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Ma Occupy Wall Street non sta rinnovando la sinistra

ENRICO PEDEMONTE Occupy Wall Street la riscossa del pensiero di sinistra dopo trentanni di egemonia liberista o solo un sussulto movimentista destinato a lasciare tracce marginali di s? Negli Usa, c chi legge questa protesta come un segnale che il ciclo trentennale del reaganismo ormai concluso e una nuova era sta sorgendo. Solo che non ci sono ricette per alimentare lera progressista che sarebbe alle porte, n si trovano moderni Keynes. Il nuovo credo progressista si basa sul binomio guinzaglio alla finanza e pi tasse ai ricchi. Un po poco.

17 novembre 2011 00:03 Loccupazione di Zuccotti Park, a New York, si conclusa con una metafora suggestiva: i manganelli inviati da un sindaco (un finanziere miliardario) che colpiscono i giovani indignati per limmoralit di Wall Street. Il simbolismo non potrebbe essere pi lampante. Non chiaro perch Michael Bloomberg abbia deciso questa svolta repressiva proprio ora, quando tra i militanti si stava discutendo se interrompere loccupazione per lincombere del Generale Inverno. Ma qualunque sia stata la motivazione (probabilmente solo una forma di perbenismo legalitario che mal tollerava un campeggio non autorizzato a due

passi da Wall Street), quel movimento tuttaltro che finito. Anzi, probabile che quello a cui abbiamo assistito in questi mesi nelle piazze di molte capitali sia solo lanticipazione di un fermento destinato a durare a lungo. E i manganelli di Bloomberg serviranno solo a dare fiato a una protesta che gi sta rifiorendo. Le cause che sono allorigine del malessere la disoccupazione giovanile e le crescenti ineguaglianze economiche non sono certo svanite. Ma se certo che il movimento andr avanti, non affatto chiaro quale siano i suoi effetti a lungo termine. Occupy Wall Street la riscossa del pensiero di sinistra dopo trentanni di egemonia liberista o solo un sussulto movimentista destinato a lasciare tracce marginali di s? A sinistra sono in parecchi a pensare che siamo di fronte a un momento di svolta. In particolare leconomista Jeffrey Sachs sostiene (sul New York Times) che Occupy Wall Street il segnale che il ciclo trentennale del reaganismo ormai concluso e una nuova era sta sorgendo. Purtroppo Sachs non fornisce alcuna prova di questa affermazione ma si limita a fotografare in modo ovvio lesistente: fin dagli anni Ottanta il reaganismo ha creato i presupposti perch le ineguaglianze aumentassero grazie a profondi tagli agli investimenti pubblici e la costante diminuzione delle tasse ai ricchi. Lo slogan fondativo di Occupy Wall Street (Siamo il 99%) rappresenta in modo sintetico il senso di un malessere collettivo che alberga nel cuore di milioni di americani (e non solo). Secondo Sachs la storia degli Stati Uniti come un pendolo che oscilla, con lunghi periodi storici caratterizzati da forti ineguaglianze seguiti da fasi in cui si sono imposte politiche di redistribuzione della ricchezza. Il primo movimento progressista esplose dopo la crisi finanziaria del 1893 (come reazione allera dei robber barons) mentre il secondo si svilupp dopo la Grande Depressione degli anni Venti e diede vita al New Deal di Delano Roosevelt, a cui seguirono tre decenni di liberismo reaganiano durante i quali le diseguaglianze economiche sono aumentate a dismisura. Siamo dunque allalba di una terza era progressista che porter a una nuova redistribuzione dei redditi? Sachs convinto di s, per almeno un paio di motivi. Primo: indispensabile investire in servizi pubblici pi moderni perch alcuni settori (ferrovie, istruzione, protezione ambientale) sono stati abbandonati al degrado. Secondo: il clima di impunit verso la finanza fraudolenta finito, e i giovani di Occupy Wall Street sono scesi in piazza per creare una nuova cultura di controllo democratico. E questa cultura sta contagiando azionisti, consumatori, studenti e cos via. Purtroppo Sachs non elenca le ricette per alimentare lera progressista che sarebbe alle porte, n indica i moderni Keynes che dovrebbero fornire nuovi strumenti teorici ai governanti per uscire dallepoca della dittatura di Wall Street. Il nuovo credo progressista si basa sul binomio guinzaglio alla finanza e pi tasse ai ricchi. Un po poco per farne una piattaforma per la rinascita dellOccidente. Anche altri osservatori, ben pi movimentisti di Sachs, faticano a definire la strategia politico-culturale di Occupy Wall Street. Toni Negri e Michael Hardt (che insieme hanno scritto Impero e Moltitudine) hanno pubblicato un breve saggio sul sito di Foreign Affairs nel quale si chiedono se Occupy Wall Street possa diventare il processo costituente di una nuova democrazia. Ma quale democrazia? I due studiosi mettono insieme i giovani di Zuccotti Park, gli indignati nelle piazze spagnole, quelli che occuparono piazza Tahir al Cairo e piazza Syntagma ad Atene (e cos via) affermando che tutti questi movimenti hanno una caratteristica in comune: tutti si ribellano contro sistemi politici dai quali non si sentono pi rappresentati, e questo perch la politica ovunque diventata serva degli interessi delleconomia e della finanza. Ma qual lalternativa? Secondo Negri e Hardt la

risposta contenuta nella stessa organizzazione dei movimenti: moltitudini che si organizzano in assemblee senza leader e strutture partecipative dal basso. I due studiosi sembrano suggerire che saranno proprio queste forme organizzative, questo fluire di sms, tweet, post e interazioni su Facebook a creare lossatura del nascente sistema di rappresentanza: una nuova forma di democrazia reticolare basata sui network di comunicazione. Ma davvero in corso un processo spontaneo per una nuova costituente democratica per mettere in discussione la moralit del capitalismo finanziario? Anche in questo caso, le conclusioni sembrano emergere pi dal credo ideologico degli autori che dalla realt. C anche chi sostiene, semplicemente, che Occupy Wall Street sia una reazione speculare rispetto a quella dei Tea Party: la crisi economica pi grave dagli anni Trenta induce lestremizzazione della guerra tra le due culture che da decenni infuria negli Stati Uniti. Se una parte molti liberisti credono che tutto si risolva abbattendo lo stato sociale, dallaltra altri pensano che la soluzione sia mandare al rogo (metaforico) gli uomini di finanza. Entrambi i gruppi pensano che la soluzione del problema della crisi economica e della disoccupazione passi attraverso la realizzazione delle proprie ricette ideologiche. Ma al di l dello sdegno per gli eccessi della finanza e degli slogan nei cortei non si vedono tracce di una nuova strategia progressista per raddrizzare la crisi economica che sta facendo traballare lOccidente. Per ora il movimento Occupy Wall Street non fornisce le chiavi culturali per uscire da una crisi che colpisce lOccidente intero, stretto da una tenaglia inesorabile: la globalizzazione che porta risorse e posti di lavoro versi i paesi in via di sviluppo e unincessante innovazione tecnologica che rende obsoleto un crescente numero di lavori manuali e intellettuali. E non un caso che la sinistra italiana sostenga lascesa di due uomini come Mario Draghi e Mario Monti, entrambi passati per Goldman Sachs. Per quanto seri, preparati e onesti, chi si pu aspettare da loro una nuova strategia di sinistra che parta da una spallata al mondo della finanza? Jeffrey Sachs pu anche predicare che siamo allinizio di unera progressista, ma i germi culturali di questa nuova epoca ancora non si vedono. Non c una chiara visione di come lOccidente possa uscire dalla tenaglia che lo sta strangolando. Una via progressista per rispondere a questi fenomeni non c ancora. E le ricette keynesiane di Obama sembrano solo pannicelli caldi. Occupy Wall Street la febbre che segnala la malattia in corso, ma la medicina non c ancora. Da Linkiesta: http://www.linkiesta.it/occupy-wall-street-usa

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