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Studio Legale Avv.

Alfonso Luigi Marra


Centro Direzionale G1 80143 Napoli Tel. 0817879166 Fax 0817879005 alfonsoluigi@marra.it

RICORSI PER ANTICOSTITUZIONALITA:


-1) dei decreti ingiuntivi in favore delle banche in base allestratto conto; -2) della decorrenza tardiva della valuta; -3) dellanatocismo, ovvero illegittimit della capitalizzazione degli interessi passivi quandanche praticata pure per gli interessi attivi ove non sia parificata anche lentit quantitativa del tasso attivo e di quello passivo; -4) dellinnalzamento del tasso usuraio; -5) della corrente; decorrenza della prescrizione dallannotazione in conto

-6) della ri-introduzione della commissione di massimo scoperto.

Ringrazio gli avvocati: Ginaldo Cucinella, Maria Benedetti e Tamara Manzo per la preziosa collaborazione. 07/11/2011

xxxxxxx -1) INCOSTITUZIONALITA DEI DECRETI INGIUNTIVI IN FAVORE DELLE BANCHE IN BASE ALL'ESTRATTO CONTO. Non sussiste manifesta infondatezza della questione di legittimit costituzionale per violazione degli artt. 1, 2, 3, 4, 24, 35, 41, 47, 101, 102, 104 E 117 della Costituzione dell'articolo 50 del D.Lgsl 1.9.1993, n. 385 (in Suppl. ordinario n. 92 alla Gazz. Uff., 30.9.73, n. 230), intitolato: Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, che recita: La Banca d'Italia e le banche possono chiedere il decreto d'ingiunzione previsto dall'articolo 633 del codice di procedura civile anche in base all'estratto conto, certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca interessata, il quale deve altres dichiarare che il credito vero e liquido. La possibilit per le banche di ricorrere per ottenere il decreto ingiuntivo in base al mero estratto conto (una 'certificazione' di parte) non pu che basarsi su una normativa palesemente illegittima. Illegittimit costituzionale le cui motivazioni descriviamo di seguito, ma da tempo divenuta grottesca, vista la giurisprudenza da anni consolidata sullillegittimit totale o parziale delle voci che compongono il saldo, quindi pacificamente errato a priori. Di talch, considerata la vastit dei fenomeni bancari, siamo di fronte a una piaga sociale su cui urgente lintervento della Corte Costituzionale. Unillegittimit che comunque sussiste dallorigine perch l'articolo 633 cpc nel prevedere che chi creditore di una somma liquida di denaro o di una determinata quantit di cose fungibili, o chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, pu adire il giudice competente per lingiunzione di pagamento o per la consegna richiede per per la concessione del provvedimento monitorio che il credito azionato sia certo, liquido ed esigibile. Ora, quanto alla liquidit, occorre che limporto sia determinato nel suo ammontare o sia determinabile senza necessit di calcoli complessi, o comunque facilmente liquidabile in base a dati desumibili dalla documentazione prodotta dal creditore. Quanto allesigibilit occorre che il credito sia scaduto e non sottoposto a condizione o controprestazione, dovendo altrimenti il creditore fornire elementi anche solo indiziari per far presumere ladempimento della controprestazione o l'avveramento della condizione. Quanto infine alla certezza consiste nella necessit di prova scritta del credito azionato. Prova scritta proveniente, non solo dal debitore, ma anche da un terzo, e che, sebbene priva di efficacia probatoria assoluta, venga ritenuta dal giudice atta a dimostrare lesistenza del credito. Vi sono poi alcuni crediti che godono di forme di privilegio circa lattendibilit di alcune certificazioni che li attestano, e tra essi, eccoci al punto, quelli bancari relativi ai conti correnti, che di questo regime privilegiato godono incostituzionalmente. Lart. 50 del testo unico bancario (TUB: D.Lgsl 385/93) ha infatti introdotto illegittimamente una fattispecie speciale (troppo speciale) di prova scritta ex art. cpc 633, comma 1, n.1. Secondo cio lart. 50 del D lgsl 385/93: La Banca d'Italia e le banche possono chiedere il decreto d'ingiunzione previsto dall'articolo 633 del codice di procedura civile anche in base all'estratto conto, certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca interessata, il quale deve altres dichiarare che il credito vero e liquido. Una norma variamente illegittima (scandalosa) perch introduce un tipo di prova scritta anomala e avulsa dal contesto di quelle elencate negli art. 634, 635, 636, 642 cpc. Scandalosa, anomala perch deroga n pi n meno che al generale principio in virt del quale non sono interpretabili quali prove in favore di una parte atti che essa stessa ha redatto. Negli altri casi in cui ammessa la sommariet della cognizione di determinati tipi di credito, essa in sostanza caratterizzata da una facile accertabilit basata sulla natura del credito, loggetto e la particolare attendibilit della prova offerta dal ricorrente. Nel caso invece dellestratto conto di cui allart. 50 del TUB la sommariet (incredibilmente) basata sul riconoscimento alla banca di una fiducia certo non riscontrabile nella vox populi e comunque inspiegabile.

Una fattispecie, si osservi, quella ex art. 50 D.lgs. 385/93, nella quale addirittura non si richiede, per la formazione della prova scritta, nemmeno la partecipazione o la supervisione di un soggetto terzo: in pratica unesagerazione; oltre che una violazione. Esigenza di terziet alla quale quella sghemba norma vuole far fronte eleggendo a controllore il dirigente della banca: un dipendente del creditore che certifica la certezza, liquidit ed esigibilit del saldo che servir poi per il rilascio del decreto ingiuntivo.. Un privilegio catastrofico per la societ: un esonero da ogni garanzia richiesta a chiunque e in qualunque caso. Catastrofico a maggior ragione nellambito del giudizio monitorio, disciplinato dagli artt. 633 e ss. cpc e rientrante nella pi ampia categoria dei procedimenti sommari non cautelari: provvisori e precostitutorii dellesito definitivo della controversia a seguito della mancata opposizione, e del suo rigetto. Una norma genocida, come del resto tutte le norme filo-bancarie, la cui spaventosa illegittimit ulteriormente aggravata dalla ancor pi spaventosa, discrezionale tendenza a rilasciare il provvedimento sovente in forma provvisoriamente esecutiva ex art. 642 e 648 cpc: una esecutivit incredibile a fronte di crediti che, come dicevamo, per giurisprudenza consolidata, risulteranno quasi sempre parzialmente, se non totalmente, inesistenti. Una normativa che rende possibile da decenni la rovina tanto violenta quanto illegittima di milioni di persone mediante il mezzo legale di decreti ingiuntivi fondati a volte sul nulla e quasi sempre su un saldo errato, e in ogni caso illeciti se si considera la questione del signoraggio primario e secondario, che per fortuna oggi (26.10.11), forse un po anche sotto la spinta delle carte di questo difensore, inizia a emergere con le sue sembianze di pi brutto dei mostri dal laido fango nel quale la pochezza e i biechi opportunismi dei poteri da quello bancario a quelli politico, giudiziario, burocratico e mediatico lo accudiscono da sempre in cambio dei privilegi e a scapito delle genti, difendendolo ancor oggi con una veemenza ottusa degna di miglior causa. Art. 50 del TU che peraltro, in relazione allestratto conto che la banca deve allegare al ricorso, non specifica l'arco di tempo che deve essere preso in considerazione, sicch, per di pi, le verifiche del direttore non si estendono ai numeri relativi ai periodi che la banca decide che si devono dare per buoni per atto di fede. Unassurdit perch ovvio che il saldo frutto di tutti movimenti, a partire dal primo, quandanche il conto risalisse a centanni prima. Unassurdit a maggior ragione se si considera che molte delle condizioni e delle competenze inserite nel conti correnti sono state legislativamente e giurisprudenzialmente riconosciute illegittime, oltre a essere illegittime costituzionalmente. Disciplina ex art. 50 D. Lgs. 385/93 che risulta quindi in contrasto con i principi di cui agli artt. della Costituzione 1, 2, 3, 4, 24, 41, 47, 101 102, 104 e 117. In particolare con gli: ART. 1, dove recita: L'Italia una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranit appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, in quanto di fatto tale normativa espressione di una sovranit, non del popolo, ma delle banche. ART. 2, dove recita: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalit, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidariet politica, economica e sociale. La possibilit di eseguire illegittimamente i crediti tramite decreto ingiuntivo, a maggior ragione se esecutivo, pone infatti le banche in una posizione di grave privilegio nei confronti dei cittadini incidendo sulla vita sociale al punto da realizzare una molto anomala forma di sovranit di fatto, visto che il denaro tecnicamente il corrispettivo di ogni bene. ovvio cio che nel momento in cui si sottopone lintera collettivit perch non c cittadino che non sia in un modo o nellaltro in rapporto con le banche ad un tale giogo, si realizza un trasferimento di sovranit in favore delle banche e una lesione del libero godimento dei diritti inviolabili delle persone. Uno strumento processuale, quello di cui allart. 50 D. LGS. 385/93, che privilegia a scapito della garanzia e inviolabilit di ogni diritto delle entit che, per di pi, conclamato lo esercitino in maniera aberrante.

ART. 4, dove recita: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le

proprie possibilit e la propria scelta, un'attivit o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della societ. ART. 35, dove recita: La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Il diritto al lavoro pu concretamente svilupparsi solo in base a un sistema economico giusto ed esente da privilegi che soffochino leconomia, altrimenti diviene unastrazione, come appunto accade per effetto dellart. 50 D. LGS. 385/93.

ART. 3, dove recita: Tutti i cittadini hanno pari dignit sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Lart. 50 del TUB introduce un'inammissibile disparit di trattamento tra le banche e gli utenti del sistema bancario. Viola anche il principio di ragionevolezza e uguaglianza (art. 3 Cost.) perch si configura come una previsione ad hoc che, attraverso il previsto procedimento semplificato, si traduce in un mezzo dissuasivo della contestazione della fondatezza dei crediti vantati dalle banche. Ci a maggior ragione in riferimento allart. 24 Cost. in combinato disposto con lart. 2697 c.c., perch crea un notevole squilibrio processuale mediate il consentire la concessione del decreto ingiuntivo, magari esecutivo, senza bisogno di assolvere al preliminare onere di certezza e di prova del credito vantato, obbligatorio per tutti gli altri cittadini. Inoltre, anche in sede di giudizio a cognizione piena introdotto con latto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo, si configura, ai fini dellottenimento della sospensione ex art. 649 cpc della gi concessa efficacia esecutiva, e a scapito del contraente debole, come una sostanziale inversione dellonere dellazione e della prova a cui gravoso e difficile ottemperare. Sempre in relazione all'art. 3 Cost., peraltro, ove si dovesse poi ritenere legittima lassurda disciplina in questione, ne deriverebbe il paradosso di doverla estendere anche agli operatori economici estranei al settore bancario, che non possono fin qui (fortunatamente) avvalersi della corsia preferenziale introdotta dallart. 50 D. LGS. 385/93.

ART 41, dove recita: L'iniziativa economica privata libera. Non pu svolgersi in contrasto con l'utilit sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libert, alla dignit umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perch l'attivit economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. LArt. 47 Cost. dove recita: La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla propriet dell'abitazione, alla propriet diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese. Lart. 50 TUB viola sia entrambe le norme che il loro combinato. Quanto al fondamentale art. 41 C., lattuazione, in Italia come nel mondo, del principio in esso enunciato (principio in un modo o nellaltro necessariamente tipico di ogni Costituzione concepibile), avrebbe garantito uno sviluppo corretto di ogni forma di attivit economica, e avrebbe impedito la trasformazione delleconomia nel fattore di crisi della vivibilit del pianeta, perch linvoluzione climatica e il guasto ambientale in generale sono appunto frutto della violazione sistematica di quel principio, ovvero della sistematica subordinazione delluomo alleconomia, anzich delleconomia alluomo (che poi la definizione che questo avvocato d del consumismo). Un principio che non purtroppo un argomento di colore stato praticamente letto come se lart. 41 recitasse che liniziativa economica privata pu svolgersi (anzich non pu svolgersi) in contrasto con lutilit sociale. Un quadro nel quale linflusso negativo dellattivit economica bancaria stato enorme, anche nel senso che le banche hanno messo alle strette le altre attivit causando lassottigliamento, o la scomparsa, dei margini, e quindi tendenze sistematicamente emergenziali che hanno favorito ogni degenerazione. Un quadro nel quale il precetto di cui allart. 47 ha un suono stridente, se si pensa a quanti soprusi, espoliazioni, abusi, violazioni ha subito dalle banche lintera societ in ogni forma di rapporti economici, perch la concessione di agevolazioni come quella di cui allart. 50 del TUB innesca delle

situazioni illegittime alle quali solo un'esigua parte dei cittadini riesce a reagire, e generalmente con scarso successo. Un quadro nel quale il combinato degli artt. 41 e 47 della C. la sintesi dellopposto di come vanno le cose bancarie. Un quadro nel quale palese il contrasto tra la norma impugnata e il principio di tutela della propriet e del risparmio privato. Una norma che consente dei provvedimenti monitori spesso provvisoriamente esecutivi basati su scritture dense di addebiti ingiusti e illegittimi ma ciononostante adatti ad aggredire i beni del cittadino. Una violazione del diritto di propriet privata attraverso uno strumento processuale, il decreto ingiuntivo, che, inaudita altera parte, consente, nella fattispecie, di sottrarre al cliente i suoi beni sulla base di una documentazione di parte. Una pratica frutto solo di un gravissimo asservimento del potere legislativo alle banche, che, in oligopolio, in cartello, divorano il risparmio, distruggono le aziende, impoveriscono la societ.

ART 24, dove recita: Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari, e art. 2697 cc. In virt dellart. 50 TUB, la prova scritta richiesta dallart. 633 cpc pu essere costituita, nella fase monitoria, dall'esibizione dell'estratto conto certificato conforme alle scritture contabili da un dirigente della banca, considerato giustificativo dei credito, salvo dimostrazione dell'esistenzaconsistenza dello stesso nella fase di cognizione piena che s'instaura con l'atto di opposizione: giudizio che soggiace alla regola dell'onere della prova ex art. 2697 cc, la quale incumbit ei qui dicit, sicch la Banca creditrice opposta a dover dimostrare il perch della formazione del proprio credito e delle poste del debito in capo al correntista. Il procedimento di ingiunzione o di decreto ingiuntivo un procedimento speciale di cognizione nel quale laccertamento sommario in quanto parziale e limitato alla prospettazione e\o alla sola prova scritta prodotta dal ricorrente, ma comunque destinato a produrre un provvedimento suscettibile di passare in giudicato, essendo impugnabile solo per revocazione o per opposizione di terzo nei limiti stabiliti dall'art. 656 cpc. Lart. 50 TUB comporta, tra laltro, una sproporzione notevole quanto ingiustificata tra le facolt e gli oneri processuali probatori a carico dei correntisti e delle banche. Lestratto conto, inoltre, si limita a indicare un dato numerico che non consente di per s alcun controllo in ordine alle singole poste considerate n alle modalit dei conteggi compiuti, per cui si deve necessariamente ammettere che il debitore possa a sua volta limitarsi a negare il valore probatorio dell'atto attraverso una generica contestazione e pretendere l'esibizione di un'idonea documentazione aggiuntiva. Proprio in questo senso si recentemente pronunciata la Cassazione n. 9695, del 3.5.2011, accogliendo il ricorso di una societ che aveva formulato un quesito sul diritto della banca a procedere a esecuzione forzata dei crediti scaturenti da contratti di conto corrente documentati con la produzione in giudizio del solo estratto conto finale. Secondo i giudici di legittimit, infatti, deve escludersi lidoneit probatoria dellestratto di conto corrente pur se certificato secondo le procedure previste dalla legge. Infatti, ... esso, in caso di contestazione, non pu integrare di per s prova a favore dellazienda di credito dellentit del credito, in quanto atto unilaterale proveniente dal creditore e dovendo ritenersi eccezionale la valenza probatoria ad esso riconosciuta ai fini del conseguimento del decreto ingiuntivo. E come tale non estensibile al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge. Unaffermazione, quella della Cassazione, che non richiama direttamente lincostituzionalit, ma costituisce una palese allusione ad essa, oltre che lespressione di unaltrettanto palese malessere di fronte a una norma talmente iniqua.

ARTT. 101, 102 e 104, 117,1, in relazione all'art. 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e della Liberta Fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4.8.1955, n. 848.

Il legislatore delegato, nel disporre intenzionalmente al solo fine di facilitare le azioni delle banche contro i clienti su pretesi scoperti in conto corrente, ha violato la riserva ai magistrati della funzione giurisdizionale e leso la loro indipendenza e autonomia. Lart. 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dellUomo (CEDU), che sancisce il diritto ad un giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale, impone al legislatore di uno Stato contraente, nell'interpretazione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo, di non interferire nell'amministrazione della giustizia allo scopo d'influire, su una singola causa o su una determinata categoria di controversie, attraverso norme interpretative che assegnino alla disposizione interpretata un significato vantaggioso per una parte del procedimento, salvo il caso di ragioni imperative d'interesse generale. Il legislatore nazionale pur in presenza del grande malessere sociale generato dalle condotte bancarie ha invece emanato una norma interpretativa immotivatamente favorevole alle banche, cos violando il principio di parit delle armi, non essendo prefigurabili quelle ragioni imperative d'interesse generale che permettano di escludere la violazione del divieto d'ingerenza. Lart. 50 d.lgs 385/93 consente infatti di chiedere il decreto dingiunzione previsto dallarticolo 633 del cpc anche in base allestratto conto, certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca interessata, il quale deve altres dichiarare che il credito vero e liquido, ovvero in base ad atti che non hanno alcuna valenza probatoria e in base a varie voci controverse (pacificamente truffaldine), come le commissioni di massimo scoperto trimestrali, laddebito tardivo della valuta anche ben oltre i tre giorni fissati dalla nuova e comunque gravissima e illegittima normativa, e quindi la trasformazione trimestrale di tutto ci in capitale produttivo a sua volta degli stessi anomali frutti in un meccanismo diabolico di moltiplicazione del debito. Una situazione a maggior ragione paradossale (specie poi in considerazione della natura di norma speciale del d.lgsl 385/93) di fronte a degli estratti conto che quando vengono opposti si rivelano sistematicamente errati. Per tali motivi va sollevata la questione di legittimit costituzionale per violazione degli artt. 1, 2, 3, 4, 24, 35, 41, 47, 101, 102, 104 E 117 della Costituzione dell'articolo 50 del D.Lgsl 1.9.1993, n. 385 (in Suppl. ordinario n. 92 alla Gazz. Uff., 30.9.73, n. 230): Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, che recita: La Banca d'Italia e le banche possono chiedere il decreto d'ingiunzione previsto dall'articolo 633 del codice di procedura civile anche in base all'estratto conto, certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca interessata, il quale deve altres dichiarare che il credito vero e liquido. Si chiede in conseguenza che il GI, previa sospensione del processo e lemissione di ogni ulteriore provvedimento inerente opportuno e conseguenziale, voglia sollevare la questione di illegittimit costituzionale dellart. 50 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e rinviare la questione alla Corte Costituzionale, con emissione di ordinanza con la quale, riferiti i termini e i motivi dellistanza con cui stata sollevata la questione, disponga l'immediata trasmissione degli atti e sospenda il giudizio in corso ordinando che, a cura della Cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale sia notificata, salvo non ne sia data lettura nel pubblico dibattimento, alle parti in causa e al Pubblico Ministero quando il suo intervento sia obbligatorio, nonch al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

-2) DECORRENZA ILLEGITTIMAMENTE TARDIVA DELLA VALUTA. Non manifestamente infondatezza, per violazione degli artt. 1, 2, 3, 4, 24, 35, 41, 47, 101, 102, 104 e 117 della Costituzione, la questione di legittimit costituzionale: -1) del comma 01, 1, 1 bis e 3 dellart. 120, del decreto legislativo n. 385, del 1 settembre 1993 (in Suppl. ordinario n. 92 alla Gazz. Uff., 30.9.93, n. 230): Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, come modificato: --dagli artt. 19, 20 (questultimo art. 20 modificato dall'articolo 8, comma 7, lettera a, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito in legge n. 106, del 12 luglio 2011), 21, 22, e 23 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11 , --nonch come modificato e rinumerato dall'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, questultimo come modificato dall'articolo 3, comma 3, e art. 4, comma 1, del decreto legislativo 14 dicembre 2010, n. 218, -2) degli stessi artt. 19, 20 (questultimo art. 20 lo si ripete modificato dall'articolo 8, comma 7, lettera a, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito in legge n. 106, del 12 luglio 2011), 21

22, e 23, stante il rinvio ad essi contenuto dallart. 120 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n 385. Iniziamo, ordunque, con losservare che, nell'originaria formulazione, l'art. 120 D.lgs n. 385 del 1.9.1993, in vigore dall'1.1.1994, stabiliva solo che: Gli interessi sui versamenti presso una banca di denaro, di assegni circolari emessi dalla stessa banca e di assegni bancari tratti sulla stessa succursale presso la quale viene effettuato il versamento sono conteggiati con la valuta del giorno in cui effettuato il versamento e sono dovuti fino a quello del prelevamento. Il caso dunque dei versamenti su altra banca o altra succursale non era disciplinato ed era affidato ad arbitrarie prassi dei vari istituti in virt delle quali la valuta decorreva dopo un numero di giorni variabile secondo il tipo, la piazza eccetera. Accredito tardivo della valuta illegittimo perch configura unappropriazione indebita per gli interessi cos non fatti maturare a vantaggio del cliente, nonch un artifizio e raggiro per gli interessi addirittura passivi creati ad arte e addebitati nei casi in cui la banca consente s al cliente di prelevare immediatamente la somma di cui al titolo versato, che gli accrediter tardivamente, ponendolo per per quellimporto in scoperto di valuta, e quindi sostanzialmente prestandogli, a corrispettivo di un tasso passivo, denaro suo (del cliente). Illegittimo ritardo nellaccredito dei titoli che causa anche, quando si riesca con questi sistemi a rendere artificiosamente passivo il saldo, laddebito di commissioni di massimo scoperto (CMS) e/o di maggiorazioni di tasso per sconfinamenti inesistenti eccetera. Delle illegittime prassi di accredito tardivo frutto di un materiale, e per ci stesso insanabile, contrasto con i fatti che stavano da ultimo incorrendo in sempre pi frequenti censure giurisprudenziali, vista levidenza del fatto che il differimento dellaccredito della somma comunque versata (in assegni o in qualunque altra maniera) frutto di una frode. Una frode perch, scriveva gi nel 1987 questo avvocato in lAtto di citazione gi pronto per i correntisti che vogliano far causa alla propria banca: Se Tizio d un assegno di un milione di lire a Caio il primo gennaio, e Caio in quella stessa data lo versa, il milione continuer a produrre interessi in ogni istante del suo esistere, e quindi anche durante i tre (o trenta) giorni in cui avr smesso di produrne per Tizio e non avr ancora iniziato a produrne per Caio: tre giorni durante i quali produrr cio interessi per la banca nonostante essa non sia mai stata proprietaria della somma. Sennonch a inutile riprova del potere di controllo delle banche sulle leggi il legislatore provvidamente interveniva in favore delle banche con due norme, la prima delle quali l'art. 2 comma 1 del DL n. 78, del 1.7.2009 (Tremonti ter) convertito nella legge n. 102 del 3.8.2009, secondo il quale: A decorrere dal 1 novembre 2009, la data di valuta per il beneficiario per tutti i bonifici, gli assegni circolari e quelli bancari non pu mai superare, rispettivamente, uno, uno e tre giorni lavorativi successivi alla data del versamento. Tale articolo sar prima sostituito dallarticolo 36 del decreto legislativo n. 11/2010 e poi abrogato dallart. 6 comma 1 bis del decreto legislativo n. 141/2010 cos come modificato dall4 del decreto legislativo n. 218/2010. Successivamente, si poi provveduto al Decreto Legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010, che ha recepito nel nostro ordinamento la Direttiva Europea 2007/64/CE sui servizi di pagamento, meglio nota come PSD (Payment Services Directive). Norme, specie quelle europee non va mai dimenticato in realt emanazione della BCE: un'illecita organizzazione privata (nella sostanza una societ per azioni, come pure la Banca d'Italia) dedita al crimine del signoraggio primario, e di propriet delle banche private che dovrebbe poi controllare, e che controlla invece le istituzioni europee tutte e il Parlamento europeo: un finto Parlamento, perch non ha il potere di promulgare le leggi che vota: un potere che invece appannaggio della Commissione e del Consiglio, a loro volta al servizio delle lobby innanzitutto bancarie. Un meccanismo perverso, tremendo, in cui le banche private proprietarie della BCE e delle altre banche centrali, attraverso esse, legiferano guidando la mano dei sedicenti legislatori del mondo intero, per di pi, non solo nelle materie di loro diretto interesse, ma ormai praticamente in tutti i campi. Una situazione i cui i responsabili se ci sar prima o poi una vera giustizia saranno chiamati a rispondere penalmente e civilmente di fronte al mondo.

Ma, tornando al decreto n. 11/27.1.2010, esso entrato in vigore secondo le tre seguenti scadenze: -dal 1 marzo 2010 per i bonifici, le carte di credito/pagamento, pagamento bollettini, ecc.; -dal 5 luglio 2010 per gli incassi commerciali (RID, RiBa, MAV, ecc.); -a data da definirsi, da parte dello Stato, per i pagamenti da/verso la Pubblica Amministrazione centrale e periferica (es. F23, F24, Pensioni). Disciplina dei pagamenti modificata, in dettaglio, dallart. 19 e segg. del d.lgis n. 11/2010, nei quali si legge quanto segue (che non si applica, per, ai pagamenti tramite assegno). D.LGS 11, DEL 27.1.10, SEZIONE II TEMPI DI ESECUZIONE E DATA VALUTA: Art.19 (Ambito di applicazione) --1. La presente sezione si applica: a) alle operazioni di pagamento in euro; b) alle operazioni di pagamento transfrontaliere che comportano un'unica conversione tra l'euro e la valuta ufficiale di uno Stato membro non appartenente all'area dell'euro, a condizione che esse abbiano luogo in euro e che la conversione valutaria abbia luogo nello Stato membro non appartenente all'area dell'euro. --2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, la presente sezione applicabile anche ad altre operazioni di pagamento, a meno che non sia diversamente convenuto dall'utilizzatore e dal prestatore di servizi di pagamento. Resta comunque ferma l'applicazione dell'articolo 23, che non pu essere oggetto di deroga contrattuale. Quando le parti di un contratto di pagamento convengono un termine massimo di esecuzione superiore a quello di cui all'articolo 20, tale termine non pu essere superiore a quattro giornate operative successive alla ricezione dell'ordine di pagamento. Art.20 (Operazioni di pagamento su un conto di pagamento) --1. Il prestatore di servizi di pagamento del pagatore assicura che dal momento della ricezione dell'ordine l'importo dell'operazione venga accreditato sul conto del prestatore di servizi di pagamento del beneficiario entro la fine della giornata operativa successiva. Fino al 1 gennaio 2012 le parti di un contratto per la prestazione di servizi di pagamento possono concordare di applicare un termine di esecuzione diverso da quello previsto dal primo periodo ovvero di fare riferimento al termine indicato dalle regole stabilite per gli strumenti di pagamento dell'area unica dei pagamenti in euro che non pu comunque essere superiore a tre giornate operative. Fino al 1 gennaio 2012, per le operazioni di pagamento disposte su supporto cartaceo, il termine massimo di cui al periodo precedente pu essere prorogato di una ulteriore giornata operativa. --2. Il prestatore di servizi di pagamento del beneficiario applica la data valuta e rende disponibile l'importo dell'operazione di pagamento sul conto del beneficiario in conformit con quanto previsto dall'art. 23. --3. Quando l'ordine di pagamento disposto su iniziativa del beneficiario o per il suo tramite, il prestatore di servizi di pagamento di cui egli si avvale trasmette l'ordine al prestatore di servizi di pagamento del pagatore entro i limiti di tempo convenuti tra il beneficiario e il proprio prestatore di servizi di pagamento. Nel caso degli addebiti diretti, l'ordine viene trasmesso entro limiti di tempo che consentano il regolamento dell'operazione alla data di scadenza convenuta. Art. 21 (Mancanza di un conto di pagamento del beneficiari presso il prestatore di servizi di pagamento) 1. Se il beneficiario non dispone di un conto di pagamento presso il prestatore di servizi di pagamento che riceve i fondi, quest'ultimo mette i fondi ricevuti a disposizione del beneficiario entro il termine specificato ai sensi dell'articolo 20. Art. 22 (Depositi versati in un conto di pagamento) --1. Quando un utilizzatore versa contante su un conto di pagamento nella valuta in cui il conto denominato, il prestatore di servizi di pagamento applica la data di ricezione dei fondi quale data

valuta e rende disponibili i fondi immediatamente dopo la ricezione. Se l'utilizzatore non un consumatore, l'importo reso disponibile e la valuta datata al pi tardi la giornata operativa successiva alla ricezione dei fondi. Art.23 (Data valuta e disponibilit dei fondi) --1. La data valuta dell'accredito sul conto di pagamento del beneficiario non pu essere successiva alla giornata operativa in cui l'importo dell'operazione di pagamento viene accreditato sul conto del prestatore di servizi di pagamento del beneficiario. --2. Il prestatore di servizi di pagamento del beneficiario assicura che l'importo dell'operazione di pagamento sia a disposizione del beneficiario non appena tale importo accreditato sul conto del prestatore medesimo. --3. La data valuta dell'addebito sul conto di pagamento del pagatore non pu precedere la giornata operativa in cui l'importo dell'operazione di pagamento addebitato sul medesimo conto di pagamento. --4. Il presente articolo non si applica nel caso di rettifica di operazioni di pagamento non autorizzate o eseguite in modo inesatto o nel caso in cui siano intervenuti errori che ne abbiano impedito la corretta esecuzione. [] AI SOLI FINI DELLA CRONISTORIA: Art. 36 (Modifiche ad altre disposizioni di legge) 1. Il decreto legislativo 28 luglio 2000, n. 253 di attuazione della direttiva 97/5/CE in materia di bonifici transfrontalieri, abrogato. 2. Al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, recante attuazione tra l'altro della direttiva 2005/60/CE sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 11, comma 1, dopo la lettera c) inserita la seguente: "c-bis) gli istituti di pagamento;"; b) all'articolo 53, comma 1, secondo periodo, dopo le parole: "nei confronti degli intermediari finanziari di cui" sono inserite le seguenti: "all'articolo 11, comma 1, lettera c-bis), autorizzati ai sensi dell'articolo 114 - novies, comma 4, del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e". 3. L'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, sostituito dal seguente: "1. A decorrere dal 1 novembre 2009, la data di valuta per il beneficiario di assegni circolari e bancari tratti su una banca insediata in Italia non pu superare, rispettivamente, uno e tre giorni lavorativi successivi alla data del versamento. Per i medesimi titoli, a decorrere dal 1 novembre 2009, la data di disponibilit economica per il beneficiario non pu superare, rispettivamente, quattro e cinque giorni lavorativi successivi alla data del versamento. A decorrere dal 1 aprile 2010, la data di disponibilit economica non pu superare i quattro giorni lavorativi per tutti i titoli. E' nulla ogni pattuizione contraria. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 120, comma 1, del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385.". 4. All'articolo 4, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 1984, n. 21, il secondo periodo soppresso. Principi tutti illegittimi perch attraverso essi si tenta cosa grottesca in una legge di far confusione tra il concetto di valuta e quello di disponibilit, in alcun modo collegabili, perch quale che sia la materiale disponibilit, la decorrenza della valuta deve essere quella immediatamente successiva al momento in cui la somma cessa di produrre interessi per il pagatore. L'accredito, cio, potr avvenire quando si vuole in funzione magari di effettive difficolt o disguidi, ma la valuta del beneficiario non dovr mai avere soluzioni di continuit con quella del pagatore, perch vale il gi molte volte reiterato argomento secondo il quale nel preciso momento in cui il denaro cessa di essere di propriet del pagatore deve divenire di propriet del beneficiario, perch, se c' un intervallo, durante quell'intervallo quel denaro frutter interessi per la banca, che non mai proprietaria dei soldi. Cos come pedestremente illegittimo anche il consentire che fino al 31.1.2012 si possano 'concordare' termini diversi, sempre ovviamente pi favorevoli alle banche, sia perch con le banche non dato concordare alcunch vigendo il regime di cartello (chi, del resto, potrebbe mai spontaneamente e senza alcun corrispettivo voler 'concordare' di pagare pi), e sia perch, appunto, un incremento del costo privo di motivazione. In sintesi, i termini in prima fase introdotti, a decorrere dal 1.11.2009, dall'art. 2, del DL n. 78/2009 (Tremonti ter), sono stati sostituiti da quelli stabiliti dallart. 19 e segg. del d.lgis n. 11/2010 di attuazione della direttiva SEPA (Single Euro Payments Area), secondo il quale, per tutte le operazioni

di pagamento in ambito europeo (o per l'esattezza nell'area SEPA), la valuta e la disponibilit dei fondi: -per il beneficiario non pu essere successiva a quella di accredito: criterio errato perch, a prescindere da quando avviene laccredito, la valuta deve decorrere dalla data in cui la somma viene stornata al pagatore; -per il pagatore non pu precedere la giornata lavorativa di addebito: criterio non chiaro e di nuovo errato sempre per lo stesso motivo, ovvero perch il giusto criterio resta far cessare di decorrere gli interessi a favore del beneficiario dal momento in cui la somma cesser di fruttarne per il pagatore. Per assegni circolari e bancari, quindi, loriginaria disciplina contenuta nellart. 2,1, dl n. 78/2009 (Tremonti Ter), convertito nella legge 102/2009, e modificata dall'articolo 36, comma 2, del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, stata, poi, abrogata dall 6 comma 1 bis del decreto legislativo n. 141/2010, cos come modificato dall4 del decreto legislativo n. 218/2010. Infatti, larticolo 4, comma 1, del Dlgs. 14 dicembre 2010, n. 218, ha inserito il comma 1-bis nellart. 6 del D.Lgls 13.8.10, n. 141: Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonche' modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attivita' finanziaria e dei mediatori creditizi: 1-bis. Sono abrogati: a) l'articolo 10 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248; b) gli articoli 7, 8, commi 1, 2, 3, 3-bis e 4, e 13, commi 8-sexies, 8-septies, 8-octies, 8-novies, 8decies, 8-undecies, 8-quaterdecies del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40; c) l'articolo 2, comma 5-quater, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2; d) l'articolo 2, commi 1 e 3, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. A seguito della normativa tutta sopra richiamata, lart. 120 del T.U. B. d.lgs n. 385/93 oggi cos formulato: Decorrenza delle valute e calcolo degli interessi (1). Art. 120. 01. Il titolare del conto corrente ha la disponibilit economica delle somme relative agli assegni circolari o bancari versati sul suo conto, rispettivamente emessi da o tratti su una banca insediata in Italia, entro i quattro giorni lavorativi successivi al versamento (2). 1. Gli interessi sul versamento di assegni presso una banca sono conteggiati fino al giorno del prelevamento e con le seguenti valute: a) dal giorno in cui e' effettuato il versamento, per gli assegni circolari emessi dalla stessa banca e per gli assegni bancari tratti sulla stessa banca presso la quale e' effettuato il versamento; b) per gli assegni diversi da quelli di cui alla lettera a), dal giorno lavorativo successivo al versamento, se si tratta di assegni circolari emessi da una banca insediata in Italia, e dal terzo giorno lavorativo successivo al versamento, se si tratta di assegni bancari tratti su una banca insediata in Italia (3). 1-bis. Il CICR puo' stabilire termini inferiori a quelli previsti nei commi 1 e 1-bis in relazione all'evoluzione delle procedure telematiche disponibili per la gestione del servizio di incasso degli assegni (4). 2. Il CICR stabilisce modalit e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attivita' bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicita' nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori. 3. Per gli strumenti di pagamento diversi dagli assegni circolari e bancari restano ferme le disposizioni sui tempi di esecuzione, data valuta e disponibilita' di fondi previste dagli articoli da 19 a 23 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11. (1) Articolo modificato dall' articolo 25 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342 e sostitutito dall'articolo 4 del D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, con la decorrenza indicata al comma 2 dell'articolo 6 del medesimo D.Lgs. 141 del 2010. (2) Comma rinumerato dall'articolo 4, comma 2, del D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, come modificato dall'articolo 3, comma 3, del D. Lgs. 14 dicembre 2010, n. 218. (3) Comma rinumerato dall'articolo 4, comma 2, del D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, come modificato dall'articolo 3, comma 3, del D. Lgs. 14 dicembre 2010, n. 218.

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(4) Comma rinumerato dall'articolo 4, comma 2, del D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, come modificato dall'articolo 3, comma 3, del D. Lgs. 14 dicembre 2010, n. 218. Quindi, per quanto riguarda gli assegni: Versamento assegni circolari emessi dalla stessa banca: valuta dello stesso giorno del versamento. Versamento assegni circolari emessi da banca diversa ed assegni bancari emessi dalla stessa banca: valuta del giorno lavorativo successivo del versamento ed entro 4 giorni in disponibilit. Versamento assegni bancari emessi da banca diversa dalla traente: loperazione deve risultare in valuta entro 3 giorni lavorativi e entro 4 giorni in disponibilit (dal 1 aprile 2010). La descritta disciplina risulta in contrasto con i seguenti artt. della Costituzione: -ART 41 La decorrenza degli interessi in favore del beneficiario da un momento non immediatamente successivo a quello in cui gli interessi vengono stornati al pagatore viola larticolo 41 C. in tutti e tre i suoi commi. Il comma 1 (Liniziativa economica privata libera.) violato perch stato posto a tutela della propriet privata. Il legislatore cio, nel momento in cui dispone laccredito tardivo, consente alla banca di sottrarre al cliente la propriet degli interessi, o addirittura gli addebita interessi passivi in caso di scoperto di valuta: una palese violazione (uno svuotamento) del diritto di propriet privata. Il comma 2 (..Non pu svolgersi in contrasto con lutilit sociale..) violato, come il comma 1, in maniera clamorosa, perch la decorrenza tardiva della valuta configura un'appropriazione indebita o una truffa: due modi di non perseguire lutilit sociale che non lasciano dubbi sulla loro perniciosit. Il comma 3 (La legge determina i programmi e i controlli opportuni perch lattivit economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.) violato perch la legge, di scaturigine lobbistica, al contrario congegnata in modo da determinare programmi e controlli in danno del cliente e della societ. -ART. 3. violato perch la normativa impugnata, ben lungi dal garantire alcuna pari dignit e dal costituire uno strumento per rimuovere gli ostacoli economici che la limitano, anzi rivolto a creare nellinteresse delle banche ostacoli alluguaglianza e al previsto pieno sviluppo della persona umana o alla effettiva partecipazione. In particolare la normativa richiamata viola il principio di uguaglianza di cui allart. 3 della C. mediante lintrodurre un'inammissibile disparit di trattamento tra banche e utenti del sistema bancario perch con una previsione ad hoc consente alle banche un lucro ingiusto e ingiustificato (illecito) con un pesantissimo influsso su ogni aspetto della vita sociale. Una disciplina delle valute che rappresenta una violazione del principio generale di ragionevolezza e ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparit di trattamento. Un irragionevole, ingiusto privilegio quello di esonerare le banche dal rispetto di norme inderogabili. Basti pensare allart. 1322 cc, secondo cui la causa petendi di un contratto deve essere meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico. Anche con riferimento allart. 24 Cost. in combinato disposto con lart. 2697 cc la disciplina della valuta crea un notevole squilibrio processuale a favore delle banche rendendo sostanzialmente impossibile la verifica del corretto operato della banca, e quanto meno comporta, a favore della banca, uninversione dellonere della prova ingiusto, gravoso e difficilmente ottemperabile. In ogni caso, fermo restando che non rileva ai fini della valuta quale sar il tempo materiale del trasferimento, i trasferimenti avvengono peraltro da decenni mediante sistemi telematici che consentono di effettuare le operazioni in tempo reale. Oltretutto, incombendo sulla banca che riceve un assegno con una girata per l'incasso obblighi riconducibili al rapporto di mandato e dovendo il mandatario assolvere al suo incarico con la prescritta diligenza, ci comporta che la banca non potr non avvalersi, per acquisire la disponibilit della somma, dei sistemi telematici pi efficaci.

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-ART 4. violato dove stabilisce che la Repubblica promuove le condizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro: effettivit gravemente pregiudicata da norme che consentano lillecita sottrazione, da parte delle banche, del denaro dei cittadini. -ART 35. L35 violato dove istituisce la tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni: lavoro che invece pregiudicato da fatto che un soggetto la banca sottrae al lavoro una parte notevole delle risorse che esso produce. -ART 47. violato dove si legge che la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio e disciplina, coordina e controlla lesercizio del credito: risparmio pregiudicato dal destinare alle banche denaro di propriet dei cittadini e consentire forme di coordinamento e di esercizio del credito altamente e iniquamente lesive dei loro interessi. -ART 117. violato dove, anche con riferimento allordinamento comunitario (in ispecie lart. 6 CEDU), non consente al Legislatore di interferire nellamministrazione della Giustizia. -ARTT. 1, 2, 4, e 35. Da altre angolazioni e pi globalmente sono violati perch le norme impugnate sottraggono, di fatto e formalmente, da un lato, la sovranit al popolo, trasferendola al sistema bancario; e dallaltro ledono il diritto al lavoro, in quanto la sottrazione dei soldi al cliente in favore della banca non consente a chi lavora con il proprio denaro di utilizzarlo appieno, sia perch gliene viene sottratta per alcuni giorni la disponibilit-propriet, o lo si costringe a utilizzarlo a prestito, togliendo cos effettivit al diritto al lavoro e alla tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni, e sia perch gliene viene sottratta definitivamente una parte, cio gli interessi nei giorni dellaccredito tardivo. Violano altres lart. 2, laddove si dispone linviolabilit dei diritti e linderogabilit della solidariet economica. ART. 117. violato anche in relazione allart. 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dellUomo e delle Libert fondamentali (CEDU), ratificata e resa esecutiva con la legge del 4 agosto 1955, n. 848. Lart. 6 della CEDU, infatti, nel sancire il diritto a un giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale, impone al legislatore di uno Stato contraente, nell'interpretazione della CEDU e della giurisprudenza europea, di non interferire nell'amministrazione della giustizia allo scopo d'influire sulla singola causa o su di una determinata categoria di controversie attraverso norme interpretative che assegnino alla disposizione interpretata un significato vantaggioso per una delle parti, salvo il caso di ragioni imperative d'interesse generale. Il legislatore nazionale, invece, ha emanato una norma interpretativa favorevole alle banche nonostante un orientamento della Corte di cassazione non favorevole, cos violando il principio di parit delle armi, non essendo certo prefigurabili nella fattispecie ragioni imperative d'interesse generale che permettano di escludere la violazione del divieto d'ingerenza. In relazione alla questione dellaccredito tardivo della valuta, insomma indiscutibile la formazione di un nuovo orientamento giurisprudenziale che andava via via riconoscendo lillegittimit dellaccredito tardivo della valuta per mancanza di causa petendi. Gli interventi normativi di cui si evidenzia lincostituzionalit, in sostanza, non sono stati causati dallesigenza o dallintento di disciplinare una situazione che lo richiedesse, ma sono invece frutto dellintento di sottrarre le banche allavanzare di una giurisprudenza a esse sfavorevole, ovvero a ridare veste di legalit a una pratica gravemente illegittima e sempre pi spesso ritenuta tale dalla giurisprudenza.

-ARTT 41 e 47. Sono violati anche dal punto di vista del principio di tutela del risparmio delle famiglie e delle imprese e della libert di iniziativa economica. Il ritardo nellaccredito tardivo della valuta arreca un grave pregiudizio economico ai clienti sia nel caso il conto sia in passivo, perch comporta lindebito addebito per pi giorni degli interessi e delle commissioni di massimo, sia nel caso sia in attivo, perch comporta il mancato guadagno da parte del cliente degli interessi, che vengono invece illegittimamente attribuiti alla banca. Laccredito tardivo della somma causa inoltre varie tipologie di altri danni al cliente, quali farlo ritrovare scoperto e protestato laddove invece disporrebbe delle somme sol che gli fossero state immediatamente accreditate. Senza contare che, nel tempo, negli anni, il denaro che viene sottratto dalla banca, sommandosi, raggiunge cifre sistematicamente elevate o elevatissime, e tali da causare delle differenze

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significative dello suo status economico, che specie sui conti molto movimentati possono, secondo lentit delle somme in gioco, ammontare a decine, centinaia di migliaia o milioni, magari molti milioni, di euro. E questo in presenza di norme quali lart. 821 c.c., che molto semplicemente attribuisce gli interessi al proprietario, o di altre, quali il 1346 c.c., che prevede che loggetto del contratto debba essere possibile, lecito, determinato o determinabile; o il 1343 cc., che impone la liceit della causa, precisando che non debba essere contraria a norme imperative, di ordine pubblico o buon costume; o il 1322 cc., che prescrive la meritevolezza della tutela della causa petendi.

ART 24 e 102. Sono violati dalle leggi che disciplinano laccredito tardivo delle valute in materia di pagamenti tramite bonifici anche perch comportano un aggravio della possibilit di accertare i tempi degli accrediti dei versamenti. I cittadini, cio, non hanno la possibilit di verificare, ed eventualmente provare in sede processuale (se non ricorrendo a un controllo incrociato con la documentazione del soggetto disponente), la data della disposizione e lentit della tardivit dellaccredito. Questo perch il cliente reso edotto delle movimentazioni solo con la ricezione dell'estratto conto, ma non ha conoscenza della data/ora in cui viene effettuata la disposizione di pagamento. Tale disciplina comporta pertanto una notevole sproporzione tra gli oneri probatori a carico dei correntisti e delle banche, pregiudicando l'effettivit del diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (art. 24, primo comma, Cost.). Le norme che qui si tacciano di incostituzionalit hanno, insomma, reso impossibile laccredito delle somme del cliente della banca nello stesso giorno in cui eseguita loperazione determinando tassativamente e esplicitamente i numero dei giorni dopo i quali laccredito deve avvenire. In dettaglio la normativa attuale, per quanto riguarda gli assegni, dispone: Versamento assegni circolari emessi dalla stessa banca: valuta dello stesso giorno del versamento. Versamento assegni circolari emessi da banca diversa ed assegni bancari emessi dalla stessa banca: valuta dello giorno lavorativo successivo del versamento ed entro 4 giorni in disponibilit. Versamento assegni bancari emessi da banca diversa dalla traente: loperazione deve risultare in valuta entro 3 giorni lavorativi e entro 4 giorni in disponibilit (dal 1 aprile 2010). Per quanto riguarda i bonifici, invece, prevede: La valuta per il beneficiario non pu essere successiva alla fine della giornata operativa dalla ricezione da parte del prestatore del servizio; mentre la disponibilit decorre non appena tale importo accreditato sul conto del prestatore medesimo; per il pagatore, non pu precedere la giornata lavorativa delladdebito. Fino al 1.1.2012, i contratti possono prevedere, per la disponibilit, termini di esecuzione diversi, di massimo 4 giorni per le disposizioni su cartaceo e massimo 3 giorni per le disposizioni telematiche. Norme che privano ex lege del proprio denaro per un certo numero di giorni, e di parte di esso (gli interessi) definitivamente. Si chiede pertanto voglia il G.I., ritenuta la non manifesta infondatezza della questione di illegittimit costituzionale, per violazione degli artt. 1, 2, 3, 4, 24, 35, 41, 47, 101, 102, 104 e 117 della Costituzione: -1) del comma 01, 1, 1 bis e 3 dellart. 120, del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385 (in Suppl. ordinario n. 92 alla Gazz. Uff., 30.9.93, n. 230): Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, come modificato: --dagli artt. 19, 20 (questultimo art. 20 modificato dall'articolo 8, comma 7, lettera a, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito in legge n. 106, del 12 luglio 2011), 21, 22, e 23 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, --nonch come modificato e rinumerato dall'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, questultimo come modificato dall'articolo 3, comma 3, e art. 4, comma 1, del decreto legislativo 14 dicembre 2010, n. 218,

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-2) degli stessi artt. 19, 20 (questultimo art. 20 lo si ripete modificato dall'articolo 8, comma 7, lettera a, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito in legge n. 106, del 12 luglio 2011), 21 22, e 23 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, stante il rinvio ad essi contenuto dallart. 120 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, rinviare la questione alla Corte Costituzionale, con emissione di ordinanza con la quale, riferiti i termini e i motivi della istanza con cui stata sollevata la questione, disponga l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e sospenda il giudizio ordinando che, a cura della Cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale sia notificata alle parti in causa e al Pubblico Ministero quando il suo intervento sia obbligatorio, al Presidente del Consiglio dei ministri, e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, con lemissione di ogni ulteriore provvedimento opportuno e conseguenziale. -3) ANATOCISMO. ILLEGITTIMITA COSTITUZIONALE DELLA CAPITALIZZAZIONE DEGLI INTERESSI PASSIVI QUANDANCHE PRATICATA PURE PER GLI INTERESSI ATTIVI OVE NON SIA PARIFICATA ANCHE LENTITA QUANTITATIVA DEL TASSO ATTIVO E DI QUELLO PASSIVO. Non c' dubbio che la Corte Costituzionale si sia gi pronunziata, con sentenza n. 341 del 12/10/2007, in tema di anatocismo, sulla questione di legittimit dellart. 25, comma 2 del decreto legislativo 4 agosto 1999 n. 342, sollevata dal Tribunale di Catania. Sennonch la questione di illegittimit che qui si sottopone allattenzione del Giudicante esula da quella gi sottoposta e decisa sia dal punto di vista dei profili di illegittimit sollevati che da quello delle motivazioni del rigetto della Corte Costituzionale. La questione esaminata e decisa dalla Corte C. attiene infatti al solo tema della legittimit o no dell'anatocismo in presenza della sua applicazione sia al passivo che all'attivo. per incredibilmente sfuggito non solo al remittente Tribunale e quindi alla Corte Costituzionale, ma a tutta la giurisprudenza di ogni grado e stadio, ci che salta agli occhi di ogni cittadino, ovvero che c un altro aspetto del problema oltre quello esaminato dalla sentenza della 341 della CC: un aspetto essenziale: ovvero quella della determinazione quantitativa dei tassi attivi e passivi prima che si possa parlare di una loro parificazione. Cos come sfuggito che andava precisato nelle norme che, perch si possa parlare di parificazione, occorre anche che il cliente abbia situazioni attive e passive paritetiche, altrimenti manca il termine di paragone, il polo opposto, perch il concetto di parificazione possa esplicarsi. Una volta cio stabilita la legittimit del criterio di applicare lanatocismo sia al all'attivo, occorreva per premettere che la parificazione doveva implicare la parit del tasso attivo e passivo nonch lesistenza di un pari attivo e passivo, salvo legittimare una frode: la frode che, appunto, in virt di questa singolare omissione giurisprudenziale, le banche stanno perpetuando in danno dell'intera societ. passivo che quantitativa a non voler normativa e

Ne deriva pertanto che, nella parte in cui, ai fini della legittimazione della capitalizzazione trimestrale dei tassi, non specificano la necessit, perch sussista parificazione, che i tassi attivi e quelli passivi siano uguali, nonch che sussista anche un pari attivo a cui applicare il pari tasso, non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, per violazione degli artt. 70, 76, 77, 2, 3, 24, 41, 47, 102 e 117 della Costituzione: -1) del comma 2, dellart. 120, del D.Lgsl 1.9.1993, n. 385 in Suppl. ordinario n. 92 alla Gazz. Uff., 30.9.93, n. 230, (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) come modificato dallart. 25, comma 2, del decreto legislativo 4.8.1999, n. 342, che recita: Il CICR stabilisce modalit e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attivit bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicit nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori. e dellart. 2, della Deliberazione del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) 9.02.2000, in Gazz. Uff., 22 febbraio, n. 43, titolato: Modalit e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attivit bancaria e finanziaria (art. 120, comma 2, del testo unico bancario, come modificato dall'art. 25 del decreto legislativo n. 342/1999) che statuisce: Conto corrente.

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1. Nel conto corrente l'accredito e l'addebito degli interessi avviene sulla base dei tassi e con le periodicit contrattualmente stabiliti. Il saldo periodico produce interessi secondo le medesime modalit. 2. Nell'ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicit nel conteggio degli interessi creditori e debitori. 3. Il saldo risultante a seguito della chiusura definitiva del conto corrente pu, se contrattualmente stabilito, produrre interessi. Su questi interessi non consentita la capitalizzazione periodica. Tale illegittima normativa in realt conseguita alla pronuncia da parte della Corte di Cassazione di una serie di sentenze conformi (Cass. 16.3.1999, n. 2374, Cass. 30.3.1999, n. 3096, Cass. 11.11.1999, n. 12507, e altre) con le quali ha dichiarato illegittima la prassi della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi nel conto corrente bancario, per violazione dellart. 1283 cc, sullassunto che essa prassi si basa su di un mero uso negoziale e non su una vera e propria norma consuetudinaria e interviene anteriormente alla scadenza degli interessi. Ne derivato che il legislatore, per consentire alle banche di sottrarsi agli effetti dellorientamento della Cassazione, ha varato il citato DL n. 342/99, con il quale ha intenso appunto mediante lomettere il riferimento alla necessit che lentit del tasso attivo e passivo fossero uguali e che sussistesse un attivo pari al passivo salvare le inique clausole contrattuali in tema di anatocismo sia nel periodo anteriore al DL, sia in quello successivo intercorrente tra il DL e lemanazione del provvedimento di attuazione da parte del CICR, introducendo una regolamentazione legislativa in un settore fin l affidato alla regolamentazione pattizia riproduttiva di quella consuetudinaria. Il legislatore, quindi, anzich legiferare secondo lorientamento giurisprudenziale rivolto a tutelare i cittadini, soggetti deboli nel settore creditizio, ha effettuato un intervento rivolto ad aggravare lo sbilanciamento degli opposti interessi in campo. stato insomma 'rimosso' dal quadro normativo e giurisprudenziale il dato di comunissima esperienza e conoscenza che non vi pu essere parificazione se non vi parit del tasso attivo e di quello passivo e se non vi una pari somma allattivo o al passivo, senza contare che in realt c quasi sempre solo passivo (Dimenticanza? Stupidit istituzionale? Collusione culturale? O che altro?). In pratica senza certo mettere in dubbio l'adamantinit delle intenzioni di nessuno siamo di fronte a un indegno disegno per svenare la societ a vantaggio della banche. E ci, si osservi, nell'ambito di una normativa e di una giurisprudenza costituzionale e non falsamente colte e forbite ma in realt di un'ignoranza e di un oscurantismo medievale, con tutto il rispetto per il medioevo, che in realt produsse cose di grande rilevanza e bellezza. Incolte e ottuse, la giurisprudenza e la normativa, perch nessun sembra capire che per di pi non dovuto alle banche alcun interesse, visto che, come nell'esempio che questo difensore reitera in ogni sede da 25 anni, se tizio da a Caio un assegno da 1.000 euro il primo gennaio e Caio lo versa dieci minuti dopo a Tizio i mille euro vengono stornati subito e a Caio vengono accreditati, se tutto va bene, dopo i 3 giorni ora illegittimamente stabiliti (in realt, specie in passato, anche 10, 20 giorni): giorni durante i quali gli interessi andranno alla banca che non stata mai proprietaria dei soldi. Cosa che concreta poi il signoraggio secondario: un'attivit criminale che le banche praticano sotto l'occhio vigile della magistratura e che pu essere risolta appunto con la parificazione quantitativa dei tassi attivi e di quelli passivi in modo che gli interessi vadano ai proprietari dei soldi, nonch allo Stato in relazione ai prestiti frutto del moltiplicatore monetario. Cose che la magistratura non pu continuare a non capire, altrimenti nemmeno l'accusa di incultura e ottusit baster pi a spiegare tanta resistenza, perch a tutto c' un limite, e qui il limite stato superato da molto tempo, perch inutile strapparsi le vesti sulla crisi della societ, ma aver poi concorso e continuare tanto attivamente a causarla. Ma vediamo in dettaglio il perch di tanto sdegno quantificando l'ammontare della truffa frutto della norma in questione. Ebbene, dall'entrata in vigore della delibera CICR (22.4.2000) al 31.12.2010, il tasso attivo medio stato dell'0,87%, mentre il tasso passivo medio stato del 10,08% + lo 0,81% trimestrale, e quindi il 3,24% annuo (0,81 x 4 = 3,24), di commissione di massimo scoperto (CSM), ovvero, complessivamente, del 13,32%, per cui c' stata una differenza tra attivi e passivi del 12,45% (13,32 0,87 = 12,45).

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Una differenza che ha avuto ogni 100.000 euro le conseguenze economiche riprodotte di seguito. Al tasso attivo dello 0,87%, dal 22.4.2000 al 31.12.2010: -100.000 euro attivi hanno fruttato al cliente, senza anatocismo, 9.570 ; -100.000 euro attivi hanno fruttato al cliente, con l'anatocismo, 9.997 ; -ovvero un guadagno per il cliente di 427 euro in dieci anni. Invece, al tasso passivo del 13,32%, -100.000 euro passivi, senza anatocismo, sono costati al cliente, 146.720 ; -100.000 euro passivi, con l'anatocismo, sono costati al cliente, 350.296 ; ovvero un guadagno per la banca di 203.576 in dieci anni. Il che significa che le banche pagando, ogni dieci anni, su ogni 100.000 attivi, 427 euro in pi, si sono conquistate, con l'avallo della magistratura, il 'diritto' di truffare agli italiani, 203.576 euro di interessi passivi in pi. E questa sarebbe la giustizia per garantire la quale siedono sui loro scranni gli Onorevoli Signori Giudici della Corte Costituzionale? E stiamo parlando degli interessi in pi ogni 100.000 euro di affidamenti. Ma qual' la cifra globale dei prestiti in questi dieci anni? Fermo restando che il vero crimine, quello sul quale non si sa perch la giustizia tace, che la banca lucri interessi passivi, anatocistici o non, su soldi non suoi (signoraggio secondario). Cifre immani che spiegano l'immane dispiegamento di mezzi mediatici, giudiziari e politici usati come diversivi per consentire una simile frode in danno della societ. Evidenziato quindi che quanto qui si vuole indicare come anticostituzionale non ha nulla a che vedere con ci di cui la Corte argomenta nella sua sentenza in tema di anatocismo ex art. 25, c. 2, del decreto legislativo n. 342, riprendiamo il discorso in termini pi formali, senza che per la sostanza dei problemi debba mai sfuggire, perch troppe volte i virtuosismi formalistici sono funzionali a fini omissivi o rivolti a finalit non meritevoli di tutela. Ci detto, non manifestamente infondata, per profili diversi da quelli esaminati dalla Corte Costituzionale, la questione di legittimit della normativa in questione laddove, nello stabilire che la modalit e i criteri di produzione degli interessi sono legittimi purch sia assicurata la stessa periodicit nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori, non dispone per che il tasso degli interessi attivi e passivi debba essere uguale, e che inoltre il criterio della parificazione deve implicare che il cliente abbia anche partite attive di pari importo alle quali poter applicare la altrimenti astratta parificazione. Illegittimit, lo si ripete, di cui il Tribunale di Catania non ha dubitato e sulla quale la Corte Costituzionale non si fin qui pronunziata. Fermo restando che la Corte Costituzionale lo si adduce per mera completezza storica bench non rilevi continuare a ribadirlo giunta a conclusioni che comunque indignano. Come quando, in relazione alla questione della contrariet allart. 3 C. per la diversit di trattamento derivante dalla diversa disciplina applicabile ai contratti di conto corrente stipulati prima o dopo lentrata in vigore della delibera del CICR, nega che vi sia violazione del principio di eguaglianza o di ragionevolezza adducendo che il fluire del tempo costituisce un elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche e giustifica la disparit di trattamento. Una rilevanza del tempo trascorso che la sentenza Corte della Costituzionale n. 341/07 si limita ad affermare al fine di rendere legittima la norma impugnata, senza per spiegare perch n in che senso il tempo avrebbe in quel particolare caso prodotto quel non meno particolare effetto. Un argomento, quello della rilevanza del tempo trascorso, che la CC usa in realt, come vedremo meglio di seguito (ma un arrampicarsi sugli specchi), per spiegare come mai abbia cambiato orientamento rispetto alla sua stessa sentenza n. 425/2000, nella quale, in analoga fattispecie e in antitesi a quanto sostiene nella 341/07, aveva ritenuto al contrario per nulla invincibile quella necessit di piegarsi alla normativa europea sulla quale fonda la 341/07. Cio a dire: anche in occasione della sentenza 425/2000, sulla legittimit del comma 3 dellart. 25 del d.lgsl 342/99, la Corte Costituzionale, nel decidere sulla completezza e regolarit della legge delega, aveva richiamato i principi e i criteri direttivi di cui allart. 18 della direttiva del Consiglio Europeo

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89/646/CEE del 15 dicembre 1989. In quel caso per il risultato era stato opposto a quello di cui alla 341/07. ben vero, cio, che le due sentenze intervengono su normative vigenti al tempo differenti, ma il fatto che nella 425/2000 vi sono stati tanto pochi ostacoli a disattendere la direttiva del Consiglio Europeo 89/646/CEE del 15 dicembre 1989 quanti nella 341/2007 ve ne sono stati per applicarla, non pu essere attribuito alle blande motivazioni accampate, ma solo allavere il potere bancario ormai preso il sopravvento in ogni dove. La Corte Costituzionale, insomma, per giustificare il suo cambiamento di orientamento rispetto alla 425/2000, si limita ad illuminarci, nella 341/2007, sulla circostanza che il fluire del tempo costituisce un elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche: principio di ordine generale indubbiamente condivisibile, ma non si addentra poi nel merito del perch mai, in questa fattispecie, da dopo il 9 febbraio 2000, linflusso del tempo possa aver giustificato che le banche abbiano dun subito diritto di violare impunemente il principio di ragionevolezza, di tutela della dignit individuale, del risparmio, delliniziativa economica, della propriet, dellaffidamento, della certezza del diritto eccetera. Un argomento, quello del tempo, al quale questo difensore molto sensibile, tant che, nel 1989, in Latto di citazione gi pronto per coloro che vogliano fare causa alla loro banca, ebbe a scrivere: Fa osservare al Tribunale che ogni ritardo gioverebbe alla convenuta banca e pregiudicherebbe invece gli interessi dell'attore, perch il decorso del tempo va considerato, non come un generico elemento di disfunzione, ma come un elemento sostanziale dei diritti di cui si chiede l'attuazione e, per altri versi, come uno degli strumenti fondamentali nell'uso dei quali ogni convenuto riottoso sistematicamente si specializza per continuare a essere indifferente alla giustizia. Un argomento quindi il tempo che la Corte, a giudicare dalla durata che continuano ad avere le cause, non hai mai preso in seria considerazione dal punto di vista della necessit di intervenire adeguatamente perch durino meno, ma usa oggi in favore di quelle pratiche filo-bancarie contro le quali tutto il paese grida il suo disprezzo e la sua rabbia. Rabbia resa impotente dalle insufficienze e dalle gravi anomalia della giustizia, perch, sempre in tema di grandi principi, come questo difensore ha scritto per anni sull'intestazione dei suoi atti giudiziari: Se la civilt figlia del controllo, la disfunzione della giustizia civile e amministrativa necessariamente la madre dellattuale stato delle cose. Banche, in pratica, di cui solo la magistratura, oltre naturalmente che la politica e i media, continuano a condividere i metodi, perch se non li avessero condivisi avrebbero avuto il potere di fermarle in un attimo. Un tempo che, in definitiva, dallangolazione di questo difensore, rileva solo, in questo caso, dal punto di vista del tempo che la giustizia in generale e la Corte Costituzionale in particolare sta facendo perdere alla societ italiana per poter recuperare i crediti verso le banche e causare quelleffetto regolatore della societ che tipico solo della giustizia civile. Infatti, che il potere legislativo possa effettuare, in virt del decorso del tempo, scelte politicoeconomiche nuove rispetto alle precedenti indiscutibile. Non meno indiscutibile per anche che lordinanento giuridico un complesso di norme organicamente tutte volte a produrre il rispetto di una serie di principi cardine, funzionali oltretutto a garantire la sopravvivenza dellordinamento stesso. Un complesso di fondamentali norme che perch, da legittime che sono, possano divenire illegittime, o irrilevanti, non bastato il decorso dei millenni n degli immani eventi che nel loro corso si sono succeduti, sicch non dato capire cosa abbia ora tanto suggestionato la Corte Costituzionale da farle sembra giustificabile che il diritto possa trasformarsi, in qualche anno, in strumento per ledere cos a fondo gli interessi della societ. N sembrino sarcastiche le affermazioni di questo difensore perch ci che sarcastico sono invece le affermazioni della Corte in quella sentenza. N meno offensiva per la nostra intelligenza laltra affermazione, pure contenuta nella sentenza n. 341/07: quella secondo la quale non sussisterebbe la violazione dellart. 3 Cost. per il diverso trattamento assicurato agli istituti di credito bancari rispetto agli altri operatori non bancari del credito in quanto le posizioni dei due operatori del credito sarebbero incomparabili data la diversa natura dei soggetti con cui il rapporto intrattenuto (in un caso specificamente e professionalmente destinati allo svolgimento della funzione creditizia e alla intermediazione finanziaria, nell'altro caso occasionalmente implicati in un rapporto obbligatorio avente a oggetto una somma di danaro).

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Una motivazione grave anche questa perch prende in considerazione la differenza dal solo punto di vista delle banche e degli altri 'operatori', e non anche dal punto di vista dei debitori, senza curarsi che le differenze tra queste entit tutte da sottoporre a ben altri controlli e vincoli di quelli attuali si abbattono poi sui debitori, sulla societ, devastandoli. Argomenti, quelle della CC, singolari e inadeguati, ma che hanno ciononostante fruttato alle banche il mancato esame dellaspetto fondamentale dellart. 25,2, ovvero del fatto che esso rafforza la loro posizione di soggetto vergognosamente dominante sui clienti e sui cittadini, e che la norma impugnata incrementa il proliferare dei gi altissimi interessi passivi a fronte di interessi attivi risibili, ancorch ridicolmente parificati. Aspetto, lo ribadiamo, quello della sostanza della 'parificazione', ovvero dellentit dei tassi di interesse, che esula dalla sentenza della Corte e che, eccoci a noi, oggetto della questione di costituzionalit che qui si solleva. ridondante infatti la qualit di giudici o di avvocati, bastando anche solo quella di cuochi o falegnami, e insomma di cittadini comuni, per capire che sarebbe ragionevole parlare di parificazione se gli interessi attivi e passivi fossero uguali, ma anomalo sostenerlo ove siano sperequati, per di pi enormemente. Una parificazione che sembrerebbe essere fondata sul presupposto della stupidit dei cittadini che la subiscono, ma frutto invece dellimpotenza alla quale li si condannati sottraendogli ogni ricorso effettivo ex art 6 della CEDU, perch siamo ormai in una situazione politica, mediatica e istituzionale consistente n pi n meno che nel cedimento dei poteri, di tutti i poteri, al potere bancario. Poteri tra i quali un legislatore e una giustizia che anche qui stranamente sembrano non sapere che, oggi pi di ieri, la sottoscrizione da parte dei cittadini delle clausole bancarie, tra cui quella relativa alla capitalizzazione degli interessi o di ogni altra competenza bancaria, non frutto di alcuna libera scelta contrattuale, ma dell'inevitabilit di doversi piegare a un cartello che non solo tra banche, perch coinvolge tutto e tutti quelli di cui le banche hanno avuto bisogno per mettere in piedi il loro folle progetto: folle perch cos ampio che stanno causando la scomparsa di un contesto nel quale poter spendere i benefici che continuano a conseguire. Argomentazioni, quelle di cui alla sentenza n. 341/07 in ordine alla regolarit e al rispetto da parte dellart. 25 d. lgsl 342/99 dei limiti e dei requisiti della normazione secondaria, basate poi anche su unulteriore motivazione evasiva e in contrasto con la 425/2000, sempre della CC. Sostiene infatti la CC che lart. 25,2 d.lgs. 342/99 va letto alla luce del contenuto dellart. 1,5 della legge delegante n. 128/88 che, a sua volta, disponeva che il Governo emanasse disposizioni integrative e correttive del d.lgs. 385/93 alla luce dei principi e criteri direttivi contenuti nellart. 25 legge 19 febbraio 1992, n. 142; Norma questultima che conteneva due distinte deleghe, volte alladeguamento del nostro ordinamento allart. 18 della direttiva del Consiglio Europeo 89/646/CEE del 15 dicembre 1989, che formulava il principio di libert di stabilimento e di libera prestazione di servizi da parte degli enti creditizi nellambito di ogni Stato membro. Dimentica per la CC che la negazione dei profili di illegittimit di cui alla 341/07 cozza con la n. 425/2000, con la quale pure si era espressa sull'illegittimit costituzionale del comma 3 dellart. 25 del d.lgsl 342/99. A prescindere infatti che in tanto preteso e impettito formalismo, bisognerebbe che qualcuno iniziasse finalmente a dire che il Parlamento europeo un falso parlamento, in cui i deputati non hanno potere di iniziava legislativa, mentre il Parlamento stesso non ha il potere di promulgare le leggi che vota, perch questo potere nelle mani della Commissione e del Consiglio, e tutti sono nelle mani della burocrazia che al soldo delle lobby, non comunque dato capire come mai la necessit di adeguarsi alla citata normativa europea non stata ritenuta lo si ripete cos invincibile quando, con la 425/2000, ha negato lapplicabilit retroattiva della disciplina sullanatocismo per i contratti bancari gi in essere prima della entrata in vigore della CICR. Cio a dire: anche in occasione della decisione sulla legittimit costituzionale del comma 3 dellart. 25 del d.lgsl 342/99, nel decidere sulla completezza e regolarit della legge delega, la CC aveva richiamato i principi e i criteri direttivi di cui allart. 18 della direttiva del Consiglio Europeo 89/646/CEE del 15 dicembre 1989. In quel caso per il risultato era stato opposto. L, infatti, la CC, limitatamente al comma 3, cos scriveva:

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Come gi detto, invero, con l'art. 1, comma 5, della legge n. 128 del 1998, si confer delega al Governo per l'emanazione di "disposizioni integrative e correttive" del testo unico bancario, richiamando espressamente i principi e criteri direttivi indicati nell'art. 25 della legge n. 142 del 1992, in attuazione dei quali vennero emanati dapprima il decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 481 (che recepiva e adattava al contesto italiano la surrichiamata direttiva 89/646/CEE) e poi il decreto legislativo n. 385 del 1993. Quest'ultimo, oltre a recepire a sua volta i contenuti del decreto legislativo n. 481 del 1992, riordinava organicamente l'assetto della materia bancaria e creditizia, con un testo unico di natura 'normativa' e non gi meramente 'compilatoria': cos da caratterizzarsi come disciplina attuativa di quella direttiva comunitaria e, allo stesso tempo, come legge di grande riforma economico-sociale (v. sentenze n. 49 del 1999 e n. 224 del 1994). Ma, per quanto ampiamente possano interpretarsi le finalit di "integrazione e correzione" perseguite dal legislatore delegante, nonch i princpi e criteri direttivi posti a base del testo unico bancario, certamente da escludersi che la suddetta delega legittimi una disciplina retroattiva e genericamente validante, sia pure nell'esercizio del potere di armonizzazione di tale testo unico con il resto della normativa di settore. Visto, in sostanza, che la sentenza 425/2000 della Corte Costituzionale non lascia dubbi circa il fatto che la delega non possa legittimare una disciplina retroattiva e genericamente validante, viene da chiedersi come mai ci diviene legittimo con la 341/2007. Un quesito che non pu trovare risposte di natura giuridiche, meno che mai se le si volesse giustificare in virt del fattore tempo, e deve invece essere necessariamente legato allo stringersi sempre pi del cappio del potere bancario europeo, perch purtroppo, stante il potere legislativo nullo del Parlamento europeo, lo si voglia ammettere o no, la BCE unincredibile entit di propriet privata, appartenente per il 15% alla Banca dItalia, i cui maggiori azionisti sono come noto Banca Intesa, San Paolo, Credito Italiano eccetera , nei fatti, il vero legislatore europeo. Con la conseguenza che, per propriet transitiva, se lo Stato italiano e gli Stati europei sono al servizio delle banche, lo sono per forza di cose anche le magistrature europee e quella italiana. Magistratura italiana che quindi, nel rispondere allo Stato, risponde in realt a Banca Intesa, San Paolo eccetera: entit tutte giammai deputate ad alcuna forma di governo del paese da nessuno, ma aduse da sempre a una totale acquiescenza dei poteri ai loro voleri. Argomenti che non devono stupire in un atto giudiziario, dovendo invece stupire il contrario: ovvero la finzione un'eterna, integralistica finzione che tutto ci non sia. Questi i fatti. Fatti che, altrettanto evidentemente, sconsigliano una visione troppo semplicistica dell'europeismo. Una visione che oltretutto si scontrerebbe con le profonde differenze che esistono tra i regimi bancari europei. UnEuropa nella quale ci sono paesi, come il Belgio, di cui questo difensore ha fatto a suo tempo qualche esperienza in quanto deputato europeo. Un regime bancario, quello belga, che certamente partecipa anchesso dei crimini del signoraggio bancario primario e secondario, ma ispirato, dal punto di vista dei costi, a visioni profondamente diverse da quelle italiane: caratterizzare da logiche di sistematico taglieggiamento, usura e violenta prevaricazione. Anche qui, in definitiva, a voler parificare i sistemi, dovremmo esportare la smodatezza furiosa dell'esosit, fraudolenza e prevaricatoriet bancaria italiana. Svolto quindi il tema della sia pur qui irrilevante non esaustivit, inadeguatezza e incoerenza della della 341/2077 della Corte Costituzionale sulla questione di illegittimit dell25, c. 2, decreto legislativo 04/08/1999, n. 342, veniamo prima di entrare nel merito delle gi anticipate e in parte svolte questioni di illegittimit che qui si vogliono prospettare a un breve excursus sugli interventi normativi e giurisprudenziali che hanno regolamentato nel corso degli anni lanatocismo. Fondamentale naturalmente lart. 1283 c.c., che recita: In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. La Corte di Cassazione, quindi, mutando il suo precedente orientamento, a partire dalla sentenza n. 2374 del 16/3/1999 (vedi Cass. Civ. n. 3096/99, 3845/9912507/99; 6263/01; 1281, 4490, 4498, 8442/02; 2593, 12222, 13739/03), aveva affermato che la capitalizzazione trimestrale era illegittima perch contraria allart. 1283 c.c. in quanto tale pratica non rispondeva ai requisiti delluso normativo ex artt. 1 e 8 delle preleggi, ma si inquadrava nella fattispecie delluso negoziale ex art. 1340 cc, con la

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conseguenza che necessitava, per la sua validit, della sussistenza, non soltanto dellelemento oggettivo (il c.d. usus, ossia la ripetizione costante, generalizzata e uniforme di un determinato comportamento), ma anche dellelemento soggettivo (lopinio juris ac necessitatis, ossia la convinzione della giuridicit del comportamento), non ritenuto sussistente. Un mutamento di orientamento della Cassazione che ha causato numerose azioni legali specie dei titolari di conto corrente contro le banche per la declaratoria della nullit parziale dei contratti bancari in parte qua e per la ripetizione dellindebito oggettivo. Ecco allora che, con anomalo tempismo, sceso in campo il legislatore il quale, con il D.Lgs 342\4.8.99, da un lato, ha tentato di legittimare ex post le clausole anatocistiche, divenute nulle data la nuova giurisprudenza, e dallaltro ha disciplinato la capitalizzazione degli interessi per i contratti a venire. In tale provvedimento contenente una serie di modifiche e integrazioni al TUB, e costituente attuazione dellart. 1,5 L. 24.4.98, n. 128 il Governo inseriva infatti, allart. 25, una disposizione che, da una parte, prevedeva la possibilit di pattuire la capitalizzazione per il futuro secondo modalit la cui determinazione veniva rimessa ad apposita delibera del CICR, con il limite della necessit di garantire la medesima periodicit del meccanismo di capitalizzazione sia con riguardo agli interessi passivi sia con riguardo agli interessi attivi; e dallaltra riconosceva piena validit ed efficacia alle clausole di capitalizzazione trimestrale stipulate nel periodo pregresso al decreto, salvo lobbligo del loro adeguamento a quanto stabilito dal CICR nella medesima Delibera di cui sopra. La CC, con la gi richiamata sentenza 17.11.2000 n. 425, ha dichiarato lillegittimit costituzionale dellart. 25 co. 3 D. Lgs. 342/99, in riferimento allart. 76 Cost., adducendo che la legge delega autorizzava il Governo a emanare una disciplina integrativa e correttiva del TUB, ma non una sanatoria con efficacia retroattiva, capace di rendere valide clausole nulle per contrariet a norme imperative contenute nel codice civile. La Consulta ha sostanzialmente cristallizzato le conclusioni della Cassazione (lanatocismo illegittimo fino all'entrata in vigore della delibera CICR del 2000; resta ferma la possibilit di pattuire, successivamente alla delibera del 2000, valide clausole di capitalizzazione degli interessi, ma senza efficacia retroattiva: le somme corrisposte dal correntista a titolo di interesse anatocistici in base a clausole contenute in contratti stipulati antecedentemente alla delibera medesima o peggio ancora applicate dalle banche richiamandosi alluso negoziale ex art. 1340 cc devono essere restituite dalle banche). Come gi anticipato, la richiamata sentenza della CC ha per investito solo alcuni aspetti della legittimit o illegittimit costituzionale dell'anatocismo e ci a maggior ragione illegittimo se si considera che la disciplina dei conti correnti stipulati successivamente alla delibera del CICR del 2000 costituisce una normativa speciale e derogatoria rispetto allart. 1283 cc. da censurare quindi che le banche, a far data da aprile 2000, data in cui stata introdotta la capitalizzazione trimestrale anche dei tassi attivi, hanno applicato una forma di capitalizzazione trimestrale sia ai tassi attivi che a quelli passivi, con la giustificazione formale di essersi adeguate alla nuova disciplina, ma di fatto eludendola, in quanto hanno continuato ad applicare tassi attivi vicini allo zero e tassi passivi elevatissimi, che l'aspetto incredibilmente sfuggito alla disamina della Corte Costituzionale e oggetto della presente azione, perch bisogna porre rimedio alla sorprendete mancata attenzione generale su questo punto. Non si pu infatti consentire che le banche aggirino lostacolo dellillegittimit dellanatocismo ricorrendo al sistema di applicare la trimestralit anche agli interessi attivi senza per pareggiare la misura del tasso attivo e quello passivo. Ci si troverebbe altrimenti di fronte al falso proposito di bilanciare degli assetti economici e normativi ma in realt ad una violazione dello spirito e dei principi ispiratori dell'ordinamento. N si pu (sempre in tema di finzioni) fingere di dimenticare o comunque non considerare che la sottoscrizione da parte dei clienti della clausola relativa alla capitalizzazione degli interessi non certo il frutto di una libera scelta contrattuale. Si finge cio (una finzione istituzionale) che basti assicurare all'attivo e al passivo la 'stessa periodicit' nel ritmo meramente temporale di accumulo degli interessi al capitale. Ma, per cominciare, siamo di fronte ad atti e calcoli predisposti unilateralmente, a cura delle banche, in moduli stampati in conformit con le direttive impartite dallassociazione di categoria senza alcuna negoziazione individuale e in una situazione di grave squilibrio tra banche e correntisti.

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La clausola della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori alti e dei bassissimi interessi creditori cio imposta quale presupposto indefettibile per accedere ai servizi bancari, e non vi altra alternativa, per il cliente, che il prendere o il lasciare (altro che adesione spontanea o condivisa, cristallizzatasi nel corso degli anni!) L'utenze, cio, sa di non avere alcuna alternativa di accesso al sistema creditizio, connotato da accordi di 'cartello' e dalla regola del 'prendere o lasciare'. I contratti bancari sono infatti stipulati attraverso moduli o formulari (contratti per adesione ex art. 1342 c.c.) unilateralmente predisposti dalle banche, senza alcuna trattativa tra le parti e senza alcun potere di negoziazione per il cliente. La valenza contrattuale del patto ex art. 1372 c.c. (il contratto ha forza di legge tra le parti) pu essere invece raggiunta solo se vi sia per il cliente la possibilit di accettare o rifiutare le condizioni previamente stabilite dalla controparte. La norma in questione non essendo coerente agli artt. 70, 76, 77, 3, 24, 41, 47, 102, 111 Cost. quindi in contrasto con svariati principi, tra cui quello di eguaglianza, ragionevolezza, e di diritto alla difesa. Anche dopo l'emanazione del decreto legislativo 342/99 e della delibera CICR del 9/02/2000, nulla per illegittimit costituzionale la sottoscrizione da parte di un correntista della clausola circa la capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi senza per la previsione che i tassi passivi e attivi devono essere uguali, e che vi devono essere pari somme allattivo e al passivo su cui applicare quei pari tassi. Non pertanto manifestamente infondata laddove non stabiliscono che la capitalizzazione trimestrale legittima al passivo purch anche allattivo sia applicata con analogo tasso e purch sussista un attivo di pari importo al quale poter applicare quel pari tasso la questione di illegittimit costituzionale del comma 2, dellart. 120, del D.Lgsl 1.9.1993, n. 385 in Suppl. ordinario n. 92 alla Gazz. Uff., 30.9.93, n. 230, (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) come modificato dallart. 25, comma 2, del decreto legislativo 4.8.1999, n. 342, che recita: Il CICR stabilisce modalit e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attivit bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicit nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori. e dellart. 2, della Deliberazione del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) 9.02.2000, in Gazz. Uff., 22 febbraio, n. 43, titolato: Modalit e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attivit bancaria e finanziaria (art. 120, comma 2, del testo unico bancario, come modificato dall'art. 25 del decreto legislativo n. 342/1999) che statuisce: Conto corrente. 1. Nel conto corrente l'accredito e l'addebito degli interessi avviene sulla base dei tassi e con le periodicit contrattualmente stabiliti. Il saldo periodico produce interessi secondo le medesime modalit. 2. Nell'ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicit nel conteggio degli interessi creditori e debitori. 3. Il saldo risultante a seguito della chiusura definitiva del conto corrente pu, se contrattualmente stabilito, produrre interessi. Su questi interessi non consentita la capitalizzazione periodica. Ci stante il contrasto con la Costituzione agli: -ARTT. 70, 76 e 77, dove disciplinano la delega della funzione legislativa al Governo, ovvero allo: -art. 70, dove dispone che la funzione legislativa esercitata collettivamente dalle due Camere. -art. 76, dove dispone che l'esercizio della funzione legislativa non pu essere delegato al Governo se non con determinazione di princip e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. -art. 77, dove dispone che il Governo non pu, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria e che, quando, in casi straordinari di necessit e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilit, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente

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convocate e si riuniscono entro cinque giorni, e che i decreti perdono efficacia sin dall'inizio se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Lart. 76 della Costituzione, infatti, nel disciplinare il potere legislativo accordato al Governo tramite delegazione delle Camere, dispone che tale potere pu essere esercitato unicamente con determinazione dei principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. pertanto necessario che affinch sia rispettato il disposto di tale articolo la legge delegante contenga i limiti che legittimano il processo formativo della delega legislativa. La Legge delega n. 128, del 24 aprile 1998, allart. 1, c. 5, con riferimento alla competenza attribuita al decreto legislativo in esame, cos solamente ed esclusivamente aveva stabilito: Il Governo delegato a emanare, entro il termine di cui al comma 1, e con le modalit di cui ai commi 2 e 3, disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 1^ settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e con losservanza della procedura indicati nellart. 25 della legge 19 febbraio 1992, n. 142. Sussiste quindi una prima palese violazione dellart. 76 Cost. perch lart. 25 d. lgs. 342/99 ha ecceduto i limiti segnati dalla L. 128/98 e si concretizzato in un eccesso di delega (ultra vel extra vel contra). Il Governo ha cio provveduto, attraverso il primo comma dellarticolo contestato, a demandare senza averne facolt al CICR la disciplina delle modalit e i criteri per la produzione degli interessi sugli interessi maturati nelle operazioni bancarie. Ha dunque sub delegato a un organo diverso e non specificato la regolamentazione di una parte del contenuto per cui aveva avuto la delega a legiferare. La potest normativa del CICR, composto da vari ministeri e con la partecipazione del Governatore della Banca dItalia, non pu invece essere esercitata autonomamente dettando soluzioni a problemi interpretativi che attengono a norme civilistiche, quali lart. 1283 cc. da escludere che la delega contemplasse una possibilit come quella di stabilire una parificazione che non si estendesse per allentit del tasso passivo e attivo da applicare o che non prevedesse lesistenza allattivo e al passivo di pari somme alle quali applicare il pari tasso. Una possibilit che non pu collocarsi nellambito delle competenze del CICR. Il contrasto con lart. 76, estrinsecandosi in primis in un eccesso rispetto alla delega conferita, coinvolge indirettamente anche lart. 77 C. laddove al primo comma stabilisce limpossibilit per il Governo di esercitare la funzione legislativa senza la delega delle Camere. Violazione questa che si verifica oltre che nellipotesi di assenza di delega, anche nel caso in cui si eccedano i limiti di quella conferita, oltrepassando come nellipotesi dellart. 25 con la previsione di una sub delega i principi e i criteri direttivi stabiliti nella legge delegante. Oltre alleccesso di delega sempre in relazione allistituzione di un tipo di parificazione che potesse essere considerata tale anche in presenza di un tasso attivo e uno passivo di diversa entit e in assenza di pari somme allattivo e al passivo si ravvisa nellart. 25 un'ulteriore violazione ai principi di cui allart. 76 perch il suo contenuto in contrasto con norme alle quali la legge delega non aveva autorizzato a derogare, come lart. 1283 cc. Infatti, al di l del tentativo poi sventato fatto con il d. lgs. 342/99 di disporre la sanatoria dellanatocismo per i contratti in essere e per quelli stipulati sino alla data della delibera del CICR, si sottolinea che il decreto legislativo adotta una soluzione difforme rispetto alla disciplina di cui al 1283 c.c. Ora, il decreto legislativo, in quanto atto avente forza di legge, pu abrogare disposizioni di legge imperativa, ma inammissibile un'abrogazione implicita, che esuli dalle direttive della legge delega e che non sia dalla stessa n prevista n autorizzata. Inoltre la L. 128/98, art. 2, lett. e, nel dettare i criteri e principi direttivi generali della delega legislativa di cui allart. 76 Cost., dispone che allattuazione di direttive che modificano precedenti direttive gi attuate con legge o decreto legislativo si provveder, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modifiche alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva di modifica. evidente che un decreto legislativo che intervenga sul contenuto di una norma civilistica quale lart. 1283 cc imponendo un concetto di parificazione addirittura in contrasto con la realt tra tassi passivi elevatissimi e tassi attivi infimi certamente realizza una modificazione della materia regolata eccedendo la delega ricevuta, cos come proibito dalla Legge n. 128/98. -ART. 2, dove si dispone linviolabilit dei diritti e linderogabilit della solidariet economica, perch riconoscere legittimit a una norma che consenta di sottoscrivere validamente la clausola della

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capitalizzazione trimestrale degli interessi considerando parificati gli interessi passivi e quelli attivi nonostante siano di entit di gran lunga diversa equivarrebbe a formalizzare la violazione di ogni diritto e principio di solidariet economica, essendo si auspica i diritti e la solidariet incompatibili con il garantire che le banche possano perpetuare tali illeciti conseguendone un enorme quanto anchesso illecito arricchimento a fronte di un parallelo impoverimento dellintera societ. -ART. 3, dove, premessa la pari dignit dei cittadini, si indica tra i compiti della Repubblica quello di rimuovere gli ostacoli economici che limitano di fatto la libert e luguaglianza e impediscono il pieno sviluppo della persona e leffettiva partecipazione allorganizzazione politica, economica e sociale, perch lart. 25 d. lgs. 342/99 introduce quale irragionevole effetto di una parificazione che non tiene conto della diversit dellentit dei tassi passivi e attivi e della sussitenza di una pari somma allattivo e al passivo una diversa disciplina delle clausole sulla capitalizzazione degli interessi passivi in ordine ai rapporti di conto sorti prima e dopo lemanazione della delibera delegata al CICR. Una fortissima discriminazione che si estende poi anche al profilo soggettivo della norma, ovvero alla differenza di trattamento assicurata alle banche a scapito dei cittadini cos garantendo peraltro una iper-tutela (forse degna di miglior causa) al soggetto forte anzich al soggetto debole del rapporto contrattuale. Violazione del principio di uguaglianza mediante lart. 25 che implica poi la violazione anche del principio di ragionevolezza: corollario del principio di uguaglianza e limite al potere discrezionale del legislatore. Nellipotesi in esame, ove il fine del legislatore fosse stato quello di integrare e correggere le norme del TUB per eliminarne eventuali carenze o discordanze, sarebbe stato del tutto irragionevole inserire disposizioni che, come lart. 25, diano origine alle macroscopiche e superflue discriminazioni sostanziali nellentit dei tassi sopra delineate. Sotto altro profilo vi violazione dellart. 3 della C. quanto ai principi di ragionevolezza ed eguaglianza in rapporto allart 1283 cc, che stabilisce il principio generale di divieto dellanatocismo, e lart 2 della deliberazione CICR 9.2.2000 che, in deroga allart 1283 cc, laddove, nellammetterlo quando lo sia pratichi sia al passivo che allattivo non si disponga, per rendere reale la parificazione, che debba essere uguale anche lentit dei tassi, trascurando cos che i tassi passivi sono stati, negli ultimi dieci anni, 16,44 volte multipli di quelli attivi (13,32% quelli passivi e 0,81% quelli passivi). -ART. 24, laddove prevede il diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. Le disparit di trattamento frutto della diversit quantitativa dei tassi all'attivo e al passivo e/o della inesistenza allattivo e al passivo di pari somme alle quali applicarli causano che lart. 25 d. lgs. 342/99, oltre a violare il diritto di uguaglianza sostanziale dei cittadini dinanzi alla legge, si ripercuota, di riflesso, anche sul diritto alla difesa di cui allart. 24, laddove si dispone la libert a tutti riconosciuta allazione giudiziale per la tutela dei propri diritti ed interessi. Il disposto dellart. 25 cio, ammettendo per i contratti di conto corrente sottoscritti successivamente allentrata in vigore della delibera CICR del 2000 la legittimit della capitalizzazione degli interessi nonostante la loro disparit, impedisce al correntista una sua azione in giudizio volta a ottenere la ripetizione di quanto indebitamente versato in virt della periodica ripetuta capitalizzazione di interessi quantitativamente diversi. N il correntista pu adeguatamente difendersi contro un istituto di credito che agisca giudizialmente in virt dell'ammissibilit dellanatocismo pur in presenza di tassi diversi o in assenza di pari somme allattivo e al passivo, vedendo la propria posizione pregiudicata rispetto a quella della banca, favorita dallart. 25. Anche con riferimento alla violazione dellart. 24 Cost. si verifica un contrasto con il principio di ragionevolezza, dal momento che lo scopo perseguito dal decreto legislativo integrazioni e correzioni al Testo Unico bancario non legittima una discriminazione del diritto di difesa. -ART. 41, dove dispone che: L'iniziativa economica privata libera. Non pu svolgersi in contrasto con l'utilit sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libert, alla dignit umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perch l'attivit economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali; -ART. 47, dove dispone che: La repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla propriet dell'abitazione, alla propriet diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.

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La norma in oggetto, infatti, nel disporre un'equiparazione che non tiene conto del quantum del tasso attivo e passivo e della presenza di somme pari allattivo e al passivo, legittima un tipo di iniziativa economica privata in nettissimo contrasto con lutilit sociale e che arreca danni enormi alla sicurezza, alla libert e alla dignit umana perch ha travolto leconomia togliendo alla societ i mezzi economici per realizzare alcuna sicurezza, libert o dignit al sol fine di dirottare illecitamente a vantaggio delle banche i profitti delloperare sociale ovvero in antitesi a quanto voluto dall'art. 41 e 47 gran parte del denaro che circolato dalla sua entrata in vigore. -ART. 102, dove stabilisce le funzioni e fissa il principio di integrit delle attribuzioni costituzionali dell'autorit giudiziaria. -ART. 117, dove, anche con riferimento allordinamento comunitario (in ispecie lart 6 CEDU), non consente al Legislatore di interferire nellamministrazione della Giustizia. Quanto allart. 102, il legislatore non pu infatti modificare lordinamento imponendo un tipo di parificazione materialmente impossibile al solo scopo di bloccare un orientamento giurisprudenziale sgradito a un particolare soggetto sociale: le banche. Quanto all117, primo comma, violato anche in relazione allart. 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dellUomo e delle Libert fondamentali (CEDU), ratificata e resa esecutiva con la legge del 4 agosto 1955, n. 848. Sempre in relazione allimpossibile parificazione del tasso attivo e passivo quando siano di diversa entit, va evidenziato che lart. 6 della CEDU, nel sancire il diritto a un giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale, impone al legislatore di uno Stato contraente, nell'interpretazione della CEDU e della giurisprudenza europea, di non interferire nell'amministrazione della giustizia allo scopo d'influire sulla singola causa o su di una determinata categoria di controversie attraverso norme interpretative che assegnino alla disposizione interpretata un significato vantaggioso per una delle parti, salvo il caso di ragioni imperative d'interesse generale. Il legislatore nazionale, invece, ha emanato, ricorrendo a una falsa parificazione, una norma interpretativa favorevole alle banche con lintento di eludere cos un orientamento della Corte di Cassazione, cos violando il principio di parit delle armi, non essendo certo prefigurabili nella fattispecie ragioni imperative d'interesse generale che permettano di escludere la violazione del divieto d'ingerenza. Lintervento normativo stato effettuato per realizzare una finalit di parte, e non certo per lesigenza di disciplinare situazioni che lo richiedessero, e si concreta quindi in unopera rivolta attraverso una falsa parificazione a sottrarre le banche allavanzare di una giurisprudenza ad esse sfavorevole, ovvero a ridare veste di legalit a una pratica gravemente illegittima e sempre pi spesso ritenuta tale dalla giurisprudenza. Si solleva quindi laddove non stabiliscono che qualunque forma di parificazione in relazione al periodo e alla modalit di calcolo degli interessi attivi e passivi deve prevedere, per essere legittima, la parit del tasso di interesse attivo e passivo e la sussitenza di somme pari allattivo e al passivo la questione di legittimit costituzionale per violazione degli artt. 70, 76, 77, 2, 3, 24, 41, 47, 102 e 117 della Costituzione, da parte: -1) del comma 2, dellart. 120, del D.Lgsl 1.9.1993, n. 385 in Suppl. ordinario n. 92 alla Gazz. Uff., 30.9.93, n. 230, (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) come modificato dallart. 25, comma 2, del decreto legislativo 4.8.1999, n. 342, che recita: Il CICR stabilisce modalit e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attivit bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicit nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori. e dellart. 2, della Deliberazione del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) 9.02.2000, in Gazz. Uff., 22 febbraio, n. 43, titolato: Modalit e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attivit bancaria e finanziaria (art. 120, comma 2, del testo unico bancario, come modificato dall'art. 25 del decreto legislativo n. 342/1999) che statuisce: Conto corrente. 1. Nel conto corrente l'accredito e l'addebito degli interessi avviene sulla base dei tassi e con le periodicit contrattualmente stabiliti. Il saldo periodico produce interessi secondo le medesime modalit.

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2. Nell'ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicit nel conteggio degli interessi creditori e debitori. 3. Il saldo risultante a seguito della chiusura definitiva del conto corrente pu, se contrattualmente stabilito, produrre interessi. Su questi interessi non consentita la capitalizzazione periodica. Si chiede in conseguenza che il G.I., sospeso il processo ed emesso ogni provvedimento inerente opportuno e consequenziale, voglia sollevare la suesposta questione di illegittimit costituzionale e rinviare la questione alla Corte Costituzionale, con emissione di ordinanza con la quale, riferiti i termini ed i motivi dellistanza con cui stata sollevata la questione, disponga l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale ordinando che, a cura della Cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata, quando non se ne sia data lettura nel pubblico dibattimento, alle parti in causa ed al Pubblico Ministero nonch al Presidente del Consiglio dei ministri con comunicazione dellordinanza anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e con lemissione di ogni ulteriore provvedimento opportuno e conseguenziale.

-4) ILLEGITTIMITA DELLINNALZAMENTO DEL TASSO USURAIO. Non manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale, per violazione degli artt. 2, 3, 24, 41,42, 47, 102 e 117 della Costituzione, dellart 8, comma 5, lett. d, decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, (in Gazz. Uff., 13 maggio 2011, n. 110), titolato Decreto convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 2011, n. 106. - Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 2011, n. 106:, che stabilisce: all'articolo 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108, le parole: "aumentato della met." sono sostituite dalle seguenti: "aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non pu essere superiore a otto punti percentuali. La legge 7.3.96, n. 108 (Disposizioni in materia di usura), stabilisce (stabiliva) infatti che il tasso usurario quando supera di oltre il 50% i tassi medi per settore. Sennonch intervenuto il decreto legge del 13 maggio 2011, n. 70, c.d. decreto sviluppo, convertito nella legge 12.7.2011, n. 106, che ha modificato il metodo di calcolo del tasso soglia o tasso di usura, precedentemente disciplinato dall'articolo 2, comma 4, legge 108/1996. Decreto sviluppo che ha alzato la soglia del tasso di usura con conseguenze gravissime, visto che le banche si mantenevano e solo in virt di gravi artifizi sotto il tasso soglia, per cui automatico ora il principiare di una strategia di innalzamento silente dei tassi. In sostituzione del criterio di cui alla vecchia legge n. 108/1996, la nuova, truffaldina norma ha previsto due criteri, il primo dei quali (incredibilmente in una norma) solo rivolto a generare confusione per fare apparire la norma meno grave di quello che . Secondo infatti il primo criterio (quello fumogeno) si ha usura quando il tasso medio sia superato del 25% + 4 punti. Si ha invece usura in base al secondo criterio (quello che conta) quando il tasso medio sia superato di 8 punti. Due criteri che giocano in maniere diverse secondo l'entit del tasso, salvo che il primo gioca in relazione a tassi molto elevati che esistono solo nella prassi dei crediti al consumo. Per fare per l'esempio che interessa il maggior numero di italiani, nei mutui a tasso variabile, ora (ottobre 2011) in media del 2,79%, prima, per verificarsi l'usura, la banca doveva praticare il 4,18%, ora invece il 10,79%. Tutto ci allo scopo evidente e notorio di evitare alle banche le sempre pi numerose condanne per usura, e per consentir loro, ora che non c' pi il baluardo del 'tasso soglia', il predetto aumento strisciante del costo del denaro (in pratica un legislatore dedito agli interessi privati). ('Fumogeno', uno dei due criteri, perch, se il tasso medio fosse ad esempio del 20%, con la legge vecchia il tasso usuraio sarebbe del 30%, mentre, con il primo criterio della legge nuova, sarebbe del 29% (20 + 5 + 4 = 29), ma con i 'benefici' frutto del secondo, del 28% (20 + 8 = 28). Si voluta insomma dare la sensazione che, in certi casi in presenza cio di tassi medi che investono un coacervo di somme complessive minore, quali certi prestiti al consumo vi sia un vantaggio, laddove

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quello che si inteso in realt fare stato innalzare il tasso usuraio in relazione al grosso dei finanziamenti, e cio in relazione ai mutui e agli affidamenti in conto corrente.) Una norma fatta ovviamente non per gli usurai 'normali' i quali, secondo i tassi che praticano, possono o no esserne avvantaggiati, ma in favore delle banche. Una norma ancor pi grave di quel che sembra perch l'usura rappresenta la forma estrema del signoraggio secondario, che gi di per s un crimine di straordinaria gravit, anzi il pi grave dei crimini. Le banche infatti non hanno alcun diritto agli interessi che pure incassano da sempre. La banca, cio, presta denaro non suo, e non c' nessuna ragione giuridica perch gli interessi non debbano andare ai proprietari dei soldi. Ripetendo concetti gi molte volte svolti, se Tizio d a Caio un assegno e Caio lo versa immediatamente presso la sua banca, a Tizio i immediatamente, e a Caio saranno accreditati nel migliore dei casi 'intervallo' durante i quali i 1.000 euro frutteranno interessi al sistema proprietario dei soldi. di 1.000 euro il primo gennaio 1.000 euro saranno stornati dopo 3 o 4 giorni. Giorni di bancario, che non mai stato

Pi analiticamente, se Tizio versa su una banca 100.000 euro, essa banca tratterr il 2% circa come riserva, e prester il 98% che, una volta depositato in unaltra banca, di nuovo, a cascata, sar prestato al 98% allinfinito. Finch, non la singola banca, ma il sistema bancario, attraverso un giro di prestiti di un importo ogni volta pi basso del 2%, avr azzerato i 100.000 euro iniziali, ma avr incassato gli interessi su prestiti per 5.000.000. Un usare 50 volte sempre lo stesso denaro che serve a monetizzare la societ, ma serve poi alle banche per imporre illecitamente interessi su ognuno di questi prestiti di denaro altrui, per i quali hanno diritto solo a dei compensi per il servizio (che gi riscuotono) dovendo gli interessi andare ai proprietari del denaro. Un gravissimo sistema che poi (si consenta la digressione) ci da cui discende l'attuale anch'esso illecito sistema fiscale, perch la sua principale funzione costringere i cittadini a finanziare lacquisto (in realt non n un acquisto n un prestito n uno sconto, ma solo un volgare crimine) delle banconote da parte dello Stato (che gi gli appartengono) presso le banche centrali (signoraggio primario), sicch, in sostanza, il fisco serve a raccogliere, attraverso le imposte e tasse, denaro gi inverato (oppure titoli corrispondenti) da usare per il pagamento del denaro da comprare (inverare/coprire). Tasse e imposte che non serviranno pi quando lo Stato non dovr pi comprare il denaro, ma lo stamper e se lo far pagare\coprire\inverare dalla collettivit con beni o servizi corrispettivi. Un sistema in cui pu credo bastare ununica imposta (potremmo definirla la generale) da pagarsi senza compensazioni tra dare e avere sui consumi di beni o servizi. Meccanismi fraudolenti che, tra signoraggio primario e secondario, processi inflattivi a loro vantaggio, tasse evase e fiscalit illecita, sversa fiumi di denaro nelle banche, la cui esistenza quindi basata su denaro accumulato nel tempo illecitamente. Un sistema rispetto al quale la magistratura non pu continuare ad addurre incredibilmente di non avere giurisdizione perch si tratta di una serie mostruosa di volgari crimini, uno pi grave dell'altro, e la tesi che la giustizia non abbia giurisdizione in materia di crimini sarebbe originale se non fosse raggelante. Orbene, in questo bel quadro, come se non bastasse, che il signoraggio secondario, ovvero questo lucrare interessi cinquantuplicati sui prestiti di denaro altrui, viene per di pi spinto alle sue estreme conseguenze mediante l'usura, che sinonimo di signoraggio secondario usuraio. In pratica, gi il di per s il signoraggio secondario un crimine. Ad esso con la nuova norma si aggiunge poi che il tasso sul denaro altrui (un tasso da signoraggio, un tasso non dovuto, un tasso estorto con la compiacenza dei poteri) viene portato alle estreme conseguenze innalzando il tasso soglia. Non difficile osservare a questo punto come la norma impugnata nel punto in cui addirittura rende legittimo, senza alcuna motivazione degna di considerazione, il tasso (gi di per s illegittimo) che era fin qui considerato usuraio, aggravando ulteriormente l'estremistico sfruttamento della societ da parte delle banche confligge con ogni articolo della Costituzione e, in particolare: Con l'art. 1, perch svuota di ogni (residuo) contenuto l'asserzione che l'Italia sia una Repubblica democratica fondata sul lavoro, o che la sovranit appartiene al popolo, perch fa s che il paese sia di fatto una dittatura delle banche fondata sulla collusione dei poteri in danno della collettivit.

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Con l'art. 2, perch vanifica l'affermazione che la Repubblica riconosca e garantisca i diritti inviolabili dell'uomo e richieda l'adempimento (non lo richiede certo alle banche) dei doveri inderogabili di solidariet politica, economica e sociale. Con l'art. 3, perch, ben lungi dal garantire alcuna dignit e uguaglianza, fa s che i cittadini siano uguali solo nel non avere alcun ricorso effettivo contro le mostruose prevaricazioni bancarie. Con l'art. 4, perch toglie significato al diritto al lavoro e rende anzi sempre pi difficili le condizioni per la sua attuazione. Con l'art. 24 perch la norma in questione inibisce l'azione giudiziaria per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi e rende inefficace l'azione difensiva. Con l'art. 35 perch la Repubblica ostacolata da questa legge nel tutelare il lavoro, perch le risorse pubbliche private vengono in gran parte sottratte indebitamente dalle banche. Con l'art. 41, perch la norma in oggetto consente alle banche di operare cos come vietato in contrasto con l'utilit sociale, la sicurezza, la libert e la dignit umana. Con l'art. 42, perch questa norma incide gravemente sulla propriet privata dei cittadini e delle Istituzioni, non sussistendo soggetti che non siano vittima dell'operato delle banche. Con l'art. 47, dove prevede che La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina e controlla l'esercizio del credito, perch tale norma, al contrario, distrugge il risparmio e consente l'esercizio delle forme di credito pi arbitrarie e lesive. Con gli artt. 102 e 117 primo comma, violato anche in relazione allart. 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dellUomo e delle Libert fondamentali (CEDU), ratificata e resa esecutiva con la legge del 4 agosto 1955, n. 848. Ci perch lart. 6 della CEDU, nel sancire il diritto a un giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale, impone al legislatore di uno Stato contraente, nell'interpretazione della CEDU e della giurisprudenza europea, di non interferire nell'amministrazione della giustizia allo scopo d'influire sulla singola causa o su di una determinata categoria di controversie attraverso norme interpretative che assegnino alla disposizione interpretata un significato vantaggioso per una delle parti, salvo il caso di ragioni imperative d'interesse generale. Il legislatore nazionale, invece, ha emanato una norma interpretativa favorevole alle banche nonostante un orientamento della Corte di Cassazione non favorevole alle banche, cos violando il principio di parit delle armi, non essendo certo prefigurabili nella fattispecie ragioni imperative d'interesse generale che permettano di escludere la violazione del divieto d'ingerenza. Sempre pi numerose erano infatti negli ultimi anni le sentenze di merito, e soprattutto della Cassazione, che dichiaravano lillegittimit dei criteri di calcolo della soglia c.d. usura indicati nelle numerose circolari della Banca dItalia, in quanto era basato su una interpretazione sbagliata della legge n. 108/96. Tali pronunce giurisprudenziali avevano finalmente chiarito che la commissione di massimo scoperto andava conteggiata insieme a tutti gli altri oneri del conto ai fini della verifica del superamento del tasso soglia ex lege 108/96. In tale senso si legga quanto stabilito dalla Corte di Cassazione penale sez. II in data 19 febbraio 2010 n. 12028 Ai fini della determinazione della fattispecie di usura, il chiaro tenore letterale dell'art. 644, comma 4, c.p. impone di considerare rilevanti tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito; tra essi rientra la commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo collegato all'erogazione del credito, giacch ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente, e funge da corrispettivo per l'onere, a cui l'intermediario finanziario si sottopone, di procurarsi la necessaria provvista di liquidit e tenerla a disposizione del cliente . Nello stesso senso si legga anche Cassazione penale sez. II del 14 maggio 2010 n. 28743: Nella determinazione del tasso di interesse, ai fini di verificare se sia stato posto in essere il delitto di usura, occorre tener conto, ove il rapporto finanziario rilevante sia con un istituto di credito, di tutti gli oneri imposti all'utente in connessione con l'utilizzazione del credito, e quindi anche della "commissione di massimo scoperto", che costo indiscutibilmente legato all'erogazione del credito.

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Ebbene, naturalmente in tali procedimenti giurisdizionali che adottavano la corretta interpretazione della legge c.d. antiusura venivano inevitabilmente riscontrati superamenti da parte della banca dei c.d. tassi soglia. Ci rischiava di suscitare un contenzioso contro le banche da parte dei numerosissimi clienti a cui erano stati applicati tassi tassi di interesse usurai, ma risultati fin l legittimi a causa dellerrore nella interpretazione della legge antiusura. A questo punto e in tale contesto giurisprudenziale si inserisce il tempestivo intervento del legislatore, che ha risolto il problema (alle banche) alzando il tasso soglia. Gli interventi normativi di cui si evidenzia lincostituzionalit, in sostanza, non sono stati causati dallesigenza o dallintento di disciplinare una situazione che lo richiedesse, ma sono invece frutto di una palese opera lobbistica rivolta a sottrarre le banche allavanzare di una giurisprudenza a esse sfavorevole, ovvero a ridare veste di legalit a una pratica gravemente illecita e sempre pi spesso ritenuta tale dalla giurisprudenza. Si solleva quindi la questione di legittimit costituzionale dellart 8, comma 5, lett. d, decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, (in Gazz. Uff., 13 maggio 2011, n. 110), convertito, con modificazioni, in legge 12 luglio 2011, n. 106, titolato: Semestre Europeo. Prime disposizioni urgenti per l'economia., che stabilisce: all'articolo 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108, le parole: "aumentato della met." sono sostituite dalle seguenti: "aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non pu essere superiore a otto punti percentuali, per violazione degli artt. 2, 3, 24, 41,42, 47, 102 e 117 della Costituzione. Si chiede in conseguenza che il G. I., previa sospensione del processo e lemissione di ogni ulteriore provvedimento inerente opportuno e consequenziale, voglia sollevare la suesposta questione di illegittimit costituzionale e rinviarla alla Corte costituzionale con emissione di ordinanza con la quale, riferiti i termini e i motivi dellistanza con cui la questione stata sollevata, disponga la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospenda il giudizio in corso ordinando che, a cura della Cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle parti in causa e al Pubblico Ministero, quando il suo intervento sia obbligatorio, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, con lemissione di ogni ulteriore provvedimento opportuno e conseguenziale. -5) ILLEGITTIMITA' CORRENTE. DELLA DECORRENZA DELLA PRESCRIZIONE DALLANNOTAZIONE IN CONTO

Non sussiste manifesta infondatezza della questione di legittimit costituzionale per violazione degli artt. della Costituzione 2, 3, 24, 41, 47 e 102, 111 e 117 dell'art. 1, comma 1, Allegato 1, della legge 26 febbraio 2011, n. 10 (in Suppl. ordinario n. 53 alla Gazz. Uff., 26 febbraio 2011, n. 47), titolata: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie., di conversione con modificazioni del decreto legge 29/12/2010, n. 225, nella parte in cui, lart. 2 quinquies ha introdotto nell'ordinamento giuridico la seguente norma: all'art. 2, dopo il comma 19, sono aggiunti i seguenti commi: omissis "61. In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente, l'art. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gi versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge. Iniziamo a riguardo con losservare che, ex art 2946: Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni. In determinate materie il codice e norme speciali prevedono termini pi brevi: 5 anni per il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito, per i crediti per il pagamento canoni di locazione, per il pagamento degli interessi, per retribuzioni, trattamento di fine rapporto e ratei di pensione; 3 anni per i crediti per prestazioni professionali; 2 anni per i crediti derivanti dalla circolazione dei veicoli 1 anno per i crediti per il pagamento dei premi di polizza assicurativa; 6 mesi per i crediti degli albergatori e coloro che danno alloggio con o senza pensione ecc. Quanto invece alla decorrenza, l'art 2033 cc prevede: Indebito oggettivo. Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ci che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda.

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In tema di nullit l'art. 1422 cc prevede poi: Imprescrittibilit dellazione di nullit. Lazione per far dichiarare la nullit non soggetta a prescrizione, salvi gli effetti dellusucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione. Sempre in tema di decorrenza, l'art. 2935 cc recita: Decorrenza della prescrizione. La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto pu essere fatto valere. Sennonch, a proposito del sopra citato art. 2935 cc, il comma 61, art. 2, DL 225 del 29.12.10, convertito con legge n. 10, art. 1, comma 1, del 2011, ha disposto, come abbiamo gi visto, che: In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente lart. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dallannotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dellannotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gi versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge. In tale interpretazione si deve ravvisare una non manifestamente infondata questione di illegittimit costituzionale per violazione degli artt. 3, 24, 41, 47 e 102 della Costituzione. Secondo infatti la conforme giurisprudenza e dottrina, in materia bancaria, ai sensi dellart. 1422 cc, lazione promossa dal cliente verso la banca per far valere la nullit delle clausole relative alle scorrettezze contabili (anatocismo, tardivit delle valute, interessi ultralegali, commissione massimo scoperto, spese indebite ecc), o allusura, imprescrittibile, mentre quella proposta dallo stesso cliente nei confronti della banca ai fini di conseguire la restituzione delle somme versate a titolo di capitalizzazione trimestrale degli interessi (e/o delle altre scorrettezze) soggetta alla prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c., poich trattasi di azione di ripetizione di indebito (oggettivo) ex art. 2033 cc. Prescrizione decennale art. 2946 cc, e non quinquennale, perch non inquadrabile n tra le prescrizioni brevi del diritto al risarcimento del danno, trattandosi di obbligazione derivante dalla legge (2033 cc), n tra le obbligazioni ex delicto, n tra quelle quinquennali ex art. 2948,4 cc, che riguardano la domanda diretta a conseguire gli interessi che maturano annualmente o in termini pi brevi, e non la domanda di restituzione di parte degli stessi in quanto indebitamente corrisposti. Quanto al termine ad quem, la giurisprudenza della Suprema Corte ha sempre sostenuto che il contratto di conto corrente bancario, pur se articolato in una pluralit di atti esecutivi, non d luogo a singoli rapporti (costitutivi o estintivi), ma ad un unico rapporto giuridico; sicch la serie successiva di versamenti, prelievi e accrediti determina solo variazioni quantitative dellunico originario rapporto costituito tra banca e cliente, per cui solo con il conto finale si stabiliscono definitivamente i crediti e i debiti delle parti. La Cassazione ha poi reiteratamente anche aggiunto che l'eccezione relativa alla tacita approvazione degli estratti conto per omessa tempestiva impugnazione degli stessi, infondata, atteso che l'approvazione del conto, ai sensi degli artt. 1832 e 1857 cc, limitata all'esattezza delle registrazioni sotto l'aspetto contabile, ma non si estende alla validit ed efficacia delle clausole del rapporto obbligatorio da cui derivano i rapporti negoziali registrati nel conto. La prescrizione, quindi, opera solo allorch il correntista agisca per la ripetizione di un indebito e pertanto presuppone un pagamento effettivo. E in effetti gi la Cassazione 9.4.84, n. 2262, aveva affermato che il momento iniziale del termine prescrizionale decennale per il reclamo delle somme indebitamente trattenute dalla banca a titolo di interessi decorre dalla chiusura definitiva del rapporto ove siano previste pi prestazioni del mandatario e qualora le parti non abbiano pattuito diversamente. Orientamento poi confermato dalle Sezioni Unite 26.5.2005, n. 10127, dove affermano che ... il ricorrente ha sostenuto che ... la decorrenza del termine decennale di prescrizione per il reclamo da parte del correntista delle somme indebitamente trattenute dalla banca per interessi calcolati in misura ultralegale senza valida pattuizione dovrebbe iniziare dalla data in cui ciascun pagamento stato effettuato, trattandosi di azione di ripetizione di tanti indebiti oggettivi quanti sono i pagamenti effettuati in esecuzione delle clausole impugnate. L'assunto in contrasto con la condivisa giurisprudenza di questa Corte (Cass. nn. 2004/5720, 1998/3783, 1984/2262, 1956/2488), che ha valorizzato il legame intercorrente fra una pluralit di atti esecutivi in virt dell'unicit del rapporto giuridico derivante da un contratto unitario, e pertanto deve essere disatteso. Orientamento analogamente espresso fin dalle Cass. nn. 2488/1956, 2262/1984, 3783/1998, 5720/2004, e poi dalla Corte App. Aquila 16.7.2008, Corte App. Torino 14.11.2007; Trib. Brescia 18.1.2010; Trib. Torino 6.10.2009, Trib. Arezzo 12.5.2009, Trib. Benevento 29.8.2008, Trib. Monza 7 aprile 2006; Trib. Bari 5 maggio 2005.

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Le Sezioni Unite n. 24418/2010, aggiungono per che il termine ad quem della prescrizione non necessariamente la chiusura del conto, ma un qualsiasi movimento avente carattere di pagamento, ovvero di annotazione in conto, avente carattere solutorio. Solutoriet che le Sezioni Unite non riconoscono alle rimesse intese a ripristinare la provvista concordata, ma solo alle rimesse volte a ripianare il conto nei casi di 'sforamento': tesi quest'ultima che non sembra per essere condivisibile. Recitano infatti le Sezioni Unite: ... Questo accadr qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo ... cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell'accreditamento. Non cos, viceversa, in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell'affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista pu ancora continuare a godere. ... Un versamento eseguito dal cliente su un conto il cui passivo non abbia superato il limite dell'affidamento concesso dalla banca con l'apertura di credito non ha n lo scopo n l'effetto di soddisfare la pretesa della banca medesima di vedersi restituire le somme date a mutuo (credito che, in quel momento, non sarebbe scaduto n esigibile), bens quello di riespandere la misura dell'affidamento utilizzabile nuovamente in futuro dal correntista. Non , dunque, un pagamento, perch non soddisfa il creditore ma amplia (o ripristina) la facolt d'indebitamento del correntista; e la circostanza che, in quel momento, il saldo passivo del conto sia influenzato da interessi illegittimamente fin l computati si traduce in un'indebita limitazione di tale facolt di maggior indebitamento, ma non nel pagamento anticipato di interessi. Di pagamento, nella descritta situazione, potr dunque parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto d apertura di credito in conto corrente, la banca abbia esatto dal correntista la restituzione del saldo finale, nei computo del quale risultino compresi interessi non dovuti e, perci, da restituire se corrisposti dal cliente all'atto della chiusura del conto. Decorrenza della prescrizione dai pagamenti aventi carattere solutorio circa la quale va per obiettato, al di l dei profili di illegittimit costituzionale, che: -Da quanto enunciato in sentenza, e cio dal fatto che il rapporto di conto corrente unitario, occorre desumere che i pagamenti aventi carattere solutorio andrebbero eccepiti e provati singolarmente dalla banca. -La condotta successiva della banca (avere tenuto il conto aperto e avere applicato anche successivamente le competenze, o la modalit di imputazione degli interessi) esclude il carattere solutorio del versamento. -Nessun pagamento irrevocabile. -Inoltre, identificato che fosse il carattere solutorio nel versamento che supera il limite dellaffidamento, resterebbe il problema che comunque il correntista potrebbe conoscere la sua posizione debitoria solo al momento della ricezione dellestratto conto, sicch verrebbe da chiedersi se il termine dovrebbe allora decorrere dal versamento o dallestratto, con i problemi ulteriori di qualificazione giuridica che ne deriverebbero. In definitiva il comma 61, laddove introduce la decorrenza della prescrizione dell'annotazione in conto in contrasto con la Costituzione agli art: 117 (in relazione all'art. 6 comma 1 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali), 2, 3, 24, 41, 47, 102, 111, come di seguito specificato. --ART. 117, in relazione all'art. 6,1 della CEDU. La CEDU esplica effetti nel nostro ordinamento mediante l'art. 117 della Cost. Il fatto che, come vedremo di seguito, vi contrasto tra il comma 61 e l'art. 6,1 della CEDU, determina quindi l'incostituzionalit per conflitto con il nuovo art. 117 Cost. (cfr. C. cost. sentenze n. 348 e 349 del 2007). La CEDU ha cio carattere pattizio, e non ricade nell'ambito dell'art. 11 della Costituzione (destinato alle norme di diritto internazionale consuetudinario e norme comunitarie), perch le norme della CEDU sono di rango sub-costituzionale ed esplicano effetti nel nostro ordinamento mediante il gi detto art. 117 Cost., integrativo di una precedente lacuna costituzionale (C. cost. sent. n. 349 del 2007).

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L'incompatibilit tra il comma 61 e lart. 117 Cost. in combinato disposto con lart. 6.1 della CEDU, consegue al fatto che il comma 61 configura un'interferenza del potere legislativo su giudizi in corso, perch volto a incidere, tramite un'applicazione retroattiva, su diritti di credito gi maturati in base allordinamento preesistente. Ora, la Corte CEDU intervenuta diverse volte sul tema delle leggi retroattive, affermando che la Convenzione non preclude in assoluto l'introduzione di norme che intervengono su diritti derivanti da leggi in vigore, ma, come affermato, ad esempio, nella sentenza della Grande Camera del 29 marzo 2006 (Scordino c. Italia), la Convenzione, per i motivi della preminenza del diritto e dellequo processo, consacrati dallart. 6 della CEDU, impedisce lapplicazione di norme retroattive ai processi in corso salvo imperativi motivi di interesse generale, che qui non sussistono, perch, al contrario, linteresse generale dei milioni di cittadini cui sono state applicate dalla banca addebiti illegittimi va in senso opposto a quello indicato dalla nuova legge. N pu sostenersi che lintervento del legislatore avesse finalit perequative tra una situazione soggettiva debole e una pi forte, salvo a volere qualificare come parte debole le banche. L'art. 6 della CEDU impedisce quindi, per motivi di preminenza del diritto e dell'equo processo, l'applicazione di una tale norma retroattiva ai processi in corso. (Vedi: Zielinski et Pradal & Gonzales contro France, n. 24846/94, 34165/96, 34173/96; Raffineries grecques Stran et Stratis Andreadis contro Grecia, n. 301-B; Papageorgiou contro Grecia, 22.10.97; National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society and Yorkshire Building Society contro United Kingdom, 23.10.97, e Scoppola (n. 2) c. Italia, Grande Chambre, 17.9.2009, ricorso n. 10249/03. --ARTT. 3, 24, 47, 102 e 111 Con sentenza n. 209, 11 giugno 2010, la Corte Costituzionale, nel solco di un consolidato orientamento, ha tracciato i limiti e i presupposti costituzionali entro i quali il Legislatore deve contenersi nell'adozione di norme interpretative. Precondizioni tra le quali la Corte ha individuando innanzitutto il sussistere di incertezze interpretative, e che la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario. (Vedi anche sentenza n. 525 del 2000 e, in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 374 del 2002, n. 26 del 2003, n. 274 del 2006, n. 234 del 2007, n. 170 del 2008, n. 24 del 2009). Le norme interpretative sono insomma legittime quando vi sia incertezza, non quando servano a crearla calando come un tornado sulla giurisprudenza consolidata e sulla certezza dei diritti e delle aspettative. Ne deriva stante l'assenza di incertezze interpretative e non essendo l'irripetibilit delle somme giustificata da alcuna motivazione che il comma 61 viola: -il principio generale di ragionevolezza; -l'affidamento legittimamente sorto nei soggetti in quanto connaturato allo Stato di Diritto; -leffettivit del diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (art. 24,1 Cost); -il divieto di introdurre ingiustificate disparit di trattamento. La nuova norma sulla decorrenza della prescrizione, oltre a frustrare il diritto alla tutela giurisdizionale prevedendo il decorso della prescrizione da un momento anteriore a quello da cui il diritto pu essere fatto valere, viola l'integrit delle attribuzioni costituzionali dell'autorit giudiziaria (art. 102 Cost.). Essa infatti, non avendo un valore puramente interpretativo, viola, per il suo carattere retroattivo, l'integrit delle attribuzioni del potere giurisdizionale, sia in relazione a pronunce gi emesse, sia in relazione alla potest di individuare la norma applicabile al caso esaminato senza interferenza del potere legislativo che non sia giustificata da imperfezioni tecniche che determinino obiettive oscurit interpretative che possano determinare errori o contrasti interpretativi. C. Cost. n. 209/2010 cit., che richiama le n. 525/2000, n. 374/2002, n. 26/2003, n. 274/2006, n. 234/2007, n. 170/2008 e n. 24/2009. A ci si aggiunge che la norma, cos come interpretata ex lege n. 10/2011, viola il principio del diritto al giusto processo, enunciazione dell'art. 111, comma 1, Cost., perch le norme introdotte dal legislatore ordinario che, direttamente o indirettamente, incidono sulla gestione e sui risultati del processo devono essere conformi ai parametri di giustizia del processo stesso, che non si traducono in una formale uguaglianza dei poteri delle parti nel processo, ma anche nella possibilit, legislativamente garantita (o non ostacolata), che il processo giunga anche ad un giusto risultato.

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La recente norma non appare conforme, inoltre, neppure al principio della tutela costituzionale del risparmio di cui all'art. 47 Cost. --ART. 3, laddove afferma il principio di ragionevolezza e uguaglianza, violato dall'impugnata norma in quanto introduce uningiustificata disparit di trattamento tra titolari di diritti restitutori nascenti da rapporti bancari di conto corrente bancario, e titolari di analoghe posizioni soggettive regolate da conto corrente ordinario, o maturate in rapporti di altra natura. Sussiste unulteriore disparit di trattamento ingiustificata tra azioni di ripetizione di indebito conclusesi con lincasso dellindebito prima e dopo la entrata in vigore della legge impugnata. Infatti, la preclusione dellazione giudiziaria per le somme gi versate al momento dellentrata in vigore della legge impugnata priva di razionalit e discrimina tra le posizioni dei diversi cittadini sulla base di un dato temporale che incide in maniera indiscriminata su situazioni soggettive analoghe. Vi disuguaglianza tra la posizione della banca e quella del correntista anche nel senso che, al di la delle formule, sussiste limpossibilit, finch durano i rapporti con le banche, di eccepire alcunch contro di esse, pena lestraniazione dallintero circuito economico. Una condizione che continua a sussistere anche dopo la chiusura di questo o quel singolo conto contro l'una o l'altra banca. -ART. 24, primo comma, laddove garantisce ai cittadini di poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, perch il comma 61 priva i clienti delle banche della possibilit di far valere in giudizio il diritto alla ripetizione di somme versate, quale che sia il fondamento originario della pretesa restitutoria, incidendo, retroattivamente, non sul diritto a far valere il vizio dellatto (quale esso sia, anche se derivante da illecito penale) sui cui si fonda la pretesa di adempimento o restitutoria (nullit del negozio, errore di pagamento, erroneit materiale delle mere annotazioni contabili), ma, in generale, sul diritto alla restituzione delle somme versate, e quindi sul diritto dellindividuo alla tutela giurisdizionale garantito dallart. 24 Cost. Tale norma, infatti, non elimina o pregiudica gravemente il diritto soggettivo sostanziale, ma la possibilit di farlo valere in giudizio con unazione di ripetizione del c.d. mal tolto, svuotando cos il diritto ad agire per la nullit di una clausola contrattuale senza che vi sia tutela del conseguente diritto alla restituzione delle somme versata in base alla clausola impugnata (sul punto vedi anche sentenza 209 del 2010 della Corte Costituzionale). --ART 41 e 47 laddove stabilisce che liniziativa economica privata non pu svolgersi in contrasto con lutilit sociale; e quando afferma che la propriet privata riconosciuta e garantita dalla legge, e infine dove si legge (art. 47) che la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio e disciplina, coordina e controlla lesercizio del credito, perch evidente il contrasto tra il comma 61 e l'utilit sociale voluta dall'art. 41 della Cost. per l'iniziativa economica privata. La norma in esame impedendo ai correntisti di ripetere le somme illegittimamente incassate dagli istituti di credito nel corso del rapporto di conto corrente introduce inoltre una violazione del principio della tutela costituzionale del risparmio e delliniziativa economica privata. Essa norma comporta infatti una grave perdita economica per i correntisti, i quali si vedono vietati il recupero delle ingenti somme illegittimamente incamerate dalle banche nel corso del rapporto di conto corrente. A maggior ragione risulta gravosa se si pensa che, stante la sua applicabilit retroattiva, pone assurdamente nel nulla persino crediti dei clienti ormai riconosciuti anche giudizialmente in I grado e semplicemente non ancora incassati prima della sua entrata in vigore. --ART. 102, laddove stabilisce le funzioni e fissa il principio di integrit delle attribuzioni costituzionali dell'autorit giudiziaria, perch non ha valore puramente interpretativo sicch, per il suo carattere retroattivo, viola lintegrit delle attribuzioni del potere giurisdizionale sia in relazione a pronunce gi emesse sia in relazione alla potest di individuare la norma applicabile al caso esaminato senza interferenze del potere legislativo che non siano giustificate da imperfezioni tecniche che determinino obiettive oscurit interpretative che possano determinare errori o contrasti interpretativi. --ART. 111, laddove stabilisce il diritto ad un giusto processo perch, anticipando la decorrenza della prescrizione del diritto alla ripetizione ad un momento anteriore a quello in cui pu essere esercitato (si veda quanto dedotto in seguito), adotta uninterpretazione che non risulta coerente con il quadro giurisdizionale pregresso costante (vedi sentenza C. Cass. S.U. 24418/2010, che non fissava la

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decorrenza della prescrizione dallannotazione), e che quindi, non rimediando a dubbi o contrasti interpretativi, appare in contrasto, con il principio del diritto a un processo equo. La legge n. 10/2011 stata peraltro gi disattesa da un gran numero di sentenze e di ordinanze. D'Altra parte, al di l dei profili di illegittimit costituzionale, lannotazione non costituisce pagamento e nessuna annotazione irrevocabile, e la nuova legge parlando di annotazione slega il termine ad quem dal requisito di conoscibilit da parte del cliente, il quale reso edotto delle movimentazioni del proprio conto solo con la ricezione dellestratto conto. Si solleva quindi la questione di legittimit costituzionale per violazione degli artt. della Costituzione 2, 3, 24, 41, 47 e 102, 111 e 117 dell'art. 1, comma 1, Allegato 1, della legge 26 febbraio 2011, n. 10 (in Suppl. ordinario n. 53 alla Gazz. Uff., 26 febbraio 2011, n. 47), titolata: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie., di conversione con modificazioni del decreto legge 29/12/2010, n. 225, nella parte in cui, lart. 2 quinquies ha introdotto nell'ordinamento giuridico la seguente norma: all'art. 2, dopo il comma 19, sono aggiunti i seguenti commi: omissis "61. In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente, l'art. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gi versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge. Si chiede in conseguenza che il G. I., previa sospensione del processo e lemissione di ogni ulteriore provvedimento inerente opportuno e consequenziale, voglia sollevare la predetta questione di illegittimit e rinviarla alla Corte costituzionale con emissione di ordinanza con la quale, riferiti i termini ed i motivi dellistanza con cui stata sollevata la questione, disponga l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale ordinando che, a cura della Cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata, quando non se ne sia data lettura nel pubblico dibattimento, alle parti in causa, al Pubblico Ministero quando il suo intervento sia obbligatorio, al Presidente del Consiglio dei ministri, e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, con lemissione di ogni ulteriore provvedimento opportuno e conseguenziale. -6) ILLEGITTIMITA' DELLA RI-INTRODUZIONE DELLA COMMISSIONE DI MASSIMO SCOPERTO. Non manifestamente infondatezza la questione di illegittimit costituzionale per violazione degli artt. 2, 3, 41, 47 della Costituzione dellart 1, all. 1, legge 28.1.2009, n. 2 (in Suppl. ordinario n. 14, alla Gazz. Uff., 28.1.2009, n. 22), titolata: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, nella parte in cui ha introdotto lart 2 bis, comma 1, nel decreto legge 29 novembre 2008 n. 185, articolo poi modificato (il detto 2 bis, comma 1, DL. 185\2008) dallart. 2, comma 2, del D.L. 01\07\2009, n. 78 (convertito, questultimo DL, con modificazioni, in legge 3 agosto 2009, n. 102), illegittimo nella parte in cui esso 2 bis, comma 1 (ULTERIORI DISPOSIZIONI CONCERNENTI CONTRATTI BANCARI), ha disposto legittimamente che: Sono nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto, proseguendo poi per specificando illegittimamente che: se il saldo del cliente risulti a debito per un periodo continuativo inferiore a trenta giorni ovvero a fronte di utilizzi in assenza di fido. Sono altres nulle le clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, salvo che il corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme sia predeterminato, unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate, con patto scritto non rinnovabile tacitamente, in misura onnicomprensiva e proporzionale all'importo e alla durata dell'affidamento richiesto dal cliente, e sia specificatamente evidenziato e rendicontato al cliente con cadenza massima annuale con l'indicazione dell'effettivo utilizzo avvenuto nello stesso periodo, fatta salva comunque la facolt di recesso del cliente in ogni momento. L'ammontare del corrispettivo omnicomprensivo di cui al periodo precedente non pu comunque superare lo 0,5 per cento, per trimestre, dell'importo dell'affidamento, a pena di nullit del patto di remunerazione. Il Ministro dell'economia e delle finanze assicura, con propri provvedimenti, la vigilanza sull'osservanza delle prescrizioni del presente articolo. Orbene, con l'art. 1, all. 1, legge 28.1.2009, n. 2, che ha introdotta lart. 2 bis, comma 1, del decreto legge n. 185, del 2008, il nostro legislatore, indifferente allo stridente contrasto con il clamoroso superamento giurisprudenziale della commissione di massimo scoperto, la reintroduce imponendola per legge per di pi incrementandone il costo.

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Sennonch la norma che l'ha introdotta illegittima, per cominciare, per gli stessi motivi per i quali la giurisprudenza ha gi variamente qualificato illegittima la cms. La cms, cio, si giustificava ma solo secondo le banche perch la banca che concede un fido deve predisporre una disponibilit finanziaria, indipendentemente dall'effettivo prelevamento, e veniva applicata sia nelle aperture di credito in conto corrente che negli affidamenti occasionali, quali scoperti e sconfinamenti senza fido. Nellart. 7,3 delle NUB (norme bancarie uniformi ), la cms era solo citata, ma non disciplinata, ed era infatti affidata ai criteri concordati con il correntista o usualmente praticati dalle banche sulla piazza con le valute indicate nei documenti contabili o comunque negli estratti conto. La circolare del 3.2. 1995 dell'ABI, nel dettare le nuove norme per i contratti di corrispondenza e servizi connessi, prevedeva (quale simulacro della possibilit per il cliente di 'concordare' l'entit della cms) che nell'intestazione della proposta contrattuale predisposta per il cliente fosse previsto uno spazio per l'indicazione del suo ammontare. Le Istruzioni della Banca d'Italia precedenti al 2009, alla sez. I, C/5, intitolata Metodologia di calcolo della percentuale della commissione di massimo scoperto, illustravano: Tale commissione nella tecnica bancaria viene definita come il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l'intermediario dell'onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell'utilizzo dello scoperto del conto. Tale compenso che di norma viene applicato allorch il saldo del cliente risulti a debito per oltre un determinato numero di giorni viene calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento. In sostanza un'assurdit che ha acuito, alla fine, i dubbi della giurisprudenza circa la sua legittimit. Un'assurdit perch la cms nulla per mancanza di causa, visto che si sostanzia in un ulteriore illegittimo addebito di interessi corrispettivi rispetto a quelli convenzionalmente previsti per l'utilizzo dell'apertura di credito. Una situazione in cui sono divenute sempre pi numerose le sentenze che condannavano gli istituti di credito alla sua restituzione considerandola priva di una legittima causa petendi e frutto di un incremento surrettizio del tasso di interesse passivo pattuito e come negozio in frode alla legge. Ragioni per cui infine, anche il Governatore della privata organizzazione illecita abusivamente denominata Banca d'Italia, il 31.5.2008, espresse l'auspicio che si procedesse alla sua sostituzione (un istituto poco difendibile sul piano della trasparenza), con una commissione commisurata alla dimensione del fido accordato. Buon ultimo, anche il presidente dell'Antitrust, il 24.6.2008, nella Relazione annuale afferma: Va affrontato il tema della commissione di massimo scoperto, definendola prassi iniqua e penalizzante per i risparmiatori e per le imprese deve essere abolita. Censure alle quali sono seguiti generalizzati interventi tardivamente moralizzatori (senza che nessuno abbia per mai parlato di restituzione), tra cui quelli dellAutorit Garante per la Concorrenza. Finch intervenuto il 'legislatore' che, peraltro con piglio riformatorio, non fa invece altro che reintrodurla e incrementarla. La prima parte del comma 1, art. 2 bis, ribadisce infatti che la cms va calcolata sul picco del credito effettivamente utilizzato dal cliente introducendo per due novit: a) La fissazione ex lege del limite temporale minimo di 30 giorni di esposizione a debito, mentre prima bastava anche un giorno, anzi un momento. b) L'applicabilit solo ai contratti di apertura di credito e solo sul fido effettivamente utilizzato nell'ambito dell'affidamento accordato, escludendo quindi l'applicazione agli scoperti di conto corrente e agli sconfinamenti tollerati dalla banca oltre l'ammontare dell'affidamento. La seconda parte del comma 1 disciplina invece la provvigione d'affidamento (quale corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme e, dunque, indipendente dall'utilizzo delle somme messe a disposizione), subordinandone la validit a varie condizioni che non diminuiscono n l'illegittimo danno per il cliente n gli altrettanto illegittimi benefici per le banche, ovvero stabilendo che il corrispettivo sia: a) predeterminato unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate; b) oggetto di patto scritto non rinnovabile tacitamente;

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c) determinato in misura onnicomprensiva rispetto a ogni altra voce di costo; d) determinato in misura proporzionale all'importo credito accordato ed alla durata dell'affidamento richiesto dal cliente. L'art. 2,2 d.lgs. 1 luglio 2009, n. 78 ha poi aggiunto, all'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 2-bis decreto legge n. 2 del 2009, che il corrispettivo onnicomprensivo di cui al periodo precedente non pu comunque superare lo 0,5%, per trimestre, dell'importo dell'affidamento, a pena di nullit del patto di remunerazione. In sostanza, nel mentre la giurisprudenza e gli organi di vigilanza muovevano rilievi sempre pi critici miranti all'abolizione della cms, il 'legislatore', come nulla fosse, intervenuto per aumentarla. La norma in esame cio, al primo periodo dell'art. 2 bis, L. 28.1.2009, n. 2 (ex comma 1 dell'art. 2-bis d.l. 185/2008), ribadisce la cms in senso stretto cos come praticata nella precedente illegittima prassi bancaria, ma, al secondo e terzo periodo dello stesso comma, introduce una remunerazione per la messa a disposizione dei fondi, che qualifica commissione di affidamento o commissione sull'accordato, proprio allo scopo di distinguerla dalla cms in senso stretto. Questioni tutte molto gravi e cariche di profili di non manifesta infondatezza della questione di illegittimit costituzionale. In particole lart. 2 bis, decreto legge n. 185 del 2008, come modificato dallart. 2, comma 2, decretolegge 1 luglio 2009, n. 78, convertito in legge in legge n. 102 del 3/08/2009 viola la Costituzione agli: -ART. 2, dove riconosce e garantisce i diritti inviolabili delluomo sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalit e linderogabilit della solidariet sociale ed economica e di buona fede nellart. 2 Cost., immanente allintero ordinamento giuridico per diritto vivente della Corte di Cassazione (Sez. Unite n. 26724 del 2007, Sez. 3, Sentenza n. 20106 del 2009). Tale norma, infatti, in un periodo tra laltro di grave crisi economica per le famiglie, per i singoli cittadini e per il Paese nel suo complesso, fornisce agli istituti bancari strumenti normativi, non solo per il mantenimento in vita, ma per laggravamento di istituti pacificamente riconosciuti illegittimi e lesivi del risparmio e delle condizioni economiche, perch dimostrato anche da rilevazioni effettuate da istituzioni pubbliche (Commissione 6a del Senato della Repubblica, AGCM ecc.) che tale normativa ha dato luogo a un incremento di voci di costo in conto corrente e a un incremento del costo della vecchia cms. -ART. 3, dove, premessa la pari dignit dei cittadini, si indica tra i compiti della Repubblica quello di rimuovere gli ostacoli economici che limitano di fatto la libert e luguaglianza e impediscono il pieno sviluppo della persona e leffettiva partecipazione allorganizzazione politica, economica e sociale. Principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge violato perch distingue la posizione dei clienti rispetto a quella delle banche, favorendo un loro indebito arricchimento a scapito dei clienti. Inoltre la possibilit, concessa dal punto 3, per le banche di adeguarsi unilateralmente entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto espressione di un favor del legislatore in favore degli istituti di credito e contro i correntisti, perch avrebbe richiesto quel giusto motivo indispensabile quale requisito per le variazioni unilaterali delle condizioni di conto corrente, e anche ci viola il principio di uguaglianza sostanziale e di tutela del soggetto debole. Censure fatte implicitamente proprie, con nota del 29.12.2009, anche dall'Autorit garante della concorrenza e del mercato, secondo la quale: sia per gli affidamenti che per gli scoperti transitori di conto corrente, successivamente allentrata in vigore dellarticolo 2-bis, comma 1, del D.L. n. 185 del 2008, convertito con modificazioni in legge n. 2 del 2009, si verificato un innalzamento dei costi per i correntisti. Violazione del principio di uguaglianza alla quale segue la violazione anche del principio di ragionevolezza, che ne corollario, perch la discrezionalit di cui il legislatore dotato nel dettare le norme trova appunto il suo limite nella loro ragionevolezza. Il legislatore, cio, di fronte alle sempre pi numerose prese di posizione contro la cms, avrebbe dovuto dichiararne illegittimit, non certo la legittimit allo scopo di conservare contro tutti quel contestatissimo vantaggio alle banche. Condotta del legislatore che appare quindi del tutto irragionevole anche sotto questo profilo. -ART. 41, dove stabilisce che liniziativa economica privata non pu svolgersi in contrasto con la utilit sociale e quando afferma che la propriet privata e riconosciuta e garantita dalla legge.

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-ART. 47, dove si legge che la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio e disciplina, coordina e controlla lesercizio del credito. La norma in questione, implicando una grave perdita consistente nell'aggravio della gi illegittima cms introduce una grave lesione del principio della tutela costituzionale del risparmio e delliniziativa economica privata, dato l'irragionevole favore accordato alla pratica oligopolistica e di cartello della cms, e mina cos la stabilit dei prezzi nell'intero sistema economico, erodendo l'entit del risparmio. Finanche la Banca dItalia (e tutto dire, visto che di propriet delle banche che ha qui censurato), nei Risultati della rilevazione sulle commissioni applicate dalle banche su affidamenti e scoperti di conto, pubblicata il 13.2.2010, scrive: Considerando le segnalazioni delle singole banche, si osserva che in un numero non ridotto di casi il passaggio dalle vecchie alla nuove previsioni contrattuali ha prodotto un peggioramento delle condizioni per la clientela. Ci vero, in particolare, per i conti non affidati delle famiglie (fig. 1): in media si registra nei diversi scenari un peggioramento delle condizioni nel 29 per cento dei casi; in uno scenario (il n. 5), contraddistinto da uno scoperto di importo contenuto ( 300) per una durata prolungata (30 giorni), nei tre quarti dei casi si osserva un peggioramento. Nel caso dei conti affidati delle imprese i casi di peggioramento sono meno frequenti (12 per cento in media). Le poche banche che, gi a fine 2008, non applicavano la CMS segnalano condizioni tendenzialmente stabili sui conti non affidati, mentre lintroduzione di commissioni per la messa a disposizione di fondi sui conti affidati ha determinato un incremento degli oneri mediamente nel 30 per cento dei casi (fig. 2). 5. Conclusioni Le variazioni contrattuali introdotte dalle banche a seguito degli interventi normativi hanno comportato, in media, una diminuzione degli oneri per commissioni, sia per i conti non affidati sia, soprattutto, per i conti affidati; peraltro, in un numero non ridotto di casi il passaggio dalla vecchia alla nuova struttura commissionale ha prodotto un peggioramento delle condizioni per la clientela. Nel complesso, i benefici netti per i correntisti potrebbero essere inferiori a quelli stimati se compensati da incrementi nei tassi dinteresse e nelle voci generali di costo del conto corrente. Soprattutto per i conti non affidati, per i quali la legge ha sancito la nullit della commissione di massimo scoperto, la variet di commissioni introdotte in sua sostituzione ha ridotto il grado di comparabilit del costo dello scoperto di conto. xxxxx Si solleva quindi la questione di legittimit costituzionale per violazione degli artt. 2, 3, 41, 47 della Costituzione dellart 1, all. 1, della legge 28 gennaio 2009, n. 2 (in Suppl. ordinario n. 14, alla Gazz. Uff., 28 gennaio, n. 22), titolata: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, nella parte in cui ha introdotto lart 2 bis, comma 1, nel decreto legge 29 novembre 2008 n. 185, articolo (il detto 2 bis, comma 1, DL. 185\2008) poi modificato dallart. 2, comma 2, del D.L. 01\07\2009, n. 78 (convertito, questultimo DL, con modificazioni, in legge 3 agosto 2009, n. 102), illegittimo limitatamente alla parte in cui (il 2 bis, comma 1: ULTERIORI DISPOSIZIONI CONCERNENTI CONTRATTI BANCARI), dopo aver legittimamente disposto che: Sono nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto, prosegue poi per specificando illegittimamente che: se il saldo del cliente risulti a debito per un periodo continuativo inferiore a trenta giorni ovvero a fronte di utilizzi in assenza di fido. Sono altres nulle le clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, salvo che il corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme sia predeterminato, unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate, con patto scritto non rinnovabile tacitamente, in misura onnicomprensiva e proporzionale all'importo e alla durata dell'affidamento richiesto dal cliente, e sia specificatamente evidenziato e rendicontato al cliente con cadenza massima annuale con l'indicazione dell'effettivo utilizzo avvenuto nello stesso periodo, fatta salva comunque la facolt di recesso del cliente in ogni momento. L'ammontare del corrispettivo omnicomprensivo di cui al periodo precedente non pu comunque superare lo 0,5 per cento, per trimestre, dell'importo dell'affidamento, a pena di nullit del patto di remunerazione. Il Ministro dell'economia e delle finanze assicura, con propri provvedimenti, la vigilanza sull'osservanza delle prescrizioni del presente articolo.

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Si chiede in conseguenza che il GI, previa sospensione del processo e lemissione di ogni ulteriore provvedimento inerente, opportuno e consequenziale, voglia sollevare la predetta questione di illegittimit costituzionale e rinviarla alla Corte costituzionale, con emissione di ordinanza con la quale, riferiti i termini ed i motivi dellistanza con cui stata sollevata la questione, ordini che, a cura della Cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata, quando non se ne sia data lettura nel pubblico dibattimento, alle parti in causa, al Pubblico Ministero quando il suo intervento sia obbligatorio, al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

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