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Una Storia da Riscrivere Il tenente colonnello Ferdinando La Rosa

(1806 1860)

Ciro La Rosa

Dedicato ai miei figli Emanuele e Ilaria

Un popolo che non trae insegnamenti dal proprio passato destinato a soccombere

Insegna di stato del Regno delle Due Sicilie

Prefazione

Ferdinando La Rosa, comandante nel 1860 del 6 Battaglione Cacciatori Reali


dellArmata Napoletana del Regno delle Due Sicilie, cadde in combattimento durante la battaglia di Caiazzo contro i garibaldini nel settembre dello stesso anno. Il maggior storico napoletano, Giacinto de Sivo, nel suo famoso libro Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, espresse dubbi sulla condotta dellUfficiale con queste parole: del La Rosa fu detto che cadesse per mano dei suoi, per dispetto daversi a ripigliare con sangue la citt da esso senza colpo abbandonata; onde rest dubbio se da prode o da traditore finisse. Ciro La Rosa, con una puntigliosa ed esauriente ricerca storico archivistica, intende ristabilire la verit che rende pieno onore al suo antenato. In realt gi Roberto Maria Selvaggi nel suo Nomi e volti di un esercito dimenticato aveva spartanamente riconosciuto il comportamento eroico di Ferdinando La Rosa. Ma il discendente Ciro aggiunge una lettera inedita del Governatore Militare di Capua Giovanni Salzano de Luna, datata 24 settembre 1860, e diretta a S. E. il Cardinale Giuseppe Cosenza. In essa testualmente detto: devesi alla memoria di detto benemerito Uffiziale quella onoranza che gli dovuta per aver con lo esempio nobile di sacrificar se stesso, contribuito alla vittoria per le regie truppe alle quali riusc di discacciare e disperdere le masse nemiche col fortificatesi. Conclude giustamente Ciro La Rosa che, se il generale Salzano de Luna avesse avuto dubbi sul comportamento del comandante del 6 Cacciatori, non avrebbe mai scritto questa lettera. Silvio Vitale, LAlfiere ottobre 1997 (direttore della rivista di Storia meridionale)

Premessa

Non facile scrivere, dopo 136 anni, in difesa delloperato e della onorabilit di un
Ufficiale dellEsercito Borbonico, quale era il Tenente Colonnello Ferdinando La Rosa, quando in tutti questi anni le sole fonti pi accreditate erano due storici dellepoca: Giacinto de Sivo (1) e Giuseppe Butt (2), i quali anche se con le loro opere ci hanno ragguagliato su molti particolari importanti sulle azioni dei comandanti Napoletani nel 1860, le scrissero con animo pieno di rancore e di parte cadendo in errori e giudizi falsi. Infatti troppo spesso attribuiscono gli errori dei Comandanti a tradimenti premeditati e non piuttosto a incompetenza o alla certezza di giocare una partita gi perduta in partenza e sfiduciati, quindi, nel poter riscattare lonore perduto avvenuto con la liquefazione dellEsercito ad opera del tradimento effettuato con criminale convinzione da ben noti ufficiali prezzolati dai Piemontesi tra cui Landi, Pianel, ed altri. E mia personale opinione che non vi fu nessun tradimento dal settembre 1860 al marzo del 1861, poich si strinsero intorno al proprio Re Francesco II di Borbone lelite dellEsercito Borbonico per riscattare almeno lonore della Bandiera. Il soldato Napoletano seppe combattere e morire con dignit, mantenendo una incrollabile fede nella Patria Napoletana e nel proprio Sovrano. Tra gli storici borbonici il pi imparziale ed obiettivo il maggiore Giovanni Delli Franci (3) il quale fu presente anche alla battaglia di Caiazzo dove sostitu il Tenente Colonnello Ferdinando La Rosa gravemente ferito e condusse allassalto gli uomini del 6 e 8 Cacciatori, al quale spetta anche il merito di aver conservato molti documenti borbonici; il Generale Giuseppe Palmieri (4) e il Maresciallo Goisu Ritucci (5) comandante in capo dellEsercito Borbonico, il quale nella sua opera rettific e ridimension con le sue osservazioni alcuni giudizi del de Sivo su tutto lo svolgimento delle varie campagne combattute dai regi sul Volturno a Capua e a Gaeta, dato che anchegli fu chiamato in causa per presunte responsabilit dellinsuccesso dei Regi in varie azioni come quella del 1 ottobre 1860. Solo ultimamente con la pubblicazione dellopera del Barone Roberto Maria Selvaggi (6) stata riscattata non solo la figura di Ferdinando ma anche quella di tanti altri Ufficiali, al quale si unisce lopera imparziale di Monsignor Antono Iodice che con il suo lavoro fuga completamente con prove documentate ogni accusa di tradimento del Tenente Colonnello Ferdinando La Rosa (7), altra opera da consultare il saggio storico di Angelo Mangone (8).)
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Note:
1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) G. de Sivo - Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861 tomi 2 G. Butt - Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta G. Delli Franci - Cronica della Campagna dautunno del 1860 G. Palmieri - Cenno Storico Militare dal 1859 al 1861 G. Ritucci - Comenti Confutatorii del Ten. Gen. G. Ritucci sulla campagna dellEsercito napoletano R. M. Selvaggi - Nomi e Volti di un Esercito dimenticato A. Iodice - La Battaglia del Volturno A. Mangone - LArmata Napoletana (dal Volturno a Gaeta) 1860 1861

Abbreviazioni A.M.S.N. : Archivio Militare di Stato Napoli D.M.G.M. : Decreto Ministeriale Guerra e Marina A.M.R. : Archivio Militare Risorgimentale A.A.C. : Archivio Arcivescovile di Capua

La Famiglia la sua carriera

La famiglia La Rosa di estrazione benestante appartenente alla piccola nobilt


Siciliana (1) legittimista ha dato vari militari a Casa Borbone, alcuni distintisi in valore meritando onori e riconoscimenti ma non di tutti loro che ho intenzione di parlare, ma di Ferdinando figlio di Giuseppe fratello del mio trisavolo Pietro. Ferdinando nacque a Lipari il 13 gennaio 1806 da Giuseppe e da Anna Scafidi, di condizione benestante, sesto di sette figli. Fin da piccolo si trov in ambiente militare seguendo le orme del padre Aiutante nella Compagnia di Dotazione dellArmata di Mare di Lipari. Dal momento dellarruolamento la storia di Ferdinando si fonde con quella dellEsercito Borbonico. Le notizie sulla carriera sono desunte dallArchivio Storico Militare di Stato sede di Napoli e dal notevole contributo del compianto Monsignor Antonio Iodice per le notizie fornite sulla battaglia di Caiazzo (2). Si arruol volontario nel Reggimento Regina Fanteria il 21 gennaio 1824 (3), a ventanni divenne Alfiere (sottotenente) beneficiando dellacquisto del grado Ferdinando I per poter ricomporre larmata nazionale per togliersi dalloccupazione Austriaca ordin la costituzione di due Reggimenti Siciliani e per motivi finanziari concesse i gradi subalterni a tutti i nati in Sicilia che avessero a proprie spese equipaggiato compagnie e plotoni (4), fu cos che il padre benestante pot comprargli il grado, e il 26 agosto 1826 entr a far parte del 1 Reggimento Siciliano. Prest servizio in vari Reggimenti tra cui il Real Farnese, il 1 Granatieri Principe, il 3 Fanteria Principe; venne nominato 2 Tenente nel 1829 nel Reggimento Re fanteria, 1 Tenente nellagosto del 1847, dallottobre del 1849 prest sempre servizio in Battaglioni di Cacciatori (o Bersaglieri termine in uso non solo per i Piemontesi), i quali erano considerati lelite della Fanteria di Linea, equiparati per preparazione militare ed atletica ai Bersaglieri Piemontesi. Il 1848 fu lanno delle rivoluzioni europee e delle costituzioni a cui non si sottrasse nemmeno il Regno delle Due Sicilie; il 12 gennaio una vera insurrezione scoppi a Palermo dove i rivoltosi chiesero il ripristino della Costituzione del 1812, che si estese poi in tutta la Sicilia (5). Per riprendere il controllo dellIsola il 15 gennaio sbarc un corpo di spedizione a Palermo di 5.000 uomini al comando del Maresciallo De Sauget, ma dopo 15 giorni dovette imbarcarsi per il continente estenuato dalla lunga lotta contro i Siciliani. I quali dichiararono lindipendenza della Sicilia il 25 marzo 1848, offrendo il governo ai Savoia che saggiamente rifiutarono. Sospesa la riconquista dellIsola per gli avvenimenti della guerra dindipendenza che coinvolse anche il Regno delle Due Sicilie, venne poi ripresa nel 1849 alla quale
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partecip anche Ferdinando come capitano del 13 di Linea con il Corpo di spedizione del Generale Filangieri. Le truppe salparono da Napoli il 30 agosto con lintento di sferrare lattacco contro Messina, dove la cittadella militare con i forti San Salvatore e Don Blasco erano ancora in mano ai Regi. Le operazioni iniziarono il 3 settembre dopo un bombardamento navale,la lotta fu cruenta, i messinesi si difesero strenuamente ma non poterono nulla contro le truppe forti e disciplinate, le perdite in vite umane furono gravi. L8 settembre la truppe regie occuparono Messina, ci vollero ben due giorni per spegnere gli incendi, Ferdinando in tale frangente si dimostr allaltezza della situazione con professionalit senso del coraggio e del dovere, meritando la medaglia doro per la sua fattiva collaborazione (6). Nel gennaio 1850 fu prescelto dal Duca di Taormina, il Tenente Generale Filangieri, per le sue capacit ad assumere il comando di una colonna mobile composta da due compagnie del 13 di Linea ed una sezione di artiglieria, con lintenzione di procedere ad una rigorosa vigilanza e nel mantenimento dellordine pubblico nei distretti siciliani di Borbone e Sciana, di riformare la Guardia Urbana, di far riscuotere le imposte, investigare sullo spirito di abnegazione alla Corona e sulla condotta morale delle autorit locali (7). Compito che assolse egregiamente tanto da meritarsi lanno dopo la nomina a Capitano Aiutante Maggiore, infatti nei libretti di vita e costumi, odierni fogli matricolari, nelle note di servizio chiamate informi giudicato cos:merita elogi, di valore bastante e di ottimi costumi (8) Nel 1852 si spos con Anna Maria Carrieri dalla quale ebbe un figlio. Nellagosto del 1858 fu nominato Maggiore Comandante del 6 Battaglione Cacciatori, da questo momento in poi seguir le sorti dellArmata Napoletana restando coinvolto nelle operazioni militari dellavanzata garibaldina fino allestremo sacrificio.

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Note:
1) V. Spreti Enciclopedia Storico Nobiliare Italiana - Tomo V pag. 795 V. Palizzolo Gravina Il Blasone in Sicilia pag. 328 2) A. Iodice opera citata 3) A.M.S.N. Libretti di vita e costumi del Regio Esercito delle Due Sicilie , fascio 6 Foglio 1, anno 1859 4) R. M. Selvaggi - opera citata pag. 54 5) ( va ribadito che i Siciliani hanno sempre fortemente ostentato la loro indipendenza e manifestata sempre nei momenti pi critici nei vari secoli prima e dopo il 1848, come sar poi nel pieno dellunit nazionale sabauda nel 1866 allindomani della sconfitta sui mari e per terra nella guerra di indipendenza nazionale, nel 1890 con la nascita dei Fasci Siciliani per la lotta contro le vessazioni nelle miniere di zolfo del monopolio nazionale e per finire nel 1943 /48 dopo la disfatta delle forze armate italo-tedesche quando vi fu loccupazione americana e la richiesta di essere annessi agli U.S.A, e il sorgere del M.I.S. Movimento Indipendentista Siciliano capeggiato da Andrea Finocchiaro Aprile e dallesercito volontario per lindipendenza siciliana ( E.V.I.S.) fondato da Antonio Canepa, movimento finito drammaticamente nella repressione con decine di morti da ambo le parti ) 6) D.M.G.M. del 22 dicembre 1849, 1 Rip. N. 10515 inserito nel Libretto di Vita e Costumi alla voce : - decorazioni di cui insignito collocazione citata. 7) D.M.G.M. del 21 gennaio 1851 inserito nel Libretto di vita e costumi alla voce : funzioni disimpegnate collocazione citata 8) A.M.S.N. Libretti di vita e costumi, collocazione citata

Libretto di vita e costumi fascio 64 Foglio 1, anno 1859.(Archivio Storico Militare di Napoli)

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I Mille

Pochi giorni dopo, l11 maggio 1860, Giuseppe Garibaldi sbarc a Marsala con i
famosi Mille con la complicit degli Inglesi e del governo dellIsola che erano informati dello sbarco. Limpresa stup lEuropa perch ritenuta impossibile, ma basta considerare due punti importanti: 1) La complicit della marineria inglese che sia allo sbarco che in seguito aiut i garibaldini (1). 2) I comandanti regi corrotti e prezzolati dagli agenti piemontesi che sabotarono tutte le azioni difensive dei soldati borbonici. Il generale Landi che a Calatafimi il 15 maggio ordin la ritirata delle truppe Regie quando ormai i garibaldini erano esausti aprendo loro la strada per Palermo, o il generale Lanza che forte di ventimila uomini in Sicilia non fece altro che ritirarsi, tranne per lazione di Milazzo quando il 20 luglio 1860 i Regi comandati dal Colonnello Bosco furono traditi dalla stessa marina borbonica che passata con i garibaldini spar sugli ex commilitoni dando cos la possibilit ai volontari di occupare la citt, infatti la Marina Regia ancor pi che lesercito si era staccata dal Re (2) Un mese dopo la battaglia di Milazzo Garibaldi mise piede sul continente a Melito di Porto Salvo in Calabria, ma tra ordini contraddittori titubanze e vigliaccherie i Regi in numero di dodicimila soldati non riuscirono a contrastarlo, la truppa indignata di dover fuggire davanti ad un nemico inferiore per numero e mezzi durante la ritirata su Monteleone , esasperati, uccisero il Generale Briganti uomo imbelle e vile; lo sfacelo in seguito fu completo da Reggio a Napoli non vi furono pi combattimenti e per finire il 30 agosto a Soveria Mannelli , un paesino in Calabria, il Generale Pianell, corrotto dai Piemontesi che poi non rispettarono il prezzo pattuito per il tradimento, consegn con linganno ai garibaldini ben diecimila soldati. Tuttavia la truppa fedele composta da migliaia di uomini dispersi in Calabria dalla vilt e dal tradimento dei comandanti avrebbero poi combattuto con estremo valore e sacrificio sul Volturno, sul Garigliano accompagnando Francesco II ,ultimo Re della dinastia che aveva governato il Sud per 134 anni, a Gaeta per lestrema difesa. Tra questi anche Ferdinando che avrebbe potuto lasciare, come fecero molti altri ufficiali, tranquillamente i propri uomini allo sbando e andare dai Piemontesi ricevendo come prezzo del tradimento onori e gradi, ma prefer seguire il suo destino di militare fedele al giuramento prestato alla Patria e al suo Re. Il 7 settembre, in base agli ordini ricevuti da Sua Maest, si attest su Volturno in qualit di Comandate della 1^ Brigata composta dal 3, 4 e 6 Cacciatori di stanza a Caiazzo. L11 settembre 1860 ebbe inizio linvasione del cugino piemontese del Re delle Due Sicilie, sua maest Vittorio Emanuele II con una guerra mai dichiarata in spregio a
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tutte le convenzioni diplomatiche, colpendo a tradimento ci che restava dellEsercito Borbonico, non senza aver bombardato la citt inerme di Ancona, con un armata composta da trentatremila uomini freschi e ben armati.

Note:
1) 2) Ammiraglio Sir Rodney Mundy - La fine delle Due Sicilie e la Marina Britannica Harold Acton Gli Ultimi Borboni di Napoli pag. 527

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Soldato e sottufficiale del 6 Battaglione Cacciatori

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Estratto dal libro La battaglia del Volturno di Antonio Iodice, pagina 21

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La Battaglia di Caiazzo

Lantica Cajata tradizionalmente fedele alla dinastia borbonica, gi teatro di uno


scontro per affermare la sua fede legittimista nel 1799 quando la cavalleria Napoletana sconfisse il 3 gennaio i francesi del generale Macdonald che marciavano su Napoli, nel 1860, Caiazzo, era il passaggio obbligato dei Regi che da Capua (poderosa fortificazione simile alla odierna citt militare della Cecchigliola vicino Roma) avessero voluto raggiungere Caserta passando per i ponti dellacquedotto Carolino, la sua importanza strategica era vitale, perch una volta raggiunta Caserta sarebbe stato facile ributtare i Garibaldini a mare. Dopo questa piccola premessa parliamo degli avvenimenti che ci interessano ed in particolare : come ho accennato prima Ferdinando si era acquartierato a Caiazzo proprio in funzione della sua posizione strategica, infatti pochi giorni dopo ci furono scambi di fucileria che fecero da preludio a quella che sarebbe stata la 1^ battaglia di Caiazzo del 19 settembre. Gi nei giorni 17 e 18 settembre si ebbero delle scaramucce tra i Regi e i Garibaldini; il giorno 17 vi furono movimenti di colonne di truppe Garibaldine sulla riva sinistra del Volturno e per impedirne il passaggio, Ferdinando, mand sulla riva destra una squadra di 80 uomini per distruggere le scafe(1) di Alvignanello, Campagnano e Squilla. Nel frattempo i Garibaldini avevano gi guadato il fiume nei pressi della cittadina di Amorosi, i Regi condotti dal capitano Laus ed affiancati dai contadini della zona li respinsero. Ferdinando mand truppe di rincalzo per arginare ed assicurarsi la tenuta da un eventuale nuovo attacco dei Garibaldini e nello stesso tempo inform il Generale Ritucci che si sospettava un assalto del nemico per impadronirsi di Caiazzo (2). Il 18 ci furono spostamenti di colonne avanzate di truppe borboniche verso San Leucio, ci stava a dimostrare come da un momento allaltro si era pronti a scontrarsi. Il giorno 19 si ebbero scontri violentissimi a Roccaromana , Gradilli, San Leucio, Capua e Caiazzo. Per quanto concerne la citt di Caiazzo il giorno 19 il comandante garibaldino Turr prevedendo un attacco dei Regi che volevano stanare i volontari da Caserta, per impedire lattuazione del loro piano, mand il Cattabeni a Caiazzo e per facilitare loccupazione della citt simul un attacco diversivo contro Capua, e come diceva Garibaldi : non disperava mai della sua arma principale il tradimento (3), come appresso si vedr. A difesa di Caiazzo cera il Tenente Colonnello Ferdinando La Rosa con il 6 Cacciatori, due squadroni dell8 Cacciatori a Cavallo con due obici. Il Cattabeni, informato delle forze Regie che ammontavano in tutto a 600 uomini, pens di attaccare il paese verso le 4,30 a. m. (4), in realt poich non poteva affrontarli in campo aperto, e come egli stesso diceva: [Caiazzo] posizione formidabile per imboscate (5), la conquist con linganno e il tradimento, daccordo con un fiorentino abitante in Caiazzo di nome Manetti ex agente di Casa Corsi ( i Corsi
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erano i signori di Caiazzo di discendenza toscana ed anti borbonici) . Alle ore 5,30 a.m. del giorno 19 questi li introdusse dal giardino di casa Corsi (6), ancor oggi esistente, dilagando in paese. Ferdinando credendo di essere circondato e colto di sorpresa si ritir verso la localit di Piana per impedire ai Garibaldini di immettersi per la strada che dalla collina, salendo, portava a Caiazzo attestandosi a Gradillo e comunque bloccando lacceso ad ogni strada che potesse portare al paese (7). Nel frattempo in paese furono innalzare barricate un po dappertutto : a Porta Pace, Porta Anzia di fianco al palazzo Corsi da dove erano entrati i garibaldini - al palazzo Maturi che si trovava sulla strada per Capua e quindi per Caserta (8). In questo infuriare la popolazione, devota ai Borbone, disgustata dal repentino voltagabbana della nobilt caiatina che gi acclamava i garibaldini, si ribell e dopo aver disarmato la Guardia Nazionale si diede alla distruzione delle case dei notabili traditori, tra i pi ardimentosi vi fu Nicola Santacroce, ex caporale delle Guardie Regie. Intanto il Turr cap che doveva necessariamente far sganciare i suoi da Caiazzo per due ovvi motivi, il primo per aver saggiato le forze e la consistenza dei Regi e il secondo per la durissima ostilit della popolazione locale che rendeva insostenibile larroccamento sulla posizione; ma Garibaldi ordin di restarvi. Le forze del Cattabeni consistevano in 350 uomini, poche per presidiare il paese, chiese rinforzi e da Caserta fu mandato il reggimento del Vacchieri della divisione Medici forte di 1.119 uomini che arrivo a Caiazzo il giorno 20 alle ore 11 a. m. (9), che si attest a difesa. Il giorno 21, che si pu a ragione definire la seconda battaglia di Caiazzo, i Regi attestati a Gradillo furono attaccati alle 5 del mattino dal reggimento del Vacchieri che stava effettuando una perlustrazione sulle colline di Caiazzo, Ferdinando comunic al generale Colonna, comandante della 2^ divisione sulla linea da Triflisco a Caiazzo di essere stato attaccato dal nemico in numero tale da rendere impossibile la resistenza senza ripiegare chiedendo nel contempo rinforzi. Il Generale Colonna, senza attendere ordini dal Maresciallo Ritucci (10) che gi voleva riprendere la cittadina il 19, mand una colonna mobile composta dal 4 Cacciatori al comando del Tenente Colonnello Della Rocca, una sezione dartiglieria e uno squadrone di Dragoni in aiuto della colonna La Rosa attestatasi a piana di Caiazzo. Intanto il maresciallo Ritucci che si era recato dal generale Colonna per ordinargli di riprendere Caiazzo il 22, venne messo al corrente degli eventi e giudic insufficienti le forze impiegate e mand di rincalzo il brigadiere De Mechel con lintera Brigata di Carabinieri Esteri (svizzeri) con la batteria dartiglieria da campo; il battaglione dell8 Cacciatori a cavallo dellaiutante maggiore Fondacaro venne spedito a marce forzate perch lo scontro era gi iniziato. Infatti la colonna La Rosa aveva ingaggiato combattimenti con il nemico tra Formicola e Triflisco ma aveva respinto i Garibaldini. Il generale Colonna, tramite laiutante di campo Andrea Colonna del 1 Dragoni, comunic a Ferdinando di rioccupare immediatamente Caiazzo, lordine venne eseguito.
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Ferdinando che comandava la prima colonna ordin di attaccare da tre lati; il 6 Cacciatori in ordine sparso per arginare la collina San Giovanni dal lato destro, a sinistra con una sezione dartiglieria dellalfiere DAgata e una compagnia del 6 Cacciatori, al centro il 4 Cacciatori sulla strada consolare (11) Le ostilit cominciarono quando i Garibaldini scorsero la colonna dei Regi che si avvicinavano, i Garibaldini situati negli avamposti iniziarono il ripiegamento martellati dalle batterie dei Regi che colpivano anche le barricate situate presso Porta Venere. La cavalleria borbonica che caricava su ordine di Ferdinando fu costretta a ripiegare presa dal fuoco dinfilata di una barricata, ma rianimati dalla colonna che li seguiva si spinsero avanti coraggiosamente per la strada Consolare con alla testa lo stesso Ferdinando che cadde colpito gravemente presso lex convento dei Cappuccini mentre iniziava una manovra di sganciamento per evitare laccerchiamento ed un inutile massacro dei suoi uomini. La battaglia si concluse con una netta vittoria dei Borbonici, si contarono 1.100 tra morti e feriti e 700 prigionieri Garibaldini, mentre per i Napoletani si ebbero 300 morti, la vittoria non venne sfruttata poich nel pieno dello slancio si sarebbe potuto proseguire per Caserta, forti dello sbandamento Garibaldino i quali avevano veramente per la prima volta assaggiato, stupefatti, il morso dei Napoletani, ma il Ritucci decise di restare sulle posizioni acquisite. Dopo questo inciso torniamo a narrare i fatti relativi a Ferdinando il quale trasportato in ambulanza incontr il maresciallo Ritucci che era arrivato a Caiazzo alle 11 del mattino (12) che si espresse cos nei suoi confronti: tra i feriti nostri che conduvasi allambulanza, incontrai al piede della salita di Caiazzo lo stesso tenente colonnello La Rosa su di una branda, mortalmente colpito da palla di fucile. Par che fatalmente, lo sventurato, pagasse il fio del suo errore.(13) la ritirata del giorno 19 - . Lunico che secondo il quale Ferdinando sarebbe caduto per man dei suoi per dispetto daversi a ripigliar col sangue la citt ma passato fuor fuora dalla palla rest dubbio se da prode o da traditore finisse(14) il de Sivo al quale si associa il Butt che riprende pari pari le sue affermazioni, da precisare che nessuno dei due era presente alla battaglia; la Storia si istruisce su basi e fatti concreti, bisogna essere quanto pi attendibili possibile. Perch tanto accanimento sulloperato del tenente colonnello Ferdinando La Rosa ?. il de Sivo era sempre in cerca di traditori ma tutte le testimonianze salvano completamente lonore del prode Tenente Colonnello (15). Infatti il maresciallo Ritucci era sincero non avrebbe detto una menzogna ne vi era motivo perch la pronunciasse (16) ed aggiungo che non avrebbe tratto nessun beneficio dal coprire un vile. Il maggiore Delli Franci scrive: Il tenente colonnello La Rosa chera condottiero di tutta quella soldatesca dopo un avvicendarsi darchibugiate da una parte e dallaltra stramazz in terra per mortal ferita(17). La testimonianza del generale Colonna: il bravo tenente colonnello La Rosa che attaccava alla testa dellintera colonna, ai primi colpi cadde mortalmente ferito(18). Ma la testimonianza che dissipa ogni ragionevole dubbio la lettera del maresciallo Giovanni Salzano de Luna, governatore della piazza militare di Capua, indirizzata al Vescovo di Capua Sua Eminenza Cardinal Giuseppe Cosenza ( per la
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quale devo ringraziare il compianto Monsignor Antonio Iodice che me ne ha fatto conoscere lesistenza): .Devesi alla memoria di detto benemerito uffiziale quella onoranza che gli dovuta per aver con lo esempio nobile di sacrificar se stesso, contribuito alla vittoria delle Regie Truppe(19). La lettera, qui pubblicata per esteso in altra pagina, venne scritta ad avvenimenti conclusi con la vittoria dei Regi e ad indagini svolte, quindi se il tenente colonnello La Rosa fosse stato giudicato vile o traditore dai suoi, il maresciallo Salzano non avrebbe speso tali parole per rendergli onore anzi se ne sarebbe guardato bene ! la sua ritirata a Gradilli va con molta probabilit intesa non come un mero tradimento ma piuttosto come la presa datto di un disegno ormai compiuto. Egli, Ferdinando, doveva essere un uomo di grande umanit prima ancora di essere soldato, sicuramente volle evitare un inutile spargimento di sangue(20). Di sicuro c solo che la memoria di Ferdinando venne denigrata e infangata dalla stampa rivoluzionaria, in seguito non vi fu nessuno che avesse potuto levarsi a difesa del suo operato, io ho cercato con questa mai ricerca di porvi rimedio, riscattando il suo onore con lapporto e la collaborazione di validi studiosi anche loro amanti della Storia del nostro martoriato Sud, ai quali va tutto il mio cordiale ringraziamento e riconoscenza.

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Note:
1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) 19) 20) Le scafe erano delle barche molto grosse a fondo piatto azionate a braccia tramite funi poste alle due rive servivano al trasporto di persone, animali e cose. Delli Franci opera citata pagina 9, 10 De Sivo opera citata pagina 255 Rapporto Cattabeni al Turr - A. M. R. fascicolo 257/18 Rapporto Cattabeni al Turr - A. M. R. collocazione citata Estratto da I Borboni delle due Sicilie capitolo scritto dal Cucencentroli pagina 174, edito dal Poligrafico dello Stato.Iodice opera citata pagine 84, 85 Severino Gli sfortunati prodromi della battaglia del Volturno pagine 18/20 Agrati Da Palermo al Volturno pagine 476, 477 Ritucci opera citata pagina 35 Rapporto del generale Colonna sulla Gazzetta di Gaeta n. 5 del 30 settembre 1860. Delli Franci opera citata pagina 24 Ritucci opera citata pagina 36 De Sivo opera citata pagina 260 tomo II Selvaggi opera citata pagina 331, 332 Iodice opera citata - pagina 331 Delli Franci opera citata pagina 23 parte II Rapporto del generale Colonna - Pontelantone 22 settembre 1860 da Gazzetta di Gaeta n. 5 del 30 settembre 1860 Archivio Arcivescovile di Capua cartella n. 59 lettera n. 4 Nicola Santacroce La famiglia Santacroce pagina 56

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Nella chiesa di Santa Caterina

La chiesa di Santa Caterina, dove stato sepolto Ferdinando, era una delle chiese
pi antiche e belle di Capua edificata nel 1383, ricca di monumenti, nota anche per la Cappella del SS, Crocifisso appartenente alla famiglia Albamonte Siciliano discendente di quellEttore Fieramosca, nativo di Capua, artefice della famosa disfida di Barletta. Nel 1866 i Frati Minori che risiedevano nel monastero accanto alla chiesa dovettero abbandonarlo per la soppressione di alcuni ordini religiosi voluta dallo stato unitario italiano, ipocritamente anticlericale con le famose leggi eversive (1), e incominci cos il lento degrado e spoliazione della chiesa divenuta di propriet del Comune di Capua; il colpo finale fu dato dal bombardamento americano del 9 settembre 1943 quando ormai lItalia aveva stipulato larmistizio da 24 ore con gli Alleati, che distrusse quasi tutta Capua, fino ad allora risparmiata dalle brutture dei bombardamenti, e quello che rest della chiesa fu saccheggiato del tutto. Da ventanni sono in essere infiniti lavori di restauro. Attualmente il convento accoglie le Suore Francescane dei Sacri Cuori che hanno cura di alcune orfanelle, a loro che grazie alla disponibilit del Professor Rosolino Chillemi della Associazione Amici di Capua mi sono rivolto per poter entrare nella chiesa. Il giorno 11 gennaio 1997, accompagnato dal professor Chillemi e da mio figlio Emanuele, sono entrato in chiesa per la ricognizione del sepolcro di Ferdinando. Linterno completamente spoglio, solo alcune lapidi murate nelle Cappelle private e quel che resta dellAltare Maggiore e di uno laterale. Si desume che. il suo corpo, sia stato sepolto nella navata centrale sotto il pavimento di fronte allAltare Maggiore, non essendo possibile seppellirlo nelle Cappelle laterali poich erano di propriet privata. Lesatta ubicazione non si rintracciata, il pavimento stato restaurato con il cotto rosso che avr coperto forse le lapidi tombali chiusini marmorei distrutte delle varie sepolture. Di documenti e atti conservati nella chiesa non vi pi traccia presumibilmente distrutti negli eventi bellici del 1943 o dispersi dallincuria degli uomini o giacciono dimenticati e mai catalogati negli archivi della Curia Arcivescovile di Capua, per cui al momento non vi sono testimonianze utili per rintracciare la salma di Ferdinando che potrebbe anche essere stata trasportata altrove a guerra di conquista del Regno delle Due Sicilie conclusa. Spero che chi ha ritrovato o avuto contatti con i suoi resti mortali li abbia rispettati e non profanati

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Note:
1)

Rosolino Chillemi (a cura di ) Amici di Capua Ristampe Capuane 1986

Chiesa di Santa Caterina

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Pagine 23 e 24: Il frontespizio dellopera del Tenente Colonnello Generale Giosu Ritucci; La pagina inerente la difesa fatta del Ritucci sulloperato e la morte del Tenente Colonnello Ferdinando La Rosa;

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Considerazioni Nelleffettuare le mie ricerche sono arrivato ad una conclusione a dir poco sconcertante ed questa: erano anchessi degli Italiani, coloro che servivano lealmente casa Borbone delle Due Sicilie e morivano combattendo per la loro Patria, perch le lapidi e i monumenti ricordano e celebrano soltanto i garibaldini e i soldati dellArmata Sarda ? Questi si e gli altri no ? Se molte cose, istituzioni, regni, repubbliche crollano fatalmente e marciscono, la dignit dellEssere, che giustizia e carit resta sempre pi in alto delle cose terrene e delle vicende umane e va difesa su tutto ! Perci, mi chiedo, sar possibile un giorno erigere monumenti al Soldato Napoletano e ristabilire la verit storica su quei tragici eventi che furono le guerre risorgimentali e chiamarle con il loro vero nome ossia conquista e colonizzazione Piemontese ?

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B I B L I O G R A F I A
H. ACTON GLI ULTIMI BORBONI DI NAPOLI 1825 1861 Edizioni Martello 1968 , Milano I BORBONE DI NAPOLI Poligrafico della Stato 1990, Roma DA PALERMO AL VOLTURNO Edizioni Mondadori 1937, Milano UN VIAGGIO DA BOCCADIFALCO A GAETA Edizioni Berisio ristampa 1966, Napoli (a cura di) AMICI DI CAPUA RISTAMPE CAPUANE Edizioni Capys 1986, Capua CRONICA DELLA CAMPAGNA DAUTUNNO DEL 1860.. 1870, Napoli STORIA DELLE DUE SICILIE DAL 1847 AL 1861 Edizioni Berisio ristampa 1969 LA BATTAGLIA DEL VOLTURNO Edizioni Lauretane 1990, Napoli LA FINE DELLE DUE SICILIE E LA MARINA BRITANNICA Edizioni Berisio ristampa 1966, Napoli IL BLASONE IN SICILIA 1871-1875 Edizioni Forni ristampa 1972, Bologna LARMATA NAPOLETANA (DAL VOLTURNO A GAETA) 1860/61 Edizioni F. Fiorentino 1972, Napoli CENNO STORICO MILITARE DAL 1859 AL 1861 1861 COMENTI CONFUTATORII DEL TEN. GEN. GIOSUE RITUCCI. 1870, Napoli LA FAMIGLIA SANTACROCE 1998, Casagiove NOMI E VOLTI DI UN ESERCITO DIMENTICATO Edizioni Grimaldi 1990, Napoli GLI SFORTUNATI PRODROMI DELLA BATTAGLIA DEL VOLTURNO : CAIAZZO Edizioni Pro Loco 1950, Piedimonte dAlife ENCICLOPEDIA STORICO NOBILIARE ITALIANA 1928- 1936 Edizioni Forni ristampa 1981, Sala Bolognese

AA. VV.

C. AGRATI

G. BUTTA

R. CHILLEMI

G. DELLI FRANCI

G. de SIVO

A. IODICE

Sir G. RODNEY MUNDY

V. PALIZZOLO GRAVINA

A. MANGONE

G. PALMIERI

G. RITUCCI

N. SANTACROCE

R.M. SELVAGGI

L. SEVERINO

V. SPRETI

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Fonti Archivistiche

Archivio Storico Militare sede di Napoli Libretti di vita e costumi del Regio Esercito delle Due Sicilie fascio 6 Foglio 1 anno 1859.

Emeroteca Biblioteca Vincenzo Tucci Napoli Gazzetta di Gaeta giornale ufficiale borbonico dal 4 settembre 1860 all8 febbraio 1861

Archivio Arcivescovile della Curia di Capua Cartelle numero 59 lettera numero 4.

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Ringraziamenti

Un grazie di tutto cuore a coloro che mi hanno aiutato a sviluppare questa ricerca ed avuto la costanza di sopportarmi, in particolare il signor Nicola Santacroce e il Professor Ortensio Marcucci, cittadini di Caiazzo, che mi hanno guidato sui luoghi della battaglia, il compianto Monsignor Antonio Iodice per le utilissime indicazioni fornitemi, il professor Rosolino Chillemi il quale si prestato nelle ricerche in Capua, il personale tutto dellArchivio Militare di Stato di Napoli ch stato nei miei confronti di una gentilezza massima ed in particolare il signor Achille Di Salle, al Barone Roberto Maria Selvaggi non dimenticando mio figlio Emanuele che mi ha seguito pazientemente in questa avventura. A tutti voi chiedo di accettare la mia pi profonda gratitudine.

Napoli marzo 1997.

Ciro La Rosa

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