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Anno 786 AUC – Gerusalemme – Venerdì pomeriggio......................................................................

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Anno 786 AUC – Gerusalemme – Venerdì sera.................................................................................. 3
anno 786 AUC – Gerusalemme – casa di Giuseppe d’Arimatea - Sabato .......................................... 5
anno 787 AUC – 250 miglia a Sud dell’isola di Formentera ............................................................. 6
Anno 817 AUC – Oasi di Sefer ...........................................................................................................6
2000 E.C.U (Era Canina Umana) - Epilogo.........................................................................................8

Anno 786 AUC – Gerusalemme – Venerdì pomeriggio

“Volete Barabba libero oppure Gesù...???”


La piazza esplose in un urlo isterico, prima isolatamente poi unita in un rombante coro di mille
voci:
“Barabba.... Barabba... Barabba!”
Ponzio Pilato tolse le mani appoggiate sulla balaustra di marmo del balcone del palazzo Consolare
di Gerusalemme e si strinse addosso la toga purpurea.
Una reazione così improvvisa e precisa di una folla voleva dire una sola cosa... era tutto preparato!
Lo stavano manipolando... lui.. il rappresentante del Divino Tiberio, il simbolo della Roma
Imperiale preso per i fondelli e portato a spasso da quattro straccioni di ebrei. Guardò lentamente
prima alla sua sinistra e poi alla sua destra.
Di quà un individuo sudicio, tozzo e greve malamente avvolto in una lacera tunica sbiadita, un volto
irregolare e piatto incorniciato da una barba irsuta, che lo fissava dritto negli occhi con aria di sfida
e gli dedicava un bieco sorriso con denti radi e giallastri da iena.
Sull’altro lato un uomo giovane, scarmigliato ma che denunciava nel taglio dei lunghi capelli e nella
barba cura del proprio corpo, una candida tunica tessuta in solo pezzo, lineamenti delicati ma virili,
uno sguardo azzurro e sereno che ti cercava senza importi la sua presenza, un’aria assente e
distante.
“Dunque volete libero Barabba ?” urlo a squarciagola Pilato alla folla.
“Siiiii.... libera Barabba.... crocefiggi Gesù!” fu la risposta mille volte urlata....
“Ed io libero Barabba e lo affido a voi... “
Urla acutissime accolsero la frase.... Pilato fece una pausa ad effetto e tirò il fato a fondo, adesso
che li aveva in pugno doveva imporre la sua volontà a quella della folla. Girò lo sguardo lentamente
guardando tutti negli occhi ed attendendo che li abbassassero, poi riprese a parlare:
”.. libero Barabba secondo la vostra volontà ma tengo Gesù per me... io ed io solo deciderò il suo
destino...”
Un coro di urla isteriche gli rispose e la folla incominciò ad ondeggiare spingendosi verso la
scalinata del palazzo. Una doppia fila di legionari proteggeva l’ingresso ma sembrava perplessa sul
da farsi.
Pilato alzo un braccio e le guardie abbassarono i pilum all’altezza dei petti degli ebrei.
I primi si gettarono in terra per non finire infilzati, i secondi si girarono e cercarono di spingere
indietro i vicini mentre la pressione da dietro si riduceva e poi cessava. I volti della folla si rivolsero
rabbiosi verso Pilato sul balcone per vedere se dava ordine alle truppe di avanzare ma Pilato
abbassò il braccio ed alzò ancora di più la voce:
“... Gesù è ora sotto la mia giurisdizione e le leggi di Roma, re Erode lo ha rifiutato ed i vostri
Sacerdoti lo hanno affidato a me... se non vi va’ prendetevela con loro.... io deciderò di lui. Ora
tornate alle vostre case a preparare il Sabbath! Qui non c’è più nulla di buono per voi!”
Pilato non attese una risposta, si voltò di colpo facendo volteggiare e roteare la toga e si ritirò nella
stanza. Due guardie chiusero dietro a lui le porte e tirarono le pesanti tende per isolare il
rumoreggiare che arrivava dalla piazza. La folla continuava in una disordinata bailamme di grida
ma adesso mancava di coordinazione e di convinzione, evidentemente non aveva ricevuto istruzioni
su come comportarsi in un caso come quello. Risuonavano sempre più isolate grida di
“Crocifiggilo.... Uccidilo...” ma adesso si sentivano anche lo schiocco delle fruste che i suoi soldati
stavano usando per disperdere la folla. Il clamore calava poco alla volta sostituito da isolati gemiti e
strilli disordinati.
“Rufus vieni qui!”
Il fedele Centurione che lo seguiva da anni fu subito al suo fianco. Come sempre, quando era
chiamato, il veterano si limitava a mettersi in piedi davanti a Pilato, la mascella squadrata serata ed
il possente corpo leggente arcuato verso l’avanti ed attendeva gli ordini, fissando un punto posto un
paio di metri alle spalle di Pilato.
“Conosci un sicarius fidato?”
“Pilato, questi ebrei per un pugno di denari sgozzerebbero moglie e figli..!”
“Non mi serve tanto, ma Barabba non deve vedere l’alba del Sabbath! Ha ucciso soldati romani non
può passarla liscia così!”
“Pugnale o veleno?”
“Veleno, ma deve sembrare un incidente o un malore.. tieni questo anello, ha il castone mobile e
contiene polvere di laudano, procura che il nostro amico ne riceva una abbondante razione!”
“Sarà fatto, Console!”
“.. e portami qui quel Gesù, devo fare quattro chiacchiere con lui!”
“Subito Pilato!”
Si accomodò su un triclinio, aggiustò dietro la schiena i morbidi cuscini di seta imbottiti di piume
d’oca e prese a spiluccare acini d’uva da un vassoio posato su un tavolino li accanto.
Si versò una coppa di vino leggero e l’annacquò con fresca acqua di rose.
“Sarà una giornata pesante”.. pensò Pilato “ una di quelle in cui non devo prendere decisioni
avventate o sbagliate”
“Il prigioniero, Pilato!”
Il Console sobbalzò alla frase della guardia e guardò verso l’alto.
Era una posizione svantaggiosa e colse il senso di inferiorità che derivava dal dover alzare lo
sguardo. Si alzò con la massima dignità possibile, lentamente e studiatamente.
Girò attorno al prigioniero che stava in piedi rilassato, con le mani legate davanti a se’.
Nessuna reazione, Gesù restava immobile senza dare nessun segno di nervosismo.
Alla fine era Pilato che cominciava a diventare nervoso... quell’uomo era davvero indisponente.
Eppure non riusciva ad arrabbiarsi, ad odiarlo, a volerlo distruggere... una parte di lui voleva stare
assieme a lui, conoscerlo, ma contemporaneamente una voce gli urlava dentro: liberati di lui....
allontanalo... fallo sparire dalla tua vita o crolleranno tutte le tue certezze!
Si fermò di fronte a Gesù a tre passi di distanza e lo fissò di nuovo negli occhi. Sempre quello
stesso sguardo... sereno, indifferente, calmo.
“Hai visitato i miei sogni Gesù e non mi è piaciuto... oggi sei scampato alla morte, grazie a me, te
ne rendi conto?” chiese Pilato
“I tuoi sogni riguardano te e la tua coscienza. E non puoi fare nulla che non sia già stato deciso, il
mio percorso è già tracciato...tu non lo puoi cambiare”
“.. non sei riconoscente... però ammetterai che se non posso cambiare la meta, posso fare in modo
che la strada si allunghi o si accorci...”
“La mia strada, come la tua, la traccia Dio!”
“E’ un dialogo che non va’ nella direzione che desideravo... e va bene... seguirai la strada che Dio
ha tracciato per te, ma al modo di Pilato... Rufus!”
“Comanda Pilato!”
“Quest’uomo è condannato ai remi di una galera, ma nessuno lo deve riconoscere, fallo radere come
un romano e bada che il tonsore non lo tagli perchè io restituirò a lui dieci tagli per uno, poi portalo
al porto ed imbarcalo sulla prima nave che sta per salpare”
“Se il comandante mi chiede qualcosa?”
“Ordine mio personale, eccoti il sigillo per confermarlo, il comandante non deve far del male al
prigioniero, ma nasconderlo sotto coperta e se qualcuno gli chiede chi è deve rispondere che è un
galeotto romano”
“E per quanto tempo Pilato?”
“Per sempre! O per lo meno io non voglio più sentire parlare di Gesù, chiaro?”
“Sarà fatto Pilato.”
“.. e tu non dici nulla Gesù? Stai per iniziare una lunga crociera ma almeno sei vivo!”
“Andrò dove il mio Padre vorrà Pilato, ma sei stato buono con me.. non lo dimenticherò… sii un
ultima volta generoso…ho una madre qui in città, vorrei poterla vedere un ultima volta”
“Rufus, fai cercare sua madre, non sarà lontana da qui e da suo figlio, e lasciali soli per due
clessidre, poi fa’quello che ti ho ordinato!”
“Agli ordini Pilato!”

Anno 786 AUC – Gerusalemme – Venerdì sera

“Il Sommo Sacerdote Kaìapha, Pilato!” annunciò il valletto di stanza.


“Ecco... lo sapevo che sarebbe arrivato anche lui...” pensò indispettito Pilato. Ma la lunga abitudine
alla diplomazia lo fece sorride ed esclamare: “ ... che entri e sia il benvenuto!”
Kaìapha entrò come un uragano, sudato e trafelato per quella che doveva essere stata una corsa dal
Sinedrio al palazzo di Pilato. Aveva indosso gli abiti del suo ruolo, sulla tunica di lino candido
portava il Talleth e le insegne del Supremo Sacerdozio, impugnava lo Yad e sul petto risplendeva
l’Ephrod con le dodici gemme, era decisamente una visita ufficiale oppure Kaìapha era stato
strappato bruscamente dalla lettura della Torah senza nemmeno il tempo di cambiarsi.
Al suo fianco, a rafforzare l’ufficialità dell’incontro c’è anche l’altro Sommo Sacerdote, il suocero
di Kaìapha, Anania, come sempre in posizione arretrata e poco evidente rispetto al genero, ma suo
braccio destro (e sovente anche il sinistro quando c’erano affari sporchi).
Pilato prese tempo dicendo agli ospiti :” Accomodatevi e rinfrescatevi con libagioni, amici miei, è
quasi Sabbath ma la Legge non vi impedisce di bere bevande non alcooliche vero?”
Intanto scrutava la coppia, stupendosi come sempre di come fossero diversi e complementari.
Kaìapha era ancora giovane, bruno e di corporatura massiccia, rude e grossolano, un vero mastino
che affrontava tutto e tutti di petto, con una voce roboante che sovrastava ogni altro clamore, poco
avvezzo al compromesso e alle astuzie della politica. Anania era invece piccolo, curvo, segaligno e
affilato, con un profilo spigoloso ed un naso adunco da avvoltoio, occhi sfuggenti ed una voce
sottile e acuta.
Anania poteva sembrare innocuo ma era pericoloso come un serpente, artefice delle più astute e
segrete trame, dedito alla vendetta ed alla manipolazione sotterranea. Kaìapha credeva di usarlo, ma
era in realtà Anania che usava Kaìapha.
Ed era Anania la persona da convincere, anche se Kaìapha tuonava.... dopo, in privato, ci avrebbe
pensato lui a mettere giudizio e portare alla ragione ed alla convenienza il compare.
“Hai liberato Gesù!” esordì Kaìapha, come sempre senza nessun preambolo diplomatico andando al
sodo della questione, percuotendo il tavolino con la mano d’oro dello Yad.
“Non è esatto, l’ho condannato a quello che ritenevo la giusta pena... anzi se vogliamo essere precisi
per me Gesù era senza colpa, non ha commesso nessun reato contro Roma!”
“Era un bestemmiatore! Era un sobillatore! Era un falso Profeta!” la voce di Kaìapha seguì un
crescendo e la terza accusa venne gridata a gola spiegata mentre indicava Pilato con la manina dello
Yad punta alla gola come fosse un coltello. Il Centurione mise la mano sull’elsa del gladio e guardò
interrogativamente il Console, un ammiccamento ed avrebbe provveduto a rendere inoffensivo
Kaipha troncandogli il braccio. Pilato sorrise e scostando la manina d’oro puntata contro di lui con
la punta di due dita rispose con voce flemmatica.
“Tutti reati contro la VOSTRA Religione e la VOSTRA Legge... ma voi non avete avuto il coraggio
di processarlo e lo avete consegnato a me!”
“Perchè fosse condannato e punito con la morte non perchè fosse mandato libero!” tuonò Kaìapha
sempre più rosso in viso.
“Perchè fosse GIUDICATO Kaìapha, devo ricordarti le tue stesse parole?”
La vocina di Anania approfittò dell’imbarazzato silenzio di Kaìapha per farsi sentire da dietro le
immense spalle di Kaìapha.
“Tu lo hai condannato facendo in modo che scompaia per sempre da Israele, vero?”
“Acuta osservazione Anania, oppure hai buone spie nel mio palazzo... Si, credo che Gesà sia uscito
per sempre dalle nostre vite...”
“Restano i suoi seguaci, i suoi discepoli...”
“Senza un Maestro, senza guida, non dureranno a lungo”
“Si… anche noi lo crediamo, era il carisma di Gesù che faceva paura, non le sue puerili dottrine e
folli profezie”
“Allora la questione è risolta con la soddisfazione di tutti?”
“Avremmo preferito vederlo morire su una croce e seppellirlo per sempre con i suoi deliri...” sibilò
Anania.
“A volte un morto è molto più pericoloso di un vivo, Anania... specie se si spaccia per un Profeta e
Figlio di Dio, è più facile deificare, strumentalizzare ed adorare un morto che un vivo!”
“Hai ragione Pilato... sei astuto!”
“Detto da te, Ananiah. è un grande complimento! E adesso se volete unirvi a me, ho fatto allestire
un banchetto sul terrazzo, sotto una fresca tettoia di vite, ci sarnno serviti agnello arrosto e vino di
Cipro... ed aspetteremo assieme il Sabbath”
Kaìapha imbarazzato ed escluso dalla trattativa, si stava riassestando le vesti ed il Sacro Velo e
mentre le grosse mani andavano su e giù a Pilato sembrava sentire le rotelle del cervello ruotare
vorticosamente per elaborare una risposta. che lo riportasse ad essere il protagonista.
Poi gli occhi gli si spalancarono come se una luce lo illuminasse da dentro, e Pilato ascoltò con
stupore una frase che avrebbe avuto un grande effetto sulla storia futura:
“Ceneremo assieme Pilato, come Ebrei e Romani, e parleremo, stasera e nei giorni che seguiranno.
Voglio vedere se non sia possibile in futuro invece di combatterci mettere assieme la vostra forza
politica e militare e nostra forza religiosa e spirituale... ne nascerebbero grandi cose!”
“Per stasera ceneremo soltanto Kaìapha, e il domani lo lasciamo agli Dei....!” concluse Pilato.
anno 786 AUC – Gerusalemme – casa di Giuseppe d’Arimatea - Sabato

Erano rimasti in undici... il Maestro li aveva lasciati... Giuda dopo il tradimento non si era più fatto
vedere. Ora erano di nuovo seduti intorno al tavolo della casa di Giuseppe, come due sere prima.
L’ultima volta che avevano visto il Maestro l’avevano visto sul balcone a fianco di Pilato, e visto a
distanza era sembrato assente, estraneo al putiferio che si era scatenato nella piazza.
Che differenza dal Gesù che avevano visto solo la sera prima tremare e sudare sangue nell’orto del
Getzemani, annichilito, terrorizzato da un destino e da un futuro che gli era stato rivelato.
Quel Gesù che aveva celebrato un Ultima Cena come se davvero fosse l’ultima, salutandoli ad uno
ad uno, raccomandandoli, chiedendo di essere ricordato....
Quando era risuonato il grido di “Crocifiggilo... !” avevano avuto un momento di smarrimento... ed
insieme un colpo al cuore di emozione, perchè la Profezia si sarebbe avverata, Gesù era il Messia,
che doveva morire e risorgere dopo tre giorni secondo le Sacre Scritture.
Sarebbe giunto infine il Regno di Dio, sarebbe scesa dal Cielo la Gerusalemme Celeste, ci sarebbe
stato il Giudizio Finale ed i Giusti finalmente avrebbero avuto la ricompensa per essersi mantenuti
nella Giusta Via del Signore.
E loro erano i testimoni e gli attori dell’avverarsi della profezia, tristi perchè soffriva e moriva un
uomo che avevano amato ed ammirato e seguito per tre lunghi anni, ma immensamente felici perchè
ad opera loro si sarebbe dischiuso il Nuovo Ordine.
Invece Gesù era stato riportato dentro dopo la liberazione di Barabba e non si era saputo più nulla.
Nulla di bene e nulla di male... molti parlavano di una esecuzione segreta, di una farsa dei Romani
che volevano far vedere in pubblico la loro generosità in pubblico ma che non avrebbero mai
lasciato vivo nessun loro nemico e portavano a supporto della loro ipotesi la misteriosa morte di
Barabba in una taverna dove festeggiava la liberazione.
Altri vociferavano invece di un patto segreto tra Gesù ed i Romani, la sua vita in cambio della non
belligeranza tra Roma e Gerusalemme.
I Discepoli sapevano solo che erano rimasti senza direttive... con una vita futura da inventare.
anno 787 AUC – 250 miglia a Sud dell’isola di Formentera

Thump... thump... thump... il tamburo risuonava cupo nell’angusta e bassa stiva.


Le schiene si curvavano ritmicamente ed il cigolio dei remi sugli scalmi accompagnava il battito del
tamburo, poi il secco rumore del remo che tornava in sede e la voga riprendeva.
Thump... ciuic track... thump....ciuic track... thump... ciuic track...
Dopo un po’ l’ipnotico ritmo prendeva il rematore e come un Mantra lo portava in una realtà
lontana, la fatica era una nebbia lontana, il dolore dei muscoli indolenziti un lieve torpore.
C’era tempo per pensare, troppo tempo... il tempo sembrava congelarsi e cristallizzarsi in un istante
eterno, i pensieri correvano, le fantasie si srotolavano, i ricordi tornavano più e più volte al giorno.
Gesù remava, rifletteva, ripercorreva con la memoria il passato.
Il disegno non si era concluso… la Volontà del Padre sembrava così evidente ed ecco invece della
Croce ecco la Galera… cosa si voleva da Lui? Perché il disegno del Padre non era più chiaro ma gli
appariva sfocato e tremolante?

La tempesta arrivo annunciata da un gelido vento... la vela venne strappata da una folata e l'albero
spezzato.
I rematori urlavano e pregavano ognuno il loro Dio di salvarli facendo promesse di vita futura
morigerata e pia.
Solo Gesù restava impassible e calmo e il suo compagno di remo gli disse:
“Tu non hai paura di morire?”
“Io sarei dovuto morire tempo fa', il disegno mi pareva chiaro allora... adesso non so più quale è il
disegno e mi affido nelle mani di mio Padre...”
“Tuo Padre?”
“Dio è mio Padre, come lo è anche di te, fratello...”
“Sono parole strane, da Profeta...”
“Sono le parole di un Uomo... e l'Uomo è Figlio di Dio”
“Vorrei restare con te... impara il tuo modo di pensare... “
“Tu starai con me.. per l'eternità”...
.. e poi fu il naufragio.

Anno 817 AUC – Oasi di Sefer

Gli anni erano passati con lenta rapidità.


Uno uguale all’altro, lenti nella quotidiana realtà e rapidissimi nel ricordo.
Gesù sedeva all’ombra di un sicomoro e guardava le sue mani raccolte sul pomo del bastone da
pastore. Mani di vecchio, rugose e callose, spesse unghie e vene bluastre, giunture nodose e
macchie marroni sulla pelle.
Non aveva occasione di scorgere spesso il suo volto ma sapeva che lo stesso processo aveva
infossato i suoi occhi e tessuto una fitta e profonda ragnatela di rughe sulle guance e la fronte.
Pochi malfermi denti nelle gengive doloranti... la vista e l’udito che calavano... non era bello
invecchiare.
La sua avventura ed esperienza umana volgeva al termine... era contemporaneamente una
considerazione ed una presa d’atto. Aveva vissuto a lungo, molto più a lungo di quanto si fosse
aspettato.
Ed aveva percorso l’intera parabola della vita umana, vissuto tutte le diverse esperienze che un
uomo incontra nella vita e adesso stava provando anche la vecchiaia… una stagione di crepuscolo,
dove i ricordi accumulati pesavano come e più degli anni.
L’esperienza maturata era grande ma i giovani sovente non volevano ascoltare e chiedere consiglio
a chi aveva vissuto, volevano fare di testa loro e così ripetevano gli stessi errori dei padri e dei
nonni. L’umanità non sembrava voler imparare... mai...!
Eppure qualcosa di diverso era riuscito a metterlo in piedi.
Arrivato stremato su quella spiaggia straniera con pochi compagni aveva trovatgo la forza di
ricominciare, di cercare un luogo dove abitare e coltivare la terra, le persone che lo avevano seguito
si erano trovate una compagna tra le donne del luogo e adesso erano in tanti.
Nella Comunità che si riconosceva in Lui, nel suo insegnamento, l’esperienza veniva tesaurizzata,
trasmessa, apprezzata; il vecchio aveva un posto ed un ruolo e non era solo una inutile zavorra.
Infatti nessuno lo considerava tale. Aveva fatto un Dono alla sua Comunità, qualcosa che l’umanità
non aveva e che nemmeno la sua Comunità sapeva di avere, era stato il modo in cui aveva voluto
dire loro : “Vi voglio bene...”. Era un patto che Lui aveva fatto direttamente con Dio.
E Dio l’aveva ascoltato ed esaudito, come sempre.
A tutti quelli che avevano ricevuto il Battesimo e l’Unzione era risparmiato il travaglio del
passaggio ed era concessa “la bella morte”. Non c’era agonia finale, non c’erano strazianti veglie
funebri al capezzale, il giorno stabilito si passava nel sonno dalla vita alla morte.
Al mattino si trovava il corpo abbandonato dall’anima serenamente composto e si dava sepoltura
alle spoglie mortali. Una pira funebre ed un urna per le ceneri, poi una cena per i parenti e gli amici
ed una Comunione nel ricordo di chi ci aveva preceduto ad occupare il posto che gli spettava nella
Casa del Padre.
Gesù sapeva che lo stesso destino sarebbe toccato a Lui, malgrado il posto di eccezione che
occupava nella Comunità sapeva e voleva che nessuna differenza fosse fatta tra Lui e gli altri.
Era uno di loro, aveva vissuto con loro e per loro e come loro sarebbe morto e avrebbe lasciato il
posto ai giovani. Dopo una vita da uomo ancora si stupiva della semplicità e della grandezza del
destino umano. Una miscela di semplici pulsioni e bisogni animali e una mente in grado di
comprendere l’infinito e poi due mani in grado di costruire qualsiasi futuro.
Le sue riflessioni furono interrotte da gioiose grida di bambini... un gruppetto stava giocando a palla
e l’incontro diventava acceso. Ma non c’era rivalità, solo gioiosa competizione... un bambino
commise una irregolarità toccando la palla con le mani e subito si fermò per lasciare il gioco agli
avversari come le regole imponevano... uno di loro prese la palle e gli battè con affetto la mano
sulla spalla riconoscendo il gesto di correttezza.
Ecco.. la sua opera stava dano i fruttti... ragazzi che diventeranno uomini onesti, giusti, che si danno
da fare ma che non scavalcano ne’ le regole ne’ il prossimo, che aiutano appena possono, che
lodano e rimproverano ma non conservano rancore.
La palla rotolò verso i suoi piedi e Gesù sorrise al ragazzo che correva a riprenderla.
I suoi occhi erano l’unica cosa a cui il tempo aveva risparmiato le ingiurie... erano sempre azzurri,
chiari e sorridenti... li fissò in quelli del ragazzo e gli chiese:
“ Chi sta vincendo, Isacco?”
“Noi, maestro, ma loro stanno diventando sempre più bravi... fra un anno saremo noi a correre
dietro la palla e loro a giocarla”
“E non ti spiace?”
“No, sono felice che stiamo migliorando, ma anche noi non stiamo fermi... l’anno prossimo sarà
ancora più divertente gareggiare con un avversario più forte!”
“E se perderete...?”
“Vorrà dire che ce lo siamo meritato e che dobbiamo impegnarci per tornare a vincere, abbiamo due
gambe come loro, possiamo batterici alla pari!”
“Vai ragazzo....
Quello era un ragazzo ben cresciuto! Pensò Gesù… sicuro di se’, maturo, equilibrato, pieno di
energia ma attento al prossimo e in grado di valutare correttamente gli effetti delle scelte.
Solo su un fronte non aveva ancora provveduto a proteggere la sua Comunità, il suo sogno... erano
vulnerabili alla violenza dell’esterno, incapaci di opporsi a chi li volesse distruggere o solamente
sottomettere. Avrebbero lottato ma non con la determinazione e la cinica crudeltà dei Romani o dei
predoni e quindi avrebbero perso.
Doveva aiutarli, fare in modo che fossero in grado di opporsi o meglio non fossero mai messi in
condizione di doversi opporre a chi praticava la violenza e la conquista come modo di vita.
Per proteggere un gregge contro i lupi cosa si può fare? E’ proprio necessario far crescere le zanne
alle pecore e renderle feroci a loro volta o c’è un’altra via?
Lui era il Pastore, sua era la responsabilità della incolumità del gregge... ma non poteva restare
eternamente a vegliare, doveva trovare una soluzione.
Un cucciolo ancora malfermo sulle zampette venne a strofinarsi contro la sua caviglia.
Lo guardò come guardava tutte le cose del creato, con infinita tenerezza... ed il cucciolo ricambiò lo
sguardo e leccò felice le mani che Gesù protendeva verso di lui.
Lo raccolse e se lo mise in grembo.
Il cucciolo si rannichiò tra le sue mani, solo la coda si muoveva freneticamente ed esprimeva la sua
felicità per le coccole che riceveva.
Il cane da pastore era stata la risposta del pastore all’esigenza, ma lui dove poteva prendere i cani
per guardare il suo gregge?
Già i cani... forse non bisogna cercarli, erano già qui, erano loro la risposta....!
Gesù guardò negli occhi il cucciolo e gli parlo sommessamente ” ... vorresti prenderti cura del mio
gregge? Lo difenderai dai lupi con la tua vita e trasmetterai questa mia volontà a tutti quelli della
tua razza?”
Il cucciolo si immobilizzò e il suo muso divenne serio, socchiuse gli occhi.
I cani erano creature dotate di forti poteri telepatici, un branco era un organismo d una mente unica,
era una eredità che avevano ereditato dai cugini lupi, ma i cani avevano aggiunto il pensiero e la
consapevolezza. Questi poteri erano massimi nei cuccioli e in un lampo Gesù fu’ messo in contatto
con le menti dei cani di tutta la Terra. Rispose il cucciolo ma parlava a nome della razza:
“Si, Maestro, io mi impegno per la mia razza, difenderò il tuo gregge e sconfiggerò i lupi o
soccomberò insieme al gregge!”
“Ed io ti dono il potere della Parola e del Pensiero, cane! I tuoi figli parleranno e saranno
considerati compagni dall’uomo!”
“Useranno la voce per lodarti Maestro, ma adesso mi devi dire chi sono i lupi!”
“Ogni uomo che alza la mano su altro uomo è un lupo... ogni uomo che usa un’altro uomo per i suoi
scopi e per la sua avidità, ogni uomo che mente o agisce o non agisce per danneggiare un’altro
uomo è un lupo... dovrete usare la vostra capacità mentale per discernere il bene ed il male,
sopratutto giudicando il fine perchè l’albero si giudica dai frutti!”
“Ci dai un grosso fardello da portare, Maestro, ne saremo degni?”
“Siete stati Creati dal Padre Mio, vi conosco e so che non mi deluderete!”

2000 E.C.U (Era Canina Umana) - Epilogo

Il resto della storia non è più leggenda ma Storia… miei cari cuccioli!
Sono passati più 2000 anni da questi eventi e oggi i Cani al fianco dell’Uomo siedono nel Senato
pari tra i pari tre le oltre cento razze senzienti della Galassia.
Vi ringrazio per l’attenzione che avete prestato ai racconti di un vecchio cane spelacchiato pieno di
pulci e sdentato. Dai lampi dei vostri occhi e dalle lingue penzolanti vedo che siete stati attenti e
vigili e non dimenticherete…
Domani io non sarò più con il vostro branco… tornerò accanto a Gesù e ritroverò i miei antenati,
ma voi non dimenticate mai il Patto e vegliate sull’uomo… comprendetene le debolezze, aiutatelo
nelle difficoltà… e non schernite i suoi deboli denti e le sue due ridicole lunghe zampe!

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