Você está na página 1de 38

Appunti dal corso di elementi di calcolo delle

variazioni
Prof.ssa Gioconda Moscariello
1 Estremi vincolati.
Sia f : X R
2
R continua e X compatto. Allora, a norma del teorema
di Weierstass, esistono il minimo ed il massimo di f in X. Ovviamente il
valore minimo e quello massimo possono essere assunti sia allinterno di X
che sulla frontiera di X, X.
Se f C
1
, allora i punti interni, estremi per f, sono da ricercare tra i
punti stazionari, cioe i punti (x, y) X
0
: f(x, y) = 0. Per risolvere com-
pletamente il problema della ricerca degli estremi di f in X resta da studiare
il comportamento di f su X. Supponiamo che X sia una curva regolare
a tratti, cos saremo ricondotti alla ricerca degli estremi della restrizione di
f a tale curva. Per semplicit`a supponiamo che X sia una curva regolare.
Sia dunque A = A
0
R
2
e sia G il sostegno di una curva regolare semplice
: [a, b] A di equazioni parametriche:
_
x = x(t)
y = y(t) t [a, b]
(1.1)
dove (t) C
1
([a, b]) e |

(t)| > 0, t (a, b).


Sia t
0
(a, b) e sia P
0
= (t
0
) G. La funzione f
G
, restrizione della f
a G, avra un punto di minimo (massimo) in P
0
se la funzione:
F(t) = f(x(t), y(t))
ha un minimo (massimo) in t
0
.
Poiche t
0
(a, b) si dovra avere, essendo F derivabile in t
0
:
F

(t
0
) = 0
cioe:
f(P
0
) (x

(t
0
), y

(t
0
)) = 0,
1
ovvero:
f(P
0
) (

(t
0
)) = 0.
Cio implica:
f(P
0
)

(t
0
)
|

(t
0
)|
= 0. (1.2)
Ricordando che

(t
0
)
|

(t
0
)|
e il versore tangente alla curva nel punto P
0
, si
conclude che condizione necessaria anch`e la funzione f
G
abbia un estremo
in P
0
e che il gradiente di f sia normale alla curva in P
0
.
La discussione che ha condotto alla (1.2) pu`o essere ripetuta nel caso
in cui G sia il sostegno di una curva regolare semplice in R
3
, ed f(x, y, z)
sia denita in un aperto A R
3
, contenente G. In modo analogo si tratta
il caso in cui G e il sostegno di una supercie regolare. Sia (u, v) una
rappresentazione parametrica della supercie e
F(u, v) = f (x(u, v), y(u, v), z(u, v))
la funzione f . La funzione f
G
, restrizione di f a G, ha un estremo in
P
0
= (u
0
, v
0
) se e solo se F(u, v) ha un estremo in (u
0
, v
0
).
Se quest ultimo punto `e interno, per la condizione necessaria vista per le
funzioni di pi` u variabili, dovr`a risultare:
F
u
(u
0
, v
0
) = F
v
(u
0
, v
0
) = 0
cio`e, essendo:
F
u
(u, v) = f
x
((u, v)) x
u
(u, v)+f
y
((u, v)) y
u
(u, v)+f
z
((u, v)) z
u
(u, v) =
f ((u, v))
u
(u, v)
e analogamente
F
v
(u, v) = f((u, v))
v
(u, v)
si avr`a:
(f((u
0
, v
0
)),
u
(u
0
, v
0
)) = (f((u
0
, v
0
)),
v
(u
0
, v
0
)) .
I vettori
u
e
v
sono i vettori che individuano il piano tangente ad una
supecie regolare, cosicch`e il vettore f(P
0
) `e ortogonale a G in P
0
.
Denizione 1.1. Indicheremo con il nome generico di vincolo il sostegno
di una curva di R
2
o di R
3
o anche di una supercie in R
3
. Diremo che f ha
un minimo vincolato (con vincolo G) in un punto P
0
G se la restrizione
di f a G ha un minimo in P
0
.
Proposizione 1.1. Sia G un vincolo e sia f : A = A
0
R con A conte-
nente G e sia f C
1
(A). Se f ha un punto di minimo (massimo) in P
0
interno a G, allora il vettore f `e normale a G in P
0
.
2
2 Funzioni implicite. Curve e superci in forma
implicita.
Sia F(x, y) una funzione delle due variabili x ed y, x R, y R. Conside-
riamo lequazione:
F(x, y) = 0 (2.1)
Ad esempio: i) F(x, y) = y
5
x; ii) F(x, y) = x
2
+y
2
1 .
In generale, ad un valore di x potranno corrispondere uno, pi` u valori, o
nessun valore di y in modo da soddisfare lequazione (2.1). Nellesempio i)
y
5
x = 0 d`a luogo allunica soluzione y =
5

x; dunque y = g(x) in unico


modo.
Nellesempio ii) lequazione x
2
+y
2
1 = 0, cio`e y
2
= 1x
2
per x [1, 1]
d`a luogo alle due funzioni: y =

1 x
2
e y =

1 x
2
; dunque, in questo
caso, y = g
1
(x) oppure y = g
2
(x).
Denizione 2.1. Sia F : A R
2

R, (x
0
, y
0
) A ed F(x
0
, y
0
) = 0.
Se esistono: I I(x
0
) e g : I J tale che J I(y
0
), g(x
0
) = y
0
e F(x, g(x)) = 0, x I, allora diremo che g `e denita implicitamente
dallequazione F(x, y) = 0.
E importante stabilire condizioni sotto le quali esiste ununica funzione
g : I R che soddisfa alle condizioni prima esposte. A tal proposito sussiste
il seguente:
Teorema 2.1. (del Dini) Sia F : A R
2
R, A = A
0
, F C
1
(A). Sia
(x
0
, y
0
) A tale che F(x
0
, y
0
) = 0, ed F
y
(x
0
, y
0
) = 0. Allora esiste > 0
e > 0 ed esiste ununica g : I J denita implicitamente dallequazone
F(x, y) = 0, cio`e tale che g(x
0
) = y
0
e che F(x, g(x)) = 0, x I, dove
I = (x
0
, x
0
+) e J = (y
0
, y
0
+). Inoltre g C
1
(I) e
g

(x) =
F
x
(x, g(x))
F
y
(x, g(x))
. (2.2)
Osservazione 2.1. La (2.2) pu`o essere ricavata formalmente dallequazione
F(x, g(x)) = 0. Infatti, per la regola di derivazione delle funzioni composte,
si ha:
F
x
(x, g(x)) +F
y
(x, g(x))g

(x) = 0
e dunque la (2.2).
3
2.1 Interpretazione geometrica
Sia F C
1
(A), e sia
Z = {(x, y) A : F(x, y) = 0}
Se (x
0
, y
0
) Z e F(x
0
, y
0
) = 0, allora linsieme Z, in un intorno di (x
0
, y
0
),
coincide con il sostegno di una curva semplice e regolare , cio`e:
= Z W(x
0
, y
0
)
dove W(x
0
, y
0
) = I J, con I I(x
0
) e J I(y
0
). La curva `e dotata in
tale punto di retta tangente di equazione:
F
x
(x
0
, y
0
)(x x
0
) +F
y
(x
0
, y
0
)(y y
0
) = 0 (2.3)
Dimostrazione. Infatti, sia ad esempio F
y
(x
0
, y
0
) = 0; allora, per il teorema
del Dini, ZW(x
0
, y
0
), dove W(x
0
, y
0
) = I J e g : I J `e lunica funzione
denita implicitamente dallequazione F(x, y) = 0, rappresenta il graco di
g, dunque ha equazione:
_
x = x
y = g(x) con g C
1
(I)
(2.4)
Lequazione della retta tangente a tale graco `e:
y = y
0
+g

(x
0
)(x x
0
)
essendo y
0
= f(x
0
), cio`e:
y = y
0

F
x
(x
0
, y
0
)
F
y
(x
0
, y
0
)
(x x
0
)
da cui lequazione (2.3).
Alla stessa equazione si perviene se risulta F
x
(x
0
, y
0
) = 0.
Osserviamo che il vettore tangente a tale curva in (x
0
, y
0
) `e dato da
(1, g

(x
0
)) =
_
1,
F
x
(x
0
,y
0
)
F
y
(x
0
,y
0
)
_
. Dunque (F
y
(x
0
, y
0
), F
x
(x
0
, y
0
)) `e un vettore
che ha la direzione della tangente.
Il vettore normale sar`a:
(P
0
) =
F(P
0
)
|F(P
0
)|
4
2.2 Il metodo dei moltiplicatori di Lagrange
Sia ora f(x, y) una funzione da minimizzare sul vincolo G la cui equazione
in forma implicita `e F(x, y) = 0, cio`e
G = Z = {(x, y) A : F(x, y) = 0}
Sia F = 0 in Z e sia (x
0
, y
0
) Z. Allora, se F
y
(x
0
, y
0
) = 0, esiste
W = W(x
0
, y
0
) tale che Z W ha equazione:
_
x = x
y = g(x)
(2.5)
Dunque f ha un minimo in (x
0
, y
0
) su G se la funzione
x f(x, g(x))
ha un minimo in x
0
e, dunque, condizione necessaria sar`a che
f
x
(x
0
, y
0
) +f
y
(x
0
, y
0
)g

(x
0
) = 0.
Se anche f
y
(x
0
, y
0
) = 0 allora si avr`a:

F
x
(x
0
, y
0
)
F
y
(x
0
, y
0
)
=
f
x
(x
0
, y
0
)
f
y
(x
0
, y
0
)
cio`e f(x
0
, y
0
) proporzionale a F(P
0
), cio`e f(x
0
, y
0
) normale alla tan-
gente al vincolo in P
0
. Dunque, condizione necessaria anch`e f abbia in
(x
0
, y
0
) G un estremo locale `e che

0
: f(x
0
, y
0
) +
0
F(x
0
, y
0
) = 0 (2.6)
cio`e gli estremi relativi per f(x, y) sono punti critici della funzione:
H(x, y, ) = f(x, y) +F(x, y)
Denizione 2.2. La quantit`a
0
della condizione (2.6) si dice moltiplicatore
di Lagrange.
2.2.1 Caso generale
Il metodo di Lagrange si pu`o applicare in condizioni pi` u generali. Sia f :
A R
n
R, con A = A
o
e siano F
1
, ....F
m
, con m n, F
i
: A R ed
F = (F
1
.....F
m
). Siano f C
1
(A) e F
i
C
1
(A). Sia Z
0
linsieme
Z
0
= {x A : F(x) = 0}
5
cio`e linsieme dei punti di A vericanti le equazioni:
_

_
F
1
(x
1
, ...., x
n
) = 0
...
F
m
(x
1
, ...., x
n
) = 0
(2.7)
e tali che la matrice jacobiana delle F
i
(F
1
, ..., F
m
)
(x
1
, ..., x
n
)
(2.8)
abbia caratteristica m.
Denizione 2.3. Diremo che f ha un minimo relativo vincolato con vincolo
dato dallequazione F(x) = 0 nel punto x
0
Z
0
, se esiste un intorno I
I(x
0
) tale che, x I, risulti
f(x) f(x
0
)
Nelle ipotesi precedenti sussiste il
Teorema 2.2. (dei moltiplicatori di Lagrange) Se x
0
Z
0
`e un mi-
nimo relativo vincolato per f, con vincolo espresso dallequazione F(x) = 0,
se la matrice jacobiana (2.8) ha la caratteristica m, allora esiste R
m
tale che la funzione
f(x) +
1
F
1
(x) +... +F
m
(x)
ha in x
0
derivate parziali nulle, cio`e:
f(x
0
) +
T
F(x
0
) = 0
dove
F(x
0
) =
_

_
F
1
(x
0
)
..
..
..
F
m
(x
0
)
_

_
(2.9)
e dove

T
= (
1
, ...,
m
)
6
Casi noti: Se n = 2 ed m = 1 allora per f(x, y) localmente il vincolo
F(x, y) = 0 `e una curva regolare di R
2
. Se invece n = 3 ed m = 1 allora
per f(x, y, z) localmente il vincolo F(x, y, z) = 0 `e una supercie regolare
di R
3
. Se n = 3 ed m = 2 allora per f(x, y, z) localmente il vincolo, in R
3
,
sar`a dato da:
_
F
1
(x, y, z) = 0
F
2
(x, y, z) = 0
(2.10)
3 Elementi di calcolo dierenziale in uno spazio
vettoriale
3.1 Dierenziale forte (dierenziale di Fr`echet)
Sia V uno spazio vettoriale normato. Un applicazione
L : V R
n
`e detta lineare se risulta
L(u +v) = L(u) +L(v),
per ogni u, v V e per ogni , R.
Consideriamo il funzionale su C
1
[a, b]
F(u) =
_
b
a
[u(t) +u

(t)]dt
Evidentemente l applicazione
u C
1
[a, b] F(u) R
`e un funzionale lineare o applicazione lineare. Sia F : A V R
n
, dove
A = A
0
rispetto alla norma di V .
Denizione 3.1. Diremo che F `e dierenziabile in un punto u V se
esiste un operatore lineare L
u
: V R
n
tale che
F(u +v) F(u) = L
u
v +(u, v)
dove
(u,v)
v
0 quando v 0
Osservazione 3.1. Se V = R
n
tale denizione `e quella di dierenziabilit`a di
una funzione
F : R
n
R
in u R
n
e L
u
v = dF(u)(v) v R
n
.
7
Denizione 3.2. Se F `e dierenziabile in u, chiamiamo derivata di F in
u e la indichiamo con F

(u) la quantit`a L
u
.
Si pu`o dimostrare che, se F `e dierenziabile in u, la derivata forte, ossia
loperatore L
u
, `e denito in modo unico.
Dalla denizione discende che:
1) Se F(u) = y
0
= costante, allora F

(u) = 0, cio`e F

(u) `e loperatore nullo;


2) F : V R
n
`e lineare, allora F(u+v)F(u) = F(v), e dunque la derivata
di una applicazione lineare e continua F `e lapplicazione stessa;
3) Se F : A V R
n
e G : R
n
R
n
e F `e derivabile in u
0
e G `e derivabile
in y
0
= F(u
0
), allora H = G F `e derivabile in u
0
e risulta:
H

(u
0
) = G

(F(u
0
))F

(u
0
)
4) Se F, G : A V R
n
e sono dierenziabili in u A, allora F + G ed
F, ( R), sono dierenziabili in u e risulta:
(F +G)

(u) = F

(u) +G

(u)
(F)

(u) = F

(u)
3.2 Dierenziale debole (dierenziale secondo Gateaux)
Sia F : A V R
n
, A = A
0
.
Denizione 3.3. Si chiama dierenziale debole o dierenziale di Gateaux
di F in u il limite (se esiste)
lim
0
F(u +v) F(u)

La dierenziabilit`a debole e quella forte sono due nozioni dierenti anche


in R
n
. Lesistenza della derivata debole non implica lesistenza di quella
forte.
4 Lequazione di Eulero
Sia
J(u) =
_
b
a
f
_
t, u(t), u

(t)
_
dt
8
dove f C
2
([a, b] R R) oppure f C
1
([a, b] R R) con f
u
e f
u

lipschitziane rispetto agli argomenti u, u

, uniformente rispetto a t, cio`e


esistono L, M > 0 tali che:

f
u
(t, u, u

) f
u
(t, v, v

L
_
|u v| +|u

|
_

f
u
(t, u, u

) f
u
(t, v, v

M
_
|u v| +|u

|
_
t [a, b]. Come dominio di J consideriamo per ora le spazio C
1
([a, b]) (pi` u
avanti considereremo funzioni C
1
a tratti).
In C
1
([a, b]) possiamo considerare la norma naturale
u
C
1 = max
x[a,b]
|u(x)| + max
x[a,b]
|u

(x)|
oppure
u
C
0 = max
x[a,b]
|u(x)|.
Ovviamente per ogni u C
1
([a, b]) risulta
u
0
u
1
Rispetto a .
1
parleremo di minimi locali deboli, rispetto alle seconde di
minimo locali forti. Pi` u precisamente diamo le seguenti denizioni:
Denizione 4.1. u `e minimante locale debole se > 0 tale che v
C
1
([a, b]) con v
1
< si ha
J(u) J(u +v)
Denizione 4.2. u `e minimante locale forte se > 0 tale che v
C
1
([a, b]) con v
0
< si ha
J(u) J(u +v)
Ovviamente ogni minimante locale forte `e un minimante locale debole.
In seguito un minimante locale u `e detto anche estremante per il funzionale
J. Iniziamo lo studio dei minimanti locali deboli. Per le ipotesi fatte su
f, il funzionale J(u) sar`a dierenziabile secondo Frechet ed allora si pu`o
pensare di estendere, per la ricerca dei minimi, i metodi dellordinario calcolo
dierenziale. Si ha infatti:
J(u +v) J(u) =
_
b
a
_
f(t, u +v, u

+v

) f(t, u, u

dt
9
=
_
b
a
_
f
u
(t, u, u

)v +f
u
(t, u, u

)v

dt +
_
b
a
T(t, u, u

, v, v

)dt
dove
T = f(t, u +v, u

+v

) f(t, u, u

) f
u
(t, u, u

)v f
u
(t, u, u

)v

=
=
_
1
0
_
d
ds
f(t, u +sv, u

+sv

) f
u
(t, u, u

)v f
u
(t, u, u

)v

_
ds
per cui
|T|
_
1
0

_
f
u
(t, u +sv, u

+sv

) f
u
(t, u, u

ds
+
_
1
0

_
f
u
(t, u +sv, u

+sv

) f
u
(t, u, u

ds
(L +M)
__
1
0
sv
2
(t)ds +
_
1
0
s(v

(t))
2
ds
_
C(v
2
+v
2
)
dunque

_
b
a
Tdt

c v
2
1
e dunque
J(u +v) J(u) = L
u
v +(u, v)
dove
|(u, v)|
v
1
0 quando v
1
0
. Per cui J `e dierenziabile e la sua derivata
J

(u)v =
_
b
a
_
f
u
(t, u, u

)v +f
u
(t, u, u

)v

dt
Il funzionale J

(u) `e chiamato variazione prima ed `e indicato con J.


Osserviamo ora che se J ha un estremo locale debole in u allora > 0 :
v C
1
[a, b], v
1

J(u +v) J(u)
cio`e
J(u +v) J(u) 0
10
per cui dai calcoli precedenti risulta
J

(u)v =
_
b
a
_
f
u
(t, u, u

)v +f
u
(t, u, u

)v

dt
=
_
b
a
T(t, u, u

, v, v

)dt + (J(u +v) +J(u))



_
b
a
T(t, u, u

, v, v

)dt per v <


da cui essendo v < , J

(u)v 0, ma ci`o pu`o accadere solo se J

(u) = 0.
Dunque abbiamo dimostrato il seguente
Teorema 4.1. Se J ha un estremante in u, allora
J

(u) = 0
cio`e
_
b
a
[f
u
(t, u, u

)v +f
u
(t, u, u

)v

] dt = 0 (4.1)
v C
1
([a, b]).
Sia ora u minimo locale debole per J nellinsieme
X =
_
u C
1
([a, b]) : u(a) = , u(b) =
_
.
Allora J

(u)v = 0 per ogni v C


1
([a, b]) tale che v(a) = v(b) = 0. In questo
caso possiamo riscrivere la (4.1) in modo pi` u maneggevole.
_
b
a
f
u
(t, u, u

)v dt =
_
b
a
v(t)
d
dt
_
t
t
0
f
u
(s, u, u

) ds
integrando per parti
= v(t)
_
t
t
0
f
u
(s, u, u

)ds

t=b
t=a

_
b
a
v

__
t
t
0
f
u
(s, u, u

)ds
_
dt
Allora (4.1) diventa
=
_
b
a
[f
u
(t, u, u

)
_
t
t
0
f
u
(s, u, u

)ds]v

dt
+v(t)
_
t
t
0
f
u
(s, u, u

)ds

t=b
t=a
= 0
11
Tale relazione deve valere per tutte le v C
1
([a, b]), in particolare per quelle
v : v(a) = v(b) = 0. Per tali v lequazione (4.1) diventa
_
b
a
_
f
u
(t, u, u

)
_
t
t
0
f
u
(s, u, u

)
_
v

(t) dt = 0 (4.2)
Sussiste il seguente lemma.
Lemma 4.2. Sia F L
1
loc
(a, b) e sia, v C
1
([a, b]) tale che v(a) = v(b) =
0,
_
b
a
F(x)v

(x) dx = 0
allora F(x) = cost.
Per cui otteniamo da (4.2)
f
u
(t, u, u

) = costante +
_
t
t
0
f
u
(s, u, u

)dt
Se f C
2
ed u C
2
, derivando rispetto a t nella precedente relazione si ha
d
dt
f
u
(t, u, u

) = f
u
(t, u, u

) (4.3)
La (4.3) `e detta equazione di Eulero.
Se si considerano le v non nulle agli estremi si ottiene che condizione neces-
saria anch`e u
0
sia minimo locale debole per J(u) `e che u
0
risolva la (4.3)
e che
f
u
(a, u
0
(a), u

0
(a)) = f
u
(a, u
0
(b), u

0
(b)) = 0 (4.4)
Le soluzioni di (4.3) si chiamano estremali.Le soluzioni di (4.3) si chia-
mano estremali.
4.1 Regolarit`a delle soluzioni
Ricordando lequazione di Eulero nella forma
f
u
(t, u, u

)
_
t
t
0
f
u
(s, u, u

)ds = cost
se u
0
C
1
([a, b]) `e una soluzione dellequazione tale che
f
u

u
(t, u
0
(t), u

0
(t)) = 0
12
allora u
0
C
2
([a, b]). Invero, se [a, b] e consideriamo lequazione
f
u
(t, u, u

) = cost +
_

t
0
f
u
(s, u
0
, u

0
) ds
essa `e soddisfatta nel punto (, u
0
(), u

0
()) e inoltre esiste I intorno di
tale che (essendo f
u

u
(, u
0
(), u

0
()) = 0) t I
u

0
(t) = g(t, u
0
(t))
con g di classe C
1
(I). Ci`o implica che
u

0
C
1
(I) u
0
C
2
(I)
Ripetendo il discorso per ogni punto otteniamo che u
0
C
2
([a, b]).
Proposizione 4.3. Se u(t) `e soluzione dellequazione di Eulero e
f
u

u
(t, u(t), u

(t)) = 0
allora u C
2
([a, b]).
5 Estremanti spezzate
Consideriamo il problema
_

_
J(u) =
_
1
1
u
2
(1 u

)
2
dt = minimo
u(1) = 0 u(1) = 1
(5.1)
J(u) 0 u e Inf J(u) = 0 La funzione identicamente nulla non risolve
il problema in quanto non soddisfa alle condizioni ai limiti.
Consideriamo per`o la funzione
u(x) =
_
0 1 x < 0
x 0 x 1
(5.2)
u(x) C
0
([1, 1]) e u C
1
([1, 0]), u C
1
([0, 1])
lim
t0

(t) = 0
13
lim
t0
+
u

(t) = 1
La u(x) `e regolare a tratti e risulta soluzione del nostro problema. Tale tipo
di estremante `e detto estremante spezzata . Allora `e conveniente andare
a studiare in generale il problema di minimizzazione del funzionale
J(u) =
_
b
a
f
_
t, u(t), u

(t)
_
dt
sulle funzioni C
1
a tratti.
Denizione 5.1. Diremo che u `e una funzione C
1
a tratti o regolare a tratti
se esiste una decomposizione dellintervallo [a, b]
a = c
0
< c
1
< ... < c
n
= b
tale che risulta i {0, .., n 1}, u C
1
([c
i
, c
i+1
]) e in ogni punto c
i
, u

(t)
presenta una discontinuit`a di prima specie, cio`e u

+
(c
i
) e u

(c
i
) sono nite.
Al ne di determinare la condizione necessaria anch`e un funzionale abbia
come minimo un estremale spezzata, supponiamo per semplicit`a che u

ab-
bia una discontinuit`a in a < c < b. Allora nelle stesse ipotesi fatte su f nel
caso di estremali C
1
, avremo che
J

(u)v = 0 v C
1
([a, c])
J

(u)v = 0 v C
1
([c, b])
e procedendo come prima avremo che u soddisfa la seguente equazione
f
u
(t, u, u

) =
_
t
a
f
u
(s, u, u

)ds + cost (5.3)


t [a, b] {c}; ma per denizione risulta
_
b
a
f
u
(t, u, u

) dt =
_
c
a
f
u
(t, u, u

) dt +
_
b
c
f
u
(t, u, u

) dt
= lim
sc

_
s
a
f
u
(t, u, u

) dt + lim
sc
+
_
b
s
f
u
(t, u, u

) dt.
Dunque f
u
`e integrabile in [a, b] e dalla (5.3) di deduce
lim
tc

f
u
(t, u, u

) =
_
c
a
f
u
(t, u, u

)dt + cost
14
lim
tc
+
f
u
(t, u, u

) =
_
c
a
f
u
(t, u, u

)dt + cost
dunque f
u
`e continua in c (condizione di Weierstrass- Erdmann) per cui pos-
siamo ritenere valida la (5.3) per ogni t [a, b]. Dunque possiamo concludere
con il seguente:
Teorema 5.1. Condizione necessaria perch`e u sia estremante spezzata per
J(u) nella classe delle funzioni C
1
a tratti `e che
J

(u) = 0
e
f
u
(t, u, u

) = cost +
_
t
a
f
u
(s, u, u

)ds
f
u
|
t=c
= f
u
|
t=c
+
Teorema 5.2. (Condizione di Weierstrass-Erdmann del 2
0
ordine)
Se u`e estremante spezzata, allora u verica lequazione
f u

f
u
=
_
t
a
d
ds
f(s, u, u

)ds + cost
che porta alle condizioni
_
f u

f
u

_
t=c

=
_
f u

f
u

_
t=c
+
6 Variazione seconda e condizione di Legendre
Sia f di classe C
3
([a, b] R R). In queste ipotesi si pu`o scrivere, per la
formula di Taylor con il resto di Lagrange,
J(u +v) J(u) =
_
b
a
_
f
u
(t, u, u

)v +f
u
(t, u, u

)v

dt+
+
1
2
_
b
a
_
f
u

u
(t, u, u

)v
2
+ 2f
uu
(t, u, u

)vv

+f
uu
(t, u, u

)v
2

dt+
_
b
a
R(t, u, u

, v, v

)dt
dove
|R| =
1
6
|f
u

u
(t, u(t), u

(t))v
3
+ 3f
u

u
(t, u, u

)v
2
+
+3f
u

uu
(t, u(t), u

(t))v

v
2
+f
uuu
(t, u, u

)v
3
|
c
_
|v

|
3
+|v|
3
_
15
da cui

_
b
a
Rdt

cv
3
C
1
.
Allora
J(u +v) J(u) = J

(u)v +J

(u)v +R
1
dove J

(u) `e la variazione prima, J

(u) `e un funzionale quadratico in v,


chiamato variazione seconda , R
1
`e un innitesimo di ordine superiore a
v
2
1
per v 0.
Se u `e minimo locale debole, allora esiste > 0 tale che
J

(u)v 0
comunque si scelga v tale che v
1
.
Osserviamo che alla stessa conclusione si arriva se u `e estremante spezzata.
Introduciamo ora le seguenti notazioni:
P(t) = f
u

u
(t, u, u

)
Q(t) = f
u

u
(t, u, u

)
R(t) = f
uu
(t, u, u

)
Si ha il seguente teorema:
Teorema 6.1. Se u `e minimante locale debole allora
P(t) 0 t [a, b] (6.1)
Dimostrazione. Se u C
1
([a, b]) `e un minimante locale debole `e anche mi-
nimante per variazioni v C
1
a tratti. Pertanto, scelto [a, b] deniamo la
successione v
n
(t) tale che
v
n
(t) =
_

_
0 a t <
1
n
n(t ) + 1
1
n
t <
n(t ) + 1 t < +
1
n
0 +
1
n
t b
Poich`e risulta J

(u)v
n
0 si ha
0
1
n
J

(u)v
n
=
1
n
_
+
1
n

1
n
P(t)n
2
dt +
_

1
n
Q(t)v
n
(t)dt+
16
+
_
+
1
n

Q(t)v
n
(t)dt +
1
n
_
+
1
n

1
n
R(t)v
2
n
(t)dt
Ora
1
n
_
+
1
n

1
n
P(t)n
2
dt = n
_
+
1
n

1
n
P(t)dt = 2
_
+
1
n

1
n
P(t)dt
per cui quando n + (per un noto teorema di Lebesgue) esso tende a
P().
Gli altri integrali tendono a zero quando n + e dunque
P() 0.
Per larbitrariet`a di si ha lasserto.
La (6.1) `e detta condizione di Legendre.
7 Condizione necessaria di Jacobi
Consideriamo il problema di minimo per il funzionale
J(u) =
_
b
a
f(t, u, u

)dt
con le condizioni
u(a) = A u(b) = B.
Vale la seguente condizione (dovuta a Hilbert)
Teorema 7.1. Se u `e minimante locale debole, u(a) = A e u(b) = B e vale
la condizione che P(t) = f
u

u
(t, u, u

) > 0 t [a, b] allora la soluzione del


problema di Cauchy
_
(P(t)y

= (R(t) Q

(t)) y
y(a) = 0 y

(a) = 1
(7.1)
non ha zeri in (a, b). ()
Osservazione 7.1. Lequazione prima descritta viene fuori considerando la
variazione seconda di J
v J

(u)v =
_
b
a
_
P(t)v
2
+ 2Q(t)vv

+R(t)v
2

dt
17
Essendo u minimante risulta J

(u)v 0 v. Inoltre J

(u) ammette mini-


mo, assunto in v = 0; ne segue allora che lequazione di Eulero per J

deve
ammettere fra le sue soluzioni quella nulla.
Tale equazione ha la forma
d
dt
_
P(t)v

+Q(t)v
_
= Q(t)v

+R(t)v
cio`e
_
Pv

=
_
R Q

_
v
che viene detta equazione di Jacobi.
In realt`a si ha anche una condizione suciente. Diamo prima le seguente
denizione:
Denizione 7.1. Se t
0
< t

0
sono due zeri consecutivi di una soluzione
dellequazione di Jacobi, t

0
`e detto punto coniugato di t
0
.
Teorema 7.2. Se valgono le seguenti condizioni:
1. u `e estremale, u(a) = A u(b) = B
2. u verica la condizione di Legendre in senso forte, P(t) > 0
3. Lintervallo [a, b] non contiene punti coniugati ad a, cio`e la soluzione
del problema (7.1) non si annulla in (a, b]
allora u `e minimante locale debole.
() Dimostrazione del Teorema (7.1)
Se per assurdo y(x) `e una soluzione di (7.1) che si annulla in a < < b, si
consideri la funzione
v(t) =
_
y(t) a t <
0 t b
v(t) `e una funzione C
1
a tratti.
Integrando per parti
J

(u)( v) =
_

a
_
Py

(t)
2
+ 2Q

y +Ry
2
_
dt
=
_
Py

y +Qy
2
_

a

_

a
y[(Py

) +Q

y Ry]dt = 0
18
ed essendo J

(u)(v) 0 v risulta v(t) minimante per J

ed essendo v(t)
spezzata, essa deve soddisfare alle condizioni Herd-W del 1
0
ordine, cio`e
Pv

+Qv|

= Pv

+Qv|

+
da cui essendo
P()y

() = lim
t

Pv

+Qv
= lim
t
+
Pv

+Qv = 0
ed essendo P() > 0, allora y

() = 0.
Dunque pr il teorema di esistenza ed unicit`a y(t) = 0,t contro lipotesi che
y

(a) = 1.
8 Estremi locali forti
_
J(u) =
_
b
a
f(t, u(t), u

(t))dt = minimo
u(a) = A u(b) = B
Ricordiamo che se S = {v C
1
[a, b] : v(a) = A, v(b) = B} allora u `e
minimante locale forte se > 0 tale che v S tale che v u
C
0 < si
ha J(u) J(v)
u minimo locale forte u minimo locale debole
Dunque se u `e minimo locale forte continuano a valere tutte le condizione
necessarie esaminate in precedenza.
Sia ora R
2
semplicemente connesso (dominio a unico contorno)
Denizione 8.1. Diremo che `e ricoperto da un campo di estremali di
J(u) se esiste una famiglia di estremali y(t) C
2
[a, b] tale che (t, y)
passa unestremale della famiglia ed una sola
Denotiamo la pendenza y

(t) dellestremale con p(t, y) cio`e


y

(t) = p(t, y)
con p(t, y) C
1
().
Esempio:
_
J(u) =
_
1
0
_
1 +u

(t)
2
dt = minimo
u(0) = 0 u(1) = 1
19
f
u
=
1
_
1 +u

(t)
2
u

(t);
d
dt
f
u
= 0; f
u
= costante;
u

(t) = costante = a; u(t) = at +b;


u
0
(0) = b = 0; u
0
(1) = a = 1.
Dunque u
0
(t) = t `e lunica estremale liscia che soddisfa alle condizioni iniziali
ed `e anche J(u
0
) = minJ(u).
Se prendiamo coincidente con il piano (t, y) e consideriamo la famiglia di
rette del tipo
y(t) = t +c (8.1)
y

= 1
la funzione u
0
(t) = t `e immersa nel campo di estremali (8.1) che ricopre
.
Denizione 8.2. Lestremale u
0
(t) C
2
[a, b] `e immersa in un campo di
estremali su relativo a J se `e ricoperto da una famiglia di estremali e
> 0:

= {(t, y) : a < t < b, |y(t) u


0
(t)| < }
Osserviamo che ci`o equivale a dire che esiste un intorno di u
0
nella to-
pologia della convergenza uniforme, I

tale che y I

il graco di y `e
contenuto in .
Osservazione 8.1. Sia y(t) unestremale del campo che passa per (t, s) .
Allora
y

(t) = p(t, y(t)) t (8.2)


e dunque
y

(t) = p
t
+p
y
y

C
1
(8.3)
Daltra parte essendo y(t) unestremale avremo che
d
dt
f
y
(t, y(t), y

(t)) = f
y
(t, y(t), y

(t)) t
cio`e
f
y

t
(t, y(t), y

(t)) +f
y

y
(t, y(t), y

(t))y

+f
y

y
(t, y(t), y

(t))y

=
= f
y
(t, y(t), y

(t))
20
e tenendo conto di (8.2) e (8.3) si ha
f
y

t
(t, y, p) +f
y

y
(t, y, p)p +f
y

y
(t, y, p)(p
t
+p
y
p)
= f
y
(t, y, p)
cio`e la funzione p(x, y) deve essere soluzione dellequazione a derivate parziali
f
y

y
(t, y, p)(p
t
+p
y
p) +f
y

y
(t, y, p)p =
= f
y
(t, y, p) +f
ty
(t, y, p) (8.4)
Teorema 8.1. Sia:
1. u unestremale
2. u immersa in un campo di estremali y

= p(t, y)
3. E(t, v, q, q) = f(t, v, q) f(t, v, q) + ( q q)f
u
(t, v, q) 0 t, v in
un intorno del graco di u e q, q R (cio`e f `e convessa rispetto
allultima vriabile).
Allora u `e minimo locale forte.
La 3) `e nota come la condizione di Weierstrass. La funzione E(t, v, q, q)
`e detta funzione di eccesso.
Dimostrazione. Sia v S tale che (t, v(t))

. Allora per la 3)
J(v) =
_
b
a
f(t, v, v

)dt

_
b
a
[f(t, v, p) pf
u
(t, v, p) +v

f
u
(t, v, p)]dt =
1
=
_

[f(t, v, p) pf
u
(t, v, p)] dt +f
u
(t, v, p)dv
1
Se `e la curva di equazione

t = t
y = v(t)
21
La forma dierenziale che gura nellintegrale nelle variabili (t, v) `e esatta
in quanto essendo v

= p(t, v(t)) si ha per lossevazione (8.1) che p(t, v(t))


verica la (8.4) e dunque

v
_
f(t, y, p(t, y)) p(t, y)f
y
(t, y, p(t, y))
_
=
=

t
f
y
(t, y, p(t, y))
Infatti al primo membro abbiamo
f
y
f
y
p
y
p
y
f
y
pf
y

y
pf
y

y
p
y
(8.5)
e al secondo membro
f
y

t
+f
y

y
p
t
(8.6)
e (8.5)=(8.6) dalla (8.4). Dunque la forma `e chuisa ed essendo semplice-
mente connesso la forma `e anche esatta. Sia F(t, v) una primitiva. Pertanto
si avr`a
J(v) F(b, v(b)) F(a, v(a)) = F(b, u(b)) F(a, u(a)) =
_
b
a
f(t, u, u

) u

f
u
(t, u, u

) +u

f
u
(t, u, u

) = J(u)
9 Condizione necessaria
Teorema 9.1. Se u `e minimante locale forte allora
E(x, u(x), u

(x), q) = f(x, u, u

) f(x, u, q) + (q u

)f
u
(x, u, u

) 0
q e x [a, b].
Per concludere enunciamo un teorema che mette in relazione la condi-
zione di Jacobi con i minimi locali forti.
Teorema 9.2. Sia u
0
unestremale regolare, vale la condizione di Legendre
in senso forte, vale la condizione di Jacobi in (a, b]

u
0
`e (un minimo locale debole) pu`o essere immerso in un campo di estremali.
22
Allora mettendo insieme il teorema (8.1) e il (9.2) si ha
Teorema 9.3. Sia
1. u
0
estremale
2. vale (6.1) in senso forte
3. vale J in (a, b]
4. (E) 0

u
0
`e minimo locale forte.
10 Problemi isoperimetrici
Nel calcolo delle variazioni si chiamano con il nome di problemi isoperime-
trici i problemi di questo tipo:
_

_
J(u) =
_
b
a
f(t, u(t), u

(t))dt = minimo
u(a) = A, u(b) = B
K(u) =
_
b
a
g(t, u(t), u

(t)) = costante
(10.1)
Si tratta cio`e di problemi vincolati, dove il vincolo `e assegnato mediante un
funzionale dello stesso tipo di quello da minimizzare (problema di minimo
con vincolo di tipo integrale).
In analogia a quanto accade nel caso di funzioni reali si ha:
Teorema 10.1. Siano J e K funzionali dierenziabili secondo Frechet e J

e K

continui su C
1
([a, b]). Supponiamo che J abbia un estremo locale in
u
0
, dove u
0
appartiene a G = {v : K(v) = 0} e K

(u
0
) = 0. Allora R
tale che J

(u
0
) = K

(u
0
).
L idea della dimostrazione `e analoga a quella gi`a vista per le funzioni
reali.
Come nel caso delle funzioni reali, questo problema pu`o essere riformulato
attraverso la teoria dei moltiplicatori di Lagrange. Nel problema (10.1)
poniamo
u
1
(t) =
_
t
a
g(s, u(s), u

(s))ds
23
Allora il problema (10.1) equivale a determinare due funzioni (u, u
1
) tali che
_

_
J(u) = minimo u(a) = A, u(b) = B
u
1
(a) = 0 u
1
(b) = cost
u

1
(t) = g(t, u(t), u

(t))
_
J(u) = minimo u(a) = A u(b) = B
g(t, u(t), u

(t)) u

1
(t) = 0 u
1
(a) = 0 u
1
(b) = c,
cio`e il nostro problema `e un caso particolare di un problema di questo genere:
determinare (u
1
, u
2
) tali che
_

_
J(u
1
, u
2
) =
_
b
a
f(t, u
1
(t), u
2
, u

1
, u

2
)dt = minimo
u
1
(a) = A
1
u
2
(a) = A
2
u
1
(b) = B
1
u
2
(b) = B
2
g(x, u
1
, u
2
, u

1
, u

2
) = 0 vincolo anolomi o di tipo dierenziale
pi` u in generale si possono considerare problemi in cui il funzionale J =
J(u
1
, ..., u
n
) e i vincoli
i
=
i
(t, u
1
...u
n
, u

1
, ..., u

n
), i = 1, ..., m.
Teorema 10.2. Sia f di classe C
2
(ci`o serve a garantire che J sia die-
renziabile secondo Frechet su C
1
[a, b] C
1
[a, b]) e sia g di classe C
1
. Sia
(u
1
, u
2
) una soluzione del problema tale che
|g
u

1
(t, u
1
, u
2
, u

1
, u

2
)| +|g
u

2
(t, u
1
, u
2
, u

1
, u

2
)| > 0 (10.2)
t [a, b]. Allora esiste una funzione (t) continua su [a, b] tale che
d
dt
_
f
u

i
(t, u
1
, u
2
, u

1
, u

2
) +(t)g
u

i
(t, u
1
, u
2
, u

1
, u

2
)
_
= f
u
i
(t, u
1
, u
2
, u

1
, u

2
) +(t)g
u
i
(t, u
1
, u
2
, u

1
, u

2
)
i = 1, 2 cio`e u
1
e u
2
sono estremali del funzionale
L(u
1
, u
2
, ) =
_
b
a
_
f(t, u
1
, u
2
, u

1
, u

2
) +(t)g(t, u
1
, u
2
, u

1
, u

2
)

dt
Osservazione 10.1. Il teorema continua a valere nel caso che il vincolo sia
olonomo, cio`e del tipo g(t, u
1
, u
2
) = 0 con la condizione (10.2) data ora da
|g
u
1
(t, u
1
, u
2
)| +|g
u
2
(t, u
1
, u
2
| > 0
24
11 Esempi
11.1 Esempio 1)
Si voglia determinare il segmento di curva u(t) 0, 0 t 1, di lunghezza
ssata S ed avente u(0) = 0 u(1)=1, tale che sia minima larea racchiusa tra
essa e lasse delle t.
Allora il problema pu`o essere riformulato nel modo seguente
min
u
_
1
0
u(t)dt u(0) = 0 u(1) = 1
sotto la condizione
_
1
0
_
1 + (u

(t))
2
dt = S
Costruiamo la lagrangiana del problema
L = J +G =
_
1
0
u +
_
1 + (u

(t))
2
dt S
Lequazione di Eulero per tale funzionale `e
f u

f
u
= cost
u

f
u
f = cost
u

1
_
1 +u

(t)
2
u

(t) u
_
(1 +u

(t)
2
) = c
(
_
1 +u

(t)
2
)
1
_
(u

)
2

_
1 + (u

)
2
__
u = c
(
_
1 +u

(t)
2
)
1
(1) u = c
(1 +u

(t)
2
)

1
2
= c +u
(1 +u

(t)
2
)

1
2
= c
1
u (c
1
= c)

c
1
u
= (1 + (u

)
2
)
1
2
_

c
1
u
_
2
= 1 + (u

)
2
u

_

c
1
u
_
2
1
25
Risolvendo questa equazione per separazione di variabili
_
_

c
1
u
_
2
1
_

1
2
du = dt
cio`e
_ _

2
(c
1
u)
2
(c
1
u)
2
_

1
2
du = t
ovvero
_
[
2
(c
1
u)
2
]

1
2
(c
1
u) du = t
Se z = (c
1
u)
2
, dz = 2(c
1
u)du

1
2
_
(
2
z)

1
2
dz = t
_

2
z +c
2
= t
_

2
(c
1
u)
2
+c
2
= t
da cui

2
(u c
1
)
2
= (t c
2
)
2
u = c
1

_

2
(t c
2
)
2
In conclusione la u(t) soluzione del problema `e un arco di circonferenza nel
piano (t, u) di centro (c
1
, c
2
) e raggio . Le costanti c
1
,c
2
e si determinano
delle condizioni iniziali attraverso equazioni che in generale non sono lineari.
c
1

_

2
c
2
2
= 0
c
1

_

2
(1 c
2
)
2
= 0
_
1
0
_
1 {(t c
2
)[
2
(t c
2
)
2
]

1
2
}
2
dt = S
26
11.2 Esempio 2)
Come secondo esempio consideriamo
min
u
1
,u
2
,t[0,1]
_
1
0
(u
2
2
+ 2u
2
+u
2
1
)dt
g(u

1
, u
1
, u
2
) = u

1
+u
1
u
2
= 0
u
1
(0) =
1
2
.
La lagrangiana diventa
L(u
1
, u
2
, ) =
_
1
0
_
u
2
2
+ 2u
2
+u
2
1
+(u

1
+u
1
u
2
)

dt
d
dt
_
f
u

1
+(t)g
u

1
_
= f
u
1
+(t)g
u
1
d
dt
((t)) = 2u
1
+

(t) 2u
1
= 0 (11.1)
d
dt
_
f
u

2
+(t)g
u

2
_
= f
u
2
+(t)g
u
2
0 = 2u
2
(t) + 2
2(u
2
+ 1) +(t) = 0 (11.2)
Occorre dunque risolvere il seguente sistema
_

(t) 2u
1
= 0
2(u
2
+ 1) +(t) = 0
u

1
+u
1
u
2
= 0
(11.3)
Con la condizione u
1
(0) =
1
2
e, tenuto conto delle (4.4) per lintegrando
di L(u
1
, u
2
, ) al punto t = 1, anche la condizione (1) = 0.
Dalla terza equazione
u
2
= u
1
+u

1
Dalla seconda:
2(u
1
+u

1
+ 1) +(t) = 0
(t) = 2u
1
+ 2u

1
+ 2

= 2u

1
+ 2u

1
27
sostituendo nella prima abbiamo
2u

1
+ 2u

1
2u
1
2u

1
2 2u
1
= 0
2u

1
4u
1
2 = 0
u

1
2u
1
= 1
u
1
(t) = Ae

2t
+Be

2t

1
2
Imponendo le condizioni iniziali u
1
(0) =
1
2
A+B
1
2
=
1
2
A = 1 B
u
1
(t) = (1 B)e

2t
+Be

2t

1
2
Sostituendo nelle espressioni di u
2
e si ha
u
2
(t) = (1 B)e

2t
+Be

2t

1
2
+

2(1 B)e

2t

2Be

2t
= (1 B)(

2 + 1)e

2t
+Be

2t
(1

2)
1
2
(t) = 2(1 B)(1 +

2)e

2t
+Be

2t
(1

2)e

2t
+ 1
Imponendo la condizione iniziale (1) = 0
2(1 B)(1 +

2) + 2B(1

2) + 1 = 0
da cui si ricava B.
12 Problemi di controllo
12.1 Introduzione
Consideriamo il problema
(P)
_

_
J(u) =
_
b
a
f(t, y(t), y

(t))dt = minimo
y(a) = A y(b) = B
y

(t) U t [a, b]
dove U R.
28
Possiamo riformulare il problema (P) in modo diverso introducendo
nuove variabili, y
0
, y
1
, y
2
nel modo seguente:
y
0
= y
0
(t) =
_
t
a
f(s, y(s), y

(s))ds
y
1
= y
1
(t) = t
y
2
= y
2
(t) = y(t)
u = u(t) = y

(t).
Se y(t) `e una soluzione di (P), allora (y
0
, y
1
, y
2
) soddisfano il seguente
sistema (autonomo) di equazioni dierenziali del 1
0
ordine
(1)
_

_
y

0
= f(y
1
, y
2
, u)
y

1
= 1
y

2
= u(t)
Con le seguenti condizioni iniziali
(2)
_

_
y
0
(a) =
_
a
a
f(s, y(s), y

(s))ds = 0
y
1
(a) = a y
2
(a) = A
y
1
(b) = b y
2
(b) = B
Inoltre, il funzionale da minimizzare pu`o essere riscritto nella forma
(3) y
0
(b) minimo.
Quindi il problema si trasforma nel seguente:
Determinare le funzioni
y
0
(t), y
1
(t), y
2
(t) C
1
, u(t) C
0
([a, b])
che soddisfano il sistema (1), u(t) U t [a.b] con le condizioni (2)+(3).
E evidente che ad ogni scelta di u il nostro sistema `e risolubile. Inoltre,
dierenti scelte della funzione u porteranno, in generale, a dierenti solu-
zioni y
0
, y
1
, y
2
, perci`o in seguito chiameremo u funzione di controllo o
semplicemente un controllo.
I controlli per cui il sistema (1) ha soluzione che verica (2) saranno
chiamati controlli ammissibili.
La curva (y
0
(t), y
1
(t), y
2
(t)) determinata da un controllo ammissibile `e
chiamata traiettoria ammissibile.
29
Con il nuovo linguaggio possiamo allora dire che il problema consiste nel
determinare fra tutti i controlli ammissibili, il controllo per il quale vale la
(3), cio`e quello per cui y
0
(b) diventa minimo.
Se esiste, il controllo che realizza ci`o `e detto ottimale e la corrispondente
traiettoria (y
0
(t), y
1
(t), y
2
(t)) `e detta traiettoria ottimale. Il problema
(1)+(2)+(3) `e chiamato problema di controllo ottimo.
13 Caso generale. Posizione del problema. De-
nizioni.
Consideriamo un sistema sico il cui stato al tempo t `e caratterizzato da un
punto (y
1
(t), ..., y
n
(t)) di R
n
. Assumiamo che il comportamento del sistema
possa essere inuenzato ad ogni istante t dalla sua evoluzione e che que-
sta inuenza (controllo) pu`o essere descritta da m funzioni u
1
(t), ..., u
m
(t),
u
i
(t), i = 1, ...m, continue e tali che (u
1
(t), ..., u
m
(t)) U R
m
, t.
Supponiamo che il comportamento del sistema di controllo sia descritto
dal sistema di equazioni dierenziali
dy
1
dt
= f
1
(y
1
, ..., y
n
, u
1
, ..., u
m
)
..
..
..
dy
n
dt
= f
n
(y
1
, ..., y
n
, u
1
, ..., u
m
)
Studiamo il problema del passaggio del sistema da un assegnato stato iniziale
(y
a
1
, ..., y
a
n
), mediante un opportuna scelta dei controlli u
i
(t), ad un assegnato
stato terminale (y
b
1
, ..., y
b
n
) in modo che alcune quantit`a che dipendono dalle
variabili di stato e dai controlli possano essere espresse dalla ricerca del
minimo del funzionale
I(y
1
, ..., y
n
, u
1
, ..., u
m
) =
_
t
b
t
a
f
0
(y
1
(t), ..., y
n
(t), u
1
(t), ..., u
m
(t))dt
minimo
dove il punto terminale t
b
`e indeterminato.
Osservazione Siccome t
b
non `e specicato e dipender`a dalla scelta dei
controlli, questo problema dierisce da quello discusso nella sezione 1, dove
b `e indipendente dalle variabili ed `e assegnato. Tuttavia questa dierenza
30
non `e signicativa.
Come nella sezione 1, introduciamo le nuove funzioni
y
0
= y
0
(t) =
_
t
t
a
f
0
(y
1
(s), ..., y
n
(s), u
1
(s), ..., u
m
(s)))ds
e ovviamente
y
0
(t
a
) = 0, y
0
(t
a
) = I(y
1
, ..., y
n
, u
1
, ..., u
m
),
dy
0
dt
= f
0
(y
1
, ..., y
n
, u
1
, ..., u
m
).
Per descrivere il nostro problema in forma compatta, introduciamo le se-
guenti notazioni: y,

f denotano vettori dello spazio R
n+1
,
y = (y
0
, y
1
, ..., y
n
)

f = (f
0
, f
1
, ..., f
n
),
y, f denotano vettori dello spazio R
n
,
y = (y
1
, ..., y
n
) f = (f
1
, ..., f
n
)
e, inne,
u = (u
1
, ..., u
m
)
`e un vettore di R
m
.
Sia U R
m
. Possiamo porre il nostro problema in modo seguente:

Determinare un controllo u(t), u : t u(t) U, tale che la soluzione


del sistema di equazioni dierenziali
(4) y

=

f(y, u).
soddis le seguenti condizioni iniziali
(5)
_
y(t
a
) = y
a
y
a
= (0, y
a
1
, ..., y
a
n
)
y(t
b
) = y
b
y
b
= (y
0
(t
b
), y
b
1
, ..., y
b
n
)
per qualche t = t
b
tale che
(3) y
0
(t
b
) minimo.

Un tale problema `e chiamato problema di controllo terminale


31
Denizione 13.1. La funzione u `e chiamata un controllo ammissibile
se la soluzione y = y(t) di (4) esiste, per tale funzione u, e soddisfa alle
condizioni iniziali (5) per qualche valore di y
0
(t
b
). La soluzione y = y(t) che
corrisponde ad un controllo ammissibile `e detta traiettoria ammissibile.
Denizione 13.2. Un controllo u per il quale y
0
(t
b
) assume il minimo valo-
re `e chiamato controllo ottimale e la corrispondente traiettoria `e chiamata
traiettoria ottimale.
Lemma 13.1. Se

f e


f
y
k
, k = 1...n, sono continue, allora ogni traiettoria
ammissibile `e di classe C
1
.
Dimostrazione. Se y = y(t) esiste, allora dalla relazione
y

=

f(y, u)
segue che y

`e continua e dunque y `e di classe C


1
.
Osservazione Se u `e una funzione continua a tratti, sempre dalla stessa
relazione segue che y `e una funzione C
1
a tratti.
14 Il principio del massimo di Pontryagin
Sia p = p(t), p = (p
o
, p
1
, ....., p
n
) R
n+1
. Il sistema di equazioni dierenziali
nell incognita p(t)
(7)
_

_
p

= p

f
y
(y(t), u(t))
p
0
(t
b
) = 1
p
i
(t
b
) = 0 i = 1, ....., n
`e chiamato sistema coniugato al sistema (4). Osserviamo che, siccome

f non dipende da y
0
, allora

f
y
= 0 e dunque p

0
= 0, cio`e p
0
= costante.
Grazie a ci`o il sistema (7) pu`o essere scritto nella forma:
(8)
_

_
p

0
= 0
p

1
=

n
k=0
p
k
(f
k
)
y
1
(y(t), u(t))
..
..
..
p

n
=

n
k=0
p
k
(f
k
)
y
n
(y(t), u(t)).
32
Essendo y(t) traiettoria ottimale e u(t) controllo ottimale, y(t) `e dunque
di classe C
1
(C
1
a tratti) e analogamente u(t) `e di classe C
0
(C
0
a tratti), per
cui il sistema (8) ammette soluzione p(t) di classe C
1
(C
1
a tratti) denita
per t [t
a
, t
b
].
La funzione
(9) H( p, y, u) = p

f
T
(y, u) = p
T
(y, u) =
n

k=0
f
k
p
k
`e chiamata la Hamiltoniana del problema di controllo terminale.
Sussiste il seguente Teorema, che fornisce una condizione necessaria e
suciente anch`e il problema di controllo terminale (4), (5), (6) abbia
soluzione.
Teorema 14.1. Principio del massimo di Pontryagin Se

f e

f
y
k
sono
continue e se u = u(t) `e il controllo ottimale e y(t) la corrispondente traiet-
toria ottimale del problema (4) + (5) + (6), allora `e necessario che esiste
una soluzione p = p(t), p = 0, del sistema coniugato (7)
p

= p

f
y
(y(t), u(t))
tale che con p
0
< 0
H( p(t), y(t), u(t)) = max
vU
H( p(t), y(t), v) = 0,
per ogni t [t
a
, t
b
], dove u `e continua.
Descriviamo con un esempio molto semplice come si applica il principio
del massimo di Pontryagin.
Consideriamo il problema
(1)
_
_
1
0
y
2
dt min
y(0) = 0 y(1) = 1
Poniamo:
y
0
(t) =
_
t
0
y
2
(s)ds
y
1
(t) = t
y
2
(t) = y(t)
u(t) = y

(t)
33
Il problema (1) allora `e descritto dal seguente sistema di equazioni dif-
ferenziali:
(2)
_

_
y

0
= u
2
y

1
= 1
y

2
= u
y
0
(0) = 0, y
1
(0) = 0, y
2
(0) = 0
y
1
(1) = 1, y
2
(1) = 1,
y
0
(1) = min.
Il sistema coniugato `e dato da:
p

i
=
2

k=0
(f
k
)
y
i
p
k
, i = 0, i, 2
da cui
_

_
p

0
= 0
p

1
= 0
p

2
= 0
essendo
f
0
= u
2
, f
1
= 1 f
2
= u
La funzione Hamiltoniana H sar`a:
H = p
0
u
2
+p
1
+P
2
u.
Ora:
Primo passo. Per il principio del massimo, avremo che
H
u
= 0 2p
0
u +p
2
= 0
cio`e
u =
p
2
(t)
2p
0
34
Secondo passo. Essendo H =

2
k=0
(f
k
)p
k
, avremo:
H
y
0
= 0
H
y
i
=
2

k=0
(f
k
)
y
i
p
k
= p

i
, i = i, 2
e dunque ancora
_

_
p

0
= 0
p

1
= 0
p

2
= 0
p
0
= 1, p
1
= c
1
p
2
= c
2
.
Terzo passo. Studio del sistema autonomo (2).
Ora (2) sar`a
_

_
y

0
=
_
c
2
2
_
2
y

1
= 1
y

2
=
c
2
2
_

_
y
0
(t) =
_
c
2
2
_
2
t +
y
1
(t) = t +
y
2
(t) =
c
2
2
t +
da cui, imponendo le condizioni iniziali, abbiamo:
y
0
(t) = t, y
1
(t) = t, y
2
(t) = t.
Quanto descritto nell esempio precedente pu`o essere seguito in generale.
Invero, se l Hemiltoniana `e
H =
n

k=0
f
k
p
k
,
35
Primo passo. Principio del massimo
H
u
i
= 0 i = 1, ...m
Secondo passo. Studio del sistema coniugato
p

0
= 0
p

k
=
H
y
k
k = 1, ..., n
Terzo passo. Studio del sistema autonomo + condizioni iniziali.
14.1 Osservazioni sulla funzione Hemiltoniana
Per semplicit`a ci rifaremo al caso m = n = 1.
Consideriamo il problema
(1)
_
Min
_
t
b
t
a
f
0
(y, u)dt
y

= f
1
(y, u)
dove f
0
non dipende esplicitamente da t.
Posto
y
0
(t) =
_
t
t
a
f
0
(y(s), u(s))ds; y(t) = y
1
(t)
_

_
y

0
= f
0
(y
1
, u)
y

1
= f
1
(y
1
, u)
y
0
(t
b
) min
La funzione hamiltoniana
H(p, y
1
, u) = f
0
+p
1
(t)f
1
H
y
1
= (f
0
)
y
1
+p
1
(t)(f
1
)
y
1
= p

1
H
p
1
= f
1
= y

1
cio`e otteniamo che p
1
(t) e y
1
(t) soddisfano al sistema
_
H
y
1
= p

1
H
p
1
= y

1
36
che riscriviamo come
()
_
H
y
= p

H
p
= y

le cui equazioni sono le equazioni di Eulero-Lagrange del funzionale


J(p, y) =
_
b
a
_
py

H(p, y, u)
_
dt.
Osserviamo anche che essendo, grazie a (*),
dH
dt
= H
y
y

+H
p
p

= 0
allora H(p(t), y(t)) `e costante lungo tutta la traiettoria.
Cosiderazione nale
Min
_
b
a
f
0
(y, y

)dt
y

U
Consideriamo il sistema autonomo
(1)
_

_
y

0
(t) = f
0
(y, u)
y
0
(0) = 0
y

= u
y
0
(b) = min
Supponiamo che y(t) sia una soluzione di (1) determinata attraverso il
principio del massimo; allora y(t) soddisfa l equazione di Eulero Lagrange
per il funzionale J(y) =
_
b
a
f
0
(y, y

)dt, p
0
= 1.
In questo caso,
(2) H(p, y, u) = f
0
+p(t)u
da cui
f
0
= p(t)u H(p, y, u)
f
0
= p(t)y

H(p, y, u)
37
(f
0
)
y
= p(t) H
y
= p(t) H
u
= p(t),
essendo H
u
= 0 per il principio del massimo.
d
dt
(f
0
)
y
= p

(t) =
H
y
e quindi, da (2) si ha
d
dt
(f
0
)
y
= (f
0
)
y
.
38

Você também pode gostar