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Boccaccio teologo

Poesia e verit alla fine del Medioevo di Luigi Canetti

Discuter qui alcuni aspetti di quello che tienne Gilson riteneva il tema di fondo che percorre la Genealogia: la relazione tra poesia e verit1. Se la mitologia poetica degli autori pagani riguarda i falsi di, com possibile leggervi o ritrovarvi un contenuto di verit? In altre parole, rispondere alla domanda sottesa al titolo del mio contributo significa fare i conti con unantica questione di metodo. Quando essa riaffiora nel discorso poetico del Trecento, lermeneutica cristiana del paganesimo e degli auctores aveva gi alle spalle pi di un millennio di riflessioni e di pratiche2. Come vedremo, la ratio scolastica del Duecento ne avrebbe mutato radicalmente i termini prima che la questione, ormai in pieno Rinascimento, si aprisse a nuove declinazioni ancora per tributarie, quantomeno rispetto alla forma tractatus, della lezione di Giovanni Boccaccio3.
1 . Gilson, Posie et vrit dans la Genealogia de Boccace, in Studi sul Boccaccio, 2, 1964, pp. 253-282. Dora in avanti far sempre riferimento alledizione delle Genealogie deo rum gentilium procurata da V. Zaccaria in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, a cura di V. Branca, voll. VII-VIII, Milano, Mondadori, 1998. Il corredo di note e riferimenti bibliografici non ha alcuna pretesa di esaustivit, e intende semmai rilevare i punti salienti di un percorso di riflessione, che in quella circostanza si rivelato felicemente libero dalle pastoie dei vincoli disciplinari. 2 Ancora fondamentale lopera di H. de Lubac, Exgse mdivale. Les quatre sens de lcriture, II/2, 1964, trad. it. Esegesi medievale. I quattro sensi della Scrittura, vol. 4, Milano, Jaca Book, 2006. 3 Non toccher il problema delle fonti mitografiche del Boccaccio, le quali, del resto, ad esclusione del misterioso Teodonzio per cui lo stesso Zaccaria (cfr. V. Zaccaria, Boccaccio narratore, storico, moralista e mitografo, Firenze, Olschki, 2001) non sembra spingersi oltre le acquisizioni del Landi (cfr. C. Landi, Demogrgone. Con un saggio di nuova edizione delle Genealogie deorum gentilium del Boccaccio e silloge dei frammenti di Teodonzio, Palermo, Sandron, 1930) , sono state ormai da tempo individuate dagli specialisti, che hanno ben illustrato anche la grande influenza esercitata dalla Genealogia fino a tutto il Cinquecento: si vedano ancora i classici studi di J. Seznec, La survivance des dieux antiques. Essai sur le role de la tradition mythologique dans lhumanisme et dans lart de la Renaissance, 1940 (19802), trad. it. La sopravvivenza degli antichi di. Saggio sul ruolo della tradizione mitologica nella cultura e nellarte rinascimentali, a cura di G. Niccoli, Torino, Boringhieri, 1981, pp. 268-280 e passim; E. Garin, Medioevo e Rinascimento. Studi e ricerche, Roma-Bari, Laterza, 1954 (19732), pp. 6384; H. de Lubac, Esegesi medievale, cit., pp. 278, 399-400. Sulle possibili identit di Teodonzio rinvio al contributo di Maria Paola Funaioli in questo stesso fascicolo di Interesezioni.

INTERSEZIONI / a. XXXI, n. 2, agosto 2011

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1. Religione naturale, culto e poesia

Mitografia significa anche origine e significato dei nomi divini; una problematica che in tutte le antiche civilt mediterranee, e in particolare nella cultura ellenistica e giudaico-cristiana, stata sempre cruciale, investendo quella che Jan Assmann ha chiamato distinzione mosaica, cio lirruzione dellidea di verit al cuore stesso della religione4. Ed rimasta centrale, per noi, in una prospettiva antropologica e storico-religiosa. Qui non certo il caso di addentrarvisi, ma vi accenno soltanto perch dalla fine dellOttocento, con la nascita delle scienze delle religioni, la questione si intersecata a quella delle origini del linguaggio inaugurando una feconda stagione di studi, a cavallo tra storia, filologia e scienze sociali, intorno alla relazione strutturale fra potere, diritto, poesia e religione5. Un nodo che sta al cuore della geniale opera che Giorgio Agamben ha dedicato al giuramento come sacramento del linguaggio (e non del potere), garanzia della presa effettiva dei nomi sulle cose6. Anche il Boccaccio si avvale evidentemente delle nozioni e degli strumenti enciclopedici, etimologici e mitografici che la tradizione poteva offrirgli; e lo fa da par suo, cio da grande autore, quindi con molta disinvoltura, travisando, forzando e cortocircuitando le sue fonti, che legge spesso di seconda mano anche nel caso degli autori latini7. Egli non era uno storico delle religioni n un filologo lachmanniano ma uno scrittore e un poeta, e come tale non lo si pu ridurre alla sommatoria degli autori presenti nella sua biblioteca. Qui per voglio ricordare che nel suo Trattatello in laude di Dante, con una chiarezza e una linearit che verranno un poco appannate dal sovraccarico di argomenti e di temi nei libri XIV e XV della Genealogia, si parla di fondazione delle pratiche religiose (templi, statue e preghiere) a reverenza del nome di questa suprema potenzia, cio quella divinit ovvero deit, che i primi uomini posero come forza ordinatrice del cosmo, e che presiede alle diverse operazioni mondane8. Il discorso gli serve per giustificare unidea mutuata dal
4 Cfr. ora J. Assmann, Dio e gli di. Egitto, Israele e la nascita del monoteismo, Bologna, Il Mulino, 2009. 5 Si pensi ai capitali lavori di H. Usener, Gtternamen. ersuch einer Lehre von der religi sen Begriffsbildung, 1896 (19483), trad. it. I nomi degli di. Saggio di teoria della formazione dei concetti religiosi, a cura di M. Ferrando e R.M. Parrinello, Brescia, Morcelliana, 2008; e di . Benveniste, Le vocabulaire des institutions indoeuropennes, 1969, trad. it. Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, Torino, Einaudi, 1976. 6 G. Agamben, Il sacramento del linguaggio. Archeologia del giuramento (Homo sacer II/3), Roma-Bari, Laterza, 2008. 7 Cfr. . Gilson, Posie et vrit, cit., pp. 268 s. (caso di Boezio); per il sistema delle fonti rinvio una volta per tutte alle pp. 18-22 del saggio introduttivo delledizione Zaccaria; si veda inoltre V. Zaccaria, Boccaccio narratore, cit. 8 Trattatello in laude di Dante, I, 128-129, che leggo nelledizione a cura di L. Sasso, Milano, Garzanti, 1995, 20093, pp. 48 s.

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Petrarca (Fam. X, 4), e cio che le origini della poesia affondano nel cuore dellesperienza religiosa della prima gente ne primi secoli, la quale, pur rozzissima e inculta era ardentissima di conoscere il vero9. Quei primi uomini, infatti, desiderosi di venerare la divinit, eressero templi e statue in rappresentamento della imaginata essenzia divina, a cui offrirono doni e ornamenti, e che pensarono bene di propiziarsi trovando parole acconce alla sua dignit, nelle quali le si porgessero sacrate lusinghe10. Affinch tali parole avessero pi efficacia, essi vollero che fossero sotto legge di certi numeri composte, per li quali alcuna dolcezza si sentisse, e cacciassesi il rincrescimento e la noia. E certo, questo non in volgar forma o usitata, ma con artificiosa e esquisita e nuova convenne che si facesse. La quale forma li Greci appellano poetes; laonde nacque, che quello che in cotale forma fatto fosse sappellasse poesis; e quegli che ci facessero o cotale modo di parlare usassono, si chiamassero poeti11. La pseudo-etimologia, che gli proviene da Isidoro di Siviglia, si ritrova alla lettera nella Genealogia12, e pi avanti ci dar modo di rilevare un aspetto cruciale della poetica teologica del Boccaccio. Segue un interessante prcis di storia naturale della religione, in cui riaffiora il paradigma antico dellevoluzione del politeismo (divinizzazione dei pianeti e degli elementi) dal culto primigenio di una superiore potenzia. La ragione di ci viene individuata nel desiderio di affermazione di coloro che inventarono nuove divinit, per quanto subordinate a quella suprema, laddove le rozze et si limitarono alla laudevole e buona intenzione di coltivare ed onorare la sola deit13. Una sapienza, questa, che il Boccaccio, nel secondo Proemio della Genealogia, ritiene condivisa da testimoni credibilissimi, e appartenenti a molte religioni, ma che fu a un certo punto corrotta dai filosofanti anche di diversa opinione, e dopo di loro anche dai poeti, i quali tutti credettero essere primi di quelle che erano le prime cause del mondo14.

Ibidem, I, 128, p. 48. Ibidem, I, 129-130, p. 49. 11 Ibidem, I, 131, pp. 49 s. 12 Cfr. Geneal. XIV, vii, 4, ed. Zaccaria, cit., p. 1401 (E il nome di questa poesia non nato da dove molti inavvertitamente credono, cio da poio, pois, ma da poetes, antichissimo vocabolo greco, che significa in latino exquisita locutio). Boccaccio fa dunque derivare poesis non da poio (poieo) ma da poetes quod latine sonat exquisita locutio; la pseudo-etimologia tratta da Isidoro di Siviglia, Etym. VIII, vii, 2; cfr. G. Billanovich, Petrarca letterato, I. Lo scrittoio del Petrarca, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1947, p. 124; . Gilson, Posie et vrit, cit., p. 277. 13 Trattatello, I, 133 ss., ed. Sasso, cit., pp. 50 s. 14 Geneal., Proem. II, 4, ed. Zaccaria, cit., pp. 64 s. (secundum suas credulitates esse eos deos primos quos ipsi arbitrabantur rerum primas fuisse causas).
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2. Omissioni e cautele

Trattando di genealogie divine il Boccaccio rimuove dalla sua agenda una tra le due chiavi di lettura essenziali, insieme allevemerismo, che la cultura patristica e medievale aveva sempre applicato al paganesimo antico: la demonologia. Per secoli, dai primi apologeti alla Scolastica ed oltre, il paganesimo era sopravvissuto, fra laltro, attraverso la sua razionalizzazione ontologica e cosmologica sub specie demoniaca. Anche lastrologia apparteneva a quella tenace riserva naturale in cui, fin dallet ellenistica, gli antichi di si erano andati a incistare superando indenni la cristianizzazione attraverso le metamorfosi che, nelle fogge pi impreviste, li avrebbero proiettati nelle miniature dei manoscritti e sui rilievi e le pitture delle cattedrali15. La demonologia medievale, peraltro, non riducibile a mero outillage ermeneutico e psicologico riferito al passato idolatrico che affiora dalle rovine monumentali, popola i deserti e gli anfratti naturali colonizzati dai monaci, e d vita ai corposi fantasmi delle tentazioni nutrendo la diuturna evidenza dei vizi e dei peccati (tra questi ultimi, si badi, anche la fascinazione per le belle forme poetiche e le favole antiche). La demonologia, in effetti, ha funzionato per pi di un millennio come strumento principe di controllo sociale attraverso la pastorale e la disciplina ecclesiastica, a loro volta sorrette da vigorosi e paradossali strumenti poetici e visionari, e perci stesso in qualche modo concorrenziali alla Bibbia: lagiografia e le immagini religiose16. Nellepoca del Boccaccio, il paradigma demonologico non ha affatto esaurito la sua forza ermeneutica: si pensi solo alla crescente fortuna della magia naturale e dellastrologia, preludio allesplosione rinascimentale delloccultismo e dellermetismo. Nella scia di una tradizione dottrinale che risaliva alla tarda antichit, la demonologia, verso la met del XIII secolo, costituisce ormai uno dei fondamenti teologici e normativi per la repressione ecclesiastica del dissenso politico e dottrinale. Inoltre, la trattatistica eresiologica e lazione inquisitoriale, fin dai primi decenni del Trecento, avrebbero inaugurato la forma tipicamente moderna di demonologia e demonomania, ossa la caccia alle streghe17. Le cautele del Boccaccio contro i possibili strali ecclesiastici affiorano ripetutamente nella Genealogia (invocazioni e preghiere a Cristo e brevi professioni di fede; attacchi preventiCfr. J. Seznec, La sopravvivenza degli antichi di, cit., pp. 177-204 e passim. Se ne tratta diffusamente in L. Canetti, Il passero spennato. Riti, agiografia e memoria dal Tardoantico al Medioevo, Spoleto, Fondazione CISAM, 2007, e in Id., Rappresentare e vedere linvisibile. Una semantica storica degli ornamenta ecclesiae, in Religiosit e civilt. Le comunicazioni simboliche (secoli IXXIII), a cura di G. Andenna, Milano, Vita e Pensiero, 2009, pp. 345-405. 17 Unoriginale messa a punto su questi temi si trover in A. Boureau, Satan hrtique. Histoire de la dmonologie (12801330), 2004, trad. it. Satana eretico. Nascita della demonologia nellOccidente medievale (12801330), Milano, Baldini e Castoldi, 2006.
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vi alle censure dei teologi e dei giuristi contro le favole dei poeti, cio la mitologia pagana). Bench linquisizione medievale, gestita dai vescovi e poi dagli ordini mendicanti, non si occupasse ancora tecnicamente di stilare elenchi di libri proibiti, furono molti i testi (oltre alle persone) che tra Due e Trecento vennero messi al rogo: dalle opere di Abelardo e Gioacchino da Fiore alle Bibbie in volgare; dai manoscritti talmudici alla Monarchia di Dante, solo per citare i pi noti18. In ogni caso mi pare che la questione della religiosit e della fede personale del Boccaccio rimanga sostanzialmente esterna ed estranea alla Genealogia, malgrado o forse proprio anche a causa delle insistite proteste di ortodossia nelle chiuse dei Proemi. Pi che di apologia personale, si trattava di difendere la possibilit e lutilit per i cristiani di unesegesi dei miti pagani19.
3. Teologia e allegoria

Cos al Boccaccio come a tutto il Medioevo latino era assai familiare (via Cicerone, Varrone, Lattanzio, Agostino e Macrobio) la nozione di poeta-teologo ossa la connotazione (soprattutto al plurale) di theologi riferita in via antonomastica agli antichi poetae. Varrone, citato fin dal primo Proemio della Genealogia20, aveva illustrato, mutuandola dalloratore e pontefice Scevola e dal filosofo stoico Panezio, la famosa tripartizione del sapere teologico: la teologica mitica ovvero la teologia delle favole dei poeti, rappresentate anche nei teatri; la teologia fisica o naturale, fondata sullinterpretazione allegorica degli elementi e delle forze cosmiche; e la teologia civile o politica, cio i saperi e le pratiche relative alla religio, il culto ancestrale degli di21. Boccaccio, per, si mostra assai disinvolto verso le sue fonti: cortocircuita e semplifica la teologia tripartita, e aggira a dir poco le conclusioni della serrata polemica agostiniana (De civitate Dei,
18 Cfr. F. Baez, Historia universal de la distruccin de libros. De las tablillas sumerias a la guerra de Irak, 2004, trad. it. Storia universale della distruzione dei libri. Dalle tavolette sumere alla guerra in Iraq, Roma, Viella, 2007, pp. 119-124. 19 Pi interessante, riguardo al tema della religiosit del Boccaccio, si rivela senzaltro il Decameron, e non solo per gli sferzanti giudizi contro i frati, la corruzione del clero e il culto delle reliquie. Ma sono cose notissime, e invero poco pertinenti al tema del mio discorso. Rinvio quindi allo studio pionieristico di Arturo Graf sul Boccaccio superstizioso (cfr. A. Graf, Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, 1892-93, nuova edizione a cura di C. Allasia e W. Meliga, Milano, Bruno Mondadori, 2002, pp. 305-321), e alle trattazioni pi e meno sistematiche di Carlo Muscetta, Vittore Branca, Alberto Asor Rosa ed Emilio Pasquini. 20 Geneal., Proem. I, 18, ed. Zaccaria, cit., p. 50. 21 Doveroso il rinvio a J. Ppin, La thologie tripartite de arron. Essai de reconstitution et recherche des sources, in Mmorial Gustave Bardy = Revue des tudes Augustiniennes, 2 (1956), pp. 265-294; Id., Mythe et allgorie. Les origines grcques et les contestations judo chrtiennes, Paris, tudes Augustinienns, 1958 (19762), pp. 13-32; 276 ss.

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VI-VIII) contro la teologia mitica o fabulosa, che per Agostino non era che laltra faccia ovvero la partitura rituale della teologia civile, cio i culti idolatrici dei penetrali dei templi e delle feste civiche, un vero teatro cruento e mimetico che, a suo dire, nemmeno il filosofo Seneca, pur riprovandolo nei suoi scritti, ebbe poi il coraggio di sconfessare pubblicamente22. La teologia civile, cio infine la teologia politica, al Boccaccio interessa poco, anche se affiora qua e l qualche cenno varroniano ed evemeristico alluso politico della religione come strumento di consenso e di sottomissione dei popoli attraverso la divinizzazione propria e dei propri antenati da parte dei primi regnanti23; tutti processi per cui fu indispensabile lofficio de poeti, compiacenti e ipocriti s ma anche desiderosi di fama e pronti nellammaestrare e dilettare i sudditi. Nacque cos la poesia epica come celebrazione della divina discendenza dei principi24. Agostino, del resto, che Boccaccio pur cita pi volte nel corso della Genealo gia per i suoi libri sulla Gerusalemme celeste, aveva poi demolito anche il filone gi presocratico della teologia fisica o naturale volgendosi soprattutto contro lallegorismo fisiologico degli stoici in quanto fondato sul presupposto di una cosmoteologia panteistica e arrivando cos a ribaltare il senso delle celebri pagine ermetiche dellAsclepius sullhomo fictor deorum e la fine del paganesimo egizio 25. pur vero che Agostino stesso, e prima di lui gli alessandrini Clemente, Origene ed Eusebio, oltre che i suoi maestri Ambrogio e Mario Vittorino, si erano appropriati via Filone di Alessandria del metodo allegorico trasferendolo da Omero alla Bibbia, e poi ritrasferendolo ai poeti antichi: sulla base di Servio e Macrobio, ben noti a Boccaccio, Virgilio verr letto in chiave allegorica, e al pari di Seneca diventer quasi un autore cristiano26; Ovidio, invece, sarebbe stato moralizzato e amato dai monaci almeno tanto quanto il poeta biblico della Can tica 27. Lallegorismo medievale, da Prudenzio al Roman de la Rose, ha avuto le enormi conseguenze che tutti conosciamo, e a partire dallepoca del Boccaccio, quando con Ockam e la tarda Scolastica il paradigma inizi a scricchiolare sgretolandosi dal suo interno, il discorso razionale sulle cose divine (la teologia sacra dei filosofi accademici, alla quale il Boccaccio rende un omaggio tutto esteriore
22 Cfr. L. Lugaresi, Il teatro di Dio. Il problema degli spettacoli nel cristianesimo antico (II secolo), Brescia, Morcelliana, 2008, pp. 640-647. 23 Geneal., Proem. I, 4, ed. Zaccaria, cit., p. 46. 24 Trattatello in laude di Dante, I, 134 s., ed. Sasso, cit., pp. 50 s. 25 Agostino, De civ. Dei VIII 26, 3; 27, 1. 26 Cfr. H. de Lubac, Esegesi medievale, cit., pp. 288-323. 27 Per i fondamenti antichi del metodo allegorico e la sua ricezione cristiana, si deve ancora partire dal monumentale lavoro di Ppin (v. supra, nota 21). Sulla fortuna medievale di Ovidio basti qui il rinvio (tra i molti possibili) ai contributi raccolti in Aetates ovidiane. Lettori di Ovidio dallAntichit al Rinascimento, a cura di I. Gallo e L. Nicastri, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1995.

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e cautelativo) si sarebbe dissolto in una critica filologica e storica dei testi sacri, da Erasmo a Spinoza.
4. Poeti filosofi e poeti ispirati

La difficolt di interpretare una verit religiosa che non parlava la lingua dei filosofi, e semmai appariva pi vicina a quella dei poeti o addirittura dei barbari, era stata al cuore della prima riflessione cristiana intorno alle Scritture28. E risaliva addirittura ai primordi della tradizione intellettuale ellenica la coscienza di una tensione, se non di un aperto contrasto, tra poesia didascalica (la sola ammessa nella Repubblica di Platone) e poesia divinamente ispirata, un dono naturale che Cicerone, nella Pro Archia, pi volte citata dal Boccaccio nella Genealogia 29, riconduceva allo spirito divino che soffia nel poeta e quasi lo santifica30. La questione invero assai complessa, e oggetto anche in anni recenti di innovative e provocatorie ricostruzioni: penso ai lavori di Peter Kingsley sui poemi di Empedocle e di Parmenide, o a quelli di Gabriele Costa sulle matrici sciamaniche della pi antica tradizione poetica indoeuropea31. Certo, quantomeno sintomatica (e perci, credo, un buon punto di partenza) la comune difficolt a ricondurre alle nostre categorie epistemiche, figlie di Platone e di Aristotele, una poesia filosofica e didascalica che al tempo stesso si vuole divinamente ispirata. Del resto, anche lappello alle Muse, almeno fino a Dante, una cosa terribilmente seria, e non un banale topos retorico32. Mi riferisco qui alla dimensione profetica e oracola28 Cfr. G. Stroumsa, La formazione dellidentit cristiana, a cura di P. Capelli, Brescia, Morcelliana, 1999, pp. 186-200; il problema di una conciliazione tra verit del mito pagano e rivelazione cristiana verr ricondotto alle coordinate di una possibile teologia mitica ancora da Pico della Mirandola (cfr. E. Wind, Pagan Mysteries in the Renaissance, 1958 (19803), trad. it. Misteri pagani nel Rinascimento. Nuova edizione riveduta, Milano, Adelphi, 1985, pp. 21-31). 29 Cfr. p. es. Geneal. XIV, vii, 6, ed. Zaccaria, cit., pp. 1400-1402 (Si ergo legerint, quid Tullius Cicero, homo phylosophus non poeta, dixerit ea in oratione, quam apud senatum habuit pro Aulo Licinio Archya, in fidem forsan faciliores devenient. Dicit enim sic: Atque sic a summis hominibus eruditissimisque accepimus. Ceterarum rerum studia et doctrina et preceptis et arte constare, poetam natura ipsa valere, et mentis viribus excitari, et quasi divino quodam spiritu inflari etc. Ergo, ne orationem longius protraham, satis apparere potest piis hominibus poesim facultatem esse, et ex dei gremio originem ducere, et ab effectu nomen assumere, et ad eam insignia atque fausta multa spectare, quibus ipsimet negantes utuntur assidue). 30 Lopera, com noto, fu letta con entusiasmo dal Petrarca, che ne don il manoscritto al Boccaccio facendogliela conoscere (cfr. G. Billanovich, Petrarca letterato, cit., pp. 96, 107 s., 123, 192, 208; . Gilson, Posie et vrit, cit., pp. 281 s.). 31 P. Kingsley, Ancient Philosophy, Mistery and Magic. Empedocles and Pythagorean Tradition, 1995, trad. it. Misteri e magia nella filosofia antica. Empedocle e la tradizione pitagorica, Milano, il Saggiatore, 2007; Id., In the Dark Places of Wisdom, 1999, trad. it. Nei luoghi oscuri della saggezza, Milano, Tropea, 2001; G. Costa, La sirena di Archimede. Etnolinguistica comparata e tradizione preplatonica, Alessandria, Edizioni dellOrso, 2008. 32 Quasi scontato il rimando a E.R. Curtius, Europische Literatur und lateinisches Mittelal ter, 1948 (19532), trad. it. Letteratura europea e Medioevo latino, a cura di R. Antonelli, Firenze, La Nuova Italia, 1992, pp. 255-273.

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re, sapienziale, insomma, del poeta (sia egli laedo omerico oppure il bardo celtico33) quale maestro di verit, portatore di una aletheia che, come aveva chiarito Marcel Dtienne, non ha ancora a che fare con lepisteme. Figlia di Mnemosyne, quella verit semmai tuttuno con la iatromantica incubatoria e con la giustizia ordalica della regalit primitiva34. Attraverso le tecniche della hesychia monastica, quellantica verit di ordine mantico e terapeutico ha trovato forse esiti imprevisti nelle agiografie e liturgie santuariali del Mezzogiorno grecanico nei secoli centrali del Medioevo, in quelle stesse regioni in cui i filosofi-sapienti-poeti della scuola di Elea avevano fondato le proprie scuole e sviluppato le tecniche estatiche di incubazione rituale35. Si sa che Esiodo, poeta didascalico, fu il primo ad attaccare Omero (ma poi lo criticarono anche Pindaro, Euripide e Callimaco); sar poi il logos filosofico, dapprima con i physikoi della Ionia, poi con Platone i Sofisti e Aristotele, a contrapporsi al mythos poetico: lallegorismo diventa allora la soluzione di compromesso tra Omero e Platone, una via che del resto lo stesso Platone aveva percorso nellesegesi dei miti cosmogonici e psicologici del Timeo e della Re pubblica. Arriva sino al Romanticismo tedesco la millenaria fortuna delle metafore della verit nascosta sotto la corteccia delle parole (sub verborum tegmine vera latent, come scriveva Giovanni di Salisbury36); del bellinvolucro delle squisite forme poetiche, che tanto spesso ritorna in Boccaccio; o del velo di Iside dietro cui, secondo lantica massima attribuita a Eraclito, la natura ama nascondersi ( physis kryptesthai philei ) 37. Entrambe le dimensioni, profetica e didascalica, convivono e confluiscono in Dante, maestro di verit ma anche profeta e visionario ispirato. Nella poetica del Boccaccio, quella tensione tra le due istanze non approda mai a una piena risoluzione. Non mi riferisco tanto allapparente giustapposizione tra labito erudito dei primi tredici libri della Genealogia e la veste teorica e apologetica degli ultimi due 38.
33 Segnalo in proposito linnovativa ricerca di F. Benozzo, La tradizione smarrita. Le origini non scritte delle letterature romanze, Roma, Viella, 2007. 34 Si veda ancora il classico M. Dtienne, Les Matres de vrit dans la Grce archaque, 1967, trad. it. I maestri di verit nella Grecia arcaica, Roma-Bari, Laterza, 1977. 35 Se ne tratta in L. Canetti, Sogno e terapia nel Medioevo latino, in Terapie e guarigioni, a cura di A. Paravicini Bagliani, Firenze, SISMEL-Edizioni del Galluzzo, 2010, pp. 25-54; sulla iatromanzia iniziatica degli Eleati cfr. G. Costa, La sirena di Archimede, cit., pp. 162-187. 36 Cfr. Iohannis Sarisberiensis Entheticus de dogmate philosophorum, v. 186, in PL, 199, col. 969B; cfr. H. de Lubac, Esegesi medievale, cit., p. 234. 37 Si vedr ora la fascinosa ricerca di P. Hadot, Le voile dIsis. Essai sur lhistoire de lide de nature, 2004, trad. it. Il velo di Iside. Storia dellidea di natura, Torino, Einaudi, 2006. Una storia culturale delle metafore cosmologiche fu prospettata da H. Blumenberg, Paradigmen zu einer Metaphorologie, 1960, trad. it. Paradigmi per una metaforologia, Milano, Raffaello Cortina, 2009, pp. 115-133. 38 Cfr. V. Zaccaria, Introduzione alle Genealogie, cit., pp. 32 ss.

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Lesaltazione della poesia come autentica teologia, forma di altissima conoscenza del vero umano storico e naturale che non ha pi alcun bisogno di scimmiottare la filosofia e di piegarasi a una funzione didattica e strumentale39, deve per fare i conti con il riconoscimento di uno spazio istituzionale alla teologia sacra, la teologia dei professionisti della parola salvifica, quei maestri universitari di filosofia, rispetto ai quali Boccaccio pi volte si cautela tentando di arginarne le maggiori obiezioni. Il compromesso viene trovato, ancora una volta, attingendo allistanza allegorica, che gli consente (o gli dovrebbe permettere) di conciliare la teologia dei poeti con la poetica dei veri filosofi, di tirar dalla sua Omero e Virgilio ma anche Platone e Boezio, i cui strali contro i poeti e le Muse, a suo dire, sarebbero stati dai pi male interpretati. Ma la natura posticcia di molte delle sue stesse esegesi morali e fisiche dei miti classici sta l a dimostrare come il Boccaccio per primo non potesse credere sino in fondo allefficacia risolutiva del compromesso allegorico, trascinato comera dalla sua inclinazione per la fabula e per la historia. In et tardoantica, soprattutto tra i neopitagorici e tra i neoplatonici, la filosofia si era aperta a quella dimensione misterica e soteriologica (si pensi alla teurgia), che avrebbe poi conosciuto rinnovata fortuna nel primo rinascimento italiano, soprattutto per impulso della traduzione ficiniana degli Hermetica. Ma anche vero che, via Macrobio, lo Pseudo-Dionigi e il Liber de causis, ed anche senza voler scomodare Agostino, il neoplatonismo non sar certo ignoto allOccidente latino. La teologia mitica dei poeti, pur declinata in chiave fisiologica e morale (in Geneal. XV, 8, Boccaccio la giustifica proprio in quanto phisiologia ed ethologia) non si concilia per facilmente con la teologia dei filosofi, che a partire dai neoplatonici e dai cristiani platonici diventa essenzialmente una metafisica, e dunque si occupa di realt ultime concepite come sostanze sovrasensibili, e per questo motivo relega la tradizione stoica della teologia fisica alle sezioni tuttal pi propedeutiche del sapere filosofico. (In questo senso, Porfirio fu molto apprezzato dai suoi acerrimi detrattori cristiani). Inoltre, con la Scolastica, la poesia diventa infima scientia in relazione alla filosofia40. Una non-scienza, a dire il vero: gli scolastici, poi, attingevano alla dottrina poetica affiorante dalla Metafisica perch ancora non conoscevano la Poetica di Aristotele. La teologia scolastica, con il suo sistema delle arti e delle scienze, recide a priori la possibilit di una teologia poetica. E la poesia teologica della Bibbia, come ora vedremo, si avvale bens degli stessi modus tractandi della poesia profana, ma il fine e loggetto sono radicalmente diversi.
Geneal. XIV, xvii, 4-5, ed. Zaccaria, cit., p. 1468. Del resto, gi per Platone il contrasto era antico: non da oggi data il disaccordo tra filosofia e poesia (Plat. Resp. X, 8, 807b); cfr. . Gilson, Posie et vrit, cit., p. 258.
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Largomento, in effetti, appare debole alle nostre orecchie, ma allora evidentemente doveva sembrare accettabile.
5. La decenza del velo e la poesia di Dio

Sollevando un quesito alieno dagli orizzonti metodici dei saperi accademici allora dominanti, Boccaccio si chiede perch i poeti, o almeno i pi grandi tra loro (lui pensa a Dante), siano degni di essere incoronati con il lauro41. La domanda solo in apparenza retorica: da troppo tempo, infatti, non siamo pi abituati a prendere sul serio il fatto che nel mondo antico e medievale soltanto i trionfatori cio a dire i sovrani, i poeti e gli atleti, e poi anche, metaforicamente, i martiri cristiani venissero incoronati42. Boccaccio, al di l delle giustificazioni di ordine storico, mitico e pseudo-botanico che accampa in proposito, appare ancora molto sensibile alle risonanze profonde del gesto di incoronare ritorno fra poco sulla questione cruciale degli ornamenta e dei signa nella cultura medievale. Per rispondere dunque alla domanda iniziale, egli riapre la vexata quaestio del rapporto tra poesia e teologia ripescando (forse senza rendersene conto) un argomento della pi antica apologetica cristiana di lingua greca, mutuata dal giudaismo ellenistico, ma che per i Padri latini (Tertulliano, Lattanzio e Agostino) avevano lasciato cadere: lidea, cio, che gli antichi poeti pagani seguissero senza saperlo le vestigia disseminate nella storia dallo Spirito Santo, quello stesso che nelle Sacre Scritture rivel sotto velame ci che sarebbe accaduto nei tempi futuri43. Cos, anche gli autori pagani, come i Profeti della Scrittura, sotto coperta dalcune finzioni, quello che stato era, o che fosse al loro tempo presente, o che [] presummevano che nel futuro dovesse avvenire, discrissono44. (Si badi, sono le tre dimensioni temporali rivendicate fin dai primordi della civilt europea alla mantica oracolare e alla memoria poetica). Ragion per cui, prosegue il Boccaccio, bench luna e laltra scrittura non riguardassero uno stesso fine ma avessero in comune solo il modo del trattare (ritorno fra poco su questo punto), usando di Gregorio le parole si potrebbe riservare ad entrambe una stessa lode45. La poesia, dunque, come il grande
Cfr. Trattatello in laude di Dante, I, 138 ss., ed. Sasso, cit., pp. 52 ss. Molto materiale viene discusso in La corona e i simboli del potere, a cura di A. Piras, Rimini, il Cerchio, 2000. 43 Cfr. anche Geneal. XV, ix, ed. Zaccaria, cit., pp. 1548-60, dove si dimostra che non cosa indegna per i cristiani trattare di argomenti pagani. 44 Cfr. Trattatello in laude di Dante, I, 139, ed. Sasso, cit., p. 52. 45 Boccaccio parafrasava qui la celebre epistola proemiale, indirizzata al vescovo Leandro di Siviglia, dei Moralia di Gregorio Magno: Gregorii Magni Moralia in Iob, ep. Leandro, 4 (cfr. Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, I, a cura di P. Siniscalco, Roma, Citt Nuova, 1992, pp. 86 s.).
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fiume della Scrittura, con uno stesso sermone, aprendo il testo e il misterio a quel sottoposto, conforta i semplici ed esercita i sapienti, nutre in aperto i pargoli mentre in occulto serba di che allettare le menti de sublimi intenditori46. Lallegoria poetica (visioni, parabole, profezie, in prosa o in versi) dunque il dispositivo attraverso cui la stessa Scrittura ci addita i grandi misteri della storia della salvezza. Del pari, i poeti pagani, per via di finzioni, di metamorfosi e di persuasioni leggiadre, ci hanno mostrato le ragioni delle cose e gli effetti delle virt e dei vizi (teologia mitica e teologia fisica). Lallegorismo, come ha mostrato Curtius, non soltanto il dispositivo atto a giustificare lidea di una verit nascosta e che va disvelata, ma anche labito pretporter che ha rivestito le ambizioni universalistiche di un ideale di polimathia che dai Greci, attraversando i secoli, approdato fino a Goethe47. La teologia e la poesia, bench avverse nel suggetto, convergono dunque nella forma delloperare48: ecco perch i detrattori della poesia rischiano incautamente di biasimare lo Spirito Santo, che ha parlato in forma poetica nella corteccia delle Sacre Scritture (un tema che, da san Girolamo in poi, ha attraversato lintera poetica biblica del Medioevo latino). Inoltre, il valore della poesia viene accresciuto dalleccellenza dellornamento (si osservi che ornatus, in latino, non rinvia alla mera funzione decorativa; al contrario, ha in s la pregnanza semantica del greco agalma, ci che onora e risplende e quindi glorifica, e che dunque pi adatto alla sostanza divina, che lornamento celebra e rappresenta per via sintagmatica e metonimica). La verit piana d scarso diletto e viene subito dimenticata; quella che frutto di persuasione (la via filosofica) non mai abbastanza attraente n sa godere della verit che dimostra; quella nascosta sotto la coperta delle belle favole non soltanto pi dolce e pi memorabile ma sembra dire il Boccaccio lunica che arrivi a cogliere la dolcezza del frutto nascosto. Il velament[um] fabulos[um] atque decent[e] con cui la poesia ricopre la verit molto pi di un mero espediente retorico e decorativo per abbellirne i contenuti morali e dottrinali49; e la decenza del velo non pudicizia ma decus e decorum, ci che conviene, ci che si addice (decet) al suo altissimo referente, e rinvia per lappunto a quel registro glorioso e agalmatico dei segni divini, di cui fa parte la lingua poetica. Allo stesso modo, un reliquiario doro e di gemme necessario a onorarne il contenuto prezioso: il reliTrattatello in laude di Dante, I, 139-140, ed. Sasso, cit., p. 52. Cfr. E.R. Curtius, Letteratura europea, cit., pp. 227-237; F. Ohly, Geometria e memoria. Lettera e allegoria nel Medioevo, a cura di L. Ritter Santini, Bologna, Il Mulino, 1984, pp. 303-337. 48 Trattatello in laude di Dante, I, 147, ed. Sasso, cit., p. 55. 49 Cfr. Geneal. I, iii, 5; XIV, vii, 1-2; ix, 6-8; x, 1 (ed. Zaccaria, cit., pp. 82; 1398; 14121414; 1418-1420).
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quiario, cio il vettore agalmatico, che fa letteralmente la reliquia, e un reliquiario pu compiere miracoli anche se stato privato del suo contenuto50. Non un caso, io credo, che nel Trattatello Boccaccio ritrovi lorigine storica della poesia nel movimento stesso che aveva portato gli uomini ad innalzare i templi, le statue e gli ornamenti alla divinit: la poesia, come i simulacri di culto, nasce anchessa come ornamentum, come signum liturgico, come preghiera e glorificazione adeguata ad esprimere, per via sintagmatica quellintuizione visionaria del divino, cui il poeta ambisce. Se la poesia quasi il sacramento della parola, il poeta allora il profeta e il sacerdote che evocandola ne amministra i doni divini. Ecco, quindi, la ragione profonda per cui la poesia pu dirsi forma suprema di teologia: la teologia la poesia di Dio, come a dire che il discorso rivelato agli uomini dal Signore non pu che svolgersi in forma poetica51. Del resto, parafrasando lamato Cicerone, il Boccaccio aveva affermato che la poesia una facolt che scaturisce ex dei gremio52. Certo, nel momento stesso in cui egli sembra lasciar trapelare queste convinzioni, si cautela due volte: cita infatti quasi alla lettera una Familiare (X, 4) del Petrarca, che a sua volta, come ha provato a suo tempo il Billanovich, si richiamava alla poetica teologica di Albertino Mussato, contemporaneo di Dante, che nei suoi versi latini aveva espresso le medesime convinzioni circa il rapporto tra Scrittura, poesia e teologia e lo statuto profetico e figurale degli antichi cantori del mito: Chiunque fosse vate, era come un vaso di Dio. / Dunque bisogna che noi ci atteniamo a quella Poesia, / che un tempo fu una seconda Teologia (Quisquis erat vates, vas erat ille dei. / Illa igitur nobis stat contemplanda Poesis, / Altera quae quondam Theologia fuit)53. Poesia e teologia, in effetti, sono quasi la stessa cosa l dove uno medesimo sia il suggetto, come tiene a precisare il Boccaccio: ma poi, con maggiore disinvoltura, conclude che lidentit profonda tra poesia e teologia, come dimostrano le parole stesse del Salvatore, garantita dallallegoria: non dunque tanto dai contenuti quanto dal modo di trattare la parola54.

50 Cfr. L. Canetti, Rappresentare e vedere linvisibile, cit.; Id., Impronte di gloria. Effigie e ornamento nellEuropa cristiana, Roma, Carocci, in corso di stampa. 51 Trattatello in laude di Dante, I, 154-155, ed. Sasso, cit., p. 57. 52 Geneal. XIV, vii, 6 (v. supra, nota 29). 53 Ep. VII, cit. in E.R. Curtius, Letteratura europea, cit., p. 241 (ma si veda tutto il 2 del cap. XII, pp. 240-246); vi ritornato G. Frasso, Riflessioni sulla difesa della poesia e sul rapporto teologiapoesia da Dante a Boccaccio, in Il pensiero filosofico e teologico di Dante Alighieri, a cura di A. Ghisalberti, Milano, Vita e Pensiero, 2001, pp. 149-173 (152 ss., 161164). 54 Trattatello in laude di Dante, I, 154-155, ed. Sasso, cit., p. 57. Nella seconda redazione del Trattatello (1367) lidentit tra poesia e teologia verr mitigata in una forma di tendenziale simiglianza (cfr. G. Frasso, Riflessioni sulla difesa della poesia, cit., pp. 164 s.).

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6. Dante poeta e filosofo

NellEpistola a Cangrande, a proposito della Commedia, Dante si richiamava al modo della poesia, ossia alla forma sive modus tractandi poeticus, unespressione mutuata dal lessico della scolastica e delle arti retoriche55. Gi il francescano Alessandro di Hales ( 1245), in apertura della Summa Theologiae, si era riferito al modus tractandi poeticus della Sacra Scrittura, che sta al di l e al di sopra dellars e della scientia in quanto esprime il linguaggio divino: la nostra intelligenza infatti impotente a comprendere direttamente le cose divine, e la dignit della verit esige che essa rimanga nascosta a chi non ha la fede; lintelletto umano, dunque, non pu conoscere la verit senza laiuto della grazia56. Dante, per, a proposito della Commedia, oltre a rivendicare luso del modus tractandi poeticus, fictivus, descriptivus, digressivus e transumptivus (cio quei modi poetici che le Summae scolastiche dello stesso Alessandro e poi di Alberto Magno collegano alla poesia profana e alla Bibbia, che non si esprimono nel linguaggio delle arti cio delle scienze), enumera altri modi propriamente scientifici del trattare, quelli caratteristici del doctrinale opus (modus definitivus, divisivus, probativus, improbativus et exemplarum positivus), e che lui pretende operanti al tempo stesso (et cum hoc) nel suo poema57. Poeta e filosofo nel senso antico, dunque, ci che i nuovi filosofi (i teologi scolastici) non potevano che condannare in nome della superiorit della scienza cio della filosofia rispetto alla poesia, alla retorica e agli auctores. Ma sui modi danteschi (e in particolare il modus fictivus, descriptivus e digressivus) stata rilevata anche linfluenza dei manuali di retorica del tempo (Gentile da Gingoli, Giovanni del Virgilio ecc.) e, forse, dellopus metricum del cardinale Iacopo Stefaneschi (1319)58. Tra i dieci modus tractandi di Dante, cinque sono riferibili allaspetto poetico-retorico dellopera, e gli altri cinque allaspetto filosofico: la Commedia vuol essere poesia ma anche (et cum hoc) filosofia e teologia. Dante insomma rivendicava alla sua opera quello statuto scientifico che la scolastica ormai negava alla poesia. Alberto Magno e Tommaso dAquino, in effetti, si erano preoccupati di distinguere la forma o modus poetico della Bibbia da quello della poesia profana: entrambe si servono del simbolo e della metafora (modus transum
55 Dante, Ep. XIII, [9] 27, a cura di G. Brugnoli, in Dante Alighieri, Opere minori, t. II, Milano-Napoli, Ricciardi, 1979, pp. 612-614; n. ed. critica in Dante Alighieri, Epistola a Can grande, a cura di E. Cecchini, Firenze, Giunti, 1995, p. 10; seguo qui E.R. Curtius, Letteratura europea, cit., pp. 247 ss. 56 Cfr. Magistri Alexandri de Hales Summa Theologiae I, 1, ed. a Patribus Collegii S. Bonaventurae, Ad Claras Aquas prope Florentiam 1924 (= 1979), t. I, p. 7; cfr. E.R. Curtius, Letteratura europea, cit., pp. 248 s. 57 Dante, Ep. XIII [9], 27, ed. Brugnoli, cit., p. 614; ed. Cecchini, cit., p. 10. 58 Cfr. E.R. Curtius, Letteratura europea, cit., p. 250.

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ptivus, parabolice, metaforice) ma, mentre il poeta si appoggia sulle finzioni umane, la saggezza divina si esprime in forma poetica per insegnarci la verit assoluta. Tommaso afferma che il poeta si serve delle metafore per rappresentare (poeta utitur metaphoris propter repraesentationem), mentre la Bibbia si serve di immagini e di metafore perch ci utile e necessario59. In poesia, la metafora altro non che la maschera di una carenza di verit e di intelligibilit; nella Scrittura, invece, essa aiuta lintelligenza a rappresentarsi una verit che eccede i limiti della ragione60. Dante e Tommaso non sono dunque facilmente armonizzabili: infima inter omnes doctrinas la poesia, nella prospettiva aristotelico-tomistica lAristotele di Tommaso e degli scolastici, si badi, per quello della Metafisica; allora non se ne conosceva ancora la Poetica.
7. Un divino fervore

La parola poetica del Boccaccio rivendica dunque uno statuto di verit che la distingue dalla parola della teologia filosofica, ossia dalla metafisica, anche se poi lui stesso si giustifica ancora una volta citando sempre via Petrarca un luogo topico della Metafisica di Aristotele sui poeti come hoi protoi theologesantes (983b, 29)61. Era questa una definizione che nello stagirita aveva un senso e un intento ben differenti, come aveva meglio compreso il domenicano Giovannino da Mantova, il quale, polemizzando con il Mussato, sosteneva che la poesia non affatto un dono divino, ma come tutte le altre scienze un prodotto umano; e anche se la Bibbia fosse stata composta tutta in versi ci non sarebbe un argomento valido a giustificare lidea che la poesia abbia in se stessa unessenza divina. Inoltre, la teologia degli antichi poeti riguardava i falsi di, e dunque non la si deve spacciare per unars divina, cio una vera teologia62. Del resto, tutte le scienze si possono insegnare in forma metrica senza che per questo diventino poesia. Al fondo della questione stava in effetti un nuovo problema di metodo, che proprio la diffusione di unopera senza precedenti come la Commedia doveva contribuire a rendere ancora pi urgente: il
59 Summa theol. p. I, q. 1, a. 9: Videtur quod sacra Scriptura non debeat uti metaphoris. Illud enim quod est proprium infimae doctrinae, non videtur competere huic scientiae, quae inter alias tenet locum supremum, ut iam dictum est. Procedere autem per similitudines varias et repraesentationes, est proprium poeticae, quae est infima inter omnes doctrinas. Ergo huiusmodi similitudinibus uti, non est conveniens huic scientiae. [] Ad primum ergo dicendum quod poeta utitur metaphoris propter repraesentationem, repraesentatio enim naturaliter homini delectabilis est. Sed sacra doctrina utitur metaphoris propter necessitatem et utilitatem [] . 60 Cfr. . Gilson, Posie et vrit, cit., pp. 261 s. 61 Cfr. G. Frasso, Riflessioni sulla difesa della poesia, cit., pp. 161-163. 62 Cfr. ibidem, pp. 155-160.

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differente statuto veritativo della metafora (e in generale, delle figure retoriche) nelle diverse scienze in relazione alloggetto e al fine di quegli stessi saperi, secondo il nuovo sistema tomistico ispirato alla gerarchia aristotelica delle arti e delle scienze. (Tommaso, nella scia di Aristotele, distingue bene tra la cosmogonia dei poeti, la teologia fisica cio la scienza arcaica della natura dei presocratici, e la teologia speculativa ovvero filosofia prima, la metafisica o scienza delle cose divine). La latinit medievale, anche nelle sue voci pi marginali, ha per espresso ripetutamente lintuizione profonda dello statuto sapienziale e filosofico della poesia: sapiente e poeta sono tendenzialmente la stessa cosa; Virgilio il saggio per eccellenza perch erudito, mago e profeta. Dante, sommo poeta e filosafo, come lo ritrae Giovanni Villani63, fa sfoggio nella Commedia di quel sapere astronomico, meteorologico e addirittura embriologico, che documenta nelle sue opere enciclopediche. Le ragioni che agli occhi del Boccaccio rendono ancora evidente la grandezza di Dante lessere stato cio lultimo grande poeta-teologo sono le stesse che agli occhi dei filosofi moderni del suo tempo, come il riminese Guido Vernani, detrattore della Monarchia, facevano apparire le ingannevoli immagini della fantasia dantesca come nemiche e assassine della verit salvifica. Mi pare dunque evidente che lesaltazione boccacciana della poesia come forma eccelsa di teologia sia animata dallintuizione profonda della dignit del mito e dalla consapevolezza del valore intrinseco dellornamentum poetico. Nella Genealogia Boccaccio parla della poesia come di un fervore di trovare pensieri eletti e di dire e descrivere ci che si trovato (fervor quidam exquisite inveniendi atque dicendi, seu scribendi quod inveneris); un fervore che procedendo dal grembo divino, a poche menti come credo concesso nella creazione (ex sinu dei procedens, paucis mentibus, ut arbitror, in creatione conceditur)64. Il poeta ritrova, cio rappresenta e in qualche modo possiede il proprio oggetto senza mai arrivare a conoscerlo e a definirlo, come invece fa (o pretende di fare) il filosofo. Lo intuisce e dunque lo vede secondo la species; lo evoca, letteralmente, parola e immagine, quasi come limpronta e leccedenza propria, un doppio di cera votato e gettato dalla sua mente eccelsa65. Come ha mostrato Didi-Huberman66, sar il pieno Rinascimento italiano, con
63 Giovanni Villani, Nuova cronica, X, cxxxvi, a cura di G. Porta, Parma, Fondazione Pietro Bembo / Ugo Guanda editore, 1991, II, p. 336, r. 20. 64 Geneal. XIV, vii, 1, ed. Zaccaria, cit., p. 1398. 65 Sul calco in cera alla fine del Medioevo e le sue implicazioni epistemologiche rinvio a L. Canetti, Facendosi fare di cera. Uneuristica delleccedenza e della somiglianza tra Medioevo ed Et moderna, in Finis corporis. Eccedenze, protuberanze, estremit nei corpi, in Micrologus. Natura, scienza e societ medievali, XX (2012), in corso di stampa. 66 Cfr. G. Didi-Huberman, La ressemblance par contact. Archologie, anachronisme et mo dernit de lempreinte, 2008, trad. it. La somiglianza per contatto. Archeologia, anacronismo e modernit dellimpronta, Torino, Bollati Boringhieri, 2009, pp. 92-111.

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linvenzione vasariana del logos artistico, a reificare la species schiacciando la forza poetica della metonimia sulla superficie opaca di un paradigma mimetico edificato sul mito del disegno dal vero, e obliterando cos la natura relazionale della somiglianza, quale enunciata nella Poetica di Aristotele67. Contestualmente, la ratio dialettica che a partire dalla Scolastica approder alla rivoluzione scientifica, concependo e definendo il proprio oggetto in termini quasi geometrici ed escludendo dalla sua presa la magia dellimmagine e della parola, rinuncer a possederlo e a goderne appieno gli effetti benefici e salutari. In questo senso direi che il Boccaccio ha ben circoscritto, senza poterlo davvero risolvere, uno dei grandi nodi della tradizione intellettuale europea: la schizofrenia, di cui parl Aby Warburg prima di diventarne vittima, tra un polo estatico-visionario e un polo razionale-cosciente; un dualismo che si fonda sulla rimozione di quanto lo stesso Boccaccio si sforzato di accreditare, ossia parafrasando Agamben, anchegli, in questo, allombra sdoppiata di Platone e Agostino che ogni autentica intenzione poetica rivolta alla conoscenza, e ogni autentica intenzione filosofica rivolta alla bellezza e alla gioia68.
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67 Arist. Poet. 1447a (I, 15): le imitazioni (mimeseis) differiscono luna dallaltra per tre aspetti: o per il fatto di imitare con mezzi diversi, o cose diverse, o diversamente e non nello stesso modo (cfr. Aristotele, Poetica, trad. e cura di P. Donini, Torino, Einaudi, 2008, p. 5). La somiglianza, in altre parole, come il filosofo illustrer nei successivi capitoli, varia a seconda dei mezzi, degli oggetti e dei modi. 68 Cfr. G. Agamben, Stanze. La parola e il fantasma nella cultura occidentale, Torino, Einaudi, 1977, pp. XIII-XIV.

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Abstract: Boccaccio the theologian. Poetry and Truth in the Late Middle Ages
One of the main topics in Giovanni Boccaccios Genealogia is the relationship between poetry and Truth. If the poetic mythology of pagan authors is concerned with false Gods, how can the Truth be found in it? Although the Christian hermeneutics of paganism and the auctores had a millennium of reflections and practices behind it, when it reemerged during the xiv century scholastic philosophy changed the terms of this question radically before the answer embraced new solutions in the High Renaissance. The originality of Boccaccios position lies in his attempt to assign poetry with a supreme cognitive function, which originated from religious practices, making the poet a genuine inspired prophet (following Dantes model). This allows Boccaccio to overcome the allegorical compromise of exegetical tradition and, at the same time, the scholastic devaluation of poetry because it is structured by metaphorical language. Keywords: Myth, Poetry, Religion, Theology, Truth Luigi Canetti, Universit degli Studi di Bologna, luigi.canetti@unibo.it

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