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Appunti sulla notazione medievale

La musica, nell’Antcihità, veniva trasmessa prevalentemente oralmente. Con il


termine “chironomia” (dal greco: cheiros = mano) si indicava il gesto della mano del
maestro di coro: un gesto inteso a ricordare ai cantori l’andamento della melodia. In
seguito si cominciarono a scrivere dei segni, simili a quelli degli accenti della lingua
(acuto e grave: salita e discesa della melodia).
Es. 1 Accenti grammaticali e neumi

Es. 2 Neumi di varie tradizioni monastiche

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3. Vari tipi di neumi

Venne poi l’indicazione dei neumi: prima in “campo aperto” (notazione


“adiastematica”: non consente un’esatta trascrizione), quindi in una o più linee
(notazione diastematica).

4. Notazione adiastematica di Benevento

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5. Altro esempio di notazione adiastematica: Graduale.

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Vi erano 15 famiglie di notazioni neumatiche, ognuna espressione della cultura
musicale dei vari centri monastici europei (S. Gallo, Nonantola, S. Marziale,
Montecassino, Limoges, Metz, ecc.).

6. Piantina con le indicazioni dei principali centri monastici del Medioevo

Un punto a destra del neuma (detto mora vocis) suggeriva di raddoppiare la durata
del suono; un trattino sotto o sopra del neuma allungava un po’ il suono senza
raddoppiarlo; un trattino verticale (adottato nelle edizioni di Solesmes) indica le note
ittiche (i suoni da appoggiare con la voce).
Un asterisco * indica l’entrata del coro, due ** l’entrata di un secondo coro in un
brano antifonale.

7. Punto di mora (1), episema orizzontale (2) e verticale (3)

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8. Un canto gregoriano: Ave Maria

Le stanghette indicano il respiro che i cantori devono prendere: il quarto di


stanghetta (1) suggerisce di respirare senza interrompere il canto e corrisponde
all’incirca alla conclusione di un inciso musicale; la mezza stanghetta (2) indica un
respiro ampio e precisa la fine di un membro musicale (due o più incisi); la
stanghetta intera (3) alla fine di una frase musicale, richiede una breve pausa; la
doppia stanghetta (4) indica la conclusione del brano oppure, all’interno della
composizione, l’alternanza degli esecutori.

9. Vari tipi di stanghette

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10. Notazione su linea rossa

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Si indicò una prima linea di riferimento incidendo con un solco la pagina, quindi ad
inchiostro: linea rossa per il Fa, linea gialla per il Do. Un ulteriore passo in avanti
venne compiuto con il tetragramma: quattro linee, con i neumi in notazione
quadrata. Dopo la notazione quadrata dei neumi, vengono introdotte 2 figure: la
Longa e la Brevis .

In seguito apparvero la Duplex Longa o Maxima

e la Semibrevis .

Successivamente (Philippe de Vitry, Ars Nova, ca. 1320), si introdussero le 4


“prolationi”, o 4 modi di dividere la semibreve (divenuta l’unità di misura della
musica) e, con valore normale di nota, la Minima

“Prolatio” era l’espressione con cui si intese solo il rapporto tra minima e semibreve;
“tempus” quello tra semibreve e breve; “modus” quello tra breve e lunga.
In questi rapporti la divisione binaria dei valori divenne equiparata alla
ternaria: da qui la necessità di indicare con segni diversi, all’inizio di ogni brano,
quale fosse la suddivisione delle unità ritmiche maggiori.
Il cerchio O, simbolo di perfezione (la Trinità), avvertiva che il “tempus” era
ternario, cioè “perfectum” (la “brevis” doveva essere scomposta in tre “semibreves”);
il semicerchio C, simbolo d’imperfezione, avvertiva che il “tempus” era binario, cioè
“imperfectum” (la “brevis” doveva essre scomposta in due “semibreves”). Un punto
all’interno del cerchio e del semicerchio indicava la “prolatio major”, e cioè la
successiva divisione ternaria della “semibrevis”. Mancando il punto, si aveva la
“prolatio minor”, e cioè la suddivisione binaria della “semibrevis”.

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Notazione francese medievale
11. I 6 Modi ritmici dell’Ars Antiqua (Leoninus, Perotinus, fine XII-XIII
sec.)

12. I 6 modi ritmici dell’Ars Antiqua

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13. Gli Ordines della Notazione medievale (Scuola di Notre-Dame de Paris)

14. Ars Nova francese: Mensuralismo (Ph. de Vitry, J. de Muris, sec. XIV)

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La notazione dell’Ars Nova italiana
Con l’affermazione dell’Ars Nova italiana, si determinarono ulteriori sviluppi
della notazione, con soluzioni che distinsero l’esperienza italiana dal mensuralismo
francese. Furono i maestri italiani ad avvalersi per primi dell’equiparazione tra
divisione binaria e ternaria, raffigurando – di conseguenza – anche le suddivisioni
minori dei valori presenti nelle loro melodie (vedi es. 3; cfr. Marchetto da Padova,
Pomerium in arte musicae mensuratae, Cesena, dopo il 1318).
Con Prosdocimo di Beldemandis “ Paduanum” (Tractatus practice de musica
mensurabili ad modum Italicorum, 1402) viene, tra l’altro, introdotta la semiminima,
con la duplice possibilità di essere distinta ed eseguita in valore binario (= a 2
minime) oppure ternario (“in sexquialtera” : = tre semiminime equivalgono a 2
minime):

In Italia come attestano i codici, nella prima metà del Trecento - anziché utilizzare il
cerchio ed il semicerchio (come nelle composizioni francesi) - si usarono segni di
abbreviazione in lettere maiuscole o minuscole che venivano poste all’inizio del brano
sopra la chiave. Con la lettera b la “binaria divisio”, con la t la “ternaria”, con la q la
“quaternaria”, con s la “senaria”, con s p la “senaria perfecta”, con s i la “senaria
imperfecta”, con o la “octonarias”, con n la “novenaria” e con d la “duodenaria”.
Questa abbreviazione, segnalando il tipo di divisione, avvertiva in quante semibrevi
una breve doveva essere divisa.
Fu, fondamentalmente, il punctus divisionis a caratterizzare la differenza tra
la notazione francese e quella italiana. Con la sua apparizione si introduceva per la
prima volta il principio della battuta che anticipava quanto diversi secoli dopo verrà
rappresentato dalla sbarra di divisione. Mentre i francesi usavano il punto con altri
significati, gli italiani se ne servivano per esprimere, tra un punto e l’altro, una somma
di valori pari a una “mensura”.

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Notazione italiana medievale

15. Notazione italiana (Marchetto da Padova, Prosdocimo di Beldemandis, sec. XIV)

16. Notazione italiana

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17. Notazione italiana

18. Simboli e trascrizione dei valori in uso nel tardo Medio Evo: Longa, Brevis,
Semibrevis, Minima, Semiminima.

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