la pace nel mondo dislocando le loro forze armate all’estero, i “quattro poliziotti”
secondo l’affermazione di Roosevelt; gli americani volevano far risorgere la vecchia SDN, dalla
quale la Russia era fuori e Stalin decise di parteciparvi a condizione che non fosse ammessa la
Santa Sede; iniziò la preparazione dello statuto delle “Nazioni Unite”.
Roosevelt propose che l’Organizzazione delle Nazioni Unite fosse composta da 3 elementi:
una “Assemblea” comprendente tutti i membri e che avrebbe discusso sui problemi mondiali;
un “Comitato esecutivo” composto da i quattro grandi, due nazioni europee, una
sudamericana, una mediorientale, una dell’Estremo Oriente e da un dominion che avrebbe
trattato le questioni non militari;
un “Consiglio di sicurezza” composto dai quattro grandi, incaricati di prendere misure
immediate nel caso in cui la pace fosse stata minacciata.

Sul piano militare si parlò dello sbarco in Normandia che doveva portare più di 1 milione di
anglosassoni sulla costa francese; lo sbarco contemporaneo nei Balcani chiesto da Churchill fu
rifiutato dagli americani e soprattutto da Stalin, sicuramente perché non desiderava la
presenza degli alleati nella zona balcanica.

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Si discusse ampiamente anche del problema polacco; già dal 1941 i russi e gli inglesi si erano
detti d’accordo alla ricostituzione di uno stato polacco indipendente all’interno dei suoi confini
etnici, escludendo i 10 milioni di russi e tedeschi della “Grande Polonia”.
Il governo polacco richiedeva addirittura lo Stato del 1872 ma l’impegno di Churchill riuscì a
far accettare il punto di vista sovietico; quando l’accordo sembrava raggiunto, furono scoperte
nel 1943 le “fosse di Catin” cioè fosse comuni in cui l’Armata Rossa aveva sepolto 11 mila
ufficiali polacchi (epurazione della piccola borghesia Polacca quando i Russi erano nel Paese).
Russi ed anglo-americani respinsero le accuse polacche ma Varsavia ruppe le relazioni
diplomatiche con Mosca; a quel punto i russi decisero di risanare il contrasto accettando parte
delle rivendicazioni territoriali polacche, prendendo l’impegno che la Polonia del dopoguerra
avrebbe avuto la stessa estensione che aveva prima del conflitto.
Per fare ciò, le perdite dei territori polacchi ad est andati all’Urss furono compensati con
altrettanti territori ad ovest a danno della Germania; si ha quindi uno slittamento della Polonia
sulla carta politica europea verso ovest, e a causa di ciò la popolazione tedesca nei nuovi
confini polacchi raggiunge i 10 milioni di abitanti.
La soluzione migliore che si riuscì a trovare fu quella di cacciarli dal territorio polacco.
Le tre potenze si trovarono concordi anche circa uno smembramento della Germania e
sull’installazione di basi militari sul territorio tedesco, sistema suggerito anche per il
Giappone;
Lo studio dello smembramento tedesco fu affidato ad una “Commissione Consultiva Europea”.

Il risollevamento francese, il crollo dell’Italia e il Medio Oriente.


E’ nella metà del 1942 che si ha una svolta negli avvenimenti politici e militari della guerra.
A maggio i tedeschi combattevano a Stalingrado e sui confini dell’Egitto; nei mesi successivi si
ha lo sbarco alleato in Africa che accelera il crollo dell’Italia e l’apertura di un nuovo fronte in
Europa, portando alla fine definitiva dell’avanzata tedesca.
Tutto ciò fu possibile anche per l’ingresso nella lotta dell’impero coloniale francese, portando
ad una riapparizione attiva della Francia sulla scena internazionale.
Prima dello sbarco in Africa del nord, inglesi ed americani cercarono di individuare un’autorità
francese che avrebbe potuto sollevare le truppe dell’Africa del Nord controllate da Vichy
contro la Germania; dopo il rifiuto di Weygand (fedele all’idea di Pétain di combattere
chiunque avesse attaccato le colonie francesi, Alleati, tedeschi o gollisti) si pensò allo stesso
De Gaulle, tuttavia le truppe africane erano fedeli a Pètain, soprattutto perché associavano il
generale agli inglesi, il cui atteggiamento a Mers-el-Kebir non era stato dimenticato.
Inoltre un incidente fece peggiorare le relazioni tra Roosevelt e De Gaulle: nel dicembre 1941,
mentre il governo americano assicurava Vichy circa il mantenimento dei possedimenti di
questo in America, De Gaulle ordinava uno sbarco dei “francesi liberi” sulle isole vicino
Terranova di Saint-Pierre e Miquelon, dove la popolazione li accolse trionfalmente e Churchill
approvò.
Pétain accusò il governo americano di “doppiezza” e Roosevelt decise di non rivelare a De
Gaulle i piani di sbarco in Africa, escludendolo dalla questione.
Gli americani preferirono optare sul generale Giraud, il quale era evaso da un carcere tedesco
ed era entrato in contatto con Murpy, console generale americano ad Algeri; Giraud voleva
uno sbarco alleato sulla costa francese del Mediterraneo e la direzione dell’intera operazione,
che Roosevelt aveva già deciso di affidare ad Eisenhower.
Per sanare il contrasto fu siglato l’accordo “Murpy-Giraud” in cui gli Alleati si impegnavano a
restituire alla Francia la sua grandezza e i suoi possessi territoriali, la Francia sarebbe stata
alleata degli Stati Uniti e il comando in Africa del nord sarebbe stato americano per sicurezza.
Lo sbarco americano iniziò l’8 novembre dall’Algeria e dal Marocco; in queste regioni si
sviluppò una certa resistenza da parte del generale Nogues in Marocco e inizialmente di
Darlan, dopo l’ordine di Pétain di resistere agli invasori.

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Dopo negoziati tra Murpy e Darlan, quest’ultimo sposò per opportunismo la causa alleata e,
dichiarando il maresciallo Pétain evidentemente prigioniero dei tedeschi, prendeva il potere in
Africa del Nord “a nome del maresciallo”, mantenendo dunque all’interno il regime autoritario
del governo di Vichy; gli americani si rassegnarono a questa soluzione poiché Darlan godeva
di una maggiore influenza sull’esercito in Africa rispetto a Giraud.
I rapporti tra americani e francesi furono regolati dagli accordi Darlan-Clark, meno vantaggiosi
per la Francia di quelli siglati da Giraud.
La conseguenza del voltafaccia di Darlan fu l’occupazione della zona libera francese da parte
dell’esercito tedesco, ordinata da Hitler il giorno successivo allo sbarco (9 settembre 1942),
egli intendeva impadronirsi della flotta francese di Tolone ma non vi riuscì poiché un
improvviso attacco navale alleato il 27 novembre la costrinse ad autoaffondarsi.
Darlan nominò Giraud comandante delle truppe francesi in Africa settentrionale e il 4
dicembre 1942 fu costituito un “Consiglio imperiale” che riuniva tutti i comandanti delle
truppe francesi in Africa, cosa che suscitò le immediate proteste del generale De Gaulle;
Darlan fu assassinato pochi giorni dopo da un giovane fanatico gollista e il “Consiglio
imperiale” nominò Giraud.
Giraud abolì le leggi di Vichy (comprese le misure contro gli Ebrei) su “consiglio” americano.
La situazione, quindi, vedeva all’inizio del ’43 due gruppi di francesi impegnati nella lotta
contro la Germania, i “Francesi liberi” di De Gaulle, attivi soprattutto in Francia, e i “Francesi
di Algeri” agli ordini di Giraud aventi l’appoggio americano ma fedeli all’anti-democrazia di
Pétain.
Ci vollero lunghi e difficili negoziati per ristabilire l’unità dei francesi.
Nell’incontro alleato che si tenne a Casablanca in gennaio, Churchill fece pressioni su De
Gaulle affinchè accettasse di incontrare Giraud, ma un accordo definitivo non fu raggiunto; i
contatti ripresero in marzo quando Giraud si convinse ad assumere un atteggiamento più
democratico ma un incontro ad Algeri per i giorni successivi fu impedito dagli inglesi poiché
avrebbe potuto provocare disordini nel momento in cui gli alleati erano impegnati nella
battaglia decisiva contro l’Asse in Tunisia. I negoziati si svolsero tramite intermediari e fu
creato un “Comitato Francese di Liberazione Nazionale” con sede ad Algeri ed il 30 maggio De
Gaulle raggiunse questa città.
Il 13 giugno il Comitato si costituì ufficialmente con i due generali come presidenti uguali ed
altri cinque membri; in seguito Giraud, per restare comandante in capo delle operazioni
militari (è merito suo la riconquista francese della Corsica), lasciò a De Gaulle la presidenza
del CFLN che fu chiamato dal giugno ’44 “governo provvisorio della Repubblica francese”.
- Parallelamente al risollevamento francese si assistette al crollo dell’Italia; l’esercito del
Duce, quando non era stato supportato dall’aiuto tedesco, aveva subito gravi disfatte che
avevano scoraggiato un’opinione pubblica già poco entusiasta della partecipazione al
conflitto.
L’Italia, da partener della Germania, stava divenendo un paese occupato, durante il ’41 i
tedeschi prepararono i piani per l’invasione della penisola e delle “cellule tedesche” si
formarono nelle principali città italiane, dove l’antifascismo si sviluppava tra gli intellettuali e
gli operai.
In questa atmosfera l’offensiva alleata e l’occupazione totale dell’Africa del nord ebbe un
effetto disastroso sul morale italiano; Tunisi cadde in mano alleata il 7 maggio, Pantelleria il
12 giugno e il 10 luglio 1943 gli Alleati sbarcarono in Sicilia, dove la resistenza italiana crollò
rapidamente.
Il 19 luglio ebbe luogo a Feltre un incontro tra Mussolini e Hitler; il Duce non parlò del bisogno
di pace dell’Italia e nel governo e negli ambienti monarchici si decise di farla finita con la sua
dittatura: il 24 luglio il Gran Consiglio del Fascismo votarono una risoluzione, proposta da
Grandi, contraria alla politica di Mussolini di alleanza con la Germania e di prosecuzione della
guerra, il giorno dopo il re affidò il governo al maresciallo Badoglio e fece arrestare il Duce.
Si trattò di un vero colpo di Stato.
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Badoglio costituì un governo di tecnici e dichiarò che l’Italia avrebbe continuato la guerra al
fianco della Germania; in realtà egli voleva evitare l’occupazione del Paese da parte dei
Tedeschi (i quali cominciavano a far entrare truppe dal Brennero) ed iniziare a collaborare con
gli Alleati per negoziare una pace meno dura.
ChurchilI voleva il ristabilimento della monarchia in Italia e Hull non era diffidente verso
Badoglio nonostante il suo passato di alta personalità del regime; i primi contatti con gli
Alleati si ebbero a Tangeri e gli Alleati vollero un armistizio senza condizioni, tuttavia fecero
capire che più l’Italia collaborava, più le clausole della pace sarebbero state sopportabili.
Un primo testo di “armistizio corto” fu consegnato a Madrid al generale Castellano da parte di
Hoare (quello dell’accordo con Laval), non erano previste condizioni ma si prometteva
l’appoggio alleato alle forze italiane che si sarebbero battute contro i tedeschi; le clausole
militari furono consegnate a Lisbona il 19 al generale Ambrosio, fu chiesta dall’Italia una
divisione aereotrasportata per proteggere Roma dal sicuro attacco tedesco ed Eisenhower la
promise.
Il 3 settembre Castellano firmò l’armistizio con gli Alleati a Cassibile, presso Siracusa, e il
giorno stesso l’VIII armata britannica sbarcò nell’Italia continentale; la divisione promessa
dagli americani non fu data poiché i tedeschi avevano occupato gli aereoporti romani.
L’armistizio fu reso pubblico da Badoglio l’8 settembre 1943.
La reazione nazista colpì Roma che fu assediata e presa l’11; il Re e il governo Badoglio si
rifugiarono a Brindisi sotto la protezione degli eserciti alleati.
Hitler fu molto addolorato per la caduta di Mussolini, suo maestro e modello, e decise di
ristabilire il regime fascista in Italia facendo occupare il nord dalle truppe tedesche, il 12
settembre le SS liberarono il Duce dal Gran Sasso e lo condussero in Germania; il 18 fu creata
la “Repubblica sociale italiana” con sede a Salò, ma Mussolini era scoraggiato e la direzione
del nuovo stato fantoccio filo-tedesco fu affidata a fascisti fanatici come Farinacci e il generale
Graziani, nemico di Badoglio.
I tedeschi annettevano il Trentino, Trieste e l’Istria, i possedimenti in Francia e Jugoslavia,
Hitler pensò anche all’annessione del Veneto; i 19 votanti della mozione Grandi furono
condannati, tra cui Ciano, e cinque dei sei presenti furono condannati a morte.
Il 4 giugno 1944, due giorni prima dello sbarco in Normandia, le truppe alleate liberarono
Roma, Mussolini fu preso dai partigiani e fucilato il 28 aprile 1945.

- Il Medio Oriente era controllato dagli Alleati; in Iraq, Siria e Libano la Gran Bretagna aveva
rafforzato le sue posizioni e nel 1941 era stato istituito il “Middle Est Supply Center”, un
organismo che controllava la ripartizione delle risorse tra i vari stati e controllò l’economia di
quest’importantissima area per tutta la durata del conflitto.
Gli Alleati cercarono di evitare discordie nell’area mediorientale e particolare fu la situazione
dell’Iran, paese governato fino ad allora dallo Scià e Stato libero.
Prima dell’Operazione Barbarossa lo Scià Pahlevi aveva cercato di sottrarsi dal dominio
economico anglo-russo concedendo alla Germania la costruzione di fabbriche e ferrovie e
facendo divenire lo Stato nazista il maggior interlocutore del suo commercio estero; gli Alleati
temettero una rivolta fomentata dai tedeschi del tipo iracheno e, considerando l’importanza
delle comunicazioni con la Russia per rifornirla al fine di non capitolare, decisero che la
sicurezza dell’Iran doveva essere garantita a tutti i costi.
I governi russo e britannico decisero di comune accordo di invadere il Paese e il 25 agosto
1941 le truppe entrarono in Iran conquistandolo completamente alcuni giorni dopo; una nota
diplomatica affermava che non si voleva attentare all’indipendenza dello Stato e si chiedeva
l’espulsione dei cittadini tedeschi, il governo di Teheran chiese la loro consegna alle autorità
di occupazione e delle indennità per l’occupazione.
Favorito da relazioni con Roosevelt, lo Scià Pahlevi credette di poter mantenere il suo potere
ma fu costretto dagli occupanti ad abdicare in favore di suo figlio e allontanato a
Johannesburg; il nuovo governo siglò un trattato di alleanza con il Regno Unito e l’Urss che
61
impegnava le due potenze a difendere lo Stato e rispettarne l’integrità politica e
l’indipendenza, ritirando le loro truppe entro sei mesi dalla fine del conflitto.
La popolazione subiva questa umiliazione e il governo non fu neanche avvertito del vertice tra
i tre leaders alleati del settembre 1943; tuttavia in quell’occasione gli Alleati riaffermarono la
loro volontà di collaborazione con l’Iran e il rispetto per la sua futura indipendenza.
Nel 1944 vi furono seri contrasti tra i russi, che avevano occupato il nord del Paese e
cercavano di stabilirvi una solida zona d’influenza, e gli anglosassoni: la contesa si inasprì
quando delle compagnie petrolifere inglesi ed americane chiesero delle concessioni nel sud
del Paese; i russi avanzarono richieste in cinque province al confine sovietico e per evitare
problemi il governo di Teheran rifiutò di approvare tutte le domande di concessioni.
I russi organizzarono una violenta campagna appoggiando il partito comunista iraniano
(Tuhed) e ottenendo le dimissioni del governo; tuttavia il nuovo governo fece approvare una
legge che vietava ai ministri di concedere commissioni petrolifere a chicchessia e iniziando un
periodo di estrema tensione nello Stato che continuò anche dopo la guerra.
- In Palestina la maggioranza dei gruppi ebraici sospesero le ostilità contro gli Inglesi per
concentrarsi nella battaglia ai nazisti; tuttavia durante la guerra nacque il “Gruppo Stern” che
continuò una violenta politica anti-britannica costellata di assassinii e sabotaggi.
- In Egitto si ebbe una certa tensione solo quando nel 1942 l’Afrika Korps di Rommel giunse
ai confini dello Stato; per precauzione gli inglesi fecero pressioni sul Re Farouk affinchè
affidasse la guida del governo a Nahas Pascià, capo del partito nazionalista Wafd.
Divenuto capo del governo, questi ottenne dagli inglesi il riconoscimento dell’Egitto come una
nazione indipendente ed alleata nella lotta ai nazisti, reclamando l’ammissione egiziana tra i
firmatari della pace e l’annessione all’Egitto del Sudan anglo-egiziano.
- Abbiamo detto che la Siria e il Libano ottennero l’indipendenza nel 1941 dopo l’appoggio
dato alle truppe della “Francia libera” di De Gaulle che avevano occupato il Paese con gli
inglesi; tuttavia i francesi, data la loro momentanea debolezza, non ottennero nei due nuovi
stati indipendenti gli stessi vantaggi ottenuti, ad esempio, dagli inglesi in Egitto o in Iraq.
La presenza francese in Oriente fu definitivamente compromessa allorchè il nuovo Parlamento
libanese eletto nel 1943 adottò una riforma della Costituzione che annullava la posizione
privilegiata della Francia nel Paese; il delegato francese Helleu diede allora l'ordine di
sciogliere il Parlamento, far arrestare i membri del governo ed imporre la legge marziale con
la censura.
Subito scoppiarono dei disordini a Beirut, vi furono forti proteste contro il CFLN da parte dei
governi inglese, americano, egiziano ed iracheno, ed infine le misure furono revocate ed
Helleu fu allontanato ad Algeri; la conclusione si ebbe con un accordo tra la Francia ed i
governi siriano e libanese che trasferiva a questi ultimi i poteri delle autorità francesi sul
territorio.

La sconfitta dell’Asse e la conferenza di Potsdam.


L’Armata Rossa riportò durante il 1943 (gennaio e luglio) la vittoria nella battaglia di
Stalingrado e quella di Kursk, liberò la Crimea e in agosto furono nei pressi di Varsavia.
I russi non aiutarono un tentativo di rivoltosi polacchi non comunisti di liberare Varsavia; essi
furono sterminati dai tedeschi e i comunisti polacchi ebbero mano libera.
Gli alleati, dal canto loro, entrarono a Roma nel giugno ’44 dopo un inverno di stasi sul fronte,
due giorni dopo vi fu l’avvenimento militarmente più importante della guerra e cioè lo sbarco
in Normandia a cui si deve la liberazione di Parigi il 15 agosto e del Belgio all’inizio di
settembre; tuttavia i Tedeschi mantenevano alcune sacche (Bastogne) e l’avanzata si arrestò
in inverno come pure in Italia le posizioni si attestarono lungo la linea gotica sull’Appennino
toscano.
Contemporaneamente, invece, continuava l’avanzata dell’Armata Rossa nell’Europa orientale
e nell’inverno 1944-45 si susseguirono una serie di armistizi: il 12 settembre si ebbe quello

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con la Romania, il 19 quello della Finlandia, la Bulgaria firmò il 26 ottobre dopo una inutile
mobilitazione contro la Germania, l’Ungheria (dopo il tentato armistizio di ottobre e l’invasione
tedesca) fu conquistata dai Russi dopo il lungo assedio di Budapest e l’armistizio fu firmato il
20 gennaio.
Sul piano politico gli armistizi assegnavano la Bessarabia, la Bucovina del Nord e i territori
conquistati nel 41 in Finlandia direttamente all’Urss senza aspettare la conclusione dei trattati
di Pace; si ritornava, quindi, alla situazione precedente all’Operazione Barbarossa, le leggi
razziali furono abolite e le organizzazioni fasciste disciolte.
Per quanto riguarda la Cecoslovacchia, Benes era rimasto molto deluso dall’atteggiamento
francese ed inglese tenuto a Monaco e nella successiva invasione del 15 marzo ’39, così come
era grato per l’aiuto sovietico garantito se la Francia avesse mantenuto i suoi impegni; nel
dicembre 1943 egli incontrò Molotov e Stalin a Mosca, i quali lo rassicurarono circa
l’intenzione dell’Urss di rispettare le frontiere del 1937 e di trasferire i poteri al governo
cecoslovacco dopo la liberazione del Paese da parte dell’Armata Rossa; fu firmato anche un
trattato di alleanza.
Altrettanto forte fu la sua delusione quando vide che dopo la liberazione i sovietici volevano
annettere all’Ucraina la Rutenia subcarpatica; Stalin appoggiava in pieno queste
rivendicazioni.
Questo fu l’inizio della dominazione sovietica nell’Europa Orientale.
- La liberazione della Francia pose agli Alleati una serie di problemi circa il riconoscimento del
governo francese. Roosevelt non amava molto le tendenze autoritarie di De Gaulle ma quando
Parigi fu libera e il generale si recò in patria, fu accolto da una folla esultante che convinse gli
Alleati che il governo provvisorio istituito nel Paese da De Gaulle, composto da personalità
venute da Algeri e da capi della Resistenza, poggiava su solide base popolari.
Quando poi il generale promise al più presto l’elezione di un’Assemblea nazionale per varare
una nuova Costituzione, i tre Alleati decisero di riconoscere de jure il 23 ottobre 1944 il
governo gollista; inoltre a novembre Churchill annunciò che la Francia era ammessa come
membro permanente della “Commissione consultiva europea” per decidere sul futuro della
Germania.
Dopo questi riconoscimenti ufficiali, De Gaulle decise di giocare il ruolo del mediatore tra gli
anglosassoni e i sovietici (che manifestavano i primi dissensi), stipulando un Trattato di
alleanza con Mosca il 9 dicembre 1944: quest’alleanza era rivolta unicamente contro la
Germania, poiché le due parti si impegnavano a combattere sino alla vittoria finale e ad
adottare tutte le misure necessarie per impedire una nuova minaccia tedesca, compreso un
immediato aiuto in caso di attacco tedesco ad una delle due.
De Gaulle cercò anche di trovare appoggi in Inghilterra, in modo da allontanare gli americani
dalla politica europea e trattando unicamente con l’Urss le questioni del Vecchio continente.
L’idea di giocare il ruolo di arbitro si rivelò alla fine abbastanza deludente, dato che il governo
sovietico non sosteneva affatto le rivendicazioni francesi negli incontri internazionali; inoltre
alla conferenza di Yalta De Gaulle non fu convocato poiché Roosevelt si oppose alla sua
partecipazione e quando subito dopo Roosevelt lo invitò a ragiungerlo ad Algeri, il generale
rifiutò; fu egli a dire che a Yalta vi era “stata un’oscura spartizione dell’Europa” e che la
Francia non era stata invitata perché “avrebbe impedito questa spartizione”. In realtà non fu
così.
L’unico successo diplomatico ottenuto in questo periodo dal nuovo governo francese fu quello
di annullare i privilegi accordati agli italiani in Tunisia nel 1896 (febbraio 1945).
- Il 7 novembre 1944 Roosevelt fu rieletto per la quarta volta con una maggioranza ridotta;
intanto l’avanzata alleata si era fermata in Europa, la Germania provò un’offensiva nelle
Ardenne e la fine della guerra non sembrò più una cosa di qualche settimana.
Tra inglesi ed americani cominciarono a crearsi alcuni contrasti; Churchill si recò a Mosca dal
9 al 18 ottobre e per la prima volta non potè parlare anche al nome del presidente americano;
fu in questa importante riunione che Churchill e Stalin, si dice, abbiano diviso
63
approssimativamente alcune zone di influenza e di occupazione in Europa: all’Inghilterra la
Grecia e alla Russia la Bulgaria, in jugoslavia ci sarebbe stato un controllo paritario (“fifty-
fifty”).
Questa divisione fu poco apprezzata dagli americani; Corder Hull si dimise perché ammalato e
il nuovo segretario di Stato Stettinius ebbe seri contrasti con il governo britannico soprattutto
a proposito dell’Italia: gli americani appoggiarono il Conte Sforza a dirigere il governo italiano,
già ministro in epoca prefascista, gli inglesi e soprattutto Churchill volevano la restaurazione
piena della monarchia in Italia e non si fidavano del conte Sforza, affermandolo ufficialmente.
Per appianare queste polemiche e chiarire meglio il ruolo della Russia in Polonia e con il
Giappone si pensò ad un altro incontro dei tre Grandi, da tenersi a Yalta.
La conferenza di Yalta si tenne dal 4 all’11 febbraio 1945 e molte furono le decisioni
importanti.
Innanzitutto si parlò della concessione alla Francia di una zona di occupazione in Germania:
Stalin fu subito molto contrario, Roosevelt fu a fatica convinto dagli inglesi e da Hopkins che
sostenevano la teoria per cui un’Europa stabile era inconcepibile senza una Francia forte, alla
fine si diede ai francesi anche la piena partecipazione alla “Commissione consultiva europea”.
Per quanto riguarda la Polonia, si era formato un governo a Lublino appoggiato dall’Urss, il
quale voleva soppiantare il governo polacco emigrato a Londra; le frontiere polacche subirono
lo “slittamento” ai danni della Germania per la veemente opposizione di Stalin alla ripresa dei
vecchi confini orientali. Alla fine il confine fu stabilito alla linea Curzon del 1919.
Per quanto riguarda il governo della Polonia, gli inglesi non volevano uno stato controllato
dall’Urss e dopo lunghe discussioni si decise che si sarebbe costituito un “governo provvisorio
polacco di unità nazionale”, composto da membri di Londra e Lublino nominati da una
Commissione comprendente Molotov, Harrimann e Sir Kerr.
Fu inoltre approvata una “Dichiarazione sull’Europa Liberata” in cui si affermava che negli
stati liberati dalle dittature nazi-fasciste sarebbero state organizzate delle libere elezioni con
più liste al fine di eleggere assemblee costituenti con il compito di creare nuove costituzioni o
ripristinare le vecchie; queste elezioni, in effetti, si svolsero dappertutto.
A proposito dell’intervento sovietico contro il Giappone richiesto da Roosevelt, Stalin disse che
l’Armata Rossa sarebbe intervenuta due o tre mesi dopo la capitolazione del Giappone a
condizione di recuperare i diritti e i territori che aveva perduto nella sconfitta del 1905
(controllo delle ferrovie in Manciuria, arcipelago delle Curili e territori meridionali di Sahalin).
In generale la conferenza di Yalta fu molto importante anche perché i tre alleati cercarono di
evitare il sorgere di contrasti al momento della caduta tedesca: in passato le coalizioni si
rompevano dopo gli armistizi e le armate conquistavano duramente e selvaggiamente
territori;
a Yalta si decise una fine delle operazioni militari “pacifica”, stabilendo una linea d’incontro
tra i due eserciti sull’Elba, senza acquisizione successiva di territori.
A metà marzo gli americani stabilirono una testa di ponte sul Reno e il 23 proseguirono.
Roosevelt non vide la fine della guerra poiché il 12 aprile morì per un’emorragia cerebrale;
egli fu sostituito dal vicepresidente Harry Truman.
Fu lui ad assistere alla capitolazione della Germania; i russi raggiunsero Vienna il 13 aprile e
raggiunsero l'E’ba il 24, il giorno dopo fu completato dall’Armata Rossa l’accerchiamento di
Berlino e il 26 vi fu l’incontro con l’esercito anglo-americano.
Il 1° maggio fu annunciata la morte di Hitler e il 7 maggio 1945, nel quartier generale di
Eisenhower a Reims, il generale Jodl firmò la resa senza condizioni della Germania.
La guerra in Europa era terminata.
- Gli avvenimenti militari nel conflitto in Asia sono fondamentali per capire quelli diplomatici.
Fino all’aprile 1942 vi era stata l’avanzata folgorante delle truppe giapponesi, poi fino al
novembre 1943 vi fu una fase di stallo e di riorganizzazione da parte americana, con l’arrivo
di numerose e potenti portaerei.

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Da questa data iniziò la controffensiva americana, guidata dagli ammiragli Nimitz e
MacArthur, che prevedeva la tattica dei “salti di montone”, cioè l’occupazione non di interi
arcipelaghi, ma di isole sempre più vicine all’arcipelago giapponese.
Nel luglio 1944 furono conquistate alcune isole nell’arcipelago delle Marianne, provocando la
caduta del governo Tojo in Giappone; le vittorie americane intanto proseguivano e si decise,
su proposta di MacArthur, uno sbarco nelle Filippine; questo si ebbe in ottobre, dopo la
battaglia nei pressi dell’isola Leyte in cui gran parte della flotta giapponese fu distrutta.
Manila fu occupata il 6 febbraio, proprio al momento della conferenza di Yalta e l’offensiva
continuò arrivando in prossimità dell’arcipelago giapponese nel giugno 1945; la lotta
proseguiva anche in Cina, dove nel ’44 i giapponesi avevano deciso di riprendere la loro
avanzata sulla costa ed in Cina meridionale.
Il governo di Chiang Kay-shek poteva dunque essere rifornito solo con un ponte aereo
sull’Himalaya che si rivelò assai insufficiente; inoltre le migliori truppe erano impiegate per
controllare i comunisti e non si battevano contro i giapponesi.
Il governo di Chiang Kay-shek fu salvato da una spedizione anglo-americana che aveva come
scopo la conquista della Birmania e il ristabilimento dei contatti terrestri con Chiang Kay-
Shek , quindi l’appoggio al governo nazionalista per non estendere l’influenza comunista in
Cina; la campagna iniziò nel marzo 1944 e nel febbraio ’45 un primo convoglio alleato arrivò
in Cina, mentre la conquista della Birmania fu completata in maggio.
Questa situazione costrinse i giapponesi ad abbandonare le loro recenti conquiste nella Cina
del sud e fu grazie a questa campagna che la Cina, dopo un periodo molto critico, si salvò;
tuttavia la tensione tra comunisti e nazionalisti continuò.
Nel dicembre 1944 il generale Hurley si recò in Cina per tentare una mediazione, incontrò Mao
Tsè-tung e propose a Chiang Kay-shek un governo di coalizione sulla base dei principi di Sun
Yat-sen; il leader nazionalista rifiutò il governo di coalizione, sentendosi più intransigente per
le vittorie alleate (che appoggiavano comunque il suo governo) e per la firma di un trattato tra
il suo governo e quello sovietico nell’agosto 1945.
Considerando tutto ciò Mao attenuò le sue richieste, limitando la partecipazione comunista nel
governo e nell’esercito; tuttavia, tutti i negoziati furono resi vani dalla questione della
Manciuria e dell’inizio della guerra civile tra comunisti e nazionalisti nel novembre 1945.
Sulla questione cinese si ebbe un incontro di Hurley con Stalin e Molotov a Mosca nell’aprile
’45;
Stalin manifestò il suo appoggio a Chiang Kay-shek e disse di non volere una guerra in Cina,
ma si credette che l’Urss volesse un controllo sulla Cina del nord e sugli Stati dell’Asia
centrale.
Il rapporto con la Russia sovietica non migliorò affatto neanche dopo la Conferenza di Yalta;
con l’avanzata russa in Europa si delineò la politica che Mosca era intenzionata ad attuare nei
territori occupati dall’Armata Rossa.
Nel febbraio 1945 fu indirizzato un ultimatum a Re Michele di Romania con il quale si
pretendeva la costituzione di un governo comunista sotto la guida di Groza; nonostante
l’opposizione del monarca, il governo comunista fu effettivamente insediato.
Subito vi furono le proteste di Usa ed Inghilterra che invocarono la “Dichiarazione sull’Europa
liberata”, che prevedeva la formazione di governi rappresentativi di tutta la popolazione nelle
nazioni liberate; anche in Polonia, Molotov accettava soltanto di modificare il governo
comunista di Lublino con qualche membro dei polacchi di Londra.
Inoltre Stalin rimproverava agli alleati di aver proposto una pace separata alla Germania sul
fronte italiano, permettendo così ai tedeschi di spostare divisioni sul fronte orientale e di
rallentare l'avanzata dell’Armata Rossa; per scongiurare la rottura dell’unità tra gli Alleati, vi
fu un ultimo viaggio di Harry Hopkins a Mosca alla fine di maggio 1945, dopo la capitolazione
tedesca.
Fu durante questi colloqui che Stalin lanciò una serie di accuse agli anglosassoni circa la
partecipazione dell’Argentina alle Nazioni Unite, sulla partecipazione della Francia alla
65
“Commissione delle riparazioni, sull’improvvisa fine delle forniture “affitti e prestiti” all’Urss e
sul fatto che nessuna nave tedesca era stata consegnata ai sovietici.
Hopkins cercò di ricucire questi strappi e si decise che questo ed altri problemi (i governi
comunisti in Polonia, Bulgaria e Romania) sarebbero stati discussi in un nuovo incontro tra i
tre Grandi; sulla partecipazione dell’Urss alla guerra in Asia, Stalin si disse pronto ad attaccare
il Giappone in agosto e accettò anche una trusteeship dei quattro vincitori sulla Corea.
La conferenza prevista in occasione di quest’incontro si tenne il 17 luglio 1945 a Postdam,
nella regione di Berlino; questo fu l’ultimo incontro tra i tre capi di governo.
Innanzitutto bisogna dire che i protagonisti della scena internazionale erano cambiati; il
presidente Roosevelt era morto e il nuovo presidente Truman nominò Segretario di Stato
Byrnes al posto di Stettinius, inoltre durante la conferenza vi furono le elezioni inglesi e i
conservatori furono sconfitti, di conseguenza nella seconda parte della conferenza Churchill
ed Eden lasciarono il posto al nuovo premier Attle e al nuovo capo del Foregin Office Bevin.
Alla conferenza di Potsdam gli americani suggerirono la creazione di un “Consiglio dei ministri
degli Esteri” che avrebbe avuto il compito di preparare i trattati di pace con i “satelliti” della
Germania (Italia, Bulgaria, Romania, Ungheria e Finlandia); ogni trattato avrebbe previsto la
partecipazione delle sole nazioni vincitrici su quello stato, quindi la Francia era ammessa
soltanto nella preparazione del trattato di pace con l’Italia.
Fu deciso che la “Commissione Consultiva Europea” sarebbe stata sciolta.
Gli anglosassoni si lamentarono con Stalin della situazione in Bulgaria e Romania, dove l’Urss
aveva un controllo assoluto, i Russi replicarono con il controllo occidentale in Grecia; il
problema delle industrie anglo americane confiscate dai sovietici nei paesi occupati
dall’Armata Rossa, si rimandò a speciali commissioni.
Molto importanti furono le decisioni circa il futuro della Germania, furono qui definiti i “Principi
politici ed economici che governeranno la Germania durante il periodo iniziale di controllo”:
disarmo completo e smilitarizzazione, distruzione del partito nazionalsocialista, giudizio dei
criminali di guerra e abolizione delle leggi naziste, controllo dell’istruzione tedesca.
Per quanto riguarda l’organizzazione politica della Germania, si decise di ritardare la
formazione di un governo centrale e di iniziare con delle elezioni delle amministrazioni
comunali e provinciali, per poi arrivare alla formazione degli organi dei Land e dello Stato
centrale.
L’organizzazione economica fu subordinata al pagamento delle riparazioni e il livello della
produzione economica sarebbe stato controllato severamente: poiché non vi era un governo
che poteva pagare, si decise di procedere con prelievi in natura nelle rispettive zone di
occupazione, solo gli americani non operarono alcun prelievo a causa dei costi di trasporto,
russi, americani e francesi spogliarono le loro zone di occupazione di ogni bene, rendendo
ancora più critiche le condizioni di vita dei tedeschi, i quali si rifugiavano sempre più nella
zona controllata dagli statunitensi (finché questi non chiusero le frontiere, tranne agli ebrei);
per quanto riguarda l’organizzazione territoriale, si accettò l’idea di uno slittamento della
Polonia e quindi della perdita della Germania dello Stato guida all’unità nazionale e alla
formazione della mentalità dello Stato tedesco, la Prussia.
Parte dei territori prussiani andava alla Russia e parte alla Polonia, che cacciava dal suo nuovo
territorio quasi 15 milioni di cittadini tedeschi; l’opinione pubblica internazionale accettò
questo tragico esodo come una sorta di punizione per tutti i lutti che la guerra voluta dai
nazisti aveva provocato nel mondo.

- Mentre in Europa si preparava la pace, la guerra proseguiva contro il Giappone.


I giapponesi, nonostante disponessero in Asia di tre armate ancora inutilizzate di 3 milioni di
soldati, erano coscienti della sconfitta a causa della distruzione quasi totale della flotta e per i
continui bombardamenti delle navi e degli aerei americane sulle coste e sulle industrie
nipponiche, già a corto di materie prime; gli americani, inoltre, preparavano uno sbarco
nell’isola più meridionale dell’arcipelago giapponese.Tra una sconfitta logorata in lunghi anni
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di lotte e una capitolazione prossima, è probabile che il governo nipponico abbia scelto la
seconda, al contrario di ciò che decise Hitler in Germania; sicuramente questa decisione fu
anticipata da avvenimenti drammatici che si susseguirono nell’arco di pochi giorni: il 6 agosto
cadde la prima bomba atomica americana su Hiroshima, l’8 la Russia dichiarava guerra al
Giappone, il 9 fu lanciata la seconda atomica su Nagasaki.
Durante la conferenza di Potsdam gli Alleati avevano inviato ai giapponesi un ultimatum per la
resa, che era stato rifiutato; dopo questi avvenimenti, il 10 agosto al governo americano
pervenne una nota a nome dell’imperatore che accettava i termini dell’ultimatum, ponendo la
condizione che il potere dell’imperatore fosse rimasto intatto in Giappone.Questa condizione
fu accettata e le istruzioni al Giappone furono date a Manila il 20 agosto dal generale
MacArthur; il 2 settembre 1945, a bordo della corazzata Missouri, due rappresentanti dello
Stato Maggiore giapponese firmarono la resa del Giappone senza condizioni. La seconda
guerra mondiale era terminata.

III

IL SECONDO DOPOGUERRA, IL FALLIMENTO DELLE GRANDI CONFERENZE INTERNAZIONALI.

La creazione e gli esordi dell’ONU.


Dopo la comparsa della Carta Atlantica nell’agosto 1941 vi fu la proposta degli Stati Uniti della
firma della “Dichiarazione delle Nazioni Unite nella guerra contro la Germania”, con la quale i
partecipanti si impegnavano ad elaborare un sistema di pace e di sicurezza dopo la guerra.
L’adesione dell’Urss a questa organizzazione di Stati pacifici fu confermata anche nel corso
della Conferenza di Teheran del novembre ’43, il 9 dicembre dello stesso anno fu creato a
Washington un gruppo di studio della futura organizzazione internazionale.
Durante il periodo di settembre-ottobre 1944 furono svolti delle conferenze negli Usa, a
Dumbarton Oaks, in cui anglosassoni, russi e cinesi (il governo francese non era ancora stato
riconosciuto) ponevano le basi della futura organizzazione: si decise la struttura
dell’Organizzazione e si capì che sia i russi che gli inglesi volevano restringere l’accordo ai soli
problemi della sicurezza; inoltre i russi volevano un voto nell’Assemblea per ogni stato
membro che componeva la Federazione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, paragonando
l’Urss al Commonwealth britannico.
Per quanto concerneva il Consiglio di Sicurezza, molte autorità politiche e militari statunitensi
non accettarono che gli Usa fossero obbligati ad un intervento armato da una semplice
maggioranza del Consiglio, limitando in tal modo la sovranità nazionale, cosicché si decise che
ogni potenza avrebbe avuto un diritto di veto, quindi era indispensabile che ogni decisione
che dovesse divenire operativa e vincolante, avrebbe dovuto ottenere il consenso
all’unanimità di tutti i membri del consiglio, anche in caso di guerra tra le potenze (decisione
voluta da Stalin che avvertiva di essere in minoranza contro le potenze occidentali).
Un accordo definitivo si ebbe con la Conferenza di Yalta del febbraio 1945, dove fu deciso che
solo l’Ucraina e la Russia Bianca avrebbero avuto un voto separato da quello dell’Urss, la
questione del veto fu accettata come detto precedentemente e si rilasciò una dichiarazione
che prevedeva l’apertura di una conferenza a San Francisco che avrebbe riunito tutte le
nazioni firmatarie della “Dichiarazione delle Nazioni Unite nella guerra contro la Germania”
più quelle che avrebbero dichiarato guerra all’Asse fino al 1° marzo 1945.
Sicuramente la nuova organizzazione non voleva rifare gli stessi sbagli della vecchia Società
delle Nazioni e nessuno volle ricostituire quella organizzazione che aveva certamente fallito
nel suo obiettivo di mantenimento della pace.

67
Nella nuova Organizzazione le grandi Potenze avevano nel Consiglio di Sicurezza poteri
superiori rispetto a quelli che possedevano le potenze nel Consiglio della SDN e questo ne
allargava il loro ruolo nella sfera internazionale.
La Conferenza di San Francisco si riunì dal 25 aprile al 25 giugno 1945, stabilendo la
Costituzione della nuova organizzazione o “Carta delle Nazioni Unite”.
La Carta definisce i principi e gli scopi dell’Organizzazione e descrive i diversi organi e il loro
funzionamento: lo scopo dell’Organizzazione è il mantenimento della pace nel Mondo e la
regolazione delle controversie senza ricorrere all’uso della forza; altro obiettivo fondamentale
è quello di affermare in tutto il Mondo il diritto all’uguaglianza tra gli uomini e tra le nazioni, il
rispetto nei diritti fondamentali dell’uomo e della dignità della persona umana, nonché il
diritto dei popoli a disporre di loro stessi, evitando le interferenze nelle questioni
essenzialmente interne di uno Stato.
Per ottenere un’uguaglianza di fatto tra le nazioni, le Nazioni Unite si impegnano a favorire il
progresso sociale e ad instaurare migliori condizioni di vita negli Stati poveri.
Sono considerati membri dell’ONU tutti gli Stati che hanno partecipato alla Conferenza di San
Francisco, firmato e ratificato la Carta (l’Argentina ebbe difficoltà per l’annessione e vi furono
alcuni voti contrari tra cui quello dell’Urss) e che accettano gli obblighi derivanti dalla Carta
stessa.
- Gli organi previsti dalla Carta sono:
a) “l’Assemblea generale”, composta dai delegati di tutti gli Stati membri (massimo 5 per
Stato), esercita il supremo potere cioè elegge i membri non permanenti del Consiglio di
sicurezza, quelli del Consiglio economico e sociale, del Consiglio di tutela e della Corte
internazionale di giustizia.
Essa ammette i nuovi membri ed esclude i membri inadempienti; tuttavia, almeno agli esordi,
essa non ha un effettivo potere decisionale ma solo poteri consultivi e di “pressione morale”.
b) Il “Consiglio di sicurezza” ha nelle mani la vera forza del potere decisionale dell’ONU; esso
è composto da 11 membri di cui 5 permanenti (Usa, Urss, Cina, Inghilterra e Francia) ed
hanno un potere immenso grazie al diritto di veto: nessuna decisione può divenire definitiva
senza l’approvazione all’unanimità dei cinque membri permanenti.
Compito del Consiglio di sicurezza è quello di salvaguardare la risoluzione pacifica dei conflitti,
prima con un arbitrato conciliativo, poi adottando misure di tipo economico ed infine, se
necessario, con l’impiego della forza armata; per prendere queste decisioni bisogna
raggiungere la maggioranza dei voti favorevoli dei membri del Consiglio, quindi le 5 potenze
permanenti più due Stati non permanenti. Mentre l’Assemblea ha sedute annuali (in inverno,
una sessione a gennaio e una ad ottobre, ciascuna di un mese) i membri del Consiglio siedono
insieme quasi ogni 15 giorni.
c) Il “Consiglio economico e sociale” era incaricato della cooperazione in tutte le materie che
interessino il livello di vita materiale e culturale degli uomini; con esso collaborano numerose
“Istituzioni specializzate” tra cui il Fondo monetario internazionale, la FAO (Organizzazione
dell’alimentazione e dell’agricoltura), l’UNESCO (organizzazione per educazione, scienza e
cultura).
d) Il “Consiglio di tutela o di amministrazione fiduciaria” era incaricato di controllare i Paesi
sotto mandato dalla vecchia SDN che non avevano ancora ricevuto l’indipendenza e tutti i
territori che richiedevano allora di essere posti sotto tutela.
e) Vi erano, inoltre, una “Corte internazionale di giustizia” e un “Segretariato”.

Nella prima assemblea (10 gennaio – 14 febbraio 1946) si riuscì ad eleggere il suo presidente,
i membri non permanenti del Consiglio di sicurezza ed il segretario generale (il socialista
finlandese Trygve Lie, proposto dagli americani e accettato subito dai russi dopo veti
incrociati).
Successivamente si pose il problema delle ammissioni di nuovi membri: la Spagna fu scartata
per il governo del generale Franco, l’Urss pose il veto per l’ammissione di Portogallo, Irlanda e
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Transgiordania perché stati cattolici e legati strettamente all’Inghilterra, furono ammessi
Afghanistan, Svezia ed Islanda; oltre a questi vi era la candidatura dei 5 Paesi satelliti
dell’Asse (Italia, Finlandia, Romania, Bulgaria ed Ungheria) che fu perorata dall’Urss in blocco
ma gli Usa si opposero all’entrata dei Paesi dell’est e non se ne fece niente.
Fu ammesso subito il neonato stato di Israele, poi l’India, il Pakistan e lo Yemen.
Dei 51 stati iniziali, al 1948 se ne poterono aggiungere solo 9 per la politica dei veti incrociati.
I primi due anni della storia dell’ONU sono estremamente deludenti, poiché i continui veti tra i
membri del Consiglio di sicurezza intopparono continuamente il funzionamento di tutta
l’Organizzazione, che solo raramente riusciva ad essere evitato.
Vi furono contrasti tra anglosassoni e russi per l’Armata Rossa in Azerbaigian (ai confini con
l’Iran) e i russi si lamentarono ugualmente per le truppe anglo-americane in Grecia e in
Giordania; altro problema si ebbe con la Spagna poiché l’Urss e le democrazie popolari dell’est
premevano affinchè si intervenisse direttamente nel Paese per abbattere il regime franchista
(Inghilterra ed Usa contrari e Francia a favore), in seguito la Spagna sarebbe stata ammessa
soltanto nel 1956 all’ONU.
Molto pesante fu il problema dell’energia atomica: a quel tempo solo Usa, Inghilterra e
Canada conoscevano il segreto dell’energia atomica e solo gli Stati Uniti avevano alcune
bombe A; i capi dei tre governi suggerirono un’azione internazionale per scongiurare l’uso
militare dell’atomica e nel febbraio 1946 fu approvata dall’Assemblea dell’ONU la creazione di
una “Commissione per l’energia atomica”, gli americani proposero un’autorità di controllo al
di fuori del diritto di veto per l’uso che veniva fatto in tutti i paesi del materiale radioattivo, i
sovietici rifiutarono e proposero un controllo da parte del Consiglio di sicurezza con la
distruzione di tutte le bombe in pochi giorni.
Gli americani, naturalmente, rifiutarono e all’inizio del 1948 la Francia suggerì
l’aggiornamento sine die della Commissione dell’energia atomica.

Occupazione della Germania e trattati con i Paesi satelliti all’Asse.


Abbiamo visto che la Conferenza di Mosca dell’ottobre ’43 vide Hull, Eden e Molotov decidere
la costituzione di una “Commissione Consultiva Europea” con sede a Londra ed incaricata di
proporre i principi dell’azione alleata in Germania dopo la Guerra; il lavoro di questa
commissione fu però ostacolato dagli americani, i quali ritenevano che i problemi
dell’occupazione fossero solo di ordine militare.
L’Inghilterra propose nel gennaio 1944 un accordo sulle zone di occupazione: all’Urss, che
accettò subito, andava la zona est con il 40% del territorio ed il 36% della popolazione, gli
inglesi occupavano la zona nord compresa la Ruhr e gli americani a sud nei territori limitrofi
alla Francia, Berlino era ulteriormente divisa in tre zone; Roosevelt, escluso dalla Ruhr e con le
comunicazioni dell’esercito dipendenti dalla Francia, propose uno scambio delle zone inglese
e americana, poi accettò il progetto nel febbraio 1945, ottenendo alcune modifiche alle due
zone e l’accesso ai militari americani nei porti del nord-ovest della Germania, in zona
britannica.
Per quanto riguarda la Francia, la sua partecipazione all’occupazione era stata perorata dagli
inglesi e a Yalta essa era stata accettata da Roosevelt e Stalin; la zona di occupazione
francese fu prelevata da quella inglese e, con alcune difficoltà, da quella americana; essa
comprendeva la Saar e il Palatinato, a Berlino i sovietici non concessero parte della loro zona
e quella francese fu ottenuta solo da quelle inglese ed americana.
Il 5 giugno 1945 vi fu una dichiarazione alleata che affermava l’assunzione del potere in
Germania da parte degli Alleati e così alla conferenza di Potsdam l’occupazione della
Germania era stata completamente organizzata; a questa conferenza vi furono parecchie
rivendicazioni sui territori tedeschi da parte di Olanda, Belgio, Lussemburgo, Polonia e
Cecoslovacchia, in settembre De Gaulle chiese un distaccamento della Renania e della Ruhr
dalla Germania, ponendole sotto controllo internazionale, e soprattutto chiese il
distaccamento della Saar e il controllo della Francia su quella regione.
69
Nel luglio 1946 vi fu una parziale annessione francese della zona e nel dicembre la Francia
isolò la Saar con il resto della zona di occupazione con un cordone doganale.

Alle quattro potenze occupanti si presentavano una serie di gravi problemi di ordine politico
(elaborazione di un trattato di pace, fusione delle zone, formazione di un governo tedesco ) ed
economico (riparazioni, contenimento dell’industria tedesca) e ognuno di esse aveva soluzioni
diverse.
Conformemente agli accordi di Potsdam fu organizzata a Parigi una riunione del “Consiglio dei
ministri degli Esteri” a partire dall’aprile 1945: in questa sede Molotov si espresse
favorevolmente circa l’unificazione della Germania (contro il parere francese che non voleva
un’amministrazione unica in Germania) e contro le rivendicazioni francesi sulla Saar; gli anglo-
americani, favorevoli ad una unificazione amministrativa, decisero prima una unificazione
economica delle loro zone di occupazione, al fine di ridurre i costi molto elevati del loro
mantenimento.
Per quanto riguarda le riparazioni, la “Commissione delle riparazioni” decisa a Potsdam si riunì
a Mosca tra novembre e dicembre, il suo atto finale si ebbe nel gennaio 1946 a Parigi.
Si decise di non effettuare riparazioni a lungo termine per non ripetere l’errore del primo
dopoguerra, bensì di operare, come abbiamo detto, massicci trasferimenti di fabbriche e
macchinari dalle rispettive zone di occupazione, usando la produzione corrente della
Germania per risanare la dissestata bilancia dei pagamenti del Paese; i russi, che prelevavano
anche dalla produzione corrente e che ottenevano anche il 5% di ciò che era prelevato nelle
altre zone, smantellarono fino al marzo ’46 più di 4.000 fabbriche e in seguito decisero di
deportare in Unione Sovietica anche alcuni operai specializzati come “volontari”.
La Francia, anch’essa in condizioni difficili, reclamava maggiori quantità di carbone dalla Ruhr,
gli anglo-americani, invece, date le difficoltà nei trasporti e i deficit delle loro zone che
pesavano sulle loro tasche, cercavano di non applicare integralmente il piano delle riparazioni
per favorire una ripresa dell’industria tedesca ed un risanamento della bilancia.
Il livello dell’economia tedesco fu fissato a circa la metà di quello della Germania del 1938.

- Per quanto riguarda i trattati con i satelliti della Germania, si è visto come a Potsdam il
compito fu affidato al “Consiglio dei ministri degli Esteri” e le proteste francesi per la clausola
che prevedeva la discussione solo per quegli stati firmatari della discussione di resa.
Si decise, quindi, che gli Usa non avrebbero partecipato alle trattative con la Finlandia e la
Francia sarebbe stata ammessa solo nelle trattative del Trattato di pace con l’Italia.
Partendo con l’elaborazione del trattato con l’Italia fatto dai Quattro alleati, si arrivò alla
Conferenza di Parigi dal luglio all’ottobre 1946, che riunì i ventuno paesi che avevano
contribuito alla vittoria.
La firma dei cinque Trattati ebbe luogo solennemente a Parigi il 10 febbraio 1947.
Per quanto riguarda il problema dell’occupazione di Tangeri da parte delle truppe spagnole
nel giugno 1940, nel settembre 1945 gli Alleati intimarono al governo di Franco di evacuare la
zona, cosa che gli spagnoli fecero immediatamente; a Tangeri tornò a governare
l’amministrazione territoriale stabilita nel ’23, anche se con più rappresentanti sovietici ed
americani.
- Il trattato con l’Italia fu discusso a partire dal 18 gennaio 1946: la Francia non ebbe pretese
sulla Val d’Aosta ma vi furono solo delle piccole rettifiche di frontiera e l’annessione di due
paesi di neanche cinque mila abitanti, Tenda e Briga (un plebiscito accettò anche l’annessione
alla Francia); le rivendicazioni austriache sull’Alto Adige (o sud Tirolo) non furono considerate,
mentre più pesanti furono le perdite ad est.
Le truppe jugoslave occuparono quasi tutta la Venezia-Giulia, compresa Trieste, e si ritirarono
solo dopo una forte pressione anglo-americana nel giugno 1945; gli jugoslavi erano appoggiati
dai russi e per la questione si adottò un compromesso che prevedeva l’adozione della “linea
francese” proposta da Bidault, con Gorizia e Monfalcone all’Italia e la zona di Trieste divisa in
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due zone sotto controllo e con uno statuto internazionale (zona A, compresa Trieste, anglo-
americana e zona B jugoslava); il Consiglio di Sicurezza dell’ONU non riuscì a nominare un
governatore per le due zone, poi l’Urss e la Jugoslavia respinsero, alla vigilia delle elezioni
italiane dell’aprile ’48, una proposta alleata di cedere la zona occupata all’Italia, quindi lo
status quo fu mantenuto.
Per quanto riguarda le clausole sulle riparazioni previste dal trattato di pace, esse furono
attenuate dall’atteggiamento degli anglo-americani, i quali restituirono i beni e il naviglio
confiscati all’Italia e rinunciarono al rimborso dei debiti di guerra e alle navi assegnate loro dal
trattato; l’Urss, invece, si prese il naviglio che le spettava e pose il veto per l’ammissione
dell’Italia alle Nazioni Unite.
L’esercito, la marina e l’aviazione furono limitati; le colonie di Albania ed Etiopia ridivennero
indipendenti, Rodi e il Dodecanneso erano resi alla Grecia, per le colonie conquistate
precedentemente (Libia, Somalia ed Eritrea) non si pervenne ad alcun accordo.
- Dal 12 settembre 1944 (armistizio russo-rumeno) la Romania era occupata dalle truppe
sovietiche.
Nel febbraio ’45 vi fu un colpo di stato che spazzò via il blocco dei partiti democratici e
instaurò un regime di “democrazia popolare” filoguidato dai comunisti sovietici.
Nel dicembre 1947 re Michele fu costretto ad abdicare e successivamente il “Consiglio dei
Quattro ministri degli Esteri” (Parigi, aprile – luglio1946) fissò le frontiere rumene a quelle del
28 giugno ’40, prima dell’attacco tedesco all’Urss e l’arbitrato di Vienna del ’40 era dichiarato
nullo; quindi la Romania recuperava tutta la Transilvania ma lasciava all’Urss la Bessarabia e
la Bucovina settentrionale e alla Bulgaria la Dobrugia meridionale, ottenendo così solo un
limitato sbocco sul mare.
Gli armamenti e l’esercito furono ridotti e gli Alleati si impegnarono a ritirare le forze di
occupazione (non l’Urss, che manteneva soldati necessari ad assicurare il collegamento con
l’Austria occupata), i beni alleati erano restituiti ai proprietari e l’Unione Sovietica riceveva
una forte indennità.
- Per quanto riguarda la Bulgaria, la politica interna era diretta da un “Fronte patriottico”
dominato dai comunisti e nel settembre 1946 un plebiscito costrinse il Re Simeone ad
abbandonare il Paese.
Il trattato di pace prevedeva clausole politiche, economiche e militari simili a quelle del
trattato rumeno; sul piano territoriale, la Bulgaria otteneva la Dobrugia meridionale ai danni
della Romania e non otteneva nulla nella Tracia greca, non poteva costruire fortificazioni sul
confine greco e pagava danni di guerra alla Grecia e alla Jugoslavia.
- La situazione dell’Ungheria era abbastanza particolare: dal marzo ’44 i tedeschi costituirono
un nuovo governo e l’armistizio con l’Urss si ebbe solo nel gennaio ’45, quindi le clausole della
pace furono più dure: l’Austria e la Jugoslavia recuperavano i territori persi nel ’38, l’Urss
annetteva la Rutenia subcarpatica, il “primo arbitrato di Vienna” del novembre ’38 fu
annullato e di conseguenza la Cecoslovacchia riprendeva la Slovacchia meridionale e la
Romania la Transilvania; l’esercito fu ridotto e la Russia manteneva truppe di occupazione per
“mantenere i rifornimenti con la zona occupata dai sovietici in Austria”, le riparazioni furono
sostanziose.
Il 5 novembre 1945 si svolsero delle libere elezioni che diedero la vittoria al partito dei piccoli
proprietari, con i comunisti che non arrivavano al 20% dei voti.
Nel febbraio 1945 vi fu un accordo con la Cecoslovacchia imposto dall’Unione sovietica che
prevedeva uno scambio di popolazioni tra slovacchi ed ungheresi; il governo di Praga era
libero di espellere tutti gli ungheresi “criminali di guerra” per slavizzare la regione, al contrario
gli slovacchi in Ungheria partivano solo se essi lo desideravano; per contro gli ungheresi
cacciarono i tedeschi dal loro territorio.
- La Cecoslovacchia sembrava godere di una posizione più favorevole rispetto agli altri Paesi
dell’est europeo. Nel dicembre 1943, durante l’occupazione tedesca, il presidente Benes si era
recato a Mosca e aveva firmato un trattato di alleanza militare con l’Urss che non prevedeva
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una pace separata dei due Paesi con la Germania; due anni dopo, nel giugno ’45, la
Cecoslovacchia cedeva all’Urss la Rutenia sub-carpatica, essendosi rafforzata la presenza
comunista nel Paese.
Nonostante ciò, Benes intendeva essere una sorta di mediatore tra gli anglosassoni e l’Unione
Sovietica, mantenendo un’autonomia dai due schieramenti che si andavano formando.
Questa politica fallì quando, guidato da Gottwald, il partito comunista prese totalmente il
potere con il “Colpo di Praga” nel febbraio 1948, facendo passare la Cecoslovacchia nel
campo sovietico.
- Abbastanza complessa risultava la situazione della Polonia.
A Potsdam si era parlato di uno slittamento ad ovest dei suoi confini a danno della Germania
e, nonostante gli anglo-americani considerassero ciò un accordo provvisorio, i due Paesi
interessati siglarono un accordo firmato a Mosca il 17 agosto 1945 (dopo Potsdam) che pose
fine alla questione delle frontiere ad est: la Polonia lasciava tutti i territori ucraini e bielorussi
all’Urss, la frontiera seguiva quasi perfettamente la “linea Curzon” del 1919, la Prussia
orientale era divisa tra i due Paesi; ad ovest i polacchi si rifacevano prendendo dalla Germania
la Pomeriana e la Slesia con tutto le sue risorse e l’industria metallurgica, fissando il confine
sull’Oder.
In questo modo la Polonia acquisiva più di 500 km. di coste sul mar Baltico e i tedeschi
presenti sui nuovi territori furono espulsi (2 milioni) e sostituiti con coloni polacchi, mentre
molti furono rimpatriati dai territori ceduti all’Unione Sovietica.
Altro problema spinoso per la Polonia era quello del governo, essendoci il governo in esilio a
Londra, quello di Lublino del "Comitato polacco di liberazione nazionale” appoggiato dall’Urss.
Il governo in esilio a Londra aveva ripreso i rapporti con l’Urss dopo l’attacco tedesco ai
sovietici, in seguito vi era stata la rottura a causa della faccenda delle “fosse di Katyn” e
nell’aprile 1943 le relazioni con Mosca furono nuovamente interrotte; nel gennaio 1944
compaiono i primi nuclei del “Comitato polacco di liberazione nazionale” di matrice comunista
che pose la sua sede a Lublino finchè, il 18 gennaio 1945, esso si insediò a Varsavia e prese il
nome di “governo provvisorio della repubblica polacca”, già precedentemente riconosciuto dai
russi.
Precedentemente, era fallito un tentativo di unione tra i due governi in occasione della visita
di Churchill a Mosca nell’ottobre ’44, poi il progetto fu ripreso a febbraio durante la
Conferenza di Yalta e iniziarono dei negoziati infruttuosi tra il governo di Londra e Mosca (la
Polonia non fu rappresentata a San Francisco e alcuni esponenti democratici furono arrestati
dall’Armata Rossa);
nonostante le difficoltà i negoziati proseguirono e il 29 giugno 1945 fu costituito un “governo
provvisorio polacco di unità nazionale” che vedeva tuttavia occupare i posti chiave dai
comunisti.
Il governo fu riconosciuto dagli occidentali, ma in realtà si trattava di una grande vittoria della
diplomazia sovietica; infatti le elezioni del 19 gennaio 1947 diedero una schiacciante
maggioranza ai comunisti e i rappresentanti “londinesi” dell’ex governo fuggirono in
Inghilterra poco tempo dopo.
- Sempre nell’est europeo fonte di contrasti fu la regolamentazione della navigazione sul
Danubio, fiume che parte dall’Austria e arriva al Mar Nero; nel primo dopoguerra il fiume era
controllato da una commissione europea e da una internazionale, in seguito Hitler ne fece un
fiume tedesco e, dopo la guerra, la supremazia passò sicuramente ai russi.
Su pressioni del Presidente americano Truman, che voleva abbattere le barriere doganali in
Europa, a Potsdam l’Urss accettò che nei Trattati con i “satelliti” della Germania fosse inserita
una clausola che prevedeva la navigazione libera sul Danubio a tutte le navi mercantili di tutti
gli Stati, inoltre si decise la convocazione di una conferenza internazionale sul problema; essa
si riunì a Belgrado nel giugno 1948 con tutti gli Stati rivieraschi più Francia, Inghilterra e Usa:
essendo gli Stati comunisti in maggioranza, riuscì a passare il progetto sovietico che

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prevedeva la soppressione delle commissioni europea ed internazionale e il controllo del
fiume da parte dei soli stati rivieraschi, estromettendo così gli occidentali.
Anche la Finlandia ebbe pesanti ripercussioni dopo la sconfitta tedesca: il trattato con la
Russia firmato nel settembre 1944 prevedeva la cessione ai sovietici di importanti territori e la
negazione di uno sbocco sul Oceano Artico; l’esercito, la marina e l’aviazione furono parecchio
ridimensionati e fu imposto alla Finlandia il pagamento di onerose riparazioni.

Il Medio Oriente e la Lega Araba.


Le origini della Lega Araba possono senz’altro ricercarsi nel trattato del 2 aprile 1936 tra
l’Arabia Saudita e l’Iraq, il “Trattato di fraternità e di alleanza araba”, il quale prevedeva una
collaborazione tra i due Paesi al fine di unificare la cultura arabo-islamica e le organizzazioni
militari.
A questa unione si associò lo Yemen, un mese dopo l’Egitto firmò un trattato di amicizia con
l’Arabia Saudita; durante la Seconda Guerra Mondiale gli inglesi, desiderosi di stabilire una
zona di influenza economica in tutto il Medio Oriente, favorirono un ulteriore unione del
mondo arabo e quando l’Asse fu scacciato dall’Africa fu l’Egitto a prendere l’iniziativa
dell’Unione.
Vi furono importanti incontri al Cairo dal luglio 1943 al febbraio 1944 tra rappresentanti di
Egitto, Transgiordania, Siria, Iraq, Libano e Arabia Saudita; finalmente, dal 25 settembre al 10
ottobre 1944 si riunì ad Alessandria una Conferenza preparatoria per l’Unione degli Stati Arabi
sotto la presidenza del leader egiziano Nahas Pascià.
Fu firmato un protocollo in cui si prevedeva la creazione di una “Lega degli Stati Arabi” che
sarebbe stata guidata da un Consiglio dove tutti i Paesi sarebbero stati ugualmente
rappresentati e, tramite una stretta cooperazione (anche finanziaria ed economica), avrebbe
difeso la loro indipendenza da qualsiasi aggressione; sulla questione palestinese si
schieravano a fianco degli Arabi di Palestina, proponendo anche la creazione di un “Fondo
nazionale arabo” per acquistare terre in Palestina.
La “Carta della Lega” fu firmata al Cairo il 22 marzo 1945 dai rappresentanti dei sei Paesi
arabi.

La prima questione che la Lega araba si trovò ad affrontare, riportando un incontestabile


successo, fu quella della concessione della piena autonomia alla Siria e al Libano da parte
della Francia; i francesi di De Gaulle dovevano applicare l’accordo che prevedeva la cessione
dei poteri nei due Paesi alle autorità siriane e libanesi, fino ad arrivare alla completa
indipendenza.
Tuttavia la Francia voleva avere delle garanzie sui suoi interessi economici e strategici e le
trattative erano svolte in un clima di tensione; nel maggio 1945 ripresero i negoziati e, in
maniera molto inopportuna, vi fu un rafforzamento delle truppe francesi sul territorio,
provocando violenti scontri e uno sciopero generale in Siria e Libano, diversi manifestanti
furono uccisi.
Churchill, allora, mandò un vero e proprio ultimatum al governo di De Gaulle, invitando il
presidente a far ritirare i soldati nelle caserme per evitare scontri tra truppe inglesi e francesi
nella regione; i francesi dovettero accettare a malincuore e si rafforzò l’idea nell’opinione
pubblica transalpina che l’Inghilterra approfittasse della debolezza della Francia per
estrometterla dal Medio Oriente.
In dicembre fu raggiunto un accordo franco-inglese sull’evacuazione delle truppe, Libano e
Siria protestarono all’ONU per la lentezza del ritiro e furono appoggiate soprattutto dall’Urss;
la decisione delle potenze occidentali era dovuta in parte a non voler lasciare ai sovietici un
margine per estendere la loro influenza nella regione mediorientale, forse vi furono anche
pressioni americane, in ogni caso al 31 agosto 1946 vi fu la fine dell’evacuazione delle truppe
franco-inglesi dal Libano e dalla Siria, ora completamente indipendenti.

73
La lega araba si occupò anche della Libia, dichiarando che gli arabi si sarebbero fermamente
opposti ad un “trusteeship” sulla regione o ad un ritorno degli italiani.
- Nello stesso periodo vi fu anche uno sforzo dell’Egitto per acquistare una piena autonomia
dall’Inghilterra e annettere il Sudan, anche in ragione dell’atteggiamento “coraggioso e
corretto” tenuto dagli egiziani durante la Guerra; al fine di ottenere una completa autonomia
bisognava ritrattare l’accordo del 1936, chiedendo l’evacuazione delle truppe britanniche dal
Paese.
I negoziati, svolti con Bevin del nuovo governo Attlee, iniziarono nel maggio 1946 in un clima
di fervore nazionalista in Egitto con scioperi generali e scontri organizzati dal Wafd, partito
che era stato di nuovo estromesso dal governo dal Re Farouk per corruzione dopo il “colpo di
stato” inglese che lo aveva portato al potere nel ’42.
I britannici sembrarono ben disposti ad uno spostamento di truppe dal Cairo a Suez, ma le
trattative si infransero sulla questione del Sudan, in quanto gli inglesi non intendevano
cederlo così presto;
in dicembre i negoziati furono interrotti, anche grazie alle pressioni molto esigenti del Wafd e
nel luglio 1947 l’Egitto fece anche appello al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, senza ottenere
nulla.
- Anche in Iraq vi fu un fallimento della politica inglese: questi avevano pensato di favorire la
formazione della Lega Araba per mantenere grazie ad essa una zona di influenza, rafforzata
da una serie di trattati bilaterali con i Paesi dell’area mediorientale.
Con l’Iraq fu firmato un trattato nel gennaio 1948 che lasciava agli inglesi importanti vantaggi
strategici sul territorio; alla notizia della firma, gli elementi nazionalisti organizzarono una
sommossa e il Consiglio dei Ministri rifiutò di ratificare l’accordo, respingendo il nuovo
trattato.
Ancora una volta la Gran Bretagna subiva uno scacco clamoroso in Medio Oriente.
Tuttavia, dopo il ritiro da Libano e Siria e il fallimento dei colloqui con l’Egitto e l’Iraq, vi fu un
importante accordo con la Transgiordania siglato dagli inglesi il 22 marzo 1946: si riconosceva
la totale indipendenza della Transgiordania ma le truppe britanniche potevano stazionare nel
Paese; naturalmente vi erano privilegi economici per gli inglesi, molto legati all’emiro
Abdullah.
- In linea generale, il fallimento della politica inglese in Medio Oriente può essere attribuito
all’azione indiretta dell’Urss in questo settore: indiretta perché i partiti comunisti non erano
forti nell’area, ma i sovietici intervenivano tramite la propaganda, con le visite dei patriarchi
ortodossi nei luoghi Santi, l’esaltazione dei nazionalismi e con l’influenza dei musulmani
sovietici sui musulmani del luogo; un intervento sovietico diretto si ebbe solo in Iran, Grecia e
Turchia.
In Iran, com’era stato deciso alla conferenza di Teheran, si sarebbe dovuta avere
l’evacuazione delle truppe occupanti sei mesi dopo la fine della Guerra (marzo 1946), gli
inglesi si dissero d’accordo ma i sovietici mantennero le loro forze, sostituendo i militari a
Teheran con dei civili;
nell’agosto 1945 il partito filo-comunista “Tudeh” organizzò in Azerbaigian una rivolta,
impadronendosi degli edifici pubblici con l’appoggio delle truppe sovietiche.
Il 12 dicembre 1945 fu proclamata la “Repubblica autonoma di Azerbaigian”, escludendo ogni
ingerenza da parte del potere centrale di Teheran e ponendo gli anglosassoni di fronte al fatto
compiuto; pochi giorni dopo, sempre con l’appoggio sovietico, nacque la “Repubblica popolare
curda” e nell’aprile ’46 i due nuovi governi firmarono un trattato di alleanza militare.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, investito dall’Iran del problema, manifestò la propria
impotenza proponendo dei negoziati diretti russo-iraniani; questi si svolsero nel febbraio ma
non approdarono a nulla di concreto e, quando nel marzo le truppe anglo-americane
evacuarono l’Iran, quelle sovietiche rimasero nel Paese.
Il Consiglio di Sicurezza discusse nuovamente il problema e i russi decisero improvvisamente
di ritirarsi, siglando il 14 giugno 1946 un accordo con il governo iraniano che prevedeva il
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ritiro dell’Armata Rossa; la vittoria sovietica più importante fu che l’Iran accettò di esercitare
in pratica una sovranità solo nominale in Azerbaigian e che alcuni membri del partito “Tudeh”
furono ammessi nel governo di Teheran, avvicinando sempre più il paese alla sfera d’influenza
russa.
La reazione anglo-americana non si fece attendere e capovolse completamente la situazione:
in agosto gli inglesi favorirono nel sud del Paese delle rivolte contro il partito “Tudeh”,
riuscendo ad ottenere l’espulsione dei ministri filo-comunisti dal governo e l’arresto di molti
esponenti a Teheran.
Sentendosi appoggiato dagli anglo-americani, il governo iraniano decise di riconquistare
l’Azerbaigian; qui le truppe di Teheran furono accolte con entusiasmo dalla popolazione
scontenta del regime e il 14 dicembre 1946 il governo comunista azero crollò, molti ministri
furono fucilati.
In questa occasione è difficile spiegare la mancata reazione russa, forse a Mosca vi era ancora
la speranza della ratifica dell’accordo di giugno che implicava importanti concessioni
petrolifere; ma, sotto pressione anglo-americana, il parlamento iraniano non ratificò l’accordo
e ancora una volta i russi non intervennero, lasciando campo libero all’invio di una missione
militare americana in Iran.
- In Turchia, la pressione sovietica fu egualmente molto forte.
I sovietici fecero pressanti richieste alla Turchia circa la modifica della “Convenzione di
Montreax” sugli Stretti del 1936 e sulla restituzione dei distretti di Kars e Ardahan, ceduti ai
turchi dopo la lotta del neo stato sovietico con Ataturk.
Nel novembre 1945, su iniziativa di Truman, vi fu ai russi una proposta turco-anglo-americana
che prevedeva la libertà di navigazione per le navi da guerra dei Paesi rivieraschi sul Mar Nero
(ricordiamo che Montreux stabiliva dei limiti alla circolazione delle navi da guerra sugli stretti,
anche se con dei vantaggi per i Paesi rivieraschi); i russi rifiutarono questa proposta e
chiesero che la difesa degli Stretti potesse essere assicurata dalla Russia e dalla Turchia
insieme, ciò che gli avrebbe permesso di controllare gli Stretti, da sempre sogno della politica
estera degli Zar.
Gli occidentali, naturalmente, rifiutarono fermamente e la pressione sovietica si spostò sulla
questione di Kars e Ardahan, pressando per un “orientamento più amichevole della politica
estera turca”; queste velate minacce suscitarono la promessa di un aiuto militare americano
alla Turchia.
- In Grecia si sviluppò un pericoloso focolaio e il Paese divenne terreno di scontro tra i
comunisti e i monarchici appoggiati dal governo inglese; ricordiamo che, secondo gli accordi
di Mosca tra Churchill e Stalin dell’ottobre ’44, la Grecia faceva parte della zona di influenza
anglosassone e l’Urss non intervenne direttamente, bensì si pensa che sicuramente appoggiò
i comunisti greci dietro azioni degli jugoslavi e dei bulgari.
Durante l’occupazione italo-tedesca si svilupparono in Grecia gruppi di resistenza partigiana,
dei quali il principale era il comunista EAM (Fronte di Liberazione Nazionale); essi si
opponevano al governo monarchico rifugiato al Cairo.
Dopo la capitolazione italiana, i gruppi si impossessarono delle armi e si accrebbero i contrasti
tra partigiani comunisti e moderati; tuttavia nell’ottobre 1944 gli inglesi occuparono Atene ed
imposero alle forze partigiane l’autorità del governo greco, cercando di mantenere l’ordine in
attesa delle organizzazione di libere elezioni.
Queste elezioni si ebbero il 31 marzo 1946 sotto la sorveglianza di osservatori internazionali,
non russi; i monarchici ebbero la meglio e la vittoria fu confermata anche da un successivo
plebiscito; il re Giorgio II rientrò ad Atene, ma l’EAM dichiarò che le elezioni erano state falsate
dagli anglosassoni per instaurare un governo monarchico-fascista non voluto dal popolo
greco.
La questione fu affrontata dall’ONU nel maggio del ’47 ma non si ebbe alcuna conclusione;
all’inizio del ’47, quindi, la guerra civile tra i due opposti schieramenti continuava
furiosamente nel Paese.
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Il dopoguerra in Estremo Oriente.
Dopo la capitolazione giapponese, gli americani proposero la creazione di una “Commissione
consultiva per l’Estremo Oriente” con la partecipazione di Cina, Urss, Inghilterra, Canada,
Australia, Francia, Olanda, Nuova Zelanda e Filippine (“consultiva” poiché gli Usa rifiutavano
di dividere la propria autorità sul Giappone con gli altri alleati); vi furono per questo delle
proteste inglesi, che reclamava poteri deliberanti e la partecipazione autonoma dell’India, e
successive proteste sovietiche sulla gestione dell’occupazione americana in Giappone.
Durante la Conferenza dei Ministri degli Esteri che si tenne a Mosca nel novembre – dicembre
1945 fu istituita la “Commissione per l’Estremo Oriente” con i Paesi suddetti e l’India, con
sede a Tokyo e a Washington, inoltre fu creato un “Consiglio alleato per il Giappone”
presieduto da Mac Arthur e con un membro cinese, uno sovietico ed uno per Inghilterra,
Australia, Nuova Zelanda e India; questo Consiglio aveva lo scopo di assistere Mac Arthur che,
in realtà, rappresentava in Giappone l’unica autorità del potere esecutivo e le due
Commissioni non ebbero che un ruolo molto ristretto.
Forte fu la tensione tra Mac Arthur e il delegato sovietico, spesso appoggiato dal cinese e
dall’inglese contro la politica dittatoriale del generale americano; in queste condizioni fu
impossibile negoziare nelle due Commissioni un trattato di pace per il Giappone.
La politica degli Usa sul Giappone fu presentata in un documento accettato dal presidente
Truman pochi giorni dopo la resa nipponica: esso prevedeva la democratizzazione dello Stato
giapponese, la distruzione dei grandi consorzi familiari dominanti e l’organizzazione
dell’occupazione militare anche al fine di assicurare il prelievo delle riparazioni.
Per quanto riguarda il territorio, il Giappone perdeva tutti i territori sul continente asiatico:
la Cina acquistava la Manciuria e l’isola di Formosa, la Corea sarebbe divenuta indipendente,
l’Urss otteneva parecchi vantaggi, riacquistava i diritti anteriori alla sconfitta del 1905 (se la
Cina fosse stata d’accordo), riprendeva Port Arthur e le isole Curili, in Mongolia Esterna si
manteneva lo status quo e le ferrovie della Manciuria sarebbero state amministrate da una
società Cino-sovietica;
il Giappone perdeva anche i territori presi alla Germania nel 1914.
- La sconfitta giapponese, in teoria, restituiva al Kuomintang di Chiang Kay-shek tutti i
territori cinesi anteriori al 1932, tuttavia il problema fu l’azione dell’Urss in Manciuria e la
guerra civile che vedeva contrapposto il partito nazionalista con i comunisti di Mao Tsè-tung.
Il 14 agosto 1945 furono siglati 5 importanti accordi cino-sovietici riguardanti anche la
Manciuria.
Vi era un’alleanza diretta contro il Giappone, l’istituzione di una compagnia russo-cinese per la
ferrovia in Manciuria, l’amministrazione in condominio di Port Arthur con la difesa affidata
all’Urss, la regolazione dei problemi nelle province orientali della Cina occupate dalle forze
sovietiche; scambi di note decisero che la Manciuria e il Sinkiang sarebbero rimasti cinesi,
mentre la sorte della Mongolia Esterna sarebbe stata decisa da un plebiscito.
Tuttavia la situazione in Manciuria non fu semplice: i russi occuparono rapidamente l’intera
Manciuria e fecero prigionieri 600.000 giapponesi, inoltre dichiararono di voler smantellare
tutte le industrie giapponesi nella regione (industrie pesanti che sarebbero andate
pericolosamente in mano cinese) e facilitarono la penetrazione di comunisti cinesi nella
regione, i quali si impadronirono di enormi quantità di armi giapponesi, utili nella loro lotto
contro Chiang Kay-shek.
In Manciuria furono creati dappertutto dei “governi del popolo”, il governo nazionale cinese
reagì penetrando in parte della Manciuria e i russi accettarono per il momento questa
situazione; alla conferenza di Mosca nel dicembre 1945 non si pervenne ad alcun accordo tra
russi ed americani sulla data di evacuazione della Cina.
I russi completarono l’evacuazione della Manciuria nell’aprile 1946, subito dopo si
consolidarono le posizioni: i comunisti cinesi crearono uno Stato autonomo al nord, operando
però anche azioni di disturbo nella Manciuria del sud controllata dalle truppe nazionaliste.
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Ma il conflitto tra le due fazioni si estendeva dappertutto in Cina; gli americani tentarono di
arrivare ad una mediazione e per tutto il ’46 il generale Marshall fu nel Paese per mediare un
accordo tra comunisti e nazionalisti; nondimeno, il governo americano forniva enormi quantità
di materiale bellico a Chiang Kay-shek e questo portò alle proteste dei comunisti e alla rottura
del “cessate il fuoco” che Marshall era riuscito ad ottenere; inoltre i nazionalisti, forti
dell’appoggio americano, non avevano alcuna intenzione di dividere anche una minima parte
del potere con i nazionalisti.
Nel gennaio ’47 Marshall abbandonò la mediazione e la guerra riprese, riportando in
quell’anno le ultime vittorie dei nazionalisti, sempre più impopolari tra la popolazione cinese.

Nascita dei due blocchi: politica di contenimento e piano Marshall.


- Dopo le tensioni del 1946 (situazione in Grecia e Azerbaigian, non mobilitazione sovietica in
Europa orientale, inizio della guerra di Indocina) si accentuò il contrasto tra americani e russi e
si prese in considerazione la possibilità di uno scontro diretto.
Lo scontro divenne evidente durante la formazione dell’amministrazione di Berlino: già nel
1945 vi erano state delle elezioni che avevano visto i comunisti sconfitti, ora si doveva
eleggere il sindaco.
Le elezioni si svolsero nel settembre 1946 e i russi proposero di formare una sorta di “cartello
di sinistra” con l’unione di socialisti e comunisti in un partito operaio, il SED, tuttavia i
socialisti guidati da Wiily Brandt rifiutano e gli spogli danno il 40% dei voti ai socialisti, il 20%
al SED e il 20% ai popolari, il resto a formazioni minori; ai socialisti, dunque, spettava la scelta
se allearsi con i comunisti o i popolari ed essi formarono l’amministrazione con i popolari.
Una volta nominato il sindaco, però, i russi non lo riconoscono nella loro zona e si ha dunque
una prima divisione di Berlino, poiché il sindaco si insedia solo nelle tre zone occidentali.
Questa decisione sovietica può essere spiegata con l’analisi della situazione interna dell’Urss
in quel periodo: dopo la Guerra, i militari acquistarono molto potere per aver salvato lo Stato,
durante la Guerra vi è stato un enorme trauma in tutta la Russia per l’invasione tedesca (loro
ricordano la seconda guerra mondiale come la “Grande Guerra patriottica”) e Stalin si trova a
gestire una situazione molto particolare, in quanto il gruppo dirigente sovietico è messo sotto
accusa per non aver saputo gestire i rapporti con il mondo occidentale.
A questo punto, Stalin decide di tornare alle vecchie concezioni: riconferma il Partito come
unica guida del Paese, organizza un nuovo piano quinquennale come sfida alla rincorsa
all’occidente, lo Zar e la sua eroica difesa contro Napoleone sono presto dimenticati e si
riparla della missione sovietica contro il capitalismo, dopo la chiusura del Komintern da parte
dello stesso Stalin nel ’43.
Tuttavia, per rendere questo progetto possibile, bisognava creare un’aura di ostilità intorno
agli ex alleati, facendo andare l’Urss in rotta di collisione con l’occidente e ponendo fine alle
speranze rooseveltiane di una democratizzazione della Russia dopo il conflitto.
Il 9 febbraio 1946 Stalin pronuncia un discorso in cui dichiara questa svolta nella politica
dell’Unione Sovietica, che coglie l’Inghilterra e gli Stati Uniti di sorpresa, Churchill parla per la
prima volta di un “sipario di ferro” calato in Europa, mentre nell’amministrazione americana si
assiste ad una evoluzione con l’epurazione da parte di Truman degli elementi meno realistici.
La prima fase di questa evoluzione è segnata da una politica più energica e dalla sostituzione
di Byrnes con Marshall, richiamato dalla Cina nel gennaio ‘47; in un discorso alle Camere
riunite in seduta comune, Truman parlò della gravità della situazione internazionale e chiese
di votare un aiuto di 400 milioni di dollari per la Grecia (in cui vi era una guerra civile e
l’Inghilterra aveva dichiarato di non poter mantenere il suo aiuto) e la per la Turchia
(minacciata dai russi per gli Stretti): questi aiuti dovevano essere anche di carattere militare,
al fine di impedire l’instaurazione di regimi totalitari, come era già avvenuto in Polonia,
Romania e Bulgaria.
Inizia in questo modo la cosiddetta “Politica di Contenimento” altrimenti detta “dottrina
Truman”: nell’Europa dell’est gli americani accettarono la supremazia sovietica, ma iniziarono
77
una serie di azioni, soprattutto di aiuto economico, volte a frenare l’avanzata del comunismo
non solo in Europa, ma in ogni parte del Mondo.
Il Congresso votò gli aiuti nell’aprile ’47, un mese dopo il discorso del presidente.
- In concomitanza con la dichiarazione di Truman e della svolta nella politica americana, si
apriva a Mosca, il 10 marzo 1947, la Conferenza dei Ministri degli Esteri; queste riunioni erano
fatte periodicamente dai vincitori alternando la sede nelle capitali dei quattro Stati.
In questa conferenza non vi furono accordi sostanziali e furono palesemente mostrati i
disaccordi probabilmente insanabili tra sovietici ed occidentali: mentre i russi (appoggiati in
questo caso dai francesi) volevano un Germania fortemente decentralizzata, americani ed
inglesi optavano per un governo federale forte che controllasse aspetti importanti della
politica dei Land; inoltre, i russi chiedevano ancora ingenti somme di riparazione che, come
detto, erano prelevate in natura e quindi privavano la Germania di un’industria e riducevano
la produzione, al contrario americani ed inglesi avevano fatto importanti sovvenzioni nelle loro
zone e chiedevano che la produzione tedesca fosse aumentata per divenire autonoma al più
presto.
Molotov protestò contro la bizona creata da inglesi ed americani e alla fine della Conferenza ci
si rese conto tacitamente della concreta possibilità della formazione di due Stati tedeschi.
A Mosca si parlò anche dell’Austria (i russi volevano la cessione della Carinzia alla Jugoslavia
ma fu rifiutata dagli occidentali) e si pose il problema dei beni tedeschi in Austria che
dovevano passare alla Russia a titolo di riparazioni, anche quelli confiscati e acquisiti
illegalmente, secondo i russi, mettendo in questo modo sotto controllo sovietico gran parte
dell’economia austriaca.
In definitiva si può affermare che la Conferenza fu un fallimento e le prime ripercussioni si
ebbero in Francia ed Italia, dove i governi (entrambi nel maggio 1947) decidono di
estromettere i ministri comunisti, schierandosi dunque più nettamente nel “campo
occidentale”.
La nuova politica estera americana si sviluppò in un primo tempo sul fronte economico, con
aiuti economici alle nazioni europee; il 5 giugno 1947 il Segretario di Stato Marshall pronunciò
un importante discorso all’università di Harvard in cui affermò la gravità della situazione
politica ed economica in Europa, facendo capire che bisognava prima aiutare la ricostruzione
e in seguito regolare i debiti. Questi aiuti non dovevano più essere elargiti irregolarmente, ma
con continuità e ai Paesi europei nel loro insieme, quindi la proposta si indirizzava anche
all’Europa orientale.
Innanzitutto, però, il “Piano Marshall” doveva essere preceduto da una cooperazione di tipo
economico e politico tra i Paesi europei, al fine di coordinare i piani nazionali ed evitare
guerre; Francia, Inghilterra e Urss si riunirono a Parigi a fine giugno per discutere il progetto:
Molotov non accettava la cooperazione tra i Paesi europei per l’applicazione del Piano, infatti
questa prevedeva che si rendessero pubblici i bilanci e vi fosse un controllo comune; questo
l’Urss non poteva accettarlo, in quanto essa aveva un enorme bilancio militare segreto in
contrasto con la sua politica estera basata sulla pace ed aveva già elaborato piani economici
per i Paesi dell’est.
Inoltre Molotov non voleva che gli aiuti fossero elargiti a tutti i Paesi europei, bensì solo alle
vittime della Germania, la quale avrebbe dovuto continuare a pagare le riparazioni. La
Conferenza di Parigi, dunque, non ebbe successo e accentuò le differenze, portando i Paesi
comunisti dell’est a schierarsi contro, nonostante essi avrebbero voluto partecipare.
Dal 3 luglio 1947 si aprì la “Seconda conferenza di Parigi” alla quale parteciparono tutti i 16
Stati interessati a partecipare al piano Marshall, in settembre i membri firmarono un rapporto
di assenso che fu inviato negli Stati Uniti, in pratica sottomettendosi allo strapotere
economico americano.
La reazione dell’Urss e dei paesi comunisti fu violenta; essi accusarono gli Usa di
“imperialismo economico” al fine di stabilire un dominio sull’Europa ostile all’Urss e al
comunismo; per contrastare tale disegno fu creato il 22 settembre 1947 il Cominform (“Ufficio
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di informazione comunista”), il quale doveva svolgere il ruolo di organo di collegamento tra i
governi comunisti in Europa, alla prima riunione parteciparono anche i rappresentanti
comunisti di Italia e Francia.
Fu qui che i sovietici parlarono di una divisione tra campo “imperialista” e “anti-imperialista”.
La successiva Conferenza dei Ministri degli Esteri si tenne a Londra tra novembre e dicembre
’47 e fu definita la “Conferenza dell’ultima possibilità”. Essa fu tuttavia un totale fallimento e
fu quella in cui si pose fine ai lavori del Consiglio dei Ministri degli Esteri, turbata soprattutto
dagli scioperi e dall’opposizione dura del Partito comunista francese al piano Marshall.
Molotov adottò un tono violento e rifiutò che la Saar fosse staccata dalla Germania a
vantaggio della Francia, chiese immediatamente la costituzione di un governo centrale
tedesco e ripropose il problema dei beni tedeschi confiscati dall’Urss in Austria.
Alla fine delle discussioni, si capì che il mondo si divideva nettamente in due blocchi ostili.

LA GUERRA FREDDA E I CONFLITTI LOCALIZZATI.

Nascita delle due Repubbliche tedesche e il blocco di Berlino (1948-49).


Dopo il fallimento della “conferenza dell’ultima possibilità”, si comprese l’impossibilità di
stipulare accordi con l’Urss; inglesi, americani e francesi decisero quindi di riunirsi in separata
sede per discutere la situazione tedesca.
Dal febbraio al giugno 1948 si tenne a Londra la “Conferenza tripartita”, nonostante le
proteste sovietiche; fino a marzo si finse di credere che l’Urss avrebbe partecipato, poi il 20
marzo, i russi fecero smettere di funzionare tutti gli organi alleati quadripartiti, ad eccezione
della Kommandatura di Berlino.
La conferenza proseguì per tutto il mese di maggio e i tre alleati si accordarono sullo statuto
delle tre zone occidentali della Germania; gli inglesi non volevano un governo troppo
decentralizzato, mentre i francesi (con l’appoggio di Belgio e Olanda, invitati appositamente
dalla Francia) premevano per aumentare i poteri dei vari Land: si giunse ad un compromesso
e si decise che sarebbe stata convocata un’assemblea costituente per il 1° settembre, nella
quale i parlamentari sarebbero stati nominati tramite suffragio universale ma con un sistema
scelto in modo diverso da ciascuno dei vari Land, non perdendo potere a discapito del
governo centrale.
Alla conferenza la Francia non ottenne alcun successo politico, in quanto dovette
abbandonare il progetto di internazionalizzazione della Ruhr e fu creato solo un organo di
controllo (Autorità internazionale della Ruhr, composta da 7 membri, tra cui un tedesco) che
comprendeva il Benelux e i vincitori, valido fino al trattato di pace.
Già durante i negoziati, i sovietici accolsero con preoccupazione la nuova politica occidentale;
il maresciallo Sokolovsky, dopo aver interrotto il lavoro degli organi quadripartiti, decise di
chiudere anche la Kommandatura e di controllare militarmente tutte le comunicazioni tra
Berlino e la Germania occidentale, con lo scopo di controllare completamente la capitale
tedesca.
Accordi del 1945 avevano stabilito che gli occidentali avessero delle vie aeree e terrestri per
raggiungere Berlino dalle loro zone, tuttavia il transito terrestre fu bloccato nel mese di
giugno.
Per porre fine al blocco, i russi proponevano uno scambio di territori e l’adozione ad ovest del
marco orientale (dopo l’adozione occidentale del “deutsche mark”); l’amministrazione
americana, forte dell’arma atomica, non accettava alcun compromesso, tuttavia Truman,
appoggiato da Francia ed Inghilterra, non voleva una nuova guerra totale.
Si decise, dunque, di accettare la prova di forza sovietica e fu organizzato un gigantesco
ponte aereo dalla zona occidentale verso Berlino, con aerei che partivano ogni 3 minuti carichi
di ogni bene necessario e che dovevano atterrare in un angusto aereoporto al centro della
città;
nonostante le enormi difficoltà tecniche, l’operazione riuscì perfettamente.
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Durante il blocco vi furono aspre contese in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU e si iniziò a
parlare di “guerra fredda” tra i due blocchi contrapposti; l’Urss opponeva sempre il veto e non
si giunse ad alcuna conclusione.
Nonostante la crisi di Berlino, si decise di proseguire sulla strada dell’unità tedesca
occidentale decisa a Londra: nel luglio ’48 i tre comandanti in capo occidentali e i presidenti
dei Lander delle tre zone si incontrarono a Francoforte, stabilendo la sede del “Consiglio
parlamentare” che avrebbe elaborato la Costituzione nella piccola cittadina di Bonn.
Come deciso, i lavori iniziarono il 1°settembre sotto il controllo alleato, mentre inglesi,
americani e francesi si riunivano a Washington per elaborare la nuova forma di occupazione
della Germania.
L’8 aprile 1949 furono firmati importanti accordi circa le funzioni del nuovo governo tedesco
compatibili con l’occupazione alleata: i governi alleati conservavano l’autorità suprema e
potevano modificare le decisioni legislative e amministrative prese dalle autorità tedesche; in
molte materie importanti gli Alleati potevano agire da soli (disarmo, controlli sulla Ruhr,
riparazioni, decentramento, affari esteri e commercio, cambi e rispetto della Costituzione
federale).
A parte queste materie, le autorità tedesche avevano tutti i poteri, con decisioni valide se non
incontravano il veto degli Alleati; le funzioni civili sarebbero state assegnate agli “Alti
commissari” e quelle militari ai tre “Comandanti in capo”, essi avrebbero costituito la “Alta
Commissione Alleata”, in contatto permanente con il governo tedesco (tra i membri vi era
Francois-Poncet).
Nel febbraio ’49 si conclusero i lavori del “Consiglio parlamentare” ma il testo fu rifiutato dagli
Alleati e solo in maggio si ebbe una Costituzione, la “Legge fondamentale di Bonn”:
essa prevedeva una federazione di 11 Lander, ognuno avente una propria Costituzione.
Le elezioni ebbero luogo il 14 agosto 1949; il liberale Heuss fu eletto presidente della neonata
Repubblica Federale Tedesca, Konrad Adenauer fu eletto cancelliere.
Formalmente, nel settembre 1949, la Germania esisteva di nuovo come potenza politica
autonoma.
La limitazione di sovranità più importante per i tedeschi fu quella sulla programmazione
economica; essi non possono decidere autonomamente quando, come e dove ricostruire
(contrasto franco-americano su questo punto) e Adenauer protestò che in queste condizioni lo
Stato tedesco non poteva essere vitale.
Nonostante ciò, il Cancelliere firmò il 22 novembre gli “Accordi del Petersberg” (la collinetta
vicino Bonn dove si era insediata l’Alta Commissione Alleata), con i quali la Germania si
impegnava alla smilitarizzare il territorio in cambio della sospensione dello smantellamento di
alcune fabbriche.

- l’Urss reagì immediatamente riunendo a Berlino est un “Consiglio del popolo tedesco”, il
quale proclamò la creazione di una “Repubblica democratica tedesca” il 7 ottobre 1949.
La nuova repubblica ottenne in apparenza maggiori poteri di quella federale
(l’amministrazione militare sovietica fu sciolta e i tedeschi ebbero la direzione dei propri affari
esteri), tuttavia essa aveva di fatto le stesse limitazioni dei Paesi dell’Europa orientale.
Tuttavia i sovietici, constatando il successo del ponte aereo di rifornimento a Berlino e la
fermezza occidentale, decisero di intraprendere delle trattative con gli occidentali sulla
situazione tedesca:
a Parigi si riunì ancora una volta il Consiglio dei Ministri degli Esteri nel maggio-giugno 1949;
gli occidentali proposero ai sovietici la partecipazione al nuovo Stato tedesco che stava
nascendo nelle tre zone unificate, i russi risposero con la votazione da parte del “Congresso
del popolo tedesco” a Berlino est di una costituzione di stampo centralista per la zona russa,
facendo fallire il tentativo.
Su proposta del Segretario di Stato americano Acheson, si tentò allora di contrattare
un’unificazione di Berlino, ma Molotov respinse delle nuove elezioni municipali comuni e il
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ripristino della Kommandatura; il russo fece solo una spettacolare proposta di tipo
propagandistico per acquistare le simpatie del bistrattato popolo tedesco (elaborare in tre
mesi progetti di Costituzione per uno Stato tedesco comune e ritiro delle truppe un anno
dopo) che, come fece notare Bevin, era impossibili realizzare se persistevano tante
divergenze.
Per l’Austria, i russi abbandonarono l’appoggio alle rivendicazioni jugoslave sulla Carinzia;
la Conferenza, dunque, fu un ennesimo insuccesso diplomatico, tuttavia i russi decisero di
togliere il blocco, cosa che avvenne nel giugno 1949, ottenendo solo piccole rettifiche sui
nuovi accordi che stabilivano i corridoi aerei e terrestri occidentali.

La questione della Saar, il Consiglio d’Europa, la politica tedesca e la CECA.


Per quanto riguarda la Francia, vi furono nuovi scioperi semi-insurrezionali comunisti nel 1948
che si conclusero con un fallimento; i Paesi dell’est soppressero le istituzioni culturali e gli
interessi economici francesi sul loro territorio, ciò portò la Francia a concentrare la politica
estera sulla questione della Saar.
Dopo l’istituzione del cordone doganale nel dicembre ‘46, nel giugno ’47 si ebbe una riforma
monetaria con l’introduzione di un marco sarrese, in attesa dell’insediamento del franco; in
settembre fu elaborata una Costituzione che proclamava la separazione politica dalla
Germania e l’unione economica con la Francia, essa fu convalidata un mese dopo dalle
elezioni che videro il 91% dei votanti appoggiare i partiti che accettavano l’unione economica.
Nel gennaio ’48 la Francia riconobbe l’autonomia della Saar e fu siglato un accordo con gli
alleati che attribuiva all’economia francese tutto il carbone della zona; lo statuto autonomo
era però limitato dal fatto che il commissario francese vistava le leggi e dava il consenso alla
nomina degli alti funzionari.
Durante il ’49 i governi francese e sarrese decisero di stipulare degli accordi che non
avrebbero modificato drasticamente la situazione esistente (assicurazione alleata ad
Adenauer): nel gennaio 1950 furono firmate alcune convenzioni tra i due governi.
I francesi autolimitavano il potere di veto legislativo del loro commissario a quelle misure che
potevano compromettere l’unione monetaria e doganale; in cambio i transalpini ottennero
vantaggi sull’economia sarrese (convenzioni sulle ferrovie e sulle miniere) e la possibilità dello
stabilimento facilitato di cittadini francesi nella regione, più altre assicurazioni.
Queste convenzioni, quindi, rafforzavano i legami tra la Francia e la Saar senza modificarli,
tuttavia Adenauer protestò energicamente e proponeva un’autorità internazionale sulla
regione fino ad un ennesimo plebiscito; la questione della Saar fu sempre posta dai tedeschi e
i francesi cercarono di non invelenirla per non guastare i rapporti tra i due Paesi.
Nel maggio 1951 i francesi vietarono l’attività del “partito democratico sarrese”, favorevole al
ricongiungimento con la Germania, provocando le minacce di Adenauer di sottoporre il caso al
Consiglio d’Europa; nel marzo 1952 la questione fu sanata con un accordo sulla creazione di
una commissione tripartita per il controllo di libere elezioni.
Ma la commissione non fu creata e si mantenne l’interdizione dei partiti filo-tedeschi, cosicché
alle elezioni del 30 novembre 1952 il partito del governo filo-francese di Hoffmann ottenne un
trionfo.

- Dopo il 1947 esistevano numerosi movimenti per la creazione di una federazione dei popoli
d’Europa, incitata soprattutto dagli Stati Uniti che volevano ottenere questo obiettivo politico
affiancandolo all’azione militare (con la creazione del futuro Patto Atlantico) e all’azione
economica del piano Marshall; furono gli americani ad imporre ai tedeschi l’accettazione di
una futura Unione Europea, anche per placare i timori della Francia e convincerla agli accordi
di Londra.
Poiché gli europei non erano molto pronti ad accettare l’Unione, gli americani incastrarono il
problema dell’unificazione dello stato tedesco con la federazione europea, abbattendo le forti

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resistenze che si sviluppavano negli Stati, timorosi della perdita della sovranità nazionale
(soprattutto per quanto riguarda l’Inghilterra).
Nel maggio 1948 i movimenti europeisti tennero un congresso all’Aja, in cui si espresse la
volontà di creare un’Unione Europea; in seguito, su iniziativa del Ministro degli Esteri francese
Bidault e poi di Bevin (che lo sostituì al Quai d’Orsai per il fallimento nella conferenza di
Londra nella creazione di uno Stato tedesco unificato), fu istituito un “Comitato permanente
per lo studio e lo sviluppo della federazione europea” comprendente membri di Francia,
Inghilterra e Benelux.
Alla interno di questo comitato vi furono contrasti tra la Francia, che voleva un’Assemblea
rappresentativa, e l’Inghilterra, che temeva la perdita della sovranità nazionale e voleva la
creazione di un semplice “Comitato dei Ministri”; per questi contrasti, il Comitato fu sciolto e
Bevin preferì che una soluzione di compromesso fosse trovata dai soli Ministri degli Esteri.
Nel gennaio 1949 questi si accordarono sulla creazione di un “Consiglio d’Europa” composto
da due organi: un “Comitato di Ministri” con sedute private e una “Assemblea consultiva
europea” con sedute pubbliche ma con compiti limitati (ordine del giorno fissato dai Ministri,
nessuna competenza in materia militare ed economica).
L’Italia fu immediatamente invitata grazie anche all’azione europeista svolta da De Gasperi.
Lo statuto del “Consiglio d’Europa” fu firmato il 5 maggio 1949 da 10 Paesi: Italia, Francia,
Inghilterra (18 seggi), Belgio, Olanda e Svezia (6), Danimarca, Irlanda e Norvegia (4) e Lux.
(3).
Nella prima sessione furono invitate a partecipare Grecia, Turchia e Germania occidentale,
contrasti franco-tedesco vi furono sulla delegazione della Saar.
Nell’agosto ’49 Churchill propose di invitare la neo costituita Germania ovest al Consiglio
d’Europa ma vi era, appunto, il problema della Saar, poiché la Francia aveva presentato la sua
candidatura e i tedeschi volevano invece una delegazione unitaria tedesco-sarrese; un
Comitato studiò la questione e decise, nell’aprile 1950, di formare due delegazioni che però
non avrebbero fatto parte del Consiglio dei Ministri, riconoscendo de facto una Saar
autonoma.
Adenauer ebbe dagli Alleati l’assicurazione che la questione della Saar non sarebbe mutata
sino al trattato di pace e accettò di far entrare la Germania nel Consiglio d’Europa con 18
seggi; nel maggio 1951 la Germania è ammessa come “membro partecipante” e può
accedere al Consiglio dei Ministri.
Il ruolo del Consiglio d’Europa si ridusse drasticamente a partire dal 1950, sia perchè la Gran
Bretagna si opponeva energicamente a qualunque rinuncia della sovranità nazionale e sia per
lo scarso potere che il Consiglio dei Ministri lasciava all’Assemblea consultiva; lo sforzo di
creare un’Europa unita si avrà senza l’Inghilterra con i piani Shuman e Pleven.

- Dopo l’ammissione al Consiglio d’Europa, la Germania ottenne diritti più estesi per la
gestione della propria politica; gli accordi di Londra del maggio 1950 fra i ministri degli Esteri
di Francia, Gran Bretagna e Usa annunciarono l’allentamento dei controlli e la ricostituzione di
un Ministero degli Esteri alla cui guida andò lo stesso Adenauer, ricostituendo relazioni
diplomatiche con tutti i Paesi. Lo scopo degli Alleati era quello di riunificare la Germania e
ricongiungerla all’Europa.
Queste misure, tuttavia, su pressione francese, dovevano essere adottate dopo la ratifica e la
partecipazione da parte tedesca al progetto di “esercito europeo”.
Prima della Saar, il problema più sentito dai tedeschi era certamente quello dell’unità; gli
occidentali non erano contrari ad un unificazione e nel periodo che va dal settembre 1950 al
dicembre 1951 vi furono delle trattative tra Adenauer e il presidente della DDR Grotewohl per
l’organizzazione di libere elezioni nei due Stati che, come riteneva Adenauer, solo avrebbero
potuto portare i tedeschi all’unità; i sovietici erano preoccupati soprattutto per la realizzazione
di un esercito europeo al quale avrebbero partecipato anche contingenti tedeschi e

82
accettavano il principio unitario solo se la Germania avesse mantenuto una certa neutralità
tra i due blocchi.
Raggiunto l’accordo sulle elezioni, vi furono contrasti in novembre poiché Grotewohl non
accettava il controllo da parte delle Nazioni Unite ma voleva un’azione delle sole quattro
potenze vincitrici; la commissione fu egualmente creata dall’ONU ma nel marzo 1952 la
Russia fece una dichiarazione a sorpresa, accettando la riunione di una conferenza a quattro
sulla Germania per la formazione di un trattato di pace e la creazione di un esercito tedesco.
Il tema più caldo della conferenza sarebbe stato sicuramente il contrasto sulla delimitazione
delle frontiere ad est della Germania, considerate definitive con degli accordi della Germania
est con Polonia e Cecoslovacchia nel giugno 1950, osteggiati dalla Germania di Bonn con
molte proteste.

- Il problema della dipendenza economica della Germania e della formazione di


un’organizzazione unita a livello europeo che mantenesse la pace (voluta dagli Usa e
osteggiata dagli inglesi), furono correlati e risolti parzialmente con il “Piano Schuman”, il
quale presentò un memorandum nel maggio 1950.
Si ritiene che il progetto sia stato ispirato da Jean Monnet, un francese arricchitosi in America,
o sia stato concepito direttamente da Adenauer e dal suo collaboratore per le finanze Edgar; il
progetto prevedeva una “solidarietà di fatto” tra i Paesi che vi avessero aderito, con la messa
in comune della produzione di carbone e acciaio tedesco e francese, rendendo impossibili le
guerre e sotto il controllo di un’alta autorità comune; il carbone e l’acciaio erano allora due
prodotti simbolo perché necessari alla guerra, colpivano la fantasia e facevano pensare
davvero ad un’unione.
D’altra parte, il Piano Schuman prevedeva che la Germania fosse su un piano di parità rispetto
agli altri Stati aderenti, quindi avrebbe recuperato la sua libertà di programmazione
economica.
Gli inglesi non aderirono al progetto poiché esso limitava la sovranità nazionale, i francesi
furono titubanti ma accettarono, così come l’Italia e i Paesi del Benelux; il 18 aprile 1951 fu
firmato il trattato costitutivo della “Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio” (CECA).
Questo trattato è molto importante per la storia dell’Europa, in quanto è il primo che lega gli
Stati membri e ne sottrae la sovranità su alcune questioni (questo non succederà più sino a
Maastricht), i tedeschi tornarono ad essere padroni della loro economia e da allora iniziò la
lotta tra Francia e Germania sull’assegnazione di posti chiave nelle organizzazioni
comunitarie.
La CECA si componeva di una “Alta autorità” composta da nove membri che prendeva le
decisioni, un “Consiglio dei ministri” con un membro per ogni stato partecipante che
coordinava il lavoro dell’Alta Autorità con i governi nazionali, un “Assemblea della Comunità”
composta dallo stesso numero di membri che le nazioni avevano nel Consiglio d’Europa con il
compito di controllare e nel caso revocare l’Alta Autorità e una “Corte di giustizia”
comprendente sette giudici.

Progetto di Esercito Europeo, Alleanza Atlantica e Comunità Europea di Difesa (CED).


La sconfitta della Germania e l’atteggiamento ostile dell’Urss spinse l’Inghilterra e la Francia a
ricercare un nuovo sistema di alleanze; all’inizio del ’48 Francia ed Inghilterra invitarono i
Paesi del Benelux a firmare un patto di natura politica: essi accettarono a patto che l’accordo
fosse completato con degli impegni militari. Francia e Inghilterra accettarono.
Il 17 marzo 1948 fu firmato a Bruxelles il “Patto di Bruxelles”, patto politico, di cooperazione
economica e di assistenza militare automatica in caso di aggressione in qualsiasi parte del
mondo.
A questo punto iniziarono contatti con l’amministrazione americana per estendere l’accordo;
la cosa fu facilitata grazie all’accettazione in giugno da parte del Senato americano della
“Risoluzione Vandenberg”, che autorizzava il governo a concludere alleanze in tempo di pace
83
al di fuori del continente americano, rivoluzionando in tal modo la politica estera degli Stati
Uniti.
Dopo l’adesione al progetto da parte del Canada, il via libera fu dato dalla riconferma a
sorpresa di Truman a novembre nelle elezioni americane; nel dicembre 1948 iniziarono i
negoziati a Washington con lo scopo di coinvolgere anche la Norvegia, dopo il fallimento di un
analogo progetto dei Paesi scandinavi (per la Svezia che non voleva abbandonare la
neutralità) e il tentativo fatto ai norvegesi dall’Urss per la firma di un trattato di non
aggressione.
Nel marzo 1949 i firmatari del Patto di Bruxelles, gli Stati Uniti e il Canada invitarono
Norvegia, Danimarca, Islanda, Portogallo ed Italia ad aderire al Patto; il testo fu pubblicato
prima della firma per farlo conoscere all’opinione pubblica dei vari Paesi.
Il Patto prevedeva che, in caso di “minaccia” (per definire la minaccia è sufficiente che uno
Stato dichiari che esiste) ci sarebbe stata una consultazione tra gli Alleati, in caso di
“aggressione” l’assistenza militare non sarebbe stata affatto automatica, ma ogni Stato
sarebbe stato libero di decidere o no se avrebbe fatto la guerra; si sarebbe creato un
“Consiglio” in grado di riunirsi rapidamente e un “Comitato di difesa”, inoltre l’ammissione di
un’altra potenza sarebbe avvenuta solo con l’accordo unanime di tutti i membri.
L’Urss si oppose con vigore al Patto Atlantico e negli Stati comunisti furono condotte
campagne contro il Patto e in favore della pace; in un memorandum l’Urss affermava che il
Patto era aggressivo e diretto contro l’Unione Sovietica, in contraddizione con la Carta
dell’ONU e con i trattati di amicizia anglo-russo e franco-russo, nonché con tutti gli accordi
firmati dagli Alleati a Yalta, Potsdam ed altrove.
Gli Alleati risposero che il Patto era palesemente di natura difensiva e non diretto contro
alcuna nazione, bensì contro una qualsiasi aggressione; dopo la risposta, vi fu la firma a
Washington il 4 aprile 1949, il Patto Atlantico entrò in vigore il 24 agosto e l’organizzazione fu
chiamata NATO.
Dopo due giorni i firmatari chiesero un aiuto economico di tipo militare agli Stati Uniti; questi
aiuti furono approvati dal Congresso il 14 ottobre, spinti dalla scoperta di un esplosione
atomica in Russia avvenuta a metà settembre; questi aiuti interessarono il Canada e i Paesi
del sud America, i paesi minacciati secondo la “dottrina Truman” (Turchia, Grecia, Filippine,
Corea e Iran) e soprattutto i firmatari europei, beneficiari dell’80% degli aiuti, integrati con il
Piano Marshall di risollevamento economico dell’Europa.
Il campo di azione del Patto comprendeva l’Atlantico (tranne le colonie) e anche la difesa delle
truppe di occupazione in Europa (art. 6) che erano stanziate nella Germania occidentale e a
Berlino ovest, in Austria e nelle zone alleate di Vienna e “nella zona A” di Trieste; questo
significava, almeno per gli americani, la difesa anche della Germania. Mentre gli inglesi
chiedevano una difesa sul Reno, i francesi non volevano il confine alle porte di casa e
accettarono il punto di vista americano, cosa che comportava anche l’integrazione di truppe
tedesche nella difesa comune.
La creazione degli organi politici dell’Alleanza Atlantica fu più complessa e durò circa un anno,
dal maggio del ’50 al maggio ’51: il Consiglio dei dodici ministri degli Esteri si riunì a Londra in
maggio e poi a Bruxelles in dicembre, in queste due riunioni furono creati il “Consiglio
Permanente” (organo esecutivo assistito da esperti con i dodici supplenti dei ministri) e tre
comitati (di difesa economica e finanziaria, di Difesa e militare con ognuno i dodici ministri
competenti) che poi furono inglobati tutti nel “Consiglio Permanente” nella conferenza di
Londra del maggio 1951.
Nella seconda conferenza a Bruxelles nel 1950 fu deciso che il generale americano
Eisenhower, il liberatore d’Europa che aveva ancora un immenso prestigio sul continente,
sarebbe stato il comandante supremo in Europa con un quartier generale vicino Versailles (lo
SHAPE) in contatto diretto con lo “Standing group”, un gruppo strategico permanente con
rappresentanti di Usa, Inghilterra e Francia, imponendo in modo positivo la sua personalità.
Fu deciso che tutti gli organi politici del Patto Atlantico sarebbero stati insediati a Parigi.
84
- L’ultimo problema riguardava l’allargamento del Patto alla Germania, alla Grecia e alla
Turchia:
l’ammissione di Grecia e Turchia fu caldeggiata soprattutto dagli Usa e dall’Italia e prevalse
sulla opposizione di Norvegia e Portogallo, cosicchè i due Paesi furono invitati alla Conferenza
di Lisbona che si tenne nel febbraio 1952.

- Una volta accettata una linea difensiva sull’Elba, gli americani e Churchill erano favorevoli
ad un riarmo della Germania sotto il controllo della NATO, anche per il timore della nascita di
una potente polizia in Germania orientale che faceva tornare lo spauracchio della Corea, la
Francia e il governo laburista inglese si opponevano; la guerra in Corea spinse gli americani a
chiedere ufficialmente alla NATO il riarmo della Germania nel settembre 1950 e la sua
inclusione nel Patto. La Francia pose il suo veto all’entrata della Germania e rifiutò
nettamente l’idea del riarmo.
In ottobre i francesi proposero il “Piano Pleven” che prevedeva l’inglobazione di piccole unità
militari tedesche in un “esercito europeo”, senza che la Germania avesse un esercito proprio;
gli Usa si dissero d’accordo sotto la spinta di Eisenhower così come l’Italia, l’Inghilterra rifiutò
e iniziarono i negoziati che si protrassero con mille difficoltà senza aver stabilito nulla di
preciso.
In novembre fu lo stesso Eisenhower a farsi portavoce del progetto (i Paesi del Benelux non
volevano abbandonare la sovranità sui loro eserciti nazionali) e solo il 27 gennaio 1952 si
giunse finalmente ad un accordo, con l’adesione anche del Parlamento tedesco; tuttavia
Adenauer disse che era necessario includere la Germania nella NATO e ripresentò il problema
della Saar, rendendo più complicato il raggiungimento di un accordo sul tema, anche in
Francia si registrava una dura opposizione da parte dei comunisti (allora il partito più forte) e
dei gollisti che non volevano una così grande cessione di sovranità.
I Tedeschi, inoltre, ponevano la condizione che la Germania tornasse padrona della sua
politica estera e di difesa; in questo modo essi cercavano di ottenere l’autonomia completa
sfruttando il progetto europeista, dopo aver ottenuto quella economica con l’istituzione della
CECA.
Nella riunione del Consiglio Atlantico che nominò Eisenhover del dicembre ’50 si vide come i
contrasti erano forti e il Piano Pleven fu abbandonato, anche se i negoziati continuarono.
- I francesi si fecero allora promotori di un nuovo progetto elaborato già durante il 1951, la
Comunità Europea di Difesa (CED) che avrebbe incluso i firmatari del Piano Shumann; su
proposta di De Gasperi fu accettata l’idea di un Parlamento comune ai 6 membri che avrebbe
controllato l’operato di un ministro comune per gli affari della difesa (organizzazione mutuata
dall’Impero Austro-Ungarico).
Il Trattato Istitutivo della CED fu firmato a Parigi il 27 maggio 1952; subito si posero i problemi
riguardanti la ratifica da parte dei parlamenti nazionali, anche perché il giorno prima Francia,
Usa e Inghilterra avevano firmato un trattato che restituiva alla Germania l’eguaglianza dei
diritti con la cessazione dell’occupazione ma la sua entrata in vigore era subordinata alla
ratifica della CED.
Ovviamente il Trattato fu subito ratificato dalla Germania e dopo anche dal Benelux, l’Italia
decise di aspettare le decisioni della Francia; molte personalità francesi erano contrarie (il
presidente Auriol, De Gaulle, Herriot) secondo il motto “la difesa non si delega a nessuno” che
sopravvisse anche a De Gaulle in tutti i presidenti francesi del futuro, anche di sinistra.
Il Presidente Eisenhower (eletto tra i repubblicani con le elezioni del novembre 1952) aveva
fatto accettare agli Usa riottosi il Piano Pleven, con il fallimento di quest’ultimo la riuscita della
CED divenne quasi un’ossessione; i francesi chiesero nel ’53 – ’54 dei “protocolli addizionali”
che comprendevano lo stanziamento di truppe fisse americane e britanniche in Europa, la non
presenza di truppe tedesche in Germania e la non ingerenza del trattato in questioni vitale di
sicurezza nazionale per i primi 8 anni.

85
Queste garanzie non furono concesse in pieno e nell’agosto 1954 il CED fu bocciato dal
parlamento.
- Dopo questa decisione gli americani sembrarono irrigidirsi verso la Francia e cercare accordi
diretti con Londra e Bonn; questa soluzione non fu però ben vista dagli inglesi che proposero
invece l’inclusione della Gran Bretagna in una nuova organizzazione che avesse meno autorità
sovranazionale della CED e che includesse anche il Canada e gli Usa con il compito di fissare
gli armamenti consentiti a ciascun Paese aderente.
Si ebbero così le Conferenze di Londra (fine settembre ’54 e Parigi (fine ottobre ’54) dove
furono prese importanti decisioni: la Germania riotteneva un proprio autonomo Stato
Maggiore e un suo esercito, poteva aderire al Patto Atlantico con una limitazione delle forze
che vi avrebbero partecipato e l’impossibilità di fabbricare alcune armi (atomiche, chimiche,
batteriologiche, aerei da bombardamento, grandi navi da guerra) e otteneva al più presto la
fine dell’occupazione e il ripristino dei suoi diritti, la Francia otteneva il mantenimento delle
truppe britanniche sul continente, inoltre Germania e Italia furono ammesse nel “Patto di
Bruxelles”, che prendeva ora il nome di “Unione dell’Europa occidentale” in sostituzione della
CED.

Le relazioni interamericane e il blocco sovietico.


La Guerra rafforzò i legami tra gli Usa e le repubbliche americane; dopo Pearl Harbor le
repubbliche del centro America dichiararono guerra all’Asse, il Brasile inviò anche un corpo di
spedizione in Europa, il Cile e l’Argentina si limitarono a non considerare gli Usa Paese
belligerante e mantennero rapporti normali con esso, il Messico fornì lavoratori agli Stati Uniti.
Dopo la conferenza interamericana di Lima del 1938, si ebbe quella di Città del Messico nel
febbraio marzo 1945, la prima che non faceva parte di quelle straordinarie fatte in tempo di
guerra; l’Argentina non fu invitata in ragione del suo governo di matrice fascista e il risultato
essenziale della conferenza fu la firma de “l’Atto di Chapultepec” il quale prevedeva che ogni
attacco fatto ad uno degli Stati americani equivaleva ad un atto di aggressione contro tutti gli
Stati americani, comportando la consultazione immediata e, nel caso, l’uso di provvedimenti
adeguati, dalla rottura delle relazioni diplomatiche all’uso della forza armata.
Questo principio fu meglio specificato alla conferenza di Rio de Janeiro (agosto-settembre
1947), con un accordo più durevole noto con il nome di “Patto di Rio” e uguale a quello di
Chapultepec, a questa conferenza non partecipò il Nicaragua, dove si era appena verificato un
colpo di Stato.
Alla conferenza di Bogotà che si riunì nel marzo-aprile 1948 (con la tensione di una pseudo
insurrezione comunista in Colombia) si giunse a siglare una “Carta dell’Organizzazione degli
Stati Americani” che faceva dell’Unione Panamericana un’organizzazione regionale nel quadro
dell’ONU;
essa prevedeva un sistema di risoluzione pacifica delle controversie negli Stati americani e si
proponeva di organizzazrne la cooperazione, creava un “Consiglio” con sedute permanenti
che risolveva le questioni pendenti e delle “Conferenze interamericane” con riunioni ogni 5
anni.
- Nonostante queste conferenze e questi accordi, nel dopoguerra vi fu un raffreddamento tra i
Paesi latino-americani e gli Stati Uniti: innanzitutto vi era una forte delusione a causa del
Piano Marshall, che destinava consistenti aiuti in Europa e non in sud America poi, nel
dicembre 1947 il Parlamento di Panama rifiutò di ratificare un accordo per il mantenimento di
alcune basi militari statunitensi sul suo territorio; applicando correttamente la politica del
“buon vicinato”, gli Usa evacuarono immediatamente tutte le basi, ma l’opinione pubblica fu
colpita dal rifiuto panamense.
Il contrasto più importante fu sicuramente quello che vide opposti Usa e Argentina: la
presenza di numerosi immigrati tedeschi in questo Paese durante la guerra portò alla nascita

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di organizzazioni naziste e all’investimento massiccio di capitali tedeschi, tanto che alla
conferenza di Rio del 1942 l’Argentina rifiutò di rompere le relazioni con l’Asse.
Durante la guerra si ebbe un colpo di Stato e in seguito, con il governo di Farrel e Peròn alla
guerra, si ebbe un riavvicinamento alla Germania; solo nel marzo ’45 l’Argentina dichiarò
guerra all’Asse, solo per poter partecipare all’ONU, cosa che avvenne nonostante la forte
opposizione sovietica.
Nel dopoguerra gli Usa attaccarono fortemente il governo argentino e nel ’46 fu pubblicato un
memorandum con lo scopo di rendere impopolare il colonnello Peròn, ormai dittatore di fatto
con metodi fascisti; nonostante ciò Peròn riuscì a farsi eleggere Presidente della Repubblica
con una campagna di stampo populista e subito dopo l’elezione egli fece mostra di avvicinarsi
all’Urss riprendendo le relazioni diplomatiche rotte dal 1917, tuttavia parlò del “pericolo
comunista” e cercò più che altro di costituire una “terza posizione” basata sul blocco latino.
Al tempo della crisi di Berlino, l’ambasciatore argentino all’ONU Bramuglia tentò senza
successo una mediazione tra i due blocchi; Peròn si avvicinò alla Spagna franchista con
accordi economici.
Altro problema riguardava i possedimenti del colonialismo europeo che ancora persistevano
sul suolo americano, e durante il 1948 si ebbero delle rivendicazioni contro l’Inghilterra sulle
Falkland da parte dell’Argentina e del Guatemala sull’Honduras: gli inglesi reagirono inviando
un incrociatore in quelle zone; nel marzo 1949 si riunì anche una conferenza panamericana
all’Avana per esaminare la questione dei possedimenti inglesi, francesi e olandesi in America,
ma essa ebbe un seguito e dei risultati estremamente modesti.
Le isole dei Caraibi vedevano sicuramente la maggior presenza europea sul continente e nel
1942 inglesi e americani (dopo la guerra anche francesi e olandesi) formarono un
“Commissione dei Caraibi” che promosse una conferenza nell’aprile ’46, la quale esaminò
prevalentemente i problemi economici e sociali della regione più che quelli politici.

Il blocco sovietico e la nascita della Cina comunista.


Nel 1948 l’Urss stabilì sull’Europa orientale una vera e propria zona di influenza; questi Paesi
erano legati ai russi da trattati di carattere politico siglati all’epoca della guerra e per la
presenza di regimi comunisti devoti a Mosca a capo dei governi.
Il primo di questi trattati fu quello ceco-sovietico del dicembre 1943, il quale prevedeva
assistenza contro un’aggressione tedesca e degli ex satelliti della Germania, i firmatari non
partecipavano a nessuna alleanza diretta contro di loro e vi era una collaborazione economica
e culturale.
Questi trattati furono siglati tra l’Urss e Polonia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Jugoslavia e
Albania, tra questi Stati tra loro in una forma molto simile e tra la Jugoslavia di Tito e gli altri
Stati, sulla base della formazione di un’unione doganale all’interno di una “federazione
balcanica”; queste alleanze politiche furono rafforzate sul piano militare da diverse misure (un
maresciallo russo a capo dell’esercito polacco).
Tuttavia la forza dell’Urss nell’est fu l’instaurazione delle cosiddette “democrazie popolari”,
cioè un governo con la dittatura del proletariato per sconfiggere la lotta di classe e passare in
seguito alla fase del socialismo che l’Urss aveva iniziato nel 1936; questi regimi furono
insediati in diversi modi:
in Albania e Jugoslavia furono le forze di sinistra a liberare il Paese e la guerra contro l’Asse fu
una guerra civile contro gli oppositori di destra, in Polonia abbiamo visto come i russi
insediarono il governo di Lublino, in Romania, Bulgaria e Ungheria i partiti comunisti erano
quasi inesistenti e i regimi furono installati dall’Armata Rossa con la forza con il volto di leader
emigrati.
Vi era un rituale che prevedeva l’instaurazione di un governo di coalizione autentico per un
breve periodo (in Cecoslovacchia fino al 1948), poi si formava un governo di coalizione
apparente dove i comunisti avevano i pieni poteri fino a giungere ad un governo puramente

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comunista (autunno 1947 in Romania e Bulgaria, febbraio 1948 in Cecoslovacchia e marzo
1948 in Ungheria).
Un caso particolare fu la Cecoslovacchia, dove il leader comunista Gottwald ottenne il 38% dei
voti in un’elezione libera nel 1946; il governo di coalizione si mantenne fino al 25 febbraio
1948, data del “Colpo di Praga”, quando fu costituito un governo interamente comunista
obbligando il vecchio e malato presidente Benes a cedere, molto probabilmente il colpo di
Stato si ebbe sotto ordine e protezione dei sovietici.
- in alcuni casi l’Urss subì delle delusioni, con la Jugoslavia di Tito, con la Grecia e la Finlandia.
Tito non accettava una sottomissione completa alla Russia di Stalin, egli poteva resistere
poiché il suo potere derivava da una vittoria contro i nazi-fascisti e non era stato insediato da
Mosca, inoltre il Maresciallo poteva contare sull’appoggio dei molti nazionalisti ostili all’Unione
Sovietica che vi erano in Jugoslavia.
Nel giugno 1948 gli jugoslavi si rifiutano di partecipare ad un incontro del Cominform e a
quella stessa riunione vi fu un primo richiamo ai dirigenti comunisti jugoslavi da parte di tutti i
Paesi, poi si ebbero attacchi diretti da parte di Romania e Albania, in novembre iniziarono
attacchi contro Stalin su giornali jugoslavi e tutte le democrazie popolari decisero di ridurre il
commercio con gli jugoslavi fino ad arrivare ad una sorta di blocco nel giugno 1949; Tito
decise allora di firmare un accordo commerciale con l’Inghilterra e annunciò di voler
riprendere le relazioni commerciali con l’Italia.
Questo portò alla rottura definitiva con l’Unione Sovietica, arrivando alla rottura del patto di
amicizia nell’aprile 1945, mentre si moltiplicavano gli incidenti di frontiera, tanto che gli
occidentali decisero di appoggiare la Jugoslavia fornendole armi per resistere ad un eventuale
attacco.
Un altro insuccesso della politica sovietica fu la fine della guerra civile in Grecia, che vide la
vittoria dei governativi (grazie anche agli aiuti occidentali in applicazione della “dottrina
Truman”) nell’ottobre 1949; l’Albania, unico sbocco sovietico nel Mediterraneo, era ormai
isolata dalla altre democrazie popolari fedeli a Mosca.
Particolare la situazione della Finlandia: difficilmente si comprende perché i russi non
occuparono tutto lo Stato o non vi insediarono un governo comunista fantoccio; infatti i
sovietici mantennero alcune basi militari e fu firmato un trattato di mutua assistenza nel
1948, ma all’interno della Finlandia esiste piena libertà politica e lo Stato è divenuto uno dei
campioni della neutralità.

- Abbiamo visto come i comunisti cinesi appoggiati dall’Urss avessero ottenuto il controllo del
nord della Manciuria, mentre gli Usa rifornivano di armi e denaro i nazionalisti di Chiang Kay-
shek.
Nonostante questi enormi aiuti (“China Aid Act” dell’aprile ’48) la situazione dei nazionalisti si
fece difficile e già nell’ottobre 1948 i comunisti occuparono tutta la Manciuria, appoggiati in
tutta la Cina dalla popolazione contadina; il 22 gennaio 1949 cadde Pechino e il governo
nazionalista si trasferiva da Nanchino a Canton, tentando invano una mediazione con Mao
Tsé-tung.
Nei mesi successivi fu occupato tutto il sud e il 21 settembre 1949 Mao proglamò la creazione
della “Repubblica popolare cinese”; successivamente il governo nazionalista si stabilì
definitivamente nell’isola di Formosa (Taiwan) e su alcune isole costiere.
Naturalmente il primo contatto esterno il nuovo Stato cinese lo ebbe con l’Unione Sovietica;
Mao fece un viaggio a Mosca che durò ben due mesi e il risultato furono i tre accordi del
febbraio 1950:
un “Trattato di amicizia, alleanza e mutua assistenza” rivolto contro il Giappone e qualsiasi
Stato unito al Giappone in un’aggressione e su una cooperazione economica e culturale tra i
due Paesi; un accordo per la cessione alla Cina della ferrovia del Changchun e della base
navale di Porth Arthur; un accordo per un credito alla Cina di 300 milioni di dollari per un
periodo di cinque anni.
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All’ONU l’Urss chiese di escludere il delegato nazionalista cinese, la proposta fu bocciata e per
ritorsione i sovietici iniziarono a boicottare il Consiglio e gli altri organi dell’Onu, creando una
grave crisi che sarebbe durata sino alla Guerra di Corea.
La Cina fu subito riconosciuta da Birmania, Pakistan e dai Paesi del Commonwealth e, su
pressione di questi, dall’Inghilterra; gli Usa non riconobbero il governo comunista e la Francia
fece lo stesso poiché Mao appoggiava il governo comunista dei Viet Minh in Indocina.

La questione d’Israele e il Medio Oriente.


Alla fine della guerra la popolazione araba in Palestina era il doppio di quella ebraica, che
tuttavia aveva l’affetto dell’opinione pubblica internazionale per i massacri subiti dai nazisti.
Nel luglio 1946 il deputato Morrison propose alla Camera dei Comuni un piano che prevedeva
la divisione della Palestina in quattro zone (araba, ebraica, Gerusalemme e Negev) dotate di
una forte autonomia ma mantenendo uno Stato singolo. Il progetto non ebbe seguito e vi
furono molti attentati soprattutto da parte di associazioni estremiste israeliane.
A questo punto il governo britannico accettò di sottoporre la questione palestinese
all’Assemblea generale dell’ONU, che decise di istituire una “Commissione d’inchiesta” con i
rappresentanti di undici nazioni; il rapporto della Commissione prevedeva la costituzione di
due Stati, uno arabo e uno ebraico, e l’internazionalizzazione di Gerusalemme.
A differenza del piano Morrison, gli ebrei ottenevano tutto il deserto del Negev, terra irrigabile
e quindi colonizzabile; questo progetto fu accettato dall’Assemblea generale il 29 novembre
1947.
La Gran Bretagna annunciò che avrebbe posto fine al suo mandato il 15 maggio del 1948; a
quella data lo Stato di Israele si proclamò indipendente, riconosciuto subito da Usa e Urss.
Altrettanto velocemente truppe arabe penetrarono in Palestina e iniziarono una serie di
operazioni militari ricordate come la “Prima Guerra Arabo-Israeliana” che andò dal maggio ‘48
al gennaio ’49 e che vide la sostanziale vittoria dell’esercito israeliano contro Egitto, Libano,
Siria e Transgiordania, permettendo al neonato Stato ebraico di espandere notevolmente i
territori che gli erano stati assegnati dall’ONU; nel maggio 1949 Israele fu anche ammesso
all’ONU, opponendosi subito all’internazionalizzazione di Gerusalemme, considerata dagli
ebrei la capitale del loro Stato.
Durante la guerra solo l’esercito transgiordano riuscì ad ottenere delle conquiste, occupando
la maggior parte della Palestina araba e la città vecchia di Gerusalemme; il Parlamento
transgiordano ratificò l’annessione nell’aprile 1950, proclamando la nascita del “Regno
Hascemita di Giordania”, la Lega Araba non approvò affatto ma non protestò, mentre la Gran
Bretagna fu favorevole all’unione.
Da questo momento, accettando la sconfitta, gli Arabi insistettero sulla questione dei rifugiati
palestinesi che erano stati cacciati da Israele, chiedendone il rimpatrio; Israele voleva
accettare solo quelli che era possibile integrare nella propria economia, mentre proseguivano
i rimpatri ebraici.

- - In Medio Oriente la situazione continuava ad essere molto tesa e difficile.


Dopo la sconfitta contro Israele, la Lega Araba iniziò a sfaldarsi, il re Abdullah di Giordania
aveva il progetto di unire Giordania, Siria, Iraq e Libano nella “Grande Siria”; questo progetto
cessò di esistere nel 1951, quando il Re fu assassinato da un fanatico palestinese, il nuovo Re
Talal non aveva sentimenti così risolutamente filo-inglesi come il padre, ma fu accettato dagli
inglesi per garantire lo Stato contro le mire irachene.
La Lega Araba approvò nell’aprile 1950 un “Patto di difesa tra Paesi Arabi”, un impegno di
assistenza anche armata in caso di aggressione ad un Paese firmatario concepito sul modello
del Patto Atlantico; la Giordania rifiutò di aderirvi. Tuttavia, dopo il 1950 si ebbe tra gli Stati
Arabi una ventata di “neutralismo”, con un atteggiamento di equidistanza verso i due blocchi
costituenti.

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Il solo punto sul quale la Lega Araba riuscì ad ottenere l’unanimità fu l’opposizione alla politica
francese in Africa del Nord, soprattutto nei due protettorati di Tunisia e Marocco; gli Arabi
decisero di portare il problema di fronte all’Assemblea dell’ONU, ma sia nel ’50 che nel ’51
l’opposizione di Francia, Inghilterra e Usa riuscì ad impedire che la questione fosse iscritta
all’ordine del giorno e quindi discussa.
I problemi del Medio Oriente erano complicati dalle enormi quantità di petrolio presenti,
oggetto del desiderio degli Stati ricchi; le compagnie e il governo americano hanno cercato in
Medio Oriente fonti di petrolio per risparmiare quello sul continente americano, cozzando
contro gli interessi da tempo tutelati dagli inglesi. Vi erano nell’area quattro grandi organismi
petroliferi regionali:
- “Irak Petroleum Company”, proprietà mista inglese, americana e in misura minore francese e
irachena un importantissimo oleodotto che finiva ad Haifa, in Israele, fu chiuso dall’Iraq nel
1948.
- “Anglo-Iranian Oil Company” di proprietà inglese, controllava i giacimenti iraniani del Sud-
Ovest e pagava ingenti royalties al governo di Teheran.
Dopo la risoluzione della crisi in Azerbaigian e il rifiuto della creazione di una compagnia
petrolifera russo-iraniana, l’Iran sembrò avvicinarsi all’occidente, soprattutto agli Usa dai quali
ebbe importanti crediti e finanziamenti. La situazione mutò il 13 marzo 1951 quando, dopo
l’assassinio del primo ministro filo-occidentale generale Razmara, il parlamento iraniano
decise di nazionalizzare il petrolio e di rilevare l’Anglo.Iranian Oil Company; questo fu
effettivamente fatto e le tensioni tra Iran ed Inghilterra crebbero molto, gli inglesi non
intervennero militarmente solo per paura di una reazione russa che avrebbe destabilizzato
tutta la zona; l’Iran chiese addirittura la chiusura dei consolati.
- “Kuwait Oil Company”, mista inglese ed americana, controllava il petrolio kuwaitiano.
- “Aramco”, unione di compagnie americane che controllano il petrolio in Arabia Saudita e
Bahrein.

Per l’Inghilterra vi era una situazione difficile anche in Egitto.


La sconfitta contro Israele aveva dimostrato che gli egiziani non potevano assicurare la difesa
di Suez, quindi gli inglesi decisero unilateralmente nel giugno 1948 di dare la sovranità del
Sudan ad una Assemblea Costituente sudanese che escludeva così l’Egitto dalla regione; la
tensione crebbe
Al punto che il governo del Wafd di Pascià nell’ottobre 1951 chiese al Parlamento di abrogare
il trattato del 1936 e di proclamare re Farouk “re d’Egitto e del Sudan”.
Respinta dall’Egitto una proposta di un controllo internazionale sul canale, Churchill stava
decidendo per l’intervento armato ma Re Farouk sostituì il Primo Ministro e cerco di negoziare.
- Per quanto riguarda le ex colonie italiane in Africa (Libia, Eritrea, Somalia ed Etiopia), il
Trattato di Pace con l’Italia prevedeva che la questione sarebbe stata regolata con un accordo
entro un anno o sulla questione avrebbe deciso l’ONU; il Trattato entrò in vigore nel settembre
1947, dopo un anno di discussioni non fu raggiunto alcun accordo tra Usa, Inghilterra, Francia,
Italia e Urss.
La questione passò all’Assemblea che respinse un piano franco-anglo-italiano (accordo Bevin-
Sforza) per l’opposizione dell’Urss e dei sudamericani, infine l’Assemblea generale prese una
decisione definitiva nel novembre 1949: la Libia sarebbe diventato uno Stato indipendente
con una propria Costituzione, la Somalia sarebbe stata posta per dieci anni sotto tutela
italiana, poi indipendente, l’Etiopia sarebbe tornata indipendente e avrebbe inglobato
l’Eritrea.
Nel nuovo Stato libico fu subito preponderante l’influenza inglese, esso fu incluso nell’area
della sterlina e il nuovo emiro si dichiarò ostile alla Lega Araba, Usa e Gb mantennero basi
militari.

L’emancipazione dell’Asia Sud-orientale.


90
Dopo la sconfitta giapponese in Asia il fenomeno più importante fu la conquista
dell’indipendenza da parte dei Paesi sottoposti all’occupazione nipponica durante la guerra.
- L’indipendenza promessa nel dopoguerra da parte della Gran Bretagna all’India iniziò con
l’invio di tre ministri britannici nel marzo 1946; furono organizzate delle elezioni per la
formazione di un’Assemblea Costituente che videro il “partito del Congresso” di Nehru
ottenere una vittoria rispetto alla “Lega Musulmana” che rivendicava la creazione dello Stato
musulmano del Pakistan.
I deputati della Lega rifiutarono di partecipare all’Assemblea Costituente, pur rimanendo a far
parte del governo provvisorio; vista la situazione, il governo britannico decise il ritiro inglese
dall’India in tempi brevi, costringendo così il partito del Congresso ad accettare nell’aprile
1947 le richieste autonomiste della Lega e la divisione della colonia in due Stati indipendenti,
India e Pakistan.
Le truppe britanniche furono ritirate nell’agosto 1947 e nei due anni successivi furono
nominati due governatori generali ed elaborate le costituzioni; dunque a partire dal 15 agosto
1947 nascono l’Unione Indiana e il Pakistan, grazie anche alla protesta non violenta portata
avanti sin dal 1919 contro l’occupazione inglese da Gandhi, assassinato l’anno dopo e i cui
principi saranno per un certo periodo alla base della politica non violenta e neutralista
dell’India di Nehru.
La Repubblica indiana fu proclamata ufficialmente a Nuova Delhi nel gennaio 1950, con una
Costituzione che prevedeva il mantenimento dell’India nel Commonwealth e l’accettazione del
Re non come sovrano diretto (essendo una repubblica), ma come simbolo dell’unione libera
degli Stati.
Tra i due nuovi Stati vi furono subito delle tensioni per il possesso di zone di confine:
nel Kashmir (territorio più a nord dell’India) risiedeva una popolazione in maggioranza
musulmana e già nel 1947 iniziò una guerra civile tra le truppe del maragià indù e i ribelli
sostenuti indirettamente dalle forze pakistane; con il passare del tempo il conflitto civile
assunse le proporzioni di una guerra non dichiarata tra l’India e il Pakistan.
Il governo indiano chiese il ricorso delle Nazioni Unite e si riuscì a far adottare una tregua in
vigore dal gennaio 1949 che definì una linea di confine provvisoria accettata dalle due parti, in
attesa di un plebiscito; tuttavia l’India era poco favorevole al plebiscito e, appoggiata dalla
Gran Bretagna, riuscì a congelare la situazione e a nominare rappresentanti del Kasmir nella
nuova Assemblea indiana.
Un altro conflitto si ebbe nel principato musulmano dell’Haiderabad (odierno Bangladesh), che
circondato da territori indiani ma che proclamò una sua indipendenza; tuttavia, i gravi
disordini interni e la minaccia di una rivoluzione comunista portarono ad un attacco
dell’esercito indiano che portò all’annessione del principato all’India, pur mantenendo una
particolare autonomia.
Per quanto riguarda il Tibet (odierno Nepal), il contrasto si ebbe con la Cina comunista;
nonostante sembrasse avviato verso l’indipendenza, il Tibet non ottenne l’appoggio di India e
Gran Bretagna che non volevano infastidire la Cina, perciò nell’ottobre 1950 i cinesi
occuparono tutta la regione.
- Per quanto riguarda la Birmania (odierno Burma), gli inglesi avevano previsto nel ’45 un
periodo di self-governement di tre anni prima di passare allo statuto di Dominion; il partito
anti-fascista predominante nel Paese giudicò questo periodo troppo lungo e nel gennaio 1947
iniziarono delle conversazioni con il governo inglese che fissò le elezioni per l’Assemblea
Costituente in aprile; questa vide un’enorme maggioranza del partito anti-fascista e proclamò
la Repubblica indipendente di Birmania nel giugno 1946, rifiutando di integrare il nuovo Stato
nel Commonwealth.
Nonostante ciò gli inglesi ratificarono l’indipendenza mantenendo delle prerogative
commerciali e a tutela dei propri interessi nella regione e firmando anche un accordo militare;
subito dopo l’indipendenza il Paese cadde in una cruenta guerra civile con i comunisti e partiti
autonomisti.
91
- Le Filippine ottennero facilmente l’indipendenza dagli Stati Uniti nel luglio 1946 che in
cambio ottennero grandi vantaggi in materia di immigrazione, commerciale e militare (con la
concessione di alcune basi e un patto di mutua difesa in funzione anti-giapponese.
- Molto più difficile fu la situazione dell’Indonesia, sottoposta al controllo dell’Olanda.
Mantenendo le promesse fatte durante la guerra, gli olandesi proposero nel febbraio 1946
l’istituzione di un Commonwealth d’Indonesia composto da territori che avrebbero goduto del
self-governement a diversi livelli; intanto nell’isola di Giava e al sud di Sumatra si era formata
un Repubblica Indonesiana che gli olandesi non volevano riconoscere.
Tuttavia si arrivò ad un accordo nel marzo 1947 (“Accordi di Cheribon”) in cui si riconosceva
la Repubblica Indonesiana e la si inseriva in una struttura federale, gli “Stati Uniti d’Indonesia”
insieme agli altri territori che restavano di fatto sotto controllo olandese, a sua volta riunita in
una “Unione olandese-indonesiana” che avrebbe permesso ai Paesi Bassi di controllare la
regione.
I repubblicani tentarono subito di limitare i poteri del governo olandese e il risultato fu una
vasta operazione repressiva di polizia che ridusse le forze dei repubblicani; nel settembre ’48
fu varata la Costituzione dopo una modifica degli accordi favorevole agli olandesi, ma il rifiuto
di aderire alla federazione da parte dei repubblicani provocò una nuova operazione di
rappresaglia di polizia.
Questa volta, però, l’operazione fu condannata a livello internazionale e intervenne
direttamente il Consiglio di Sicurezza dell’ONU imponendo al governo olandese di riprendere i
negoziati, liberare i prigionieri politici e far attuare delle elezioni; la conferenza dell’Aja
dell’agosto 1949 decise la nascita degli Stati Uniti d’Indonesia e il ritiro delle truppe olandesi.
Il 27 dicembre 1949 l’Indonesia fu ufficialmente indipendente, in seguito abbandonò la
struttura federale e chiamandosi “Repubblica d’Indonesia”; l’Unione olandese-indonesiana
scomparve.
- La situazione più complicata fu sicuramente quella dell’Indocina francese:
alla fine della guerra il nord era occupato dai cinesi, il sud dagli inglesi e subito sostituiti dalle
truppe francesi. La Francia voleva applicare una federazione indocinese tra Laos, Cambogia e
Vietnam incorporata in un’Unione francese sul modello olandese.
I cinesi furono allontanati con dei vantaggi sulla ferrovia dello Yunnan, Laos e Cambogia
firmarono degli accordi che davano loro una certa autonomia nel quadro dell’Unione francese;
il problema era la costituzione nel Tonchino (Vietnam del nord) di una “Repubblica del
Vietnam” guidata dal Viet Minh di Ho Chi Minh che reclamava una maggiore autonomia di
quella offerta dalla Francia.
Nel dicembre 1946 iniziarono violenti scontri tra i Viet Minh e i francesi nel Tonchino, il
governo socialista di Blum decise di reagire e fu la guerra, una guerra che diveniva ideologica
poiché Ho Chi Minh si avvicinava alle idee comuniste e che fu appoggiata per questo dagli
Usa; i francesi crearono a sud uno Stato del Vietnam nel marzo 1949 inglobandolo nell’Unione
francese e affidandone il governo all’ex imperatore Bao Dai con la speranza di dividere così il
Viet Minh, il cui governo era stato intanto riconosciuto dall’Urss e dalla Cina che lo
finanziavano in misura sempre crescente.
La guerra continuò e nell’aprile 1952 le posizioni erano rimaste pressocchè immutate, i
francesi avevano conquistato parte del Tonchino con costi umani ed economici enormi.

La questione della Corea e il trattato di Pace con il Giappone.


Già nel 1945 alle Conferenze di Yalta e Potsdam fu deciso che la Corea sarebbe stata liberata
dalla dominazione giapponese e fu precisato che i russi avrebbero occupato il nord, gli
americani il sud con una linea di demarcazione in corrispondenza del 38° parallelo.

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Ma dal 1946 iniziarono le prime difficoltà: si pensò ad un trusteeship internazionale, poi alla
formazione di un governo tramite libere elezioni ma i due blocchi non si accordarono sui
partiti che vi dovevano partecipare, quindi nell’agosto 1947 gli Usa decisero di sottoporre la
questione all’Assemblea dell’ONU, nonostante le proteste sovietiche; fu creata una
“Commissione temporanea delle Nazioni Unite per la Corea” (in seguito divenuta permanente)
che doveva facilitare la costituzione di un governo nazionale coreano e l’evacuazione delle
forze di occupazione.
Tuttavia, la Commissione poté operare i suoi lavori solo nella Corea del Sud, in quanto i
sovietici non ne accettavano la competenza ritenendo la “Comminssione mista russo-
americana sufficiente”.
Durante il 1948 vi fu la contemporanea formazione di due Stati separati (analogia con la
situazione tedesca) in base ad una divisione di natura unicamente militare: nel maggio 1948
si ebbe un governo indipendente nella Corea del Sud con a capo Rhee, al Nord il governo fu
eletto da una “Assemblea del popolo di tutta la Corea” (comprendente i comunisti del sud) in
settembre.
Durante il 1949 vi fu il ritiro delle truppe di occupazione, a gennaio smobilitarono i russi,
seguiti a giugno dagli americani nonostante il parere contrario della Commissione ONU per la
Corea; e infatti già nei primi mesi del 1950 vi furono atti di guerriglia da parte dei nord coreani
nella zona del 38° parallelo e il 25 giugno le forze comuniste nord coreane passarono ad un
attacco su tutto il confine.
Il governo americano decise di agire contemporaneamente e rapidamente sia nell’ambito
dell’ONU con una convocazione immediata del Consiglio di Sicurezza sia sul piano militare,
autorizzando il generale Mac Arthur a fornire aiuti sempre più consistenti alle truppe sud
coreane, iniziando con mezzi navali ed aerei sino ad autorizzare lo sbarco di truppe quando si
comprese la vastità dell’attacco comunista; per quanto riguarda le decisioni del Consiglio,
ricordiamo che i sovietici avevano deciso di non partecipare alla sue discussioni per protestare
contro il mancato riconoscimento della Cina comunista e per il mantenimento del seggio al
delegato del Kuomintang.
Questa situazione fu sfruttata dagli americani che poterono far prendere facilmente decisioni
al Consiglio senza urtare contro un veto continuo (Egitto, India e Norvegia si astennero
sempre); infatti il 7 luglio fu approvata una risoluzione che dava agli americani il compito di
designare il comandante di una missione militare internazionale che avrebbe agito in aiuto
della Corea del Sud sotto la bandiera delle Nazioni Unite. Ciò convinse i sovietici a tornare a
partecipare al Consiglio.
La guerra di Corea aveva così inizio e possono essere distinte tre diverse fasi:
1) Intervento delle truppe ONU.
Il presidente Truman chiese al congresso lo stanziamento di fondi per incrementare il
supporto americano in guerra, intorno al 13 luglio vi fu un primo tentativo di pace proposto
dal presidente indiano Nehru che proponeva l’accettazione della Cina comunista all’ONU in
cambio della pace, ma non si ebbero risultati; intanto le forze ONU recuperarono le posizioni
perse e si pose il problema se esse avrebbero dovuto superare o meno il 38° parallelo,
trasformandosi in una forza di attacco (a questa decisione erano contrarie India, Francia ed
Inghilterra, ma Mac Arthur era favorevole).
2) Intervento cinese.
L’attraversamento del confine da parte delle truppe ONU si ebbe il 7 ottobre e già il 16 fecero
la loro comparsa sul teatro di guerra forze cinesi “volontarie”; nelle settimane successive i
cinesi incrementarono il numero delle loro divisioni e la situazione si capovolse, costringendo
le truppe di Mac Arthur a battere in ritirata.
Il generale fece apertamente pressioni affinché l’ONU votasse una risoluzione che gli
permettesse di attaccare direttamente la Cina comunista e la situazione internazionale
divenne molto tesa, Pechino assunse un atteggiamento intransigente e Truman pensò
addirittura di usare l’arma atomica; per fortuna vi fu una mediazione del primo ministro
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britannico Attlee che suggerì a Truman un atteggiamento più prudente e cercò di convincerlo
a sostituire il troppo bellicoso Mac Arthur.
Questo avvenne effettivamente in quanto lo stesso Mac Arthur, galvanizzato dalla ripresa
dell’avanzata delle truppe ONU propose senza consultare Washington una tregua ai Nord
coreani, pena un attacco diretto alla Cina comunista; Truman decise quindi di sostituirlo
nell’aprile 1951.
3) Dopo la revoca di Mac Arthur.
La partenza del generale distese la situazione internazionale e in giugno vi fu una proposta
indiretta al negoziato da parte del delegato sovietico all’ONU; gli americani accettarono dopo
aver appreso che anche la Cina era favorevole.
I negoziati di armistizio iniziarono il 10 luglio 1951 nella “no man’s land” al confine del 38°
parallelo e inizialmente non vi fu accordo poiché i cinesi e i comunisti coreani chiedevano un
immediato cessate il fuoco che avrebbe permesso loro di riorganizzarsi e il ristabilimento del
confine al 38° (mentre le truppe ONU avevano occupato posizioni strategiche a nord); il
dialogo riprese ad ottobre e il confine fu stabilito lungo la linea del fronte effettivamente
esistente con una zona smilitarizzata.
La discussione andò allora sulla Commissione di Controllo e soprattutto sulla questione dello
scambio dei prigionieri e si protrasse per più di due anni; l’accordo definitivo tra le due parti fu
raggiunto solo nel giugno 1953, quando fu firmata una convenzione per il rimpatrio dei
prigionieri e un accordo sulla linea di demarcazione dell’armistizio che tagliava in diagonale il
38° parallelo.

- Con l’avanzata dei comunisti in Cina gli americani dovettero modificare il loro ini8ziale
progetto di alleanza con i cinesi in funzione anti-giapponese, quindi dopo la sconfitta dei
nazionalisti Mac Arthur appoggiò i partiti di destra in Giappone e cercò di favorire un rapido
risollevamento giapponese con l’aiuto anche di un trattato che desse stabilità alla situazione.
L’artefice principale di questo trattato fu il Consigliere del dipartimento di Stato americano
Foster Dulles, il quale ebbe numerosi contatti con il governo giapponese; egli inoltre fu il
promotore del “Patto di Sicurezza del Pacifico” (ANZUS) che fu firmato il 1° settembre 1951 da
Usa, Australia e Nuova Zelanda contro un’eventuale risurrezione del militarismo giapponese.
Il Trattato di pace giapponese fu discusso alla Conferenza di San Francisco del settembre
1951 da 52 invitati dagli USA, con l’esclusione della Cina comunista: l’India non partecipò per
protesta (il Trattato non era dignitoso per il Giappone), Urss, Cecoslovacchia e Polonia non
firmarono.
Sul piano territoriale il Giappone rinunciava ad ogni possedimento sul continente asiatico e in
Antartide, le isole Curili del Sud e Sahalin restavano alla Russia (contese ancora tutt’oggi), un
“trattato di sicurezza”, auspicato dagli stessi giapponesi, manteneva forze militari americane
sul suo territorio in mancanza di una difesa propria, sul piano delle riparazioni si rimandava
tutto a negoziati diretti con gli interessati; i giapponesi seguirono la politica americana
scegliendo di trattare con la Cina nazionalista e non riconoscendo il governo comunista di Mao
Tsé-tung.

L’EVOLUZIONE DELLA GUERRA FREDDA (1953-1957).

L’amministrazione repubblicana e il “New Look” diplomatico.


Le elezioni americane del novembre 1952 videro il repubblicano Eisenhower a capo del
governo, con Nixon vicepresidente e Foster Dulles come Segretario di Stato.
All’inizio del 1954 si parlò di un nuovo orientamento (new look) da dare alla politica estera
americana, con una riduzione sostanziale del bilancio militare e un’intensificazione delle armi
scientifiche; si sarebbe evitato di ammettere il principio di una guerra limitata e in caso di
attacco comunista contro un Paese qualsiasi la rappresaglia avrebbe potuto manifestarsi in
qualunque luogo e sarebbe stata immediata e massiccia, anche con l’impiego di armi nucleari.
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Abbiamo visto come in Europa vi fu un impegno forte di Eisenhower per la CED, ma l’impegno
maggiore si ebbe nel rafforzare le alleanze asiatiche (influsso di Dulles):
tra il ’53 e il ’54 furono firmati patti d’alleanza con la Corea del Sud, il Pakistan e la Cina
nazionalista, tuttavia l’accordo più importante fu il Trattato di Manila del settembre 1954, un
vero e proprio trattato di difesa collettiva per l’Asia del Sud-Est, il SEATO, che raggruppava
Usa, Francia, Inghilterra, Australia, Nuova Zelanda, Filippine , Pakistan e Thailandia; le zone in
cui il trattato garantiva la difesa erano i territori degli Stati firmatari nonché il Vietnam del
Sud, il Laos e la Cambogia, gli Usa tuttavia si impegnavano a intervenire solo in caso di
aggressione comunista.

La destalinizzazione, la Jugoslavia e le democrazie popolari.


Se da una parte nella politica estera americana vi fu un irrigidimento dell’amministrazione
Eisenhower su posizioni anti-comuniste, in Unione Sovietica vi fu certamente la fine di un’era
con la morte di Stalin, avvenuta nel marzo 1953, che ebbe grandi ripercussioni a livello
internazionale.
Subito si aprì la guerra all’interno del “Presidium del Comitato Centrale”, l’organo che con
Stalin aveva sostituito il Politburo, il primo a cadere fu Berija, il terribile capo della polizia
politica, e il potere fu preso per un certo periodo da Malenkov, con Molotov e Kruscev subito
dopo.
L’“era Malenkov” durò per un anno e mezzo (luglio ’53 – gennaio ’55) e la caratteristica di
questo periodo fu soprattutto la sparizione del culto di Stalin e le prima allusioni ad una
“direzione collegiale del potere” con una certa distensione internazionale (primo
riavvicinamento alla Jugoslavia, rinuncio alle rivendicazioni dei distretti di Kars e Ardahan dalla
Turchia, ma anche repressioni violente dei disordini in Cecoslovacchia e Germania est);
direttamente collegato a questo nuovo principio fu l’innovazione della “separazione dei
poteri” tra Presidente del Consiglio e Segretario di Partito, cosa che favorì i movimenti
dissidenti delle democrazie popolari europee che già in questo periodo iniziarono le prime
defezioni al regime di Mosca.
Malenkov fu estromesso all’inizio del 1955 ed iniziò l’“era Krusciov-Bulganin”, il primo capo
del Partito e il maresciallo Primo Ministro, con Molotov sempre agli Esteri; in questo periodo vi
fu un aumento dell’apparente distensione iniziata con Malenkov e l’aspetto più spettacolare fu
sicuramente il riavvicinamento alla Jugoslavia di Tito, grande nemico di Stalin.
A partire dal 1953 Tito operò un cauto riavvicinamento con l’occidente, prima con il Trattato di
alleanza militare di Bled firmato con la Grecia e la Turchia (agosto ’54), sino al “Memorandum
d’intesa di Londra” del 5 ottobre 1954 con Inghilterra, Usa ed Italia che risolveva l’annoso
problema di Trieste, con il ritiro delle truppe di occupazione anglo americane e il passaggio
della zona A all’amministrazione italiana e della zona B a quella jugoslava con Trieste che
rimaneva porto franco.
Ma Tito iniziò subito dopo una politica di neutralità (la “politica delle zone di pace”) con
l’appoggio dell’Egitto di Nasser e dell’India di Nehru, il patto con Grecia e Turchia perse il suo
valore a causa del conflitto di Cipro e comunque si ebbe già nel ’55 il riavvicinamento con
l’Urss.
Questo ci fu con un viaggio di Krusciov e Bulganin a Belgrado nel maggio ’55 nel quale i
dirigenti sovietici “si rincrescevano per quello che era successo” (disse Krusciov sulla scaletta
dell’aereo) e da cui risultò un nuovo principio, quello delle “diverse forme di sviluppo
socialista” nei differenti Paesi, che dava a Tito una totale autonomia e sembrava modificare le
cose con le nazioni dell’est.
Contemporaneamente l’Urss continuava a protestare energicamente contro la ratifica
dell’Unione Europea Occidentale che comportava la rimilitarizzazione della Germania e,
quando nel maggio ’55 i trattati furono ratificati dappertutto, denunciò i trattati di alleanza
con l’Inghilterra e la Francia del ’42 e del ’44, indicendo anche una conferenza a Varsavia per
reagire al blocco occidentale.
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Il “Patto di Varsavia” fu firmato il 15 maggio 1955 dall’Urss e dalle democrazie popolari
europee (non la Jugoslavia), e prevedeva l’organizzazione di un comando unico delle forze
armate affidato ad un maresciallo sovietico.
Esso fu sostanzialmente una spettacolarizzazione ufficiale di una situazione già esistente.

Al XX Congresso del Partito Comunista del 14 febbraio 1956 Krusciov demolì il culto di Stalin e
diede il via ad un effettivo processo di distensione, la “destalinizzazione” che durò per qualche
tempo ed ebbe le sue ripercussioni soprattutto ad est in Polonia ed Ungheria; la dissoluzione
del Cominform un paio di mesi dopo sembrò confermare che qualcosa era effettivamente
cambiato.
- La Polonia fu il primo Stato a manifestare tentativi di emancipazione dalla tutela sovietica:
molte personalità imprigionate dal regime furono rilasciate (tra essi Gomulka) ed andarono ad
infoltire le fila del “gruppo progressista”, che già dal giugno ’55 iniziò a criticare apertamente
il regime; la situazione si risolse il 23 ottobre, quando Gomulka, con l’appoggio di alcuni
ufficiali polacchi, operò un vero e proprio colpo di Stato estromettendo il maresciallo sovietico
Rokossovskij.
Il nuovo gruppo dirigente fu accettato da Mosca perché essi non arrivarono ad un punto di
rottura con l’ordine comunista, apportando una cauta liberalizzazione e firmando in novembre
a Mosca un accordo che confermava l’indipendenza nazionale.
- Molto diversa fu la situazione in Ungheria: la situazione era già elettrica quando si ebbe
notizia del colpo di Stato polacco e vi furono manifestazioni di solidarietà che in seguito si
trasformarono in una vera e propria rivolta; il progressista Nagy fu insediato a capo del
governo e iniziò a proclamare una serie di decisioni ostili a Mosca (partenza delle truppe
sovietiche, abolizione del sistema del partito unico, elezioni libere), mentre gli scontri
continuarono e alla fine di ottobre le truppe russe furono costrette a lasciare Budapest.
La reazione sovietica arrivò il 3 novembre. Ciò che preoccupava maggiormente i russi era la
richiesta di libere elezioni: se fatte, avrebbero potuto far cadere totalmente il governo
comunista e ciò avrebbe significato infrangere un dogma della teoria marxista-leninista, cioè il
carattere irreversibile ed ultimo della rivoluzione comunista, punto di arrivo storico delle lotte
di classe; inoltre i russi avrebbero perso delle eccellenti basi militari al centro d’Europa.
Il 4 novembre le truppe dell’Armata Rossa attaccarono in massa, spazzarono ogni resistenza e
distrussero il governo Nagy, che fu arrestato qualche giorno dopo; il governo Kàdàr ristabiliva
nel Paese una dittatura totale e tornava a chiudere le frontiere al mondo esterno.
Con questa azione i dirigenti sovietici tornarono per un certo periodo allo stalinismo.

Le relazioni tra i due blocchi dal 1953 al 1957.


Dopo la morte di Stalin e l’apparente distensione fu Churchill a lanciare l’idea di una
conferenza di alto livello che risolvesse i principali problemi in sospeso tra i due blocchi.
- Nel gennaio – febbraio 1954 si riunì a Berlino una Conferenza dei quattro ministri degli
esteri;
il risultato fu abbastanza deludente. Circa il problema dell’unificazione tedesca gli occidentali
proponevano libere elezioni a zone unificate, i russi, al contrario, non volevano né libere
elezioni né una rimilitarizzazione della Germania, quindi chiedevano un negoziato su di un
piano di uguaglianza tra i due governi tedeschi e la neutralizzazione tedesca; si giunse quindi
ad un punto morto e le due tesi continueranno ad essere proposte anche nelle successive
conferenze senza trovare soluzione. Anche sul problema austriaco non vi fu accordo e si
rimandò il tutto a Ginevra.
- La prima conferenza di Ginevra si aprì nell’aprile 1954, trattò dei problemi asiatici:
ad essa partecipò anche la Cina comunista, senza essere riconosciuta ufficialmente dagli Usa,
non fu possibile arrivare ad un accordo sull’unificazione della Corea per le stesse divisioni
della Germania, mentre si riuscì ad ottenere un armistizio in Indocina.

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Furono invitati delegati del Viet Minh e nel frattempo vi fu un cambio alla guida del governo
francese proprio per questa spinosa questione che era divenuta un fardello troppo pesante a
livello economico e di vite umane per la Francia, la quale volle a tutti i costi trovare un
accordo una volta che gli americani avevano fatto intendere di negare ai francesi un appoggio
militare diretto; per il confine di armistizio tra Vietnam del Nord e del Sud ci si mise d’accordo
sulla linea del 17° parallelo, nonostante la viva opposizione e il rifiuto di firmare da parte degli
Usa (che non volevano ripetere l’errore della Corea) e del primo ministro del Vietnam del Sud.
Dopo la Germania e la Corea, il “sipario di ferro” era calato su di un nuovo Paese.
- Un passo avanti fu fatto con la conclusione del Trattato di Stato austriaco del 15 maggio
1955.
L’Urss fu probabilmente convinta dai colloqui sull’Unione dell’Europa Occidentale, assumendo
un atteggiamento più conciliante; il trattato sopprimeva le limitazioni previste nel ’49 per
l’esercito ed una legge costituzionale avrebbe proclamato la neutralità dello Stato austriaco,
nonostante la partecipazione ad organizzazioni politiche come l’ONU o il Consiglio d’Europa.
- Nel luglio 1955 si tenne una Conferenza dei quattro capi di governo a Ginevra.
Ancora una volta il problema tedesco non fu risolto poiché persistevano le tesi delle libere
elezioni occidentali e dei negoziati su un piano di uguaglianza tra i due Stati tedeschi da parte
sovietica.
Adducendo il non riconoscimento all’ONU della Cina comunista, i russi non vollero discutere
con gli occidentali circa i problemi con le repubbliche democratiche europee.
Per rafforzare la loro posizione sulla Germania, i sovietici invitarono Adenauer a Mosca per
stabilire normali relazioni diplomatiche tra i due Stati e far riconoscere indirettamente la DDR;
Adenauer si recò prima a Washington, poi a Mosca in settembre. Qui egli accettò di stabilire
normali relazioni diplomatiche con l’Urss in cambio del rilascio dei prigionieri tedeschi ancora
nei campi sovietici.
Una Conferenza dei quattro ministri degli Esteri si tenne a Ginevra nell’ottobre - novembre
1955, ma i risultati sul problema tedesco furono identici, con un Molotov molto più duro e
ostinato; in definitiva la “politica dei sorrisi” sembrava lasciar nuovamente spazio alla “guerra
fredda”.

Il Mercato Comune, l’EURATOM e il conflitto Sarrese in Europa.


La Ceca e la CED dovevano far parte del cosiddetto “progetto funzionalista” di unione
dell’Europa, cioè queste organizzazioni erano delle fasi di un’unione degli Stati europei attuata
per settori e per funzioni, che ebbe la prevalenza sulla “corrente federalista” che voleva
creare subito un unione politica con la nascita degli Stati Uniti d’Europa ed eliminando le
nazionalità; la nascita del Consiglio d’Europa nel maggio ’49 e la sua non riuscita nella
formazione di una Costituzione comune sembrarono evidenziare la vittoria del progetto
funzionalista.
Ma il fallimento della CED sembrò indicare che perlomeno in Francia l’opinione pubblica non
era favorevole all’idea dell’integrazione europea ma quando al governo francese tornarono gli
“europeisti” Faure e Pinay, il ministro degli esteri italiano Martino propose una conferenza a
Messina nel giugno ’55 per tentare un “rilancio” dell’integrazione europea.
I negoziati furono positivi continuarono, finché il 25 marzo 1957 furono firmati a Roma i
trattati istitutivi del Mercato Comune e dell’EURATOM dagli stessi 6 Paesi della CECA (Italia,
Francia, Germania e Benelux) che in seguito li ratificarono entrambi senza problemi.
Fu creato un “Consiglio dei Ministri” assistito da una “Commissione europea” composta da
esperti designati dai ministri e incaricata di preparare tecnicamente il lavoro di questi ultimi,
una “Assemblea” comune per l’Euratom, il Mercato Comune e la CECA composta da 142
parlamentari designati dai Parlamenti nazionali con il compito di dare pareri e, con la
maggioranza di 2/3, censurare la Commissione, un “Comitato economico e sociale” e un
“Comitato monetario”, una “Corte di giustizia” e una “Banca europea degli investimenti”.

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Il Mercato Comune doveva realizzarsi progressivamente in tre periodi da quattro anni, le
tariffe doganali erano progressivamente abbassate e si sarebbe stabilita una tariffa doganale
esterna comune, con l’apertura delle frontiere ai movimenti interni di lavoratori e di capitali,
senza tuttavia che vi fosse una politica monetaria comune.
Il trattato dell’EURATOM creò delle istituzioni simili a quelle del Mercato Comune; con esso i
sei Paesi volevano coordinare le ricerche sull’energia nucleare per scopi pacifici, al fine di
produrre l’energia di cui l’Europa aveva bisogno ed emancipandola nel campo nucleare dagli
Usa (che abbassarono il prezzo dell’uranio impoverito scoraggiandone la fabbricazione
autonoma agli europei), fu creata un’agenzia che gestiva le risorse minerarie indispensabili
comune ai Sei.
- Per quanto riguarda lo spinoso problema della Saar, la creazione del governo autonomista di
Hoffman non rese la situazione più facile, in quanto iniziava nel popolo sarrese un sentimento
di riavvicinamento verso la Germania.
Fino all’ottobre 1954 Francia e Germania non riescono a trovare un accordo, nonostante la
questione è sottoposta al Consiglio d’Europa; una Commissione propone di europeizzare la
Saar, renderla sede di organi istituzionali europei con un commissario europeo alla Difesa e
agli Esteri.
La Francia pose come condizione per l’eguaglianza di diritti della Germania la firma di un
accordo sulla Saar. Esso si ebbe proprio nell’ottobre 1954 e fu proposto uno Statuto di
“europeizzazione” simile a quello proposto dal Consiglio d’Europa, che doveva essere
accettato dalla popolazione sarrese con un referendum; il voto vide la vittoria del no allo
Statuto e in Francia molti videro in questa manifestazione una volontà della Saar di riunirsi
alla Germania.
Il governo Hoffman diede le dimissioni e iniziarono i negoziati: nell’ottobre 1956 la Francia
riconobbe l’unità politica della Saar a partire dal gennaio 1957, l’unione economica dopo tre
anni.
In un certo senso la chiusura del conflitto della Saar era anche una sconfitta per l’integrazione
europea, che da li sarebbe potuta partire anche a livello politico.

L’indipendenza dell’Africa e la situazione in Medio Oriente.


A partire dagli anni ’50 la Francia dovette affrontare le rivendicazioni indipendentiste delle sue
colonie africane, la Tunisia, il Marocco e soprattutto l’Algeria. Diverse furono le situazioni,
mentre in tutti i casi vi furono appelli all’Assemblea e al Consiglio dell’Onu da parte di Stati
Arabi e neutrali, spesso l’appoggio agli indipendentisti africani arrivò anche dal blocco
sovietico.
- Sotto la guida di Bourguiba i nazionalisti tunisini reclamavano l’autonomia interna del loro
Paese a partire dal 1950, una prima tappa verso l’indipendenza; a partire dal 1953 iniziò una
resistenza armata contro i Francesi e nel giugno 1955 Mendes France acconsentì ad un
accordo sull’autonomia interna con una Convenzione generale.
Tuttavia la contemporanea concessione dell’indipendenza al Marocco spinse i tunisini a
chiedere una totale indipendenza che essi ottennero pacificamente con l’accordo del giugno
1956, nonostante la Francia mantenesse delle truppe per proteggere i propri cittadini e
ostacolare i nazionalisti algerini.
- In Marocco la Francia assistette impotente alla lotta tra il Pascià di Marrakech e il Sultano
appoggiato dall’Istiqual, il principale partito nazionalista marocchino; nel 1953 il Consiglio dei
Ministri francese esiliò il sultano e le truppe francesi dovettero iniziare una logorante
guerriglia contro i nazionalisti dell’Istiqual fino al 1954, anno in cui si capì che la soluzione era
il ritorno del Sultano, approvato intanto anche dal Pascià.
Nel novembre 1955 il Sultano tornò e ottenne l’indipendenza del Marocco come Stato libero e
sovrano in un quadro di interdipendenza con la Francia, al governo molte personalità
dell’Istiqual.

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- Il problema dell’Algeria fu molto più complesso, anche perché a differenza di Tunisia e
Marocco, questa terra non aveva mai costituito in passato una nazione ed era parte
integrante del Territorio della Francia, con la presenza di più di un milione di cittadini francesi
residenti.
Un primo movimento di resistenza armata contro i francesi si scatenò nel novembre 1954
guidato dalla nuova organizzazione del “Fronte di Liberazione Nazionale” con a capo Ben
Bella; iniziò una terribile guerra partigiana e negli anni seguenti gli effettivi francesi arrivarono
a mezzo milione, inoltre la scoperta di ingenti giacimenti di petrolio rafforzò nell’opinione
pubblica la volontà di assicurare la “presenza francese” nella zona, se non si voleva sostenere
l’onere dell’integrazione.
Intanto continuava all’ONU l’attacco degli Stati arabi ed asiatici alla Francia, mentre solo gli
Stati Uniti, preoccupati della diminuzione delle truppe francesi in Europa, davano il loro pieno
appoggio; la situazione si complicò ulteriormente quando Ben Bella fu arrestato mentre
effettuava un viaggio invitato dal Marocco alla Tunisia. I Rapporti tra la Francia e questi due
Paesi si interruppero e furono riallacciati solo con la minaccia del taglio dei finanziamenti e
della caduta dei privilegi commerciali.
Nel maggio 1958 una numerosa folla di francesi d’oltremare (quelli più avversi alla
concessione dell’indipendenza) occuparono per protesta il Governatorato e i capi militari a
capo della protesta fecero sapere a Parigi che non avrebbero tollerato altri cedimenti della
politica francese; si temeva addirittura un colpo di Stato a Parigi da parte di truppe
provenienti dal Nord Africa.
Questa situazione fu una delle cause del ritorno al potere di de Gaulle che, come dimostrerà
anche nella concessione dell’indipendenza alle altre colonie francesi in Africa, non credeva
fosse vantaggioso mantenere un’occupazione militare costosa e contro la volontà dei popoli
quando si poteva concedere l’indipendenza e stabilire scambi proficui; tuttavia l’intransigenza
dei coloni francesi rendeva la situazione difficile e de Gaulle non potè manifestare subito le
proprie intenzioni: egli lo fece dopo un anno, appoggiando la creazione di un governo algerino
e per gli algerini, appoggiato sull’aiuto della Francia nell’economia, la difesa, l’insegnamento e
le relazioni estere.
I coloni organizzarono subito movimenti di protesta appoggiati da certi ambienti dell’esercito
e nel gennaio 1960 vi fu una rivolta, contemporaneamente ad un referendum voluto da de
Gaulle in cui il popolo francese esprimeva la sua volontà di porre fine al conflitto anche con la
concessione dell’indipendenza.
Nel maggio 1961 iniziarono dei colloqui tra la Francia e il FNL a Evian, il negoziato fu interrotto
per lo scoppio di una nuova guerra civile in Algeria condotta da generali ribelli con la simpatia
della quasi totalità dei coloni francesi; la rivolta fu stroncata dall’esercito e le trattative
ripresero ancora, arrivando nel marzo 1962 alla firma degli accordi di Evian che prevedevano
un referendum con cui l’Algeria otteneva l’indipendenza mantenendo alcuni legami economici
e commerciali con la Francia. Vi fu un’enorme maggioranza favorevole e si pose così fine alla
colonizzazione algerina.

In questi anni il Medio Oriente diviene una terra dove i due blocchi si misurano indirettamente,
la posizione strategica e le immense risorse petrolifere attiravano sia gli Usa, che cercavano
appoggi con aiuti economici e alleanze militari indirette, sia l’Urss che dava ai Paesi arabi un
appoggio alla lotta contro Israele e riforniva di armi particolarmente la Siria e l’Egitto.
- In Egitto, nel luglio 1952, vi fu un colpo di Stato militare guidato dal generale Neguib che
costrinse il re Farouk a fuggire, arrivando alla proclamazione della Repubblica egiziana; il
nuovo regime non sembrava ostile all’Occidente ma le cose cambiarono quando il generale
Neguib fu eliminato e la guida del Paese passò al colonnello Nasser, nel marzo 1954, il quale
aveva come piano la sollevazione nazionalista del mondo arabo ed unificarlo sotto la sua
autorità.

99
Nell’ottobre ’54 egli ottenne un trattato dall’Inghilterra che assicurava l’evacuazione di Suez
da parte delle truppe britanniche nel termine di un anno, anche se le basi sarebbero rimaste
funzionanti e a disposizione degli inglesi in caso di attacco, per poi ritirarsi nuovamente
cessate le ostilità.
La politica di Nasser, nonostante i legami con l’India di Nehru e la Jugoslavia di Tito, applicava
una neutralità che aveva un carattere abbastanza antioccidentale, infatti nel 1955 egli
ricevette armamenti dall’Urss e continuava i suoi attacchi contro Israele e contro il “Patto di
Baghdad”; questo patto fu il tentativo americano per controllare la regione mediorientale e
sottrarre alcuni Paesi alla crescente influenza che gli appelli di Nasser iniziavano ad
esercitare.
La politica americana in Medio Oriente parte dall’appoggio al colpo di Stato in Iran da parte di
militari nell’agosto 1953; il nuovo regime dello Scià ebbe subito l’appoggio statunitense, i
risultati furono il pagamento all’Anglo-Iranian di un indennizzo per la nazionalizzazione e un
accordo tra il governo iraniano e il “Consorzio delle Compagnie Petrolifere” controllata da
capitali americani.
Il “Patto di Baghdad” nasce nel febbraio 1955, quando, su proposta dell’Iraq, la Turchia
accetta di sottoscriverlo per contrastare l’avanzata comunista in Medio Oriente; in aprile aderì
anche l’Inghilterra, rendendo il Patto di Baghdad formalmente collegato al Patto Atlantico,
aggiungendosi in seguito Pakistan ed Iran a completare la catena anti comunista.
Nasser e i sovietici accolsero con forti proteste la nascita del Patto di Baghdad, per reazione
l’Egitto stipulò un Patto di sicurezza collettiva con l’Arabia Saudita e la Siria, cercando invano
di staccare l’Iraq; la Giordania fu più esitante, durante il 1955 vi fu una preponderanza degli
elementi nasseriani dopo uno stretto legame con gli inglesi, poi nel 1956 il giovane re Hussein
tornò nel campo filo occidentale, cosa che nello stesso anno fece anche l’Arabia Saudita.
La politica americana fu però esitante con Nasser: nel luglio 1956 gli Usa comunicarono
all’Egitto il ritiro del loro finanziamento previsto per la costruzione della diga di Assuan, molto
importante per l’economia egiziana. La reazione di Nasser fu immediata, decidendo la
nazionalizzazione della Compagnia del Canale di Suez, controllata da imprese francesi ed
inglesi; inoltre era a rischio anche la Convenzione sul Canale del 1888 che prevedeva che
questo sarebbe stato aperto a tutte le navi sia in tempo di pace che in guerra. Nasser aveva
già proibito il passaggio di navi e prodotti israeliani, si rischiava di dover subire una restrizione
arbitraria da parte del Colonnello.
L’Urss sostenne il progetto solo perché infastidiva gli occidentali, gli Usa volevano mantenere
buoni rapporti con i Paesi produttori di petrolio, la Francia e l’Inghilterra dovevano agire da
soli, e Dulles escluse dal principio l’uso della forza; i negoziati con Nasser non ebbero alcun
esito e in ottobre Francia e Inghilterra portarono la questione al Consiglio di Sicurezza, dove
furono elaborati “sei principi” (libertà di transito, rispetto della sovranità egiziana, fissazione
dei diritti di pedaggio, ecc.).
La goccia che fece traboccare il vaso arrivò però da Israele; in Giordania le nuove elezioni
avevano visto nuovamente la vittoria degli anti-occidentali e truppe irachene (Stato molto
contrario ad Israele) erano nel nord del Paese, la presenza di armi sovietiche nel Sinai fece il
resto.
Israele si sentì circondato e il 30 ottobre 1956 invase il Sinai, sbaragliando l’esercito egiziano
(Guerra di Suez); contemporaneamente Francia ed Inghilterra lanciarono un ultimatum ai due
belligeranti per sospendere le ostilità e ritirare le loro truppe dal Canale, Israele accettò
subito, l’Egitto rifiutò e fu la guerra che, però, gli anglo francesi condussero con molta
lentezza.
Il 5 novembre le truppe israeliani avevano occupato tutti i loro obiettivi, i due alleati erano
appena sbarcati in Egitto, mentre la loro posizione internazionale si era fatta critica poiché i
russi si schierarono apertamente contro, Eisenhower parlò di tradimento del Patto Atlantico,
gli Stati Europei erano adirati poiché nel frattempo l’Urss procedeva indisturbata nella
soppressione della rivolta ungherese, i neutralisti e gli Stati asiatici condannarono l’attacco.
100
Il 2 novembre l’Assemblea dell’ONU impose un cessate il fuoco immediato e pochi giorni dopo
creò una forza di pace che doveva rimpiazzare le forze franco britanniche nel Canale (peraltro
ancora non completamente sotto il loro controllo).
Nasser otteneva un’enorme vittoria diplomatica, la Giordania rinunciò ad ogni appoggio
inglese, Israele dovette abbandonare il Sinai e anche la striscia di Gaza, le truppe dell’ONU
abbandonarono il Canale e nell’aprile del 1957 Nasser potè proporre un piano che tutti furono
costretti ad accettare, cioè il pagamento di una tariffa di transito all’Egitto, senza tenere conto
dei “sei principi” ONU.
Dopo la crisi di Suez, Francia ed Inghilterra persero completamente la loro influenza in Medio
Oriente, gli Usa la rafforzarono varando nel gennaio 1957 la cosiddetta “dottrina Eisenhower”
che dava al presidente americano la possibilità di rispondere immediatamente ad un attacco
comunista contro un Paese del Medio Oriente ed un aiuto economico ai Paesi che accettavano
questa dottrina.
In questo modo gli Usa riuscirono a portare dalla loro parte l’Arabia Saudita e la Giordania.

L’Estremo Oriente e le relazioni interamericane.


I rapporti tra Cina ed Urss sono sicuramente fondamentali per il Medio Oriente, l’Urss
riconobbe subito la Cina comunista, già dalla sua formazione nell’ottobre 1949 e cercò in tutti
i modi di far accettare agli occidentali la sua ammissione all’ONU; ma la Cina non era affatto
un Paese satellite, Mao aveva un’enorme influenza sui comunisti asiatici che si accrebbe dopo
la morte di Stalin.
Nell’ottobre 1954 furono firmati degli accordi Cino-sovietici che sostituivano quelli del 1950 ed
evidenziavano quanto la Cina avesse preso maggior influenza: si aveva un trattato di alleanza
e mutua assistenza, la denuncia delle aggressioni occidentali e contro il trattato di Pace
giapponese e il SEATO, poi si annunciava l’evacuazione sovietica di Port Arthur a favore della
Cina e il trasferimento di società miste nel Sinkiang alla sola Cina, la costruzione di due linee
ferroviarie.
La Cina recuperava la sua totale sovranità sulla Manciuria, sul Sinkiang e rafforzava i contatti
con la Mongolia Esterna per mezzo delle linee ferroviarie.
- Una situazione di tensione tra Cina e Usa si ebbe per la questione di Formosa e soprattutto
delle isole Pescadores molto vicini alla costa cinese; nel settembre 1954 iniziò un
bombardamento cinese contro queste isole. Eisenhower riunì un Consiglio di Sicurezza interno
dove l’attacco diretto alla Cina fu scartato e si optò per l’offerta di un trattato di difesa
reciproca (siglato in dicembre) ed evacuando le isole poco difendibili, lasciandole in mano ai
Cinesi nel ’55.
Tutto ciò fu fatto mantenendo un apparente politica di fermezza in difesa di Formosa, politica
che riuscì in parte a fermare i cinesi da un attacco diretto alla grande isole di fronte alle loro
coste.
- Intanto anche il Giappone usciva pian piano dalla sua immobilità diplomatica e, sentendo il
bisogno d’intensificare il suo commercio con la Cina comunista, siglò con essa un trattato di
commercio nel maggio ’55, nonostante il non riconoscimento statunitense della Cina
comunista; nell’ottobre 1956 il Giappone riuscì anche a ristabilire normali rapporti diplomatici
con l’Unione Sovietica, nonostante il mantenimento dell’occupazione delle Curili, e delle isole
a nord di Hokkaido e nonostante l’Urss non avesse accettato il trattato di pace giapponese
proposto a San Francisco.
Il Giappone fu ammesso all’ONU nel dicembre 1956.
- Nonostante la sua scarsa potenza economica e militare, l’India si sforzava di svolgere un
ruolo importante nella diplomazia mondiale, essendo il Paese campione della politica
“neutralista” e non violenta di ispirazione gandhiana, soprattutto anti-colonialista.
Nonostante ciò, si ebbe l’impressione che il neutralismo fosse di stampo molto anti-
occidentale; l’India protestò per il sostegno americano al Pakistan, per il SEATO e per il “Patto
di Baghdad”, protestò contro lo sbarco di Suez, ebbe contrasti con la Francia per alcune zone
101
di confine che poi annesse, mentre il Portogallo si rifiutò di cedere Goa che fu poi occupata
con la forza nel 1961, solo con la Gran Bretagna i rapporti erano buoni e l’appartenenza al
Commonwealth non fu mai in discussione. I rapporti con la Cina e l’Urss erano buoni (Nehru ci
mise 14 giorni per condannare l’intervento sovietico in Ungheria) ma con l’avvicinamento a
Tito e Nasser che si ebbe tra il 1954 e il 1957 sembrò che il Paese aderisse davvero ad una
politica neutralista.
E fu proprio l’India che promosse la Conferenza di Bandung, in Indonesia, nell’aprile 1955,
cercando di creare una sorta di fronte asiatico neutralista, malgrado la presenza del Pakistan,
e per cercare una soluzione al problema sempre aperto dell’Indocina; a questa conferenza
furono invitati 30 Paesi africani e asiatici (compresi Cina comunista, Giappone e i due
Vietnam), esclusi furono Israele, le due Coree e la Cina nazionalista.
Fu condannato all’unanimità il colonialismo e si ebbe dopo questi incontri una grande spinta
dei Paesi africani per ottenere l’indipendenza dall’Europa (movimenti che otterranno
l’indipendenza dal 1957 al 1961), la segregazione razziale, la politica francese nel nord Africa
e quella di Israele che schiacciava i diritti del popolo arabo in Palestina; circa il neutralismo
non vi furono progressi poiché le nazioni affermarono il diritto di difendersi anche
collettivamente.

- Per quanto riguarda le relazioni interamericane, si ebbe un’importante conferenza nel marzo
1954 in cui Dulles propose di votare una risoluzione anti-comunista più chiara di quelle
precedentemente già approvate a Bogotà; i latino-americani la votarono più per ricevere aiuti
economici che non sarebbero stati concessi ai Paesi che avessero rifiutato quella
dichiarazione.
Questa decisione statunitense venne in seguito alla questione del Guatemala dove proprio nel
marzo 1951 si installò un governo nettamente favorevole ai comunisti, che avevano
importanti cariche nella amministrazione; il governo durò solo fino a giugno, quando le truppe
di Castillo Armas marciarono sul Guatemala con un appoggio certo degli Stati Uniti, i quali si
preoccuparono di insabbiare la questione al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

L’ERA DELLE CRISI (1957 – 1962).

Mentre gli Usa continuavano nella loro politica di “containment” e di rappresaglia massiccia,
in Unione Sovietica Krusciov si era impadronito del potere e, fiducioso nella superiorità
sovietica in campo missilistico (nell’ottobre 1957 vi fu il lancio dello “Sputnik” che, con le
prove di missili intercontinentali, crearono in America la preoccupazione per il “missile gap”),
si lanciò in una serie di conflitti parziali, non volendo la guerra totale, per saggiare la capacità
di reazione statunitense.

I conflitti in Asia e la crisi di Berlino.


Dopo la crisi di Suez, la “dottrina Eisenhower” sembrava largamente fallita, in quanto Nasser
aveva convinto i governi arabi a rifiutare l’aiuto economico americano; egli si spinse anche più
in la, in quanto trovando una appoggio nel partito socialista siriano (il baath) i due Paesi
realizzarono nel febbraio 1958 una unione politica, la cosiddetta “Repubblica Araba Unita” che
vedrà la secessione della Siria nel 1961 a causa di un colpo di Stato interno.
Questa iniziativa ebbe effetti immediati in Iraq, Libano e Giordania, Paesi sotto l’influenza
sicura degli Usa: in Iraq (luglio 1958) il re fu ucciso durante una rivolta e nel nuovo governo i
comunisti ricevettero incarichi importanti (ma in seguito l’influenza comunista andò
diminuendo e gli americani poterono tranquillizzarsi), gli Usa non intervennero ma quando vi
furono segni di agitazione politica anche in Libano e Giordania vi fu l’occupazione di Beirut da
parte di soldati americani e di Amman da parte di soldati dei corpi speciali inglesi.
Molte furono le proteste internazionali, dall’Urss all’Egitto, dall’India alla Francia di De Gaulle,
il quale propose anche una conferenza tra le cinque potenze; il conflitto fu risolto quando in
102
agosto tutti i Paesi Arabi compreso Israele fecero approvare all’Assemblea dell’ONU una
risoluzione con la quale il Medio Oriente doveva essere lasciato fuori dai contrasti tra le grandi
potenze, aderendo completamente ai più popolari slogan del neutralismo e dell’unità del
Mondo Arabo di Nasser.
- Contemporaneamente, nell’agosto 1958, la Cina riapriva la sopita questione di Formosa,
riprendendo i bombardamenti sulle principali isole dell’arcipelago delle Pescadores;
nonostante l’appoggio sovietico (che arrivò in ritardo), le relazioni tra i due Stati comunisti
mostravano delle incrinature, probabilmente a causa delle riforme cinesi annunciate in quel
periodo, “le comuni popolari” (collettivizzazione brutale delle terre) e “il grande balzo in
avanti”, cioè il passaggio diretto dal socialismo dalla democrazia popolare (“a ciascuno
secondo le sue capacità”) alla fase ultima del comunismo (“a ciascuno secondo i suoi
bisogni”), cosa secondo i russi molto “avventurosa”.
La crisi di Formosa si placò in ottobre, con la spontanea diminuzione dei bombardamenti
cinesi, molti pensarono che questa fosse una dimostrazione di indipendenza totale dall’Urss.
- La crisi di Berlino andò dal novembre 1958 all’agosto 1961, data di costruzione del muro.
Grazie all’accesso libero alla zona ovest, la Germania orientale aveva perso in dieci anni più di
un milione di abitanti che avevano scelto di passare all’ostentata agiatezza del sistema
capitalista; nel novembre 1958, seguendo la tesi del capo della RDT Ulbricht, secondo la quale
il riarmo della Germania ovest violava gli accordi di Potsdam e quindi gli alleati non avevano
diritto di rimanere a Berlino, i russi inviarono una nota ai governi occidentali in cui erano
modificate le sue posizioni circa Berlino e la Germania. L’Urss avrebbe trasferito i suoi poteri
alla RDT, riconoscendo in pieno il nuovo Stato, Berlino ovest avrebbe dovuto trasformarsi in
una “città libera” sotto controllo dell’ONU entro sei mesi (ultimatum) altrimenti l’Urss avrebbe
fatto una pace separata con la Germania, costringendo gli occidentali a negoziare l’accesso a
Berlino direttamente con la RDT, quindi riconoscendola di fatto e avvicinandosi alla tesi
sovietica del negoziato tra due Stati indipendenti.
Gli alleati non avevano riconosciuto al Germania ovest e, tra l’intransigenza di De Gaulle e i
tentativi di mediazione inglese, gli americani erano incerti sulla risoluzione del problema;
valeva la pena scatenare una guerra atomica con centinaia di milioni di vittime per alcuni
quartieri di Berlino?
Sul problema vi fu una riunione dei quattro ministri degli Esteri a Ginevra (Dulles morì allora)
da maggio a luglio 1959 ma le tesi delle libere elezioni occidentali e dei negoziati tra Stati
russa non fu mutata, tuttavia i russi sembravano non considerare imperativo l’ultimatum di
sei mesi; fu durante questi incontri che Krusciov fu invitato negli Stati Uniti.
Questo viaggio fu fatto nel settembre 1959, poco prima che un razzo russo raggiungesse la
luna; Eisenhower fece incautamente intendere che lo Statuto di Berlino ovest non era perfetto
e Krusciov sembrò molto soddisfatto di ciò, si decise anche la riunione di una Conferenza a
Parigi per la risoluzione del problema; la Conferenza di Parigi si svolse nel maggio 1960 ma fu
un totale fallimento in quanto Krusciov, che aveva capito che in realtà lo Statuto di Berlino
non sarebbe stato modificato, prese come pretesto per farla fallire la cattura di un aereo-spia
americano U2 sul territorio sovietico. La situazione tornò ad essere tesa.
Alla riunione dell’Assemblea ONU del 12 ottobre 1960, per protesta contro una dichiarazione
americana e filippina sulla necessità di liberare i popoli che vivevano dietro il sipario di ferro,
Krusciov battè più volte la scarpa sul tavolo, gesto singolare rimasto certamente nella storia;
nonostante questi contrasti, la risoluzione della crisi berlinese fu risolta da un gesto
spettacolare e vergognoso quando, il 13 agosto 1961, le autorità tedesco orientali sbarrarono
il passaggio sulla linea di demarcazione tra la zona sovietica e quelle occidenatli, iniziando la
costruzione del muro.
Da questa data i sovietici non parlarono più di cambiare lo Statuto di Berlino o di trattati
separati.

Le crisi cubane (1961 – 62) e l’inizio della tensione cino-sovietica.


103
L’isola di Cuba era strettamente legata agli Stati Uniti sin dall’inizio del secolo, la sua
economia dipendeva interamente dalle esportazioni di zucchero agli Usa, se questi avessero
cessato le importazioni di zucchero, per Cuba sarebbe stata la rovina.
Dal 1934 la vita politica cubana era controllata dal colonnello Batista, il quale aveva inasprito
la sua dittatura proprio all’inizio degli anni ’50, al prezzo di migliaia di vittime; nel luglio 1953
il giovane avvocato Fidel Castro tentò con un centinaio di sostenitori di attaccare una
caserma, ma il suo piano fallì e fu esiliato in Messico, dove reclutò nuovi sostenitori tra cui
Ernesto Che Guevara.
Nel dicembre 1956 Castro sbarcò nuovamente a Cuba e dopo due anni di lotta partigiana tra
le montagne delle Sierra Maestra, Batista fu costretto a fuggire nel gennaio 1959, lasciando il
potere al gruppo di Castro. Gli americani furono in un primo tempo favorevoli al regime
castrista.
Tuttavia Castro voleva sottrarsi dall’influenza economica e politica americana, anche se nel
primo periodo sembrò tendere verso l’ala moderata, aspettando forse un aiuto economico
americano che non si ebbe in quanto il regime accettava collaboratori comunisti; nel maggio
1959 si ebbe la svolta: Castro decise una riforma agraria che prevedeva la divisione delle
terre, compresi gli enormi latifondi della società americana “United Fruit Company”.
Questa decisione rese la tensione tra Washington e l’Avana estrema, anche perché dei
rifugiati anticastristi confermarono la svolta comunista della politica cubana; i rifugiati
organizzarono raid aerei appoggiati dagli Usa, mentre nel febbraio 1960 Castro prendeva
contatto con la Russia e si emancipava dal controllo economico americano, firmando un patto
commerciale con i sovietici che accettavano di comprare lo zucchero cubano, in seguito
furono confiscate le imprese americane.
I contatti con i russi si intensificarono, mentre gli americani bloccavano l’ingresso dei prodotti
cubani inasprendo ulteriormente la situazione; nel gennaio 1961 Eisenhower fu sostituito dal
primo presidente cattolico americano, Jonh Fitzgerald Kennedy, il quale fu convinto dai vertici
della CIA e del FBI ad approvare un’azione militare contro Cuba operata dagli esuli
anticastristi con l’appoggio logistico americano, confidando in una sicura sollevazione delle
masse contadine.
Nell’aprile 1961 Kennedy diede l’assenso al progetto, precisando che le forze americane non
sarebbero intervenute; lo sbarco si ebbe alla Baia dei Porci e fu un totale fallimento, in due
giorni gli esuli cubani furono arrestati e solo alcuni furono salvati dalla marina statunitense, il
popolo appoggiò in pieno Castro e il regime ne uscì rafforzato, annunciando una Costituzione
socialista.
Kennedy decise allora di seguire una politica più cauta, cercando di impedire la diffusione del
comunismo in America Latina, operando la cosiddetta “Alleanza per il progresso”, un piano di
enormi aiuti economici ai Paesi americani che il governo non fu in grado di mantenere; la
seconda mossa fu quella di far espellere Cuba dall’Organizzazione degli Stati Americani,
nonostante Brasile, Argentina, Cile e Messico avessero votato contro la risoluzione. Cuba era
isolata.
Poiché Castro riteneva un attacco americano imminente, Che Guevara e Raoul Castro si
recarono a Mosca nell’estate 1962 per chiedere l’aiuto sovietico contro un’eventuale
aggressione; sull’isola arrivarono tecnici e materiale e furono iniziati lavori segretamente per
la costruzione di rampe missilistiche che avrebbero potuto colpire qualsiasi punto del territorio
americano.
Le rampe furono scoperte da un aereo spia americano nell’ottobre 1962; da quel momento
Kennedy formò un Consiglio segreto che doveva rapidamente decidere il da farsi. Le soluzioni
erano tre:
Invasione totale di Cuba, con il rischio di un intervento atomico sovietico.
Raid aerei per distruggere le basi missilistiche, con il rischio di fallire e di una reazione
sovietica.

104
Blocco navale per impedire l’arrivo dei missili a Cuba, lasciando la scelta dell’escalation
all’Urss.
Dopo giorni difficili, Kennedy scelse la terza possibilità e il 22 ottobre la comunicò agli
americani con un discorso televisivo, mentre le foto degli U2 erano pubblicate in tutto il
mondo.
Krusciov fu molto impressionato dalla decisione americana e, non volendo assolutamente la
guerra, fece tornare indietro le navi con i missili e inviò un ambasciatore ufficioso per trattare;
alla fine si ebbe un compromesso ragionevole: gli Usa non avrebbero attaccato Cuba in
cambio del ritiro dei missili (sotto il controllo di una Commissione dell’ONU) e dell’impegno a
non reinstallarli in futuro. L’accordo fu raggiunto il 26 ottobre e il mondo tirò un sospiro di
sollievo. Problemi successivi si ebbero da parte di Castro, che si sentì escluso dalle decisioni
delle due superpotenze, rifiutando il Controllo dell’ONU e rischiando di far fallire l’intero
accordo; dopo alcune trattative il delegato sovietico lo convinse, ma la tensione con l’Urss
rimase.
Dopo questa crisi l’amministrazione Kennedy, su proposta del Segretario alla Difesa Mac
Namara, adottò una nuova strategia che doveva sostituire la “rappresaglia massiccia” di
Eisenhower, detta “risposta flessibile”, che consisteva nel rispondere ad una azione
dell’avversario con un’altra azione contraria in modo da graduare l’escalation e per non
arrivare ad una guerra atomica per una piccola azione militare. Il problema era prevedere se
l’escalation, una volta arrestata, avrebbe potuto essere fermata e allo scopo fu istituito tra
Mosca e Washington il “telefono rosso”; la risposta flessibile comportava spese militari elevate
e il bilancio militare americano crebbe di anno in anno.

- Le relazioni tra la Cina e l’Unione Sovietica si mantennero su di un ottimo livello (trattati del
febbraio 1950 e dell’ottobre 1954) sino al 1956, fino alle accuse di Krusciov sul ruolo di Stalin;
Mao fece sapere ai sovietici che “i meriti di Stalin erano superiori ai suoi errori”, comunque il
contrasto non sembrava sin lì rilevante e in ottobre i cinesi avevano approvato le rappresaglie
in Ungheria.
Il conflitto tra due Stati socialisti può nascere circa la dottrina e sul modo di applicarla alla
realtà: dal ’53 al ’58 i cinesi intrapresero la strada delle “comuni popolari” e del “grande balzo
in avanti” che dovettero abbandonare nel ’59, l’intero progetto fu aspramente criticato dai
sovietici.
Dopo la crisi del Libano e le tensioni per Formosa, la politica di Krusciov sembrò orientarsi
verso l’idea di una pacifica coesistenza con l’occidente capitalista, in una battaglia soprattutto
a livello economico per garantire ai cittadini dei Paesi comunisti condizioni migliori di quelle di
allora; questa linea di condotta fu alla base del contrasto ideologico con il Partito Comunista
Cinese, al cui interno i sostenitori dell’alleanza con l’Urss perdevano sempre più potere.
Il contrasto divenne molto aspro in occasione del conflitto in Tibet, scoppiato nel marzo 1959
con una rivolta armata dei tibetani contro la Cina e appoggiati dall’India; con grande
irritazione cinese, i russi si schierarono con l’India, concedendo a questo Paese un prestito che
non era mai stato concesso alla Cina comunista, in più la crisi fu aggravata dalla decisione di
Mosca circa un anno dopo di ritirare i suoi tecnici dalla Cina, usati per far sviluppare nel Paese
un industria moderna.
Nel novembre 1960 vi fu una conferenza di 81 partiti comunisti a Mosca, dove il contrasto,
che comunque era segreto per il mondo intero e riguardava solo i direttivi dei Partiti comunisti
dei due Paesi, prese un carattere ideologico: i sovietici definivano i cinesi “dogmatici” (davano
una falsa interpretazione alla dottrina senza tenere conto della realtà) e i cinesi a loro volta
affermavano che i sovietici erano “revisionisti” (modificavano la dottrina per scopi non
comunisti e avevano rinunciato all’espansione mondiale della rivoluzione).
Altro punto di frizione fu la questione dell’Albania: nel maggio 1960 i sovietici ritirarono navi e
appoggio tecnico ed economico agli albanesi, in quanto questi continuavano ad attaccare la
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Jugoslavia di “sciovinismo” e di “tradimento del marxismo-leninismo”, mentre ai russi stava
molto a cuore la distensione ottenuta da pochi anni con il regime di Tito; gli albanesi, rimasti
isolati, trovarono appoggio nella Cina, che le diede aiuti economici e tecnici.
La crisi divenne di dominio pubblico solo nell’ottobre 1961, quando si tenne a Mosca il XXII
Congresso del partito comunista dell’Unione Sovietica, al quale parteciparono un numero fino
ad allora mai visto di partiti comunisti provenienti da tutti i continenti; l’Albania non era stata
invitata.
Il discorso di Krusciov irritò i cinesi per due atteggiamenti: gli attacchi pubblici all’operato di
Stalin e una condanna pubblica del “dogmatismo” albanese, velatamente collegato
all’atteggiamento cinese, intransigente contro l’imperialismo americano e di rifiuto verso
qualsiasi accordo; la replica cinese si ebbe tramite attacchi personali a Krusciov e al suo
revisionismo che favoriva l’imperialismo occidentale e in occasione della crisi di Cuba, i cinesi
disapprovarono la resa russa.
Nel maggio 1962 vi furono i primi scontri di frontiera tra russi e cinesi e nello stesso periodo i
cinesi ripresero le ostilità con l’India, rivendicando alcune zone sul versante sud dell’Himalaya;
ancora una volta i sovietici si schierarono con gli indiani e fornirono aiuti militari quando
nell’ottobre 1962 i cinesi superarono l’Himalaya e ottennero una schiacciante vittoria sugli
indiani.
Si consumava in quegli anni, dunque, la rottura tra i maggiori Stati socialisti.

La decolonizzazione dell’Africa.
Dal 1957 al 1962 quasi tutta l’Africa uscì dallo stato coloniale, conquistando l’indipendenza
dai colonizzatori europei; prima di queste date solo Etiopia, Liberia, l’Unione Sudafricana e gli
Stati del nord Africa (tranne l’Algeria) erano effettivamente indipendenti.
Il simbolo di questo cambiamento sarà la Conferenza di Bantung che promuoverà il risveglio
del sentimento indipendentista dei Paesi del Terzo Mondo; vi sono, però, delle distinzioni da
fare:
- La decolonizzazione dell’Africa nera inglese seguì all’incirca lo stesso processo per tutte le
regioni: dallo statuto di “Colonie della Corona” amministrate direttamente dall’Inghilterra si
passava a quello di colonie con un governo responsabile provviste di un’Assemblea legislativa
per il controllo delle proprie finanze; poi, il “Colonial Office” concedeva una maggiore
autonomia con il self-government, per arrivare finalmente alla totale indipendenza che
prevedeva il mantenimento di alcuni legami con la metropoli o in altri casi l’integrazione nel
Commonwealth.
La prima colonia britannica a divenire indipendente fu la Costa d’Oro nel marzo 1957 e questo
avvenimento diede la spinta alla rivendicazione dell’autonomia in tutti gli Stati coloniali
africani; alla Costa d’Oro seguirono la Nigeria (ottobre 1960), la Sierra Leone (aprile 1961), la
Tanganica (dicembre 1961), l’Uganda (dicembre 1962), il Kenya e l’isola di Zanzibar
(dicembre 1963).
A Zanzibar vi fu una rivoluzione di estrema sinistra con elementi addestrati a Cuba, durante la
quale fu rovesciato il governo arabo a favore di uno africano; migliaia di arabi furono
massacrati e l’isola si unì alla Tanganica formando la “Repubblica Unita di Tanzania”
A sud era presente l’Unione Sudafricana che nel 1961 decise di lasciare il Commonwealth a
causa della sua non apprezzata politica di segregazione razziale; al nord dell’Unione gli inglesi
decisero di costituire una “Federazione dell’Africa Centrale” con Nyasaland, Rhodesia del Sud
e del Nord per ridurre l’influenza sudafricana.
Il Nyasaland lasciò subito la Federazione e divenne indipendente nel luglio 1964 con il nome
Malawi; la Rhodesia del Nord fu indipendente dal settembre 1964, mentre in Rhodesia del Sud
prendevano il potere partiti di destra che operarono una rigida segregazione razziale,
contrastando gli inglesi e ottenendo l’indipendenza con un gesto unilaterale nell’aprile 1964.
- Per quanto riguarda la decolonizzazione dell’Africa nera francese il processo fu più
travagliato, i francesi non agirono caso per caso ma con un’evoluzione politica comune a tutti
106
i territori africani anche perché i francesi praticavano (o volevano praticare) una politica di
assimilazione dove i coloni eleggevano rappresentanti all’Assemblea Nazionale e al Consiglio
della Repubblica; i leader dei neri prima aderirono a partiti e sindacati metropolitani, poi
crearono organismi politici autonomi.
Nel 1958 in Francia si decise per una decentralizzazione economica e amministrativa,
mantenendo la Repubblica comunque una e indivisibile, in quanto l’opinione pubblica non era
favorevole ad ulteriori concessioni dopo l’indipendenza di Marocco e Algeria; in un primo
tempo l’indipendenza fu concessa ai territori ottenuti sotto mandato ONU dopo la guerra, cioè
Togo (aprile 1960) e il Camerun (gennaio 1960).
Con il ritorno al potere di de Gaulle nel giugno 1958, la politica francese cambia, in quanto il
generale comprende che una solida cooperazione tra la Francia e i territori d’oltremare
indipendenti è preferibile (anche a livello internazionale) al mantenimento di una sovranità
che costava grosse spese militari e che comunque non era gradita dalle popolazioni locali; nel
settembre 1958 egli propose un referendum nelle colonie per la nascita di una “Comunità
francese” o l’indipendenza.
Solo la Guinea votò per l’indipendenza, la ottenne e furono subito rotti i rapporti con la
Francia; la Comunità dava ad ogni membro una larga autonomia interna ma manteneva il
controllo della politica estera, di difesa e degli esteri. Questa organizzazione non durò per
molto.
I primi a staccarsene furono il Senegal e il Sudan che costituirono il Mali nel settembre 1959,
poi fu la volta del Madagascar (giugno 1960) e della Mauritania (ottobre 1960).
- Più complessa e sanguinosa fu la questione del Congo belga.
In Africa il Belgio aveva il controllo sul Congo, con la ricca provincia periferica del Katanga, e
un mandato dal 1919 sul Ruanda e l’Urundi; la politica coloniale belga era stata
essenzialmente economica e dato il forte ritardo sociale e culturale l’indipendenza era
considerata impossibile, mantenendo una politica paternalista; dopo l’indipendenza della
Costa d’Oro (Ghana) i movimenti indipendentisti si svilupparono e fino al 1959 vi fu una dura
repressione da parte belga delle grandi rivolte armate dei congolesi, soprattutto a Leopoldville
(poi Kinshasa); all’inizio del 1960 la situazione mutò e dei colloqui portarono al varo di una
Costituzione e all’indipendenza in giugno.
Non preparati a questo grande cambiamento, i congolesi si divisero tra partiti e interessi
troppo contrastanti; in luglio il Katanga, sotto il controllo belga, si divise e proclamò la sua
indipendenza; i congolesi chiesero l’intervento dell’ONU che inviò una forza di pace per
sostituire i belgi, mentre il generale Mobutu si impadroniva del potere del filo sovietico
Lumumba (poi assassinato e divenuto un icona dell’indipendenza dei popoli africani) in
settembre. Tuttavia all’inizio del 1961 vi erano in Congo una quindicina di governi
indipendenti; l’anno dopo le truppe dell’ONU posero fine alla secessione del Katanga ma nel
1964 abbandonarono il Paese in un caos totale.
Il Ruanda e l’Urundi non furono riuniti al Congo e divennero indipendenti nel luglio 1962.

LE DIFFICOLTÀ DEI DUE BLOCCHI.

Il Gollismo e l’indebolimento del campo occidentale.


Dopo l’allontanamento nel gennaio 1946 il generale De Gaulle ritorna al potere in Francia nel
1958, risolvendo la crisi in Algeria e facendo tornare la Francia sulla scena internazionale con
nuove richieste e una politica più aggressiva, soprattutto nei confronti del dominio
statunitense;
nel gennaio 1959 doveva entrare in vigore il MEC e la principale preoccupazione del generale
riguardò soprattutto l’Inghilterra, che aveva proposto la creazione di una zona di libero
scambio che si sarebbe parificata a quella del MEC; De Gaulle e il cancelliere tedesco
Adenauer fecero fallire il progetto e gli inglesi crearono una zona di libero scambio (EFTA) con
Svizzera, Austria, Portogallo, Danimarca, Norvegia, Svezia e Finlandia.
107
Altro tassello importante della politica estera gollista fu il problema della NATO, in cui si
chiede una direzione tripartita degli USA con Francia e Gran Bretagna; al rifiuto americano e
all’opposizione italiana e tedesca, il generale rispose intensificando il programma nucleare
francese e nel 1960 esplode la prima atomica, passando alla fase della sperimentazione
militare.
- Intanto negli Usa il presidente Kennedy, interessato all’Europa, lanciava il suo programma, il
cosiddetto “Grande Disegno” nel 1962, dopo un viaggio nel Vecchio Continente per ristabilire
dei rapporti prolifici dopo il fallimento della CED e la crisi di Suez: l’idea era che si dovevano
costruire sull’altra sponda dell’Atlantico gli Stati Uniti d’Europa, costituendo due solidi
“pilastri” di eguale importanza, dove l’unica differenza sarebbe stata il monopolio dell’atomica
da parte degli Usa, dato che la teoria della risposta flessibile prevedeva un unico centro
decisionale all’ultimo stadio (“un solo dito sul grilletto”), su tutti gli altri punti l’uguaglianza
sarebbe stata completa.
Concretamente il piano di Kennedy prevedeva anche una riduzione dei diritti di dogana tra le
due sponde dell’Atlantico per stimolare il commercio: ciò implicava l’entrata dell’Inghilterra
nel MEC; De Gaulle sembrava favorevole a ciò, ma tutto il progetto saltò a causa di un
accordo di natura militare tra l’Inghilterra e gli Stati Uniti stipulato alle Bahamas nel dicembre
1962.
Kennedy voleva assorbire la piccola forza nucleare inglese in quella americana, e infatti
concordarono che l’atomica britannica sarebbe stata posta sotto il controllo dell’Alleanza
Atlantica, mentre comunque quella americana restava libera dall’assenso dell’Organizzazione;
a questo progetto di “forza multinazionale” se ne affiancava un altro, la “forza multilaterale”
(MLF) che doveva concedere a Germania e Italia delle navi di superficie con missili atomici
(progetto simbolico perché le navi erano molto vulnerabili).
De Gaulle, naturalmente, non vide di buon occhio il progetto in quanto anche lui aveva il suo
“grande disegno”, la costituzione di una politica estera comune per gli Stati europei (egli era
fermamente contrario alla formazione di uno Stato unitario o di una federazione) guidata da
Francia e Germania e libera dall’egemonia statunitense; a questo scopo egli promosse una
cooperazione franco-tedesca con un patto firmato nel gennaio 1963 che presupponeva
incontri regolari di ministri e scambi economici e culturali. Nello stesso momento il generale
stroncò il progetto di Kennedy opponendosi all’entrata dell’Inghilterra nel MEC, fornendo agli
altri cinque partner (che invece erano favorevoli) blande giustificazioni economiche; allo
stesso modo egli rifiutò la “forza multinazionale”.
Da questo momento la Francia apriva una crisi nel MEC e nell’Alleanza Atlantica.
- Sul fronte del MEC, De Gaulle impose una politica di “ultimatum” con la minaccia di
abbandonare l’organizzazione, soprattutto nel campo della politica agricola, volendo ottenere
un mercato europeo privilegiato per i prodotti agricoli, in modo da smaltire le eccedenze
francesi ad un costo più alto rispetto alle esportazioni che arrivavano da Paesi fuori dal
Mercato Comune; le cosiddette “maratone agricole” durarono fino al 1965 e De Gaulle
ottenne, oltre alla formazione di un mercato agricolo europeo e di un finanziamento dei singoli
Stati alla politica agricola in base alle loro importazioni (svantaggioso per la Germania), anche
che i poteri della Commissione fossero ridotti.
Dopo queste crisi si ebbe un rilancio europeo quando nell’aprile 1965 furono fusi gli esecutivi
delle tre Comunità esistenti, la CECA, l'EURATOM e il MEC, mentre la politica di esclusione
inglese dall’Europa fu portata avanti da De Gaulle fino alla sua permanenza al potere (aprile
1969).
- Per quanto riguarda l’Alleanza Atlantica, si vide la volontà del generale di emanciparsi dagli
Usa; ciò provocò anche lo scontento degli alleati europei, soprattutto della Germania che
aveva bisogno della Francia per garantire la difesa di Berlino Ovest, con la conseguenza che
Adenauer fu sostituito e il trattato di collaborazione tra i due Paesi perse progressivamente
ogni suo valore.

108
Nel marzo 1966 De Gaulle inviò un messaggio al nuovo presidente americano Johnson
(Kennedy fu assassinato nel novembre ’63) in cui affermava la volontà della Francia di restare
fedele all’Alleanza Atlantica ma di voler uscire dalla sua organizzazione militare, la NATO, al
fine di riacquistare la piena sovranità sull’esercito e sul territorio francese a partire dal luglio
dello stesso anno; le basi e le installazioni militari americane e canadesi dovevano essere
smantellate entro l’aprile 1967.
La decisione francese comportava una divisione tra le comunicazioni militari del nord e sud
d’Europa, oltre al problema dell’indebolimento della difesa alleata in Germania; su questo
punto il nuovo cancelliere Willy Brandt riuscì ad ottenere un compromesso in dicembre.
Ma i rapporti tra Francia e Usa si deteriorarono ulteriormente in seguito ai viaggi che in quello
stesso anno De Gaulle fece in Urss e in Cambogia, dove condannò la guerra nel Vietnam, e
per la posizione del generale favorevole agli arabi durante la guerra dei sei giorni del 1967;
anche con il Canada i rapporti si raffreddarono per l’appoggio aperto alle aspirazioni
indipendentiste del Quebec.
Molto importante fu anche l’attacco contro la stabilità del dollaro (sul cui cambio in oro si
basava il sistema monetario mondiale), che vide tuttavia invertirsi la situazione quando bastò
una crisi interna per far perdere stabilità al franco e pose la Francia nella necessità di avere
un aiuto Usa.
Nel 1969 De Gaulle rassegnò le dimissioni e il nuovo presidente Pompidou migliorò le relazioni
con gli Stati Uniti di Nixon, accettando anche la partecipazione inglese al MEC in cambio del
mantenimento dei sacrifici per il mercato agricolo da parte del cancelliere tedesco Brandt.

Campo sovietico: Breznev e i contrasti con Cecoslovacchia, Romania e Cina.


La politica di Krusciov risultò in definitiva abbastanza fallimentare, dall’estero con la Crisi di
Cuba e i contrasti con la Cina sino al mantenimento dei problemi agricoli dell’Urss all’interno,
la sua noncuranza in materia di dottrina, il disimpegno dell’industria pesante per quella dei
beni di consumo e il suo “avventurismo”; per questi motivi il Presidium lo allontanò
nell’ottobre 1964.
Si tornò, almeno fino al 1970, ad una guida collegiale, con le tendenze di Breznev, appoggiato
dai militari e più cauto con la destalinizzazione e Kosygin, favorevole alla distensione e
all’apertura; i militari presero sempre più piede e dal 1970 Breznev si trovò ad esercitare da
solo il potere.
Anche i sovietici negli anni ’60 dovettero affrontare una serie di problemi con i loro alleati.
- In Romania vi fu a partire dal 1961 una dura opposizione del partito rumeno contro i piani
del COMECON, il “Consiglio di Mutua Assistenza Economica” dell’Urss con le democrazie
popolari europee, contestando soprattutto la specializzazione dei compiti tra i diversi Paesi,
che avrebbe lasciato la Romania uno Stato fondamentalmente agricolo, non sviluppando
l’industria.
Il partito comunista rumeno, guidato da Ceausescu, rivendicò una propria indipendenza
economica e di sovranità nazionale, sostenendo negli anni successivi le tesi cinesi e albanesi,
rifiutandosi di partecipare all’attacco contro la Cecoslovacchia e accogliendo l’anno dopo il
presidente Nixon.
- Intanto continuava la disputa con la Cina che non si attenuò dopo la caduta di Krusciov e
vide anzi un pericoloso aumento degli incidenti di frontiera durante tutti gli anni ’60; la
“rivoluzione culturale” controllata da Mao nel 1966 per riprendere la guida del Paese, in
seguito repressa, ebbe code anti-sovietiche e tornarono i ricordi dei trattati ineguali con cui i
russi avevano sottratto territori all’impero cinese.
Gli incidenti divennero seri nel 1969 per il controllo più che altro propagandistico della piccola
isola di Demanski, dove furono inviate truppe da entrambi i Paesi e ci vollero dei negoziati per
riuscire a sanare il conflitto.
- La crisi più grave si ebbe però sicuramente in Cecoslovacchia: questo Paese era sempre
stato considerato il più fedele del blocco sovietico ma a partire dal 1963 il segretario ex
109
stalinista Novotny aveva assicurato una certa liberalizzazione; la conseguenza immediata fu
nel 1967 la formazione di un gruppo di intellettuali che richiedevano una maggiore
liberalizzazione della politica interna.
Essi trovarono un appoggio politico nell’ala liberale del partito con a capo Dubcek, il quale
riuscì a prendere il potere nel gennaio 1968; egli era un comunista convinto ma era certo che
il socialismo avrebbe potuto svilupparsi anche in un sistema di volontà individuale, quindi
promosse la fine della censura, l’apertura delle frontiere e il diritto di viaggiare e la
riabilitazione delle vittime dei soprusi.
Tuttavia, a differenza della Romania dove nessuna liberalizzazione era tollerata all’interno, la
Cecoslovacchia si dichiarava totalmente fedele al Patto di Varsavia; ai russi questo non bastò
e quando nel marzo in Polonia vi furono scontri all’università di Varsavia tra l’esercito e gli
studenti che si ispiravano apertamente alla “Primavera di Praga”, decisero di intervenire in
Cecoslovacchia.
Il 21 agosto 1968 truppe russe, polacche, bulgare, ungheresi e della Germania est invasero il
territorio cecoslovacco; i russi credettero di poter agire come in Ungheria, sostituendo il
governo di Dubcek con uno fedele a Mosca, tuttavia essi si scontrarono con la solidarietà
dell’intera popolazione, del partito e anche dell’esercito cecoslovacco verso il programma
d’azione del partito.
Breznev fu costretto a scendere a patti: Dubcek e i suoi compagni furono condotti con la forza
a Mosca dove il 25 agosto furono costretti a siglare un accordo in cui limitavano la portata
della liberalizzazione nel Paese, con il ristabilimento di una certa censura e il mantenimento
per un tempo indeterminato delle truppe di occupazione.
La situazione rimase tesa ma nei mesi successivi vi fu una lenta e costante sostituzione dei
membri riformisti del partito, tra i quali lo stesso Dubcek e vi fu il ritorno ad un governo di
regime; in tutto il mondo le proteste per l’atteggiamento sovietico furono assordanti, anche gli
importanti partiti comunisti italiano e francese condannarono apertamente l’operato sovietico
in Cecoslovacchia.

Il movimento dei “non allineati”.


Con la definizione “Paesi del terzo mondo” non si intendono né i Paesi decolonizzati (lo sono
stati anche gli Usa) né quelli più ricchi in base al reddito pro capite (si pensi al Kuwait); la
distinzione è fatta più che altro in base allo sviluppo tecnologico e culturale del Paese in
questione.
Molti di questi Paesi non volevano schierarsi in nessuno dei due campi o mantenevano una
politica ambigua dettata dai loro problemi contingenti; sotto la spinta di Tito, Nehru e Nasser
vi fu la prima conferenza dei Paesi non allineati che si tenne a Belgrado nel settembre 1961.
Ad essa parteciparono 25 Stati (non erano stati invitati i Paesi SEATO, la Giordania, la Libia, il
Laos, le due Coree e i due Vietnam) e lo scopo della Conferenza fu principalmente quello di
mostrare alle due superpotenze e agli altri Paesi non allineati che era possibile mantenere una
certa neutralità; per tutta risposta Krusciov fece esplodere un’atomica nell’atmosfera durante
gli incontri.
I non allineati decisero di proseguire la loro opera con un po’ più di elasticità nella definizione
di “Paese non allineato”, infatti alla Conferenza del Cairo del 1964 il numero dei partecipanti
salì a 54 e a quella di Algeri del 1973 le delegazioni presenti erano ben 86, nonostante vi fu
una protesta sulla partecipazione di Cuba e del Vietnam del Nord da parte dell’anti-sovietico
colonnello Gheddafi.
Questa conferenza non ebbe fortuna perché esponenti estremisti palestinesi rapirono la
delegazione saudita proprio quando si discuteva del sostegno da dare ai movimenti
indipendentisti.
- Da rilevare in questo periodo il riavvicinamento dell’India agli Usa per ottenere aiuti e
contrastare la potenza cinese che si era verificata con la vittoria sull’Himalaya nel 1962, cosa
che scontentò i pakistani i quali firmarono importanti accordi di confine con i cinesi.
110
Sempre in Asia è da rilevare la rivolta del 1965 in Indonesia che si ritiene sia stata guidata
dalla CIA e che portò questo Paese nella sfera d’influenza americana sotto il generale Suharto.
In America Latina gli Usa mantennero l’esclusione di Castro dall’OSA (sarà riammesso solo nel
‘73), che continuava a fomentare rivolte in Bolivia (dove morì Che Guevara), Colombia e
Venezuela; in Cile la vittoria del socialista Allende nelle elezioni del settembre 1970 portarono
ad un Colpo di Stato organizzato dal generale Pinochet che andò al potere nel 1973.

La guerra del Vietnam, il Biafra e i conflitti Arabo-Israeliani.


- Dopo l’armistizio del 1953 tra la Francia e il Viet Minh, non riconosciuto dagli Usa e dal
governo sud vietnamita, gli americani decisero di sostenere i sud vietnamiti per contrastare
l’avanzata comunista in Asia; il referendum unitario sancito dall’armistizio non vi fu mentre ve
ne fu uno al sud che allontanò definitivamente l’imperatore Bo Dai, trasformando lo Stato in
una repubblica.
Mentre nei primi anni ’60 la Cina forniva armi e uomini al nord, il presidente Kennedy si limitò
a fornire da principio alcune centinaia di “consiglieri militari” che non avevano autorizzazione
a combattere; il regime di Dieng fu rovesciato nel 1963 e vi fu al sud una situazione di
tensione e incertezza politica che convinse il presidente Johnson ad agire, cosicchè nel 1964
fu approvato dal Congresso una legge che lasciava al presidente la decisione di ricorrere alla
forza per salvaguardare la libertà in Asia. Nel 1968 in Vietnam vi erano già mezzo milione di
soldati americani, e fin dal 1965 iniziarono i bombardamenti di obiettivi militari nel Vietnam
del Nord; questi attacchi servìrono solo a rafforzare il sentimento di rabbia dei nord vietnamiti
e soprattutto ebbero l’effetto di aumentare considerevolmente gli aiuti al Nord da parte della
Cina e, per la prima volta, dell’Urss.
Intanto nel sud continuava la guerriglia dei Vietcong (vietnamiti comunisti del Sud) riuniti nel
FNL, il “Fronte Nazionale di Liberazione”, che operava tramite azioni di guerriglia difficilmente
controllabili;
queste battaglie di usura durarono fino al gennaio 1968, data in cui i nord vietnamiti
scatenarono in più di cento basi e città un’offensiva militare di enorme portata, l’offensiva del
Tet (il capodanno vietnamita, giorno in cui gli americani non si aspettavano assolutamente
combattimenti).
La potenza e l’ampiezza dell’offensiva del Tet mostrò come i vietnamiti non fossero stati
fiaccati dagli anni di lotte, mentre in America parte dell’opinione pubblica chiedeva la fine
della guerra e la bilancia dei pagamenti vedeva il suo deficit aumentare per lo sforzo
economico sostenuto in Asia; prima delle elezioni del 1968 Johnson pose fine ai
bombardamenti nel nord e il neo presidente Richard Nixon si impegnò a porre fine alla guerra
con una pace senza disonore per gli americani.
La conferenza di Pace iniziò a Parigi nel gennaio 1969 con le delegazioni americana, del
Vietnam del Nord, del governo del Sud e anche dell’FLN.

La nascita degli Stati dopo la decolonizzazione ha portato ad una serie di conflitti per
l’acquisizione di territori di frontiera contesi; all’inizio degli anni ‘60 è soprattutto l’Africa ad
essere vittima di scontri di matrice territoriale,
in questi anni vi fu una contesa tra la Somalia, l’Etiopia e il Kenya; nel ‘63 vi furono scontri alla
frontiera tra il Marocco e l’Algeria e sempre il Marocco aprì una crisi internazionale per il
riconoscimento della Mauritania.
Tuttavia la crisi piu’ grave dell’Africa indipendente fu sicuramente quella del Biafra: in questo
caso si trattò di una secessione. In Negeria convivevano popolazioni musulmane e cristiane di
religione cattolica gli Ibo, stanziate soprattutto nella zona est, il Biafra; in seguito ad una
violenta repressione musulmana e soprattutto per la scoperta di importanti giacimenti
petroliferi, un regime militare dichiarò nel maggio1967 l’indipendenza del Biafra per farne una
regione distinta dai territori musulmani.

111
Il governo federale nigeriano, guidato da militari, iniziò una guerra di riconquista; l’ONU, gli
USA e i Paesi africani giudicarono la secessione un pericoloso precedente in un continente
dove le etnie non corrispondevano quasi mai agli Stati nazionali, a sostegno del Biafra si
schierò la Francia di De Gaulle che inviò aiuti economici e militari, ritardando una sconfitta
quasi certa (il Vaticano e la Cina furono blandamente favorevoli al Biafra).
la fine della guerra e la fine della secessione si ebbero dopo due anni e mezzo di lotte
sanguinose, nel gennaio 1970.
- Anche in Asia vi furono parecchie zone di conflitto nei nuovi Stati sorti dopo la
decolonizzazione, soprattutto a causa della presenza di minoranze etniche: sono questi i casi
degli indiani a Ceylon o delle minoranze cinesi presenti in Indonesia (piu’di tre milioni), con
l’inasprirsi delle relazioni tra i due Stati soprattutto dopo il colpo di Stato filo-americano, con
l’insorgere di incidenti alla fine degli anni ‘60.
Causa di contrasto fu anche la formazione della Malaysia per la rivendicazione di territori nel
Borneo indonesiano e di territori rivendicati anche dalle Filippine; inoltre i cinesi di Singapore
preferirono proclmarsi indipendenti piuttosto che essere inglobati nella Malaysia e divenire
una minoranza.
Di certo preponderante in Asia fu il conflitto del Kashmir tra India e Pakistan, al quale si
collega la questione dell’indipendenza del Bangladesh: l’India aveva annesso il Kashmir senza
tener conto dell’azione dell’ONU e la situazione rimase sospesa sino alla firma dell’accordo tra
il Pakistan e la Cina per la delimitazione delle frontiere tra i due Paesi e la sconfitta dell’India
con la Cina nel 1963; l’India fu obbligata ad intavolare trattative sulla questione del Kashmir
con il Pakistan, che aveva l’appoggio cinese e americano.
nell’agosto del 1965 un incidente di frontiera fece scoppiare la guerra tra i due Stati, una
minaccia di intervento cinese fu severamente fermata da Usa e Urss e un mese dopo il
Consiglio di Sicurezza dell’ONU impose il cessate il fuoco; la guerra fu però violentemente
ripresa a causa della situazione del Bangladesh, il quale faceva parte del Pakistan ed era a
questo sottomesso politicamente ed economicamente, nonostante i due territori fossero divisi
dall’India e non comunicanti.
Dopo aver trionfato alle elezioni il partito indipendentista proclamò nel marzo 1971
l’indipendenza, ma il Pakistan intervenne, invase il Paese e i leaders del movimento furono
arrestati; a questo punto l’India (guidata dal 1966 dalla figlia di Nehru, Indira Gandhi) decise
di intervenire direttamente e nel dicembre 1971 ripresero le ostilità tra India e Pakistan.
Gli indiani riuscirono a riconquistare il Bangladesh e a dopo una decina di giorni dall’inizio
delle ostilità il Pakistan fu costretto a riconoscere l’inidpendenza del Bangladesh, anche se il
veto cinese all’ONU non permise la sua entrata alle Nazioni Unite; in questo caso Usa e Cina si
erano trovati d’accordo nel non volere la secessione.
- In Medio Oriente nessuno dei due Grandi interveniva direttamente, sostenendo l’uno e
l’altro i due campi opposti, quello degli Arabi per l’Urss (che era la loro unica fornitrice di armi
e cercava di unirli in un fronte anti-imperialista) e quello di Israele per gli Usa; un negoziato
diretto tra le due parti sembrava impossibile e restava irrisolto anche il drammatico problema
dei profughi palestinesi rifugiati nei campi profughi in Giordania in condizioni disumane dopo
l’occupazione israeleana della Palestina nel 1948.

La situazione ebbe una brusca svolta nel 1967 per via delle comunicazioni marittime
israeliane: il Canale era chiuso alle navi d’Israele e a quelle che lo rifornivano, mentre il
controllo del Golfo di Aquaba era controllato dai caschi blu dell’ONU in territorio egiziano a
Sharm el-Sheik, garantendo il commercio israeliano.
Nel maggio 1967 Nasser chiese lo sgombero dei caschi blu e il Segretario Generale dell’ONU U
Thant accettò immediatamente di ritirarli; Nasser annunciò subito l’interdizione del Golfo di
Aquaba a tutte le navi dirette ad Israele.
La situazione divenne subito tesa e il 5 giugno 1967 le forze israeliane attaccarono nel Sinai, a
Gerusalemme e a nord contro i siriani, cogliendo totalmente di sorpresa i nemici e avanzando
112
il piu’ possibile, in modo che quando l’ONU avesse imposto il cessate il fuoco i territori
occupati sarebbero stati in parte mantenuti; quando il 10 giugno anche la Siria si convinse ad
accettare un cessate il fuoco senza condizioni, Israele aveva occupato tutta la penisola del
Sinai, la parte araba di Gerusalemme e le importanti alture del Golan: il colpo di sorpresa era
perfettamente riuscito e il ritardo nel cessate il fuoco per gli errori della diplomazia araba era
andato a tutto vantaggio degli israeliani.
L’Urss ruppe le relazioni diplomatiche con Tel Aviv e il 19 giugno, grazie all’appoggio dei Paesi
del terzo mondo sempre favorevoli ai Paesi arabi, riuscì a far convocare l’Assemblea Generale
dell’ONU per imporre agli israeliani il ritiro dai territori occupati, dichiarando Israele colpevole
di aggressione; tuttavia il progetto sovietico si scontrò con l’opposizione degli americani
seguiti dai Paesi sudamericani, impedendo che le varie risoluzioni di condanna venissero
approvate e facendo subire uno scacco diplomatico ai sovietici. Alla fine si adottò
all’unanimità una risoluzione inglese (risoluzione 242) che ordinava a Israele l’evacuazione dei
territori occupati, con alcune ambiguità in quanto non si specificava esattamente quali
territori occupati.
Dopo questi avvenimenti si ebbe lo sviluppo del movimento palestinese, il cui leader Yassir
Arafat aveva preso tra gli arabi il posto che era stato di Nasser; la “Organizzazione per la
Liberazione della Palestina” (OLP) nacque nel 1964 da una conferenza araba riunita in un
vertice al Cairo, composta da gruppi moderati e da movimenti estremisti come “Al Fatah” che
già dall’anno successivo iniziarono azioni militari contro Israele; i fedayin palestinesi avevano
basi in Libano, Siria e Giordania, agendo spesso come uno Stato nello Stato.
Questa situazione causò degli scontri con le truppe libanesi e soprattutto in Giordania, dove
nel 1970 essi furono arrestati ed espulsi da re Hussein creando una profonda spaccatura nel
mondo arabo; intanto il neo presidente egiziano Sadat nel 1972 congedò i tecnici sovietici e
sembrò avvicinarsi al campo occidentale vicino ad Israele (tranne la Francia che aveva
interrotto i rifornimenti militari all’epoca di De Gaulle). Questi contrasti furono risolti nel 1973
e il persistere dell’occupazione israeliana nei territori occupati e soprattutto di Gerusalemme
(ignorando le risoluzioni dell’ONU) indussero gli arabi a lanciare un offensiva militare.
Il giorno dello Yom Kippur, il 6 ottobre 1973, truppe egiziane superarono Suez e penetrarono
nel Sinai mentre i siriani attaccavano da nord; dopo un primo momento di sorpresa, gli
israeliani contrattaccarono e arrvarono nei giorni successivi vicino a Damasco, mentre il
generale Sharon riusciva ad aprire una breccia fino a Suez.
Il canale fu oltrepassato il 15 ottobre e i sovietici, che fino ad allora avevano posto il veto ad
un cessate il fuoco per non frenare lo slancio arabo, indussero gli egiziani ad accettarlo. Il
Consiglio di Sicurezza votò il cessate il fuoco il 22 ottobre, ordinando l’applicazione della
risoluzione 242 approvata nel 1967; gli israeliani lo accettarono solo dopo aver isolato
un’intera armata egiziana nel deserto ma la tempestiva azione dell’Urss aveva impedito una
capitolazione totale dell’esercito di Sadat.
Poichè gli israeliani continuavano nel tentativo di far capitolare l’armata l’Urss minacciò un
intervento diretto ma la ferma reazione degli americani spinse Breznev a non spingersi oltre;
si ebbero dei colloqui diretti tra egiziani e israeliani conclusi con “l’accordo del km 101” che
permetteva il vettovagliamento della III armata isolata sotto il controllo dei caschi blu e la
convocazione di una conferenza a Ginevra.

LA FASE DELLA DISTENSIONE E GLI ULTIMI ANNI DEL MONDO BIPOLARE (1969 - 1985).

I negoziati sul disarmo, l’Europa dei nove e la OstpolitiK.


Pur accrescendo i loro eserciti e investendo enormi capitali nella tecnologia militare, Usa e
Urss dovevano affrontare situazioni difficili che favorirono una certa ripresa del dialogo e
soprattutto i primi timidi tentativi di disarmo.
I sovietici non erano riusciti a realizzare le ottimistiche previsioni di Krusciov e il livello di vita
della popolazione russa rimaneva al di sotto anche degli standard europei; inoltre si faceva
113
sempre piu’ forte l’aspirazioni di alcuni ambienti ad una maggiore libertà individuale e di
espressione e soprattutto di poter viaggiare al di fuori dell’Urss, cose che rendevano il modello
comunista non piu’ così attraente anche per i Paesi del Terzo Mondo.
Gli Usa, nonostante un’espansione economica considerevole, vedevano aumentare la
contestazione a causa della guerra del Vietnam e della difficile situazione dei neri, con la
nascita di movimenti che mettevano anche in discussione la presunta supremazia morale e il
concetto di “missione “ che gli americani credevano di avere nel mondo (il Watergate).
Anche per questi motivi, oltre al contenimento delle enormi spese militari e all’impossibilità
sempre di natura economica di costruire reti anti-missile da parte americana, vi fu una certa
distensione che si tradusse nei due trattati sul disarmo.
Si iniziò con il problema degli esperimenti nucleari nell’atmosfera e il Trattato di Mosca
dell’agosto 1963 decretò la finedi tali esperimenti con ben 102 paesi firmatari; l’accordo non
fu tuttavia siglato da Francia e Cina che, avendo una potenza atomica ancora sperimentale,
avevano bisogno di queste prove nell’atmosfera (De Gaulle disse che questo non era disarmo
ma un tentativo di limitare il club dei paesi in possesso dell’arma atomica).
Il mese successivo vi fu la creazione di una linea telefonica diretta tra Washington e Mosca, il
cosiddetto “Telefono Rosso” che offriva la possibilità di una consultazione immediata tra i due
Stati in caso di degenerazione in guerra di un conflitto particolare.
Nel luglio 1968 si ebbe un nuovo trattato sulla non proliferazione delle armi atomiche, ancora
una volta non sottoscritto da Francia e Cina che intanto in quell’anno fecero esplodere le loro
prime “bombe H”, cioè delle atomiche militari; fu in occasione dei discorsi circa l’adesione al
trattato all’Assemblea dell’ONU che il presidente Johnson fece una proposta al delegato
sovietico per la sospensione della rete anti-missile, poi il russo propose una limitazione dei
sistemi missilistici.
In pratica, se non si poteva controllare il numero delle testate nucleari, si poteva operare un
controllo sul numero dei mezzi di lancio dei missili; il negoziato si aprì nel novembre 1969 ad
Helsinki e si arrivò all’accordo detto SALT I (Strategic Arms Limitation Talks) che fu firmato da
Nixon e Breznev il 26 maggio 1972: esso prevedeva la limitazione degli armamenti offensivi e
un accordo sul sistema dei missili anti-balistici (missili anti missile).
L’anno dopo vi fu un altro atto di riavvicinamento con un viaggio di Breznev negli Usa durante
il quale furono firmati nuovi accordi (le due potenze si impegnavano ad impedire una guerra
nucleare anche tra terzi) e si preparò il negoziato per il SALT II.

- Dopo l’uscita di scena di De Gaulle il nuovo presidente Pompidou tolse il veto francese per
l’entrata dell’Inghilterra nel MEC e, superando gli inglesi le diffidenze degli anti-europeisti, il
22 gennaio 1972 Regno Unito, Danimarca, Irlanda e Norvegia firmarono a Bruxelles la loro
adesione al Mercato Comune dopo mesi e mesi di negoziati tecnici; il trattato fu ratificato dai
parlamenti e solo in Norvegia un referendum diede la maggioranza ai sostenitori del no e il
Paese restò fuori. Nasceva nel gennaio 1972 l’Europa dei nove.

- Nel 1969 Willy Brandt fu eletto cancelliere in Germania: fedele al Patto Atlantico, sostenitore
del patto franco-tedesco ed europeista convinto, Brandt cercò subito di operare una nuova
politica con i Paesi del Patto di Varsavia, soprattutto cercò di favorire l’instaurarsi di normali
rapporti con la Repubblica Democratica Tedesca, ancora non riconosciuta dagli Stati
occidentali; questo significava abbandonare la tradizionale idea che la Germania ovest fosse
la vera espressione del popolo tedesco, poichè fondata sulla autodeterminazione, come
sosteneva l’opposizione della CDU.
Furono così iniziate conversazioni con l’Urss e la Polonia sull’inviolabilità del confine Oder-
Naisse e nel marzo 1970 si ebbe un incontro al vertice tra Brandt e il capo di governo della
RDT Stoph, seguito qualche giorno dopo da un incontro delle quattro potenze occupanti a
Berlino est, cosa che non succedeva dai tempi del quadripartito del 1948; fu deciso con un
accordo nel giugno 1972 che i russi non avrebbero ostacolato in alcun modo le comunicazioni
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tra Berlino ovest e la RFT, mentre gli occidentali ammettevano in cambio che Berlino ovest
non era un elemento costitutivo della Germania ovest, cosa che comportò lo spostamento del
Parlamento della RFT da Berlino.
Il problema principale di Brandt era la condizione imposta dalla RDT che non ci sarebbe stato
alcun accordo senza un riconoscimento formale dello Stato tedesco orientale; questo
riconoscimento si ebbe dopo la sua rielezione, con un accordo firmato nel dicembre 1972 in
cui i due governi tedeschi riconoscevano la sovranità dell’altro Stato nel suo territorio, in
seguito vi fu il riconoscimento da parte di numerosi Stati occidentali e l’ammissione delle due
Germanie alle Nazioni Unite nel settembre 1973.

La fine della Guerra del Vietnam e il riconoscimento della Cina.


- Mentre i negoziati sul Vietnam proseguivano a Parigi, Il presidente Nixon affermò che gli Usa
avrebbero dovuto difendere il Vietnam solo se questo Stato voleva rimanere libero; nel giugno
1969 egli affermò che bisognava “vietnamizzare” la guerra, cioè operare una ritirata
progressiva e lasciare ai sudvietnamiti, se lo volevano, il compito di difendere la loro libertà.
Da quel momento i soldati americani in Vietnam passeranno da piu’ di mezzo milione a meno
di 70 mila nel maggio 1972; durante questo periodo, però, gli americani intervennero anche in
Cambogia e nel Laos per contrastare le operazioni dei “khmer rossi” che volevano instaurare
in quegli Stati regimi comunisti filo-cinesi.
La situazione mutò dopo i viaggi di Nixon a Pechino e a Mosca nella prima metà del 1972;
parallelamente alle discussioni di Parigi, Kissinger e un delegato nord-vietnamita ebbero dei
colloqui segreti per il raggiungimento di un accordo che prevedeva l’unificazione e
l’indipendenza del Vietnam con un governo composto egualmente dalle tre componenti del
Paese (comunisti, esponenti del regime militare del sud e “neutrali”), il cessate il fuoco e il
controllo di una commissione internazionale di sorveglianza degli accordi.
Dopo alcuni problemi questi accordi furono siglati nella Conferenza di Parigi del marzo 1973,
tuttavia le ostilità continuarono tra i vietnamiti per estendere il piu’ possibile la zona
controllata dai due eserciti e anche in Laos e nella Cambogia da parte dei khmer rossi.

- La risoluzione del conflitto nel Vietnam è sicuramente legata alla nuova situazione
internazionale in cui venne a trovarsi la Cina; vi fu una forte corrente dell’opinione pubblica
mondiale che chiedeva il riconoscimento dell’enorme Stato, inoltre questo potè avvenire
grazie al realismo di Chou En-Lai (seconda carica cinese dopo Mao, comparso dopo che lo
stesso Mao aveva eliminato il generale Lin Piao nel 1971, del quale si era servito durante
l’epurazione del partito che vi fu in seguito alla “rivoluzione culturale”) e al realismo di Nixon;
nell’aprile 1971 i cinesi operarono un gesto simbolico invitando una squadra di ping pong
americana a giocare in Cina, in seguito Nixon tolse l’embargo americano sui prodotti strategici
(fatto adottare dagli Usa anche da altri Stati occidentali) e in seguito fu Kissinger a preparare
segretamente un viaggio dello stesso Nixon a Pechino.
Questa apparente distensione permise all’Assemblea delle nazioni unite di approvare
nell’ottobre 1971 una proposta albanese che prevedeva la sostituzione della Cina nazionalista
all’ONU con quella popolare, anche nel seggio permanente in Consiglio; il viaggio di Nixon a
Pechino si ebbe nel febbraio 1972 e, sulla questione spinosa del riconoscimento alla Cina
nonostante l’appoggio ai nazionalisti, il presidente affermò che avrebbe ritirato le forze
americane da Taiwan ma che l’accordo di difesa militare con il governo nazionalista era
sempre considerato valido. I due Paesi, infine, si pronunciarono per la non ingerenza negli
affari interni dell’altro. Questa nuova situazione permise anche al Giappone di ricucire i
contatti con la Cina e nel settembre 1972 vi fu un accordo tra i due Paesi con il quale il
Giappone riconosceva la Repubblica Popolare come il solo governo cinese (condizione sine
qua non che i comunisti cinesi imponevano per il loro riconoscimento), il trattato con Formosa
perdeva ogni ragione di esistere e si ponevano le basi per concludere un trattato di pace e di
amicizia, considerando concluso lo stato di guerra che in teoria ancora esisteva tra i due Stati.
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La debolezza dell’Occidente e la politica di Reagan.
A partire dalla seconda metà degli anni ‘70 (scandalo Watergate e dimissioni di Nixon
nell’agosto 1974) vi è stato un temporaneo indebolimento del sistema americano durante le
successive presidenze Ford (fino al 1976) e Carter (fino al 1980) di cui l’Urss ha approfittato
soprattutto con un intensificazione incessante degli armamenti, cercando di aggirare in ogni
modo gli accordi del SALT I.
La presidenza Carter fu caratterizzata da un ritorno della diplomazia americana al moralismo
tradizionale, con l’abbandono di ogni politica egemonica nel tentativo di ottenere una reale
distensione con Cina e Urss (anche perchè dopo il Vietnam il Congresso era molto restio a
concedere fondi per interventi militari) e con l’impegno a non sostenere piu’ i regimi
dittatoriali solo perchè anti-comunisti; a conti fatti la sua politica risultò debole, soprattutto
poichè non riuscì a contenere il riarmo russo e ad ottenere una reale applicazione degli
accordi per la limitazione degli armamenti.
Durante la presidenza Ford i russi avevano ottenuto un ambiguo successo diplomatico con la
Conferenza di Helsinki del luglio 1975, da loro promossa sin dal dopoguerra per operare la
“sicurezza e la cooperazione in Europa” tra i due blocchi, in realtà per consolidare lo status
quo nel loro campo ed essere sicuri delle frontiere occidentali in caso di guerra contro la Cina;
gli Occidentali chiesero e ottenero la presenza di Usa e Canada, la conclusione di un accordo
quadripartito su Berlino (quello del 1971) e un dialogo sulle libertà indiivduali che negli anni
successivi fu sempre rifiutato dall’Urss.
La conferenza stabilì anche una serie di principi astratti sul non ricorso alla forza e sulla
inviolabilità delle frontiere in Europa (“primo cesto”), sulla collaborazione culturale e
scientifica (“secondo cesto”) e sul rispetto dei diritti fondamentali (“terzo cesto”).
I risultati di questi accordi furono molto deludenti, la Russia continuava a mantenere truppe in
Europa Orientale e a non rispettare i diritti umani, anche la successiva Conferenza di Belgrado
che si tenne nell’ottobre 1974 fu un totale fallimento.
Per quanto riguarda gli accordi del SALT I essi non prevedevano il disarmo ma l’arresto della
corsa nella costruzione dei vettori, mentre ci si era accordati in seguito per l’installazione dei
missili anti-balistici solo nei pressi di New York e Mosca; i negoziati per il SALT II si aprirono
nella prima metà del 1975, mentre i gli americani preparavano i missili da crociera a bassa
quota Cruise e i sovietici iniziavano la fabbricazione di nuovi missili con una portata inferiore a
quella proibita dal SALT I (5 mila Km) e di un bombardiere pesante di nuovissima generazione,
il Tupolev “Backfire”, seguito dal B1 americano (modello praticamente identico).
Carter, dunque, sembrava costretto al riarmo dai sovietici che impiegavano per le spese
militari quote del PNL mai raggiunte da alcun Paese al Mondo, e anche le spese militari
americane raggiunsero cifre favolose, che tuttavia riuscivano a produrre in quantità circa la
metà di quello che producevano i sovietici nei campi “consentiti” o aggirati dal SALT I.
Una nuova causa di tensione si ebbe intorno al 1978, la “Crisi degli Euromissili”: mentre
Carter si sforzava di concludere il SALT II i sovietici avevano installato in Asia ed Europa dei
missili capaci di colpire tutte le capitali europee a medio raggio e quindi di difficile
intercettazione, fino all’elezione di Reagan vi fu tensione e la situazione non si risolse.
Ronald Reagan divenne presidente nel 1980 e fu trionfalmente riconfermato nel 1984: egli
rappresentava per l’americano medio la volontà di reagire alle provocazioni sovietiche, dopo
un declino consentito da Nixon e Kissinger e aggravato dal moralismo di Carter.
La strategia di Reagan circa gli euromissili fu quella di proporre un negoziato che, se fallito,
avrebbe portato all’installazione dei missili “Pershing” in Europa Occidentale; la faccenda si
svolse proprio cosi e alla Conferenza di Ginevra del novembre 1981 Reagan propose di
eliminare completamente tutti i missili, cosa che i sovietici rifiutarono a priori.
Iniziò dunque, nonostante le vigorose proteste dei pacifisti sulle quali contava l’Urss,
l’installazione dei Pershing in Germania Occidentale con il consenso del governo della CDU di
Helmut Kohl e i sovietici non reagirono; Reagan passò poi al contrattacco e ne marzo 1983
annunciò il progetto dello “scudo spaziale”, un sistema di difesa in orbita che poteva
116
distruggere i missili nella fase di ascesa e a metà percorso, rendendo superati i missili anti
balistici e anche la corsa agli armamenti convenzionali.
Questo progetto dal costo enorme spinse i sovietici ad accettare il negoziato sul controllo
degli armamenti di tutti i tipi, non solo per i missili come per i due SALT, e di farlo senza la
preventiva sospensione del progetto dello Scudo, come avevano chiesto; nel gennaio 1985 si
ebbero le prime conversazioni a tal fine, nonostante le preoccupazioni europee sul progetto
americano che avrebbe sconvolto tutti gli equilibri militari non solo in occidente.
- Il dialogo sul disarmo tra le due superpotenze fu sicuramente facilitato dall’ascesa al potere
in Unione Sovietica di Mikhail Gorbaciov nel marzo 1985: da quest’anno egli lanciò l’idea di un
disarmo non solamente effettivo ma che non implicasse necessariamente il mantenimento
della proporzione di partenza tra i due campi; in pratica, non si riduceva la corsa agli
armamenti ma si distruggevano quelli già esistenti con in piu’ il fatto che, se si accertava una
superiorità quantitativa dell’armamento di una potenza sull’altra, la potenza superiore
accettava una riduzione proporzionalmente maggiore di quella inferiore.
Tutto ciò portò all’Accordo di Washington dell’8 dicembre 1987 che prevedeva la cosiddetta
“doppia opzione zero” (riduzione degli armamenti di entrambi per la prima volta nella storia) e
anche il permesso dei russi ad un controllo sul loro territorio: con questo accordo dovevano
essere distrutti tutti i missili nucleari terra terra fino a 5.000 km presenti nel teatro europeo;
nel settembre 1989, poi, Gorbaciov opererà questo enorme sforzo di pace accettando di
abbandonare nelle trattative sul disarmo la condizione preliminare posta dai sovietici
sull’arresto da parte degli americani del programma dello “scudo spaziale”.

L’allargamento della Comunità e il fallimento dell’eurocomunismo.


Negli anni ‘70 l’Europa ha manifestato il suo attaccamento alla democrazia e ai regimi liberali;
nel nord vi era una proficua alternanza tra governi moderati e socialdemocratici, la Gran
Bretagna vide nel 1979 il ritorno dei conservatori con la Tatcher che, insieme a Reagan,
saranno i campioni del liberismo e della deregulation economica, con un atteggiamento fermo
in politica estera; la Germania vide le dimissioni di Brandt e il potere passò alla CDU di Kohl
nel 1982, mentre nell’Europa mediterranea aumenta l’influenza dei partiti comunisti, i quali
tuttavia sono dappertutto esclusi dai governi che vedono sempre pi
spesso una presenza socialista ostile all’ideologia marxista-leninista.
Soprattutto il Partito Comunista Italiano guidato da Berlinguer ottenne alle elezioni del 1976 il
34 % dei voti, risultando la guida a livello europeo dei partiti comunisti facenti parte del
gruppo degli “indipendenti”, cioè quella corrente che si distaccava dalla teoria sovietica di una
guida unica (quella del PCUS) sugli altri partiti comunisti del mondo in virtu’ di una
“internazionalizzazione proletaria” che doveva seguire gli stessi schemi.
Alla Conferenza di Berlino del giugno 1976 vi fu una riunione dei partiti comunisti di tutto il
mondo per discutere questi problemi; gli indipendenti, tra i quali il partito comunista spagnolo,
inglese, olandese, jugoslavo, rumeno, albanese e in misura minore anche quello francese,
ebbero partita vinta e, nonostante la poca elasticità di Breznev, e il documento ufficiale
parlava di libertà dei vari partiti nazionali nella ricerca di una via per l’instaurazione del
socialismo: in Italia Berlinguer sarà il fautore del “compromesso storico”, cioè un accordo con
le altre forze politiche (quindi rinuncia alla dittatura del proletariato e al partito unico) al fine
di garantire una presenza comunista al governo che cambi la situazione del Paese attraverso
accordi legali, accettando anche la permanenza nel Patto Atlantico.
Si iniziò a parlare di “eurocomunismo” ma i dirigenti americani e della Germania Occidentale
presero subito una netta e dura posizione contro questa realtà nascente: nel 1978 il
dipartimento di Stato americano pubblicò una dichiarazione (forse richiesta dalla DC) in cui
affermava che non erano favorevoli alla partecipazione dei comunisti al governo italiano e che
avrebbero voluto veder ridotta la loro influenza in tutta Europa, stroncando così questa nuova
forma di comunismo liberale europeo.

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- Nonostante una certa stabilità dei governi europei la costruzione di un’Europa Unita non
progredì affatto in quanto tutti gli Stati cercarono dei rimedi propri per far fronte alla crisi
economica (causata dall’aumento del prezzo del petrolio e dalle crisi monetarie).
In Inghilterra la Tatcher assunse un atteggiamento anti-europeista mentre sotto la spinta del
presidente Pompidou si ebbe la Creazione nel 1974-75 di un Consiglio Europeo (riunioni
periodiche dei ministri degli Esteri dei nove alle quali assiste anche il presidente della
Commissione) e la decisione di eleggere il Parlamento Europeo (organo con ancora pochissimi
poteri) a suffragio universale nel 1979 (ritardo voluto dai soliti britannici).
La comunità poggiava, però, ancora su tre pilastri fondamentali : l’unione doganale (che era
minata dalla creazione di una zona di libero scambio piu’ ampia), la politica agricola comune
(che provocava crisi su crisi per il problema degli importi compensativi voluti dalla Francia) e
lo SME, il sistema monetario europeo che attraverserà una fase molto difficile.
Gli inglesi premevano per una rielaborazione del Trattato Costitutivo di Roma ma gli altri
rifiutarono; in conclusione pochi furono le note positive in questo periodo se non, dopo lunghi
negoziati, l’entrata nella Comunità di Spagna e Portogallo nell’aprile 1985.
- Questi due Stati erano usciti quasi contemporaneamente dai regimi dittatoriali di Salazar e
di Franco; in Portogallo la morte di Salazar nel 1974 fu accompagnata da un periodo di
tensione e fluidità politica per la presenza di forti gruppi comunisti di stampo autoritarista e
militarista: il periodo di crisi si concluse con le elezioni del 1976 che videro la vittoria del
socialista Soares e che segnarono la vittoria della democrazia di stampo occidentale.
In Spagna la morte del generale Franco nel 1975 vide un pacifico ritorno della monarchia con
il Borboni, con il re Juan Carlos che fu abile nel far transitare il suo paese da un regime
dittatoriale alla democrazia, grazie anche ad un partito comunista ostile ai metodi sovietici.

L’era Breznev: situazione della Polonia e conflitto in Afghanistan.


L’Urss è stata governata dal solo Leonid Breznev dal 1970 sino alla sua morte nel 1982.
Egli reagì con la repressione e con l’esilio degli intellettuali che richiedevano la liberalizzazione
del regime, nonostante le proteste levate sempre piu’ spessso dai partiti comunisti
occidentali; Breznev era fermamente convinto che erano solo l’Urss e il suo esercito a
rappresentare i proletari di tutto il mondo, da qui gli sforzi per il riarmo e la presenza ovunque
dell’Armata Rossa.
Questa convinzione fu contestata dagli “indipendenti” alla Conferenza di Berlino del giugno
1976, ai quali si unirono Paesi comunisti come la Romania (dove Ceausescu reprimeva
all’interno qualsiasi libertà interna), la Jugoslavia (che vide la morte di Tito nel 1980) e
l’Albania (sempre piu’ isolata dopo la morte di Hoxa).
Nonostante prevalsero le tesi degli indipendenti, l’Urss continuò per la sua strada e la prova di
ciò fu il suo comportamento durante la crisi polacca: in Polonia la Chiesa Cattolica aveva
sempre mantenuto una grande influenza sulla popolazione, la collettivizzazione delle terre era
stata sospesa ed erano ritornati i piccoli proprietari, tuttavia il governo di Gomulka dal 1956
non era riuscito a far aumentare il tenore di vita, mentre i sindacati operai erano schiavi del
partito e centri della corruzione dilagante.
Fu proprio dagli operai dei cantieri navali di Danzica che partì la protesta nel dicembre 1970
duramente repressa dall’esercito, seguita dalla sostituzione di Gomulka con Gierek: questi
rimase al potere sino al 1980 e cercò di praticare una politica di rinnovamento senza
scatenare la reazione dei comunisti sovietici; intanto gli scioperi continuarono anche nel 1975
e cinque anni dopo Gierek dovette dimettersi.
In questi anni, intanto, l’opposizione politica e sociale iniziò ad organizzarsi con la formazione
di “comitati di sciopero” riuniti in federazioni e soprattutto con la formazione di una
federazione sindacale chiamata “Solidarnosc” (solidarietà) e guidata dall’operaio Lech Walesa,
la quale riunì anche intellettuali, agricoltori e gli stessi burocrati; anche la Chiesa era
favorevole a condizione di mantenere il pacifismo e sicuramente l’elezione nel 1978 del Papa

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polacco Giovanni Paolo II contribuì ad unire le masse polacche e a mantenerle calme come si
potè vedere nel viaggio che egli fece in Polonia nel 1979.
Nel 1981 il Partito Comunista Polacco vedeva moltissimi membri aderire a Solidarnosc ed esso
fu costretto a rinnovare molti quadri e ad approvare uno statuto piu’ democratico,
introducendo persino lo scrutinio segreto nelle votazioni.
A questo punto i russi decisero di intervenire e per intimidazione vi furono manovre militari
del Patto di Varsavia in Polonia, il presidente Carter lanciò un avvertimento a Mosca e la
situazione fu risolta dal generale Jaruzelski che divenne Primo Ministro in febbraio e favorì la
collaborazione dell’esecutivo con Solidarnosc, congelando la tensione; tuttavia non vi fu
dialogo e il partito decise di nominare Jaruzelski, anche Ministro della Difesa, Segretario del
Partito, affidando nelle sue mani un potere immenso; il 12 dicembre 1981 Jaruzelski impose lo
“Stato di guerra” in tutto il Paese, ogni assembramento fu vietato, tranne quelli religiosi, e le
frontiere furono chiuse; i dirigenti di Solidarnosc furono tutti arrestati.
A partire da questo momento la Polonia fu sotto il controllo dell’esercito, rimanendoci per i
due anni successivi; solo nel 1983 lo “Stato di guerra” fu sospeso e fu organizzato anche un
viaggio del Papa che incontro Walesa, insignito intanto del premio Nobel per la pace.
La protesta anti-comunista partiva proprio dalla classe operaia e solo la forza permetteva al
regime di poter sopravvivere.
- Tra gli altri Paesi comunisti, la Bulgaria restava il modello del Paese fedele all’Urss, la
Cecoslovacchia subiva ancora gli effetti dell’occupazione sovietica e il sistema sembrava
bloccato, senza la capacità di reagire, l’Ungheria era sicuramente il satellite piu’ emancipato e
dal 1956 Kadar favorì profonde trasformazioni economiche con la presenza anche di imprese
basate sul profitto che portarono ad una certa prosperità.
- Sul fronte orientale l’Urss manteneva costantemente piu’ di 50 divisioni al confine con la
Cina, mentre cresceva l’interesse di Mosca per l’Afghanistan, paese molto importante dal
punto di vista strategico e al quale fornirono aiuti economici, costruzione di infrastrutture e
anche borse di studio agli studenti; tuttavia nel Paese, diviso in tre etnie principali e altre
minori, prevaleva un forte attaccamento alla religione islamica (sciita e sunnita) nella
popolazione, poco disposta a seguire i precetti del marxismo ateo.
Nel 1973 il Ministro Daud, sostenuto dal partito comunista, operò un colpo di Stato che
costrinse il sovrano Zahir alla fuga; la dittatura di Daud durò sino al 1978, anno in cui egli fu
ucciso e il potere fu assunto dal dal filo-sovietico Karmal che si sbarazzò dei suoi avversari e
insaurò una dittatura dipendente da Mosca; ma il popolo afghano si sollevò contro il nuovo
regime e i sovietici, che non volevano perdere un Paese che poteva offrirgli importanti basi
per il Golfo Persico, per la prima volta dal 1945, utilizzarono il loro esercito per conquistare un
territorio straniero, invadendo l’Afghanistan nel dicembre 1979.
La resistenza afghana, che potè organizzarsi anche in territorio pakistano, guidata dai
Mudjahidin, fu molto valorosa e potè contare su forniture progressive di armi da parte della
Cina e degli Usa, mentre l’Assemblea Generale dell’ONU condannava i sovietici per
aggressione; anche i sovietici trovavano il loro Vietnam e la guerra costò loro oltre 13.000
vittime, ottenendo comunque il controllo del territorio e il mantenimento dei comunisti al
potere nel Paese ormai semi distrutto e ridotto alla fame.

IL CROLLO DEL COMUNISMO SOVIETICO.

Nel marzo 1985 Mikhail Gorbaciov divenne Segretario Generale del PCUS, il primo a non aver
vissuto la rivoluzione del 1917 e assai poco l’epoca stalinista; finalmente si aveva nel governo
dell’Urss un certo ringiovanimento che portò ad una svolta fino ad allora impensabile.
Nella sua azione di riforma, Gorbaciov si scontrò con le forze conservatrici dell’Urss,
innanzitutto quelle del partito, uomini della vecchia guardia staliniana che avevano grandi
privilegi nel regime e non volevano sicuramente perderli (nomenklatura) legati a filo doppio
con la potente burocrazia e con il KGB, sui quali esercitavano un controllo totale; l’esercito,
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che godeva anche di ampi privilegi, non si schierò nettamente e durante le prime riforme
cercò di impedire il dissolvimento della situazione, mentre durante il tentato colpo di Stato
non appoggiò in pieno i golpisti, bloccato da Eltsin e dalla popolazione moscovita.
La nuova politica di Gorbaciov si manifesta subito: quando nell’aprile del 1985 esplode il
reattore di Cernobyl egli decide di comunicare la notizia a tutto il mondo, rompendo la
tradizione del segreto che in passato aveva coperto altri incidenti simili; inoltre questo
avvenimento rese palese il gap tecnologico dell’Urss rispetto agli occidentali.
Le riforme politiche sono annunciate nel febbraio del 1986 quando al congresso del PCUS
Gorbaciov inizia a parlare di “Perestrojka”, cioè una ristrutturazione politica, un nuovo corso e
di “Glasnost”, vale a dre la trasparenza, l’apertura, il rigetto delle menzogne e
dell’autocompiacimento del regime, quindi la possibilità importantissima di criticare il sistema
e di far conoscere anche gli insuccessi e gli errori.
Iniziò quindi a manifestarsi una certa libertà di stampa, si venne a sapere della corruzione,
della criminalità, dell’inquinamento, i massacri di Stalin furono di pubblico dominio;
l’accademico dissidente Sakharov aveva già osservato il ritardo tecnologico dell’Urss, carenze
quantitative ma anche qualitative dell’industria sovietica che, chiusa nel suo mondo, non
aveva avuto la spinta concorrenziale al miglioramento delle industrie presenti nelle società
capitalistiche; Gorbaciov capì che la modernizzazinone era indispensabile.
Due avvenimenti importantissimi segnarono i due anni successivi, e cioè la prima esperienza
di elezioni libere (sperimentate inizialmente solo localmente) del Soviet Supremo e la
celebrazione del millenario dell’evangelizzazione russa, con la liberazione di preti,
partecipazione ufficiale alle cerimonie e la ripresa dei contatti con il Vaticano, fino alla visita
uffciale di Gorbaciov a Giovanni Paolo II con l’invito di recarsi in Urss.
A questo punto le resistenze all’interno del Politburo si fecero piu’ forti da parte dei
“brezneviani “ capeggiati da Ligaciov, il “grande maestro dell’ideologia”, numero due del
partito; affianco ai conservatori si sviluppò anche un’altra corrente, quella degli anti-comunisti
riformisti, capeggiati in seguito da Boris Eltsin i quali, frutto della Perestrojka,
volevano spingere all’estremo le riforme gorbacioviane e abbattere definitivamente il regime
marxista-leninista (idea che si svilupperà nel tempo con il susseguirsi degli eventi).
Già nel 1987 si ebbero i primi contrasti tra Gorbaciov ed Eltsin, il quale era stato un suo
protetto come membro supplente del Politburo e godeva a Mosca di una grande
popolarità poichè si era spesso opposto al mantenimento di alcune strutture privilegiate per i
membri del partito, visitava le fabbriche e sembrava occuparsi realmente degli operai.
- Prima della grande crisi dello Stato, Gorbaciov riuscì a mettere fine alla guerra in
Afghanistan, sia per le perdite dell’Armata Rossa contro avversari motivati e sempre meglio
armati da Usa e Cina e sia per cercare di ricucire l’ormai decennale contrasto con Pechino.
Il 15 maggio 1988 Gorbaciov annunciò il ritiro del primo contingente dell’esercito sovietico
dall’Afghanistan, il ritiro totale si avrà nel febbraio 1989 dopo ben nove anni di guerra.
Gli Usa si impegnarono a non fornire piu’ armi ai Mudjahidin, i quali formarono una prima
alleanza tra i capi della rivolta di religione sunnita (Patam, Tagiki, Uzbechi e Turkmeni) per il
controllo del Paese; a questa alleanza non aderirono i gruppi rivoltosi di religione sciita
(soprattutto gli Hazara); dopo l’abbattimento nel 1992 del governo fantoccio instaurato
dall’Urss per mantenere l’ordine durante l’evacuazione, gruppi sunniti e sciiti hanno iniziato
una guerra che si concluderà in anni recenti con la formazione di uno Stato teocratico guidato
dai Talebani, integralisti islamici di rigore assoluto che manterranno il Paese in un ferreo
regime guidato dall’applicazione ortodosso e spietata delle leggi islamiche.
Fino al 1990 si rimase dunque su queste posizioni: Gorbaciov non voleva la scomparsa della
Federazione, cercava un compromesso tra comunismo e Perestrojka con lente riforme molto
spesso imposte dalla pressione di Eltsin, che aveva l’appoggio popolare (introduzione della
figura del Presidente come leader decisionale per uscire dalla crisi, pluralismo dei partiti,
abolizione del ruolo dirigente del PCUS, riabilitazione delle vittime dello stalinismo), e
ostacolate dai brezneviani; Eltsin, eletto liberamente presidente della Repubblica russa dal
120
suo Parlamento, voleva abbandonare il comunismo e dare alla Repubbliche la loro
indipendenza (che ottennero quasi tutte nel ‘90).
L’anno decisivo fu il 1991: a giungno Eltsin fu rieletto presidente della Repubblica russa e
proibì l’attività dei partitii nei luoghi di lavoro, i riformatori vincevano ovunque in Russia; il 16
agosto, per reagire a questa situazione, fu attuato un colpo di Stato da parte di alcuni ministri
del governo (interni e difesa) e il capo del KGB, Gorbaciov fu sospeso e tenuto prigioniero in
una villa della Crimea, a Mosca l’esercito entrò nella città con i blindati.
Questo tentativo, però, fallì nel giro di tre giorni per la reazione del popolo moscovita che,
capeggiato da Eltsin, fermò l’azione dei militari; il 19 agosto il golpe ebbe fine e i suoi dirigenti
furono arrestati.
Le conseguenze videro l’invasione della folla al palazzo del KGB, simbolo della repressione, e
la distruzione ovunque delle statue di Marx e Lenin, la bandiera rossa comunista fu sostituita
da quella russa e il partito comunista fu sospeso; Gorbaciov, dopo la formazione della CSI, si
dimetterà dalla carica di Segretario del PCUS il 25 dicembre 1991.
L’Unione Sovietica era definitivamente sciolta.

La dissoluzione dell’Urss.
La dottrina sovietica pretendeva che il partito comunista, unico per tutta l’unione, potesse
conciliare tutti i conflitti di tipo nazionalista tra le varie etine; i primi segnali della falsità di
questa concezione si ebbero nel 1988, quando nella regione del Nagorno Karabakh (regione
facente parte dell’Azerbaigian ma abitata da Armeni) si svilupparono violenti scontri tra le due
popolazioni, arrivando ad una guerra terribile in cui fu coinvolta anche l’Armata Rossa (che
con la sua brutalità rese la risoluzione del conflitto molto difficile).
Nei Paesi baltici, il cui livello di vita era sempre stato superiore al resto dell’Urss, si
svilupparono in quegli anni movimenti indipendentisti nazionalistici che passarono da prime
rivendicazioni di autonomia economica a quelle di piena autonomia politica; dall’Estonia partì
il progetto di sbarazzarsi definitivamente delle ingerenze del partito cominista sovietico, nel
dicembre 1989 si ebbero le prime libere elezioni che diedero dappertutto la maggioranza ai
riformatori. Nel 1990 le tre repubbliche dichiararono la propria indipendenza e già a partire da
maggio vi fu la resistenza delle truppe sovietiche stanziate in quei territori che proseguirà per
quasi un anno, poi Gorbaciov dovette sconfessarla.
Nell’agosto del 1990 fu la volta dell’Ucraina che ebbe lo stesso iter (i Parlamenti annunciano
che le loro leggi prevalgono su quelle dell’Urss e poi proclamano l’indipendenza) poi fino alla
fine dell’anno fu la volta di Georgia, Bielorussia, Tagikistan, Armenia, Moldavia, Azerbaigian,
Kirghizistan, Uzbekistan, Turkmenistan e Kazakistan; a tutto ciò si aggiunsero delle
rivendicazioni autonomiste che portarono a sanguinose guerre tutt’ora non risolte tra Mosca e
questi territori, come l’Ossezia in Georgia e la Cecenia.
Questa divisione delle nazionalità è stata confermata dall’emigrazione dei russi dai territori
indipendenti, dove si rendeva ufficiale la lingua d’origine e si abbandonava il russo; Eltsin
riuscì a mantenere in piedi per pochi anni una confederazione che aveva come scopo quello
piu’ che altro di transito a livello internazionale per i tre Stati piu’ importanti e armati della
federazione: Russia, Ucraina, Bielorussia e altri 8 Stati minori formarono nel dicembre 1991,
pochi giorni prima delle dimissioni di Gorbaciov, la Comunità degi Stati Indipendenti (CSI),
un’unione confederale che avrebbe mantenuto all’estero almeno temporaneamente l’enorme
vuoto lasciato dalla dissoluzione dell’Urss (politica estera comune).
L’Ucraina accettò che la Russia mantenesse la quasi totalità dell’arsenale nucleare sovietico
ma reclamava il controllo totale della flotta del Mar Baltico, non trovando un accordo essa
mantenne parte dell’arsenale nucleare e oggi è la terza potenza nucleare nel mondo, mentre
la CSI è andata in frantumi, com’era prevedibile, per i contrasti interni.
Sicuramente la fine della cosiddetta “pax comunista” ha portato al risveglio dei sentimenti
nazionalistici e delle rivendicazioni territoriali, creando situazioni di tensione che sono sfociate
in guerre sanguinose in Jugoslavia, Cecenia, Georgia e Nagorno Karabakh, ma vi sono stati
121
anche scontri in Europa su contese mai sopite come la Transilvania tra Ungheria e Romania, il
Kosovo e la recente questione macedone che insanguina ancora i Balcani.

La desatellizzazione e la guerra in Jugoslavia.


Tra i satelliti dell’Urss la Polonia e l’Ungheria erano quelli che prima si erano posti sulla via
della liberalizzazione, gli altri governi non l’accettavano: in Romania, Ceausescu aveva
operato una dittatura assoluta basata sul “culto della personalità” appoggiandosi sulla
potente nomenclatura di Stato; nel 1988 il dittatore aveva lanciato una riforma per la
costruzione di case distruggendo antichi villaggi e opere d’arte, mentre la situazione
economica era disastrosa. Le iniziative di Gorbaciov non furono applicate.

- In Polonia, con le elezioni del giugno 1989 furono eletti tutti i candidati di Solidarnosc; la
maggioranza si ribaltò quando i popolari e i partiti democratici abbandonarono i comunisti e si
unirono ai candidati di Solidarnosc: la conseguenza fu che si ebbe il primo governo nell’Europa
Orientale dal 1945 guidato da un non comunista.
Per tenere buoni i russi si decise di affidare i ministeri piu’ importanti a comunisti, che tuttavia
erano favorevoli alla liberalizzazione; nel dicembre 1990 Lech Walesa divenne Presidente
della Repubblica polacca al posto di Jaruzelski, poi nelle successive elezioni libere dell’ottobre
1991 i polacchi si liberarono definitivamente del regime comunista.
- L’Ungheria era sicuramente lo Stato più liberale del blocco sovietico e la sua economia
aveva preso le distanze dal comunismo ortodosso con la creazione di associazioni private;
Kadar, a capo del Partito e dello Stato dal 1956, anno della rivolta, fu sostituito nel 1988 e un
non comunista fu eletto presidente della Repubblica, gli ungheresi furono i primi ad abbattere
il sipario di ferro che divideva l’Europa aprendo le frontiere con l’Austria, spazio che fu
utilizzato da migliaia di tedeschi dell’Est per raggiungere la RFT.
Nell’ottobre del 1989 il partito operaio ungherese decise di rigettare il comunismo e cambiò in
Partito Socialista ungherese poi, il 9 ottobre, nel 33esimo anniversario dell’invasione sovietica,
un enorme folla condannò la dittatura e il governo pose fine alla Repubblica socialista e
proclamò la Repubblica di Ungheria; nell’aprile del ‘90 si formò un governo liberale e nel
giugno 1991 l’Armata Rossa lasciò definitivamente il Paese.
- La Cecoslovacchia sembrava non avere la volontà, almeno per quanto riguarda il suo
governo, di avviare la strada delle riforme, dato il pesante controllo imposto da Mosca dopo il
1968; le prime manifestazioni si ebbero da parte degli studenti e furono duramente represse
dalla polizia, poi un gruppo di intellettuali e oppositori (Gruppo dei 77) riuscì a coinvolgere la
popolazione e costrinse Husak a dimettersi dopo aver costituito un governo con la presenza di
non comunisti, con Havel a capo e il vecchio Dubcek Presidente del Parlamento, governo poi
consolidato con le elezioni libere del giugno 1990.
Oltre alle crisi economiche che coinvolsero tutti i Paesi ex comunisti per il brusco passaggio
all’economia di mercato, la Cecoslovacchia subì anche un processo di disgregazione interna
per fortuna pacifico: nel luglio 1992 si formarono due Stati, la Repubblica ceca comprendente
la Boemia e la Moravia e la Repubblica Slovacca in Slovacchia.
- La Romania ebbe un processo piu’ violento e sbrigativo: nel dicembre 1989, dopo alcune
giornate rivoluzionarie, il dittatore Ceausescu fu imprigionato e condannato a morte con un
processo farsa, la sua esecuzione fu trasmessa in mondovisione.
A prendere il posto del dittatore fu comunque un comunista della vecchia guardia, Ion Iliescu,
il quale fu anche rieletto presidente nel 1992, cosa che mostre il ritardo della Romania nel
processo di evoluzione liberale del suo sistema politico.
- La Bulgaria ebbe un passaggio meno traumatico. Zhivkov, che governava il Paese da 35
anni, fu silurato nel novembre 1989 e il Partito comunista fu parificato agli altri; tuttavia esso
sotto un altro nome conservò la maggioranza nel 1990 e solo nell’ottobre 1991 le forze
democratiche riuscirono a vincere, per altro con una maggioranza di misura.

122
- Ma sicuramente gli avvenimenti piu’ spettacolari e simbolici avvennero nella Repubblica
Democratica Tedesca. Nell’ottobre 1989 alla presenza di Gorbaciov lo Stato celebrava il
quarantesimo anniversario della sua fondazione e nello stesso momento imponenti
manifestazioni che partirono dalle chiese luterane delle città piu’ grandi costrinsero il governo
alle dimissioni; il 9 novembre 1989 il nuovo governo ancora di matrice comunista
decise l’abbattimento del Muro di Berlino e l’apertura delle frontiere tra le due Germanie.
Questo avvenimento simbolico significò in tutto il mondo la fine della Guerra Fredda e del
conflitto latente tra il comunismo e il capitalismo; le successive elezioni videro la caduta dei
comunisti e si iniziò a trattare per l’unificazione delle due Germanie.
In un primo tempo, superando enormi problemi, si ebbe un’unione monetaria, poi Gorbaciov
accettò l’entrata della RDT nella NATO quindi nel dicembre 1990 si tennero le elezioni comuni
ai due Stati che videro la vittoria dei Cristiani democratici ovunque, con Kohl nominato
cancelliere. L’unificazione ufficiale si ebbe il 3 ottobre 1990; le difficoltà economiche erano
presenti anche nella RDT ma la vigorosa potenza della Germania ovest sembra possa limitarle
e darle una supremazia in Europa che oggi appare sempre maggiore.
- La dissoluzione totale del blocco sovietico in Europa si ebbe con lo scioglimento ufficiale del
Patto di Varsavia nel febbraio 1991 e del COMECON nel giugno dello stesso anno;
improvvisamente l’Urss cessò ogni aiuto ai suoi ex Paesi satelliti, gli scambi furono dimezzati
e la disoccupazione fece la sua triste comparsa in realtà già molto dissestate.

- Circa la situazine della Jugoslavia e dell’Albania bisogna fare un discorso a parte:


L’Albania, dopo la morte dello stalinista Hoxha vide una lotta tra socialisti e democratici che
portò il paese ad una situazione economica ancora peggiore rispetto a quella del regime
comunista; vi fu perciò una massiccia emigrazione verso l’Italia dove arrivarono piu’ di 20.000
albanesi nella sola Bari nei primi anni ‘90. Nel marzo 1992 le elezioni videro la vittoria dei
democratici ma il Paese cadrà ancora in una gravissima crisi politica e economica negli anni
successivi.
- La Jugoslavia ha sicuramente pagato il prezzo piu’ alto per la fine del regime comunista:
dopo la morte di Tito i dirigenti serbi non sono riusciti a risolvere i contrasti etnici all’interno
della federazione, mentre ritornava la questione del Kosovo in cui la maggioranza albanese
rivendicava una maggiore autonomia all’interno della Federazione.
Con il crollo del comunismo la Slovenia e la Croazia hanno proclamato la loro indipendenza nel
giugno 1991, cogliendo di sorpresa le truppe federali controllate dai serbi; grazie ad una
mediazione della CEE si ebbe un immediato cessate il fuoco tra Slovenia e Serbia con un
accordo firmato in Luglio a Brioni, mentre la guerra proseguiva con la Croazia, la quale riuscirà
a cacciare i serbi (installati dai tempi degli Asburgo soprattutto nella Krajina) nel 1993,
ottenendo la piena indipendenza.
Ma a quella data era già scoppiato il conflitto per il controllo della Bosnia Erzegovina, regione
molto importante industrialmente e militarmente in cui erano miste senza continuità
territoriale popolazioni serbe, musulmane e croate; la guerra fu lunga e sanguinosa e tra fosse
comuni e pulizie etniche si trascinò sino al 1995, data degli accordi di Dayton che dividevano
la regione in tre aree di influenza.
Intanto, sotto la pressione di Italia e Germania, la CEE riconosceva Croazia, Slovenia e la
futura Macedonia e Bosnia Erzegovina già nel gennaio 1992; nasceva inoltre nell’aprile 1992
la Repubblica federale jugoslava comprendente Serbia, Montenegro e i bosniaci serbi. Nella
guerra in Jugoslavia l’Onu intervenne con 14.000 caschi blu sotto il nome di UNPROFOR per
assicurare almeno di aiutare la stremata popolazione civile in Croazia e soprattutto in Bosnia,
evitando però di intervenire direttamente nel conflitto, forze per la mancanza di molti Paesi
occidentali di interesse nell’impegnarsi in un conflitto lungo e sanguinoso dove si
consumarono atti disumani da parte di gruppi paramilitari soprattutto serbi.

La Crisi del comunismo cinese e piazza Tien an Men.


123
Mao Tsè-tung morì nel settembre 1976, poco dopo il suo fedele collaboratore Chou en-Lai; vi
fu, da parte della cosiddetta “banda dei quattro” una reazione contro la politica avventurista
di Mao, ma in realtà la presa del potere ancora ignota di Deng Xiaoping non mutò molto la
politica estera, segnata ancora dalla lotta contro l’imperialismo americano e anche di quello
sovietico, con la presenza di imponenti truppe di Mosca sui suoi confini.
La Cina sostenne tutti i movimenti contrari all’Urss, condussero contro il Vietnam nel febbraio
1979 una guerra circoscitta perchè i vietnamiti dopo la partenza americana avevano unificato
lo Stato e cercato di abbattere il regime dei Khmer Rossi sostenuti dalla Cina in Cambogia,
volendolo sostituire con un governo filo vietnamita; i cinesi rivendicavano sempre Formosa ma
lo sviluppo economico della grande isola che contava quasi venti milioni di abitanti indusse i
taiwanesi a respingere ogni negoziato proposto da Pechino.
In netto contrasto con i principi di Mao, il nuovo regime di Pechino operò una
decollettivizzazione agricola e incoraggiò la libera impresa industriale, preparando con la Gran
Bretagna l’ammissione di Honk Kong nel1997 e il mantenimento per 50 anni della sua
economia capitalista, conducendo quindi all’estero una politica di netta apertura
soprattutto in economia con l’apertura al commercio internazionale nel 1984 di tre regioni
litoranee del sud molto popolate.
Tuttavia questa tendenza non si manifestava affatto all’interno e, nonostante al congresso del
partito del 1987 Deng Xiaoping aveva parlato della necessità della Cina di aprirsi ad una
economia di tipo commerciale, non disse mai qualcosa circa il mantenimento assoluto del
potere da parte del Partito Comunista, come se le due cose non fossero assolutamente
collegate; la nuova politica economica portò a crisi di tipo capitalista, inflazione, ristagno della
produzione, mancanza di capitali per l’agricoltura e le tecnologie, facendo nascere un grande
malcontento generale che sfumò in protesta quando negli anni successivi ci si accorse che la
Cina non seguiva affatto l’evoluzione liberale degli altri Paesi comunisti e della stessa Unione
Sovietica dove era al potere Gorbaciov.
Proprio Gorbaciov pose le basi per una distensione dei difficili rapporti cino-sovietici,
soprattutto soddisfacendo una dopo l’altra tutte le richieste cinesi per il riavvicinamento: nel
maggio 1988 fu iniziato il ritiro dell’Armata Rossa dal Vietnam e nel settembre ‘89 si parlò
anche dello sgombero dei vietnamiti dalla Cambogia, poi vi fu anche un dimezzamento delle
truppe sovietiche di stanza al confine con la Cina.
Questa politica portò i suoi frutti ma, proprio durante il viaggio di Gorbaciov a Pechino nel
maggio 1989, il governo cinese doveva affrontare la protesta di un numero enorme di studenti
che da piu’ di un mese avevano occupato Piazza Tien an Men, la visità del premier russo fu
molto rimaneggiata e l’umiliazione dei cinesi fu grande.
Forse proprio non tollerando questo confronto, il governo cinese decise di agire e il 4 giugno
1989 un corpo dell’esercito massacrò migliaia di manifestanti nella piazza, mentre con una
dura repressione e con una serie incredibile di condanne a morte sommarie il partito
comunista recuperava interamente le redini del potere.
Riformatore in economia, Deng Xiaoping si era rivelato all’interno degno di Stalin.

124
CRONOLOGIA

1918

novembre : la Francia riannette l’Alsazia e la Lorena prima del trattato di pace.


- durante la guerra gli inglesi appoggiano una rivolta araba nei territori turchi; il capo degli
arabi è Faysal.
- iniziano combattimenti tra polacchi, tedeschi dei “corpi franchi”, russi e polacchi.

1919

marzo : prime rivendicazioni francesi sulla Saar e decisione sulla questione.


maggio : la delegazione italiana abbandona Versailles in seguito all’appello di Wilson; intanto
sono assegnati la
maggior parte dei mandati di tipo A e B (Africa e ex colonie tedesche).
giugno (10) : la Conferenza di Pace presenta il Trattato di Versailles per la pace con la
Germania.
Luglio : accordo Tittoni – Venizelos; i greci rivelarono l’accordo, rivolta anti italiana a Valona.
Settembre : Trattato di Saint-Germanin en Laye con l’Austria. D’Annunzio occupa Fiume.
Novembre : Trattato di Neully con la Bulgaria; perdita della Tracia, della Dobrugia e parte
della Macedonia.

1920

- Faysal si fa proclamare re di Siria con il sogno della creazione di uno Stato Arabo unito
e indipendente.
Questo progetto non era ben visto da inglesi e francesi: Faysal è espulso e la Siria è
occupata dai francesi.
In seguito a scontri con la Russia la Finlandia ottiene l’indipendenza.
Aiutata dalla Francia e dall’Inghilterra la Lettonia ottiene l’indipendenza contro i russi e i
tedeschi di Der Goltz,
La Lituania ottiene l’indipendenza dai russi ma deve cedere ai polacchi la città di Vilna.

Gennaio : entra in vigore il Trattato di Versailles e nasce la Società delle Nazioni (SDN).
Giugno : Trattato del Trianon con l’Austria; adozione del principio di nazionalità.
Agosto : Trattato di Sevres con la Turchia; divisione dei territori turchi da quelli Arabi, persa la
regione di Smirne.
Settembre : Belgio e Francia firmano un’alleanza anti-tedesca; il Belgio partecipa alla
Conferenza degli Ambasciatori.
Novembre : Trattato di Rapallo tra l’Italia e la Jugoslavia; Fiume città libera.
Danzica è proclamata “città libera” con il libero accesso ai cittadini polacchi.
Dicembre : Le truppe italiane fanno sgombrare i dannunziani dalla città di Fiume.

1921

marzo : Conferenza di Londra;


- Faysal, cacciato dai francesi dalla Siria, è nominato re in Iraq sotto la spinta popolare, gli
inglesi approvano.
- Plebiscito sull’Alta Slesia, le truppe di Korfanty si scontrano con i “corpi franchi” tedeschi;
2/3 alla Germania.
125
1922

gennaio : Conferenza di Genova sulle riparazioni alla Germania, Poincarè sostituisce Briand.
Marzo : colpo di stato a Fiume da parte dei gruppi nazionalisti italiani.
Maggio: Conferenza di Genova con la partecipazione russa; discussione sulla
nazionalizzazione delle industrie.
Trattato di Rapallo: la Germania riconosce l’Unione Sovietica, cessazione dei debiti e
accordi militari.
Ottobre : Mussolini prende il potere in Italia.
- trattative tra l’Egitto e il governo inglese per il passaggio dal protettorato al “self
governement”.
Fine del protettorato con alcune riserve.
- gli inglesi dividono i territori non iracheni in Transgiordania e Cisgiordania al confine del
fiume giordano per creare uno stato dove accogliere la popolazione ebraica. Gli arabi creano il
Comitato Esecutivo Arabo.
1923

Faud I è nominato re d’Egitto.


gennaio : occupazione militare della Ruhr per l’inadempienza tedesca nelle riparazioni;
politica del “pegno produttivo”.
luglio : Trattato di Losanna con la Turchia che riconquista tutta l’Anatolia, parte della Tracia e
il Kurdisatan.
Agosto : il banchiere liberale Strasemann è chiamato a capo del governo tedesco; fine della
resistenza nella Ruhr.

1924

in Egitto il partito del Wafd ottiene la maggioranza in opposizione alla Corona dal 1927 al
1932 non si ottiene tra Inghilterra ed Egitto alcun risultato nelle trattative per l’indipendenza e
il controllo del Sudan.
i francesi dividono la Siria in Siria e Libano, da allora sempre divisi; scontri nei territori fino al
1927.
Morte di Lenin, fino al 1927 (cacciata di Trotzky) la Russia avrà gravi problemi interni.
Gennaio: firma del Patto di Roma tra Italia e Jugoslavia; Fiume è annessa dall’Italia, Trattato di
amicizia.
luglio : Conferenza di Londra e discussione sull’applicazione del piano Dawes e
sull’evacuazione della Ruhr.

1925

gennaio : alla SDN fallisce la proposta di Banes, il cosiddetto protocollo di Ginevra per una
mutua alleanza.
Agosto : viene completata l’evacuazione della Ruhr, Colonia è ancora occupata.
ottobre : Trattato di Locarno; sono stipulati ben 7 trattati tra le potenze partecipanti. Il Belgio
abbandona la neutralità.
- Ibn Saud conduce la penisola arabica all’indipendenza e all’unione in un unico stato con
capitale Riyad; su pressione inglese ed italiana deve rinunciare allo Yemen.

1926
126
gennaio : viene evacuata anche la città di Colonia per l’accettazione tedesca dei trattati di
Locarno.

1928

agosto : Patto Briand-Kellog per il ripudio alla guerra nella soluzione delle controversie
internazionali.

1929

- parziale ritiro delle truppe inglesi dall’Iraq, scontri tra ebrei e musulmani e ritorno
dell’esercito inglese che permette la creazione dell’Agenzia Ebraica. In Transgiordania gli
inglesi adottano una politica di controllo più autoritaria.

1930

- l’Inghilterra concede all’Iraq la piena indipendenza e lo stato arabo entra a far parte della
SDN.

1935

marzo (4) : presentazione al Parlamento inglese del progetto di riarmo terrestre e aereo.
“ (16) : Hitler indice la coscrizione obbligatoria e la creazione di un'aviazione militare.
“ (17) : ricorso dell’Etiopia alla SDN contro le manovre militari italiane.
aprile (14) : firma dell’accordo franco-anglo-italiano di Stresa, fedeltà ai principi di Locarno.
maggio (2) : firma del trattato franco-sovietico di mutua assistenza contro la Germania.
“ (16) : firma del trattato ceco-sovietico, valido solo con l’intervento francese.
Giugno : riprende l’avanzata giapponese in Cina; occupate regioni al nord del Jehol.
“ (1) : memorandum tedesco contro il trattato franco-sovietico.
“ (18) : firma dell’accordo navale anglo-tedesco, marina tedesca 35% di quella inglese.
“ (27) : sondaggio in Inghilterra favorevole alla pace (“peace ballot”).
“ (28) : accordo militare “Gamelin-Badoglio” tra Italia e Francia.
Estate : proposte anglo-francesi per la risoluzione della questione etiopica. Mussolini rifiuta.
ottobre (3) : iniziano le operazioni militari italiane in Etiopia (vittoria nel maggio ’36).
ottobre (11) : la SDN adotta sanzioni finanziarie ed economiche di poco peso contro l’Italia.
Novembre : conquista giapponese della regione di Pechino; Chiang Kay-shek non si oppone.
dicembre (5) : inizia la conferenza navale di Londra, al Giappone non è concessa la parità e
vi è la denuncia del Trattato di Washington.
“ (7) : presentazione a Mussolini del progetto Laval-Hoare, fallimento del piano.
“ (28) : Mussolini denuncia gli accordi di Stresa, di Roma e quelli Gamelin-Badoglio.

1936

gennaio : fine della guerra del Chaco; Conferenza Panamericana a Buenos Aires.
febbraio (27) : ratifica del parlamento francese del trattato franco-sovietico.
marzo (5) : gli italiani entrano a Addis Abeba, l’Italia conquista l’intera Etiopia.
“ (7) : Hitler denuncia il Trattato di Locarno e comunica la penetrazione di distaccamenti
militari tedeschi in Renania.
Aprile (2) : Trattato tra Arabia Saudita ed Iraq, prima base della futura Lega araba.
maggio (2) : vittoria del “Fronte popolare” in Francia, Mussolini desiste da eventuali alleanze.
127
luglio (11) : firma dell’accordo austro-tedesco con l’approvazione forzata di Mussolini.
“ (17) : scoppia la guerra civile spagnola, si concluderà nel marzo del ’39.
“ (20) : firma della “Convenzione di Montreux” sulla navigazione negli Stretti dei
Dardanelli.
“ (25) : riconoscimento tedesco della conquista italiana dell’Etiopia.
Agosto (26) : trattato anglo-egiziano e indipendenza dell’Egitto.
settembre (9) : costituzione del “Comitato del non intervento” nella guerra spagnola.
ottobre (14) : dichiarazione di Re Leopoldo sulla politica estera indipendente del Belgio.
“ (24) : Ciano consegna ai tedeschi un documento inglese sul “pericolo nazista”, firma
del “protocollo di ottobre” e nascita dell’Asse Roma-Berlino.
“ (28) : primi carri armati russi in Spagna. Italia e Germania inviano soldati e aviazione.
novembre (18) : riconoscimento del governo di Franco da parte di Italia e Germania.
“ (25) : firma del patto anti-komintern tra Giappone e Germania.

1937
gennaio (2) : primo “gentleman’s agreement” tra Italia ed Inghilterra.
febbraio (21) : accordo delle grandi potenze sul pattugliamento navale delle coste spagnole.
aprile (22) : incontro Mussolini-Von Ribbentrop a Venezia, il Duce difende ancora l’Austria.
Estate : attacchi di sottomarini sconosciuti (italiani) a navi mercantili e militari di appoggio ai
Governativi, affondamento di navi tedesche, Ita e Ger si ritirano dai pattugliamenti.
Luglio (7) : inizia la guerra cino-giapponese, conquiste nipponiche di Pechino e Shangai.
“ (31) : scontro armato russo-giapponese detto “guerra del Changkufeng”.
Agosto (21) : Patto di non aggressione tra Cina e Russia, armi attraverso la Mongolia esterna.
settembre (11) : accordo anglo-francese contro la “pirateria” nel Mediterraneo.
“ (12) : appello della Cina alla SDN; il Giappone non è dichiarato “Paese
aggressore”.
“ (24-29) : importante visita di Mussolini a Monaco e Berlino.
novembre (6) : adesione dell’Italia al patto anti-Komintern. Mussolini rinuncia all’Austria.
“ (3-24) : Conferenza a Bruxelles dei firmatari del “Trattato delle 9 potenze” per la
Cina.

1938

febbraio (12) : minacce di Hitler nell’incontro con Schuschnigg, ultimatum tedesco.


marzo (9) : annuncio di Schuschnigg di referendum sull’annessione.
“ (11) : richieste naziste con minacce, Seyss-Inquart è nominato cancelliere.
“ (12) : appello di Seyss-Inquart alle truppe tedesche, unione dell’Austria al Reich.
aprile (16) : firma del “gentleman’s agreement” o “Accordi di Pasqua” tra Italia e Inghilterra.
“ (24) : compare il programma autonomista del “Sudeten Deutsche Partei” di Henlein.
maggio (20) : mobilitazione dei riservisti in Cecoslovacchia, revocata su pressione inglese.
luglio (19) : Daladier comunica a Benes che la Francia non interverrà da sola.
settembre (12) : discorso di Hitler a Norimberga, attacco violento alla Cecoslovacchia.
“ (15-22) : incontri Hitler – Chamberlain in Germania.
“ (20) : Proposta anglo-francese di cessione alla Germania dei territori cecoslovacchi
con il 50% di tedeschi. Rifiuto di Hitler.
“ (29) : Conferenza di Monaco, le richieste di Hitler sui Sudeti sono accettate in toto.
Ottobre : Chiang Kay-shek si rifugia nello Ssuchuan; fine dell’avanzata giapponese in Cina.
Novembre (2) : “Primo arbitrato di Vienna” tra Ciano e von Ribbentrop.
“ (16) : Entra in vigore il “gentleman’s agreement” anglo-italiano.
“ (19) : prime rivendicazioni tedesche “amichevoli” alla Polonia su Danzica.
“ (30) : Discorso di Ciano alla Camera e rivendicazioni italiane alla Francia.
128
1939

gennaio : viaggio di Von Ribbentrop in Polonia, si rinnovano le richieste su Danzica.


marzo (15) : occupazione nazista di Praga, Boemia e Moravia protettorati tedeschi.
“ (17) : Chamberlain dichiara che è impossibile negoziare con Hitler, la politica inglese
verso la Germania cambia; è la fine dell’Appeasement.
“ (27) : caduta di Madrid, fine della guerra civile spagnola. Vittoria di Franco.
Von Ribbentrop intima alla Polonia di unirsi al blocco anti-sovietico e reclama
l’annessione di Danzica e di strade di collegamento.
aprile (6) : Gran Bretagna e Polonia iniziano negoziati per stipulare un trattato di alleanza.
“ (7) : invasione italiana dell’Albania, protettorato italiano.
“ (13) : garanzia di Francia ed Inghilterra alla Romania e alla Grecia.
“ (14) : inzio delle trattative tra le democrazie occidentali e l’URSS.
“ (16) : messaggio del presidente Roosevelt ad Hitler e Mussolini per scongiurare la
guerra.
“ (28) : discorso di Hitler al Reichstaag, denuncia del trattato navale anglo tedesco e
della
dichiarazione tedesco-polacca del 1934, minacce esplicite alla Polonia.
Maggio (3) : Molotov sostituisce Litvinov agli Esteri, cambio della politica estera russa.
Giugno : accordo italo-tedesco sul sud Tirolo e sulla concessione di una zona tedesca a
Trieste.
“ (23) : la Francia cede alla Turchia il Sangiaccato di Alessandretta per ottenerne
l’alleanza.
Agosto (12) : iniziano i negoziati militari tra le democrazie occidentali e l’URSS.
“ (23) : firma del Trattato di non aggressione franco-tedesco (patto Von Ribbentrop-
Molotov).
Ottobre (19) : Trattato di alleanza anglo-franco-turco (non rivolto contro l’URSS).
Novembre (3) : il Congresso statunitense sopprime l’embargo sulle armi della “legge di
neutralità”.

1940

giugno (10) : truppe spagnole occupano Tangeri, in Marocco.


agosto (30) : “secondo Arbitrato di Vienna” tra Von Ribbentrop e Ciano, annessioni
dell’Ungheria.
settembre (6) : caduta di Re Carol di Romania, il fascista Ion Antonescu al potere.
“ (7) : Trattato di Craiova, la Romania cede alla Bulgaria la Dobrugia meridionale.

1941

marzo : emanazione della legge “affitti e prestiti” negli Usa.


luglio (25) : sotto pressione tedesca, Pétain permette l’occupazione giapponese in Indocina.
Agosto (9) : incontro tra Roosevelt e Churchill a largo di Terranova.
“ (26) : nasce la “Carta Atlantica”, documento di base per la sicurezza e la pace nel
mondo.
dicembre (7) : attacco aereo giapponese a Pearl Harbor; gli Usa entrano in guerra.
“ (8) : sbarco giapponese in Thailandia, il governo filo-nipponico non si oppone.
“ (10) : sbarco giapponese nelle Filippine e nella Malesia britannica.
“ (24) : i “francesi liberi” occupano le isole Saint-Pierre e Miquelon, i rapporti tra
Roosevelt e De
Gaulle si inaspriscono.
129
1942

gennaio (1) : firma a Washington della “Dichiarazione delle Nazioni Unite nella guerra contro
la
Germania”
“ : Conferenza di Washington, conquista giapponese del Borneo.
febbraio (15) : i giapponesi conquistano Singapore.
Marzo (9) : conquista giapponese dell’isola di Giava, colonia olandese.
Aprile (8) : gli americani lasciano le Filippine, conquista giapponese della Birmania.
Maggio : viaggio di Molotov in Inghilterra e negli Stati Uniti.
Giugno : Rommel conquista Tobruk, si decide lo sbarco nell’Africa del nord.
“ (5) : successo americano nella battaglia delle Midway, arresto dell’avanzata
giapponese.
Settembre (12) : viaggio di Churchill a Mosca per parlare a Stalin dello sbarco in Africa del
nord.
Novembre (8) : gli anglo-americani sbarcano in Nord Africa (Algeria e Marocco).
“ (9) : Darlan prende il potere in Africa del Nord “a nome del maresciallo Pétain”.
“ (11) : i tedeschi occupano la zona libera francese, fine del governo di Vichy.
Dicembre (4) : costituzione del “Consiglio imperiale” con i generali francesi in Africa.
“ (24) : assassinio di Darlan; Giraud a capo del “Consiglio imperiale”.

1943

gennaio : Conferenza di Casablanca, organizzazione delle operazioni nel Mediterraneo;


incontro tra Giraud e De Gaulle, primi negoziati per l’unione dei francesi;
l’Armata Rossa ottiene la decisiva vittoria nella battaglia di Stalingrado.
febbraio (7) : gli americani liberano l’isola di Guadalcanal, inizia la riconquista statunitense.
marzo (18) : i tedeschi invadono l’Ungheria che iniziava a collaborare con gli Alleati.
“ (12-29) : viaggio di Eden a Washington, definizione della situazione nel dopoguerra.
“ (26) : rottura tra l’Urss e il governo polacco in esilio a Londra per le “fosse di Katyn”.
Maggio : ha luogo a Washinton la conferenza alleata di carattere militare “Tridente”.
Maggio (7) : gli Alleati conquistano Tunisi occupando tutta l’Africa del Nord.
Giugno (10) : Stalin scioglie il Komintern per attenuare i contrasti con gli Alleati.
Luglio (24-25) : sfiducia alla politica del Duce da parte del “Gran Consiglio del Fascismo”;
arresto di Mussolini e formazione del Governo Badoglio; l’Italia continua la
guerra.
Agosto : affluenza delle truppe tedesche attraverso il Brennero in tutto il centro-nord
dell’Italia.
“ (17-24) : la caduta di Mussolini induce una Conferenza alleata a Quebec
(“Quadrante”).
“ (15) : Castellano riceve da Hoare a Madrid un testo di armistizio breve e senza
condizioni.
“ (19) : Ambrosio discute a Lisbona le clausole militari dell’armistizio italiano.
Settembre (3) : Castellano firma l’armistizio con gli Alleati a Cassibile, presso Siracusa; subito
dopo l’VIII armata britannica sbarca nell’Italia continentale.
“ (8) : l’armistizio è reso pubblico in Italia; i Tedeschi occupano Roma e il Re va a
Brindisi.
“ (18) : nasce in Italia la “Repubblica Sociale Italiana” guidata da Farinacci e
Graziani.
Ottobre (12) : accordo Churchill-Salazar sull’installazione di basi alleate nelle Azzorre,
130
assicurazione ai portoghesi di un intervento alleato in caso di attacco di
Franco.
“ (19) : Conferenza dei Ministri degli esteri. Eden, Hull e Molotov a Mosca, primo
incontro.
Novembre (28-31) : Conferenza di Teheran; primo incontro tra Roosevelt, Churchill e Stalin.
Dicembre (4) : incontro a Mosca tra Benes e Stalin; garanzie alla Cecoslovacchia.
“ (9) : nasce a Washington un gruppo di studio sull’ONU.
“ (12) : firma di un Trattato di alleanza tra la Cecoslovacchia e l’Unione Sovietica.

1944

gennaio (1) : la Francia cede i poteri ai legittimi governi in Libano e Siria.


giugno (4) : liberazione di Roma.
“ (6) : sbarco in Normandia delle truppe anglo-americane.
agosto (23) : colpo di stato a Bucarest, Antonescu è arrestato, governo di coalizione.
“ (25) : liberazione di Parigi da parte degli anglo-americani.
Settembre (9) : l’Armata Rossa invade la Bulgaria che aveva dichiarato guerra alla Germania;
liberazione del Belgio e del sud dell’Olanda.
“ (12) : firma dell’armistizio russo-rumeno; De Gaulle è accolto trionfalmente a
Parigi.
“ (19) : firma dell’armistizio della Finlandia con l’Urss.
Settembre (25) – ottobre (10) : si riunisce ad Alessandria una Conferenza preparatoria degli
Stati
Arabi per discutere le basi della Lega Araba.
Ottobre : gli inglesi conquistano Atene, imposizione dell’autorità del governo ai gruppi
partigiani.
“ (9-18) : incontro a Mosca tra Churchill e Stalin; prima divisione delle zone di influenza.
“ (15) : annuncio dell’armistizio ungherese, nuovo governo, Horty è deportato in
Germania.
“ (20) : l’Armata Rossa entra a Belgrado; liberazione della Jugoslavia, marcia sulla
Croazia.
“ (23) : riconoscimento del governo del generale De Gaulle da parte dei tre Alleati.
“ (26) : firma dell’armistizio della Bulgaria a Mosca; perse Macedonia e Tracia.
Novembre (7) : Roosevelt è rieletto presidente per la quarta volta.
“ (11) : Churchill ammette la Francia nella “Commissione consultiva europea”.
“ (27) : Corder Hull abbandona; Stettinius ha contrasti con gli inglesi sull’Italia.
Dicembre (9) : firma dell’alleanza franco-sovietica contro la Germania.
“ (17) : ultima controffensiva tedesca nelle Ardenne.

1945

gennaio : enorme offensiva dell’Armata Rossa, raggiunta la linea dell’Oder;


“ (18) : appoggiato dall’invasione russa, si insedia a Varsavia il governo di Lublino.
“ (20) : fine dell’assedio di Budapest, l’Ungheria firma l’armistizio con la Russia.
Febbraio-marzo : Conferenza panamericana, viene siglato l’Atto di Chapultepec.
: gli americani liberano le Filippine e vi restaurano la democrazia.
Colpo di stato in Romania, viene instaurato un governo di coalizione controllato dai
comunisti.
“ (4-11) : Conferenza di Yalta tra Roosevelt, Churchill e Stalin.
“ (12) : De Gaulle rifiuta l’invito di Roosevelt per un incontro ad Algeri.
131
Marzo (10) : le truppe giapponesi annientano le guarnigioni francesi in Indocina e pongono
fine
allo statuto coloniale del Paese.
“ (22) : al Cairo i rappresentanti di sei Paesi arabi firmano la “Carta della Lega”.
Aprile (11) : Trattato politico di amicizia russo-jugoslavo.
“ (12) : muore negli Usa il presidente Roosevelt, gli succede Harry Truman.
“ (25- giugno 25) : Conferenza di San Francisco, firma della “Carta delle Nazioni Unite”.
“ (26) : incontro dell’Armata Rossa e dell’esercito anglo-americano.
maggio – luglio : riunione a Parigi del “Consiglio dei quattro ministri degli Esteri”.
Maggio : trattative francesi con Siria e Libano, violenti scontri, gli inglesi prendono il controllo.
“ (1) : viene annunciata la morte di Hitler.
(7) : il generale Jodl firma a Reims la resa incondizionata della Germania.
Giugno (5) : gli Alleati annunciano l’assunzione del potere supremo in Germania.
“ (29) : accordo russo-cecoslovacco, la Rutenia sub-carpatica all’Urss.
In Polonia si costituisce un governo di unità con membri comunisti e di Londra.
Luglio (17) : Conferenza di Potsdam (Churchill, poi Attlee, Truman e Stalin).
“ (26) : ultimatum al Giappone lanciato dalle potenze occidentali, dalla Russia e dalla
Cina.
Agosto (6) : scoppio della bomba atomica su Hiroshima.
“ (8) : l’Urss dichiara guerra al Giappone.
“ (9) : scoppio della bomba atomica su Nagasaki.
“ (14) : a Mosca sono siglati 5 accordi cino-sovietici sulla situazione post-bellica nella
regione.
l’Imperatore giapponese accetta l’ultimatum e da l’ordine di cessare il fuoco.
“ (15) : pubblicazione di una dichiarazione d’indipendenza dei leader indonesiani.
“ (17) : accordo tra Polonia ed Unione Sovietica sulla definizione dei confini ad est ed
ovest.
Settembre : il partito del Viet Minh guidato da Ho Chi Minh installa ad Hanoi un governo di
stampo comunista.
“ (2) : a bordo della “Missouri”, il delegato giapponese firma la resa senza
condizioni.
“ (6) : il presidente Truman approva un documento sulla politica da adottare in
Giappone.
Novembre – dicembre : la “Conferenza dei Ministri degli Esteri” (anche la Francia) si riunisce a
Mosca, creazione della “Commissione per l’Estremo Oriente” sul
Giappone.
Discussione sulle riparazioni dei Paesi sconfitti e sulla situazione
tedesca.
Dicembre (12) : i comunisti del “Tudeh” fondano la “Repubblica autonoma di Azerbaigian”,
seguita
Pochi giorni dopo dalla “Repubblica popolare Curda”.

1946

gennaio-dicembre : Marshall in Cina per tentare una mediazione tra comunisti e nazionalisti.
Gennaio (19) : il generale De Gaulle abbandona la vita politica.
Febbraio (9) : discorso di Stalin e cambiamento della politica russa in chiave anti-occidentale.
“ (24) : Peròn è eletto presidente dell’Argentina nonostante la campagna di
opposizione degli Usa.
marzo (22) : accordo tra Inghilterra e Transgiordania che dava molti vantaggi ai britannici.
“ (31) : elezioni in Grecia vinte dai monarchici; l’EAM non le accetta e continua a lottare.
132
Aprile : conferenza per i Caraibi tra Usa, Francia, Inghilterra e Olanda.
(23) : i russi completano l’evacuazione della Manciuria; Stato comunista nel nord.
maggio : le elezioni in Cecoslovacchia danno ai comunisti una forte percentuale di voti.
Iniziano trattative anglo-egiziane per l’unione del Sudan all’Egitto, fallimento a
dicembre.
Luglio : E’ presentato al Parlamento inglese il “Piano Morrison” per risolvere la questione
palestinese.
“ (4) : indipendenza delle Filippine dagli Usa, trattati commerciali e militari.
Agosto (31) : le ultime truppe anglo-francesi lasciano la Siria e il Libano, ora indipendenti.
Dicembre : inizia la guerra tra le truppe francesi e il governo del Viet Minh in Vietnam.
“ (14) : con l’appoggio anglo-americano, il governo iraniano riconquista l’Azerbaigian.
“ (22) : la Francia isola la Saar dalla Germania con un cordone doganale.

1947

gennaio (1) : Usa ed Inghilterra uniscono le loro zone in Germania (bizona); In Bulgaria si
instaura un governo
comunista e sostituisce quello fantoccio di coalizione, nasce la “democrazia
popolare”.
(19) : vittoria schiacciante dei comunisti nelle elezioni in Polonia.
febbraio : In Romania si instaura un governo totalmente comunista.
(10) : a Parigi sono firmati i trattati di pace con i satelliti della Germania.
Marzo : inizia la guerra nel Kashmir tra indiani e pakistani, durerà sino alla fine del 1948.
“ (10) : si riunisce a Mosca la Conferenza dei Ministri degli Esteri, fino al 25 aprile.
“ (12) : Truman chiede al Congresso di votare aiuti economico-militari a Grecia e
Bulgaria;
un mese dopo il Congresso stanzia i fondi (svolta energica nella politica
americana).
“ (28) : accordo tra l’Olanda e l’Indonesia per la creazione della “Unione Olandese-
indonesiana”.
Aprile : le truppe comuniste di Mao Tsé-Tung occupano l’intera Manciuria.
Maggio : i governi francese ed italiano estromettono i ministri comunisti.
Giugno (5) : discorso ad Harvard e presentazione del “Piano Marshall”.
“ (27) : conferenza tra Francia, Inghilterra ed Urss per discutere sul piano Marshall.
Agosto – settembre : Conferenza panamericana di Rio de Janeiro, è siglato il “Patto di Rio”.
Luglio – settembre : “Seconda conferenza di Parigi”, si riuniscono tutti i 16 Paesi aderenti al
piano Marshall
e accettano. Violente reazioni negli Stati comunisti.
“ (11) : l’Egitto si appella al Consiglio di Sicurezza per la questione del Sudan, nulla di
fatto.
Agosto : gli Usa si rivolgono all’ONU per regolare la questione della Corea; l’Urss non partecipa
al Consiglio.
“ (14) : accordo italo-americano, attenuazione delle riparazioni di guerra all’Italia.
Autunno : in Bulgaria e Romania il potere è nelle mani di governi composti unicamente da
comunisti.
Settembre (15) : entrano in vigore i Trattati con i “satelliti” della Germania.
“ (22) : nasce il Cominform (“Ufficio di informazione comunista”).
Ottobre (5) : elezioni nella Saar; vittoria dei partiti che accettano l’unione economica con la
Francia.
“ (17) : indipendenza della Birmania che rifiuta di entrare nel Commonwealth.

133
Novembre (29) : l’Assemblea dell’ONU approva il progetto di spartizione della Palestina in due
Stati.
Novembre – dicembre : “Conferenza di Londra”, ultima conferenza dei Ministri degli Esteri,
detta
anche “Conferenza dell’ultima possibilità”, fallimento totale.
Dicembre (13) : il Parlamento di Panama rifiuta di lasciare basi militari agli Usa, che ritirano le
loro truppe.

1948

gennaio (3) : il governo francese riconosce l’autonomia della Saar.


febbraio (23) – giugno (1) : si riunisce a Londra la “Conferenza Tripartita” sul problema
tedesco.
(25) : in Cecoslovacchia colpo di stato comunista guidato da Gottwald (“Colpo di
Praga”).
Marzo : instaurazione di un governo totalmente comunista anche in Ungheria.
“ (17) : Francia, Inghilterra e Benelux firmano il “Patto di Bruxelles”, alleanza politica e
militare.
“ (31) : Sokolovsky blocca le comunicazioni tra la zona sovietica e la zona occidentale e
Berlino ovest.
Aprile : Conferenza panamericana di Bogotà, firma della “Carta dell’Organizzazione degli Stati
Americani”.
“ : il Congresso approva il “China Aid Act” che stanziava enormi aiuti ai nazionalisti
cinesi.
Maggio (10) : in Corea del sud si svolgono elezioni sotto l’egida ONU e si forma un governo
indipendente.
“ (15) : la Gran Bretagna pone fine al suo mandato in Palestina; lo Stato di Israele si
proclama
Indipendente, gli Arabi attaccano, inizia la “Prima Guerra Arabo-Israeliana” (fine
a gennaio ’49)
tra Israele, Egitto, Libano, Siria e Transgiordania. Gli ebrei ampliano i confini dati
loro dall’ONU.
Giugno : Conferenza sul Danubio a Belgrado; vittoria dei sovietici che controlleranno il fiume.
“ (11) : il Congresso approva la “Risoluzione Vandenberg”, rivoluzione nella politica
estera americana,
gli Usa potranno firmare alleanze in tempo di pace e al di fuori del continente
americano.
“ (28) : i comunisti jugoslavi rifiutano di partecipare ad una riunione del Cominform,
inizia lo “scisma”.
Luglio : i russi, dopo tutti gli organi quadripartiti, pongono fine anche alla Kommandatura di
Berlino.
Settembre (9) : nasce nel nord la Repubblica popolare di Corea, subito riconosciuta dall’Urss.
Novembre (26) : nasce il “Comitato permanente per lo studio e lo sviluppo della federazione
europea”.
Dicembre (18) : seconda rappresaglia di polizia del governo olandese in Indonesia; discredito
internazionale.

1949

gennaio (22) : i comunisti cinesi entrano a Pechino.


134
Marzo : La Francia crea lo Stato del Vietnam nel sud unendolo a Cambogia e Laos nell’Unione
Francese.
“ (15) : Usa, Canada e Paesi del Patto di Bruxelles invitano altri cinque Stati ad aderire al
Patto Atlantico.
Si riunisce all’Avana un’inutile Conferenza panamericana per i territori europei in
America.
“ (18) : il Patto Atlantico è pubblicato prima delle firme per essere appreso dall’opinione
pubblica.
“ (31) : i Sovietici inviano un memorandum di protesta agli occidentali per la nascita del
Patto Atlantico.
Aprile (2) : risposta occidentale al memorandum sovietico, solo “patto difensivo”.
“ (4) : a Washington dodici Paesi firmano il Patto Atlantico. Nasce la Nato.
“ (8) : a Washington sono firmati gli accordi per la futura situazione della Germania
ovest.
Maggio-giugno : si riunisce a Parigi il Consiglio dei Ministri degli Esteri sulla situazione tedesca;
fallimento.
maggio (5) : a Parigi 10 nazioni firmano lo Statuto del Consiglio d’Europa.
“ (8) : gli occidentali approvano la Costituzione elaborata dal “Consiglio parlamentare”
tedesco;
“ (11) : lo Stato di Israele è ammesso nell’ONU.
“ (30) : il “Congresso del popolo tedesco” approva all’unanimità una Costituzione di tipo
centralista;
giugno : gli americani ritirano le loro forze dalla Corea del sud, i russi le hanno ritirate dal nord
mesi prima.
Agosto (14) : elezioni nella Germania ovest: Heuss presidente, Adenauer Cancelliere: nasce di
nuovo uno
Stato tedesco autonomo (o quasi) ad ovest, la Repubblica Federale Tedesca.
Agosto (23) – Novembre (2) : Conferenza dell’Aja sul problema dell’indipendenza indonesiana.
Settembre : l’Unione Sovietica rompe il patto di amicizia con la Jugoslavia del ’45. “Scisma
jugoslavo”.
“ : Mao Tsé-Tung proclama a Pechino la nascita della “Repubblica Popolare Cinese”.
“ (23) : i servizi segreti americani scoprono un’esplosione atomica volontaria in
Unione Sovietica.
Ottobre (7) : il “Congresso del popolo tedesco” proclama la nascita della Repubblica
Democratica Tedesca.
“ (14) : il Congresso vota il programma di assistenza militare all’Europa e ai Paesi
minacciati dall’Urss.
“ (16) : vittoria delle truppe governative in Grecia contro i comunisti; fine della guerra
civile greca.
“ (20) : la Jugoslavia viene eletta membro del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Novembre (21) : l’Assemblea Generale dell’Onu decide sulla sorte delle ex colonie italiane.
“ (22) : firma degli “Accordi di Petersberg” tra Adenauer e gli occidentali (su
pressione Usa).
Dicembre (16) : la Transgiordania annette la Palestina araba, nasce lo “Stato hascemita di
Giordania”.
“ (27) : la regina d’Olanda concede l’indipendenza all’Indonesia.

1950

gennaio (26) : proclamazione della Repubblica Indiana.

135
febbraio (14) : pubblicazione degli “Accordi cino-sovietici” dopo un viaggio di Mao in Russia
per due mesi.
marzo (3) : la Francia e la Saar firmano delle convenzioni che aumentano i legami tra i due
Paesi.
“ (22) : Adenauer propone l’organizzazione di libere elezioni per la riunificazione della
Germania.
Aprile (11) : approvato il patto di difesa tra i Paesi Arabi, simile al Patto Atlantico.
maggio (9) : Robert Schuman pubblica un memorandum che prevede un piano di integrazione
europea.
“ (12) : con gli Accordi di Londra gli Alleati aumentano i poteri autonomi della Germania.
“ (18) : riunione a Londra del Consiglio dei Ministri dei dodici Paesi NATO, nascita degli
organi politici.
Giugno (6-22) : Grotewohl firma trattati sulle frontiere orientali con Cecoslovacchia e Polonia.
“ (21) : Schuman apre la Conferenza con i sei Paesi interessati al Piano del carbone e
dell’acciaio.
“ (25) : le forze nord-coreane oltrepassano il 38° parallelo, inizia la Guerra di Corea
Settembre : gli Usa chiedono alla NATO il riarmo della Germania e la sua ammissione
nell’organizzazione.
Ottobre : i francesi propongono il “Piano Pleven” per la costituzione di un esercito europeo con
piccoli
contingenti tedeschi, in modo da evitare la creazione di un esercito tedesco forte.
“ (24) : la Cina invade il Tibet e lo annette al proprio territorio.
Dicembre (19) : a Bruxelles nuova riunione del Consiglio NATO, Eisenhower comandante in
Europa.

1951

febbraio (15) : iniziano i negoziati sulla costituzione di un esercito europeo sulla base del
“Piano Pleven”.
Marzo (13) : nazionalizzazione del Anglo-Iranian Oil Company da parte del governo iraniano.
Aprile (10) : il presidente Truman revoca il generale Mac Arthur dal comando delle operazioni
in Corea.
“ (18) : sei Paesi firmano il trattato istitutivo della CECA (Comunità Europea Carbone e
Acciaio).
Maggio : nella Saar i francesi sciolgono il “partito democratico sarrese” favorevole alla
Germania.
“ (31) : Conferenza dei supplenti dei Ministri NATO a Londra, definizione degli organi.
Luglio (10) : fine della Guerra di Corea, cessate il fuoco parziale.
Settembre (4-7) : Conferenza di San Francisco, 49 nazioni firmano il trattato di pace con il
Giappone.
“ (23) : si raggiunge un accordo sui confini coreani, non più stabiliti sul 38° parallelo.
Ottobre (10) : Grotewohl dichiara accettabili le proposte di Adenauer ma respinge il controllo
dell’ONU.
Dicembre (20) : L’ONU nomina una commissione d’inchiesta per controllare le eventuali
elezioni tedesche.
“ (24) : i giapponesi riconoscono il governo nazionalista di Chiang Kay-shek, non
quello comunista.

1952

gennaio (27) : a Parigi si raggiunge un debole accordo sulla costituzione dell’esercito europeo.
136
febbraio (16) : Conferenza di Lisbona della NATO, ammissione di Grecia e Turchia
nell’organizzazione.
marzo : l’Urss propone una conferenza a quattro sulla Germania per elaborare un trattato di
pace.
Maggio (26) : a Bonn Usa, Gb e Francia firmano un trattato per la restituzione alla Germania
dei suoi diritti.
“ (27) : a Parigi è firmato il Trattato di istituzione della Comunità Europea di Difesa
(CED).
Luglio (23) : in Egitto il colpo di Stato militare del generale Neguib costringe re Farouk alla
fuga.
Novembre : negli Usa è eletto presidente il generale Eisenhower, Nixon vicepresidente, Dulles
agli Esteri.
“ (30) : elezioni nella Saar senza partiti filo-tedeschi, successo scontato del governo
Hoffmann.

1953

marzo (5) : morte di Stalin. Inizio dell’“era Malenkov” (luglio 1953 – gennaio 1955).
Giugno (17) : scontri a Berlino est tra tedeschi e le truppe russe che reprimono gli scontri;
molte vittime.
“ (18) : l’Egitto si proclama Repubblica con Naguib come presidente.
Luglio (26) : Castro con un centinaio di studenti attacca una caserma a Cuba ma deve fuggire
in Messico.
(27) : firma dell’accordo sulla linea di demarcazione dell’armistizio in Corea.
Agosto (19) : In Iran un colpo di Stato militare porta un regime di dittatura sotto la direzione
dello Scià.
dicembre : negli Usa si parla del “new look” diplomatico, riduzione del bilancio militare.

1954

gennaio – febbraio : Conferenza dei quattro Ministri degli Esteri a Berlino; fallimento.
Marzo : alla Conferenza Panamericana Dulles fa firmare una risoluzione anti-comunista, a
causa della nascita
di un governo filo-comunista in Guatemala.
Aprile (17) : il colonnello Nasser costringe Naguib alle dimissioni e prende la guida dell’Egitto.
Aprile - giugno: prima Conferenza di Ginevra sui problemi dell’armistizio tra Francia e Vietnam
del Nord.
Giugno (19) : le truppe di Castillo Armas invadono il Guatemala e pongono fine al governo filo-
comunista.
Luglio (20) : armistizio tra Francia e Viet Minh; non riconosciuto dagli Usa e dal governo del
Vietnam del Sud.
agosto (9) : Trattato del Bled tra Turchia, Grecia e Jugoslavia, reso poi vano dalla crisi di Cipro.
“ (30) : l’Assemblea Nazionale francese respinge la ratifica del Trattato sulla CED.
Settembre (4) : la Cina bombarda le isole Pescadores sotto il controllo degli americani e dei
nazionalisti.
“ (8) : Trattato SEATO tra Usa, Australia, Gb, Francia, N. Zelanda, Filippine, Pakistan
e Thailandia.
“ (28) : la Conferenza di Londra approva l’allargamento del “Patto di Bruxelles” a
Germania e Italia.
Ottobre (12) : Firma degli accordi Cino-sovietici, molto favorevoli alla Cina.
“ (19) : Egitto ed Inghilterra firmano un trattato per l’evacuazione dei soldati britannici
da Suez.
137
“ (20) : nasce l’Unione dell’Europa Occidentale sulla base del Patto di Bruxelles
allargato.
Novembre (1) : inizia in Algeria una guerra armata contro i francesi sotto la guida del FLN di
Ben Bella.
Dicembre (2) : Trattato di difesa reciproca tra gli Usa e la Cina nazionalista.

1955

gennaio (24) : in un messaggio al Congresso Eisenhower chiede l’invio della flotta in difesa di
Formosa.
febbraio (24) : Firma del Patto di Baghdad tra Iraq e Turchia (poi Inghilterra, Iran e Pakistan).
Aprile (18 – 24) : Conferenza di Bandung in Indonesia degli Stati ex colonizzati.
maggio (4) : il Giappone firma un trattato di commercio con la Cina comunista.
“ (14) : firma del Patto di Varsavia, alleanza militare tra l’Urss e le democrazie popolari
europee.
“ (15) : firma del Trattato di Stato austriaco con l’Urss; neutralità dell’Austria.
“ (26) – giugno (3) : viaggio di Krusciov, Bulganin e Molotov a Belgrado; riavvicinamento
con Tito.
Luglio (18 – 21) : Conferenza a Ginevra dei quattro capi di governo.
Settembre (9) : viaggio di Adenauer a Mosca; Germania ovest e Urss stabiliscono rapporti
diplomatici.
Ottobre (23) : il referendum nella Saar boccia l’europeizzazione della regione voluta dalla
Francia.
Ottobre – novembre : Conferenza dei ministri degli Esteri a Ginevra.
Novembre (6) : la Francia riconosce la piena indipendenza del Marocco.
Dicembre (20) : l’Assemblea Costituente sudanese proclama la sua indipendenza dall’Egitto e
dall’Inghilterra.

1956

gennaio : in Algeria la Francia arriva a mezzo milione di soldati contro il Fronte di Liberazione
Nazionale.
febbraio (14) : XX Congresso del PCUS; Krusciov denuncia ai soli comunisti russi i crimini
compiuti da Stalin.
Aprile (17) : dissoluzione del Cominform, primo atto della destalinizzazione.
Giugno (15) : la Francia concede l’indipendenza alla Tunisia.
Luglio (26) : Nasser decide la nazionalizzazione della Compagnia del Canale di Suez.
Ottobre (15) : il Consiglio ONU stabilisce i “sei principi” per Suez.
“ (19) : un accordo tra Urss e Giappone ristabilisce normali rapporti diplomatici tra i
due Stati.
“ (19 – 23) : Colpo di Stato in Polonia da parte di Gomulka, sono mantenuti i principi
comunisti.
“ (21) : arresto di Ben Bella. Interruzione dei rapporti tra Francia e Marocco e Tunisia.
“ (29) : attacco israeliano contro l’Egitto, occupazione del Sinai (guerra di Suez).
“ (30) : ultimatum di Francia ed Inghilterra ad Israele e all’Egitto per l’allontanamento
dal Canale.
Ottobre (22) – novembre (2) : rivolta in Ungheria contro il regime comunista, governo Nagy.
Novembre (2) : all’ONU è approvata una risoluzione americana sul cessate il fuoco immediato
a Suez.
“ (3) : dura repressione dell’Armata Rossa in Ungheria, fine della rivolta, governo
totalitario Kàdàr.

138
“ (5) : i paracadutisti franco-britannici occupano Porto Said; minaccia di attacco
atomico sovietico.
“ (18) : firma a Mosca di un accordo tra Urss e Polonia a cui è riconosciuta
l’indipendenza nazionale.
Dicembre (2) : Castro sbarca a Cuba con 80 sostenitori e inizia una guerriglia sulla Sierra
Morena.

1957

gennaio (1) : il territorio della Saar ritorna allo Stato Tedesco.


“ (5) : il presidente americano propone al Congresso l’accettazione della “dottrina
Eisenhower”.
marzo (6) : il “Colonial Office” inglese concede l’indipendenza al Ghana, primo paese della
seconda fase.
(25) : A Roma è firmato il Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea,
comprendente il
Mercato Comune e l’EURATOM da Italia, Francia Germania, Belgio, Olanda e
Lussemburgo.
Maggio (7) : sull’isola di Formosa gli Usa installano missili atomici che possono colpire la Cina
comunista.
Aprile : Nasser impone il pagamento di un pedaggio al governo egiziano per il passaggio delle
navi da Suez.

1958

febbraio (1) : i Parlamenti siriano ed egiziano proclamano in comune la “Repubblica Araba


Unita”.
Maggio (13) : i coloni francesi ad Algeri occupano il Governatorato generale appoggiati da
alcuni generali;
si teme un colpo di Stato a Parigi condotto da truppe di stanza in Algeria.
Giugno (1) : il generale de Gaulle riprende il potere in Francia.
luglio (14) : rivolta in Iraq contro il re che viene ucciso, l’Iraq abbandona gli occidentali e si fa
neutrale.
Agosto (22) : l’artiglieria cinese riprende i bombardamenti contro le isole nazionaliste delle
Pescadores.
Settembre : referendum nei territori d’oltremare per la nascita della Comunità Francese;
nasce il GRPA
Ovvero il “Governo Provvisorio della Repubblica Algerina”. De Gaulle scopre la sua
politica.
Novembre (27) : una nota sovietica annuncia la decisione di rendere autonoma la RDT e apre
la “Crisi di
Berlino”, imponendo agli occidentali un ultimatum di sei mesi per decidere
su Berlino.

1959

gennaio (1) : Batista fugge da Cuba e lascia il governo nelle mani di Castro.
Marzo (7) : in Tibet scoppia una rivolta armata anti cinese che viene repressa; l’Urss si schiera
contro la Cina.
maggio (20) : la Conferenza di Ginevra tra i quattro Ministri degli Esteri non risolve il problema
di Berlino.
139
Settembre : viaggio di Krusciov negli Stati Uniti; vaghe promesse da parte di Eisenhower.
“ (2) : l’Urss concede all’India un grosso finanziamento nonostante gli scontri di
questa con la Cina.

1960

gennaio (1) : il Cameroun ottiene l’indipendenza dalla Francia.


febbraio (13) : firma di accordi commerciali tra l’Urss e Cuba, che si emancipa dal controllo
americano.
La Francia fa esplodere la prima bomba atomica nel Sahara.
maggio : Contrasto tra Albania e Unione Sovietica che ritira armamenti militari e aiuti
economici.
“ (16) : la Conferenza di Parigi su Berlino fallisce per l’intercettazione sovietica di un U2
americano.
“ (17) : Castro annuncia la riforma agraria che tocca interessi americani; svolta della
sua politica.
Giugno – ottobre : Senegal, Sudan, Mali, Mauritania e Madagascar ottengono l’indipendenza
dalla Francia.
Giugno (30) : il Belgio concede l’indipendenza al Congo, non ancora preparato, inizia una
situazione difficile.
Luglio : i sovietici richiamano a Mosca i loro tecnici inviati in Cina per sviluppare un’industria
moderna.
Ottobre (1) : indipendenza della Nigeria che rimane nel Commonwealth britannico.
(12) : all’Assemblea dell’ONU Krusciov protesta contro le teorie Usa battendo la
scarpa sul tavolo.

1961

l’Unione Sudafricana lascia il Commonwealth per la politica razziale poco gradita agli altri
membri.
Gennaio (8) : Referendum in Francia in cui il popolo chiede la cessazione della guerra in
Algeria.
“ (21) : Jonh Fitzgerald Kennedy è il nuovo presidente degli Stati Uniti.
Aprile (15) : sbarco degli esuli anti-castristi appoggiati dagli Usa alla “Baia dei Porci”;
l’operazione fallisce.
Maggio (18) : a Evian iniziano dei colloqui tra il FNL e il governo francese, vi è una pausa per
la guerra civile.
luglio : colpo di Stato in Siria, che abbandona la “Repubblica Araba Unita”.
Agosto : Kennedy propone agli Stati sudamericani la “Alleanza per il progresso”, ingenti aiuti
economici;
alla riunione del COMECON inizia la crisi tra Urss e Romania circa la divisione della
produzione.
“ (12) : i sovietici dividono Berlino con uno sbarramento; fine della Crisi e nascita del
Muro di Berlino.
Settembre (1) : a Belgrado inizia la prima Conferenza dei Paesi non allineati con 25
partecipanti.
Ottobre : al XXII Congresso del PCUS si manifesta pubblicamente il contrasto ideologico tra
Urss e Cina.

1962
140
gennaio : alla Conferenza panamericana Rusk ottiene l’espulsione di Cuba dall’OSA.
Marzo (18) : la Francia firma gli “Accordi di Evian” in cui concede un referendum
sull’indipendenza in Algeria.
Aprlie : la tensione tra Urss e Cina si accresce con degli scontri alla frontiera.
Maggio : la Cina invade il versante sud dell’Himalaya e sconfigge l’esercito indiano.
Luglio : Uganda e Burundi ottengono l’indipendenza dal Belgio e dal Congo.
“ (1) : in Algeria il referendum vede una vittoria larga per l’indipendenza; fine della
colonizzazione.
“ (4) : Kennedy propone in un discorso il suo “grande disegno”.
Estate : a Mosca Raoul Castro e Che Guevara chiedono ai sovietici degli aiuti militari per la
difesa di Cuba.
Ottobre (16) : un aereo spia U2 rileva sull’isola di Cuba la presenza di rampe di lancio per
missili.
“ (22) : in un annuncio televisivo Kennedy parla del blocco delle navi sovietiche attuato
intorno a Cuba.
“ (26) : Tramite un inviato ufficioso di Krusciov si risolve la Crisi di Cuba; lettera di
Krusciov a Kennedy.
Dicembre : le truppe dell’ONU riescono a riconquistare il Katanga e la secessione dal Congo è
annullata.
“ (9) : l’Uganda riceve l’indipendenza e entra a far parte del Commonwealth
britannico.
“ (18) : accordo anglo-americano che metteva sotto controllo Nato l’arsenale atomico
inglese.

1963

gennaio (14) : De Gaulle rifiuta il progetto di Kennedy, non ammette la GB nel MEC e il
progetto atomico.
“ (22) : accordo franco-tedesco su una cooperazione politica, economica e culturale.
febbraio : il “Quotidiano del Popolo” di Pechino pubblica articoli che attaccano violentemente
Krusciov.
Settembre (12) : indipendenza del Kenya dall’Inghilterra.
agosto (5) : firma a Mosca del Trattato che vieta gli esperimenti nucleari nell’atmosfera.
settembre (1) : Tra Mosca e Washington è creata una linea diretta, il “telefono rosso”.
Novembre : in Vietnam del Sud un colpo di Stato destituisce il governo; Johnson decide di
intervenire.
“ (22) : a Dallas il presidente americano Kennedy viene assassinato; gli succede
Lyndon Johnson.

1964

gennaio : alla Conferenza del Cairo tra Paesi Arabi si decide la nascita dell’OLP.
luglio (10) : Mao denuncia le usurpazioni territoriali degli Zar a danno della Cina; cresce la
tensione.
Agosto (7) : il presidente Johnson ottiene dal Congresso l’autorizzazione all’uso della forza in
Asia.
settembre (29) : Tanganica e l’isola di Zanzibar si uniscono e danno vita alla “Repubblica
Unita di Tanzania”.
ottobre : la Cina fa esplodere la sua prima bomba atomica.
141
“ (5) : Krusciov viene destituito dal Presidium del Soviet Supremo; periodo di guida
collegiale;
Conferenza dei non allineati al Cairo con 46 partecipanti.

1965

febbraio (7) : Johnson ordina di bombardare il Vietnam del Nord


aprile (8) : a Bruxelles si opera la fusione degli organi esecutivi della CECA, dell’EURATOM e
del MEC.
agosto (5) : un violento incidente di frontiera fa scoppiare la guerra tra India e Pakistan.

1966

gennaio : in Cina Mao inizia la “rivoluzione culturale” per restare al potere.


“ (9) : fine della guerra tra India e Pakistan; al potere in India Indira Gandhi.
marzo : con un messaggio a Johnson, De Gaulle annuncia il ritiro della Francia dalla NATO.
Luglio (1) : da questa data le truppe francesi non sono più subordinate alla NATO.

1967

aprile (1) : E’ completato lo sgombero delle truppe americane e canadesi dal suolo francese.
maggio (22) : Nasser chiude il Golfo di Aquaba alle navi dirette ad Israele.
giugno (5) : inizia la guerra dei Sei Giorni; Israele attacca l’Egitto, il Golan e Gerusalemme.
“ (10) : l’ONU impone il cessate il fuoco senza condizioni nel conflitto arabo.
“ (19) : l’Urss convoca l’Assemblea dell’ONU per il conflitto arabo: fallimento.
“ (20) : viaggio in Urss del generale De Gaulle; creazione di una Commissione mista
franco-sovietica.
“ (30) : il colonnello Ojukwu, un Ibo, proclama l’indipendenza del Biafra.

1968

gennaio (5) : in Cecoslovacchia, Dubcek succede a Novotny con l’appoggio del gruppo liberale
del partito.
“ (31) : i nord vietnamiti scatenano l’offensiva del Tet che fa mutare la politica
statunitense.
Marzo : scontri all’università di Praga tra polizia e studenti, fomentati dalla “Primavera di
Praga”.
Aprile : il partito comunista cecoslovacco annuncia il programma di liberalizzazione del
regime.
luglio : firma del Trattato sulla non proliferazione delle armi atomiche. Atomica cinese.
Agosto (21) : l’Armata Rossa invade la Cecoslovacchia con l’appoggio di Bulgaria, Ungheria,
Polonia e RDT.
“ (25) : a Mosca Dubcek e il gruppo liberale sono costretti a firmare un accordo per
frenare le riforme.
142
Ottobre (31) : Johnson ordina la sospensione dei bombardamenti sul Vietnam del Nord.
novembre (5) : alle elezioni americane il nuovo presidente è il repubblicano Richard Nixon.

1969

marzo : si intensificano gli scontri di confine tra Urss e Cina; questione dell’isola Damanski.
Aprile : in seguito ad agitazioni, inizia la sostituzione del gruppo liberale cecoslovacco; il primo
è Dubcek. giugno : il presidente Nixon annuncia il progressivo ritiro delle truppe americane
dal Vietnam.
luglio (21) : gli americani Armstrong e Aldrin sbarcano sulla Luna.
settembre (1) : il colonnello Gheddafi, anticomunista, prende il potere in Libia.
ottobre : Willy Brandt è eletto cancelliere della RFT; inizia l’Ostpolitik.
Dicembre : iniziano i negoziati tra Urss e Cina per gli scontri di confine e le rivendicazioni
territoriali.1

1970

gennaio : appoggiato dai militari, Breznev si libera di Kosygin e assume il potere da solo.
“ (8) : fine della guerra del Biafra, vittoria dell’esercito federale nigeriano.
marzo : gli Stati Uniti partecipano ad azioni militari in Laos e Cambogia contro i khmer rossi
“ (19) : primo incontro tra Brandt e il capo di governo della RDT Stoph.
agosto (12) : firma del Trattato russo-tedesco sull’inviolabilità delle frontiere europee.
settembre : re Hussein caccia dalla Giordania i fedayin palestinesi; crisi del mondo arabo.
“ (10) : Conferenza dei Paesi non allineati a Lusaka, nello Zambia con 54 partecipanti.
“ (28) : in Egitto muore Nasser; gli succede Sadat che si avvicinerà agli Usa.
dicembre (14) : rivolta degli operai di Danzica duramente repressa dall’esercito polacco.
“ (7) : Trattato tra RFT e Polonia sulla inviolabilita del confine Oder-Naisse.
“ (19) : Gierek è nominato capo del governo in Polonia al posto di Gomulka.

1971

marzo (26) : il Pakistan orientale proclama la propria indipendenza; intervento pakistano.


aprile : i cinesi invitano una squadra di ping pong americana ad una competizione in Cina.
maggio (26) : Usa e Urss firmano l’accordo SALT I.
ottobre (26) : all’ONU la Cina comunista prende tutti i ruoli della Cina nazionalista.
dicembre (3) : iniziano le ostilità tra India e Pakistan alla frontiera del Kashmir.
“ (7) : in seguito alla sconfitta con l’India, il Pakistan riconosce il Bangladesh.

1972

gennaio (22) : a Bruxelles Regno Unito, Danimarca, Norvegia e Irlanda firmano l’atto di
partecipazione al MEC.
febbraio (21) : importantissimo viaggio di Nixon a Pechino.
maggio : trattative segrete a Parigi tra Kissinger e un delegato nord vietnamita.
giugno (3) : accordo quadripartito su Berlino tra le quattro potenze occupanti.
settembre : accordi di riconoscimento e di pace tra il Giappone e la Cina comunista.
dicembre (21) : riconoscimento reciproco dei due Stati tedeschi che iniziano rapporti normali.

143
1973

gennaio (23) : il Presidente Nixon annuncia il cessate il fuoco in Vietnam.


febbraio : in Afghanistan il colpo di Stato di Daud allontana il re Zahir.
marzo : alla Conferenza di Parigi per il Vietnam sono ripresi piu’ o meno gli accordi stipulati
l’anno prima da Kissinger.
giugno : viaggio di Breznev negli Usa; impegno ad impedire ogni guerra nucleare.
settembre : si sana il contrasto tra Hussein e gli arabi, che decidono la guerra ad Israele.
Henry Kissinger è il nuovo segretario di Stato americano.
Conferenza dei Paesi non allineati ad Algeri con 86 Stati partecipanti.
Le due Germanie sono ammesse a far parte dell’ONU.
ottobre (6) : inizia a sorpresa la Guerra del Kippur; l’Egitto avanza nel Sinai.
“ (15) : le truppe israeliane di Sharon oltrepassano il canale di Suez.
“ (22) : il Consiglio di Sicurezza vota il cessate il fuoco ma continuano gli incidenti.
novembre (11) : firma dell’accordo el “km 101” tra gli eserciti egiziano e israeliano.

1974

gennaio : in Portogallo muore Salazar; il potere è preso da militari di stampo sovietico.


maggio : Willy Brandt si dimette; gli succederà Helmut Kohl, a capo della CDU.
agosto : in seguito allo scandalo Watergate il presidente Nixon si dimette per Gerard Ford.
dicembre (10) : a Parigi l’Europa dei nove decide la formazione del “Consiglio Europeo” e le
elezioni del parlamento a suffragio universale.

1975

agosto (1) : ad Helsinki 25 paesi europei firmano l’Atto finale della “Conferenza sulla Sicurezza
e la Cooperazione in Europa” (CSCE).
novembre (20) : in Spagna muore il generale Francisco Franco; ritorno del potere ai Borboni
con una monarchia costituzionale.

1976

aprile : in Portogallo le elezioni portano alla vittoria dei socialisti di Mario Soares, che
condurrano il Paese nella democrazia.
giugno (29) : Congresso di Berlino tra i partiti comunisti del mondo; prevalgono gli
indipendenti filo-italiani.
agosto : viaggio di Tito a Pechino; riconciliazione tra Cina e Jugoslavia.
settembre : in Polonia nascono “comitati di sciopero” e il sindacato Solidarnosc guidato da Lec
Walesa.
“ : morte di Mao Tse-tung; il suo posto sarà poi preso da Deng Xiaoping.
ottobre (4) : Conferenza di Berlino per continuare quella CSCE di Helsinki, fallimento totale.
novembre : alle elezioni americane è eletto il democratico Jimmy Carter.

1978

gennaio (12) : gli Usa fanno sapere della loro insoddisfazione della forza dei comunisti italiani.
144
aprile (27) : un colpo di Stato in Afghanistan pone al potere il filo sovietico Karmal, inizia la
guerra civile contro i comunisti.

1979

gennaio : in Cina si adotta l’idea delle “zone economiche speciali”


febbraio (17) - marzo (3) : attacco Cinese contro il Vietnam per protesta contro l’Urss e la lotta
di questo Paese ai Kmer rossi in Cambogia.
aprile : viaggio di Giovanni Paolo II in Polonia che riesce a calmare le masse.
giugno : si conclude l’accordo SALT II tra Usa e Urss.
dicembre : truppe sovietiche invadono l’Afghanistan per sostenere il regime di Karmal.

1980

gennaio (4) : l’Assemblea Generale dell’ONU condanna l’aggressione sovietica in Afghanistan.


maggio (4) : morte di Tito; continuano le tensioni tra jugoslavi e albanesi in Kosovo.
novembre : alle elezioni americane è votato Ronald Reagan, riconfermato nel 1984.

1981

ottobre (18) : il PC polacco affida molti poteri nelle mani del generale Jaruzelski.
novembre (10) : muore Leonid Breznev; gli succede Andropov con l’appoggio dell’esercito.
“ (30) : Conferenza a Ginevra sugli euromissili fallita per “l’operazione zero” di
Reagan.
dicembre (12) : Jaruzelski proclama lo “Stato di guerra” in Polonia, chiuse le frontiere e divieto
di riunione

1983

gennaio (1) : Jaruzelski pone fine allo “Stato di guerra” in Polonia, durato un anno.
marzo (23) : Reagan annuncia il programma dello “Scudo Stellare” in difesa dai missili.
giugno : nuovo viaggio del Papa in Polonia.
novembre : in Germania sono installati i primi missili Pershing rivolti ad est.

1984

febbraio (9) : Muore Andropov e gli succederà Cernienko, l’anziano favorito di Breznev.
aprile : in Cina sono aperte le frontiere con l’estero in tre regioni litorali del sud.

1985

gennaio (7) : conversazioni russo-americane a Ginevra sul controllo di tutti gli armametni, non
solo sui missili.
febbraio : Morte di Cernienko e rapida nomina del giovane Mikhail Gorbaciov.
marzo (11) : Mikhail Gorbaciov diviene segretario generale del PCUS.

1986

145
gennaio : scoppia negli Usa lo scandalo “Irangate”: Reagan ne esce comunque pulito.
febbraio : al XXVII congresso del PCUS Gorbaciov parla di “Perestrojka” e “Glasnost”.
aprile (25) : esplosione di un reattore alla centrale nucleare ucraina di Cernobyl.
luglio (28) : Gorbaciov comunica alla Cina il desiderio di evacuare l’Afghanistan per ottenere
un riavvicinamento.
ottobre : il PCC annuncia che la Cina passerà gradatamente ad un’economia commerciale.

1987

novembre : rottura dei rapporti tra Gorbaciov ed Eltsin per una critica di questi al Politburo.
dicembre (8) : accordo di Washington sul disarmo per l’eliminazione dei missili dall’Europa.

1988

febbraio : gli armeni protestano per il trattamento delle loro minoranze nel Nagorno Karabakh,
territorio dell’Azerbaigian; inizia il conflitto.
marzo (3) : Ceausescu e sua moglie Elena inaugurano le terribili riforme in Romania.
maggio : dopo 32 anni, Kadar è allontanato dal potere dal partito comunista ungherese.
“ (15) : dall’Afghanistan vi è il ritiro del primo contingente dell’Armata Rossa.
giugno (4 - 16) : nell’Urss si festeggia il millesimo anniversario dell’evangelizzazione russa,
liberazione di preti e miglioramento dei rapporti con il Vaticano.

1989

febbraio : si completa il ritiro dell’Armata Rossa dall’Afghanistan.


aprile (16) : scoppia una violenta protesca studentesca in Cina; occupata piazza Tien an Men
per settimane dagli studenti.
maggio (15) : visita di Gorbaciov a Pechino in una situazione di crisi e proteste in Cina;
umiliazione del governo cinese.
“ (20) : il governo cinese annuncia che i negoziati con gli studenti sono falliti.
giugno : alle elezioni polacche i candidati di Solidarnosc sono tutti eletti; i partiti democratico
e popolare abbandonano i comunisti; il governo va ad un non-comunista per la prima volta dal
1948 in un Paese dell’Est.
“ (4) : l’esercito cinese massacra migliaia di studenti in Piazza Tien an Men.
settembre : nel dialogo sul disarmo, Gorbaciov accetta la continuazione del programma dello
scudo spaziale. Inizia lo sgombero delle truppe vietnamite dalla Cambogia.
ottobre : il Partito Operaio Ungherese diviene un “Partito socialista” non comunista.
“ nella RDT imponenti manifestazioni di protesta in occasione dell’anniversario della
fondazione dello Stato.
novembre (9) : Frontiere aperte tra le due Germanie; è abbattuto il Muro di Berlino.
“ : Nella RDT si forma un governo liberale, l’Armata Rossa lascia il Paese.
dicembre : in Cecoslovacchia si forma un governo in maggioranza non comunista.
“ : in Romania il leader Ceausescu e sua moglie sono giustiziati in mondovisione;
diviene presidente ancora un vecchio comunista, Ion Iliescu.

1990

146
febbraio : Gorbaciov fa accettare al Comitato Centrale la perdita del ruolo dirigente del PCUS.
marzo : Gorbaciov accetta nell’Urss il pluralismo dei partiti.
“ (11) : il Parlamento proclama l’indipendenza della Repubblica Lituana dall’Urss.
“ (30) : il Parlamento proclama l’indipendenza dell’Estonia dall’Unione Sovietica.
aprile : le elezioni ungheresi portano alla formazione di un govero liberale.
maggio (1) : in occasione della “festa dei lavoratori”, Gorbaciov è fischiato al Cremlino.
“ (4) : inizia la resistenza dell’Armata Rossa contro la secessione delle Repubbliche
baltiche.
“ (29) : il “Parlamento di Russia”, liberamente eletto, nomina Eltsin presidente della
Repubblica Russa.
giugno : le elezioni cecoslovacche danno la maggioranza al governo liberale di Havel.
“ : le elezioni in Bulgaria danno ancora la maggioranza ad un nuovo partito comunista
luglio : al Congresso del PCUS Gorbaciov cerca di mantenere l’unità federale contro le spinte
indipendentiste di Eltsin.
ottobre (3) : le due Germanie si riuniscono ufficialmente in un unico Stato.
dicembre : Lech Walesa è eletto Presidente della Polonia al posto di Jaruzelski.
“ (2) : libere elezioni in tutta la Germania, vittoria della CDU sulla SPD.

1991

gennaio : a fine la resistenza dell’Armata Rossa contro l’indipendenza delle Repubbliche


baltiche.
“ (17) : iniziano le operazioni degli occidentali contro l’Iraq (operazione Desert Storm).
febbraio : si scioglie ufficialmente il Patto di Varsavia; Eltsin chiede le dimissioni di Gorbaciov.
marzo (2) : l’Iraq si arrende senza condizioni, si conclude l’operazione Desert Storm.
“ (17) : ultimo tentativo di Gorbaciov per salvare la federazione con un referendum.
aprile - dicembre : in questo periodo proclamano la loro indipendenza dall’Unione Sovietica
Georgia, Bielorussia, Moldavia, Azerbaigian, Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan, Armenia,
Turkmenistan e Kazakistan.
giugno (12) : nella Repubblica Russa si svolgono le elezioni presidenziali libere, segrete e
multipartitiche; Eltsin è rieletto presidente.
“ (19) : le truppe sovietiche evacuano definitivamente l’Ungheria.
“ (25) : la Slovenia e la Croazia proclamano la loro indipendenza dalla Jugoslavia.
“ (28) : si scioglie ufficialmente il COMECON.
luglio : a Brioni la CEE impone un cessate il fuoco che pone fine agli scontri tra serbi e sloveni,
che ottengono l’indipendenza; continuano gli scontri nella Krajina croata.
agosto (16) : Colpo di Stato in Urss da parte della vecchia guardia comunista; Gorbaciov è
tenuto prigioniero in Crimea.
“ (19) : a capo della folla, Eltsin blocca l’esercito e fa fallire il golpe.
“ (24) : l’Ucraina proclama la sua totale indipendenza dall’Urss.
ottobre : le elezioni in Bulgaria danno una ristretta maggioranza all’opposizione democratica.
“ : dato il fallimento della CEE il cessate il fuoco in Croazia e Bosnia è affidato all’ONU,
che non farà meglio.
“ (1) : i serbi iniziano il bombardamento della città croata di Ragusa (Dubrovnick).
“ (27) : prime vere libere elezioni in Polonia, i comunisti sono totalmente sconfitti.
dicembre (21) : Russia, Ucraina e Bielorussia danno vita alla Confederazione degli Stati
indipendenti (CSI).
“ (23) : la Germania riconosce ufficialmente la Slovenia e la Croazia.
“ (25) : Gorbaciov si dimette da Segretario del Pcus. L’Urss è sciolta.

1992
147
gennaio (15) : la CEE decide di riconoscere Slovenia, Croazia e Bosnia Erzegovina.
febbraio (21) : su invito del Segretario Generale Boutrous-Ghali il Consiglio di Sicurezza
approva l’invio di 14.000 Caschi Blu in Croazia (UNPROFOR).
marzo : alle elezioni in Albania i liberali superano largamente i comunisti.
aprile (27) : serbi, montenegrini e bosniaci serbi creano la Repubblica Federale Jugoslava.
luglio : in conseguenza delle elezioni la Cecoslovacchia si divide in due Stati.
ottobre : in Romania Iliescu è rieletto presidente.

148

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