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Marco Bronzi Rusconi

Tutta la
storia, dalle
lontane
origini,
del casato
Rusca
Rusconi

Bologna 2008
Marco Bronzi Rusconi

Tutta la storia,
dalle lontane origini,
del casato
RUSCA
RUSCONI

Dedicato alla Katia, a Nicola, alla Stella.

BOLOGNA 2008
utto ebbe inizio nel Novembre 2007 quando mi cimentai in un

lavoro appassionante: aprire un

i presentai così:

“Benvenuti in questo blog.

Da principiante curioso mi interesserò "di tutto un poco", come si dice.


Ma il tema principale sarà la genealogia che mi appassiona molto.
Sto facendo una ricerca genealogica sulla dinastia dei Rusca
Rusconi, attingendo anche da siti internet.
Sono direttamente interessato al casato dei Rusconi, miei progenitori.

Di questa stirpe, originaria di Como, possiedo già una ricca


documentazione.

Alcuni risultati delle mie ricerche saranno via via pubblicati sul blog.
Mi piacerebbe scambiare notizie in merito: potete contattarmi lasciando un
commento in questa pagina”.

.1.
La genealogia è un interesse personale ( ma non sono un esperto!)
ed ho cercato in internet notizie da aggiungere alla
documentazione che già possiedo.
Ho curiosato nel web alla ricerca del maggior numero di
informazioni possibili riguardanti la casata dei
Ruschi- Rusca- Rusconi.
Molte notizie rintracciate le ho “ sacaricate “integralmente,
errori ed inesattezze comprese.
Ad altre informazioni ho aggiunto del mio.
Ho fatto queste ricerche con semplicità e con molta passione.

prerogativaa dei nobili o


La genealogia non è una prerogativ
d'illustri personaggi; tutti noi abbiamo avuto dei
predecessori e con opportune ricerche potremo
ricostruire il nostro albero genealogico.
.2.
Alcune vicende, documenti ed immagini, le ho attinte dal libro

scritto da Giancarlo Bronzi Rusconi:

Notizie storiche della Casata Rusconi

( Giancarlo Bronzi Rusconi è il mio fratellone maggiore, noi fratelli lo chiamiamo

“ Mingon” = Mingone).

.3.
Questo volume, pubblicato nel 2001, è rintracciabile, con vari

numeri d’inventario, come documento disponibile o solo per

consultazione interna, in diverse biblioteche; vi segnalo le più

vicine:

B. Archiginnasio di Bologna.

B. Comunale di Budrio.

B. Comunale di Mezzolara.

B. Museo del patrimonio industriale di Bologna.

B. Universitaria di Bologna.

Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna.

.4.
Altre notizie le ho ricavate

dal testo a fianco riprodotto,

scritto nel 2006 da me e Gian

Carlo, indirizzato ai soli

parenti.

.5.
Perché un Così, per mettermi alla prova con
questo moderno strumento di comunicazione.

sono un mezzo per raccontarsi e raccontare, per

condividere fatti, storie, idee e opinioni, direttamente tra persone.

! " ! !
# $% !

Non mi sono mai preoccupato di sapere se i miei lettori fossero


molti o pochi perchè questo lavoro mi appassiona e mi procura
soddisfazione……..e questo mi basta!

.6.
In seguito ho voluto realizzare questo testo “ artigianale” che
raccogliesse i risultati delle ricerche e potesse essere letto, mi auguro
con gradimento, non solo dai miei familiari ai quali è dedicato, ma
anche dai miei pochi ma affezionati lettori ai quali è destinato.
(alcuni fra loro me lo hanno esplicitamente richiesto).
Nel corso del lavoro di ricerca ho emotivamente rivissuto i
sentimenti dei personaggi incontrati.
Se la lettura del testo procurerà anche nei lettori un poco di
emozione , mi sentirò soddisfatto perché avrò raggiunto un buon
risultato.
La sfida più grande è stata con me stesso dato che mi sono
cimentato nell’uso del computer .

La notizia, a mio avviso notevole, contenuta nel testo è che

& '''''
(come è precisato nella parte diciottesima ).

.7.
Come ho operato:
La mia indagine è stata fatta utilizzando diversi motori di ricerca.
Inizialmente le parole chiave erano solo Ruschi - Rusca - Rusconi.

I risultati delle prime indagini evidenziarono altri nomi, luoghi,


immagini, vicende e quindi avevo a disposizione altre parole
chiave per ampliare e/o approfondire l’osservazione.

Di grande aiuto è
stato :

E poi copia, incolla, taglia, cuci, riunisci …….2 anni di piacevole


“smanettamento”.

Ho “ postato” sul blog i risultati delle ricerche.


Dal blog, con aggiunte e modifiche, ho estratto i vari temi che ho
poi “assemblato”.
Ho diviso gli argomenti in“parti”(non li chiamo capitoli come si fa per i veri
libri, non ho velleità letterarie, non allarmatevi !).
In seguito ho inviato il materiale a:

che ha provveduto a stampare, rapidamente e con


professionalità, i risultati del mio lavoro.

( '''''
.8.
resentazione

Indice delle parti

1. Diverse ipotesi sull’origine del cognome Rusca Rusconi.


Notizie storiche dei Rusca Rusconi nel medioevo.
2. Come nasce il termine nome ed il termine cognome.
3. Cronologia di Milano e Como. Comuni e signorie.
4. Presenze dei Rusca Rusconi nei paesi del Comasco.
5. Archeologia medioevale: Castro Sancti Petri dicto castro
Ruschono. Il castello di Santa Sofia. Commercio di vino tra
Bormio e la media Valtellina durante il cinquecento.
6. Nicolò Rusca . Suor Claudia Francesca Rusca . Storia di
Berbenno. Titolo di “capitanei” . I de’ Capitanei. Le pievi.
Rusconi Pietro Martire. Rusconi Giovanni Vescovo di Parma.
7. Emigrazione in Emilia Romagna e Marche nei secoli xiv-xv.
Diffusione del cognome Rusconi in Italia.
Un origem del apellido Rusconi.
8.Origini e significato dei nomi ricorrenti nelle famiglie Rusconi,
Bronzi e Boriani.
9.Luoghi e testimonianze. Gli stemmi della casata.
10. Rusconi cofondatore della Cassa di Risparmio di Bologna.
1
11.Breve recordationis terre. Codice diplomatico della Lombardia
medioevale. Note biografiche di Capitani di guerra: Ottone
e Luchino Rusca. Estratti da “Dizionario storico della
Svizzera “
12. Il casato. Villa Rusconi ed oratorio di Santa Ninfa . Dimore
avite. La famiglia Rusconi a Bologna e Mezzolara. Effigi.
13. Dal libro di Gian Carlo e Marco Bronzi Rusconi :
storia della famiglia Bronzi Rusconi.
14 .La genealogia non è estinta.
15. La pace di Lomazzo.
16. Ultim’ora.
17. Diamo un futuro alla memoria.

ommiato

2
Parte Prima

Diverse ipotesi sull’origine del cognome


Rusca Rusconi .
Notizie storiche dei Rusca Rusconi nel
medioevo
1
Potrebbe discendere dal cognomen latino
Roscius o Ruscius della gens Ruscia.
Ma potrebbe anche derivare dall'aferesi (caduta della vocale o della sillaba
iniziale di una parola ) del vocabolo latino cheruscus derivato dal nome del
popolo barbaro germanico dei Cheruschi sia come riferimento etnico sia ad
indicare, ad esempio, una vittoria su quel popolo.
Di questo uso si hanno tracce ad esempio nel 10 d. C. con Hermannus
Arminius Cheruscus che sconfigge il generale Romano Quintilio Varo a
Teutoburgo.

Rusca e Rusconi intorno al 1100


Troviamo nel 1175 Bernardo Rusca podestà di Como.
Il nobile casato ghibellino dei Conti Rusca esercitò poi con Franchino Rusca
dal 1300 la Signoria su Como e sui comuni lariani. Tra le famiglie del 1200 il
cognome che si fa avanti per primo, già con più famiglie, è il cognome
Rusconi e Rusca, che spesso ritroveremo.
Probabilmente è una famiglia autoctona che dal bellinzonese, dopo secoli, è
andata a Como ( e non viceversa), dopo esser saliti in ricchezza e potenza.
Il cognome potrebbe derivare dal termine rusca o scheggia di legno perchè
questa famiglia ha avuto il monopolio del commercio della rusca intorno al
tempo degli Ottoni e dopo.
Tal commercio era importantissimo perchè tutta la conciatura delle pelli ne
richiedeva lo sviluppo ed era in mano a famiglie indigene.
I Rusconi dal bellinzonese in giù sino a Como avevano messo un’infinità
d’empori e punti d’appoggio

2
Rusconi è decisamente lombardo, tracce di questa cognomizzazione le
troviamo nel 1600 con il notaio sondriese Giovanni Antonio Rusconus.
I Rusca erano di origine comasca e furono per lungo tempo signori di Como
Sembra avere, oltre al ceppo lombardo, uno genovese ed uno probabilmente
secondario veneziano.
Questo cognome è oggi molto diffuso in Lombardia e nel Canton Ticino.

Un’ altra ipotesi interpretativa del cognome


Rusca, o Rusconi, lo ricollega alla voce
italiana rusco, ruschia “pungitopo”, infatti,
nello stemma della famiglia medievale vi si
fa riferimento con sei foglie di questa pianta.

(Ruscus aculeatus = pungitopo).

3
Cicerone: “De Oratore”

In quest’opera è citato

Marco Pinario Rusca

Caput LXV] [261]


In verbis etiam illa sunt, quae aut ex immutata oratione ducuntur aut ex
unius verbi translatione aut ex inversione verborum.
Ex immutatione, ut olim Rusca cum legem ferret annalem, dissuasor* M.
Servilius "dic mihi," inquit "M. Pinari, num, si contra te dixero, mihi male
dicturus es, ut ceteris fecisti?" "Vt sementem feceris, ita metes" inquit.
[262]
*Marco Servio Pulice Gemino
Ut sementem feceris ita metes:
Mieterai a seconda di ciò che avrai seminato
(Cicerone De oratore 2LXV 261).
"Dic mihi, inquit, M. Pinari, num, si contra te dixero, mihi male dicturus es,
ut ceteris fecisti? Ut sementem feceris, ita metes inquit"
(=Dimmi Pinario - chiese - se dirò qualche cosa contro di te, tu sparlerai di me
come hai fatto con altri?
"Mieterai -risponde Pinario - ciò che hai seminato).
Proverbio condivisibile quando equivale al nostro modo di dire: "chi semina
vento raccoglie tempesta".

4
5
Tito Livio: da “Storia di Roma” Tito Livio (Padova, 59 a.C.
– 17 d.c.) è stato uno storico ed autore latino.

Il suo cognomen ci è sconosciuto.

Scrisse una monumentale storia di Roma, Ab Urbe


Condita, dalla sua fondazione (tradizionalmente

datata 21 aprile 753 a.C.) fino al regno di Augusto.

Per le varie epoche della conquista romana


della Sardegna e della difficile penetrazione in
Barbagia, sono i seguenti, ricavati dalla Storia
XL e Storie XLI (6,6e12,5):
………Era tale la violenza dell'epidemia di peste che, essendo stato
disposto, a causa dell’insurrezione dei Corsi e della guerra suscitata in
Sardegna dagli lliesi, che si facesse una leva di 8.000 fanti e 300 cavalieri tra
gli alleati latini, che poi il Pretore Marco Pinario Rusca avrebbe traghettato
in Sardegna; i consoli riferirono che tanto grande era il numero degli uomini
deceduti e tanto quello dei malati, che il numero stabilito di soldati non si
potè fare.
Fu ordinato al pretore che prendesse il numero mancante di soldati dal
proconsole Gneo Bebio, che svernava a Pisa e che di lì li traghettasse in
Sardegna.
ln Corsica si combatté contro i Corsi.

6
M. Pinario uccise in battaglia circa duemila di loro. Costretti da questa
sconfitta, i Corsi consegnarono ostaggi e 100.000 libbre di cera.
L'esercito quindi, fu condotto in Sardegna e si combatté con successo contro
gli Iliesi, gente neanche oggi ancora del tutto sottomessa. .
Questi sono gli avvenimenti del 178 a.c.
Siamo, quindi, informati dalle testimonianze letterarie di una vittoria nel
181 a.C. di Marco Pinario Rusca sugli Ilienses, popolazione interna della
Barbagia.

Sorvoleremo poi su tutta una serie di notizie curiose (il


miele di Sardegna che induceva al riso... sardonico); il
pessimo miele della Corsica, produttrice invece di ottima
cera, tanto che gli invasori, dagli Etruschi del VI sec. a. C. al
pretore romano Marco Pinario Rusca nel 181 A.,
imponevano agli isolani la consegna di ingenti quantità di
prodotto, fino a 200 mila libbre, pari a 65,5 t, in conto
indennità belliche.

Tito Livio: ab urbe condita- storia di Roma.


Dalla pretura di Lucio Attilio, che succedette a Catone, fino a quella di Marco
Pinario Rusca gli annali romani non contengono ricordo alcuno per la
Sardegna che meritevole sia di special relazione, se si eccettuano le doppie
decime di frumento imposte all'isola nel governo di Lucio Oppio Salinatore e
di Quinto Fabio Pittore [176] .

7
Nel governo di Pinario nuovi sintomi ricomparvero di malcontento e di sommossa;
ché divelta del tutto non era quella funesta pianta, onde prendere non potesse novello
rigoglio. Movea questa fiata la sollevazione dalle montagne degli Iliesi, nel capo ai
quali il pensiero dell'indipendenza era confitto più addentro che agli altri popoli della
Sardegna; o perché il sangue troiano inspirasse maggior orgoglio, o perché la vita
asperrima durata pei dirupi li più inaccessi dell'isola maggior incitamento
somministrasse al viver libero. Travagliava in quel tempo i Romani una pestilenza
tale, che non potendo formarsi di cittadini le cerne necessarie per la spedizione la
quale a quell'uopo si preparava, non riuscì neppure di poter arrolare fra i soci del
nome latino ottomila fanti e trecento cavalli, che tanti n'abbisognavano per
quell'impresa. Onde avendo i consoli riferito tanta esser stata la moria, da non poter
ragunare in quel modo un esercito, abilità fu fatta dai padri al pretore Pinario di
ricevere i soldati che mancavangli dal proconsolo Gneo Bebio, il quale svernava con
altre legioni in Pisa [177] .
Il passaggio di Pinario nell'isola con quest'aumento di forza dovette per buona pezza
attutare i rivoltosi, poiché nelle succedute preture di Caio Menio [178 ] e di Caio
Valerio Levino [179 ] nissun cenno fassi di novelle turbolenze. Violente poscia
scoppiarono nel governo del seguente pretore Tito Ebuzio Caro [180] . Inviò egli
lettere al senato per mezzo dello stesso suo figliuolo, nelle quali si riferiva: ai sempre
liberi Iliesi associati essersi i popoli Balari, strascinati dalle mene dei ribelli ad
insorgere anch'essi; la provincia pacifica, che alle armi romane sottostava, invadersi
dalle loro squadre, ed impunemente ciò farsi essendo l'esercito rifinito per le sofferte
fatiche ed in gran parte atterrato dal contagio. Una legazione sarda presentavasi al
tempo istesso ai padri, sponendo i disastri sopportati e supplicando aiuto porgessero
alle città almanco ed ai luoghi abitati; ché i poderi oramai a tale devastazione ridotti
erano da richiedervisi non più difesa ma ristauro. Gravi conosceansi le riferite cose, e
perciò i padri, essendo l'anno al suo termine, ai nuovi magistrati che deliberare ad un
tempo poteano ed agire ogni bisogna rimisero [181] .
8
Notizie storiche dei Rusca Rusconi nel
medioevo.
Queste notizie hanno provenienze diverse, ma sono tutte convergenti.
A volte, volendo rispettare la fedeltà della fonte, si hanno delle ripetizioni.

I Rusca
Erano di origine comasca e furono per lungo tempo signori di Como.
Quando diventarono ricchi e potenti, divennero capi-partito.
I vari rami bellinzonesi diedero:
2 arcipreti,
sei cavalieri aurati,
un sindaco,
capitani al servizio di Francia e di Spagna,
il prefetto del Cantone di Bellinzona,
funzionari in ogni epoca.

Nel medioevo il governo della città di Como


era conteso principalmente da due famiglie: i
Rusca e i Vittani. L’inizio delle ostilità tra le
due famiglie è da datarsi intorno al 1250
quando i Rusca scacciarono i Vittani dalla
cittadina; ma, nel corso dello stesso anno i
Vittani passarono al contrattacco riuscirono ad
espellere a loro volta i Rusca.

9
I Rusca cercheranno di entrare
ancora in città, ma vi riusciranno
solo nel 1277 con la battaglia di
Desio, quando sconfiggeranno i
Vittani; il più celebre di loro, Napo
Torriani, finì appeso in gabbia al
Baradello (Castello), dove morì
dopo diciannove mesi di prigionia.

Barbarossa aveva fatto erigere


Castel Baradello, per difendersi dai
milanesi: egli lo descrive come un
castello cinto di mura e torri
chiamato "Paratello", eretto nel 1159
su un'altura di 432 metri ad ovest
dell'estremità meridionale del lago
di Como. Nel 1216 il castello fu assegnato a 12 boni homines comaschi,
cittadini di Borgovico e Coloniola, con il compito di custodirlo.

Passata ai Rusca, Lotario cedette la rocca ai Visconti dietro compenso e, tra il


1246 e il 1436, fu rinforzata nelle mura e orlata con merli guelfi; ma la
complessa struttura militare che si univa al baluardo difensivo del sottostante
borgo di Camerata, fu purtroppo quasi del tutto smantellata nel 1527 (su
disposizione di Antonio Leyva) dal capitano spagnolo in Como, Don Pedro
Arias, che decise però di mantenere la torre.

Al tempo di Federico II, ebbe inizio anche a Como un lungo periodo di


combattimenti che videro protagoniste la famiglia guelfa dei Vitani e quella
ghibellina dei Rusca, che si divisero i favori dei comuni lariani fino al 1303.

10
In quell'anno i Rusca presero saldamente il governo cittadino reggendolo
anche dopo la parentesi nel 1408, del dominio visconteo. L'opera di
assoggettamento dei comuni in seguito alla morte di Federico II si arrestò; si
aprì invece una fase d’interregno e la già delineatasi crisi istituzionale dei
comuni venne ad accentuarsi fino all'avvento della signoria.

I Rusca nel medioevo capitanavano la fazione cittadina dei ghibellini, ovvero


sostenevano il potere imperiale. Il primo podestà di Como fu un membro
della famiglia: Bernardo Rusca nominato nel 1158 da Barbarossa. Il palazzo-
fortezza dei Rusca nel basso medioevo era entro le mura della città che in
quel tempo si estendevano fino al lago; il castello della Torre Rotonda è stato
edificato per volere dei Rusca. Nelle varie guerre civili contro i Vittani ebbero
l’appoggio del paese di Moltrasio.

I Rusca si allearono con i Visconti, allora signori di Milano: anche questa


famiglia era ghibellina e la sua famiglia rivale era quella Della Torre che era
di parte guelfa.

Anche i Vittani come i Rusca furono per parecchi anni signori di Como; essi
capitanavano la fazione cittadina dei guelfi ovvero sostenevano il potere del
papa. I Vittani si allearono con la famiglia Della Torre anche loro signori di
Milano; la famiglia rivale dei Della Torre era quella dei Visconti che, infatti,
parteggiavano con i Rusca, rivale dei Vittani. I Vittani dopo il 1406 non
rientrarono più a Como, ma riuscirono a tenere per loro vaste zone del
contado.

Nel 1413 i Rusca con il conte Loterio furono gli ultimi signori di Como.

11
Apparentamento con i Visconti

Enrica visconti.

Figlia naturale di Bernabò e di Beltramola de Grassi.


Nacque probabilmente nel 1344.
Sposò in una data non precisata Lotario Rusca (Rusconi) di Como, con una
dote di 6.000 fiorini.
Lotario trattò nel 1376 la pace col Monferrato con l’incarico di consigliere
visconteo.
Suo figlio Franchino Rusca fu inviato in Savoia il 1° dicembre 1391 da Gian
Galeazzo con Giovanni Suardo per presenziare alle esequie funebri d’Amedeo
VII.
Enrica e Lotario ebbero anche altri figli: Enrica, Giovanni, Baldassarre,
Maddalena e Donnina.

12
L'età dei comuni e delle signorie

Quando iniziò nel XII secolo l'epoca comunale, Mendrisio gravitò soprattutto
nell'orbita di Como, ed ebbe a subire le conseguenze delle lotte che
contrassegnarono la storia dei grandi comuni. Benché piccolo, il Borgo aveva
infatti tre castelli e dunque costituiva un avamposto difensivo importante.
Como e Milano se lo contesero subito e la popolazione ebbe a soffrirne, specie
nel 1242, quando i Milanesi saccheggiarono il paese, che fu poi incorporato,
insieme a tutto il Sottoceneri, nello stato di Milano, divenuto granducato nel
1395 e governato dalla potente famiglia dei Visconti.
Il granducato fu travagliato dalle lotte che opposero i Visconti ai loro rivali
Rusca.
Le due potenti famiglie raggiunsero un compromesso nel 1416: Loterio
Rusca rinunciò al governo di Como, che passò ai Visconti, ricevendo in
cambio una contea creata appositamente per lui e detta Val Luano, che
comprendeva l'attuale Sottoceneri.
Nel 1433, per limitare il potere dei Rusca, il duca di Milano Filippo Maria
Visconti affidò la contea di Val Lugano ai Sanseverino.
Si aprì un cinquantennio fosco, fatto di vessazioni fiscali e abusi giuridici.
Contro l'arroganza di questi “tirannelli”, i Mendrisiensi insorsero
ripetutamente, perchè era vivo in loro il desiderio di essere autonomi dal
potere centrale: nel 1464, alla morte di Francesco Sanseverino, si rifiutarono
di giurare fedeltà alla vedova Aloisa, chiamata a succedere al marito; nel 1467
pretesero di essere rimessi sotto la tutela di Como, l'antico padrone mai
dimenticato.
Nel 1485, grazie anche all'appoggio dei ghibellini luganesi, i Sanseverino
dovettero lasciare il Borgo, che fu governato direttamente dl duca di Milano.
A curarne gli interessi provvedeva un podestà di sua nomina, affiancato, per
gli affari interni, da consoli scelti fra i notabili locali, a dimostrazione che
Mendrisio godeva di una certa autonomia.

13
Fine dell'esperienza comunale

Nel 1302, dopo una breve supremazia dei Rusca, i Vittani si ribellano con
forza ottenendo di esiliare gli avversari. I Rusca, con Franchino, nel 1311
rientrano in possesso del governo della città e il loro ritorno decreta la fine
delle istituzioni comunali; Franchino si nomina Signore di Como
governando, sempre più dispoticamente, per gli anni seguenti. Il
cambiamento di governo non incide eccessivamente sulla situazione
economica della città che continua ad essere florida: Franchino ottiene anche
grosse commesse economiche dall’estero e batte moneta propria. Nel 1325,
alla morte del vescovo Lambertenghi, Franchino impone come successore un
fratello, opponendolo al vescovo eletto dal papa.

Questo gli costò la scomunica e, di conseguenza, un progressivo


isolamento.

Como inizia così ad entrare nell’orbita di Milano, nonostante che Franchino


Rusca tenta di liberarsi dall’interferenza dei Visconti. Nel 1335 il vescovo
d’elezione papale Benedetto degli Asnaghi con l’appoggio dei Vittani e dei
Grassi assedia la città; Franchino Rusca decide di ritirarsi dal governo
cedendolo alla Signoria viscontea in cambio del Bellinzonese. Nello stesso
anno Azzone Visconti prende possesso della città di Como. Si chiude così il
periodo durante il quale Como era riuscita a condurre una propria politica
autonoma. Dopo le varie lotte in Italia, con la pace di Lodi, nel1454, si arriva
alla suddivisione dell’Italia in Stati regionali..

14
Franchino Rusca Cavagliero

Figlio di Lutero fu primieramente collega di Baldassarro suo fratello nell'Ambascieria

di Sicilia; fu eletto capitano di cavalleria dal Duca Giovanni Maria Visconti, dopo la

cui morte fu con la sua gente mandato contro Rossi alla difesa di Parma; la dove fu

incitato da Rossi medesimi alla recuperazione della propria patria dalla quale fu per

qualche tempo tenuto lontano. Nei quali giorni saccheggiarono le terre di Lomazzo,e

di Bregnano e si difese gagliardamente dall'assedio fatto da Giovanni Carcano. Ad

ogni modo entrò nella città di Como, e di quella si fece Signore, e licenziando gli

Ufficiali Ducali, cominciò ad esercitare il mero, del suo Impero. Ma non molto dopo,

il suo ssercito è stato rotto da Ducali e fu costretto ad abbandonare la patria.

Nulladimeno ripigliando le forze prese dalla la Rocca di Porta Nuova della Città

medesima, avendo subornato il Castellano di quella, il che fece col Castellano della

Fortezza della torre Rotonda: per la qual cagione si fece nuovamente Signor di Como

a gran danni della parte avversa che fu l'anno del Signore nel 29 Maggio del 1403.

Passò all'altra vita nel 1412 e venne seppellito nella Cattedrale di Como.

15
Nel 1402 Galeazzo Visconti muore, lasciando eredi troppo giovani perché
governino, quindi i Rusca ne approfittano per rientrare in Como con
Franchino II nipote del primo Franchino Rusca, ma devono scontrarsi con i
Vittani anch’essi desiderosi di riprendersi il potere.
Solo verso il 1413 tra le due parti viene conclusa una tregua ma, alla morte di
Franchino Rusca, i Visconti rientrano in possesso di Como con Filippo Maria
nel 1416.
Con i Visconti Como sembra superare la crisi economica, ma nel 1447 Filippo
Maria muore e con lui finisce la sua dinastia.

E1. Franchino II (+ poco dopo XI-1412), ambasciatore milanese in


Sicilia nel 1393, armato
Cavaliere dal Duca di Milano nel 1395,
Capitano di cavalleria ducale nel 1395, Luogotenente a
Pisa nel 1401, tenta di occupare Como nel 1403;
Signore di Como con Mugliasca, Bellano,
Gravedona, Mandello, Esino, Varenna e Lugano
(questa perduta nel 1411) dal 17-10-1408,
compra Chiavenna nel 1411.
= …….

16
Parte seconda

COME NASCE IL TERMINE NOME ED


IL TERMINE COGNOME.

1
Nome e cognome.

Dalla nascita della famiglia, come


aggregato di persone, discende
l’esigenza di identificare i vari membri
del gruppo.
L’identificativo sarà tanto più semplice
quanto più limitata sarà la dimensione
del gruppo e con la crescita di questo
crescerà anche il bisogno di ricorrere ad
identificativi più diversi.
Se questo è vero per i popoli europei, lo
è un pò meno per i cinesi, presso i quali esistono solo pochissimi identificativi
cognominali.

Pur essendo il cinese il popolo più


numeroso del pianeta, il maggior
numero di persone porta un cognome
composto di un solo ideogramma o
suono parasillabico;
attualmente in Cina ci sono solamente
circa 3 mila cognomi di grossa
diffusione e solo 200 cognomi doppi.

2
I quattro cognomi più usati sono : Zhang, Wang, Li e Zhao.
Il più diffuso è il primo che, secondo le più recenti statistiche, è portato da
oltre 100 milioni di persone e con i primi 3 ci sono circa 270.000.000 di cinesi.

L'identificativo per differenziare l'uno dall'altro noi l’abbiamo chiamato


nome, in altre parole un attributo che caratterizzi la persona e che possa
permettere ad ogni componente del gruppo di capire a chi ci si sta riferendo.
Possiamo dire quindi che il nome, con caratteristiche simili all’attuale
soprannome, nasce assieme all’uomo, quando l’organizzazione del gruppo
impone l’identificazione dei vari componenti come elementi distinti.
La prima forma di nome prende ispirazione dalla natura, sia per la carica
emotiva o attrattiva che l’elemento naturale comporta, sia per l’affinità a volte
augurata, a volte riscontrata.
I nomi Volpe, Lupo, Orso, Cane, Nuvola, Montagna, sono solo esempi di
questo tipo di identificativo.
Con la nascita del culto per il soprannaturale si rendono disponibili a questo
bisogno di identificare le persone anche i nomi o gli attributi degli dei, i
mestieri forniscono altri elementi, i luoghi d’origine o residenza ne
forniscono altri ancora.
L’uomo è un animale sociale, ma è anche un animale molto curioso e il
desiderio di conoscenza caratterizza proprio l’homo sapiens.
Il bisogno innato di viaggiare, di esplorare, di conoscere porta al contatto con
gruppi diversi.
Il fatto stesso di rendersi conto che esistono gli altri conduce
all’identificazione di se stessi come appartenenti ad un gruppo e rende perciò
indispensabile la definizione del proprio gruppo con un nome comune che
definisca l’appartenenza al gruppo stesso : nasce così il germe del cognome.

3
Il cognome può prendere molti riferimenti per identificarsi, dal nome del
capofamiglia, “io sono uno dei figli di …”, al nome della località d’origine “io
sono uno di quelli della valle…”, al tipo di mestiere svolto dal proprio
gruppo, “io sono uno dei cacciatori…”, l’unico limite è la fantasia.
Con l’ampliarsi del gruppo, con l’aumento del numero dei singoli gruppi
familiari e con l’allargamento dei confini esplorati e delle genti nuove
conosciute si sente l’esigenza di una struttura che consenta in modo univoco
ed organizzato di identificare ogni singolo elemento umano della società.

Gli antichi Romani già varie centinaia


d’anni prima di Cristo sentirono
l’esigenza di chiamare ogni cittadino con
i tria nomina (tre nomi).

Il parenomen era il nome di "battesimo", poiché veniva dato dai genitori al


bambino il giorno della nascita.
Alcuni esempi: Lucius, Marcus, Fabius, Caius, Gaius, Appius, Titus, Decimus,
Quintus....
Solitamente le donne prendevano come prenomen il femminile o un
vezzeggiativo della gens; per esempio la figlia di Ottaviano Giulio Cesare si
chiamava Giulia.
Il nomen invece indicava la gens (o stirpe, il nome della famiglia allargata o
clan) ,la famiglia e serviva quindi a distinguerle dalle altre.
La gens indicava quindi i discendenti di una stessa stirpe.
Ad esempio Iulius significava discendente da Iulo cioè Enea.

4
Il cognomen (il soprannome), consentiva ad ogni romano di essere
identificato in caso di omonimia.

Il soprannome poteva essere composto aggiungendo un quarto ed un quinto


nome a completare il praenomen.
Il cognomen, come al giorno d'oggi, indica quindi la famiglia d'origine.
Alcuni di questi spesso erano di origine popolare come nel caso di
Cicerone chiamato Cicero derivato da "cece", oppure Lepidus da
“scherzoso”.
Altri cognomina : Caesar, Cicero, Brutus, Vespasianus.
Esistevano inoltre i cognomina triumphalia, ossia particolari titolazioni
assunte permanentemente da generali vittoriosi.
Emblematico il caso di Publio Cornelio Scipione che per la sua vittoria
contro i cartaginesi venne soprannominato l'Africano.
Dal I secolo d.C. gli Imperatori potevano essere insigniti di titolazioni
chiamate cognomina ex virtute, che gli venivano attribuiti in caso di grandi
vittorie militari ed i titoli ricordavano il nome della regione ove si erano
svolti i combattimenti, come ad esempio Marco Giulio Filippo che ebbe i
titoli di Persicus, Parthicus maximus, Germanicus maximus e Carpicus
maximus.
Gli Imperatori potevano anche essere insigniti di titolazioni "non militari"
come ad esempio Antonino che ricevette il cognomen ex virtute di Pius
perché molto rispettoso nei confronti del suo
predecessore.

Altri imperatori ebbero dal Senato il titolo di


Optimus Princeps.

5
Con la caduta dell’impero romano le influenze barbariche portarono ad un
quasi completo abbandono dei tria nomina, la struttura cognominale latina,
tranne che per pochissime famiglie patrizie e si ritornò all’uso del semplice
nome dell’ambito famigliare spessissimo ispirato al nome di santi della
religione cristiana.
Verso la fine del XI° secolo le influenze delle popolazioni barbariche
portarono ad affiancare al semplice nome, almeno per le famiglie più
abbienti, il nome del padre o della madre nella forma genitiva (de, di), come
era in uso presso le popolazioni barbare dove l’identificativo per eccellenza
era il nome del padre o della madre con un suffisso patronimico o
matronimico.
Pensiamo ai britannici terminanti per -son come Johnson, alle popolazioni
nordiche con i vari cognomi terminanti per -sen o -son come Johanssen o
Petterson o quelli dei popoli slavi terminanti per -vic, -ig o -cic come Ivancic
o Petrovic o per i popoli di ceppo russo terminanti per -ov a volte scritto off
come Stefanov, tutti suffissi che stanno : per figlio di.
Per lo studio dell'origine dei cognomi è quindi importante sottolineare
come nasca il termine cognome ed il termine nome.
In epoca repubblicana i Romani sentirono il bisogno di aggiungere un
elemento distintivo, che consentisse di identificare due diverse persone
aventi lo stesso Nomen ed appartenenti alla stessa Gens.
Adoperarono così dei Cognomen o soprannomi che facevano riferimento a
caratteristiche fisiche, al colore dei capelli, alla balbuzie, al candore della
pelle, oppure a fatti che avevano caratterizzato la loro esistenza o a nomi di
popoli che avevano vinto o di campagne militari che avevano effettuato o al
loro luogo di provenienza e così via.

6
Come detto, in latino il Nomen era l'identificativo della persona, mentre il
Cognomen era l'identificatore della Gens di appartenenza.
In Caio Giulio Cesare Caio era il Praenomen, Giulio il nome gentilizio, cioè
l'identificatore della familia o meglio Clan di appartenenza e Cesare era il
cognomen cioè l'identificativo della persona all'interno della Gens Giulia.

Gens è qualcosa di più che famiglia, come la intendiamo noi, ma è piuttosto il


clan, cioè l'insieme di tutti quanti discendono da una stessa origine comune.
Si può notare l'affinità tra il vocabolo latino gens e genus (stirpe, genere),
genitus (generato), che fanno capire come comune sia il concetto che ha dato
luogo a questi diversi vocaboli ed è il concetto di generare, dare origine; il
genè (da cui genesis , genesi=origine) greco che aveva il significato di
elemento primordiale, capostipite.

Risulta chiaro quindi anche il termine genealogia, come studio (logia) delle
origini (genè), cioè come studio delle origini delle genti.
Dall'uso latino, si è passati ad una definizione di origine più indiretta, quindi
al concetto di soprannome. Abbiamo quindi cognomi come derivazioni di
termini che indicano professioni, origini geografiche, caratteristiche fisiche
ecc.

I primi cognomi appaiono in Italia nel IX secolo come prerogativa distintiva


di una classe privilegiata, poi man mano il fenomeno si diffonde sempre più,
fino ad arrivare in epoca rinascimentale ad essere abbastanza diffuso.

Non è ancora comunque una caratteristica ereditaria, ma piuttosto un


carattere distintivo della persona, solo i nobili trasferiscono ai figli
primogeniti l'uso dell'identificativo del casato, che così si perpetua.

7
Verso il XVIII° secolo il bisogno di far un pò d'ordine e la necessità di
identificare popolazioni diventate ormai troppo popolose porta
all'imposizione per legge dell'obbligo del cognome.

Una vera e propria statistica riguardante l'origine dei vari cognomi non
esiste, ma si stima che un 35% derivi da nomi propri del padre o del
capostipite, un altro 35% abbia relazione con la toponomastica, cioè faccia
riferimento a nomi di paesi o località o zone, un 15% sia relativo a
caratteristiche fisiche del capostipite, un 10% derivi dalla professione o dal
mestiere o dall'occupazione o dalla carica mentre un 3% sia di derivazione
straniera recente ed un 2% sia un nome augurale che la carità cristiana
riservava ai trovatelli.

Presso gli antichi greci le persone venivano identificate dal nome proprio, da
quello del padre e, a volte, dalla località d'origine.

8
Parte terza

CRONOLOGIA DI MILANO E
COMO
COMUNI E SIGNORIE

1
Estratto da: Cronologia di Milano.

Sono evidenziati solo gli anni in cui sono citati i


Rusca Rusconi.

1258 A Como le lotte tra Rusconi e Vittani attirano l'attenzione dei Milanesi.
Capitani e la Motta accorrono a Cantù per sostenere i nobili comaschi;
la Credenza stabilisce il suo quartiere a Vertemate per proteggere i Vittani. In
aiuto dei Rusconi arrivano contingenti da Cremona, Pavia e Novara. Vince
Martino della Torre con la Credenza; i Vittani prendono il potere a Como e in
cambio eleggono Martino podestà di Como per cinque anni.

1263 Muore a Lodi Martino della Torre e viene sepolto a Chiaravalle, fuori
dell’abbazia perché scomunicato. La Credenza elegge suo successore il
fratello Filippo della Torre, che deve risolvere il problema dell'arcivescovo e
dei rapporti col papato.
A Como i Vittani lo proclamano loro signore, mentre i Rusconi lo
sostituiscono con Corrado di Venosta.
Filippo della Torre con le forze della Credenza entra a Como, mentre i
Rusconi introducono in un altro quartiere della città il Venosta e il suo
protettore Simone di Locarno. Si combatte per le vie; i Rusconi e il Venosta
fuggono per la Valtellina; Simone da Locarno è fatto prigioniero e portato in
trionfo a Milano, dove viene rinchiuso in un gabbione sotto le scale del
Broletto ( Termine che in origine definiva un campo recintato da un muro, nel
quale in epoca medievale si svolgevano le assemblee dei cittadini )

1279 Lotario Rusca, comasco, è podestà di Milano e Giovanni del Poggio,


torinese, è Capitano del Popolo.

1281 Guglielmo VII del Monferrato sbarca a Genova con 500 militi castigliani
e 100 balestrieri.
I Rusconi e Simone da Locarno richiedono il suo aiuto a Como e lo nominano
per dieci anni Signore di Como.

2
1302 Galeazzo Visconti, per ordine di Matteo, cattura a Bisentrate Pietro
Visconti e lo porta a Milano.
Antiochia Crivelli, moglie di Pietro, raduna nel Seprio Corrado Rusca,
Landolfo Borri, Albertone Visconti, Corrado da Soresina, Enrico da Monza,
costituendo un esercito di 10.000 uomini. Il palazzo dei Visconti è
saccheggiato e distrutto. Galeazzo Visconti fugge nel castello di S.
Colombano, la moglie Beatrice ripara a Ferrara dove nasce Azzone. Gli altri
figli di Matteo si rifugiano per qualche tempo nel convento di S. Eustorgio.
Matteo, rimasto senza rifornimenti, ricorre all'intermediazione di Venezia per
trattare la pace. Le condizioni degli avversari sono precise: i Visconti devono
abbandonare il governo di Milano e gli esuli devono ricevere un indennizzo
(Pace di Pioltello). A Milano si riuniscono a discutere Alberto Scotti,
Filippone di Langosco di Pavia, Antonio Fissiraga di Lodi, Corrado Rusca di
Como, Enrico da Monza, Pietro Visconti. Quest'ultimo si opponeva alla
consegna della città ai Torriani, cercando di separare la responsabilità della
famiglia Visconti da quelle di Matteo e Galeazzo.
Lo sostiene solo Corrado Rusca.
Il Consiglio generale presieduto da Alberto Scotti affida per sei mesi il
governo della città a Bernardo Scotti, figlio di Alberto, in qualità di rettore.
I Torriani superstiti possono far ritorno in città: Erecco, Corrado detto Mosca,
Moschino suo figlio, Guido figlio di Francesco, Martino figlio di Cassono,
Imeraldo, Napino figlio di Mosca, Angefosso figlio di Andreotto, Zonfredo
figlio di Carnevario, Leoncino, Oliverio.

1329 Riunione dei Ghibellini a Marcaria (20-21 aprile), convocati


dall'imperatore.
Vi partecipano Cangrande della Scala, Franchino Rusca, Ludovico Gonzaga,
Ponzino da Cremona. Azzone Visconti, invitato a partecipare, dice ai messi
che preferirebbe la morte piuttosto che sottomettersi all'imperatore. Lo
Scaligero riceve dall'imperatore il possesso di Mantova, forse promettendo
un aiuto contro Azzone.

1335 Francesco Scotti, già correggente di Piacenza, fomenta un tumulto


popolare e scaccia i rappresentanti della Chiesa e i guelfi dalla città (28
settembre). Agisce con l'aiuto di Azzone Visconti, ma poi tiene per sè il
governo della città.
Il 29 luglio Franchino Rusca, insediato a Como dai fuorusciti, consegna la
città ad Azzone che subito dopo riprende il controllo di tutto il distretto
milanese (Seprio, Martesana, Lecco, Ghiara d'Adda).
Passano sotto Milano anche la Valtellina e la Valchiavenna.
A Como viene ristrutturato il castello e costruita la cittadella.
3
1376 Lotario Rusca, marito di Enrica Visconti, figlia di Bernabò e Donnina
de' Porri, tratta la pace col Monferrato per conto dei Visconti.

1416 Filippo Maria, con l'aiuto di Filippo di Vertus (Virtù), figlio di Valentina
Visconti, riconquista Lodi, Como e Trezzo (1417).
I Rusca di Como ricevono in cambio il governo della contea di Val Lugano,
creata apposta per loro da Filippo Maria.
Muore Pietro Torelli. Probabilmente subito dopo è scolpito il monumento
funebre in S. Eustorgio e intorno al 1420 la famiglia fa costruire la cappella di
S. Domenico (seconda a destra) dov'è collocata l'arca attribuita alla scuola di
Jacopino da Tradate.

1490 Muore la beata Beatrice Casati Rusca, terziaria francescana e vedova di


Franchino Rusca. Viene sepolta nella cappella di S. Antonio in S. Angelo.
L'urna marmorea fatta scolpire dalla figlia al* Bambaja nel 1499, con la
demolizione della chiesa è stata trasportata nel nuovo S. Angelo.
(* Agostino Busti detto il Bambaja)

Cronologia di Como

Dei personaggi storici di Como, vengono


presi in considerazione Federico Barbarossa,
figlio di Federico II, che alla morte del padre
divenne duca e fu poi incoronato
imperatore, e che a Como, uscita dalla Lega
di Pontida, promosse la costruzione del castello Baradello; Napo Torriani,
discendente della famiglia dei Della Torre,dopo essere stato catturato al
seguito della battaglia di Desio, morì dopo un anno e mezzo di prigionia nel
Castel Baradello, in una delle gabbie riservate ai prigionieri. Infine vengono
descritte le ostilità tra due famiglie comasche: Rusca da una parte, Vittani e
Torriani dall'altra

4
1237 Como esce subito dalla battaglia di Cortenova; la lotta comasca per il
potere vede contrapporsi le famiglie dei Rusca e dei Vittani
1311 I Rusca ritornano in possesso di Como
1402 I Rusca riprendono momentaneamente possesso di Como
1406 Franchino riprende in mano Como
1416 Lotorio vende ai Visconti la città di Como
1447 A Milano è proclamata la Repubblica e Como ne segue l’esempio

I due centri di Civello e Maccio ebbero parte importante nella storia


medievale di Como, in quanto possedimenti della potente famiglia dei
Rusconi, rivale dei Vittani per la signoria della città. Nel 1260 Loterio Rusca
costruì in Civello un castello, che all'inizio del Trecento fu il quartier generale
di Franchino Rusca nella sua lotta per la supremazia su Como. Esso fu
distrutto dagli spagnoli nel 1527
Sempre a causa della sua posizione, Argegno, fu molto importante tra il XIII e
il XIV secolo durante le lotte tra i Rusca e i Vittani, le due famiglie che si
contendevano il dominio della città di Como e del suo territorio, in epoca
comunale. Vi fu costruito alla fine del Duecento un castello con la torre che
resistette fino al 1875; oggi ne rimane solo una parte trasformata in
abitazione.
Nell’anno 1335 Como con tutti i suoi territori, Argegno compresa, si consegnò
ai Visconti, signori di Milano.
Nel 1416 fu ceduta in feudo ai Rusconi insieme alla Valle d’Intelvi anche se i
signori di Milano, i Visconti appunto, conservarono la signoria su tutta la
zona.

L'età dei Comuni e delle Signorie


1159

Inizia la seconda fase comunale, dopo quella dei consoli.

Il Barbarossa nomina il primo podestà di Como: è Bernardo Rusca.

Il podestà - scelto spesso in altre città, perché possa essere al di sopra delle
contese tra classi e famiglie del luogo, almeno fino alla seconda metà del XIII
secolo - funge da magistrato supremo e difensore dell'unità cittadina. Le
consuetudini amministrative sono fissate negli Statuti. Quelli di Como
vengono compilati tra il 1183 e il 1194.

5
1237

Alla battaglia di Cortenova, Federico Il sconfigge i Comuni e invia il


Carroccio come trofeo in Campidoglio. Como, entrata nella Lega anti-
imperiale per ultima, ne esce subito. Anche dopo la sconfitta degli imperiali a
Gorgonzola (1145) ad opera dei Lombardi guidati da Simone da Locarno, il
suo potere resterà pressoché intatto.
Si stanno intanto creando le premesse al passaggio dal Comune alla Signoria.
A Como la lotta per il potere vede contrapporsi le famiglie dei Rusca
(Ghibellini, ossia sostenitori dell'Impero) e dei Vittani (Guelfi, sostenitori del
Papato), legati rispettivamente alle due fazioni milanesi dei Visconti
(Ghibellini) e dei Torriani (Guelfi).
I Torriani (o Della Torre) sono originari di Primaluna in Valsassina. Nel 1256,
Martino Torriani si trova alla guida di Milano, presto contrastato da
OttoneVisconti. Lecco parteggerà sempre per i Torriani.
A Como le lotte civili iniziano formalmente nel 1250, quando i Rusca
scacciano i Vittani, che però nel corso dello stesso anno passano al
contrattacco e riescono ad espellere a loro volta i Rusca. In questa fase di
predominio guelfo, i Vittani possono contare sull'appoggio dei Torriani.

1263

IRusca tentano di impossessarsi del potere affidandosi a Simone da Locarno,


già esiliato da Milano per volontà dei Torriani, suoi avversari politici.
L'impresa fallisce. Simone, prigioniero, rimane chiuso in gabbia, secondo
l'usanza dell'epoca, fino al 1276, a parte una breve fuga.

1276

I Rusca riescono a rientrare in Como scacciando i Vittani e Torriani

1311

I Rusca, con Franchino, ritornano in possesso di Como. Franchino si


proclama Signore.

L'epoca comunale è definitivamente chiusa. Nello stesso anno MatteoVisconti


diventa vicario imperiale di Milano. Enrico VII concede Lecco in feudo a
Cressone Crivefli, rivale dei Torriani, successivamente però avversario dei
Visconti.

6
1325

Franchino Rusca impone un fratello come vescovo, opponendolo a quello


nominato dal Papa. Il gesto gli costa la scomunica ed il progressivo
isolamento.

1336-1338

Azzone unisce la sponda sinistra dell'Adda al territorio milanese con il ponte


fortificato ad otto arcate, difeso a ciascuna estremità da una torre.
Successivamente, nuove arcate saranno aggiunte per favorire il deflusso delle
acque. Sul ponte viene esercitato il diritto di pedaggio, da cui sono esclusi
solo i Valsassinesi, forse per aver contribuito in modo determinante alla sua
costruzione, forse per il vantaggio arrecato allo Stato visconteo dalle loro
miniere di ferro.
Nonostante le lotte confuse e convulse, di cui è difficile sintetizzare le
vicende, questa è un'epoca di relativa prosperità per Como. I mercanti
comaschi viaggiano per tutta l'Europa, e la lana comasca si vende bene e a
prezzo conveniente. Alla fine del XIII secolo le mura sono estese fino al lago e
sorgono i palazzi-fortezza: quello dei Rusca entro le mura, quello dei Vittani
vicino al vecchio porto. Il castello della Torre Rotonda è opera dei Rusca. I
Visconti lo amplieranno con l'edificazione della Cittadella (1336).

1402

Gian Galeazzo muore di peste. Esplodono violente le lotte tra Guelfi e


Ghibellini. I Rusca (con Franchino, nipote dello zio omonimo) riprendono
momentaneamente possesso di Como. Franchino attacca e depreda anche
Lecco, Mandello e Varenna.

1406

Tregua fra i Rusca ed i Vittani. Nel 1408 Franchino con un colpo di mano
riprende Como, ma vaste zone del contado restano ai Vittani.

1413

Muore Franchino Rusca , gli succede il figlio Loterio.


Dal Comune alla Signoria milanese dei Visconti

7
L'epopea del Libero Comune di Como si dispiega durante il XIII secolo con
piena autonomia amministrativa grazie a Statuti Comunali propri e alla
notevole prosperità economica derivante da floridi e liberi commerci, ma è
continuamente travagliata, come altrove in Italia, dalle lotte civili intestine,
fomentate dalle famiglie maggiorenti della città che si contendono le
maggiori magistrature e il ruolo sempre più preminente di Podestà: i Vitani
di Como sono schierati col partito Guelfo, capeggiato a Milano dai Della
Torre ovvero Torriani; i Rusca o Rusconi sono schierati invece col partito
Ghibellino, guidato a Milano dai Visconti. Su questo sfondo si proietta
l'episodio più traumatico e leggendario della barbara prigionia e morte nel
castello Baradello del capo guelfo, già podestà di Como, Napo Torriani:
all'indomani della battaglia di Desio del gennaio 1277, che vede vincitori i
ghibellini capeggiati da Ottone Visconti sui guelfi, Napo Torriani è catturato
da Ottone Visconti e rinchiuso con figli e parenti nel Baradello, ove i
prigionieri resteranno esposti per 19 mesi in tre gabbie di legno appese
all'esterno della torre, ben visibili dalla città e dalla strada Regina, a
drammatico monito per le velleità guelfe sulla città.

Napo Torriani con alcuni dei figli e nipoti morranno di inedia nelle gabbie
solo nell'agosto 1277 e la leggenda vuole che venissero sepolti nell'oratorio di
S. Nicola annesso al castello o nella chiesetta già paleocristiana di S. Martino
in Sylvis, sulle falde del colle, presso S. Carpoforo.

Dal 1335 la Signoria Viscontea, nel frattempo affermatasi a Milano, estese la


sua influenza anche su Como, con l'appoggio iniziale degli alleati Rusca.
Sono promulgati nuovi Statuti con i quali da parte dei Visconti è
definitivamente cancellata l'autonomia Comunale di Como e, una volta
pacificate le fazioni cittadine, i nuovi Signori intraprendono il potenziamento
delle fortificazioni, compresa la sopraelevazione della cinta muraria e del
massiccio torrione romanico del Baradello, che si eleva di altri 8 metri e
diviene svettante e coronato di eloquenti merli ghibellini.

8
Come fu la città di Como travagliata dalle guerre
civili, essendo prima occupata di Rusconi ghibellini,
e poi da Vittani seguaci dei guelfi.

“Cominciorno le città d’ Italia sollevarsi pretendono gli più potenti cittadini il


dominio di quelle; il che cominciorno far anco li Comaschi dividendosi in due
fazioni, cioè nella guelfa addimandata dai Vittani e nella Ghibellina nominata dai
Rusconi; e questi fabricorno per lora difesa il Castello della Torre Rotonda e una
forte torre sopra li macello, over beccarla, e gli Vittani edificarono al Medesimo
modo un altro Castello nel contorno dell’Aliasca vicino alla chiesa di S.Nazaro
appellato la Demorata,e accendendosi fra questi ogni giorno più gli intestini odii per
il desiderio di regnare, vennero alle mani con sanguinosi combattimenti. Essendo
superati i Vittani e gettata a terra la loro dimora e puniti gli Principali di quella
fazione in grande somma di denaro, si fecero i Rusconi Signori di Como.Erano
similmente nella città di Milano suscitate simili sollevazioni combattendo assieme la
nobiltà, fautrice dei ghibellini, e la Plebe, seguaci dei Guelfi, essendo la medesima
Plebe favorita dai Vittani e la stessa Nobiltà seguita dai Rusconi ( i Vittani )
congiuntisi con la Plebe Milanese venuta in lor’ agiutto superorno e cacciorno i
Rusconi da Como, ottenendo il dominio della città. Ritrovandosi la Repubblica
Comasca in così calamotoso stato gli si ribellò tutta la sua giurisdizione che fu l’
anno del Signore 1252. Et fu da Vittani creato Podestà di Como Martino Torriano,
Milanese qual fece promulgare molti decreti a favore dei Vittani in odio dei
Rusconi.Essendo passato ad altra vita Martino Torriano, Signore di Milano, nell’
anno del Signore 1263, concitorno i Rusconi seditione nella Città di Como, e dalla
Signoria di quella deposero,per forza d’arme, i Vittani; ma essendo rettamente
occupato il Principato di Milano da Filippo Torriano, fratello di Martino, confidatisi
i Vittani nelle lui aggiutti, si posero nuovamente in arme e superorno i rusconi,
ponendosi, contro i loro volere, nel possesso della città. A Filippo successe Napo,
suo zio, quale pigliò la Pretura di Como, essendo Accursio Cotica creato vicario del
Magistrato. Ma i Comaschi, tollerando malagevolmente la di lui molta rigidezza, per
mostrarsi contro i suoi sudditi inquieto e crudele , carcerorno il Cotica e, all’
incontro da Torriani carcerato Simone Muralto da Locarno, Capitano dei
Comaschi, ma furono, poco dopo, amendua tralasciati.Essendo in tal modo a
Torrioni ribellati i Comaschi, si congiunsero questi con la Nobiltà Milanese e
mandorno Simone a scorrere con gente armata i confini dei Milanesi. Ma,
migliorando la fortuna dei Torrioni, pentironsi i Comaschi della mancata fede.

Fonte: F. Ballarini, Compendio delle croniche della città di Como, Como 1619
pp.17-19.
9
10
Castello di Montebello a Bellinzona

PRESENZE DEI RUSCA RUSCONI NEI


PAESI DEL COMASCO.

1
Presenze dei Rusca Rusconi nei paesi del comasco.
ESTRATTI DA “ DIZIONARIO STORICO DELLA
SVIZZERA”.

In epoca medioevale, il piccolo borgo si reggeva già come comune autonomo


potendo contare su propri consoli che comparivano già in un monumento
datato 1058.

In questo periodo, Moltrasio prese parte con Como alla guerra decennale
contro Milano (1118-1127) e, come del resto fecero tutti i centri del Lario,
partecipò alle guerre fra Guelfi e Ghibellini, che a Como facevano capo alle
famiglie dei Vittani e dei Rusca, schierandosi con questi ultimi, per il
controllo della città di Como.

Secondo gli Statuti della città di Como (1335), Moltrasio aveva l'obbligo della
manutenzione di un tratto della via Regina, l'importante strada romana che
correva lungo la sponda occidentale del Lario: esso é identificabile nel
percorso di mezzacosta che attraversa Vergonzano, Durino e Vignola per
raggiungere Donegano: linea lungo la quale sono stati effettuati i
ritrovamenti archeologici menzionati e dove si trova la chiesa di S.Agata,
primitiva Parrocchiale di Moltrasio.

Nel 1522 il borgo fu poi messo a ferro e a fuoco dagli abitanti di Torno, sulla
sponda opposta del lago, a loro volta puniti per aver fomentato una rivolta
filo-francese e anti-spagnola.

I documenti storici affermano che "i Cornaschi non lasciarono la patria senza
vendetta... quegli abili navigatori corseggiando per tre mesi il lago, senza contrasto,
tutto misero sottosopra con ruberie, carceri, stragi e incendi... mandarono a ferro e
fuoco Laglio, Carate, Cernobbio e Moltrasio, terre nemiche a loro, perché della loro
rovina non menassero vanto".

2
Chiasso*
La storia e l'evoluzione del comune di COMO sono strettamente legate alla
sua peculiarità geografica. Menzionata dal 1140 * (Claso), possedeva
probabilmente una rocca a complemento delle fortificazioni della città di
Como, a cui appartenne in qualità di suburbio fino al 1416, quando
nell'assegnazione ai Rusca della pieve di Balerna fu amministrativamente
integrato anche COMO. Esso mantenne tuttavia le prerogative di privilegio
d'origine imperiale attribuite alle cascine (di proprietà della fam. Albrici) che
ne componevano il nucleo, così come avvenne per la vicina località Boffalora,
costituita da masserie e mulini e che apparteneva agli Interlenghi.

Drezzo

La prima traccia scritta sulla storia di Drezzo è un documento notarile,


conservato nell’archivio di Stato di Milano, risalente all’VIII secolo. Nella
famosa guerra decennale fra Como e Milano (1118-1127) Drezzo si schierò
dalla parte di Milano. Una racconto poetico di quel periodo narra della
conquista del paese da parte delle truppe comasche e cita due torri di difesa
circondate da una cinta fortificata, delle quali tuttavia non rimane traccia. Nel
1240 Drezzo fu assegnato al quartiere comasco di Porta Torra. Il territorio
agricolo del paese era di proprietà di alcune famiglie comasche, tra le quali i
Rusca (Rusconi), i Raimondi, gli Odescalchi, i Bonomi e i Franchi.

La Valmalenco (1100-1300)
Alcune invasioni barbariche (Ungari) flagellarono le alpi ma la valmalenco
non ne risentì particolarmente (l'unico particolare interessante sono le
sembianze asiatiche di alcuni individui in valle, più marcate su vecchie foto).
Tra il 1027 e il 1039 Sondrio ("Sutri") venne affidata dall'imperatore d'Italia
alla famiglia milanese de' Capitanei. Essi videro di buon occhio l'importanza
che poteva assumere la valmalenco negli scambi con i retici e quindi
riabilitarono la strada per il Muretto. Controlli attenti vennero affidati alle
torri di guardia, poste in serie via via che si saliva in valle, una vecchia
carovaniera che passava da Mossini ricongiunse il popolo Malenco con
Sondrio. Aspetto molto importante fu la nascita del comune verso il 1100, che
accomunò il popolo nella lavorazione della terra i cui frutti "dovevano essere
la ricchezza della comunità"; così si incrementò il patrimonio agricolo,
demolendo selve per ricavare prati e vigneti, dando inizio con il

3
disboscamento a quell' attività che ha accompagnato la valle fino al nostro
secolo (si ricordi il nome Val di bachet). Se la nomenclatura Torre è da
ricondurre a quanto detto prima sulle torri di guardia, Chiesa nasce dalla
costruzione appunto della Chiesa di S.Giacomo, verso il 1100. Nel 1292 Sudri
i de'Capitanei vennero battuti da un'altra famiglia milanese: i Rusconi. La
rappresaglia si espanse fino al castelletto de'Capitanei di Caspoggio il quale
venne distrutto. Si pensa che il passaggio dei vittoriosi per la carovaniera fece
scappare verso l'alto i minacciati abitanti dai vari agglomerati. Questo portò
alla nascita di nuove frazioni (Pizzi, Ciappanico, Arcoglio, Mastabia...),
favorendo ulteriore utilizzo di prati e un nuovo disboscamento, ma il cui
limite di sicurezza era oltrepassato e che anni dopo avrebbe fatto pagare gli
errori agli abitanti con alluvioni e frane di enorme portata.

La Valmalenco (1300- 1400)


Le lotte tra le due famiglie durarono per alcuni anni, poi i
De'Capitanei, seppur battuti, riuscirono a tornare sulle rovine della
propria fortezza e si diedero da fare per ristabilire il potere. In questi
anni un Consiglio Generale tenuto dai De'Capitanei stabilì per la
popolazione la prima suddivisione in strati sociali ed inoltre in
Valmalenco si ebbe anche una suddivisione della valle in 6 Quadre,
ognuna composta da varie frazioni. I rappresentanti delle varie
Quadre formarono il "Consiglio Generale della magnifica Valle di
Malenco". Proseguendo negli anni si vide il passaggio del potere dai
De'Capitanei a favore dei Rusconi. Quest'ultimi diedero la Valtellina e
la Val Malenco ai Visconti, emergente e potentissima famiglia del
milanese. I De'Capitanei vennero comunque mantenuti dai Visconti
come "governatori", titolo peraltro insignificante. L'aumento delle
tasse creò malcontento in valle e si prese ad organizzare una rivolta
contro i Visconti che sfociò in battaglia nel 1370. I Visconti si difesero
facilmente ma non riuscirono ad entrare in Valmalenco per punirvi gli
insorti in quanto venne opposta una dura resistenza ai piedi della
valle, che durò per ben 3 anni. L'unico percorso per
l'approvvigionamento di cibo fu la carovaniera per il Passo del
Muretto. Tutto si risolse nel 1373 con una tregua tra i De'Capitanei (e i
rappresentanti malenchi) e i Visconti.

4
Sondrio
I GHIBELLINI DI FRANCHINO RUSCA ASSEDIANO

SONDRIO
Nel quadro della lotta tra Guelfi e Ghibellini: "Franchino Rusca (...) l'assediò
[Sondrio], chiamando in suo aiuto il fratello Ravizza, il quale con un grosso
esercito, mettendo a ferro e fuoco tutto ciò che trovava fuori delle mura (...).
Talvolta gli assediati dovettero respingere degli assalti; talaltra fecero delle
sortite ed attaccarono scaramucce col nemico. Una volta questi piombò loro
addosso al di là del Mallero, in quella parte del borgo che si trova a ponente
e che si dice Cantone; ad essa fu appiccato il fuoco, così che abbruciò quasi
tutto, tranne le case dei Vaccani e qualche altra che il fuoco non poté
distruggere. Alla fine però i Ghibellini, non senza gravi perdite, si ritirarono
e furono respinti al di là del Mallero. Ambedue le fazioni si arrecarono
reciprocamente gravi danni con rapine, uccisioni ed incendi; ed ogni cosa
rincarò assai, tranne il vino e la carne, che rimasero ai prezzi ordinari". Così
il Guler. La città era già stata assediata e incendiata dai Rusconi (Ghibellini)
nel 1310 e dallo stesso Franchino Rusca, che ne era stato respinto, nel 132S.Il
Rusca ci riproverà nel 133S.Si vogliono estirpare i De Capitani, di fazione
Guelfa. E ancora il Guler che ne parla: "Franchino Rusca (...) mosse di nuovo
col suo esercito contro Sondrio, per distruggere ancora una volta le mura,
che egli riteneva opera spregevole; a lui prestò aiuto anche Azzone Visconti,
principe di Milano e di Como; così che le mura di Sondrio furono rase al
suolo". Il 23 luglio del 1335 il Rusca cederà al duca di Milano i suoi domini
del Comasco e della Valtellina (meno il contado di Bormio che si era messo
sotto la protezione di Coira): "avendo (...) Franchino Rusca, capitano del
Comune e popolo di Como, ceduto il dominio ad Azzone Visconte signore
di Milano, questo li 23 luglio 1335 ne prese possesso...". Ha così iniziò la
dominazione viscontea in Valtellina.

5
Cronologia di avvenimenti legati alla città.

1292 L’attacco a Sondrio, in mano a capitanei guelfi da parte dei Rusconi,


scatena l’intervento dei Vitani e dell’avvocato di Matsch (Val
Venosta).Dopo alcune brillanti vittorie gli aggressori saranno fermati
a Ponte e quindi costretti a ritirarsi fino al lago.
1309 Imperverso ancora a Como la lotta tra i Vitani e i Rusconi Questi
ultimi, coadiuvati da truppe tedesche dirette a Milano, attaccano e
devastano Sondrio, i cui abitanti sono costretti ad abbandonare il
borgo e a insediarsi alle falde del Masegra.

1325 Nell’ambito della lotta fra i Rusca ghibellini e i Vitani guelfi


Franchino Rusca, capitano e signore di Como, occupa «con poderose
forze il borgo e il Castello di Tresivio», mentre nel 1327 «.. poiché egli
[Corrado Del Pero] ivi [nel Castello Grumello] diede rifugio al
partito ghibellino e lascio che un presidio di ghibellini vi si
rafforzasse - sono affermazioni del Guler - i Capitani di Masegra e gli
Interortoli di Sondrio assediarono e alla fine espugnarono il
castello».
1329 Truppe di Franchino Rusca, al comando del fratello Ravizza,
assediano nuovamente Sondrio che resiste per quasi un anno,
quando i comaschi si ritirano. Alleatosi con Azzone Visconti, il
Rusca otterrà, nel 1336, che le mura della città vengano smantellate.

1335 Dopo le lunghe e accese lotte tra guelfi e ghibellini, combattutesi fra i
Vitani e i Rusca, quest’ultimi, signori di Como, cedono la loro
signoria ad Azzone Visconti, signore di Milano, che occupa
facilmente Valtellina e Valchiavenna, salvo la Contea di Bormio, che
sarà costretta ad entrare a far parte della signoria milanese solo nel
1350.

1338 Viene nominato un governatore di valle per la Valtellina.

1413 Nicodemo e Francesco de Capitani, figli di Teoboldo e capi del


partito guelfo in Valtellina, riedificano, con il consenso del duca di Milano, il
castello Masegra, precedentemente incendiato e diroccato dai Rusconi che
capitanavano i ghibellini.

6
Bellinzona
Per decenni si guerreggiò per il possesso di Bellinzona.
A più riprese la piazzaforte fu stretta d'assedio e conquistata, così nel 1284,
1292 e 1303. A Bellinzona la famiglia comasca dei Rusca seppe affermarsi a
lungo contro Milano che, sotto la signoria dei Visconti, si faceva via via più
potente. In seguito all'occupazione milanese della città di Como nel 1335, ai
Rusca non rimase che Bellinzona. Qui essi ordirono una vasta insurrezione a
danno di Milano, che i Visconti riuscirono però a reprimere e a trasformare in
occasione favorevole per ridurre in proprio potere anche la città ticinese. Nel
1340, dopo un assedio prolungato, Bellinzona fu obbligata alla resa.

I Rusca conservarono solo la proprietà del castello di Montebello.

Per Bellinzona ebbe inizio così il dominio milanese destinato a durare un


secolo e mezzo.

Il complesso imponente di
Montebello (detto nel Tre e
Quattrocento anche castello
piccolo, nuovo o di mezzo, dal
1506 castello di Svitto, dal 1818
castello di S. Martino) sorge su
uno spuntone roccioso a est del
nucleo urbano di Bellinzona.

Le sue origini risalgono al tardo XIII secolo; una prima menzione indiretta è
del 1313.

La rocca fu probabilmente innalzata dai Rusca, importante casato comasco,


e da loro passò ai Visconti solo sullo scorcio del Trecento.

Dopo una prima fase di ampliamento (a metà del XIV secolo,


presumibilmente nell'ambito dei lavori di collegamento tra rocca e
fortificazioni cittadine), agli inizi del Quattrocento ci fu un periodo di
degrado: come risulta da lagnanze di commissari milanesi, intorno al 1460 i
fabbricati non soddisfacevano più alle esigenze tecnico-difensive della chiusa
di Bellinzona, che si stava potenziando proprio allora.

7
Ampliamenti successivi, fra il 1462 e il 1490, trasformarono la vecchia
costruzione due-trecentesca nel complesso di fortificazioni che caratterizza il
castello ancora oggi. Caduto in abbandono nel XIX secolo, intorno al 1900
Montebello offriva un quadro di sfacelo ormai imminente; i lavori di
consolidamento e completamento, compiuti a partire dal 1903, si leggono
nelle file di laterizi che separano le parti nuove dei muri da quelle originarie.
Le mura attuali sono il frutto di ampliamenti eseguiti dalla signoria di Milano
nel XV secolo. La cappella di San Martino risale al XVII secolo. Oggi è sede del
Museo Civico: sezione archeologia e di storia delle origini della città.

Locarno (1975 ab. Capoluogo di circolo e distretto, ed una delle tre


capitali del Canton Ticino nella diocesi di Como).
In epoca longobarda (dopo 569) il Locarnese è stato parte della giurisdizione
di Stazzona (Angera). Nel 886 è documentata una corte regia. Locarno fu poi
attribuita alla marca di Lombardia. Dopo l’anno 1000, l’imperatore Enrico II
ha annesso la regione alla diocesi di Como, il cui vescovo l’infeudò ai nobili
da Besozzo da cui discendono le famiglie dei Capitanei di Locarno. Nel 1164
l’imperatore Federico Barbarossa concesse a Locarno un nuovo mercato e nel
1186 l’immediatezza imperiale agli abitanti. La storia del XIII sec. è
caratterizzata dal dominio di Como, dalle guerre contro Milano e dalle lotte
tra Guelfi e Ghibellini. Dal 1239 al 1249 Locarno è stata governata dal
condottiero milanese Simone da Orello.

Nel 1342, dopo un breve periodo di reggenza autonoma dei Capitanei, fu


conquistata dai Milanesi che l’infeudarono ai conti Rusca.

Nel 1262 fu presa ed arsa da una mano di fuorusciti nobili milanesi, guidati
da un Giordano Rusca da Lucino. In quelle irose fazioni tra guelfi e ghibellini
parteggiò quasi sempre per questi ultimi. Nel 1342 cadde in potere dei
Visconti, che vi ampliarono l’antico castello, creduto d’origine longobarda; lo
fornirono di capace darsena con largo cinto di muro, e vi mantennero un
militare presidio sino al 1410, in cui Luterio Rusca, per convenzione stipulata
col duca Filippo Maria Visconti, ebbe la contea di Locarno con Brissago, la
riviera di Gambarogno, Luino, Valtravaglia, ecc., in iscambio della signoria
di Como.

8
Il suo castello era a quei tempi una delle più importanti fortezze dello Stato
milanese; nel 1502, per valorosa opera del generale francese Chaumont e del
conte Giovanni Rusca, sostenne un formidabile assedio contro 18 mila
Svizzeri, cui pose fine la pace segnata in Arona tra il governatore Baissoy ed
il cardinale Schinner: pochi anni dappiù, nel 1518, in seguito alla seconda
invasione ad alla pace perpetua tra Francesco I e i dodici cantoni elvetici
conchiusa a Friburgo, veniva da questi ultimi quasi intieramente smantellato
e distrutto in un colle fortezze di Muralto e di Ascona.

Solo vi lasciarono in piedi quella porzione che vi sussiste ancora e serve ad


uso di tribunale e carcere.

Il castello Visconteo

Le origini del castello nel suo primitivo complesso


sono incerte. Probabilmente l'edificio attuale è del
1342, anno in cui fu conquistato ed ampliato dal
signore di Milano Luchino Visconti. Tra il 1439 e il
1466 la famiglia Rusca che lo abitò avviò importanti
opere di fortificazione non solo del castello, ma
anche del porto che giungeva fino in fondo
all'attuale via Franchino Rusca.
Con la vittoria dei Confederati del 1532 fu in gran
parte demolito e delle cinque torri se ne salvò una
soltanto. L'esterno del castello, notevole esempio di stile rinascimentale, fu
restaurato da Edoardo Berta (1923), che riuscì a fondere, senza contrasto ma
in perfetta armonia, l'aspetto severo della torre e delle merlature con la grazia
leggiadra delle finestre e del loggiato.
All'interno si apre un cortiletto abbellito da un porticato con una piccola
loggia e una scala che porta alle sale del castello. Sulla parete d'accesso è
visibile un affresco di scuola lombarda raffigurante una Madonna tra Santi e,
in posizione inginocchiata, è riconoscibile un membro di Casa Rusca protetto
da Beatrice Casati moglie di Franchino Rusca; la figura sul lato destro è
quella di un landfogto* ed è stata aggiunta nel 1600. Le pareti e i soffitti delle
sale sono in gran parte decorati con gli stemmi dei balivi: tra questi il primo
cronologicamente appartiene al bernese Sebastiano von Stein. Inoltre
numerosi sono i soffitti a cassettoni in legno intagliato a ornato gotico, i
frammenti di sculture, le pareti decorate a graffiti con stemmi dei Rusca e dei
lanfogti e interessanti capitelli con varie iscrizioni dei balivi.
Il Castello è attualmente sede del museo Civico e Archeologico.

9
*Era denominato balivo o lan[d]fogto - in ted. Landvogt, Obervogt o Vogt, in franc. bailli,
dal lat. ballivus, advocatus (difensore, avvocato, avogadro) - il rappresentante del potere
signorile in un territorio circoscritto. I territori sottoposti all'autorità di un balivo si
dividevano in baliaggi imperiali, creati allo scopo di amministrare i beni dell'Impero
(Balivo imperiale ), e in Baliaggi veri e propri, appartenenti ai cant. e ai loro Paesi alleati.

Uomini celebri di Locarno

Di non poche illustri e antiche famiglie va Locarno fastosa.

Tra le più antiche gli Orelli, i Muralti, i Magoria tengono il primo


posto: quindi vengono, i Rusca, i Bologna, i Donati, i Marcacci.

Dei tre primi casati abbiamo ricordo fino dal 1024, e già nel 1180 li
vediamo designati con titolo di Capitanei ereditari di Locarno e sue
pertinenze, per diploma di Federico Barbarossa, in rimerito di ospitali
onoranze e servigi da essi avuti nel suo transito dall’Alpi Retiche per
di qua ai memori campi di Legnano.

I RUSCA, dalla signoria di Como in possesso della contea di Locarno


trasferiti, anch’essi grandemente segnalaronsi nella professione
dell’armi. Appartengono a questa medesima famiglia

GIORGIO, vescovo di Trento e cardinale nel 1411.

Il BEATO VINCENZO dei Minori Osservanti, morto nel 1640,


specchio di austera penitenza e di santi costumi.

DONNA BEATRICE che pure ebbe titolo di beata, moglie di


RUSCA Franchino II, morta a Milano nel 1490 in seno alla religiosa
famiglia terziaria di S. Francesco.

Da lei si noma il ponte beatrice, che dalla via di Brera in Milano mette a
S. Marco.

10
Ipotesi di influssi amadeeschi presso i conti Rusca di Locarno

Giovanni Antonio Amadeo (Pavia, 1447 - Milano, 28 agosto 1522) fu un ceramista,


intagliatore, scultore, architetto e ingegnere lombardo

La presenza nel castello di Locarno del busto di Jacopo Rusca, ora collocato nel
locale Museo del castello visconteo - opera firmata di Antonio della Porta,
allievo e nipote del Nostro - e tre tondi marmorei (ritratto di Lodovico il Moro
e due ritratti muliebri, di cui uno al Museo nazionale svizzero di Zurigo) postulano
stretti rapporti di committenza delle famiglie nobili locarnesi con artisti
milanesi, appartenenti alla sua cerchia, ancor prima dell'arrivo del Bramantino.

Va poi aggiunto che il Nostro era conosciuto dai conti Rusca di Locarno sia
per aver peritato il "monumento funebre" della beata *Beatrice Casati-Rusca,
moglie del conte Franchino Rusca, morta a Milano nel (1490), sia perché Loterio
Rusca aveva sposato Eleonora Correggio, abbiatica di Bartolomeo Colleoni: tutti
personaggi ed ambienti ben collegati con le attività del nostro scultore ed
architetto.

*E3. Beatrice (+ come monaca francescana, Milano 16-3-1490,


sepolta ivi in Sant’Angelo)
= Franchino Rusca Signore di Balerna dei Conti di Locarno (v.)

Argegno
Sempre a causa della sua posizione, Argegno, fu molto importante tra il XIII e
il XIV secolo durante le lotte tra i Rusca e i Vittani, le due famiglie che si
contendevano il dominio della città di Como e del suo territorio, in epoca
comunale. Vi fu costruito alla fine del Duecento un castello con la torre che
resistette fino al 1875; oggi ne rimane solo una parte trasformata in
abitazione. Nell’anno 1335 Como con tutti i suoi territori, Argegno compresa,
si consegnò ai Visconti, signori di Milano. Nel 1416 fu ceduta in feudo ai
Rusconi insieme alla Valle d’Intelvi anche se i signori di Milano, i Visconti
appunto, conservarono la signoria su tutta la zona.

11
Nel 1270 Antonio Castello fece erigere una nuova opera difensiva che
fu roccaforte della famiglia guelfa dei Vittani, i quali ingaggiarono per
anni un'aspra contesa con i Rusconi che erano, ovviamente, ghibellini.

Nel 1335, con la sconfitta di Como e la consegna dei territori al Ducato


di Milano, Argegno e la Val d'Intelvi seguirono le sorti della "capitale"
passando sotto il dominio dei Visconti che la concessero in feudo alla
famiglia Rusconi.

Nel 1448 l'imperatore Federico III, con sua investitura assegnò al conte
Franchino Rusca, signore di Locarno fin dal 1439, la contea di Osteno, Cima e
Val d'Intelvi, dove i Rusca imperversarono dal 1416 al 1561.
Dervio
ed il dominio dei Rusca (da quaderni derviesi)

Dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti (1402), nel Ducato ci furono


molte lotte e divisioni.
Nel 1406 Dervio e altri paesi della Riviera erano sotto il controllo dei
Rusca (o Rusconi) di Como, famiglia ghibellina che li aveva strappati ai
Torriani durante i continui e cruenti scontri avvenuti con essi e con la
famiglia dei Vitani.
Si erano impadroniti anche di Bellano, della Mugiasca, di Varenna,
Perledo, Esino e Mandello.
Nell'ottobre del 1413 Loterio Rusca accolse a Como l'Imperatore
Sigismondo e fu nominato cavaliere e principe dell'Impero.
Nel 1415 riuscì a battere le truppe del condottiero Carmagnola che aveva
posto l'assedio alla città di Como per ordine dei Visconti, alleati della
famiglia comasca dei Vitani.
Loterio dovette cedere i propri territori al duca Filippo Visconti, che
presto diventò signore anche di tutta la Valsassina: le famiglie Cattaneo e
del Guasto di Dervio giurarono fedeltà al Duca di Milano il 15 maggio 1415:

LA VALTRAVAGLIA e la sua rocca.

Sicuramente abitata come altri centri del Luinese anche in epoca preistorica,
vide l'insediarsi dapprima di popolazioni celtiche e dalla metà del III sec. a.C.
dei romani.

12
Nel Medioevo con l'introduzione del sistema feudale si costituì la Pieve della
Valtravaglia, di proprietà dapprima del monastero di S. Pietro in Ciel d'Oro
di Pavia (dall'VIII sec. all'inizio dell'XI), quindi degli arcivescovi di Milano
(dal'XI sec. alla fine del XIV), dei Visconti (dal 1397 al 1416), dei conti Rusca
di Como (dal 1416 al 1583, anche se non continuativamente), dei conti
Marliani (dal 1583 al 1783) e, infine, dei conti Crivelli, gli ultimi feudatari (dal
1783 al 1797).Nel 1513 venne occupata dagli Svizzeri, che la resero
all'imperatore Carlo V in cambio di Mendrisio con la pieve di Balerna.
Giuseppe Vagliani, nel suo libro Le rive del Verbano (pag. 252), scrive che il
Castello sulla Rocca è antichissimo, edificato per la sicurezza dei paesi vicini
e distrutto dagli svizzeri nel 1513.
Il primo feudatario della Val Travaglia fu il principe Lotario Rusca nel 1416;
egli ridusse il titolo di principe a quello di conte, facendosi cedere queste
terre dal duca (duchessa?) Maria Visconti.

Primo feudatario della Val Travaglia fu il principe Lotario Rusca nel 1416;
egli ridusse il titolo di principe a quello di conte, facendosi cedere queste
terre dal duca (duchessa?) Maria Visconti.

Dal 1513 al 1526 il paese fu dominato dagli svizzeri. Successivamente, sino al


1538, compare come feudatario a Luino il conte e senatore Gian Battista
Pusterla.
La terre di Valtravaglia Luino, Porto, Castello, Veccana (Castelveccana?),
Musadino, Muceno, Brezzo, Ticinallo, Bedero, Roggiano, Brissago e
Mesenzana furono cedute dal conte Rusca, coll 'assenso regio al cav. Pietro
Antonio Lonato, a cui restarono fino all'estinzione dei Lonati, verso il 1598.

Luino, con la Valtravaglia inferiore, era passato ai Lonati prima del 1524,
essendo stato dato, qual pegno di dote, da Galeazzo Rusca a sua figlia Laura,
maritata a Paolo Lonato. Il loro figlio, cav. Pietro Antonio Lonato, possedette
questo feudo fino al 1598.
L'ultimo feudatario di Rusca fu ucciso a tradimento a Gorgonzola, nei primi
del 1570 e da allora tornarono alla regia ducal camera tutti i feudi, ad
eccezione di quella parte impegnata ai Lonati, come Istrumento di fedeltà,
datato 23 dicembre 1570, a rogito Silvestro Scappa.

I feudi tornati alla camera furono donati poi dal re di Spagna a Sic (?)
Marliani col titolo di conte, mediante diploma del 2 dicembre 1589. La
donazione fu riconosciuta dal Senato di Milano il 15 gennaio 1584.

13
Campione d'Italia
Notizie riportate da don Roberto Rusca.
Il paese fu fondato dai romani che lo chiamarono "Campilyeus" o "Campilio",
termini che significano, dal greco, Campo di Bacco. Ciò indicherebbe che le
colline di Campione, come vuole la tradizione, erano ricche di viti. Vista la
posizione strategica, i romani decisero di istituire qui un presidio militare
fortificato per fermare l'avanzata dei reti.
Le notizie più certe su questo paese vengono da un certo don Roberto Rusca
che, nel 1600, era vicario di Campione e dedicò molto del suo tempo a
raccogliere informazioni storiche sul comune.
Il primo signore del paese fu un certo Totone, che nel 777, alla sua morte,
lasciò tutti i suoi averi al vescovo di Milano; quest’ultimo infeudò Campione
al monastero milanese di Sant'Ambrogio, libero da qualsiasi giurisdizione
episcopale.

Questa investitura durò addirittura fino al 1796.

Nei secoli già Carlo Magno aveva riconfermato il possedimento e nessuno, in


seguito, osò metterlo in discussione.
I monaci riuscirono ad amministrare il paese, ottenendo anche dagli Sforza,
nel 1477, particolari privilegi ed esenzioni daziarie. Grazie alla loro presenza,
Campione non fu annesso alla Svizzera nel 1512, insieme ai territori
circostanti.
Secondo i racconti di don Roberto Rusca, nei primi anni del Seicento si
stabilirono qui alcuni forestieri che non gradivano la giurisdizione dei
religiosi e che iniziarono a contrastare le loro decisioni. Nella notte tra il 24 e
il 25 gennaio, alcuni facinorosi attaccarono e incendiarono il castello, dando
fuoco a una grida che era stata fatta pubblicare dall'abate del monastero e che
era affissa alla porta della fortezza. Lo stesso Rusca si trovava all'interno e
non si era accorto di ciò che stava accadendo, ma grazie ad una serva che
diede l'allarme, i malintenzionati furono messi in fuga. Tuttavia, prima di
andarsene, questi diedero fuoco alla cascina che poggiava al muro del
castello, provocando così l’incendio; questo fu fermato prima che
distruggesse completamente la fortezza, di cui oggi purtroppo non è rimasto
nulla.
Nel 1797 il monastero di Sant'Ambrogio fu soppresso da Napoleone e
Campione passò al dipartimento del Lario.

14
Torno
e la leggenda del Santo Chiodo
Nel lontano 1099 un chiodo del croce di Gesù approdò sulle sponde del Lario,
per la precisione a Torno.
Prima di quella data le testimonianze sulla reliquia tornasca sono solo orali.
La sua presenza in paese è stata però confermata dalla storia della famiglia
Rusca (l'attuale dinastia comasca dei Rusconi), del 1677, scritta da Domenico
Rusca , frate cistercense. Qui si narra di un suo antenato, Lamberto Rusca,
che, nel 1126, prima della battaglia vittoriosa contro gli abitanti l'Isola
Comacina, si era recato a Torno per chiedere la protezione del Santo Chiodo.
Il borgo di Torno era alleato dell'isola e quindi fu sconfitto nella battaglia.

Bellagio
Alla morte del duca Filippo Maria, i milanesi in mancanza di un sicuro erede,
proclamarono la Repubblica entrando in conflitto con Francesco Sforza,
pretendente al ducato in quanto marito di Bianca Maria Visconti. Como
rimase fedele alla repubblica ambrosiana, ma Franchino Rusca II, con
l'appoggio di alcuni borghi lariani, si alleò con lo Sforza. Bellagio fu tra i
maggiori alleati dei Rusca.
Si combatterono diverse battaglie ed i comaschi ne uscirono vittoriosi
strappando molti territori agli alleati del Rusca. Il promontorio bellagino
difeso inizialmente dalle truppe dello Sforza, fu successivamente occupato
dai comaschi che vi posero una guarnigione di un centinaio di soldati; la
vittoria fu però di breve durata perché i seguaci del Rusca e dello Sforza,
attaccarono ripetutamente il dosso di Bellagio che fu riconquistato (27
settembre 1449.

15
Mezzovico-Vira
450 dc Il IV Vescovo di Como (St. Abbondio) evangelizzò gli abitanti della
Val Carvina in cui si trova Mezzovico-Vira.

882 dc Le terre appartennero al contado rurale di Seprio.

1194 - 1285 Il comune torna alla sovranità di Como con le famiglie nobili
Rusca/Rusconi e Della Torre/Torriani.

1315 Una pergamena autentica scritta in latino gotico datata 21.08.1315


precisa il pagamento di tributi degli uomini di Mezzovico-Vira a Como.

Como

L’antico Castello della Torre Rotonda sorgeva a Como, sul sito


dell'attuale Teatro Sociale.
Venne eretto dai ghibellini Rusconi (o Rusca), signori di Como, attorno
al 1250, con le consuete finalità di rafforzamento della autorità signorile,
comune a molte costruzioni dell’epoca, a partire dal Castello Sforzesco di
Milano. Nella medesima epoca (1288), d’altra parte, si procedette al
prolungamento delle mura sino al lago ed al rinforzo del fossato, alimentato
dal lago.

16
Mendrisio (Mendris)

17
.... Part of Bishopric of Como.
1325 Part of Milan.
1337 - 1412 Under Rusca.
7 Sep 1499 - 19 Aug 1501 Occupied by France.
19 Aug 1501 - Sep 1501 Occupied by the Swiss.
1512 Occupied by the Swiss.

9 May 1513 Bailiwick of Mendrisio a common possession


of the Swiss Confederation.
1515 - 1517 French occupation.
15 Feb 1798 Independence granted by the Confederation.
4 Mar 1798 French occupation.
Mar 1798 Part of Canton Lugano.
179. - 18 Aug 1800 Occupied by France and Austria.
27 May 1799 Mendrisio declares separation from Lugano.
18 Aug 1800 Part of Canton Lugano (restored).

18
C'est de Mendrisio, siège d'une colonie lombarde, que provient une famille
considérée comme noble, les Torriani, dont est issue la branche des Bosia;
le prestige politique et social des Torriani l'emporte incontestablement sur
celui de familles importantes de la région luganaise ou sur celui de certaines
familles de la noblesse rurale (attestées par exemple à Colderio, Morbio,
Novazzano, Melano) qui, au XIIe s. et au XIIIe s., sont pour la plupart
contraintes par la commune de Côme à venir s'établir en ville.
Les capitanei de Sessa, dans le Malcantone, qui se targuent d'avoir des
représentants au sein de la noblesse milanaise, ont probablement aussi des
origines lombardes.
Quelques familles établies dans la région luganaise appartiennent à la
noblesse comasque: en premier lieu les Rusca ou Rusconi (avec des
ramifications à Bironico, Bedano, Magliaso, Bedigliora, Comano et Tesserete);
au XVe s., des membres de cette famille deviennent vassaux du duc de Milan
avec le titre de comtes de la Communauté de Lugano et de la vallée.
Les Quadrio et les Canonica, installés dans la Capriasca, sont aussi de Côme.

19
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C'est de Mendrisio, siège d'une E 'da Mendrisio, sede di una


le prestige politique et social des colonia di Lombardia, è una
Les capitanei de Sessa, dans le
Quelques familles établies dans
famiglia che ha considerato
Les Quadrio et les Canonica, in nobile, il Torriani, da cui la
succursale Bosia;
la politica e sociale Torriani
indubbiamente superiore a quello
della prominente famiglie nella
regione luganaise o che alcune
famiglie della nobiltà rurale
(ad esempio certificati
Colderio, Morbio, Novazzano,
Melano), che, nel XII secolo e
il tredicesimo secolo, sono più
costretti dalla città di Como a
stabilirsi in città.
Il capitanei di Sessa nel
Malcantone, che hanno dichiarato
di avere rappresentanti in seno
al nobiltà milanese,
probabilmente, anche le origini
della Lombardia.
Alcune famiglie con sede in
regione luganaise appartengono
alla nobiltà comasque: la prima
o Rusca Rusconi (con
ramificazioni Bironico, Bedano,
Magliaso, Bedigliora, Tesserete
e Comano), nel quindicesimo
secolo, i membri di questa
famiglia diventare vassalli il
duca di Milano con il titolo di
Conti della Comunità di Lugano e
sulla valle.
Il Quadrio e Canonica,
installato in Capriasca, sono
anche di Como.

20
Parte quinta

ARCHEOLOGIA MADIOEVALE:
CASTRO SANCTI PETRI DICTO
CASTRO RUSCHONO
IL CASTELLO DI SANTA SOFIA
COMMERCIO DI VINO TRA BORMIO E LA
MEDIA VALTELLINA DURANTE IL
CINQUECENTO

1
altri edifici e tutto il terreno su cui
Archeologia era posto il complesso. Le
Medievale case che vi sorgevano pare
XXIII, 1996, 129-205 appartenessero invece, almeno in
INDAGINE ARCHEOLOGICA parte, anche ad altri e non fossero
SULLA COLLINA DI S. loro concesse solo in feudo.
PIETRO NEL COMUNE DI Questi proprietari minori non
CASTEL S. PIETRO (CANTON costituirono mai un pericolo per
TICINO) il vescovo quanto la famiglia dei
RAPPORTO DI ATTIVITÀ Rusca o Rusconi, che, pur non
1. INTRODUZIONE possedendo beni nella regione, nel
In questo lavoro vengono 1282 occuparono il castello.
presentati i risultati della ricerca Non è chiaro per quanto tempo il
archeologica svolta sui luoghi dove castello restò unicamente
sorgeva l’antico castello nelle mani dei Rusca. Nel 1340
di Castel San Pietro, Canton tornò in possesso della
Ticino. Curia, che riordinò la residenza,
Lo scopo era quello di determinare rimasta danneggiata a seguito
l’ampiezza dell’area dei disordini intorno al 1330.
archeologica mediante una prima Si ignora se i Rusca avessero
serie di saggi conoscitivi. Sulla conservato qualche diritto
base dei dati emersi si sarebbero sul castello dopo che ne erano stati i
poi decisi gli interventi puntuali proprietari per un periodo
con l’obiettivo finale di portare un non ben definito, o se, come
contributo originale alla accadde ad altri vassalli dei
ricomposizione di un quadro Visconti,
storico e topografico, che le fonti lo avessero ottenuto in dono. Certo
documentarie a nostra disposizione è che già nel corso del
presentano in modo estremamente Trecento essi ne ridivennero gli
scarso e frammentario. unici signori. Il castello diventò
Nel 1280, nel corso delle guerre fra sede della famiglia, il cui potere
il vescovo di Como politico era incentrato su Como
Giovanni Avvocato ed i Ghibellini, ed accanto all’antico nome del
ostili alla sua dittatura, servì castello apparve anche quello di
da rifugio al vescovo ed ai suoi. Castrum Ruschonum.
Non sembra però che il vescovo
fosse l’unico proprietario
del complesso del castello. Egli ne
possedeva il palazzo con

2
Secondo il Ballarini24, almeno a Nella lista del 1419 figurano poi le
partire dal 1390, il castello armi da getto con 7 balestroni, un
fu occupato dai Rusca fino al 1403, balestrone denominato
quando vi si rifugiò stambuchina e altre 4 non definibili.
Franchino Rusca dopo la disfatta Queste armi, ed evidentemente
il buon numero di soldati
*
presso Montorfano.
necessari al loro corretto e
Le lotte fra i Rusca di Como ed i rapido impiego, dimostrano
Visconti di Milano si l’importanza strategica che la
protrassero fino al 1416. Il 25 luglio fortezza doveva rivestire nel
di quell’anno, Lotario Rusca contesto politico dell’epoca e
fu creato conte di Como e divenne quanto fosse importante per
feudatario del duca di Milano. Filippo Maria Visconti
L’11 settembre 1416 venne firmato assicurare al conte Lotario Rusca
l’atto di rinuncia alla protezione dalle pretese del
contea di Como da parte di Lotario, vescovo e degli altri feudatari
in cambio della quale ricevette spodestati.
una signoria feudale nel
Sottoceneri. Filippo Maria Visconti
concesse a Lotario pieni poteri su Nel 1475 Mendrisio si staccò dalla
«totam plebem Balerne, cum castro pieve di Balerna.
Sancti Petri, dicto castro La castellanza di Castel San Pietro
Ruschono» venne smembrata ed il castello
e gli promise protezione probabilmente distrutto o
contro le pretese del vescovo e abbandonato. Di esso non si fa
degli altri feudatari spossessati. menzione
Lotario Rusca occupò il castello durante la conquista della zona da
fino al 1419, data del suo parte dei Confederati
testamento. Nel 1420, data di una nel 1516. Ciò induce a pensare che
missiva ducale al podestà, al il castello in quanto tale non
capitano ed al referendario di esistesse già più a quell’epoca. Il
Como, il castello passò nelle mani Rusca, che giunse visitò quei
di Tommaso de Gabellerij. luoghi e li descrisse nel 1610, lo
In seguito il castello dovette passare vide infatti completamente in
ai Visconti di Milano, rovina.
poiché fu da loro che lo ricevettero
nel 1468 i De Albricis,
comaschi. Questa è l’ultima notizia
certa dell.esistenza del castello.

3
*Con la caduta dell'impero romano, iniziò un momento di abbandono e di
decadenza per questa zona, che durerà fino all'alto Medioevo, quando, per
esigenze strategiche, venne ripristinato il "castrum" sul Monte Orfano.
Esso venne così incluso in una serie di fortificazioni usate per la trasmissione
di messaggi dall'alta Valtellina al Castello Baradello di Como.
Dalla rocca di Montorfano si riusciva infatti a controllare la pianura milanese;
per questo il castello fu scelto come rifugio dai soldati di Federico Barbarossa.
In seguito, i Torriani, i Visconti e i Rusconi fecero del presidio montorfanese
un importante punto di riferimento durante le loro rivalità familiari, che si
inserivano nella lotta per la supremazia tra Como e Milano.

Chiesa Rossa di Castel San Pietro


All'interno del
Parco delle Gole
della Breggia ,
sulla collina di San
Pietro si possono
ancora ammirare le
rovine delle mura
perimetrali del
Castello Rusconi,
dimora principale
dei Rusconi,
signori di Como
attestato già in
alcuni documenti
del 1171.

Una delle due chiese che ivi sorgevano è ancora oggi visibile e prende il
nome di Chiesa Rossa di Castel San Pietro.

La facciata giustifica il nome: si discosta infatti dal resto dell'edificio per il


fatto di essere dipinta di rosso.

4
Anche se il castello che sorgeva sulla collina a strapiombo sulla Breggia - e
che ha lasciato una traccia indelebile nel nome del villaggio - compare nei
documenti nel 1171, possiamo presumere che le origini di questo complesso
fortificato risalgano a epoche anteriori.
La posizione strategica, che consentiva un controllo delle principali vie da
Como verso i porti di Riva San Vitale e di Capolago come pure attraverso la
Valle di Muggio verso la Val d'Intelvi ed il Lago di Como mediano, faceva di
questa fortezza un caposaldo della città di Como nei territori del basso
Ceresio sin dall'antichità. Verosimilmente la collina - già munita di strutture
difensive - fu occupata da popolazioni barbariche dopo la caduta dell'Impero
Romano, come i Goti e i Longobardi (la presenza di questi ultimi è peraltro
provata anche da diversi nomi di luogo proprio del territorio di Castel San
Pietro).
All'epoca delle grandi lotte tra i comuni cittadini di Como e Milano, all'inizio
del XII secolo, ai margini meridionali dell'insediamento si trovava dunque
un complesso di costruzioni che possiamo immaginare costituito da almeno
una cinta muraria sufficientemente amplia e solida che racchiudeva
abitazioni, depositi, stalle ed altri edifici, proteggendo la gente che vi
risiedeva: tutta questa secolare attività edilizia aveva impresso alla collina il
carattere di un piccolo nucleo chiaramente distinto dal villaggio.
All'interno di questo spazio murato risiedeva temporaneamente anche il
vescovo di Como, che vi aveva fatto erigere il suo palazzo e, con ogni
probabilità, un edificio sacro dove egli, con il clero regolare che lo
accompagnava, potesse officiare o dove gli abitanti del castello potessero
trovare conforto sacramentale.
Accanto alla presenza del vescovo occorre citare quella di una delle più
importanti famiglie ghibelline comasche: quella dei Rusconi, che nel 1282 si
impadronirono del castello e che vi seppero mantenere una posizione di
preminenza anche dopo l'integrazione di Como nello stato milanese
visconteo nel 1335.

Pochi anni più tardi, nel castello che oramai veniva denominato castrum
Rusconum (castello dei Rusconi), il vescovo provvedeva a fare innalzare la
bella chiesa che ancora oggi ammiriamo e, poco più tardi, il presule faceva
edificare un nuovo palazzo.
Al seguito del vescovo, come pure a quello dei Rusconi, vennero a insediarsi
tra le mura, tra il Duecento e l'inizio del Quattrocento, non poche famiglie
provenienti dal capoluogo lariano, legate verosimilmente al primo e ai
secondi da vincoli di interesse, di parentela o di clientela.

5
Nei documenti del sec. XV incontriamo esponenti di importanti casati di
Como residenti e operanti tra le mura di questa fortezza che, dopo le crisi
politiche del primo Quattrocento, era ormai saldamente in mano ai Rusconi,
divenuti nel frattempo feudatari dei duchi di Milano. Un segno
inequivocabile, questo, che la cittadella circondata da mura sulla collina s'era
andata ingrossando negli stessi decenni in cui il vescovo Bonifacio da
Modena aveva ordinato, nel 1343, la costruzione della chiesa.
Mura, torrette, fossati, porte, alloggiamenti per le milizie, edifici e case: tutto
è stato cancellato dal tempo e dalle decisioni dei potenti.

Oggi la Chiesa Rossa rimane quale testimonianza di questo turbolento e


affascinante passato”.

Una ricostruzione storica vuole che derivi dagli esiti di uno scontro tra
Guelfi e Ghibellini, avvenuto davanti all'ingresso della chiesa la notte di
Natale del 1390.

Le due fazioni si affrontarono a fil di spada e morirono più di cento


uomini.

Un'altra ricostruzione sostiene invece che il curioso tinteggio risalga al 1599,


su disposizione del Vescovo di Como . All'interno della chiesa sono visibili
numerose testimonianze artistiche dell'epoca, tra cui un bassorilievo
raffigurante il Vescovo Bonifacio di Como, fondatore della chiesa.

Il bassorilievo risalente al XIV secolo è tanto più interessante in quanto è


stato scolpito sul retro di un pluteo * di epoca carolingia (IX secolo).
* pluteo = balaustra a lastre rettangolari massicce, in metallo più spesso in legno o
in pietra, che divide due parti di un edificio.
Nell'architettura religiosa cristiana divide i vari settori di una chiesa, in particolare
il presbiterio e la cantoria.

6
Parco delle Gole della Breggia

Il Parco naturale delle Gole della


Breggia si trova nella parte inferiore
della Valle di Muggio, tra Castel San
Pietro, Balerna, Morbio Inferiore e
Morbio Superiore.

Il Castello di Santa Sofia

Non è noto alcun documento con la data di costruzione del castello di Santa
Sofia o i nomi dei suoi primi proprietari.
Neppure l’epoca della sua distruzione è chiara. Esso non viene comunque
menzionato durante il passaggio dei Confederati all’inizio del XVI secolo.
Una serie di pergamene indica che durante il XIV secolo il castello fu
residenza di un ramo della famiglia Rusca, originaria di Como.
Il primo Rusca attestato come abitante il castello è Bennolo, figlio di Gabardo
Rusca di Como.
Dopo di lui vi risiedettero il figlio Maffiolo (I), il nipote Gabardino (figlio del
fratello di Bennolo, Gaudenzio) e i di lui figli Maffiolo (II) e Francescolo, i
7
nipoti Lucolo e Giorgio (figli di Simonolo, figlio di Bennolo e fratello di
Maffiolo (I)).
In particolare, di Giorgio Rusca sono note la sua cattura da parte dei Visconti
di Locarno, la sua prigionia a Locarno e la morte, intorno al 1415. Non è
possibile accertare se questo episodio coincide con la distruzione del castello.
Dai documenti a disposizione, gli ultimi Rusca residenti nel castello
sembrano essere stati Lucolo ed il fratello Giorgio. Una parte dei loro
discendenti abiterà il villaggio di Bironico, altri lasceranno invece la Carvina .
I resti del castello occupano la sommità di una collina sovrastante il paese di
Bironico e interessano un’area abbastanza estesa.

8
Commercio di vino tra Bormio e la Media
Valtellina durante il Cinquecento:
il caso di Poggiridenti

Del commercio del vino vi è testimonianza nel Quaternus eventariorum (17)


di Bormio già nel Duecento, quando si annotavano le spese sostenute dal
comune per l’acquisto di prodotti di vario genere, fra cui al primo posto
spicca il vino comperato dai Quadrio di Ponte, Lambertenghi, Rusca,
Beccaria e Baliaca, tutte famiglie di origini comasche, che avevano proprietà e
residenza nella media Valtellina (18) e che, almeno alcune di esse, detenevano
in Bormio tradizionali diritti detti fiscaricie (19).
All’inizio del Trecento il comune doveva del denaro a Baldezarolus Brochus
di Tresivio per vino che aveva acquistato da lui (20); nel 1325 il notaio
Zaninus Gervaxius Agnexie saldò a ser Prencivallo Quadrio di Ponte £ 389
imp. de solucione vini ab eo empti pro comune, mentre nel 1306, sempre allo
stesso, si saldò un conto per 35 anfore di vino (21); del 1316 è un confesso a
favore di ser Rizardo Lambertenghi e dell’anno successivo due altri, uno per
£ 200 a Gaspare Rusca, il secondo per £ 121 e soldi 7 imp. a un Lambertenghi
di Como e a Manuele de la Porta di Mendrisio, ma abitante a Como, sempre
per vino; segue un terzo nel 1320 a favore di ser Ristazi de Laqua; l’ultimo di
£ 200, datato 1335, era a favore del dominus Pietro, sicuramente un Quadrio,
di Ponte (22). Tra i fornitori vanno inoltre annoverati i Lazzaroni di Teglio e
gli Interiortoli di Montagna (23).
Il vino di qualità, quindi, veniva acquistato nella media Valtellina, poi
condotto a Bormio per mezzo di carri, seguendo la via regale, e sistemato in
apposite botti, dette carere (24). Qui veniva messo nelle cantine ad
invecchiare, poi prendeva la via del Tirolo, della Germania centro – orientale
e dei Grigioni (25), dopo essere stato sistemato in barilotti od otri di pelle e
trasportato a soma.
Il comune di Bormio gestiva la vendita del vino nell’ambito del suo territorio
secondo un criterio monopolistico, allo scopo di evitare le speculazioni
private (26); del vino condotto dalla Valtellina almeno 6 staia per ogni carro
dovevano essere destinate alla cantina comunale, dove veniva imbottato (27);
rigide erano le norme che garantivano la qualità del prodotto. Onde evitare
tentazioni, il taverniere non poteva tenere acqua nella cantina e tantomeno
poteva annacquare o rubare il vino, pena la sospensione da ogni ufficio,
inoltre era vigilato dagli zalapoteri ( spie) (28).

9
La mescita del vino era prerogativa della taverna comunale e i tavernieri
dovevano misurare con precisione, conformemente alle leggi, il vino dato agli
acquirenti (29). Si verificavano, però, degli abusi, pertanto il Consiglio
generale del popolo, nel maggio 1558, stabilì che nessuno, di qualunque
condizione, grado ed età, potrà gestire osterie o locande in nessuna località
del bormiese, né dar da mangiare o da bere, a pagamento o a credito, nella
propria casa o fuori […] Si fa eccezione per i Livignaschi e gli abitatori fissi di
Trepalle, che non abbiano abitazione fuori dal paese (30). L’eccezione era
estesa anche all’osteria del cortivo (31), ubicata nella piazza principale, il cui
oste potrà dare da bere e da mangiare a chicchessia, tuttavia doveva vigilare
che nessuno potesse giocare in nessun momento (32). Vietato era anche
l’acquisto di vino per la rivendita a terzi (33).
Nella terra di Bormio erano cinque le taverne periferiche, date in appalto, che
offrivano vitto e alloggio ai viandanti e ai mercanti e che potevano vendere
vino; si trovavano tutte lungo le più importanti vie di comunicazione.
Secondo il Celli (che si rifà parzialmente al Besta (34)) a Morignone, verso la
Valtellina;a Migliavacca, sulla strada del Gavia; a Cazzabella in Val Fraele
(35), sulla strada per l’Engadina e Livigno; ai Bagni Vecchi, sulla via della Val
Monastero e della Val Venosta (36). La Martinelli, invece, riferendosi al cap.
325 degli Statuti, elenca quelle di Livigno, Trepalle, dei Bagni, del Passo di S.
Maria e di S. Giacomo di Fraele (37).
Le figure ufficiali legate alla taverna del cortivo (38) erano i procuratori, il
caneparo, i misuratori e il notaio (39). I procuratori di taverna, uno dei quali
doveva far parte del Consiglio, erano due e venivano nominati ogni anno nel
mese di ottobre, restavano in carica un anno, controllavano che non venisse a
mancare il vino e ricevevano un compenso di £ 8 ciascuno. Il caneparo
doveva essere dei Monti (40) e alla fine del mandato, che durava solo quattro
mesi, doveva rendere conto del suo ufficio che gli veniva ricompensato con £
4. I due misuratori, eletti con i procuratori, restavano in carica un anno;
dovevano misurare sia il vino acquistato, sia quello venduto dalla taverna. Il
notaio doveva invece registrare il vino in entrata o in uscita, ma solo su
espressa richiesta dei misuratori.
Figure altrettanto importanti erano quelle dei compratori deputati dal
Consiglio generale a trattare l’acquisto di vino per la taverna maggiore. A
garanzia dei loro negozi portavano con loro lo strumento di nomina (41),
rogato dal notaio cancelliere del comune, sigillato con il sigillo di Bormio (42),
per il quale stipulavano e si impegnavano finanziariamente, comperando a
credito.

10
Parte sesta

Suor Claudia Francesca Rusca


Nicol Rusca
Nicolò

Nicolò Rusca
Suor Claudia Francesca Rusca
Storia di Berbenno
Titolo di “capitanei”
I de’ Capitanei
Le pievi
Rusconi Pietro Martire
Rusconi Giovanni Vescovo di Parma

1
Nicolò Rusca
Nasce nel villaggio ticinese di Bedano, all'epoca sotto dominio milanese, da
Giovanni Antonio Rusca e da Daria Quadrio, entrambi appartenenti a nobili
famiglie dell’area lariana e ticinese.
Studia a Pavia poi a Roma per poi trasferirsi al Collegio Elvetico di Milano
sotto l’ala di Carlo Borromeo..

Si racconta che il Borromeo, positivamente colpito dal giovane seminarista,


gli abbia detto: «Figliuol mio, combatti buona guerra, compi tua carriera.
Per te è riposta una corona di giustizia, che ti renderà in quel giorno il
giudice giusto».

Ordinato sacerdote il 23 Maggio 1587 il vescovo di Como Gianantonio Volpi


lo colloca dapprima nel borgo di Sessa per poi eleggerlo arciprete a Sondrio.
Siamo nel 1590, in tempi assai travagliati, sia per il contrasto tra cattolici e
riformati - a seguito della diffusione delle riforme zwingliane e calviniste tra i
Grigioni ai quali erano soggette Valtellina, Chiavenna e Bormio -, sia per la
forte decadenza delle stesse istituzioni ecclesiastiche tradizionali.
Rusca, fu prete di profonda cultura e di generosa dedizione pastorale: guidò
con grande equilibrio e moderazione la comunità cattolica di Sondrio e della
Valtellina intera.

Ciò non gli impedì, tuttavia, di cadere vittima innocente dei contrasti
crescenti, soprattutto all'interno delle Tre Leghe, tra le varie fazioni politico-
religiose.

Nicolo’ Rusca

Arciprete di Sondrio quando la cattolica Valtellina era sotto il


controllo politico dei protestanti Grigioni, Nicolò Rusca
venne arrestato nel 1618 e incarcerato a Thusis, dove finivano
regolarmente tutti i cattolici accusati di qualche reato politico.
Il processo comprendeva, a quei tempi, anche una
ragguardevole dose di torture, e Rusca ne subì tante da non
sopravvivere al trattamento.
Di lui si rammenta una celebre frase: “Odiate l’errore, non
l’errante” e il soprannome con il quale adesso è ricordato “pastor bonus”,
cioè il “buon pastore” che morì per la salvezza del proprio gregge.

2
Essendo morto sotto le torture del boia quando nella sua terra la religione
cattolica era minoritaria, è naturale che venga ora considerato degno di
beatificazione: ed infatti la prima proposta in tal senso data addirittura 8
Novembre 1927. Il percorso canonico ha subito però lunghe soste, per poi
riprendere con più vigore nel 1996, quando in Sondrio si è concluso un nuovo
processo diocesano in proposito.
Quando Nicolò Rusca era in vita, la regione politica nella quale viveva era la
Rezia: un bel nome latino, che si rammenta insieme ad altri toponimi
dell’Impero Romano e,
soprattutto, che si ritrova nella dizione “Alpi Retiche”3: e infatti la Rezia è
tutt’ora
riconoscibile nella fusione della svizzera Engadina e dell’italiana Valtellina,
due valli
alpine insolitamente orientate da est a ovest, “orizzontali”, in una orografia
che è invece abituata a vedere le valli correre in direzione nord-sud4. Le
unisce la stretta Val Poschiavo e il passo del Muretto; all’inizio del Seicento
erano quasi un laboratorio politico, poiché rappresentavano una sola unità
politica abitata da due diverse confessioni: maggioranza evangelica in
Engadina e maggioranza cattolica nella Valtellina. Maggioranze, però: non
totalità; in entrambe le valli v’erano minoranze della confessione non
predominante, e l’Europa tutta – allora assai sensibile al terremoto
geopolitico della Riforma - osservava con curiosità quella convivenza di fedi
diverse. La già citata morte per torture dell’arciprete di Sondrio preannuncia
che tale convivenza
non fu certo serena e tranquilla. Anzi, a voler dare ascolto a tutte le parti, si
scopre che ancora oggi Nicolò Rusca, quasi santo per i fedeli cattolici, è visto
sotto una luce ben diversa dagli occhi protestanti:
La morte per tortura nel carcere di Thusis sembra essere l’unico punto sul
quale
concordano sia la versione cattolica che quella protestante. Tolto questo, i
ritratti che
abbiamo di Nicolò Rusca non potrebbero essere più diversi: santo e martire
per una parte, fanatico fomentatore di omicidi per l’altra. Purtroppo però ci
sono altri punti nei quali le cronache coincidono, ed è nel raccontare cosa
accadde nei mesi successivi alla morte del Rusca. Nel processo di Thusis per
il tentato omicidio di pastori protestanti vennero condannati, oltre a Rusca,
anche i fratelli Planta e Giacomo Robustelli. Quest’ultimo riuscì, due anni più
tardi, a ritornare in Valtellina e ad organizzare quello che, con termini crudeli
ma assai appropriati, Cesare Cantù chiamò poi il “Sacro Macello della
Valtellina”
3
Suor Claudia Francesca Rusca
Suor Claudia Francesca Rusca (1593-1676)

Appartenente (molto probabilmente)


all'illustre casato dei Rusca di Locarno, suor
Claudia Francesca Rusca, fu tra il 1604 e il
1641 monaca dell'Ordine claustrale delle
Umiliate di Milano, nel Monastero di Santa
Caterina, vicino a Brera, presso il quale fu
compositrice, cantante e organista. Nel 1630
pubblicò presso Giorgio Rolla a Milano i
Sacri concerti a 1, 2, 3, 4 e 5 voci con salmi e
canzoni francesi a quattro, dedicati al
Cardinale Arcivescovo di Milano, Federico
Borromeo,...

Salve Regina per coro e complesso strumentale


Un estratto dai Sacri Concerti di Suor Claudia Francesca Rusca
nell'esecuzione della Società Cameristica di Lugano diretta da Edwin
Loehrer, elaborazione di Giorgio Federico Ghedini.

4
STORIA DI BERBENNO

In collaborazione con Don TARCISIO SALICE pubblichiamo uno stralcio della sua
monografia «San Gregori di Mongiardino sopra Berbenno». A nord-ovest di
Polaggia, sul colle che i notai del Seicento denominavano ancora «Monte Zardino«, a
circa 600 mt. sul livello del mare, al limite estremo dei vigneti e le selve di castagno,
sorge isolato un vasto oratorio che è forse il più carico di storia profana di tutti gli
edifici religiosi esistenti nel territorio di Berbenno. All'origine, infatti, non fu altro
che la cappella del complesso fortificato - detto appunto dallo Sprecher castrum
Mongiardinus - i cui ruderi tanto eccitarono la fantasia del Quadrio.
La sua struttura primitiva era romanica e constava di una sola navata lunga quanto è
larga l'odierna e chiusa da un'abside volta verso oriente. Era, dunque, diversa e di
dimensioni assai più ridotte di quella del presente oratorio. Il che è facilmente
riscontrabile ancora oggi specie dall'esterno, perché, quando in epoche successive si
dovette ampliare la cappella originaria per seppellirvi i morti della peste, si ebbe cura
di conservare la facciata e l'abside, utilizzando questa per l'altare laterale. Non a caso,
forse, il cronista grigionese che, avendo sposato Elisabetta Sebregondi di Berbenno,
ebbe senz'altro occasione di vedere da vicino l'antico edificio, lo definì un semplice
sacellum. Le pareti interne erano, almeno in parte, dipinte. Lo attesta Antonio Piazzi,
che scrive: disposte alle arcate, che denotano l'ampliamento, e sul muro dalla parte
sinistra eranvi certe dipinture di Santi, che incautamente nel 1795 vennero coperte
coll'imbiancatura fattavi fare dal sindaco o fabbricare Fontana.
Allo stato attuale delle ricerche d'archivio non mi è possibile stabilime con esattezza
quando sia stato costruito il castello di Mongiardino, di cui l'oratorio faceva parte. Il
documento più antico che lo riguarda è una ricevuta di pagamento rilasciata il venerdì
31 dicembre 1361 da un tal Anserinolo da Brienno, detto Bagià o anche Bagiallo o
Bagerallo - la grafia del soprannome varia secondo i notai - il quale da qualche anno
era succeduto al padre, Nicola; nell'ufficio di custode appunto del castello de Monte
Zardino de Berbenno per conto del cavaliere Masseto Rusca.
Quel giorno i fratelli Pietro e Mostacco Del Correggia, residenti alla Poira, gli
versavano tramite il loro zio Gilberto da Concelinate, abitante a Monte Nona, due
somme di denaro, l'una di L 108 e soldi Il imperiali, l'altra di L. 7 e soldi 10.
La prima, per coprire il debito comprovato dal libro dell'estimo comunale - che il loro
defunto padre aveva verso quello dell'Anserino, per la guardia fatta al castello per sei
anni, fino al 30 aprile 1358.Ualtra, a motivo di una tassa di soldi tre per lira d'estimo,
che nell'agosto precedente il comune di Berbenno aveva dovuto addossarsi per pagare
la propria quota di stipendio all'attuale castellano, per il servizio prestato dal primo
maggio 1358 alla fine dell'anno in corso.
L'atto notarile non accenna alla data di costruzione di quel complesso fortificato;
contiene però alcuni indizi, che ci consentono di circoscriverla con buone probabilità
entro l'arco di tempo, in cui la lotta del comune sovrano di Como, signoreggiato dai
Rusca o Rusconi, contro i Guelfi comaschi e valtellinesi raggiunse il colmo.
5
Se all'inizio essa rimase nei limiti della guerriglia partigiana, fatta di imboscate e
colpi di mano, di saccheggi e di incendi, al tempo del dissidio tra il Papa Giovanni
XXII e Ludovico il Bavaro degenerò in guerra fra due eserciti; il che costrinse i capi
dei partiti in lotta a far erigere nuove opere difensive, più capaci e più solide delle
pre-esistenti, per proteggere i propri uomini e i propri rifornimenti di viveri.
t noto che la guerra culminò nel 1325 con l'occupazione a sorpresa di Tresivio da
parte di Franchino Rusca e del suo cavaliere Pace da Mamio, alla quale segui a
distanza di quattro anni il famoso assedio di Sondrio e del castello del Grumello,
difesi però ad oltranza e vittoriosamente dai Guelfi.
Finchè, nel 1335 i cittadini di Corno, stanchi di Franchino Rusca, proclameranno
signore generale della città e del distretto Azzone Visconti di Milano.
Nella sua «Brevissima Cronica» il notaio sondriese Beltramolo Selva fu Ottobono,
attivo dal 1348 al 1359, dopo aver riferito come proprio in quegli anni i capitani di
Sondrio, capi dei Guelfi, avessero fatto edificare de sassi il castello e le mura del loro
borgo a spese di tutto il comune, nel 1331 ci mostra i podestà Egidio Capitani e
Ramengo Azzario ancora intenti a murare il Monte Cucco, et fa motta del Larice
d'Andevenno e a far eseguire molti lavorerii nei detti fortalicii, et far di pietre la porta
del ponte del Malero, che prima era di legname.
A giudicare dai Pochi ruderi ancora restanti, sembra che anche il castello di S.
Antonio in Postalesio sia stato rafforzato dai Dusdei, di parte Guelfa, in quell'epoca.
Si può quindi, presumere che di contro a tanti maneggi degli avversari Franchino
Rusca e gli altri capi dell' esercito ghibellino non siano rimasti inoperosi, ma abbiano
preso uguali misure di sicurezza.
Che i Guelfi non si astenessero dal provocare all'occorrenza il signore generale di
Corno lo dimostra un episodio, narratoci dal cronista sopra citato: «L'anno 1326 il
Sig. Arigo Capitaneo con una sua certa compagnia andò per i monti sopra quelli di
Berbenno, et li menò via molte bestie; ma poi ricevute venticinque dal comune di
Sondrio le restituì (alcuni anni più tardi) per opera del Sig. Egidio Capitaneo.
Per capire la gravità dello «sgarbo» giova ricordare che Berbenno era allora la
principale fonte economica dei Rusca in Valtellina e che in quei frangenti gli alpeggi
di Prato Isio, Caldenno e Gaggio rappresentavano per loro esercito una delle più
cospicue riserve di carne e latticini.
Fu per controllare più efficacemente l'accesso a quei monti che i Signori di Corno
ordinarono al Comune di Berbenno di costruire il Castello di Mongiardino?
Evidentemente si; infatti, insieme con la cima del colle furono fortificati anche la
Motta - chiamata an-cor oggi Muzardin - sulla pendice occidentale e il cosiddetto
Castellaccio sopra Praviolo, cui fu aggiunta una torre di guardia sulla strada per
Postalesio.
L'intero complesso, inclusi i mulini della valle di S. Gregorio, fu corredato di vie
percorribili anche con carri.

6
Nella, prima metà del Settecento esso apparve così grandioso a Francesco Saverio
Quadrio da indurlo a sospettare che antichissima Città più tosto fosse... che Fortezza
a bello studio per tal fine formata: da che nelle sommità appunto dei Colli era uso
presso gli Antichi di fondare le loro abitazioni; ma che poi per moltiplicazione delle
Genti, e per altre ragioni, si sia quella popolazione portata sotto esso Castello più
basso. La cappella sorse entro il recinto del castello principale e fu dedicata quasi
sicuramente non a S. Giorgio, come vorrebbe lo Sprecher, ma a S. Giacomo, come
pare fosse nelle abitudini del comune sovrano di Corno all'epoca della signoria dei
Rusconi.
Potrà apparire strano che ancora nel 1361, quando già il governo dei Visconti aveva
insediato a Sondrio un podestà e un vicario di Valtellina, quelli continuassero a tenere
guarnito il castello di Mongiardino mediante il loro fedele Anserimo da Brienno, ma
con il contributo del comune di Berbenno. Ritengo che la spiegazione si debba
ricercare nel fatto che per ragioni politiche alcuni diritti, quali la difesa militare, il
diritto di arbitrato fra i cittadini e la riscossione dei tributi, fossero stati lasciati dai
signori di Milano ai capi dei due partiti, per le zone di rispettiva influenza.
Così che se al milite Tebaldo Capitani, capo riconosciuto dei Guelfi valtellinesi, era
lecito tenere un assetto di guerra i propri castelli, altrettanto poterono fare i
Vicedomini, i Venosta, i Quadrio e gli altri capi del partito ghibellino, tra i quali
spiccava appunto, in quel torno di tempo, il milite Masseto Rusca. t da ricordare,
inoltre, che nel 1355 era disceso in Valtellina per i passi del Fraele e del Braulio il re
di Boemia, Carlo IV di Lussemburgo, diretto a Milano per cingere la corona d'Italia,
e di lì a Roma per ricevere quella imperiale.
Nella metropoli lombarda erano succeduti da poco a Giovanni Visconti i nipoti
Galeazzo, Matteo, e Bernabò, i quali erano in attesa che il nuovo imperatore
confermasse loro il vicariato per tutte le città sottoposte alla loro signoria. Pertanto
fecero di tutto per favorire quel viaggio e per impedire che i Guelfi combinassero
qualche sciocchezza; anzi, fra l'altro, a detta di Matteo Villani avrebbero riempito la
borsa vuota di Carlo IV di denaro, che però si affrettarono a far rientrare due anni
dopo mediante una tassa sul clero e sui beni delle chiese. Sarà questo uno dei motivi,
che riaccenderà in Valtellina il dissidio tra i Guelfi, nelle cui file militavano la
maggior parte dei vassalli ecclesiastici, e i Ghibellini, protetti dai Visconti; dissidio
che farà le sue vittime - fra esse un Giovannino de Candelinis, residente a Sondrio,
ucciso da un Ruggero de Lallio, che pare fosse di Berbenno-.
Gli atti notarili del marzo 1359 contengono varie composizioni arbitrali tra i seguaci
dell'uno e dell'altro partito: tra i De Piro e Castellargegno, per esempio, tra Negro
Vicedomini, Zani fu Alamanno de Cazapane Romeriolo Castellargegno, Maffiolo
Niguarda e Massimo Forbecheni di Morbegno.
Per rappacificare tra loro i Quadrio di Ponte dovette intervenire lo stesso signore di
Milano e di Como, Galeazzo Visconti. Finchè, nel 1361, si giunse nuovamente a una
pace generale.

7
Il nome di Masseto Rusca, signore del Castello di Mongiardino, compare
ripetutamente nei documenti valtellinesi dell'epoca. Egli era figlio di Ottino di Como,
ma si era stabilito a Milano nella parrocchia di San Stefano dove nell'ottobre 1423
troveremo ancora un altro Masseto, figlio di Lotteriolo e nipote abbiatico del
precedente. Dopo che nel 1341 fu imposto dai Visconti al comune e al distrettio di
Como il fodro di seimila fiorini d'oro, Masseto Rusca e gli altri della sua parentela si
distinsero in Valtellina per il rigore con cui procedettero all'incasso dei loro crediti,
specialmente contro i comuni e i monasteri; nel febbraio del 1346, per esempio,
venuto in possesso di un'obbligazione di L.570 in denari nuovi che quelli di
Talamona avevano contratto con Ventura Stoppa di Nobiallo fin dal 1305, Masseto
non esitò a far eseguire il sequestro dei loro beni, inviando i servitori del Comune di
Corno Guarentado Cermenate e Prevosto San Vitale a derobare per fortiam de
domibus habitationum communis et hominum sceu vicinorum de de Tallamona tantas
quantitates bobum, vacharum, lectorum, et vasorum araminevallentes libras 600
novorum.

Per riscattare tutta questa roba i Talamonini si trovarono costretti a chiedere


precipitosamente a Valleve un mutuo di L.500.
Ancora più grave fu il pericolo corso nel medesimo anno dai monaci
dell'Acquafredda, che si trovavano in debito di L.4800 verso Rainaldo Rusca fu
Gaspare.
Deciso a realizzare la somma, costui impose un'ipoteca sopra la loro gangia di
Bulgarograsso, sulle cascane di Ronco e sulla decima di Cìrimido. In favore dei
Cistercensi intervenne, però, Giovanni Vicedomini fu Civalo di Cosio, il quale per un
riguardo al fratello Taddeo, monaco in quel monastero, passando sopra allo statuto del
21 luglio 1340, con cui il comune di Como aveva proibito in tutto il distretto di fare
prestiti a monasteri, ospedali, prelati, monaci e frati, concesse loro un mutuo di lire
4000.
L'importanza del castello di Mongiardino non dipendeva tanto dal valico di Gordona,
che gli sta di fronte sul versante orobico- ma è piuttosto lontano -quanto dalla
vicinanza di Sondrio, guelfa e dalle fortune dei Rusca e del loro partito. Sotto il duca
Gian Galeazzo Visconti essi si sentirono così menomati nel loro prestigio da essere
invogliati di schierarsi con i Guelfi; ma dopo la morte di lui (1402) ripresero con
Franchino il dominio di Como, tornando a far sentire la loro autorità anche in
Valtellina.
Anzi, verso il 1410 riuscirono persino a distruggere il castello di Masegra, roccaforte
principale dei Capitani di Sondrio, loro irriducibili avversari.
Sei anni dopo Loterio Rusca sarà creato conte di Como; più tardi ancora, durante la
lotta contro Venezia, smaniosa di impossessarsi della Valtellina, il duca Filippo Maria
troverà nei Rusca degli alleati preziosi (1432). Grande, infatti era in quel momento il
loro dispetto contro le comunità valtellinesi, le quali nella speranza di raggiungere una
maggiore autonomia anche fiscale dai signori di Como e massimamente da coloro,
che ne erano più decisi ed autorevoli paladino, avevano aderito in gran parte -
Berbenno compresa - al capo dei Guelfi Antonio Beccaria.
8
I Rusca non riusciranno a fermare il corso delle cose: nel 1447, l'anno della
instaurazione della Repubblica Ambrosiana, i Polaggini sventarono un nuovo
tentativo di insediarsi a Berbenno, compiuto da una banda ghibellina proveniente da
Como e capeggiata da Arzio Castelli mettendo a sacco le canove di Menapace e
Visconte Rusca.
Il che consiglierà la famiglia a trasferirsi a Chiuro e a Morbegno. La seconda parte nel
prossimo numero de "il Notiziario".

1292 I de'Capitanei
vennero battuti da un'altra famiglia milanese: i Rusconi. La rappresaglia si espanse
fino al castelletto de'Capitanei di Caspoggio il quale venne distrutto. Si pensa che il
passaggio dei vittoriosi per la carovaniera fece scappare verso l'alto i minacciati
abitanti dai vari agglomerati. Questo portò alla nascita di nuoveProseguendo negli
anni si vide il passaggio del potere dai De'Capitanei a favore dei Rusconi.
Quest'ultimi diedero la Valtellina e la Val Malenco ai Visconti, emergente e
potentissima famiglia del milanese. I De'Capitanei vennero comunque mantenuti dai
Visconti come "governatori", titolo peraltro insignificante. L'aumento delle tasse creò
malcontento in valle e si prese ad organizzare una rivolta contro i Visconti che sfociò
in battaglia nel 1370.
I Visconti si difesero facilmente ma non riuscirono ad entrare in Valmalenco per
punirvi gli insorti inquanto venne opposta una dura resistenza ai piedi della valle, che
durò per ben 3 anni. L'unico percorso per l'approvvigionamento di cibo fu la
carovaniera per il Passo del Muretto. Tutto si risolse nel 1373 con una tregua tra i
De'Capitanei (e i rappresentanti malenchi) e i ViscontiDal 1600 al 1700 Nei primi
anni di questo secolo la contrapposizione religiosa tra malenchi e Grigioni si fece via
via sempre più marcata, c'era nella aria un forte timore di congiura. I Grigioni
cercarono di contrastare questi tumulti imprigionando e assassinando l'Arciprete
cattolico di Sondrio, Nicolò Rusca, artefice di numerose iniziative contro i
protestanti. Questo fu però un grosso errore dei Grigioni, alimentando la rivolta
malenca, che sfociò nel 1620 con catture di protestanti grigioni che finivano talvolta
con liberazioni in Engadina tramite il Muretto e talvolta con torture e uccisioni.

9
Titolo di “Capitanei” di Locarno
La prima attestazione del titolo di "capitanei" attribuito a fam. nobili di
Locarno è in un diploma (privilegio di mercato) del 1164 dell'imperatore Federico I.
Di questo titolo erano investiti, in senso proprio, i soli vassalli del re. Ai nobili di
Locarno, che erano invece valvassori, sarebbe stato pertanto attribuito quale
particolare concessione.

I Capitanei erano probabilmente discendenti dei nobili longobardi Da Besozzo, della


contea del Seprio, ai quali il vescovo scismatico di Como Landolfo da Carcano
avrebbe infeudato il Locarnese verso l'anno Mille.

Ai Capitanei era affidata l'amministrazione dei beni ecclesiastici nella pieve;


essi godevano di immunità e di un potere coercitivo, ma non erano proprietari del
territorio, che apparteneva, fatta eccezione per i beni ecclesiastici e regi, alle vicinie.
Privi di potere sovrano, il peso politico dei Capitanei era limitato; ebbero tuttavia un
ruolo di rilievo durante il XIII e XIV sec., nel quadro delle lotte tra guelfi e ghibellini
e delle guerre tra Como e Milano. Residenti prevalentemente ad Ascona, Locarno e
Muralto, i Capitanei non facevano parte di nessuna vicinia; le loro fam. (Orelli,
Rastelli, Rusconi, Magoria, Gnosca, Della Rocca, Muralto e Duni) costituivano
un'entità politica, fiscale e commerciale, denominata Università o corporazione dei
Nobili, separata dal resto della pop. Il loro potere economico derivava dalle regalie
che possedevano nel territorio di tutta la pieve (pedaggi, decime, diritti d'alpe, di
pascolo, di pesca, di mercato, di caccia, di macinatura ecc.) e dal possesso di
numerosi beni fondiari (curtes, campi, boschi, pascoli, alpi). Fin verso la metà del
XVI sec. i Capitanei esercitarono un controllo diretto sull'elezione dei rappresentanti
delle vicinie nel Consiglio generale della pieve; in seguito poterono unicamente
designarvi i propri rappresentanti. Nel corso dei sec. essi cedettero alle vicinie, e
soprattutto alla corporazione dei Borghesi di Locarno, parte delle loro regalie. Dopo
il 1342, con l'occupazione del Locarnese da parte dei Visconti, il ruolo politico ed
economico dei Capitanei diminuì molto; la loro corporazione riuscì però a mantenere
quasi inalterati molti privilegi fino al 1798. Dal 1803 essa fu integrata nel patriziato.

Fra XI e XII secolo la qualifica feudale di capitaneus – che indicava i vassalli


maggiori in rapporti diretti con marchesi, conti e vescovi – si diffuse nelle regioni
settentrionali del Regno Italico: l’area gravitante sulla chiesa metropolitica milanese,
la Marca Veronese, l’Emilia e la Romania. Nell’area di governo e di influenza della
chiesa milanese i capitanei ebbero in beneficio inizialmente diritti di decima delle
pievi rurali, ai quali si aggiunsero diritti signorili. In altri territori essi detennero con
frequenza diritti signorili su un distretto il cui centro giurisdizionale era un castello,
dal quale la singola famiglia poté connotarsi.

10
Le pievi sorsero non prima del VI secolo e la loro istituzione fu un fatto
esclusivamente legato alla campagna e alla sistemazione religiosa ed ecclesiastica dei
distretti rurali.

Non vi furono pievi cittadine: gli abitanti d'una città formavano la civitas, mentre la
pieve era la plebs, ossia la popolazione rurale d'un pagus di campagna.

Quindi civitas e plebs erano entità del tutto distinte, e quasi antitetiche tra loro come
erano città e campagna. Dal punto di vista ecclesiastico, la pieve e la sua
popolazione dipendevano dalla cattedrale esistente nel castrum di , come era proprio
di qualunque effettiva pieve rurale.

Con l'Impero carolingio di Carlo Magno si accentuò la diffusione del cristianesimo


(che arrivò in Valchiavenna alcuni secoli prima del mille): nacque una nuova forma
di organizzazione ecclesiastica, la pieve, o parrocchia, cioè la comunità dei
battezzati ad uno stesso fonte battesimale. La pieve aveva il suo centro nella chiesa
dove venivano celebrati i battesimi, e dove il popolo si riuniva per la celebrazione
delle liturgie festive.

Qui risiedevano e facevano vita comune il sacerdote ed i chierici che lo aiutavano


nell'evangelizzazione della popolazione. Ad ogni pieve faceva capo un territorio
molto esteso: divennero, oltre che centri religiosi e di culto, vere e proprie
circoscrizioni civili, munite di torri e castelli.

Le pievi facevano parte della diocesi di Como

Rusconi Pietro Martire


Nacque a Sondrio nel 1785. Studiò lettere e pittura a Milano e a Roma. Fu professore
e segretario dell’Accademia di belle arti di Milano. Sin da giovane si dilettò di poesia
e adulto fu, si può dire, il poeta ufficiale di Sondrio e scrisse numerose composizioni
encomiastiche, tra cui I’ ”Umile omaggio“ in onore dell’imperatore Francesco I
d’Austria. Compose il dramma storico ”Alberico“ e due poemetti didascalici: ”Del
vivere sano e longevo“ e ”I boschi“, stampati a Milano. Nel 1834 la piena del Mallero
gli distrusse la casa e travolse la sua preziosa quadreria. Lasciò memoria del fatto
nella ”Storica descrizione del singolare innondamento...“. Morì a Milano il 27
gennaio 1861, lasciando alla città natale la sua ricca biblioteca e un assegno annuo
per la costituzione di una biblioteca civica.

11
RUSCONI GIOVANNI Vescovo di Parma

Como-Parma 20/30 settembre 1412.


Nacque da una delle più nobile e illustri famiglie d’Italia, che signoreggiò le
città di Como, Lecco, Lugano, Mendrisio, Locarno e Bellinzona.
Figlio di Lotario, podestà di Milano, e di Enrica, figlia di Bernabò Visconti.
Ebbe due fratelli, Baldassarre, arciprete e canonico della Cattedrale di Como,
e Franchino, inviati quali ambasciatori da Gian Galeazzo Visconti, loro
cugino, per ringraziare i Siciliani che erano venuti a congratularsi con lui
della dignità ducale, e due sorelle, Enrica e Anastasia, moglie di Antonio
Sanvitale, nobile parmigiano. Il Rusconi fu elevato al vacante Vescovado di
Parma alle istanze di Gian Galeazzo Visconti quando i due suoi fratelli
l’accompagnarono a Como. La data precisa della sua promozione è
sconosciuta. La bolla di papa Urbano VI al Capitolo di Parma (che l’Affò
riporta nelle sue schede) del 1380 è certamente falsa perché Beltrando da
Borsano non lasciò vacante per morte la sede di Parma, ma per essere stato
trasferito a quella di Como. Il 28 settembre 1380 in un rogito di Antonio
Zandemaria, notaio imperiale, il Rusconi è chiamato semplicemente Eletto
Parmense e perciò non era ancora stato consacrato vescovo. Questo rogito
contiene alcuni Statuti del Capitolo di Parma approvati da Stefano de’ Nasi,
arciprete e canonico di Como e vicario del Rusconi, e da Matteo Garimberti,
arcidiacono e vicario capitolare. Poco dopo il suo ingresso a Parma il Rusconi
pronunciò la scomunica contro coloro che occupavano i beni del suo
Vescovado. Il primo documento dove il Rusconi è chiamato vescovo di
Parma è del 30 luglio 1381. È una concessione livellaria a favore di Galdino
Tintore di poter estrarre un bocchetto d’acqua dal canale maggiore, con
l’obbligo di dare ogni anno una certa quantità di grano. Il 13 agosto di
quell’anno il Rusconi diede l’investitura feudale a Giovanni Manzi di una
pezza di terra nelle pertinenze di Gualtieri. Elesse poi, quale sindaco,
camerario e suo procuratore generale di tutte le cause, Gabriele degli Accorsi
il 27 maggio 1382. Albertino Garsi, conduttore del dazio e della mercanzia di
Parma, e Guglielmo da Neviano, conduttore della macina, supplicarono
Galeazzo Visconti, Signore di Milano e di Parma e vicario imperiale, perché
ordinasse al podestà e ai giudici del dazio di far pagare il Rusconi, il quale
introduceva grano in Parma senza pagare le gabelle, appoggiandosi a una
sentenza che il referendario della città aveva proferito a suo favore, con la
quale lo si dichiarava immune dai dazi e dalle gabelle.

12
Il Duca, esaminato l’affare, sentenziò il 20 dicembre 1383, secondo il parere
dei suoi commissari Giovanni Diversi, podestà di Parma, e Cristoforo dei
Bandelli, entrambi giudici delle gabelle, che i vescovi non erano tenuti a
pagare dazi e gabelle per le cose di loro uso e di tutta la loro famiglia per una
antichissima consuetudine, cui in contrarium memoria non existit. Nel 1382 il
Rusconi riconfermò l’investitura di una pezza di terra fatta ad Antonio degli
Arcelli e a suo fratello Ilario. Manfredo della Croce, di Milano, era vicario del
Rusconi il 25 ottobre 1383, giorno in cui il Capitolo rielesse all’ufficio di
custode o sagrista della Cattedrale il canonico Dionigi Capelluti, che lo aveva
rinunciato. Il Rusconi confermò la rielezione il 25 maggio dell’anno seguente.
Da Parma, il 23 ottobre 1384 il Rusconi conferì il priorato di Sant’Armanno
ad Antonio Bertani e due mesi dopo (23 dicembre) il canonicato e prebenda
della chiesa di Gainago a favore di Bartolomeo Gonzino. Il 4 aprile 1385
Giovanni Griffoni, rettore della chiesa di Sant’Ilario di Poviglio, deputato dal
Rusconi, investì di un beneficio Francesco Cavalchi di Noceto. Poiché il
Rusconi ebbe altre noie dagli esattori parmigiani, il referendario di Parma,
delegato dal Duca di Milano, il 22 maggio 1386 dichiarò che i vescovi di
Parma erano liberi, esenti da qualsivoglia carico, dazio e gabelle circa i frutti e
le rendite, proibendo ai dazieri di molestare in alcun modo la Chiesa
parmense. Il 6 aprile 1388 il Rusconi ordinò una precisa descrizione di tutti i
beni posti nel territorio di Castelgualtieri (atto rogato da Ugone Rossi, notaio
imperiale). Il 23 aprile di quell’anno investì di una pezza di terra nella
vicinanza di Gualtieri Pietro Obizzi e Opicino, suo nipote, per una mezza
misura di vino all’anno, e lo stesso giorno concedette in feudo una casa con
una pezza di terra nelle pertinenze di Gualtieri a Giovanni Antonio e Andrea
Bonelli e ai loro figli, nel luogo detto alle Caselle. In quell’anno (21 agosto) fu
fatta l’unione e incorporazione del monastero e dei beni della Religione
vecchia alla Mensa vescovile. Il 24 novembre 1388 fu pronunciata a Pavia una
sentenza favorevole al Rusconi contro Giovanni Ghibani, appaltatore
parmigiano delle gabelle del vino in Parma, il quale pretendeva che i sudditi
del Vescovo non fossero esenti dal dazio della imbottatura. Il giudice dei dazi
gli aveva già dato sentenza favorevole e il Rusconi si era poi appellato a Gian
Galeazzo Visconti, producendo i suoi privilegi antichi.
Il Duca commise l’esame della controversia al dottore Giovanni Omodei, il
quale diede sentenza favorevole al Rusconi.
I comuni e i luoghi soggetti al Vescovo, dichiarati immuni dal predetto dazio,
furono i seguenti: Communia et homines Montis Curiae Raygusii, loci de
montibus, loci de Gramatica, loci de Raygusii, loci de Casarolo, loci de
Tichiano, loci de Laneta, de Valceca, loci de Nerone, loci de Lugagnano, loci
de Vezatica, et loci de Treflumine omnium locorum praefati D. Episcopi.
13
Il 5 giugno 1389 ebbe una investitura feudale dal Rusconi Guglielmo della
Mazza (24 biolche poste nel territorio di Gualtieri). Altra sentenza del 19
maggio 1390 venne promulgata dal referendario del Duca di Milano, con la
quale il Rusconi e il clero furono riconosciuti esenti da qualsiasi tassa, come
per il passato. Frate Musio da Beccaria, precettore delle case e della chiesa di
San Giovanni Gerosolimitano di Parma, il 6 dicembre 1392 ottenne licenza dal
Rusconi di consacrare nell’oratorio già costruito, che si disse dello Steccato,
un altare dedicato a San Giovanni Battista decollato, con l’onere di pagare
due libbre di cera al monastero di Sant’Alessandro. Il 16 agosto 1393 dal
Rusconi fu assolto Ilario da Beccaria, beneficiato della chiesa di San Donnino,
per un giuramento falso fatto in una causa vertente tra lui e Giovanni da
Cornazzano. Bonifacio Lupi, marchese di Soragna, stralciò (suo codicillo del
1° novembre 1388) dalle possessioni lasciate in eredità a Ugolotto Lupi suo
nipote, 50 biolche di terra, che legò alla badessa e monache di San Paolo, con
l’obbligo di dare, annualmente e in perpetuo, 20 lire ai Frati minori di San
Francesco del Prato per celebrare ogni anno un anniversario con Messa nel
giorno della morte di suo padre nella cappella dei Lupi e di provvedere
l’altare dei paramenti necessari. Legarda Biancardi, badessa del monastero, e
le monache rinunciarono al legato. Il Rusconi cedette allora il lascito alla
badessa e monache di Santa Chiara, le quali lo accettarono per mezzo del loro
procuratore promettendo di adempierlo per l’avvenire e in perpetuo. Il
decreto del Rusconi fu rogato da Filippo da Fossio, cancelliere della Curia, il
28 gennaio 1394. Dal 1394 al 1398 fu vicario generale del Rusconi, tanto in
spiritualibus quanto in temporalibus, Gregorio Berenghi, canonico di Reggio.
Il Rusconi il 15 maggio 1395 nominò Antonio di Vedriano, prete parmigiano,
rettore della chiesa curata di San Nicolò di Cavriago. Poiché una grave
controversia era sorta tra l’Opera parrocchiale della Cattedrale di Parma e il
Comune di Borgo San Donnino, la lite fu portata dinanzi al Rusconi. Lo stesso
Duca di Milano si fece mediatore, esortando il Rusconi e i Borghigiani ad
accordarsi pacificamente. Ma il Rusconi pronunciò una sentenza contro i
Borghigiani, i quali però mandarono a Pavia nell’ottobre 1396 ambasciatori al
Duca per protestare contro tale giudicato. Si ignora l’esito dell’ambasceria. Il
1° agosto 1397 il Rusconi nominò Giovanni dei Ferrari suo podestà di
Corniana, con il salario, emolumenti, onori e oneri inerenti. La compagnia dei
Bianchi o della Misericordia, istituita da Enrico II di Castiglia e approvata da
papa Giovanni XXII, che andava recitando orazioni e cantando lo Stabat
Mater, passò da Parma il 4 agosto 1399 e vi si associarono 3552 Parmigiani: il
Rusconi, con tutto il clero, fece parte della comitiva.
Nel 1392 Bartolomeo Fredulfi fu sindaco e procuratore del Rusconi. Il 1°
agosto 1397 il Rusconi diede la patente della podesteria a Giovanni Pienazza.
14
Il 25 settembre 1399 ottenne una sentenza in suo favore per la libertà dei
Mezzani del Vescovo, dichiarata interamente e integralmente sotto la
giurisdizione del vescovo di Parma. Nello stesso anno, Della Noce, delegato
dal Duca di Milano, sentenziò che gli uomini del Mezzano non erano tenuti
ad alcun carico reale e personale, né misto, ma che erano sottoposti alla
giurisdizione del vescovo di Parma.
Nell’anno 1400 il Rusconi unì al monastero di San Quintino la chiesa di San
Damiano al di qua dell’Enza. Il 21 giugno 1401 investì Giulino Talione di
diverse terre poste nel territorio di Boretto, nella giurisdizione di Brescello,
già tenute in feudo da Antonio Talione. Nello stesso anno Gian Galeazzo
Visconti impose al clero di Parma una taglia di 4800 fiorini e al Rusconi di
10300 fiorini. Il 30 agosto di quell’anno il Rusconi privò della voce attiva e
passiva, nell’elezione della loro badessa, le monache di San Quintino, perché
discordi: una parte pretendeva nominare Todeschina Bianchi e l’altra Asina
Mazzi. Simonino da Parma, sindaco e procuratore del Rusconi, ricorse a
Gasparo Grassi, commissario e delegato del Duca di Milano e vicario e
luogotenente di Antonio Ubaldini, podestà di Parma, per ottenere l’immunità
del Mezzano del Vescovo: la sentenza, favorevole al Rusconi, è del 28 giugno
1402. Il 14 marzo 1404 i procuratori del Rusconi fecero una locazione di acque
irrigatorie defluenti dal canale della villa di Santa Maria del Piano al Comune
di Mamiano, con l’obbligo di pagare un canone di una libbra di cera bianca
nel giorno dell’Assunta. Nel 1406 fu vicario del Rusconi il canonico
Ravacaldi. Il Rusconi il 27 ottobre 1410 si rivolse a Michele Steno, doge di
Venezia, lamentandosi di essere stato spogliato di certe sue terre. Lo Steno il
16 novembre dello stesso anno ordinò al podestà e capitano di guerra Delfino
Veniero che fossero restituite alcune terre poste nei luoghi di Boretto e di
Castelgualtieri, nella giurisdizione di Brescello, appartenenti alla Mensa
vescovile e occupate da Attone.
Nel 1412 fu vicario del Rusconi Simone da Enza, il quale teneva le udienze in
Capella Sancti Vicinii audientiae praefati D.ni Vicarii contigua Majori
Ecclesiae Parmensi.
Dopo la sua morte, il corpo del Rusconi fu per più giorni esposto nella
cappella di Sant’Agata, ove era solito radunarsi il Capitolo dei canonici,
prima di essere tumulata nella cappella che, ancora vivente, si era fatto
erigere e decorare di affreschi. La cappella che ne accolse la salma andò
soggetta a varie peripezie e deturpazioni. Sulla parete a ovest è rappresentata
la Madonna con aureola dorata, seduta, col Bambino nudo in grembo, sopra
un seggio ricchissimo di stile gotico, con guglie, nicchie e statuine.

15
A destra della Vergine è rappresentato il Rusconi (che fu vescovo per
trentadue anni) in abito pontificale rosso, cappa d’ermellino e mitra bianca,
riccamente ornata, col pastorale tra le mani, presentato da San Giovanni
Apostolo alla Vergine. Alla sinistra San Giovanni Battista con manto rosso e
una lunga pelliccia, che tiene in una mano una fettuccia col motto Ecce vox
clamantis in deserto parate. Nel fregio, che sta sopra nei piccoli tondi, sono
raffigurati giovani e adulti. Nelle pareti laterali sono alcuni busti di profeti,
patriarchi e re dell’antico Testamento, tra i quali bellissimo è quello di
Roboamo. Il monumento sepolcrale alla metà del secolo XVII andò distrutto.
Rimane solo l’epitaffio con lo stemma incastonato nel muro a fianco della
scala. L’iscrizione è in versi esametri, con caratteri gotici: religionis hono
procerum decus inclitus heros urbis Cumane Ruschorum quem tulit ortu alma
tribus rutilo quo flamine leta Iohanes aurea Parma deum sanctos adolevit
honores hic situs est aram hanc hos celibes que penates instituit sua mens sic
gazophilata sub annis mille quatercentum bissex super astra recessit corpus
in occasu septembris et alma relinquit.

Lo stemma è tripartito di rosso a tre bande d’argento, caricato al leone di


rosso accosciato e coronato d’oro, avente ai lati un rusco formato di tre chiodi
intrecciati, sopracaricato da mitra nel mezzo e ai lati dal pastorale e da due
chiavi.
FONTI E BIBL.: R. Pico, Appendice, 1642, 232-233; N. Pelicelli, Vescovi della
Chiesa parmense, 1936, 319-327; V. Schiavi, Diocesi di Parma, 1940,

16
Parte settima

L’EMIGRAZIONE IN EMILIA-ROMAGNA E
MARCHE NEI SECOLI XIV-XV.
DIFFUSIONE DEL COGNOME RUSCONI IN ITALIA
UN ORIGEM DEL APELLIDO RUSCONI

1
proprio clan che si sparse in tutta
L’EMIGRAZIONE IN l’attuale Emilia Orientale.
EMILIA-ROMAGNA Inizialmente rimasero uniti tra loro,
anche per questioni economiche e
E MARCHE NEI commerciali, contraendo per più di
un secolo matrimoni solo tra parenti
SECOLI XIV-XVIII poi man mano che si erano creati
BIANCA MARIA RUSCONI
una posizione notevole accumulando
ingenti ricchezze, si unirono alle
La Lombardia era nei secoli passati un
famiglie più note della regione e fuori
territorio devastato da continui conflitti
regione. Ricoprirono varie cariche
che impedivano una regolare attività e
religiose e civili, quali Gonfalonieri di
di conseguenza molte famiglie si
Bologna, di Ferrara, di Cento, e
portarono in Emilia-Romagna.
Podestà di Cento.
A Bologna molti di questi ceppi
Furono insigniti della nobiltà di varie
familiari confluirono nella Compagnia
città (Anagni, Alatri, Ferentino, Veroli,
dei Lombardi che ha radici molto
Piperno, Ferrara, Bologna, Ravenna,
antiche. Uno di questi gruppi familiari
Foligno) ed il ramo principale, che si
oriundi lombardi è quello dei Rusconi.
era stabilito a Cento e a Bologna, fu
Questa famiglia originaria di Como e
anche insignito del titolo di
sparsa fino alla Valtellina e al Canton
marchese.
Ticino, ricoprì fin dall’XI secolo grandi
cariche, ebbe la Signoria di Como, fu Annoverarono diversi religiosi tra cui il
alleata del Barbarossa, batté moneta canonico Carlo, protonotario apostolico
(dopo il 1328 sotto Ludovico il Bavaro, che ospitò Pio VI di passaggio verso
una moneta, ed in nome proprio dal Vienna, Monsignor Pier Luigi Vescovo
1408 al 1416, quattro monete) ed di Amatunta nel 1801, Monsignor
annoverò molti illustri personaggi fra i Giovanni che fu ministro delle Armi e
quali il Beato Vincenzo e la beata dei Lavori Pubblici dello Stato della
Beatrice Rusconi-Casati. Chiesa (1847 e 1848), ma il più
Col decadere dell’Impero e in seguito a importante fu Monsignor Antonio
causa delle continue guerre nella zona Lamberto Rusconi (Cento, 19 giugno
lombarda il ramo della famiglia 1743 - 1 agosto 1825) fu nominato
discendente dai conti di Lugano ritenne cardinale della Chiesa cattolica da papa Pio
opportuno emigrare verso lo Stato VII nel concistoro dell'8 marzo 1816.
Pontificio dove la vita si prospettava
più tranquilla e vi era sicurezza di Vescovo di Imola e Cardinal Legato
svolgere attività redditizie. delle Romagne (1820-1824), uditore
Il primo gruppo giunse dal Lago di della Sacra Rota (di cui sono state
Como e si stabilì in una cittadina tra stampate le Decisiones); fece parte
Ferrara e Bologna (San Pietro in della Congregazione di Stato alla quale
Casale); in seguito giunsero altri Pio VII commise di ripristinare il
gruppi familiari e si formò un vero e Governo Pontificio, e gli venne anche
affidata la Soprintendenza

2
dell’Università Gregoriana, Alla luce di questi brevi cenni si può
dell’Archiginnasio della Sapienza, di tranquillamente concludere che questa
tutte le scuole, delle biblioteche, dei famiglia, anche dopo un temporaneo
musei e delle poste dello Stato decadimento dovuto alle continue
Pontificio. guerre nella nativa Lombardia
Il 15 luglio 1857 il marchese Michele conclusosi con l’immigrazione nel
ebbe il grande onore di avere come vicino Stato pontificio, è riuscita ad
ospite Pio IX, che in visita pastorale in essere all’altezza della passata
Emilia elesse, per due giorni, come sua notorietà, dimostrando così che con la
sede per le udienze, e dimora, il suo tenacia e la solidarietà familiare è
palazzo di Cento. Non mancarono i sempre possibile risollevarsi,
rivoluzionari tra i quali Carlo Andrea testimoniando altresì la veridicità dei
che si compromise a favore della vichiani corsi e ricorsi storici.
Repubblica Cisalpina e partecipò ai Con questi due semplici esempi: un
Comizi di Lione del 1801 e Carlo popolo ed un ceppo familiare,
Giuseppe (apprezzato drammaturgo e possiamo rilevare che l’emigrazione da
romanziere) ministro degli Affari Esteri una regione all’altra può essere ritenuta
della Repubblica Romana (sepolto a un fenomeno naturale che non deve
Roma nell’Ara Coeli), e uomini d’arme essere sottovalutato e visto
quali Felice, generale del Genio negativamente, ma piuttosto va
militare decorato con due medaglie considerata un positivo interscambio
d’argento per le campagne di tra regioni che può portare ad un
Indipendenza. arricchimento sociale, finanziario
culturale.

3
Diffusione del cognome Rusconi in Italia

4
UN ORIGEM DEL APELLIDO RUSCONI

Apellido del della la descripcion del origen di ahora di Por, inglés dell'en del
aun.

RUSCONI. Vedere l'articolo su RUSCA.


[HBLS, V. 5, P. 768]

Fonte: Historisch-Biographisches Lexikon, completo

RUSCA. [Articolo molto grande di A su questa famiglia, che può molto


brevemente essere ricapitolata soltanto.]
Inoltre RUSCONI, DE RUSCHIS, ortografie del DE RUSCONIBUS.

Una famiglia nobile anziana che proviene da Como. Il viscount di Milano era
di questa famiglia, come erano molti funzionari importanti durante l'Italia del
Nord. Hanno svolto un ruolo importante in Lombardia ed erano inoltre
importante nel cantone Tessin [Ticino]. La famiglia sarà vista nella
dodicesima terra di secolo presto
è stato visto con le varianti di ortografia di Rusca e di Rusconi. Una
diramazione ha aggiunto v. appelation de Bellinzona-Giubiasco. Una linea in
Tremona ha adottato l'ortografia di Rusconi.
Parecchie famiglie di regolamento sono comparso in Ticino. Lo zu Bellinzona
di Lehensherren R.; i Grafen R. von Lugano; il Herren R. von Locarno; tutti
hanno provenuto dal Herren Rusca von Como. Il ramo de Bellinzona-
Giubiasco ha formato l'origine dei rami a Magliaso, Bironico-Camignolo,
Luzern e Giubiasco. Il ramo di Lugano ha provocato Ramo di Bioggio. Il
ramo di Locarno al Mendrisio e ad altri.
Il cognome di Rusca è stato visto in: Cademario, 1269; Arosio, 1347; Agno,
1451; Bedano-Manno, 1367; Sonvico, 1454; Coldrerio, 1454; e così via.
I membri hanno tenuto gli uffici importanti a: Breno, 1218; Cademario, 1269;
Giubiasco, ca 1300;
Castel San Pietro, 1274; Viganello-Pregassona e Umgebung, 1325; Sonvico,
1454;
Pedrinate, 1457, Taverne-Torricella, 1499.
Il Wappen (schermo della famiglia) è descritto e descritto e rappresentazioni
sopravvive da 1288.
(i) RUSCA, Herren von Como, anche in Tessin. RUGGERO è il fondatore di
questo ramo, un Bürger di Como, supporto di varie posizioni, D. 1257.
Diciassette ulteriori membri con il 1400s iniziale sono profilati alla lunghezza
moderata ciascuno.
(ii) R., Grafen von Lugano. Continuando sopra dalla sezione (i). Altri
5
diciassette membri della famiglia sono profilati alla lunghezza moderata. Ci
sono due ritratti inclusi. Questi funzionare con il 1600s iniziale.
(1) Ramo di Bioggio-Lugano-Mailand. Questi provengono da BERNARDINO
di (ii).
Altri diciotto membri della famiglia sono profilati, funzionanti con il mid-
1800s.
(2) Vario R. di Lugano. Altri sedici membri vari della famiglia sono
profilato, comunque alle lunghezze più corte che quelli detti
precedentemente.
(iii) RUSCA, Herren von Lucarno. La famiglia ha cominciato a regolare
Lucarno in 1439 e molti i rami vengono da questa linea. Un figlio illegitimate
di questo ramo ha cominciato a regolare sopra Bellinzona. Circa dodici
membri di questo ramo sono profilati, alcuni alla lunghezza considerevole.
(1) Ramo del Von Menrisio. Ciò è stata fondata da un figlio del illegimate di
ANTONIO del PIETRO di (iii). Circa ventuno membro è profilato, comunque
soltanto alla lunghezza moderata ciascuno.
(2) Rami della linea del Rusca von Lucano. Altri diciannove membri sono
profilati,
compreso il ramo de Bellinzona.
(iv) R. von Bellinzona-Giubiasco [nota che questa è differente dal ramo ha
accennato
appena sopra (2)]. Questo ramo si è sviluppato in due linee: il R. dalla linea di
Ravazzini, quale è morto fuori in 1750 e nella linea di Gregorio.
(1) R. da RAVAZZINO, da Como, D. prima di 1415. Cinque sono profilati da
questa linea con esso sta morendo fuori in 1747.
(2) Il R. da GREGORIO, PIETRO di Como, visto in 1384, è il fondatore di
questa linea. Alcuni quattordici di più è profilato con il mid-1700s.
(3) Ramo del Rusconi del Palasio. BERNARDO del CARLO, 1662-1729, è il
padre di questo ramo.
Nove nuovi membri sono profilati con 1877.
(4) Ramo del Rusconi del Saleggio. FRANCESCO del CARLO, 1633-1674, è il
padre di questo ramo. Sei nuovi membri sono profilati con l'inizio del
20esimo secolo, con una fotografia.
(5) Rusca von Biroico-Camignolo. Ciò è stata fondata prima di 1400. Quattro
membri sono profilato con l'inizio del 1500s.
(6) Rusca von Magliaso. Inoltre fondato prima di 1400, da Como. Sei membri
sono profilati con 1528.
(7) Vario Rusca. Tre membri più vari di questa linea sono profilati.
(v) Vari rami.
(1) Il ramo di Agno, provenente da Como, i fondatori era in Bedigliora in
1467 ma ha avuto depositato in Agno entro 1482. Quindici membri sono
6
profilati attraverso la conclusione dei 1900s.
(2) Ramo di Arioso. Il primo membro è MARINUS BAZIUS, visto a Arioso in
1347. Due altri sono profilati attraverso la conclusione dei 1900s.
(3) Ramo di Bedano-Manno, ora estinto. Il membro più in anticipo accennato
è MICHELLE, visto a Bedano in 1347. Circa sei ulteriori membri sono
accennati attraverso l'estremità del ramo in 1712.
(4) Ramo di Cureglia, ora estinto, fonte conosciuta. Soltanto un membro è
profilato, dal 1800s.
(5) Ramo di Rancate, fonte conosciuta. Sei membri sono profili attraverso la
conclusione del 1800s.
(6) Ramo di Taverne-Torricella. Il fondatore era CRISTOFORO, di Bironico e
visto a Taverna entro 1499. Circa quattro nuovi membri sono profilati con il
1700s ritardato con un ritratto.
(7) Ramo di Tremona. Ciò è stata stabilita nel diciassettesimo secolo dalla
zona di Como.
Tre membri sono profilati con i 1900s in anticipo. Una vasta bibliografia è
fornita.

Ramo di Luzern. Il punto del nesso (JOHANN ANTON Rusconi) è descritto e


circa nove membri è accennato, ma queste sono descrizioni estremamente
sommarie, nomi e date generalmente giusti per alcuno
posizioni.
[HBLS, V. 5, pp. 759-768, estratto]

Fonte: Historisch-Biographisches Lexikon, astratto

============================= di =====Rusca

Rusca, Roberto: Il Rusco, Historia di famiglia Rusca [Di Ticino del del
cantone]. Venezia 1680 - (nel cantonale del Ticino di Biblioteca del der)

Rusconi, Alberto: Memorie i storiche del casato Rusco o Rusconi [del cantone
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Bologna 1874 - 2 Bände, Nachtrag: P. de Bologna 1877 - 4, un genealogiche dei
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Motta, Emilio: I Rusca (di Locarno, Luino e Val Intelvi/I). In: Della di istorico
di Bollettino
Italiana 17, 1895 di Svizzera - P. 1-7, 33-41, 65-70, 97-101, 153-159; 18, 1896 - P.

7
1-5,
57-67, 89-96, 121-127; 19, 1897 - P. 1-3, 61-72, 97-103, 173-178; 20, 1898 - P. 5-8,
44-52, 185-189; 21, 1899 - P. 1-6, 56-60, 150-155; 22, 1900 - P. 1-5, 33-38 (mehr
del nicht
erschienen)

Stückelberg, Ernst Alfred: DES Geschlechtes Rusca [stammendes di


Denkmäler di Como di aus
Geschlecht im Kanton Tessin]. In: Dado Schweiz 15, 1911 - S. 312

Schlatter, Ernst: Stammtafel Rusca o Rusconi [DES Kantons di Familie dello


stammende di Como di aus
Tessin]. o.O. Blatt di um 1922 - 1 (Photographie im Staatsarchiv Basilea-Stadt)

Maspoli, Enrico: I Rusca di Magliaso. In: Storica 8 ticinese, 1945 di Rivista - P.


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genealogiche del tavole

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genealogico di Albero.
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Pedroli-Vacchini, Alma: Conti nobile Rusco [di Locarno] di dei di dinastia


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Locarno. In: Almanacco 122 ticinese, 1962 - P. 46

Cassina, Gaëtan: I Rusca e Castel San Pietro. Identificata di donatrice di Una.


In: Storici 22, 1971 di monumenti di nostri I - P. 174-177

Staffieri, Giovanni Maria: Patrizie di Bioggio e Gaggio del Le famiglie


[dado Familie Rusca di u.a. del betrifft]. In: Der SGFF 1983 di Jarhbuch - P. 59-
84, genealogico di albero

8
Parte ottava
Giacomo Filippo
Margherita
Carlo
Catterina
Anna
Gian Carlo
Piero
Paolo
Andrea ORIGINI E
Marco SIGNIFICATO DEI
NOMI RICORRENTI
Maria Teresa NELLE FAMIGLIE
Filippo RUSCONI,BRONZI E
BORIANI.

1.
GIACOMO

Deriva dall'ebraico ed è composto con la radice verbale "qb" che significa


"proteggere", con il significato di "Dio ha protetto, seguace di Dio".
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 25 luglio in memoria di S.
Giacomo apostolo, martire nel 44.

CARLO

Dal tedesco Karl "uomo libero".


L'onomastico ricorre il 4 novembre in memoria di S. Carlo Borromeo 1538 -
1584.
Patrono di Milano, dei librai, dei catechisti, dei maestri, dei legatori di libri.
Si invoca per non ammalarsi di peste, vaiolo e altre malattie contagiose.
Ad Arona è dedicata la colossale statua in bronzo.

FILIPPO

Deriva dal nome greco Philippos, latinizzato in Philippus, formato da philo


da philein, "amare", e hippos, "cavallo", quindi "che ama i cavalli, le corse dei
cavalli". L'onomastico ricorre il 26 maggio in memoria di san Filippo Neri.

MARGHERITA

Dal greco antico Margarìtes "perle", nome portato da molte Regine.


L'onomastico, tradizionalmente, ricorre il 22 febbraio in memoria di S.
Margherita da Cortona. Patrona di Casteldelfino. Sono presenti molte Sante
con questo nome, in alcuni calendari viene ricordata S. Margherita di Scozia il
16 Novembre.

CATERINA

Dal greco KATAOS "pura". L'onomastico ricorre il 29 aprile in memoria di S.


Caterina di Siena, morta nel 1380. Patrona d'Italia, di Roma, di Siena, delle
lavandaie, dei corrieri e degli infermieri

PIETRO

Deriva dall'aramaico kephas che significa "pietra, roccia", tradotto in latino


come Petrus. E' uno dei nomi cristiani più diffusi per via del culto di s. Pietro
principe degli apostoli.
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 29 giugno in onore di s. Pietro,
apostolo e primo pontefice

2.
PIERO

Deriva dall'aramaico kephas che significa "pietra, roccia", tradotto in latino


come Petrus.
L'onomastico si festeggia il 6 gennaio in memoria del beato Pier Tommaso di
Costantinopoli, morto nel 1366; ma numerosi sono i santi ricordati con questo
nome.

FRANCESCO

Deriva dall'etnico latino, tardo e medievale, Franciscus, che indicò prima


l'appartenenza al popolo germanico dei Franchi, poi a quello dei Francesi.
Dal Trecento si è trasformato in nome prevalentemente religioso.
L'onomastico è festeggiato il 4 ottobre in memoria di s. Francesco d'Assisi,
patrono d'Italia.

ANDREA

Il nome greco originario Andréas rappresenta la forma abbreviata di nomi


greci composti con anér-andròs, che significa "uomo, individuo di sesso
maschile, guerriero", oppure un derivato di andréia "forza, coraggio virile".
L'onomastico ricorre il 30 novembre in ricordo di s. Andrea martire

MARCO

Dal latino, veniva dato ai bambini nati nel mese di marzo (mese dedicato al
Dio Marte, dio della guerra). Il significato è "dedicato a Marte". L'onomastico
si festeggia il 25 aprile in memoria dell'Evangelista Marco, patrono della città
di Venezia. Le sue reliquie riposano nella celebre basilica di San Marco,
trafugate dall'Egitto da due mercanti.

NICOLA

Dal greco Nikòlaos "vincitore tra il popolo". L'onomastico si festeggia il 6


dicembre in onore di S. Nicola da Bari, vescovo morto nel IV secolo. Patrono
dei bambini, degli avvocati, degli scolari, degli studenti, delle città di Bari,
Berlino, Arena, della Grecia, della Russia ortodossa

3.
MARIA TERESA

Nome composto da:


MARIA: deriva dall'ebraico Maryam che a sua volta ha origine dall'egiziano
mrjt, "amato, caro", con il suffisso femminile ebraico -am. E' il nome
femminile più diffuso in Italia per via della sua matrice religiosa.
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 12 settembre in onore della
Madre di Gesù.
TERESA: è' un nome di origine spagnola che deriva dal greco e significa
"cacciatrice". Secondo altri deriva da Therasia, "nativa dell'isola di Thera"
(oggi Santorino) o da Tarasia, "nativa di Taras" (oggi Taranto).
L'onomastico si festeggia tradizionalmente il 15 ottobre in onore di santa
Teresa di Avila, morta nel 1582

STELLA

Dal latino "luminosa come una stella". L'onomastico ricorre l'11 maggio in
ricordo di S. Stella martire nel III° secolo in Gallia

MATTEO

Deriva dall'ebraico Matithyah, composto da matath, "dono" e Yah,


abbreviazione di Yahweh, "Dio, Iavè", e quindi significa "dono di Dio".
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 21 settembre in ricordo di san
Matteo Levi evangelista

VALENTINA

Deriva dal latino Valentes, tratto da valeo, e significa perciò "forte, vigorosa,
sana".
L'onomastico si può festeggiare insieme a san Valentino il 14 febbraio

4.
ANNA MARIA

L'onomastico si festeggia il 9 giugno, in onore della beata Anna Maria Taigi,


morta nel 1837.

Nome composto da:

ANNA: deriva dall'ebraico Hannah che significa "grazia", oppure "graziosa".


E' il secondo nome femminile italiano per diffusione grazie alla sua matrice
religiosa.
L'onomastico si festeggia il 26 luglio, giorno in cui si commemora la madre
della Vergine Maria.
MARIA: deriva dall'ebraico Maryam che a sua volta ha origine dall'egiziano
mrjt, "amato, caro", con il suffisso femminile ebraico -am. E' il nome
femminile più diffuso in Italia per via della sua matrice religiosa.
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 12 settembre in onore della
Madre di Gesù.

GIUSEPPE

Deriva dall'ebraico Yoseph, derivato da yasaph, "aggiungere", con il valore


augurale di "Dio aggiunga, accresca" (la famiglia, mediante i figli) . E' il nome
più frequente in Italia per via della sua matrice religiosa.
L'onomastico viene festeggiato per tradizione il 19 marzo in onore di s.
Giuseppe, padre putativo di Cristo. Solo dal 1968 il giorno dell'onomastico
del Santo coincide con la festa del papà.

DORA

Diminutivo dei nomi che iniziano con dora-, come Doralice, Dorotea, o che
terminano in -dora, come Teodora, Isidora, Diodora, usato ormai come nome
a sé stante.Altre fonti lo indicano come derivato dal greco doron, "regalo".
L'onomastico può essere festeggiato il primo aprile in ricordo di santa Dora
vergine e martireto" del 1939.

5.
STEFANO

Deriva dal greco stephanos, "corona", riferito alla corona come ornamento e
simbolo di vittoria, passata quindi ad indicare la corona del martirio; significa
quindi "coronato".
L'onomastico si festeggia tradizionalmente il 26 dicembre in onore di santo
Stefano, protomartire e discepolo di Gesù.

SILVIA

Deriva dal latino Silvius, tratto da silva, "selva, bosco", e significa "che vive
nei boschi, che viene da zone boscose, che ama vivere nei boschi", attestato a
partire dall'età repubblicana.
L'onomastico si festeggia tradizionalmente il 3 novembre in onore di santa
Silvia madre di papa Gregorio Magno, morta nel 592.

ERMINIA

Deriva dal femminile del latino Herminius, secondo alcuni di origine etrusca
e di significato ignoto, secondo altri è un nome di origine etnica con il
significato di "nativa di Armenia".
L'onomastico si festeggia il 25 agosto in memoria di santa Erminia vergine,
martire a Reims nel 1396

IGNAZIO

Deriva dall'antico gentilizio latino di origine etrusca Egnatius, diventato poi


nome personale nella forma Ignatius, con un'etimologia che si connette a
ignis, "fuoco".
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 31 luglio in memoria di s.
Ignazio fondatore dei Gesuiti.

ROMANO

Deriva da Romanus, soprannome etnico latino, e significa "uomo di Roma,


cittadino di Roma": nel V secolo assunse il valore più vasto di cittadino
dell'Impero romano.
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 9 agosto in onore di san
Romano, martire nel 258.

6.
MASSIMO

Deriva dal superlativo di magnus, maximus, che significa "il primo, il


maggiore dei figli" o "grandissimo, superiore a tutti" e riprende il cognomen
di alcune potenti famiglie romane.
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 25 giugno in onore di san
Massimo, vescovo del V secolo.

MARCELLA

Deriva dal femminile del gentilizio latino Marcellus, antico diminutivo di


Marcus, cognomen di una famiglia della gens Claudia.
L'onomastico si festeggia tradizionalmente il 31 gennaio in onore di santa
Marcella vedova, morta a Roma nel 410

ANTONIO

Continua l'antico nome gentilizio latino Antonius, poi diventato individuale,


ed è di origine probabilmente etrusca e di significato ignoto, oppure può
derivare dal greco Antionos, significa "nato prima". E' il terzo nome più
diffuso in Italia per via della sua matrice religiosa.
L'onomastico cade il 17 gennaio, dedicato a s. Antonio abate, o il 13 giugno,
dedicato al santo di Padova.

MASSIMILIANO

Deriva dal superlativo di magnus, maximus, che significa "il primo, il


maggiore dei figli" o "grandissimo, superiore a tutti" e riprende il cognomen
di alcune potenti famiglie romane.
L'onomastico si festeggia tradizionalmente il 12 marzo in onore di san
Massimiliano, martire a Teveste in Numidia, durante la persecuzione di
Diocleziano.

7.
ELISABETTA

Deriva dall'ebraico Elisheba, composto da El, "Dio" e sheba, "sette", ma in


senso figurato questo numero indica la perfezione; il significato del nome è
perciò "il mio Dio è perfezione".
L'onomastico ricorre il 4 luglio in memoria di santa Elisabetta francescana,
regina del Portogallo, morta nel 1336

GIOVANNI

Deriva dall'ebraico Yohanan e significa "dono del Signore" e anticamente


veniva dato ai bambini nati dopo molti anni di matrimonio. E' il secondo
nome italiano per diffusione a causa della sua matrice religiosa.
Chi porta questo nome può festeggiare l'onomastico, fra i tanti giorni dedicati
ai vari s. Giovanni, il 24 giugno dedicato a s. Giovanni Battista o il 27
dicembre dedicato a s. Giovanni apostolo.

LORENZO

Deriva dall'antico gentilizio e etnico latino Laurentius, cioè "cittadino,


oriundo di Laurento", antica città del Lazio che i romani collegavano a
lauretum, "bosco di lauri".
L'onomastico si festeggia tradizionalmente il 10 agosto in memoria di san
Lorenzo arcidiacono, martire nel 258.

LUISA

Deriva dall'antica forma francese maschile Loois, più tardi Louis, che deriva a
sua volta dal germanico Hlodowig e significa "donna illustre, gloriosa
combattente".
L'onomastico si festeggia tradizionalmente il 15 marzo in memoria di santa
Luisa de Marillac

GABRIELLA

Deriva dal femminile dell'ebraico Gabri'el composto con gabar, "essere forte"
o con gheber, "uomo" e El' è abbreviazione di Elohim, "Dio": può significare
"Dio è stato forte", oppure "uomo di Dio" (per le sembianze umane assunte
dall'angelo nelle sue apparizioni).
L'onomastico si può festeggiare insieme a san Gabriele il 29 settembre,

8.
MAURO

Deriva dal latino maurus, nome personale etnico che significa "oriundo,
cittadino della Mauritania, dell'Africa nord-occidentale", cioè l'attuale
Marocco.
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 15 gennaio in ricordo di san
Mauro di Glanfeuil, discepolo di san Benedetto da Norcia, morto nel 584.

PAOLO

Deriva dal soprannome e poi nome personale latino paulus, diminutivo di


paucus, "poco, non grande", e significa "piccolo, modesto".
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 29 giugno in memoria di san
Paolo apostolo, morto nell' 67

ANNA

Deriva dall'ebraico Hannah che significa "grazia", oppure "graziosa". E' il


secondo nome femminile italiano per diffusione grazie alla sua matrice
religiosa.
L'onomastico si festeggia il 26 luglio, giorno in cui si commemora la madre
della Vergine Maria.

FABRIZIO

Deriva dall'antico gentilizio latino Fabricius, di probabile origine etrusca,


forse riallacciandosi al latino faber, "fabbro, artefice".
L'onomastico si festeggia tradizionalmente l'11 luglio in memoria di san
Fabrizio martire, detto anche Fabriziano.

SERGIO

Deriva dall'antico gentilizio latino Sergius, di origine forse etrusca, tratto da


servare, "salvare, custodire, curare", e significa quindi "curatore, guardiano".
L'onomastico si festeggia tradizionalmente il 9 settembre in onore di san
Sergio Papa, morto nel 701.

9.
RICCARDO

Deriva dal germanico Richart, composto da rikja, "ricco, potente" e da


hardhu, "forte, valoroso", e quindi significa "ricco e valoroso".
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 3 aprile in onore di san
Riccardo, morto nel 1253

PAOLA

Deriva dal soprannome e poi nome personale latino paulus, diminutivo di


paucus, "poco, non grande", e significa "piccolo, modesto".
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 26 gennaio in ricordo di santa
Paola vedova, della famiglia degli Scipioni, morta nel 404.

GIULIO

Continua l'antico gentilizio latino Iulius della gens Iulia, divenuto nome
personale in età imperiale. E' probabilmente un derivato di Iovis, "Giove".
Secondo altri invece deriva dal greco Youlos, "lanuggine, barba incipiente".
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 12 aprile in ricordo di s. Giulio

I Papa (336-352).

ROSSELLA

Alterazione recente dei nomi medievali Rosso e Rossa.


Si è affermato soprattutto nel 2° dopoguerra essendo il nome della
protagonista del celebre film "Via col vento.

MARIA

Deriva dall'ebraico Maryam che a sua volta ha origine dall'egiziano mrjt,


"amato, caro", con il suffisso femminile ebraico -am. E' il nome femminile più
diffuso in Italia per via della sua matrice religiosa.
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 12 settembre in onore della
Madre di Gesù..

10.
GIANCARLO

Nome composto da:


GIOVANNI deriva dall'ebraico Yohanan e significa "dono del Signore" e
anticamente veniva dato ai bambini nati dopo molti anni di matrimonio. E' il
secondo nome italiano per diffusione a causa della sua matrice religiosa.
Chi porta questo nome può festeggiare l'onomastico, fra i tanti giorni dedicati
ai vari s. Giovanni, il 24 giugno dedicato a s. Giovanni Battista o il 27
dicembre dedicato a s. Giovanni apostolo.
CARLO: deriva dal germanico karla- che significa "uomo di condizione
libera", documentato anche in Italia a partire dall'VIII secolo nelle forme
latinizzate Carolus e poi Carlus. Presso i franchi veniva usato come titolo
onorifico per i maestri di palazzo dei re Merovingi.
L'onomastico si festeggia il 4 novembre in onore di s. Carlo Borromeo morto
nel 1584.

FIORELLA

Deriva dal latino flòs, "fiore" ed è un nome affettivo ed augurale.


L'onomastico si festeggia il 31 dicembre in onore di san Fiore, martire a
Catania insieme ai compagni di fede Cornelio, Stefano, Ponziano ed altri
santi.

FEDERICO

E' un nome germanico composto con frithu, "pace, sicurezza" e rikja, "potente,
ricco", con un significato originario che potrebbe essere "potente nella pace,
nell'assicurare la pace".
L'onomastico si festeggia il 3 settembre in memoria di s. Federico, morto nel
1121

ELISA

Deriva dall'ebraico Elisheba, composto da El, "Dio" e sheba, "sette", ma in


senso figurato questo numero indica la perfezione; il significato del nome è
perciò "il mio Dio è perfezione".
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 26 giugno in memoria di santa
Elisa.

11.
GIORGIA

Deriva dal femminile del greco tardo e bizantino gheorgòs, "agricoltore,


lavoratore della terra", ripreso in età imperiale nel nome latino Georgius.
L'onomastico tradizionalmente si festeggia il 15 febbraio in memoria di santa
Giorgia, o Giorgina, vergine di Clermont, vissuta nel V secolo.

ALESSANDRO

Continua il nome greco Aléxandros, che deriva dal verbo alexéin,


"proteggere, difendere", e significa, per etimologia popolare, "difensore dei
propri uomini, dei propri sudditi".
L'onomastico si festeggia il 26 agosto in onore di s. Alessandro martire,
patrono di Bergamo.

ROMANO

Deriva da Romanus, soprannome etnico latino, e significa "uomo di Roma,


cittadino di Roma": nel V secolo assunse il valore più vasto di cittadino
dell'Impero romano.
L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 9 agosto in onore di san
Romano, martire nel 258.

GIOVANNI

Deriva dall'ebraico Yohanan e significa "dono del Signore" e anticamente


veniva dato ai bambini nati dopo molti anni di matrimonio. E' il secondo
nome italiano per diffusione a causa della sua matrice religiosa.
Chi porta questo nome può festeggiare l'onomastico, fra i tanti giorni dedicati
ai vari s. Giovanni, il 24 giugno dedicato a s. Giovanni Battista o il 27
dicembre dedicato a s. Giovanni apostolo.

SOFIA

Deriva dal greco Sophìa e significa "sapienza".


L'onomastico è tradizionalmente festeggiato il 30 settembre in ricordo di
santa Sofia vedova, martire a Roma sotto Diocleziano.

12.
LUOGHI E TESTIMONIANZE

GLI STEMMI DELLA CASATA

1
Testimonianze trovate nella chiesa di Santa
Maria Assunta di Giubiasco
Ticino-Svizzera.

All'interno della chiesa di Santa Maria Assunta abbiamo trovato delle


testimonianze concernenti la famiglia Rusconi. L'affresco rappresenta il
"Crocefisso tra Maria e San Pietro" da un lato e "Giovanni Evangelista,
Caterina (?) e Antonio Abate" dall'altro. Il dipinto è cinto su tre lati da una
cornice a palmette stilizzate, su fondo rosso mattone. Nell`angolo a destra in
basso della cornice è raffigurato lo stemma dei Rusconi. L'opera è forse da
attribuire a Lombardus di Antonio di Giubiasco.
Probabilmente l`affresco è stato finanziato dalla nobile famiglia dei Rusconi
per questo motivo vi si trova lo stemma.

2
Palazzo Rusconi si trova nella frazione di Giubiasco denominata "Palasio",
questa denominazione "Palasio" deriva proprio da: Palatium de
Ruschonibus
(palazzo Rusconi).
Dal XVIII al XIX secolo il Colonello Giuseppe Antonio Rusconi fece costruire
questo palazzo di campagna, curato in alcuni particolari come un palazzo
signorile.
Il palazzo è semplice e massiccio, circondato da un giardino.
Quando la casa apparteneva ancora ai Rusconi, si ricorda che nel corridoio
del primo piano, chiamato galleria dei quadri, c'erano appesi molti ritratti di
antenati, importanti personaggi che avevano occupato cariche pubbliche o
clericali.
C'era un grande salone con una volta adorna di stucchi, marmi e dipinti di
stile impero. L'ultimo nobile della famiglia che vi abitò fu Giuseppe Carlo,
figlio di Giuseppe Antonio morto nel 1877.
Oggi giorno il palazzo non è più una suntuosa residenza e non ha neppure
internamente conservato il suo antico splendore, ma è adibito ad
appartamenti.
La casa ora appartiene alla famiglia ……

3
Lo stemma
Sulla facciata della torretta è stato
disegnato, durante l'ultima
ristrutturazione lo stemma della
famiglia.
Da qui è nato il nostro interesse per
comprenderne il significato.

Nella parte superiore dello stemma c'è


un'aquila nera con una corona d'oro e la
lingua rossa.
L'aquila, re degli uccelli, è la figura più
diffusa negli stemmi. È infatti disegnata
in diversi modi: coronata, linguata,
armata, mostruosa, decapitata,...

In mezzo c'è un leone rosso accostato da


sei scorticatoi verdi, cioè coltelli per
togliere la pelle agli animali morti.

Anche il leone è uno degli animali più diffusi negli stemmi ed è disegnato con infiniti
attributi: testa tozza, fauci spalancate, lingua lunga, magro nel ventre...

Il leone raffigurato sullo stemma è illeopardito, è passante con la testa di profilo.

Nella parte inferiore ci sono poi 4 righe bianche e 4 righe rosse disegnate a banda

4
Stemmi della casata di periodi diversi

5
6
Altre interpretazioni dello stemma dei Rusca
Rusconi

Lo stemma è di particolare interesse:


"troncato nel 1° d'argento al leone passante di rosso, accostato da sei
scorzature d'albero al naturale diverse poste 2 e 1, nel 2° bandato di rosso e
d'argento; al capo dello scudo d'oro con aquila di nero linguata di rosso".
Un esempio di stemma parlante: le figurine accostanti il leone hanno ricevuto
nel tempo diverse interpretazioni, trifogli, tau, lettere r minuscole gotiche, e
così via.
La denominazione "fogli di rusco" è dovuta al cistercense don Roberto Rusca
nel suo celebre testo "Il Rusco, ovvero historia dei Rusca" del 1680.
In realtà, leggendo quanto è dipinto nel quattrocentesco Stemmario
Carpani (C. Maspoli, Edizioni Ars Heraldica, Lugano, 1973), è più logico
affermare che la corretta interpretazione sia quella che vede in queste
figure dipinte di colore verde la corteccia della quercia o rovere, che nel
dialetto lombardo è detta "rusca".

L'ipotesi che, invece, sia rappresentato lo strumento scortecciatore è da


tralasciare, a causa del colore verde, anziché del nero abitualmente usato per
dipingere gli oggetti di ferro. Infine, non si può escludere che, con il
trascorrere del tempo, si sia preferito rappresentare al posto dei vecchi
strumenti le foglie di rusco che meglio alludevano al nome della famiglia.
(Da blasonario subalpino).

Rusca
consignori di Lisio
(Ruschis)
(da Como, in Torino)

Interzato in fascia, al 1° d’oro, all’aquila di nero, al 2° d'argento, al leone di


rosso, illeopardito, accompagnato da tre trifogli di verde; al 3° bandato di
rosso e d'argento

motto:

7
l leone può diventare leone "leopardito" quando l’animale è raffigurato

nella posizione propria del leopardo, cioè "passante" ma con la testa di

profilo.

Questa variante del leone non è molto comune da

noi mentre è diffusa negli stati di lingua germanica.

Tra le famiglie padane che portano il leone

"leopardito" cito i RUSCONI di Bologna, gli

Inzaghi della Lombardia, gli Agrinali di Venezia, i

Carrega di Genova, gli Omodei della Valtellina.

Il leopardo, a sua volta, può diventare leopardo "illeonito" quando viene

raffigurato nella posizione propria del leone, cioè rampante.

8
L' Araldica Gentilizia
di Giorgio Aldrighetti

CORONE DI
MARCHESE
corona normale di
Marchese.

E' sormontata da quattro fioroni ( tre visibili) sostenuti da punte ed alternati da dodici
perle disposte tre a tre in quattro gruppi piramidali (due visibili).

Sono tollerate le corone di


Marchese coi gruppi di perle sostenute da punte o colle perle disposte tre a tre una
accanto all'altra e collocate o sul margine della corona o sopra altrettante punte.

9
Es.: corone dei Marchesi

Sampieri
Saluzzo

Rusconi Mingazzi

10
L' A raldica G
entilizia

CORONA DEL

MARCHESE RUSCONI

11
temmi araldici. Gabriele Reina.

l' imperatore concesse ai Rusconi di inserire nel loro blasone lo stendardo


tolto ai ...
archiviostorico.corriere.it/1994/novembre/09/riscopriamo_gli_antichi_stem
mi_co_0_9411095117.shtml - 81k - Copia cache - Pagine simili - Salva risultato

Riscopriamo gli antichi stemmi.

Un tuffo nel passato con gli emblemi araldici delle casate illustri ricostruiti e
dipinti da Gabriele Reina.
Dagli Hohenzollern agli zar di Russia, con una sezione per i grandi di
Lombardia. " guerra e pace con re e imperatori " : panoramica sulle nobili
famiglie milanesi. " dieci storie sugli scudi " : gli stemmi araldici delle
famiglie Borromeo, Litta Modigliani, Trivulzio, Durini, Stanga, Bossi,
Rusconi, Rho.
La parola araldica ha il potere di evocare, come per magia, tutto un universo
cavalleresco, a meta' tra storia e leggenda, fatto di antiche e nobili casate,
castelli turriti, tornei e disfide a colpi di lancia e spada, squilli di tromba,
cimieri ondeggianti.
E soprattutto scudi, perche' lo scudo e' molto di piu' che un' arma di difesa: e'
l' emblema della famiglia, il simbolo della nobilta' , del valore e dell' onore
di chi lo porta.
Una tradizione che risale alla notte dei tempi: gia' Omero impiega oltre cento
versi per descrivere nei dettagli le meravigliose immagini che ornano lo
scudo di Achille.
Nella mitologia e nella letteratura cavalleresca gli scudi famosi abbondano:
ricordate quello di Perseo, che gli permise di sconfiggere Medusa? E quello
fatato, costruito dal mago Atlante, che faceva cadere a terra tramortiti coloro
che lo fissavano? E lo scudo di Ivanhoe al torneo di Ashby, privo di emblema,
l' unico che potesse portare il Cavaliere Diseredato?

12
Ma la realta' , in questo campo, non e' inferiore alla fantasia.
Gli stemmi sono un campo di studio affascinante, dove l' interesse artistico si
unisce a quello storico. E proprio in questo senso che si muove la ricerca di
Gabriele Reina, il giovane artista che espone alla Libreria Franco Maria Ricci.
Appassionato di araldica da sempre (e' il caso di dire che ce l' ha nel sangue:
la sua e' una famiglia di conti e marchesi), membro della Societa' Italiana di
Studi Araldici, ha cominciato fin da bambino a disegnare stemmi.
Ora la sua produzione conta circa 700 esemplari, dipinti a tempera o a olio su
carta pecora (pelle d' agnello), carta pergamena e legno. In mostra sono
esposti per la prima volta una quarantina di questi stemmi, tra i quali
spiccano quello imperiale russo, quello degli Hohenzollern, imperatori di
Germania, quelli dei "clan" scozzesi e di molte illustri casate d' Italia e d'
Europa.
Una sezione e' riservata ai blasoni di alcune delle piu' note famiglie milanesi,
quelli che spesso vediamo, magari senza saperli interpretare, sui portoni dei
palazzi o negli affreschi. La mostra, grazie anche alle schede che
accompagnano gli stemmi, e' un' occasione per imparare a decifrarli secondo
le leggi dell' araldica.
Si scopre cosi' che il blasone di una famiglia, con le modificazioni subite nel
corso degli anni, ne racconta la storia: alleanze, vittorie (in questo caso ci si
appropriava delle "armi" dello sconfitto), legami matrimoniali con altre
casate.
E lo sapevate che la parola partito, in senso politico, deriva dalla "partitura"
dello stemma, cioe' la linea verticale che lo divide in due parti?
Una curiosita' : in genere, piu' lo stemma e' semplice piu' il casato e' antico.
Come dice un vecchio detto araldico, "chi meno ha, piu' ha".
Stemmi araldici. Gabriele Reina.. ------------------------- PUBBLICATO ------------
------------------ LE FAMIGLIE BLASONATE DI MILANO TITOLO:
Guerra e pace con re e imperatori - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
La storia di Milano e' ricchissima di famiglie illustri, di nobili casate molto
attive nell' arte, nella cultura e nel commercio. Titoli nobiliari conquistati per
fedelta' , per meriti d' arme o d' intelletto verso le Signorie dei Visconti e degli
Sforza, ma anche verso francesi, spagnoli, austriaci, fino a Napoleone e ai
Savoia. Famiglie spesso in lotta fra loro, divise tra Guelfi e Ghibellini (fedeli
cioe' al Papa o all' Imperatore), ma accomunate dalla laboriosita' quasi
"imprenditoriale" che, assieme ai propri fasti, faceva crescere quelli della
citta'.
A parte le casate piu' note in assoluto, quelle che dominarono la citta'
(Torriani, Visconti, Sforza), ecco alcune delle famiglie milanesi piu'
rappresentative.

13
Rusconi.
Famiglia originaria di Como, divisa nei rami degli Olgiate e dei Clerici,
acquisto' grande potere sulle terre ticinesi e comasche.
Lotario I, tra i partigiani del Barbarossa nella battaglia di Legnano (1176),
gli salvo' la vita, e in premio fu insignito del titolo di conte.

TITOLO: Salvo' il Barbarossa - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -


------------
RUSCONI.
Lo stemma originario dei Rusca (poi Rusconi) e' il leone
rosso in campo argento affiancato da sei foglie verdi di
"rusco", cioe' pungitopo.
Dopo che Lotario salvo' la vita del Barbarossa nella
battaglia di Legnano (1176), l' imperatore concesse ai
Rusconi di inserire nel loro blasone lo stendardo tolto ai
milanesi (le bande bianco rosse) in basso, e l' aquila
imperiale (nera in campo oro) in alto. Araldicamente,
questo stemma si definisce "interzato in fascia", perche' e'
diviso orizzontalmente in tre fasce.
L' aquila coronata nera e rossa sul cimiero stringe un ramo
di rusco: oltre che suggerire il nome della famiglia, la pianta
simboleggia costanza (e' sempreverde) e invincibilita' (ha le
spine)

14
Parte decima

RUSCONI COFONDATORE DELLA


CASSA DI RISPARMIO DI BOLOGNA

FONDAZIONE PERPETUA GIACOMO RUSCONI

1
Fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna.

Nasce nel 1837 su iniziativa di cento eminenti personaggi bolognesi


che decisero di fondare la Cassa di Risparmio apportando loro capitali; lo
scopo consisteva nel lenire le sofferenze delle classi deboli e cercare di
combattere l'usura, che in quei tempi era molto diffusa specialmente a danno
delle classi medio-basse, sempre sulla soglia della povertà. L'attività incontra
un certo successo presso le categorie meno abbienti.

La creazione della Cassa di Risparmio ha il suo prologo nella decisione presa


nel 1835 dal Governo pontificio, di istituire una Commissione Centrale di
Pubblica Beneficenza incaricata dell'Amministrazione del Ricovero di
Mendicità di Bologna e di altri due ospizi della provincia.

I suoi membri, tutti esponenti autorevoli della vita pubblica cittadina, traendo
spunto dal felice decollo della Cassa di Risparmio di Roma, progettarono di
fondare a Bologna un Istituto con identiche finalità e con analogo
regolamento. Scopo precipuo dell'impresa era quello di “eccitare il popolo ai
risparmi ed offrirgli nel tempo istesso un mezzo di conservarli, formando per
tal modo un capitale onde giovarsi in caso di malattia, di vecchiaia ed in
qualunque altro straordinario bisogno”.

Il momento scelto per l'iniziativa non poteva essere più propizio, grazie
all'assidua azione di sostegno svolta dal Legato Pontificio Card. Vincenzo
Macchi, non fu difficile raccogliere la somma di 5.000 scudi che costituiva il
capitale sociale diviso in 100 azioni infruttifere di 50 scudi ognuna.

2
Sottoscrissero quote:

Antonio Rusconi

Giacomo Filippo Rusconi

il celebre compositore Gioacchino Rossini

il Principe Felice Baiocchi, cognato di Napoleone I

il futuro statista Marco Minghetti

il patriota e uomo politico Carlo Berti Pichat

il Cardinal Legato Vincenzo Macchi

l'Arcivescovo Cardinal Carlo Oppizzoni


Grazie ad una apposita dispensa dell'Arcivescovo Oppizoni, gli sportelli
venivano aperti al pubblico la domenica per ricevere i depositi. Questi ultimi
non dovevano essere inferiori a cinque Baiocchi né superare la somma di sei
Scudi, che rappresentava il risparmio medio settimanale del 'saggio capo di
famiglia'. Circa i finanziamenti, dovevano essere privilegiati quelli a favore di
attività artigianali e commerciali al fine di esercitare un'azione stimolante per
l'economia cittadina. Gli utili (dedotta la quota assegnata alle riserve),
andavano destinati specialmente ad opere di beneficenza nei riguardi dei
depositanti

Dal 1837 ai giorni nostri: una storia di successo. A partire da questa data, la
Cassa si afferma nel tempo, dapprima nella provincia di Bologna e poi in tutti
i maggiori centri dell'Emilia Romagna, tra le banche leader del mercato in
regione ed una delle maggiori in ambito nazionale.

Le azioni, costituita la riserva, dovevano rimborsarsi agli eredi dei fondatori


defunti, e per una metà ai soci viventi, riservate ulteriori restituzioni, se
possibili, stabilendo che sempre rimanesse una qualche parte dell'azione per
vincolo sociale, poi che, come dichiarava la commissione, interessava e
volevasi mantenere in perpetuo alla Cassa la qualità di società autonoma
privata.

3
Carlo Oppizzoni (Milano 1769 - Bologna 1855)

Arcivescovo di Bologna dal 1802, divenne cardinale per volontà di Pio VII nel
1804

Marco Minghetti (Bologna, 18 novembre 1818 – Roma, 10 dicembre 1886)

è stato un politico italiano.

Carlo Berti Pichat (Bologna, 30 dicembre 1799 – Bologna, 15 ottobre 1878)

è stato un politico italiano.

Cardinale Vincenzo Macchi (11 dicembre 1834 - 14 dicembre 1840)

Nominato Cardinale -Vescovo di Palestrina)

4
5
Nel libro: “Rossini nelle raccolte” , sono presenti, nella sezione carteggi e
documenti, molte lettere in cui viene citato Rusconi in merito a diversi
“affari”che i due personaggi
intrattenevano.

Gioacchino Rossini nasce a Pesaro, nello Stato Pontificio,


il 29 Febbraio del 1792.

Giacomo Filippo Rusconi (1770-1850)


con decorazione
di cavaliere dell’ordine della Croce di
Cristo conferitagli il 10 Febbraio 1827, in
San Pietro, su ordine di Papa leone XII,
dalle mani del Cardinale Opizzoni.
Fu gonfaloniere del comune di Bologna e
direttore delle poste pontificie a Bologna,
Modena, Reggio Emilia e Roma.

6
7
8
Fondazione N.U. Dott. Pietro Giacomo Rusconi

Il fratello di Giacomo Filippo Rusconi,, Pietro Giacomo , sposò,

come già detto, la contessa Maria Luigia Verzaglia, sorella della

Giulia Verzaglia, moglie di Giacomo Filippo.

Anche loro non ebbero figli .

Pietro Giacomo morì il 17 Marzo del 1915.

Lasciò erede universale la moglie che morì il 24 Novembre 1919.

Maria Luigia, nel suo testamento , dispose la costituzione della

FONDAZIONE PERPETUA GIACOMO RUSCONI

“Istituisco e nomino mio erede universale il Comune di Bologna nella persona del

suo sindaco ciò anche per aderire al desiderio espressomi dal mio diletto

consorte e come risulta da una scheda testamentaria precedente ………..

Il comune di Bologna , erede di tutte le mie sostanze, costituirà una fondazione

perpetua coll’obbligo che a questa sia dato il nome del mio diletto consorte N.U. Dott.

Pietro Giacomo Rusconi e non il mio, e sarà regolata come appresso.

9
Delle rendite annuali verrà, prima di tutto, prelevato un venticinquesimo che andrà

sempre ad aumento del patrimonio…………….il Comune istituirà dei premi o

concorsi……….per l’esecuzione di grandi concerti a piena orchestra, di musica

classica, nei quali non dovrà mai essere dimenticato il grandissimo fra i grandi, il

Beethoven, ed……………….devolute in premi a chi avrà impiantato nuove industrie

e nuovi commerci nel Comune di Bologna………………..

………..….è mia ferma intenzione di donare, mentre sono in vita, al Comune di

Bologna tutti i libri, oggetti antichi, artistici, monete, argenterie, orologi, ori, ecc. che

il mio defunto marito con tanta passione aveva raccolto……………..

Pietro Giacomo Rusconi


Parte
undicesima
Breve recordationis terre in loco Bedano quam habet monasterium Beati
Ambrosii. Primus campus dicitur in Cozola, a mane illorum | de Mendris, a sero
Sancti Abundii, pertice .II. et (ss) dimidia; campus dicitur in Cazie, a mane
Loterius Rusca Draco, a sero item (tt) Loterius, a monte via, | pertice .III. et tabule
.VIII.; campus dicitur in Cazie, a mane (uu) et sero Sancte Marie, a meridie via, a
monte Draconus, pertice .III. minus tabule .II.; campus dicitur in Castane (vv), a
mane Loterius (ww) Rusca, a meridie Draconus, a sero Otto Albarel, a monte
Sancti Andree, pertice .III. et tabule .XI.; campus et vinea | dicitur in Nodrate, a
mane et sero cannonicis de Agno, a meridie heredum Martini (xx) de Grumo, a
monte comuni (yy), | pertice .II. et tabule .V.; campus dicitur in Camporis, a mane
et sero cumuni, a meridie Otto Albarel, a monte Waldricus, tabule .XXXVIII.; |
campus dicitur in Camporis, a mane et sero cumuni, a (zz) mane Sancte Marie (ab),
a monte Loterius, pertice .IIII. minus tabule .II.; campus et vinea dicitur in |
Paliono, a mane cumuni, a meridie et sero via, a monte Loterius, pertice .V. et

CODICE DIPLOMATICO DELLA LOMBARDIA MEDIOEVALE


NOTE BIOGRAFICHE DI CAPITANI DI GUERRA
DIZIONARIO STORICO DELLA SVIZZERA

1
“ …mane illorum | de “ …ie | illorum de Mendrixe
Codice Mendris, a ser(o )Sancti (ac), a ser(o )Anrici
Abundii, pertice .II. et (ss) Baltegafreni, tabule .XX.;
diplomatico della dimidia; campus dicitur in pratum dicitur in Prodi, a
Cazie, a mane Loterius mane et monte Lotarii
Lombardia Rusca Draco, a ser(o) item Rusca, tabule .XX.; pratum
medievale (tt) Loterius, a monte via, | dicitur in | Prevacio, a mane
(secoli VIII - XII) pertice .III. et tabule .VIII.; et meridie et ser(o )Loterii,
campus dicitur in Cazie, a tabule .XII. Hec supradicta
mane (uu … ” terra fui … ”
Risultati della
ricerca nelle 3.
1189 aprile 29. Originale, ASMi, AD,
carte Pergamene milanesi pergg., cart. 313, n. 63 [A].
Breve recordationis terre Regesto del 1738 in Giorgi,
Sono state trovate in totale 4 S. Ambrogio Registro, c. 550 (con data
occorrenze nelle carte per la Originale, ASMi, AD, 1098); del 1739 in Giorgi,
stringa 'rusca '. pergg., cart. 313, n. 63 [A]. Rubrica, c. 36r (con data
Regesto del 1738 in Giorgi, 1098).
1. Registro, c. 550 (con data Nel verso, di mano
1123 maggi 8, Milano. 1098); del 1739 in Giorgi, trecentesca, poi ripassata da
Pergamene milanesi Rubrica, c. 36r (con data altra mano successiva,
Libellus 1098). Memoria terrarum Gudini |
S. Giorgio al Palazzo et Canobii et Cadri.;
Originale, ASMi, AD, annotazione settecentesca di
pergg., cart. 416 [A]. “ … meridie via, a monte oggetto, data e segnatura n.
Regesto: Catalogo, III, fasc. Draconus, pertice .III. 162; riferimenti
60. minus tabule .II.; campus all'Exemplaria Diplomatum
dicitur in Castanea (vv), a del Giorgi; data di mano del
“ … supra fieri rogavit. mane Loterius (ww) Bonomi MCLXXXIX;
Signum + + + (b) manuum Rusca, a meridie Draconus, segnatura a matita 183.
Iohannis de Castello Novo, a ser(o )Otto Albarel, a
Curtissi Muricii, Petri de monte Sancti Andree, Cattivo stato di
Baniario, Ambroxii pertice .III. et tabule .XI.; conservazione, forti
Lanbrusca (c), testium. (ST) campus et vinea | dic … ” macchie ai lati nella parte
Ego Anselmus notarius superiore (probabilmente
domni tercii Henrici tannino spalmato in epoca
imperatoris scripsi, post moderna nel tentativo di
traditum complevi et d … ” 4. agevolare la lettura).
1189 aprile 29. Tra un elenco e l'altro sono
2. Pergamene milanesi stati lasciati ampi spazi
1189 aprile 29. Breve recordationis terre bianchi.
Pergamene milanesi S. Ambrogio Una mano di non molto
Breve recordationis terre Originale, ASMi, AD, successiva ha aggiornato
S. Ambrogio pergg., cart. 313, n. 63 [A]. l'elenco aggiugendovi altri
Originale, ASMi, AD, Regesto del 1738 in Giorgi, tre appezzamenti (che sulla
pergg., cart. 313, n. 63 [A]. Registro, c. 550 (con data base delle coerenze possono
Regesto del 1738 in Giorgi, 1098); del 1739 in Giorgi, essere localizzati con
Registro, c. 550 (con data Rubrica, c. 36r (con data sicurezza nel territorio di
1098); del 1739 in Giorgi, 1098). Cadro).
Rubrica, c. 36r (con data Il dettato non è sempre
1098). corretto.

2
Pergamene milanesi

Breve recordationis terre

1189 aprile 29.

Nove uomini di Cadro, sei di Canobbio, uno di Bedano e quattro di


Guidino, nominativamente indicati, descrivono sotto giuramento i
terreni di proprietà del monastero di S. Ambrogio siti in quei
luoghi, rispettivamente trentotto appezzamenti di terreno a Cadro
dettagliatamente elencati e descritti per complessivi ventotto iugeri
e mezzo e tredici tavole e mezza, venti appezzamenti a Canobbio
per complessivi undici iugeri e dieci pertiche, sedici appezzamenti
a Bedano per complessivi due iugeri, dieci pertiche e mezza e
cinque tavole e mezza e quattro a Guidino per complessivi
diciassette iugeri, dieci pertiche e mezza e dieci tavole.

Breve recordationis terre in loco Bedano quam habet monasterium Beati


Ambrosii. Primus campus dicitur in Cozola, a mane illorum | de Mendris,
a sero Sancti Abundii, pertice .II. et (ss) dimidia; campus dicitur in Cazie,
a mane Loterius Rusca Draco, a sero item (tt) Loterius, a monte via, |
pertice .III. et tabule .VIII.; campus dicitur in Cazie, a mane (uu) et sero
Sancte Marie, a meridie via, a monte Draconus, pertice .III. minus tabule
.II.; campus dicitur in Castanea (vv), a mane Loterius (ww) Rusca, a
meridie Draconus, a sero Otto Albarel, a monte Sancti Andree, pertice .III.
et tabule .XI.; campus et vinea | dicitur in Nodrate, a mane et sero
cannonicis de Agno, a meridie heredum Martini (xx) de Grumo, a monte
comuni (yy), | pertice .II. et tabule .V.; campus dicitur in Camporis, a
mane et sero cumuni, a meridie Otto Albarel, a monte Waldricus, tabule
.XXXVIII.; | campus dicitur in Camporis, a mane et sero cumuni, a (zz)
mane Sancte Marie (ab), a monte Loterius, pertice .IIII. minus tabule .II.;
campus et vinea dicitur in | Paliono, a mane cumuni, a meridie et sero via,
a monte Loterius, pertice .V. et tabule .III.; campus dicitur in Longo, a
mane et sero Sancte Marie, a meridie et monte | via, tabule .XLIIII. et
dimidia; campus et vinea dicitur in Prodi, a mane et sero Loterius et
meridie, a monte Sancte Marie, tabule .XLVI.; vinea dicitur in Curtili, | a
mane et sero via, a meridie Sancte Marie, a monte heredum Martini de
3
Grumo, tabule .XXXVI.; campus dicitur in Sovani, a mane de Campiliono,
a meridie | illorum de Orelli, a sero Sancte Marie, tabule .XIIII.; sedimen
.I. (b) in eodem loco tabule .XL.; pratum dicitur in Placiola, a mane
Ottonis Albarelli, a meridie | illorum de Mendrixe (ac), a sero Anrici
Baltegafreni, tabule .XX.; pratum dicitur in Prodi, a mane et monte Lotarii
Rusca, tabule .XX.; pratum dicitur in | Prevacio, a mane et meridie et sero
Loterii, tabule .XII. Hec supradicta terra fuit consignata per Loterium de
ipso loco pro suo sacramento, | qui est massarium Sancti Ambrosii.

Note biografiche di Capitani di Guerra e di Condottieri di


Ventura
operanti in Italia nel 1330 - 1550
OTTONE RUSCA Di Como.

+ 1406 ca.

Anno, Stato. Avversario Condotta Area Azioni intraprese ed altri fatti salienti
mese Comp. attività
ventura
1392
Autunno Monferrato Conte Piemonte E’ ad Occimiano con molti uomini
Savoia- d’arme; da qui si porta a Livorno Ferraris
Acaia per danneggiare i territori dei conti di
Masino.
1394
Sett. Francia Genova 200 Piemonte Raggiunge ad Asti Enguerrand di Coucy
cavalli e Liguria e lo segue alla conquista di Savona.
1395
Mar. Francia Adorno Liguria Gli è rinnovata la condotta dai francesi
nei mesi di gennaio e di marzo: nella
seconda occasione è l’unico condottiero
italiano ad essere raffermato. Viene
inviato alla difesa di Savona con 85
cavalli e 200 fanti. Fronteggia le truppe
di Ramazzotto della Mella nel territorio
di Albenga.
Giu. Liguria E’ attaccato con tale vigore dagli
avversari da richiedere con il
Chassenage, Giorgio ed Ottone del
Carretto l’intervento del Coucy.
1402 Emilia Ricopre l'incarico di podestà di Bologna.
1403
Giu. Milano Chiesa 200 Emilia Al servizio del duca di Milano Giovanni
lance Maria Visconti. E’ preposto alla guardia
di Parma; ne esce con Giacomo dalla
Croce per affrontare pontifici e guelfi.

4
Nov. Guelfi Milano Lombardia

Dopo il saccheggio di Como da parte


delle truppe di Pandolfo Malatesta e di
quelle di Jacopo dal Verme, si unisce con
il cugino Franchino Rusca per
conquistare la città. Fa spargere la voce
di entrare nella città a nome del Visconti,
al fine di portare la pace fra le fazioni;
entra in Como e ne esce con un corpo di
armati con i quali si spinge fino a
Concorezzo; saccheggia le terre dei
fautori dei Vitani a Bregnano ed a
Lomazzo ed aiuta nel milanese gli
appartenenti al partito guelfo, quali i da
Birago ed i Clerici. E' presto assediato
nel castello di Pieve d'Inzino da Giovanni
Carcano e dal canturino Giacomo Grassi:
scorre con continue sortite nel territorio
di Vertemate. Si rappacifica con il duca e
gli si consegna in ostaggio; approfitta
della cattiva sorveglianza e fugge, infine,
da Milano; si rifugia a Lodi e con
Giovanni da Vignate cerca di sorprendere
Caulio. Si incammina, successivamente,
verso Como con Franchino Rusca; è
respinto da una sortita dei Vitani: nella
scaramuccia muoiono 80 uomini d’ambo
le parti. Assedia la città per alcuni mesi.
1404
Mag. Lombardia Attacca Milano con il cognato Giovanni
da Vignate che gli invia 800 cavalli; con
l’aiuto dei Casati e dell’abate (e di 2 frati)
del monastero di San Simpliciano posto
fuori la porta verso Cremona, si
impadronisce di porta Nuova; si spinge
fino alla via Ca Rotta e tenta di sollevare
la città a favore dei guelfi. Pronta è la
reazione del dal Verme, di Bartolino di
Zambuono e di Antonio Visconti, che
fanno suonare le campane dell’arengo ed
incalzano i suoi uomini fino a
Sant’Anastasia. Il Rusca ripara a Lodi
con numerose perdite.
Nov. Lombardia E’ nuovamente battuto da Facino Cane a
Pieve d’Inzino.
1406 Muore.

UNA CITAZIONE

Celebre guerriero

5
LUCHINO RUSCA + 1429 ca.

Anno, Stato. Avversario Condotta Area Azioni intraprese ed altri fatti salienti
mese Comp. attività
ventura
1388
Nov. Milano Padova Maresciallo Veneto Milita agli stipendi di Gian Galeazzo
campo Visconti. Maresciallo di campo, è segnalato a
Codevigo, a seguito della capitolazione del
signore di Padova Francesci Novello da
Carrara.
Dic. Veneto Ha il comando degli uomini d’arme di
Padova.
1389
Feb. 300 lance
1390
…….. Veneto E’ rettore di Padova con Benedetto Visconti
ed il podestà Spinetta Malaspina.
Mag. Milano Carrara Veneto Si pone alla guardia delle piazze con molti
uomini d’arme, allorché il Carrara si avvicina
a Padova alla testa di numerose truppe. Con
Bonifacio Lupo partecipa ad

una riunione cittadina per mantenere i


padovani fedeli al conte di Virtù.
Giu. Veneto Gli avversari superano le difese viscontee ed
entrano in Padova per la porta di San
Giacomo a Codalunga. Il Rusca si ritira nella
cittadella con 200 lance ed interviene con
Niccolò Terzi quando, dopo tre giorni, i
carraresi assalgono il portello di San Matteo.
La popolazione si solleva a favore del
Carrara; al suono delle campane del duomo,
prende il traghetto che si stacca dalla reggia
carrarese e ripara nel castello, in cui è
assediato con Benedetto Visconti ed il
Malaspina.
Ago. Veneto Si arrende a patti, alla condizione di non
avere soccorsi entro il termine di 15 giorni;
alla scadenza prefissata, consegna il castello
al Carrara e, rientra in Lombardia per la via
di Montagnana.
1401
Giu. Lombardia E’ capitano di Cremona.
1404 Rusca Milano Lombardia Assale Como.
1423 Francia Inghilt. Francia Al sevizio del duca di Milano Filippo Maria
Visconti. E’ inviato con altri due capitani in
Francia per coadiuvare il re di Francia Carlo
VII contro gli inglesi.
1429 Muore.

6
Con il dal Verme ed i Vitani, muove da Cantù verso Como, dominata dai
Rusca.

Franchino Rusca viene loro incontro al Pratomarcio, presso Montorfano,

Battaglia di MONTORFANO – novembre 1403

MILANO COMO

Pandolfo Malatesta Franchino Rusca


Jacopo dal Verme

Estratti dal “ Dizionario storico della Svizzera”

1 Castel San Pietro


...vi di Como, in alternanza con le fam. Russ e Rusconi che alla fine del
Trecento ne divennero i reali proprietari, rivendicandone il possesso anche
nel corso del sec. successivo, quando C. seguì le sorti politiche della pieve di
Balerna. Nel castello il vescovo Bonifacio fece edificare la chiesa (1343),
chiamata in seguito "chiesa rossa" in memoria ...

2 Bosia [Busioni]
...ta all'uccisione di suoi membri per mano dei Rusconi, ghibellini. Secondo la
tradizione, a scatenare il fatto di sangue, che giungeva a conclusione di un
lungo periodo di odi e avversità politiche, fu la richiesta da parte di un
Rusconi, Vizzardo, di sposare Lavinia, figlia di Pietro B. Vistasi respinta la
richiesta, Vizzardo uccise per vendetta no...

7
3 Guelfi e Ghibellini
... lo più al sostegno di due casati di Como, i Rusconi e i Vittani, il primo dei
quali ebbe un ruolo importante nelle vicende delle terre subalpine. Le origini,
la dinamica di reclutamento, la struttura sociale, le ambizioni politiche dei
due raggruppamenti non sono ancora chiarite: sembra peraltro che le
preferenze dei ghibellini andassero ai duchi ...

8 Carasso
...I sec. Nel XIII e XIV sec. a C. dominavano i Rusconi. La chiesa di S. Andrea,
del XVIII sec., è attestata già nel 1285; distrutta nel 1515, fu ricostruita in
luogo più sicuro. Nel 1452 era avvenuto il distacco dalla matrice di
Bellinzona. Fin dalla fine del XIX sec. parte della pop., soprattutto a Prato C.,
chiedeva la fusione con Bellinzona; dopo ...

11 Capitanei di Locarno
...una vicinia; le loro fam. (Orelli, Rastelli, Rusconi, Magoria, Gnosca, Della
Rocca, Muralto e Duni) costituivano un'entità politica, fiscale e commerciale,
denominata Università o corporazione dei Nobili, separata dal resto della
pop. Il loro potere economico derivava dalle regalie che possedevano nel
territorio di tutta la pieve (pedaggi, decime, ...

8
Mezzolara.
Prov.Bologna.
V.Rusconi. e gli
Affreschi. interni.
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Mezzolara ...
Visitatori.

La Casata
Rusconi a
Mezzolara.
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Il CASATO.
VILLA RUSCONI.
ORATORIO DI SANTA NINFA.
DIMORE AVITE.
LA FAMIGLIA RUSCONI A BOLOGNA E MEZZOLARA.
EFFIGI.

. 1.
Il

C asato

Rusconi
A
Mezzolara
Si
desidera rendere noto che, le informazioni storiche, foto, stampe, so
tratte da una pubblicazione della Cassa di Risparmio di Bologna
"Notizie Storiche del Casato Rusconi" ( Edizioni Avenue Media )reda
dal Sig. Giancarlo Bronzi Rusconi. L'autore del " sito " desidera

Entra Esci
precisare che:
Si tratta di un riassunto molto ristretto della suddetta pubblicazione
e a chi volesse approfondire
è consigliata la lettura della citata edizione.
Ci si scusa per gli eventuali errori ed omissioni avvenuti in questa
stesura.

Leggi

Si desidera rendere noto che le informazioni storiche, foto, stampe, sono tratte
da una pubblicazione della Cassa di Risparmio di Bologna "Notizie Storiche
del Casato Rusconi" ( Edizioni Avenue Media ) redatta dal Sig.Giancarlo Bronzi
Rusconi.

. 2.
L'autore del " sito " desidera precisare che:

Si tratta di un riassunto molto ristretto della suddetta pubblicazione e a chi


volesse approfondire è consigliata la lettura della citata edizione.

Ci si scusa per gli eventuali errori ed omissioni avvenuti in questa stesura.

Villa Rusconi

PRESENTAZIONE

Da Mezzolara appunti per una


storia

La Villa Rusconi, oggi proprietà del


comune di Budrio, mantiene il nome
degli ultimi proprietari. L'edificio ha
subito attraverso i secoli modifiche
varie.

Risale al tardo quattrocento.

Verso il 1840 fu coronata di merli e


vi furono aggiunte ornamentazioni
che ne alterarono l'aspetto originario.

Per conoscere il Casato


Rusca Rusconi Entra
Clicca sullo stemma

Villa Rusconi già agli inizi del Settecento, quando era di proprietà della
famiglia Magnani, appariva ampia e fastosa, con la torre che la sovrasta e
l'arioso portico antistante l'ingresso.

. 3.
Nel 1813 vennero acquistate le proprietà del Marchese Malvezzi a Mezzolara
da parte della famiglia Rusconi.

La villa Rusconi appare in tutta la sua imponenza al centro del grande e


bellissimo parco omonimo a lato della via Riccardina, a Mezzolara di Budrio.
La struttura di base appartiene al tardo ‘400.
Dopo molte modifiche operate attraverso i secoli, all’inizio del ’700 i
documenti ce la restituiscono ampia e spaziosa, con una torre che la sovrasta
e un arioso portico antistante l’ingresso.
Verso il 1840 fu aggiunto il coronamento di merli che alterarono l’aspetto
originario.
A quell’epoca risalgono anche le prime notizie su un piccolo Oratorio*
all’interno della proprietà.

Presso la villa sorge il piccolo oratorio di Santa Ninfa (secoli XVI-XVII).

Non sono molte le notizie che si hanno


dell'Oratorio consultando i documenti
dell'archivio parrocchiale, quasi
certamente si trattava del vecchio Oratorio
della Beata Vergine della Rosa.

Nel 1842 Giacomo Rusconi domanda di


fondare un legato che viene reso esecutivo
nello stesso anno dal Cardinale Opizzoni.

Consultando il rogito notarile del 4 maggio del 1842 che disponeva una
annua rendita a favore della chiesa di Mezzolara e per i poveri si hanno
alcune notizie dell'Oratorio.

. 4.
Leggesi:

Il Nobile Uomo Sig.Cav. Giacomo Rusconi di questa città, mosso dal


desiderio di essere dopo morto tumulato in una Cappella dedicata a
S.Ninfa Vergine e Martire, esistente in un corpo di beni da esso posseduto
nel comune di Mezzolara Provincia di Bolognese, Cappella che è stata da
esso Signor Cavaliere restituita a Pubblico Culto, e decentemente ornata,
e provveduta di tutto l'occorrente per le sacre funzioni, rivolge le sue preci
alla Sovrana Clemenza del Regnante Pontefice, invocando la grazia di
esigere un sepolcro in detta cappella offrendosi di fare celebrare nella
medesima una messa in tutti i giovedì dell'anno in perpetuo colla
elemosina di Paoli cinque per messa, ed obbligandosi all'acquistare tanta
rendita di Consolidato,quanta abbisognare potesse per l'annua
celebrazione di dette messe, per il mantenimento degli arredi sacri, per le
altre spese per tale istituzione
occorrente.

L'elemosina ai poveri è stata fatta sino


a pochi anni fa.

Tra il 2004 e 2005 è stata effettuata una


ristrutturazione dell'Oratorio da parte della
Fondazione Rusconi

SANTA.NINFA VERGINE E MARTIRE

Quadro in tela rappresentante S.Ninfa con


angeli che si venera nella Cappella
pubblica della Villa Rusconi a Mezzolara

. 5.
Nell’oratorio si trova la TOMBA DI FAMIGLIA DEI
RUSCONI.
L’oratorio fu benedetto nel 1909 da Giacomo della
Chiesa, arcivescovo di Bologna, divenuto poi papa
Benedetto XV.

Dimore attuali ed avite dei


Rusca Rusconi

. 6.
. 7.
. 8.
. 9.
Monete e sigilli Rusca Rusconi
Archivio Storico Rusconi di
Pio Alberto Rusconi

. 10.
. 11.
Rusconi Notizie araldiche di Vittorio Spreti e collaboratori tratte dalla
Enciclopedia storico-nobiliare italiana delle famiglie nobili e titolate

viventi riconosciute dal Regio Governo d'Italia compresi: città, comunità,

mense Vescovili, abbazie, parrocchie ed enti nobili e titolati riconosciuti.

Molti scrittori storici sostengono che fu un'antica, potente ed illustre famiglia delle

origini romane e dell'appartenenza a questo casato di S.Eutichio, vescovo di

Como, morto nel 539, e di Lamberto, arcivescovo di Milano nel 1021.

La prima notizia genealogica, secondo il Litta, riguarda un'esenzione dai dazi concessa

nell'anno 988 ad Ariberto Rusca, cittadino comasco.

I cognomi Rusca, Ruschi, Rusconi, sono nei primi secoli e sono stati usati

alternativamente.

In uno stesso storico documento si trova, ad esempio, citato un fratello detto

Rusca, un altro Ruscone collettivamente chiamati poi Rusconi.

I Rusca erano già potenti nel Comasco fin dai primordi del secoloXII ed erano alla testa della
fazione Ghibellina che sostenne lunga lotta contro quella Guelfa dei Vitani.

LAMBERTO RUSCA, nel 1121 fu un uomo consolare ed un illustre capitano della

repubblica Comasca.

LOTARIO, nel maggio 1176 in battaglia fra le truppe di parte imperiale ed i

Milanesi, era il capitano delle truppe imperiali, riuscì a salvare la vita

dello stesso imperatore Federico Barbarossa.

L'imperatore, grato a Lotario, lo ordinò Conte di Lugano, Locarno e Bellinzona,

concedendogli di portare nell'insegna lo stendardo bianco e rosso (a ricordo di

quello tolto ai Milanesi) abbassato sotto sotto il leone, e sormontato dall'aquila

imperiale; tali colori ed emblemi sono tuttora conservati nello stemma gentilizio di

questa famiglia.

. 12.
OTTONE RUSCA, nel 1142 intervenne in una controversia tra i conti di Castel di

Serpio a favore degli uomini di Mendrisio.

BERNARDO RUSCA, ricordato fin dal 1153, fu rettore di Como nel 1159,

Dal 1159 al 1339 i Rusca sono presenti con incarichi di rilievo in molte città

lombarde e svizzere, Como, Bellinzona, Locarno, Lugano, Milano, Chiavenna.

Nella signoria di Como seguì LOTTARIO, nominato da Sigismondo

nel 1413 Vicario imperiale di tutto il Comasco, poi Conte di Lugano e delle

terre vicine: Capolago, Riva S.Vitale, Morcote Sonvico, Blaserna con la valle di

Chiavenna e la torre di figli maschi, con diritto di sostituzione di quelli di

Giovanni, suo fratello e i suoi discendenti.

Anch'egli battè moneta perchè signore di Como e di altre province.

Morì nel 1419 a Castel Rusconi senza avere figli legittimi.

FRANCHINO, di lui nipote, ottenne nel 1438 da Filippo Maria Visconti,

l'investitura della terra e Castello di Arona nel contado di Angera e di tutta la

Pieve di Travaglia.

Sostituite l'anno dopo con la Pieve, il Castello di Locarno e le valli di

Maggia,Verzasca e Lavizara e confermate poi da Federico III con l'aggiunta di

altre terre sulla riviera del Lago Maggiore.

Franchino morì nel 1466. I beni feudali e allodiali nel 1470 furono divisi tra i figli

PIETRO, ANTONIO e GIAN NICOLO' , a cui poi rimasero dopo la morte di

Franchino, suo nipote nel 1484.

Il secolo XVI segnò la decadenza di tutti i rami di questo casato.

Da GIACOMO PIETRO, figlio di Giovanni, che morì nel 1514, discende il ramo dei

Rusconi di Bologna e di Cento per mezzo di Giovanni Antonio , famoso architetto del
XVI secolo.

. 13.
Panoramiche con dettagli della Villa Rusconi e degli
affreschi interni

. 14.
. 15.
. 16.
. 17.
. 18.
Le origini del cognome
"Rusconi"
L' origine presunta, e si sottolinea presunta, della casata

Rusconi, secondo la storiografia ufficiale, prendendo in esame storici

come Litta, Crollalanza, Alfredo Rusconi, ma principalmente l'opera

letteraria di Alberto Pio Rusconi

"Memorie storiche della casata Rusca Rusconi",

sarebbe romana.

Risalirebbe alla gens ricordata da Cicerone nel

"De Oratore" il cui principale esponente era Publio Pinario Rusca,

patrizio romano arrivato a Como, al seguito di Giulio Cesare,

nell'anno di Roma 539.

Figlio di Alfonso Rusconi, Alberto Pio Rusconi, nato a Bologna il 23 Febbraio

1818, riportò da Como attestati di nobiltà. Pio IX nel 1868 gli confermò l'antico

titolo comitale di famiglia di Marchese per le prove esibite porte generazione per

generazione alla cancelleria degli ordini equestri. Fu commendatore al

Sacro Militare Ordine Gerosolimitano ( oggi di Malta )scrisse un'opera del "Santo
Sepolcro" fu

Cameriere segreto di Cappa e Spada di sua santità Pio IX.

Pubblicò le memorie storiche del casato Rusca Rusconi con appendici di tavole

illustrative nel 1874 fu decorato con medaglia della regia accademia araldica fu

membro delle società storiche lombarda e comasca.

. 19.
Como era stata fondata dai Galli Insubri Orobi, ma conquistata nel 196 a.C

dai Romani: questi ne fecero una colonia che si chiamò "Comum", il nome

della gens Pinaria, giunta al seguito del grande Cesare.

Il nome Rusconi,

secondo quanto affermano gli storici, è di certo derivato dal cognome

Rusca , che a sua volta deriva dal latino"ruscus"ovvero mirto.

Effige di Giacomo Filippo Rusconi (1770-


1850), con decorazione di Cavaliere dell'ordine
della Croce di Cristo.

Proprietà della famiglia Bronzi Rusconi

M.se Carlo Giacomo Rusconi fu Filippo (1821-1894).

E' sepolto nella tomba di famiglia : il piccolo oratorio di


Santa Ninfa che sorge presso la villa di Mezzolara.

. 20.
Foto di Giacomo Filippo Rusconi (1853-1916).

Marchese, Cavaliere della Corona d'Italia (sotto

il Re Vittorio Emanuele III nel 1906). E' sepolto nel

cimitero monumentale di Bologna nella tomba di famiglia

Bronzi Rusconi e dei cugini Boriani

. 21.
I Rusconi nel Clero
Tra il 1300 ed il 1500 la gens Rusconi è presente nella storia con uomini
politici, d'arme e di fede.

Gerardo, 1240 Canonico

Michele, 1251 Canonico

Nicolò, 1316 Canonico

Lottario, dell'ordine dei Padri Predicatori, fu Vicario Generale della Diocesi

di Como con grandi facoltà attorno al 1330.

Airoldo, 1352 Canonico

Beltramo, 1352 Canonico

Pietro, 1353 Canonico

Gaspare, Canonico della cattedrale di Como fu eletto dal Capitolo in economo e

conservatore dei beni della chiesa Comasca nel 1361.

Giovanni, prevosto della Collegiata di S.Fedele in Como fu uno dei Prelati che

intervennero vivamente al Conciglio di Basilea attorno al 1432.

Giacomo, 1440 Canonico

Antonio, 1529 Canonico

Giulio, 1530 Canonico

Giovanni Antonio, sacerdote e Canonico della cattedrale di Como, 1557.

Nicolò, figlio di Giovanni Antonio, fu ucciso nel 1618 per fede cattolica

(fu detto da allora, il martire della Valtellina)

Giacomo, 1638 Canonico

. 22.
Effige del Cardinale di Ravenna Antonio Rusconi

Antonio Lamberto Rusconi (Cento, 19 giugno 1743 – 1 agosto 1825)

Fu nominato cardinale della Chiesa cattolica da papa Pio VII 1816 marzo 8.

Uditore della Sacra Romana Rota; Giovanni e Paolo, 1816 apr. 29.

Stampa tratta dal volume di Alberto Pio Rusconi:

"Memorie storiche della casata Rusconi"

Il Cardinale Rusconi morì a Ravenna nel 1825.

. 23.
Attestato del Cardinale Svampa al Marchese G.F.Rusconi

. 24.
I Rusconi a Bologna e Mezzolara
Carlo Antonio Seniore (Como 1670 - Bologna 1761) fu Domenico,
membro del consiglio di Stato, fu il primo ad abitare a Bologna, ebbe un ricchissimo

patrmonio e sposò Anna Maria Zambelli.

Francesco Antonio Rusconi (1709-1771) fu Carlo Antonio.

Pietro Antonio Rusconi (1738-1810) , fu Francesco Antonio.

Giacomo Filippo Rusconi (1770-1850), nato a Bologna, abitò in via Pelacani

(ora via Petroni) e nella grande villa di Mezzolara (BO). Nel 1837 Giacomo Filippo è

cofondatore della Cassa di Risparmio di Bologna

Carlo Giacomo riconosciuto Rusconi (1821-1894) fu Giacomo Filippo ebbe il titolo

di Marchese (titolo pontificio).E' sepolto a Mezzolara nella tomba di famiglia.

_Giacomo Filippo Rusconi (1853-1916) fu Carlo Giacomo (Marchese e Cavaliere

della corona d'Italia), sepolto a S.Ninfa nella tomba di famiglia nel parco della

Villa Rusconi a Mezzolara nel 1920 fu traslato nel cimitero monumentale della Certosa

a Bologna e tumulato nella tomba di proprietà Bronzi Rusconi e cugini Boriani.

. 25.
Stemma Gentilizio della
Casata Rusconi

Stemma gentilizio dei Marchesi Rusconi


che si trovava nelle cancellate di Villa Rusconi
a Mezzolara.
In alto, nell'immagine, il motto della famiglia

. 26.
Stemma del
blasone dei
Rusconi (1680 ).

Stampa dalla
Biblioteca
dell'Università di
Ferrara

. 27.
Arcadia: pergamena datata 1839 rilasciata a Ismeno Cianeo.
Si tratta in verità di Giacomo Filippo Rusconi (1770-1850), pastore
arcade, come riportato nelle notizie di Vincenzo Paolo Rusconi, cultore della
storia dell'Arcadia.
(ora di proprietà della famiglia Bronzi Rusconi).

. 28.
. 29.
La Prazzina

Era una delle case di campagna di Giacomo Filippo Rusconi ed era prossima
a numerosi poderi che ereditò il figlio naturale Carlo Antonio.

La casa di campagna, l’amatissima casa di campagna, si trova in una piccola


frazione denominata Prazzina posta un chilometro dopo Miravalle, paesino
poco lontano da San Martino in Argine.

La più grande cittadina dei dintorni, Molinella, si incontra a circa sette


chilometri di distanza.

Era una casa molto grande, anche se molti ambienti erano stati frazionati e
predisposti per accogliere tre famiglie che si erano rifugiate presso di noi, a
causa della guerra e che vi rimasero anche in seguito.

Intorno vi erano grandi spazi, moltissimi alberi da frutto, i più diversi.

Luogo tanto amato da noi nipoti di Giacomo Filippo Rusconi, perché vi


trascorrevamo le vacanze estive, (a quei tempi duravano quattro mesi !), ed al
quale ci legano ricordi bellissimi ( ricordi che ho riportato nel libro “Storia
della famiglia Bronzi Rusconi”).

. 30.
1
Nel 2006 Gian Carlo e Marco Bronzi Rusconi , scrivono un nuovo volume
che , nella presentazione, afferma:

“ Questo testo fa riferimento ed integra, in molti casi, le notizie già presenti


nel libro Notizie storiche della casata Rusconi scritto da Giancarlo nel 2001.

Questa narrazione s’inserisce, quindi, tra il testo sopra citato e questo


volume.

Gian Carlo possiede una vasta documentazione, sempre in crescita, per le


incessanti ricerche e per la competente ed entusiasta memoria di tanti
avvenimenti.

Abbiamo attinto all’abbondante materiale disponibile, ma scegliere è stato


difficile. Abbiamo inserito quindi solo alcune carte, a nostro avviso, più
ricche di interesse.

L’obiettivo di questo lavoro, frutto delle nostre ricerche e ricordi, è di lasciare


nella memoria di tutti i componenti della famiglia, dei nipoti in particolare,
un segno di

una straordinaria vicenda.

L’intenzione, quindi, è di onorare i nostri progenitori e far conoscere le loro


vicissitudini nell’ambito della discendenza.

Con soddisfazione possiamo dire che si è realizzato il desiderio del nonno


Giacomo Filippo, espresso nelle disposizioni testamentarie: perpetuare il
proprio cognome Rusconi, mediante il riconoscimento, quale figlio
naturale, di nostro padre Carlo”.

Il volume, riservato ai soli familiari, contiene numerosi documenti e


testimonianze.

Il libro è stato apprezzato , siamo molto soddisfatti.

La sera del due novembre 2006, in occasione del tradizionale incontro dei
fratelli, al ristorante “accademia del cacio e pepe”, a Zola Predosa ( mangiato
benissimo!!!), Maria Teresa ha letto questa “zirudela”, da lei scritta, che
riassume il gradimento di tutti.

2
3
4
LA GENEALOGIA NON E’ ESTINTA

1
Giacomo Filippo Rusconi era nato a Bologna il 17 Settembre 1853
da Carlo Giacomo e Catterina Nora Rubbi.

Era Marchese e Cavaliere della Corona


d’Italia, capitano del regio esercito.
Proprietario, con il fratello Pietro
Giacomo (1858-1915) di molti beni: case
in Bologna, poderi e ville nei comuni di
Budrio, Molinella e Castel S. Pietro.
Sposò la Contessa Giulia Verzaglia poi
Marchesa per matrimonio.

Il destino volle che, a causa della sterilità della moglie, non potesse
avere figli.

Il fratello Pietro Giacomo aveva sposato la sorella della Giulia,


Luisa, anche lei sterile.

Al contrario del fratello, che si rassegnò, Giacomo Filippo (nostro


nonno) era determinato a perpetuare la discendenza.
Nei primi anni del 900 viveva in casa Rusconi, come dama di
compagnia, Margherita Dora Bronzi.

2
Giacomo Filippo iniziò con lei una relazione dalla quale nacquero
Carlo (1905, nostro padre) e Catterina (1908).
Giacomo Filippo seguì amorevolmente i figli provvedendo con
generosità al loro mantenimento ed a quello della loro madre.
Acquistò una casa in via Casse che fu loro intestata.
Quando, nel 1916 morì Giacomo Filippo, Carlo era appena
undicenne.
Fu molto amato ed aiutato anche dalla moglie legittima di suo

padre, la Marchesa Giulia Verzaglia che (Carlo e

Catterina)

Li frequentava, si faceva chiamare zia e spesso li ospitava nella casa


di Via San Vitale e nella villa La Riniera a Castel San Pietro.
Nel testamento accolse senza alcuna difficoltà le volontà del
consorte.
Tale documento fu controfirmato da nostro Padre.
La Marchesa morì nel 1930, Carlo aveva 25 anni.

Nel testamento olografo del 1911 e nei documenti successivi


Giacomo Filippo riconosce come suoi figli Carlo e Catterina, li
nomina eredi universali e “ ordina” che

aggiungano al loro cognome il suo, Rusconi.

3
Giacomo Filippo morì a Bologna nel 1916 e venne sepolto
nell’oratorio di Santa Ninfa a Mezzolara, nella tomba di famiglia.

Nel marzo del 1920 fu tumulato in una grande tomba nel cimitero
monumentale di Bologna .

Nostro padre lottò molto per ottenere l’autorizzazione ad


aggiungere al proprio cognome quello del padre, scontrandosi con
insormontabili ostacoli opposti dalla (ottusa ) burocrazia del tempo.
Poi, stanco, rinunciò .

Siamo riusciti noi nipoti, con proposito esclusivamente affettivo,


(noi per lui), ad ottenere quello che era il desiderio - diritto del
babbo Carlo.

Solo nel gennaio del 2001 Giancarlo ha conseguito quel sospirato


riconoscimento (e con lui la figlia Annamaria ) ed ha potuto
aggiungere al proprio cognome quello del nonno.

Nel Marzo 2005 anche Marco è riuscito ad avere il medesimo


riconoscimento (e con lui i figli Nicola e Stella).

Conseguentemente, anche se purtroppo in forma postuma, il


babbo Carlo ha potuto ottenere, nostro tramite, il tanto desiderato
cognome aggiunto!

(la progredita legislazione sulla famiglia ha consentito il favorevole esito della pratica).

4
Estratto dal testamento olografo del Marchese Giacomo Filippo Rusconi dell’11Maggio 1911.

5
6
RUSCONI

Linea di Bologna
Ruggero Rusca o Rusconi (+ post 1234/ante VII-1237),
appartenente a una importante dinastia comasca nota fin dal 998,
che diede numerosi amministratori ed ecclesiastici alla città di
Como; Console di Giustizia di Como nel 1202 e 1205, Podestà di
Chiavenna nel 1213 e 1215. Sposa N.N.

…………..

………………

………….

………....

C3. Gregorio, per la sua discendenza.

7
RUSCONI: linea di Bologna
C3 (+ post 1577), i suoi discendenti vissero a San Pietro in Casale e
poi a Bologna. Sposa N.N.

A1. Andrea
A2. Domenico (+ post 1599)
= …….

B1. Gregorio
= …….

C1. Domenico
= …….
E1. Margherita (*Como 1676 + Cento 1732)
= Pietro Giacomo Rusconi (v.)
E2. Lorenzo (*Como 1679 + San Pietro in Casale 1763), Arciprete della chiesa di San
Lorenzo in Casale .

E3. Carlo Antonio (+ Como 1670 +Bologna 20-6-1761, sepolto a San Pietro
in Casale), Gonfaloniere del Popolo di Bologna nel 1738, 1741 e 1744

a) = Lucia Pensi
b) = 1730 Anna Maria Rosa Zambelli

F1. (ex 1°) Francesco Antonio (* San Pietro in Casale 29-10-1709 + 22-5-1771),
Gonfaloniere del Popolo di Bologna nel 1756 e 1762.
= 1735 Girolama Maria Caterina Cavazza

G1. Pietro Antonio (* Bologna 10-2-1738 + 1810), Gonfaloniere del Popolo


di Bologna nel 1776 e 1786.
= 1766 Maria Francesca Gandolfi
H2. Giacomo Filippo (* Bologna 27-9-1770 + 1850), direttore delle
poste pontificie di Roma e Bologna, Cavaliere dell’Ordine del Cristo dal 1827.
Lasciò erede Carlo Giacomo delle Tombe
che assunse il cognome Rusconi.
Carlo Giacomo
*Bologna 1821+ 1894
Sposa Caterina Rubbi
È sepolto nella tomba di famiglia a S.Ninfa di Mezzolara
Pietro Giacomo
*Bologna 1858 +Bologna 1915
Giacomo Filippo
*Bologna 1853 +1916
Sposa Giulia Verzaglia
Riposa nella certosa monumentale di Bologna

8
Afferma che Carlo Antonio e Catterina,
nati dalla relazione con Margherita Dora Bronzi, sono sicuramente suoi figli.

Carlo Antonio
Sposa Anna Casadei
*Bologna 1905 +1980
Catterina
Sposa Giuseppe Boriani
*Bologna 1908+1993
Riposa nella certosa di Bologna

Continua la discendenza di Carlo Antonio con sette figli e tanti nipoti.

Per i particolari sentimenti che li legano a questa straordinaria vicenda


Gian Carlo e Marco hanno presentato al Ministero dell’Interno, se pure in
tempi diversi, la documentazione necessaria per ottenere l’autorizzazione
ad aggiungere al proprio cognome Bronzi, quello del nonno Rusconi.

La loro richiesta è stata accolta.

Gian Carlo Bronzi Rusconi


*Bologna 11 Maggio 1933
Sposa Valentina Piccioni
=Anna Maria

Marco Bronzi Rusconi


*Bologna 28 Febbraio 1943
Sposa Katia Paglierini
=Nicola
=Stella

9
Significativa è la motivazione dell’accoglimento della richiesta da
parte del MINISTERO DELL’ INTERNO : ”l’istanza è motivata da
ragioni affettive e familiari che determinano il desiderio di perpetuare
il cognome del nonno paterno , il quale, in sede testamentaria, espresse il
desiderio che il cognome “RUSCONI” fosse perpetuato con il
riconoscimento del proprio figlio naturale Carlo Antonio Bronzi padre
dell’istante.

Il prefetto di Bologna, competente a svolgere l’istruttoria, ha espresso


parere favorevole.

Ritenuta, pertanto, l’istanza predetta meritevole di accoglimento…..”

10
11
12
Parte
quindicesima

La lapide di Brolo S. Vito


La pace di Lomazzo
1
La piazza antistante la chiesa, l'antico brolo di San Vito, è fortemente legata
ad uno fra gli avvenimenti di maggiore rilevanza nella storia del paese: la
stipula del primo trattato di pace fra le città di Como e Milano nel 1249, di cui
si mantiene memoria nell'epigrafe commemorativa che venne murata sul
palazzo prospiciente la chiesa.
In questo antichissimo Brolo di San Vito il 19 luglio 1249 si rinnovava e si
sottoscriveva dopo undici anni di sanguinose lotte la pace già stipulata nel
1127
Milano e Como.
Nuovamente infranta veniva ancora qui solennemente discussa, concordata e
sigillata
il 30 marzo 1286 dagli arbitri:

Parlamentari di Milano:

Lantelmo da Benzone, Matteo da Romana, Anselmo da Alzate, Gasperino da


Garbagnate, Iacopo da Monza, Alberto Bossio

Parlamentari di Como:
e Enrico da Alzate, Guglielmo Guilizone, Bertaro di Zezio e Pietro Rusca

Il 2 aprile successivo giungevano quivi l'Arcivescovo Ottone Visconti e


Ugolino Russo Podestà di Milano e per Como il Podestà Guido da
Castiglione e Loterio Rusca Signore del Popolo i quali confermati i capitoli
della Pace la pubblicavano alla presenza dei delegati Comaschi e Milanesi e
degli ambasciatori di altre città .

2
La pace di Lomazzo

Per oltre 1000 anni Lomazzo ha costituito un caso unico in Italia: un unico
paese, un unico centro abitato, spaccato in due sulla via centrale e spartito fra
due città, due diocesi e, nel medioevo, persino due stati.
Metà apparteneva alla città e alla diocesi di Como (Lomazzo Comasco, o
"Lumazz de Sott", parrocchia S. Siro, rito romano) e metà faceva riferimento
alla città e alla diocesi di Milano (Lomazzo Milanese, o "Lumazz de Sura",
parrocchia S. Vito, rito ambrosiano).
Proprio questo strano equilibrio fece sì che da sempre Lomazzo fosse
riconosciuto come luogo di incontro neutrale fra le ambascerie comasche e
milanesi.
Diversi furono i trattati di pace stipulati, ma il più importante fu l'ultimo,
sancito nel 1286 (ufficialmente conosciuto come Pace di Lomazzo), che ha
ristabilito in via definitiva l'armonia fra le due città lombarde.
Infatti, pur non mancando in seguito momenti di forte tensione e di
instabilità, non avvenne mai più che milanesi e comaschi stendessero le armi
contro la città vicina. Anzi: dal XVI secolo Como si mise sotto la protezione di
Milano e da allora formò una cosa sola con la città ambrosiana, contribuendo
a fondare con essa la prosperità della Lombardia viscontea e sforzesca..

I protagonisti della vicenda:

LOTERIO RUSCA, SIGNORE DI


COMO
Prepotente signorotto comasco,
esponente della famiglia ghibellina
dei Rusca. Nel 1276, prese il potere
con la forza, e per assicurarsi il
dominio assoluto sulla città decise di
eliminare il Vescovo comasco
Giovanni degli Avvogadri,. I suoi
seguaci diedero alle fiamme il
palazzo vescovile, rubarono i beni
delle chiese di Como e compirono
profanazioni

3
GIOVANNI DEGLI
AVVOGADRI,
VESCOVO DI COMO,
imparziale rispetto alla contesa fra
guelfi e ghibellini.

Scampato all’attentato ghibellino, il


vescovo trovò rifugio a Milano e il
25 aprile 1282 ebbe il coraggio
rientrare in territorio comasco a
Lomazzo San Siro, la parte del
paese alle dipendenze della città di
Como. Da qui lanciò la scomunica
contro Loterio Rusca, che rispose
dichiarando guerra a Milano, la
città che offriva protezione al
vescovo.

LANTELMO DA BENZONE
E MATTEO DA ROMANA,
ARBITRI DELLA PACE
Dopo quattro anni di guerra,
Como e Milano nominarono
ciascuna un arbitro.
I due si incontrarono a
Lomazzo, e qui trovarono un
accordo sulle condizioni della
Pace.
Convocarono allora tutte le
autorità comasche e milanesi,
insieme con gli ambasciatori
delle principali città
lombarde.

4
OTTONE VISCONTI, ARCIVESCOVO E
SIGNORE DELLA CITTÀ DI MILANO.
Personaggio di grandissimo prestigio,
l'Arcivescovo Ottone fu il capostipite della
signoria dei Visconti su Milano. Il 2 aprile
1286 prese parte alla Pace di Lomazzo.

Di seguito si introducono importanti documenti.


La parte risulta molto lunga ma i materiali mi sembrano molto interessanti.

Dalla Scomunica dei Rusca al definitivo trattato


di pace fra Como e Milano

Tratto da "Pagine Aperte" - Notiziario della Comunità parrocchiale di S. Siro


in Lomazzo, dicembre 2002 (a cura di A. Monti) e recentemente ripreso da M.
Mascetti, A. Monti, A. Rovi in "Lomazzo. Storia di un borgo fra due città" –

5
UNA PREMESSA INDISPENSABILE - IL CONTESTO STORICO

- L’organizzazione politica delle città medioevali -


Nel Basso Medioevo, religione e politica erano indissolubilmente legati e,
nella profonda coscienza religiosa e cristiana dell’Europa medioevale, erano
del tutto inseparabili. Proprio questa profonda unità religiosa e civile nel
corso secoli ha portato alla nascita di una cultura europea comune a tutti i
popoli del continente: la nostra cultura, la cultura oggi conosciuta come
«occidentale», è stata letteralmente partorita proprio in questi lunghi secoli
che alcuni si ostinano a definire «bui».
La profonda unità religiosa e civile dell’Europa medioevale non era però
immune da problemi. Il più importante fra questi era stabilire a chi spettasse
l’autorità suprema fra le due più grandi istituzioni del tempo: l’Impero e il
Papato. Occorreva determinare se il potere civile dovesse essere legittimato
da quello religioso (e quindi le disposizioni del Papa in quanto Vicario di
Cristo fossero inoppugnabili) o se invece l’ultima parola spettasse
all’Imperatore, che avrebbe così avuto il compito di ratificare o meno i decreti
del Pontefice. Storicamente la disputa si inquadra in un lungo periodo che va
dal Concordato di Worms del 1122 sino alla bolla “Unam Sanctam” di
Bonifacio VIII del 1302. La diatriba teologica e politica infiammò tutte le città,
in Italia come nell’intera Europa. Ovunque si crearono due partiti politici:
quello fedele alla tesi della preminenza del Pontefice (partito Guelfo) e la
fazione fedele alla tesi di supremazia dell’Imperatore (partito Ghibellino).
Può sembrare straordinario l’interesse che questa questione destò nei
cittadini di ogni località geografica e di ogni livello sociale. In realtà non si
trattò di un nobile desiderio di partecipare alle grandi discussioni
istituzionali e sociali, né tanto meno di interesse per dirimere le arcane verità
teologiche. Tale disputa fu piuttosto il ghiotto pretesto utilizzato da molte
città per dichiarare la propria indipendenza dai legami dell’Impero (nascita
dei liberi Comuni) e per le famiglie più in vista di ciascuna città di assurgere
a ruoli di potere e di predominio all’interno delle città stesse (passaggio
dall’Età Comunale alla Signoria).
- La linea politica di Como e Milano, nell’ XI e XII secolo -
Nella città di Milano i guelfi erano guidati dalla famiglia dei Torriani (o Della
Torre); i ghibellini, invece, dalla famiglia Visconti. Nella città di Como i guelfi
erano capitanati dalla famiglia dei Vitani, mentre i ghibellini dalla famiglia
Rusca (o Rusconi). A Como predominavano i Rusca, perciò la città era
tradizionalmente ghibellina (fedele all’ Imperatore). A Milano prevalevano i
Torriani e la città era tradizionalmente guelfa (fedele al Papa).

6
Città guelfe e ghibelline presto entrarono in conflitto fra loro, per il controllo
del territorio circostante la città.
- Storie di guerre, di conflitti, e di grandi pacificazioni -
Nel 1118-1127 si svolse il primo conflitto fra Como e Milano, ricordato come
"Guerra Decennale". Qualche anno dopo la guerra riesplose, concludendosi
soltanto nel 1183 (Pace di Costanza fra l'Imperatore Federico I Barbarossa e
Comuni lombardi). La pace tra Como e Milano fu così stipulata nel 1196.
Trascorsero soltanto due generazioni e i vecchi dissidi furono rispolverati:
Federico II, nipote del prode Barbarossa, combatté nuovamente la Lega
Lombarda e fu definitivamente sconfitto nel 1247. Anche stavolta seguì un
trattato di pace fra Como e Milano (1249), sottoscritto proprio nel nostro
paese, nel Brolo di Lomazzo.
- Gli avvicendamenti politici del XIII secolo, causa dello scoppio delle ultime
guerre medioevali fra i comuni di Como e Milano -
Con la sconfitta dell’Imperatore Federico II ovunque i ghibellini subirono un
duro contraccolpo. A Como la fazione ghibellina dei Rusca cadde in disgrazia
e la città (tradizionalmente ghibellina) divenne guelfa; il potere passò così alla
famiglia dei Vitani. La città di Milano, intanto, fu protagonista di un
fenomeno completamente opposto: nella città ambrosiana (tradizionalmente
guelfa - in Lombardia la guelfa per antonomasia), il clima di distensione
favorì l’ascesa della famiglia ghibellina dei Visconti. La grande occasione dei
Visconti si presentò quando Ottone – membro della famiglia – fu eletto
Arcivescovo. Grazie al prestigio di Ottone, da allora i Visconti divennero
Signori incontrastati della città. Nacque così la Milano viscontea e sforzesca
destinata a dominare la scena lombarda per tutto il XIV e XV secolo. Questo
strano capovolgimento che interessò entrambe le nostre città fu la miccia che
fece innescare instabilità, dissidi, contese e infine la guerra, l'ultima terribile
guerra medioevale fra le città sorelle di Como e Milano.

1. TRAVOLTI DALLE LOTTE TRA GUELFI E GHIBELLINI

Bisogna tornare al Basso Medioevo, all'epoca dei Liberi Comuni, per


riscoprire appieno l'accesa passione della gente per il proprio territorio. Un
attaccamento che in alcuni casi, non disdegnavano di mutare in eroismo:
anche Lomazzo, nel Duecento, ebbe la sua parte di eroismo. Fu nel 1282,
quattro anni prima della famosa «Pace di Lomazzo» (2-3 aprile 1286). In
questa occasione gli abitanti della parrocchia comasca di S. Siro si strinsero
attorno al proprio Vescovo, ignobilmente esiliato, e lo accolsero proprio nella
loro chiesa rischiando ritorsioni gravissime, oggi inimmaginabili. Appena
vent'anni dopo (1303), Lomazzo infatti subì la quasi totale distruzione a causa
di colpe assai meno temerarie...

7
Ma ora fermiamoci con le anticipazioni, e riprendiamo dall’inizio questo
incredibile racconto.
Caliamoci nel XIII secolo, nel pieno del contenzioso tra "guelfi" e "ghibellini":
in ogni città, ogni famiglia, si combatte una guerra fratricida contro le
famiglie dello schieramento opposto. E’ in gioco il prestigio, l’onore familiare,
ma soprattutto il potere e il desiderio di sopravvento.
Per i più forti, c’è in palio la supremazia assoluta, sulla città come sul
contado; per quelli che arrivano secondi non rimane che la condanna
all’inferiorità e alla subordinazione.

2. LA STORIA DI UN EPISCOPATO TORMENTATO

La quiete difficoltosamente raggiunta fra Como e Milano nel 1249 con il


primo (e precario) trattato di pace sottoscritto a Lomazzo fu presto spezzata
da una nuova tempesta. Mentre Ottone Visconti (Ep. 1262 - 1295) svolgeva il
suo episcopato a Milano, la cattedra vescovile di Como venne occupata in
modo illegittimo da Raimondo Della Torre.
Alle due potenti famiglie da sempre in contrasto, fu offerto un nuovo motivo
di competizione. Papa Gregorio X, accortosi della pericolosa situazione,
intervenne personalmente a dividere i due prelati ispirati da intenzioni poco
cristiane.
A reggere l'episcopato comense in quest'epoca così tormentata, il Pontefice
chiamò il presbitero comasco Giovanni de’ Avvogadri (o Avvocati; Ep. 1275 -
1293).

Altro che il rancore permeato nell'animo dei vari politicanti duecenteschi!


Lui, bollato come guelfo (a causa della tradizionale militanza guelfa della
famiglia di origine), guardava con insofferenza a queste farneticanti divisioni:
non appena ne ebbe l'occasione, ne diede prova facendo liberare i ghibellini
ingiustamente reclusi a Como (incarcerati dopo la disfatta dell'imperatore
Federico II a cui i ghibellini comaschi erano alleatati), riabilitandoli alla vita
pubblica, e... destando le più vive proteste degli stessi guelfi Vitani.

Il Vescovo poté ardire a tanto poiché molta era era l'influenza di cui godeva.
«Secondo il volere di lui si maneggiava la repubblica», scrisse Benedetto
Giovio. Infatti all'inizio del suo episcopato (1275), Giovanni aveva trovato la
città che arrideva ai Vitani, a cui la famiglia del presule era molto vicina;
questi, misero nelle mani del Vescovo il potere di governare Como, con
l'emanazione di leggi e l'amministrazione degli affari civici. ("Historiae
8
Patriae", Benedetto Giovio)

Spesso siamo abituati a racconti che vogliono la Chiesa medioevale corrotta e


interessata più al potere materiale che alla salvezza delle anime. Conoscendo
l'importante impegno politico del Vescovo Avvocati, verrebbe da giustificare
qualche intemperanza riguardo ai suoi doveri spirituali. E qui la sorpresa.
Giovanni de’ Avvogadri , invece, seppe fare la sua parte nelle riforme alla
Chiesa di Como, si occupò dei benefici ad essa concessi, non distolse la sua
attenzione dai problemi del clero e del suo gregge, ebbe sempre a cuore la
città e il territorio comaschi.
E queste non sono solamente illazioni. Una gran quantità di documenti
(rispetto alla media di quelli conservati al tempo) testimoniano l'intensa
attività pastorale di questo Vescovo. Giovanni de’ Avvogadri fu un Vescovo
saggio, con una mentalità moderna, molto più aperta di quanti lo
circondavano. Per questo (come leggeremo), ebbe in seguito molto a soffrire,
per i voltafaccia di chi aiutò (come la fazione ghibellina), per la violenza
gratuita che da questi ebbe a dover digerire.

Era il 1276. Vitani e Rusca vennero alle armi all'interno della città di Como, e
questi ultimi ebbero sopravvento. Nel frattempo l'Arcivescovo milanese
Ottone Visconti (nonché condottiero ghibellino e Signore di Milano per i
Visconti), quand'ebbe sconfitto i nemici Torriani presso Arona, volle snidare i
parteggiatori dei Torriani che si trovavano in terra comasca. La città, fu così
definitivamente nelle mani dei Rusca, che da allora in poi poterono tenere
ben salda la Signoria su Como.
Ma il potere logora, e consuma d’invidia chi non ne possiede abbastanza. Il
prestigio del Vescovo Giovanni permaneva altissimo anche dopo il
cambiamento di bandiera della città, così che egli aveva conservato intatto il
suo ascendente politico su Como.
Per questo motivo, nella fazione ghibellina, c'era chi non ammirava il nostro
presule e covava terribili piani per sbarazzarsi dello scomodo personaggio...

Nel 1281 scoppiarono discordie tra i ghibellini neovincitori. I Rusca, già


alleati con Ottone Visconti prima della sconfitta dei Vitani, ruppero l'alleanza
con l'Arcivescovo. Giovanni de' Avvocati, legato da profondi legami di
amicizia, rifiutò di fare lo stesso e con questa scusa fu accusato di tradire la
città.

9
3. L'OLTRAGGIO ALLA CHIESA COMENSE

Il Vescovo Giovanni non reputò di dover giustificare il sentimento di lealtà e


di personale amicizia verso Ottone.
Forse che il Vescovo dovesse rinnegare un amico per compiacere il signorotto
di turno? E cos'erano diventati, in quel momento, gli anni di saggia
amministrazione del Vescovo al municipio comasco?
Il podestà Antonium de Langosco, fantoccio dei Rusca, incitò alla sovversione
contro il Vescovo, e Simone da Locarno e i fanatici ghibellini con cieco furore
appiccarono le fiamme all'episcopio. Il palazzo vescovile fu devastato da un
terribile rogo e il Vescovo Avvocati ebbe appena il tempo di fuggire dalla
città, cercando riparo verso sud. Così, trovò rifugiò in territorio milanese, e
(udite, udite) a principio del 1282 nella chiesa lomazzese di S. Siro compì il
rito di scomunica contro i Rusca, Signori di Como, macchiatisi del gesto tanto
infame contro la Chiesa locale e contro la vita del suo Pastore.

4. LA SCOMUNICA

La Chiesa non ha mai dato maledizioni di nessun genere; può però


scomunicare, e la scomunica è la pena medicinale per scuotere l'uomo. La
scomunica era un provvedimento gravissimo, la maggiore pena spirituale.
Talmente drastico che spesso era sufficiente la sola minaccia di scomunica per
riportare alla ragione gli sciagurati; una pena adottata anche in passato con
molta parsimonia (spesso riservata al papa): il compimento del rito nella
nostra chiesa ha dell'eccezionale.

Il rito religioso medioevale, supportato da uno specifico formulario


prevedeva - fra l'altro - lo scagliare a terra alcuni ceri, che spezzandosi
andavano a significare la rottura della condizione di piena comunione con la
Chiesa; i quattro ceri, spenti con capovolgimento violento al suolo, erano il
segno della perdita della luce divina e della condanna alle tenebre
dell'inferno. Lo sciagurato che era colpito da tale grave azione perdeva la
grazia di Dio e la comunione con la Chiesa, e non potendosi più comunicare
con l'Eucaristia o accostarsi a qualsiasi altro Sacramento, assumeva lo status
di scomunicato.

10
5. IL DOCUMENTO DELLA BIBLIOTECA AMBROSIANA

(Historiae Patriae Monumenta edita iussu regis Caroli Alberti, tom. XVI
Leges Municipales, Tomus secundus Pars prior, Liber Statutorum Consulum
Cumanorum - Antonio Ceruti, Augusta Taurinorum, MDCCCLXXVI)

Testo originale del decreto della Scomunica dei Rusca

Anno del Signore 1282. 25 aprile, solennità di S. Marco Evangelista. Presenti


due notari comaschi, e lo scritturale di fiducia Ser Francesco Pasta da
Gallarate, figlio di Ser Giacomo, che "tradusse e scrisse e redasse in pubblica
forma"; presente il clero di arcipreti e canonici fedeli al Vescovo,pure presenti
il «presbyter Carnevarius», prete di Lomazzo S. Siro, «et presbyter
Mainfredus cappellanus ecclesie sancti Viti eiusdem loci de Lomatio».
Nella chiesa lomazzese, alle luci soffuse delle candele si accompagnarono le
parole funeste sulle pene a cui avrebbero dovuto soccombere tutti quelli che
non si attenevano alla legge divina. Giovanni Avvocati, assistito da "salute
nel Signore" tuonò dall'ambone della chiesa oltre cento nomi, nomi di uomini
"empi e scellerati", che nella città di Como «tumultuosse et clamore grandi et
orribeli fecerunt insultum, seu fieri fecerunt, seu procuravernt, seu
mandaverunt, seu ratum haberunt».
Come ignorare "il loro grave e intollerabile peccato, che commisero
recentemente, crudelmente ed eccessivamente contro le regole, contro noi e
contro la chiesa episcopale comasca. Conduciamo le loro colpe [...] affinché
non valga presentare una fondata giustificazione presso gli ignari, e affinché
la giustizia accompagni la nostra sentenza e riporti i meriti dalla parte di Dio
e degli uomini". Segue dunque la cronistoria dei fatti che già abbiamo
raccontato, con i Rusca a lungo esiliati e incarcerati, che dal Vescovo "col
favore dello Spirito Santo" furono richiamati alla loro patria, e come essi
"veramente ingrati di tanti benefici" si erano ribellati. Dopo aver incendiato
l'episcopio "commisero ogni genere di scelleratezze", rubarono nelle chiese,
compirono sacrilegi. Contro coloro che si rendevano responsabili di gravi
offese morali era prevista la scomunica: qui, alle offese morali si univa la
barbarie delle violenze materiali.
Il Vescovo non esitò a procedere. “Poiché i precitati delitti sono talmente noti
e conosciuti che non si possono nascondere senza alcuna esitazione, e poiché
non possiamo dissimulare una così grande ingiuria all'episcopato e sostenerla
con animo calmo e con la connivenza di certi alcuni chierici, affinché anche
noi non veniamo trovati colpevoli presso Dio [...], stando davanti a noi
uomini scelti [...] e una moltitudine abbondante di fedeli [...] noi, in forza
dell'ufficio e dell'autorità che svolgiamo, decretiamo scomunicati i precitati
podestà, assessori, giudici, familiari di Simone [da Locarno] e Loterio [Rusca]
11
e tutti gli altri precitati e qualunque di loro, e tutti gli altri di qualunque stato
e qualunque città e diocesi, che a queste cose diedero appoggio con parole e
fatti, impedendo consiglio, aiuto, favore pubblico o nascosto, e di nuovo per
le premesse e soprascritte cause scomunichiamo e rendiamo pubblica la
scomunica, e li dichiariamo scomunicati e ordiniamo che da tutti vengano
evitati; pure per la cittadinanza di Como, per la diocesi e le sue chiese li
irroghiamo dell'interdetto ecclesiastico”. Sembra quasi di sentire risuonare la
voce: «...excomunicamos! ...excomunicatos denunciamos!...»
A tali scomunicati era imposta la restituzione di quanto sottratto, nonché la
confisca dei beni.
Indi il Vescovo si preoccupò di far conoscere a tutti il documento di
scomunica, specificandone la sua pubblicizzazione. “Al fine di rendere
pubblico questo nostro processo a tutti gli uomini, appesi o meglio affissi
carte o meglio pergamene contenenti il medesimo nel luogo di Lomazzo,
nella chiesa di S. Siro, che appartiene alla diocesi di Como, per rendere il
giudizio bandito e aperto”.
E di nuovo si conferma: «Actum in predicta ecclesia sancti Syri».

6. IL GESTO DEI LOMAZZESI.


CORAGGIO O INCOSCIENZA?

Quanto avvenne nella chiesa parrocchiale di S. Siro in quel giorno di sabato,


fu sconvolgente. I Signori di Como, assieme a tutti i principali esponenti della
fazione ghibellina del capoluogo comasco, messi al bando dalla Chiesa...
Il sostegno dei Lomazzesi, a sua volta, fu sconvolgente. «Presente ibi etiam
fidelium in moltitudine copiosa», si dice nel documento del 1282, che qui non
ha bisogno d'esser tradotto. In tempi in cui la popolazione era di poche
centinaia di anime, fu addirittura una moltitudine di folla a radunarsi per
Monsignor Giovanni de’ Avvogadri. La fedeltà al Vescovo, la scelta di Mons.
Avvocati di recarsi proprio a Lomazzo, l'accoglienza così temerariamente
offertagli nella chiesa di S.Siro, onorano il popolo lomazzese. Tutto questo
avrebbe potuto costare molto caro ai Sansiresi. Appena vent'anni dopo (1303),
il paese infatti subì la totale distruzione per punire un'azione assai meno
temeraria!
Ecco allora esaltato il coraggio del Vescovo di reagire all'oltraggioso affronto,
subito non solo dalla sua persona ma dall'intera Chiesa di Como. E il
coraggio dei Lomazzesi, che furono con il loro Vescovo, un sol corpo a
reggere e sostenere la causa della Chiesa comasca messa in ginocchio dalle
prepotenze e dalla tirannide dei Rusca.

12
Fu l'unica volta che il Vescovo, in dieci anni di esilio forzato, osò rimettere
piede in territorio comasco. Solo verso la fine del suo esilio, riuscì a spingersi
prudentemente sino all'ancor ambrosiana Cantù...
Giovanni dovette finire gli anni del suo ministero episcopale in esilio nel
capoluogo ambrosiano, prodigandosi per la sua diocesi e mantenendo i
rapporti tramite i fidi collaboratori che lo avevano seguito a Milano. Giovanni
de' Avvocati fu sostenuto dal clero comasco, di cui si prese particolarmente
cura, ma non ottenne mai di calmare il rancore che ancora gli serbava la
classe politica ghibellina di Como, e in particolare la famiglia Rusca.

7. E FU GUERRA

Con la scomunica era irrimediabilmente compromessa la fiducia del popolo


cristiano, tale da indurre al disconoscimento dell'autorità politica dello
scomunicato. In certi casi si arrivò alla ribellione popolare contro
l'usurpatore, che aveva praticamente perso i suoi diritti civili.
Loterio Rusca, Signore di Como, non poteva restare a guardare, se voleva
mantenere il proprio potere nonostante il provvedimento della scomunica.
Forte della fedeltà dei suoi ghibellini, armò il suo esercito, e subito fu riaperta
l'atavica ostilità con la Milano di Ottone Visconti.
Fanti e picchieri; soldati di ventura, balestrieri e arcieri; nobili cavalieri. Gli
eserciti si disposero sul territorio, mentre col passare delle settimane e dei
mesi l'esasperazione per il conflitto in atto si faceva insostenibile...
Il grigiore della situazione si manifestò in tutta la sua drammaticità nella
primavera del 1285 quando la fanteria milanese si radunò a Saronno per
garantire la regolarità delle operazioni di mietitura, e affinché il grano fosse
portato a Milano. Al minimo inconveniente le soldatesche si sarebbero
apprestate a marciare verso i territori comaschi presidiati l'esercito della città.
Lomazzo sembrava dover essere ricordata dai posteri come il luogo della
battaglia fratricida di Como e Milano; uno scontro diretto di quella portata
avrebbe ridotto le campagne lomazzesi ad un'ecatombe.
Fortunosamente si giunse ad una svolta; le due fazioni belligeranti,
rendendosi conto delle loro pari condizioni, vollero evitare la carneficina dei
loro combattenti. Vinse la diplomazia: per oltre tre anni si susseguirono
manovre e spostamenti, senza che i due schieramenti si dessero aperta
battaglia. Dal 1285 già si confrontavano le rispettive Cancellerie diplomatiche.
Il loro intervento divenne vitale dopo che il 26 febbraio 1286 fu "gridata
tregua" per venti giorni: gli incessanti contatti diplomatici (assicurati dalla
spola tra Como e Milano da parte del cremonese Lantelmo Benzone), fecero
maturare le aspettative dell’armistizio, riuscendo a tramutarlo in una vera e
propria pace definitiva.
13
Nuovamente il nostro paese fu al centro delle attenzioni: Lomazzo visse
un'altro dei momenti più gloriosi della sua storia. Giunsero i parlamentari di
Como e Milano che, fra la pomposa festanza di un popolo provato dagli
eventi bellici, discussero e stipularono l'accordo definitivo fra le due città.

8. E FU PACE

Testo del trattato della Pace di Lomazzo

Il 2 aprile 1286 si giunse finalmente alla pace fra l'Arcivescovo di Milano,


Ottone Visconti, e la città di Como, e in tale pace fu incluso anche il Vescovo
Giovanni. Ma non fu una "pace" qualsiasi, noi tutti Lomazzesi dovremmo ben
saperlo. Fu la "Pace di Lomazzo", famosa e celebrata anche dalla seconda
parte della lapide di Brolo S. Vito.

Un capitolo sanguinoso si chiudeva nella fredda giornata del 30 marzo 1286


in territorio lomazzese; gli arbitri delle trattative (Lantelmo da Benzone,
Matteo da Romana, Anselmo da Alzate, Gasparino da Garbagnate, Iacopo da
Monza, Alberto Bossio, Enrico da Alzate, Guglielmo Guilzone [Guillelmum
de Guilizono], Bertaro di Zezio [Bertarum de Zezio] e Pietro Rusca [Petrum
Alberti Rusche], questi ultimi tutti scomunicati), apposero finalmente i propri
sigilli alla pace duramente raggiunta.
«Li capituli de la pace furono sigillati de li sigilli de tutte le republice,
deliberando che lo Arcivescovo, homo sagace e de grandissima industria [...]
da Milano il tertio giorno dovesse andare a Lomacio [...] dove erano li
ambasciatori de Como [...].[...] Lo Arcivescovo, il pretore [...] inscieme con il
sindico dil Commune de Milano e li ambasciatori de Cremona, Placentia,
Bressa, Pavia, Novara e Crema, quali ad istantia dil Vesconte intervennerono,
cavalcò finalmente a Lomacio et inde si convenerono di fora, dove era [...]
Luthero signore dil populo [...] di Como». ("Patria Historia", Bernardino
Coiro)
Come si ricorda nel documento sopra trascritto, il 2 aprile giunsero a
Lomazzo l'Arcivescovo milanese Ottone Visconti e Loterio Rusca, Signore di
Como ("capitano del popolo"). Le due massime autorità milanese e comasca
furono scortate ciascuna dal podestà in carica nella propria città (Ugolino
Russo, per Milano, e Guido da Castiglione per Como). Insieme alle più alte
personalità civiche, sedettero come testimoni i rappresentanti di tutte le altre
città lombarde coinvolte in questi secoli di guerre che, per la nostra landa,
proprio quei giorni andavano a chiudersi.

14
Il dì seguente, la folla entusiasta si radunò sulla via che conduceva a Rovello
(«in territorio de Rudello»), perché nessuna piazza del paese era in grado di
accogliere la moltitudine. I capitoli della Pace di Lomazzo vennero
solennemente letti fra l'orgoglio di tutti i Lomazzesi presenti, e forse, proprio
a memoria di questo evento, sulla via per Rovello (via Milano) i nostri
progenitori edificarono il maestoso Arco della Pace, che oggi, ricostruito,
costituisce uno dei simboli più importanti del nostro paese.

9. LA PARTE DI MERITO CHE EBBE GIOVANNI DE' AVVOCATI

Tutto è bene quel che finisce bene; anzi, «In terra pax hominibus bonae
voluntatis», come si ricorda abbia evangelicamente proclamato in quella
occasione l'Arcivescovo Ottone Visconti.
I lettori più attenti non avranno mancato di notare l'assenza di una persona
che ormai ben conosciamo... In occasione della Pace, a Lomazzo arrivarono
proprio tutti: Signori, podestà, sindaci, arbitri, consiglieri, ambasciatori,
rappresentanti di città, notai, cavalieri, prevosti, i priori di tutti i conventi di
frati..., con la presenza culminante dell'Arcivescovo di Milano. Mancò solo
una persona, domino Episcopo Giovanni de' Avvocati.
Come già abbiamo detto, Giovanni de' Avvocati, da quando fu costretto
all'esilio, non mise più piede nella diocesi di Como per dieci anni, se non per
la scomunica del 1282. Anche ora, che la Pace era stata sottoscritta,
continuava a temere le ritorsioni personali dell’infido Loterio Rusca. La sua
assenza a Lomazzo, in quel 1286, non deve però lasciar pensare che con la
Pace non ebbe nulla a che spartire... No. Colpo di scena. Fu proprio lui, non
presente a Lomazzo, né citato nella nostra lapide di Brolo S. Vito, ad essere
uno dei veri protagonisti della Pace di Lomazzo. Fu lui, a permettere che la
Pace avesse luogo. Incredibile? Sì, eppure l'unico assente, a sette secoli di
distanza quasi dimenticato, decretò la fine di un conflitto tra città durato
intere generazioni.
Se la pace ebbe luogo, infatti, fu perché si era adempiuto ad una particolare
condizione. Scorrendo il lungo testo latino del trattato, uno dei capitoli della
Pace, una clausola, attrae l'attenzione... Sta scritto: le due parti "Stabiliscono,
proclamano, comandano per lòdo, arbitrano ed ordinano che il patto del
Signor Vescovo e dei seguaci suoi sia regolato" e che sia «ipso Domino
episcopo faciente finem perdonantiam remissionem communi et singolaribus
personis Cumarum...» cioè che lo stesso Signor Vescovo "faccia fine, perdono,
remissione al Comune e alle singole persone di Como e dei suoi alleati in
merito a tutte le violenze, offese, ingiurie e tragga il Comune e gli uomini di
Como e i suoi amici dalle scomuniche e interdetti in cui fossero incorsi per
mezzo dello stesso Signor Vescovo o per sua sentenza".
15
Bisogna infatti sapere che prima della sottoscrizione della Pace era stato
stipulato un patto, per il quale mediarono Guido da Castiglione e gli
Ambasciatori di Milano (e appunto qui si proclama di dare esecuzione al
patto già convenuto). Il patto riguardava ciò a cui maggiormente Loterio
Rusca dovette tenere (e che mai pubblicamente ammise), cioè la remissione
dell'interdetto che gravava su di lui e che stava erodendo il suo potere e il suo
ascendente sul popolo di Como.
Se la Pace di Lomazzo del 1286 ebbe luogo fu perché avvenne che il Vescovo
"perdonasse ai comaschi", e cioè fece annullamento della terribile ed
esemplare scomunica lanciata sui Rusca.
Tolto l'interdetto, il Vescovo rimase ugualmente in esilio. Giovanni degli
Avvogadri rientrò a Como soltanto nel 1292, quando il suo persecutore
Loterio Rusca fu "sceso nel sepolcro". Un anno più tardi anche il buon
Vescovo spirò, e trovò riposo eterno nella sepoltura a lui riservata in duomo a
Como, nella cappella di S. Giovanni, nel sarcofago tutt'oggi visibile presso la
Porta della Rana.

16
Testo del decreto di Scomunica diLoterio Rusca
Lomazzo, 25 aprile 1282
tratta da: Liber Statutorum Consulum Cumanorum Justicie et Negotiatorum
(Historiae Patriae Monumenta edita iussu regis Caroli Alberti, tom. XVI
Leges Municipales, Tomus secundus Pars prior, Liber Statutorum Consulum
Cumanorum - Antonio Ceruti, Augusta Taurinorum, MDCCCLXXVI)

Ioannes permissione divina Giovanni, per grazia divina Vescovo di


episcopus cumanus universis Como, a tutti coloro che vedranno queste
presentes litteras inspecturis salutem lettere salute nel Signore.
in Domino. Intendentes per semitam Intenzionato a procedere sulla via della
recte iustitie procedere contra impios retta giustizia contro gli uomini empi e
et sceleratos viros scellerati:
Antonium de Langosco comitem de Antonio da Langosco conte di Lomello,
Lumello, potestatem civitatis podestà della città di Como; l’assessore,
Cumarum, assessores collaterales collaterale, suo familiare, consigliere
familiares suos, et civitatis ipsius cittadino e ufficiale Simone da Locarno;
consiliarios et officiales Symonem de Loterio Rusca, Simone Goffredo;
Locarno, et Luterium Ruscham, Papazzone Enrico, tutti di Orello;
Symonum Guifredacium; Simone Goffredo, Frederico Aldone,
Papazonum Anricum, omnes de Goffredino de Boccacio, Corrado ser
Orello; Symonum Guifredum, Goffredo, Greppo Alessandro, questi
Fredericum Aldonem, Guifredinum ultimi tutti di Lucino, Bertaro de Zezio,
de Bocacio, Conradum ser Guifredi, Pietro da Quadrio, Pelio Pazzi, Girardo
Grepum Alexandrum, omnes de Pazzi, Giovanni Scazzone , Pietro
Lucino, Bertarum de Zezio Petrum Sinedeo, Rubeo e i suoi fratelli della
famiglia Botta e Uberto, questi ultimi
de Quadrio, Pelium Pazum,
tutti di Piro; Airoldo da Cermenate,
Girardum Pazum, Iohannem
Balzaro Panzeri, Morando Moroni,
Scazonum , Petrum sine Deo,
Giacomolo e Adamolo, fratelli figli di
Rubeum et fratrem eius qui dicitur
detto Morandi; Bonaparte Greco,
Botta, Ubertus, omnes de Piro;
Fomassio suo figlio, Ruggero Greco,
Ayroldum de Cermenate, Balzarum Giovanni suo nipote, Francesco Ponga,
Panzeram, Morandum Moronum, Pietro Alberto Rusca, Grabulio Fica,
Iacomolum Adamolum fratres filios Nicola Fica conti di Aliasca, Adamolo
ipsius Morandi; Bonapartem suo figlio, Boggio di Aliasca, Vegio
Grecum, Fomaxium eius filium, Ru- Beneduce, tutti di Aliasca; Beneduce da
gerium Grecum, Iohannem eius Geffa; Benno da Orello, Guglielmo da
nepotum, Francinum Pongam, Guilizzone, Nicola Andreolo, Giovanni
Petrum Alberti Rusche, Grabulium dalla Santa Forania, Franceschino suo
Ficham, Nicolam Ficam comitem de figlio, tutti di Prevosto, Goffredo e
17
Aliasca, Adamolum eius filium, Cristiano di Agatapane, Loterio, Pietro,
Bogium de Aliasca, Vegium Ruggero, fratelli suoi figli, Romerio,
Beneduxium omnes de Aliasca; Alberto, Brunassio, Pagano, Filippo di
Beneduxium de Geffa; Benum de Imblavadi, Greco, Turlino, Giovanni da
Orelo, Guillelmum de Guilizono, Lafranco, Francesco Rossi, Giovanni ser
Nicolam Andriolum, Iohannem Ziri, tutti della parte dei Rusconi, Sozzo
forania sancta, Francischinum eius Spezzanave, Fomassio Oldrado, Dalfo
filium, omnes de Prevosto, Gui- suo figlio, Bertrameo Raimondo, Romerio
fredum et Christianum de da Puteo, Gaudenzio da Pizzanigo,
Agatapanis, Luterium, Petrum, Ruggerio Vicedomino, Anselmo da
Rugerium fratres filios eius, Brienno, Zanolo Romerio, Girardo
Romerium, Albertum, Brunaxium, fratres de Castello de Argegno, Ostacchio
Paganum, Filipum de Imblavadis, Zenano, Bolzano, tutti di Boggiano,
Conte di Lavello, Rainerio e Enrico suo
Grecum,Turlinum, Iohannem de
figlio, Zono, questi ultimi tutti di
Lafranco, Francinum Rubei,
Fontana, Giacomo Pocobello di Castello
Iohannem ser Zirii, omnes de
di Menaggio; Finolo Malacria, Giacomo
Rusconibus, Sozum Spezanavem,
ser Castelli Malacria; Parussio Nigro dei
Fomaxium Oldradum, Dalfam eius
Malacria, Alberto Malacria, Simone,
filium, Bertrameum Raymondum, Belluccio, Martino, tutti di Alberico,
Romerium de Puteo, Gaudentium de Pietro da Alberico, Alberto Giudice,
Pizanigo, Rugerium Vicedominum, Vivenzio tonditore, Maffeo da Boggiano,
Aselmum de Brieno, Zanolum Ro- Romerio da Morecce, Sozzino da
merium, Girardum fratres de Zelonico, Caravolio Della Torre,
Castello de Arzegnio, Ostachium Fomassio suo figlio, Gallolo Frissano,
Zenanum, Bolzanum, omnes de Guglielmo Leone, Bellolo Rosso, tutti di
Bogiano, Comitem de Lavelo, Interlegno, Adamo Concesio di Via, Zirio
Raynerium et Honrigum eius filium, Alberto da Lambertengo, Anselmo Pietro
Zonum, omnes de Fontana, Iacobum da Gambacorto, Carnevario Arrivabene,
Pocobelum de Castello de Menaxio; Ardizolo Brocchi, Giacomo Brocchi da
Finolum Malacriam, Iacobum ser Coloredo, Simone suo figlio, Fimberto,
Casteli Malacria; Paruxium Nigrum Guilizzetto, Giacomo fratello dei Brocchi,
de Malacriis, Albertum Malacriam, che sta a Coloredo, Gasparo capitano di
Symonem, Beleucium, Martinum, Berbenno, Guglielmazzo... ...fratelli, figli
omnes de Albericis, Petrum de di Umberto Longo da Morbegno,
Albericis, Albertum Iudicem, Godesco da Novazzano, Brazzolo Della
Viventium tonditorem, Mafeum de Porta da Mendrisio, Petraccio Pancasio
Bogiano, Romerium de Morexe, da Mandello, Goffredo, Petrum, Acursio,
Sozinum de Zelonico, Caravolium de Enrigeto, fratelli di Vacano, Antonio
Laturre, Fomaxium eius filium, Turco da Vacano, Martino della Pila di
Galolum Frixanum, Guillelmum Mezegrio, Fiore da Cornate, Beretta da
Leonum, Belolum Rubeum, omnes Forno di Mezzegra, Aliolo da Pino,
de Interlignis, Adam Concesium de Stefano da Vacano, Petrum Puricella,
18
Via, Zirium Albertum de Giacomo da Bussenigo, Giovanni da
Lambertengis, Aselmum Petrum de Brenta, Belatolo Bonadeo, Mutto, fratelli,
Gambacurtis, Carnevarium da Bonzanigo, Giovanni Boni da Campo
Arivabenum, Ardizolum de Bro- di Isola, Lafranco da Beroldo, Galiasso da
chonibus, Iacobum Brocum de Carimate, Taddeo Matti, Redo da
Coloredo, Symonum eius filium, Ballonio, Fomassio detto Matana da
Fimbertum, Guilizetum, Iacobum Vico, Giovanni da Stazzona, Arciprete di
fratres de Brochonibus, qui stam Villa, Enrico da Stazzona, Aimo Ferrario
Coloredo, Guasparum capitaneum da Porta Nova, Graciolo da Pissio,
de Berbeno, Guilielmatium [...] Gogiacco Bono da Paravicino, Mantello
fratres filii Uberti Longi de da Molteno, Girardino da Nultengo,
Morbegno, Godescum de Novazano, Giacomo da Rogeno, Gasparo Alberigino,
Brazolum de Laporta de Mendrixio, Menno, Galvano, Giovanni, Pasquario,
questi ultimi tutti di Camnago, Antonio
Petracium Pancasium de Mandelo,
da Camnago, Andriolo Bellone, Paolo
Guifredum, Petrum, Acursium,
Alberto, detto Tinello, Oldrino,
Anrigetum fratres de Vachanis,
Guglielmo, Princivalo, Gasperino, tutti
Antonium Turchum de Vachanis,
di Birago, Zuccone, Goffredino da
Martinum de la Pilla de Mezegrio,
Castiglione, Salvadeo Calvassina da
Florem de Cornate, Beretam de Rovenna, Boldo Boldoni da Bellano,
Furno de Mezegrio, Aliolum de Pino,
Stephanum de Vacanis, Petrum
Purixelam, Iacobum de Bunzenigo,
Iohannem de Brenta, Belatolum
Bonadeum, Muttum fratres de
Bonzanigo, Iohannem Boni de
Campo de Insula, Lafrancum de
Beroldo, Galiax de Caramatis,
Tadeum Matum, Redum de Balonio,
Fomaxium qui dicitur Matana de
Vico, Iohannem de Stazona,
Archipresbiterum de Villa,
Honrigolum de Stazona, Aymum
Ferarium de Porta Nova, Graciolum
de Pissibus, Gogiacham Bonum de
Paravexino, Mantelum de Molteno,
Girardinum de Nultengo, Iacobum
de Rozeno, Guasparum Alberiginum,
Menum, Galvaneum, Iohannem,
Pasquarium, omnes de Camenago,
Antonium de Camenago, Andriolum
Belonum, Paulum Albertum, qui
dicitur Tinelus, Oldrinum,
19
Guilelmum, Princivalum,
Guasparinum, omnes de Birago,
Zuchonum, Guifredinum de
Castiliono, Salvadeum Calvaxinam
de Ravena, Boldum Boldonum de
Belano,
omnes Cumarum et diocesis ipsius et tutti di Como e della sua diocesi e anche
diocesis etiam mediolanensis, della diocesi milanese, e i loro fautori, per
eorumque fauctores ob eorum graves i loro gravi e intollerabili eccessi, che
et intolerabiles excessus, quos nuper recentemente hanno commesso in modo
inhumane et nimis enormiter in nos disumano ed enome contro di noi e la
et ecclesiam episcopalem cumanam Chiesa episcopale di Como, abbiamo
comiserunt, congruam duximus raggiunto sufficiente certezza delle loro
eorum culpas et nostri processus colpe e del nostro processo con l’indagine
certitudinem per veritatis seriem della verità, in modo che non possano
prelibare, ut apud ignaros portare una giusta scusa presso gli
excusationem iustam opponere non ignari, e la nostra sentenza secondo il
valeant, et sententia nostra ius diritto e che renderà il giusto secondo le
comitans et pro meritis retribuens colpe, si raccomandi davanti a Dio e e
agli uomini.
apud Deum et homines commen-
detur.
Nempe ob illorum de la Turre Infatti per la potenza di questi della
potentiam prefato Symone de Torre, rinchiuso il suddetto Simone da
Locarno longis temporibus diro Locarno per lungo tempo in duro carcere
carcere in civitate Mediolani recluso, nella città di Milano, ed espulsi il
et memorato Luterio Ruscha cum suddetto Loterio Rusca con molti altri del
pluribus aliis de parte Rusconorum partito dei Rusca dalla città e dalla
de civitate et diocesi cumana a pro- diocesi di Como, e dimorando
priis expulsis, et in civitate Mediolani miserabilmente nella città di Milano in
in diversis partibus miserabiliter diverse parti avendo rinnegata del tutto
degentibus sibi prorsus patria la propria patria, noi mossi da giusta
propria denegata, nos iusto compassione, desiderando riportare allo
compassionis motu tam civitatem stato di pace e di quiete la predetta città e
predictam, quam prenominatos et i loro partigiani, non senza rischio per
noi ed i nostri abbiamo esteso la nostra
fauctores suos in unitatis, pacis et
preoccupazione alla loro liberazione, e
quietis statum reducere cupientes,
abbiamo speso ogni cura di sollecitudine
non absque nostrum et nostrorum
e influenza, quanto più diligentemente
discrimine ad eorum liberationem
possibile; così che con l’aiuto della grazia
curam nostram totaliter extendimus,
dello Spirito Santo li abbiamo ricondotti
et omne sollicitudinis et possibilitatis dal carcere e dall’esilio alle loro case, e
studium impendimus, quam abbiamo reso il loro stato pacifico e
diligentius potuimus; ita quod
20
annuente Spiritus Sancti gratia eos a sicuro, al punto che, restituiti loro i loro
carzere et exilio ad propria beni, tutti erano ritenuti cari e potenti
reduximus, et statum eis reddidimus nella predetta città come non erano mai
pacificum et securum, adeo quod stati, e abbiamo riportato la predetta città
restitutis sibi bonis suis, omnes cari e assolutamente tutti i cittadini allo stato
et potentes in civitate prenominata pacifico.
sicut umquam fuerant, habebantur,
et civitatem predictam et omnes
omnino cives ipsius in unitatem et
statum pacificum reduximus.
Ipsi vero tantorum beneficiorum Essi però ingrati di tanti benefici, benché
ingrati, quamquam brevi temporis per un breve spazio di tempo abbiano
spatio benefactorem agnovisse per mostrato di aver riconosciuto il loro
quandam simulationis speciem benefattore con una specie di
hostenderunt, ad contempta simulazione, emergendo in modo
paulatim inquietanter emergentes, et inquietante a poco a poco, e cercando di
mala pro bonis reddere studentes rendere il male per il bene per invidia
nobisque invidentes, ac quaxi verso di noi, come indignati per essere
indignati quod a nobis liberationem stati liberati da noi, hanno osato
fuerant consecuti, contra nos et macchinare con astuzia e malizia molti
ecclesiam Cumarum mala multa mali contro di noi e la Chiesa di Como,
presumpserunt caute et nequiter tentando di invadere i possedimenti della
machinari, conando possessiones nostra chiesa e di sottrarli con la
violenza, e commettendo molte altre
ecclesie nostre invadere et violenter
nefandezze, che sarebbe inutile rievocare;
auferre, ac alia multa nefanda, que
infatti il solo aver commesso questo di
evocare esset superfluum,
nuovo li ha giudicati scellerati e
comittendo; hoc enim solum de novo
abominevoli.
comissum eos sceleratos et
habominabiles iudicavit.
Nuper enim per prefatum potestatem Inoltre infatti radunata a Como dal
et supradictos omnes hominum predetto podestà e dagli uomini suddetti
ingenti multitudine in civitate un’ingente moltitudine da diverse parti,
Cumarum a diversis partibus mentre noi procuravamo solo l’unità e la
congregata, procurantibus nobis pace della città, il medesimo podestà e
solummodo unitatem et statum tutti i citati con quella moltitudine a
pacificum civitatis, ipse potestas et mano armata fecero contro di noi e la
predicti onmes cum ea multitudine nostra famiglia, che dimoravamo nel
armata manu in nos et familiam nostro palazzo episcopale di Como, un
nostram in hospitio episcopalis affronto con clamore grande e orribile, o
ecclesie comorantes, in civitate su- lo fecero fare, o lo procurarono, o lo
pradicta tumultuosse et clamore comandarono, o lo approvarono, volendo
grandi et orribeli fecerunt insultum, sottoporre a morte o a cattura noi e quelli
21
seu fieri fecerunt, seu procuraverunt, che erano con noi;
seu mandaverunt, seu rato
habuerunt, volentes nos et eos qui
nobiscum aderant, captioni
supponere aut neci;
quod iuxta eorum dexiderium ciò che avrebbero compiuto secondo il
implevissent, nisi quia inde fugendo loro desiderio, se non che noi fuggendo di
ad alias partes curavimus nos là procurammo di trasferirci da un’altra
transferre; et preterea volentes omnis parte, e inoltre volendo commettere ogni
sceleris genus comittere, ignem in genere di delitto, misero il fuoco nel
predictis domibus ecclesie predetto palazzo episcopale intorno in
episcopalis circumquaque in diversis diversi punti, o lo fecero appiccare, o lo
partibus immiserunt, seu immitti ordinarono, o approvarono il fatto, per il
fecerunt, seu procuraverunt, seu qual fuoco e per la rovina operata da loro
ratum habuerunt, ob quem et ruinam quasi tutto il predetto palazzo è distrutto,
per eos factam quasi totum devastarono crudelmente la chiesa della
antedictum hospitium est beata e gloriosa Vergine Maria, portando
destructum, ecclesiam beate Marie via di là i cardini, gli ornamenti, gli
stalli, rubarono i paramenti pontificali e
Virginis gloriosse crudeliter
sacerdotali per celebrare il culto divino, le
confregerunt, cardines seu cancanos,
croci, gli apparati, i bellissimi drappi
ornata, sedilia exinde auferendo,
degli altari, la campana, i libri, gli
pontificales et sacerdotales pro
strumenti, e altri diritti e beni della
divino celebrando ofitio, cruces,
chiesa; spogliando noi di moltissimi e
aparatus, drapos altarium quasi innumerevoli nostri beni, che
pulcherrimos, campanam, libros, trovarono nel predetto palazzo.
instrumenta, et alia iura et bona
multa ecclesie rapuerunt: nos
quampluribus quaxi innumerabilibus
bonis nostris, que in illo invenerunt
hospitio, spoliantes.
Post que omnia per aliquos dies Dopo tutte queste cose per alcuni giorni
quidam etiam de diocesi Cumarum alcuni dei predetti scellerati anche della
predictorum sceleratorum et diocesi di Como e i loro seguaci di
sequaces eorum auctoritate propria propria autorità andarono per il
iverunt per cumanum episcopatum vescovado di Como ai possedimenti della
ad possessiones ecclesie episcopalis, Chiesa episcopale, al castello di Ardenno
ad castrum de Ardenno et granciam e alla grancia di Samolaco, a Birizona, e
de Somolego, ad canevam de da lì asportarono in grandissma quantità
Birizona, et inde bladum et vinum in biada e vino, vasi, animali e moltissimi
maxima quantitate, vasa, animalia et altri beni mobili di valore, e con un
alia mobilia plurima valoris maximi grande incendio bruciarono il predetto
exportarunt, et predictum castrum de castello di Ardenno e la predetta grancia
22
Ardenno, et granciam prefatam de di Samolaco.
Somolego ignis incendio
combusserunt.
Item etiam potestas quosdam de Ugualmente anche il podestà mandò
familia sua missit ad canevam de alcuni della sua famiglia ai depositi di
Lugano, et exinde bladum et vinum, Lugano, e da lì portarono via biada e
utensilia et bona multa mobilia vino, utensili e molti beni mobili di
valoris mansi abstulerunt. Cumque valore. Quando noi, per la grande
nos ob predictorum ingentem malizia di tali azioni da Castel San
malitiam a castro sancti Petri, quod Pietro, che è della chiesa episcopale, al
est ecclesie episcopalis, ad quod quale ci eravamo rifugiati noi e la nostra
reduxeramus nos et familiam famiglia, andammo alla città di Milano,
nostram, ivissemus ad civitatem lasciati in quel castello i nostri ministri
Mediolani, relictis in predicto castro per governarlo, il predetto podestà con
sancti Petri nunciis nostris pro molti altri dei predetti venendo a tale
gubernatione illius castri, predictus castello, lo invasero e espellendo i nostri
ministri portarono via molti beni mobili,
potestas cum pluribus aliis ex
e ancora tengono occupato quel castello;
predictis ad predictum castrum
alcuni anche dei predetti spogliarono il
accedentes, illud castrum invaserunt,
nostro castello di Pontegano di molti beni
et eiicientes noncios nostros exinde
mobili, e lo tengono contro i patti; e in
quamplura bona mobilia
totale danneggiarono noi e la chiesa
exportarunt, idemque castrum adhuc episcopale per ventimila libbre, oltre il
detinent occupatum; quidam etiam danno fatto nei palazzi da loro, e negli
ex predictis castrum nostrum de strumenti e diritti della chiesa episcopale.
Pontegano bonis quampluribus
mobilibus spoliarunt, ei illud
detinent contra pactum; et in summa
nos et ecclesiam episcopalem
dampnificaverunt in viginti milibus
librarum, ultra dampnum datum in
domibus per eos, et in instrumentis et
iuribus episcopalis ecclesie, que eius
estimatione reciperent.
Ad hec nobis in civitate Mediolani Oltre a questo mentre noi rimanevamo a
manentibus, quidam ex predictis Milano, alcuni dei predetti sacrileghi
sacrilegis canonicos cathedralis costrinsero con minacce e terrori i
ecclesie nostre minis et terroribus canonici della nostra chiesa cattedrale a
compulerunt congregare capitulum riunire il capitolo per ricevervi i loro figli
pro recipiendis inibi filiis suis contra contro la nostra costituzione edita nel
constitutionem nostram editam in sinodo; alcuni anche di loro con temerità
synodo congregata; quidam etiam occuparono con la violenza alcune chiese
predictorum quasdam ecclesias della città e della diocesi di Como a nome
23
civitatis et diocesis cumane nomine di propri chierici, espulsi violentemente i
quorundam suorum clericorum possessori di quelle chiese.
propria temeritate per violentiam
occuparunt, possessoribus illarum
ecclesiarum ab eisdem violenter
eiectis.
Quorum omnium facinorum et Di tutti questi delitti e scelleratezze
delictorum prenominati potestas, furono principali artefici e fattori e
assessores sui iudices eius Symon, mandanti i summenzionati podestà, i
Luterius et ceteri, quorum nomina suoi assessori e giudici Simone, Loterio e
superius exprimontur, consciliarii, gli altri, i cui nomi sono scritti sopra,
officiales, principales fuerunt factores consiglieri, ufficiali, ovvero per loro
et actores et procuratores, seu eorum mandato o consiglio o operato tutte e
mandato seu conseflio seu opere singole le cose predette sono state
predicta omnia et singula sunt commesse; per queste cose tutti e singoli i
comissa; propter que predicti omnes predetti come rapinatori dei beni
et singuli velut raptores bonorum ecclesiastici, violatori delle cose sacre e
ecclesie, sacrorum violatores et... incendiari sono senza dubbio riconosciuti
...incendiarii ipso facto come scomunicati dai sacri canoni.
excommunicati indubitanter a
canone cognoscuntur.
Unde cum prefati excessus et Poiché i precitati delitti sono talmente
facinora adeo sint notorii sive noti e conosciuti che non si possono
notoria, quod nulla possint nascondere senza alcuna esitazione, e
tergiversatione celari, et iniuriam poiché non possiamo dissimulare una
ecclesie nostre et dampna tam così grande ingiuria all'episcopato e
maxima episcopatus dissimulare aut sostenerla con animo calmo e con la
equanimiter sustinere necquaquam et connivenza di certi alcuni chierici,
clericis conniventibus valeamus, ne affinché anche noi non veniamo trovati
ex remissione vindicte nos apud colpevoli presso Dio, e perché non
Deum inveniamur culpabiles, et ut diventino più malvagi di quanto sono
non fiant, qui nequam fuerant, stati, stando davanti a noi uomini scelti i
nequiores, astantibus nobis discretis signori Avvocato de’ Avvocati arciprete
viris dominis Advocato de Advocatis della chiesa di Monza, e il Maestro
Zambello di Desio canonico della chiesa
archipresbytero ecclesie
di san Giuliano ad Colloniam della
modoetiensis mediolanensis diocesis,
predetta diocesi, e una moltitudine
et magistro Zambello de Dexio
abbondante di fedeli,
canonico ecclesie santi Iuliani ad
Colloniam predicte diocesis, ac
multitudine fidelium copiosa,
nos ex officio nostri debito et noi, in forza dell'ufficio e dell'autorità
auctoritate qua fungimur, predictos che svolgiamo, decretiamo scomunicati i
24
potestatem, assessores, et iudices et precitati podestà, assessori, giudici,
familiares Symonem et Luterium et familiari di Simone [da Locarno] e
omnes alios predictos et quemlibet Loterio [Rusca] e tutti gli altri precitati e
eorum, et omnes alios cuiuscumque qualunque di loro, e tutti gli altri di
status et cuiuscumque civitatis et qualunque stato e qualunque città e
diocesis, qui ad hec dederunt opem diocesi, che a queste cose diedero
vel operam dicto vel facto, appoggio con parole e fatti, impedendo
impendendo consilium, auxilium vel consiglio, aiuto, favore pubblico o
favorem publicum vel occultum, nascosto, e di nuovo per le premesse e
excommunicatos denunciamus et soprascritte cause scomunichiamo e
iterum in hiis suprascriptis ex rendiamo pubblica la scomunica, e li
premissis causis et ex earum qualibet dichiariamo scomunicati e ordiniamo che
excommunicamus et da tutti vengano evitati; pure per la città
di Como, per la diocesi e le sue chiese
excommunicatos publice nontiamus,
irroghiamo l'interdetto ecclesiastico
et cos tamquam excommunicatos et
abominabiles ab omnibus precipimus
evitari; civitatem quoque predictam
cumanam et eius diocesim et earum
ecclesiam ecclesiastico supponimus
interdicto.
Ad hec nos volentes tam animabus Inoltre volendo noi provvedere tanto alle
predictorum, quam amissorum anime dei precitati, quanto al recupero
recuperationi, quantum cum Deo dei beni perduti, per quanto possiamo
possumus, et iustitiam providere, con l’aiuto di Dio, richiediamo,
prenominatos potestatem, assessores, ammoniamo con attenzione e
collaterales et familiares suos strettamente e ordiniamo ai precitati
consciliarios et offitiales civitatis podestà, assessori, i loro collaterali e
Cumarum Symonem et Luterium et familiari e consiglieri e ufficiali della città
omnes alios suprascriptos eorumque di Como Simone e Loterio e tutti gli altri
fauctores requirimus, monemus et soprascritti e i loro fautori, comandando
inducimus attente (et) districte, eis loro per l’autorità che rivestiamo che
qua fungimur auctoritate mandantes entro dieci giorni curino di riparare
ut infra decem dies tam nobis quam pienamente tanto a noi che alla chiesa di
Como le ingiurie e i danni inferti da loro
predicte ecclesie cumane de iniuriis
a noi, alla chiesa e al capitolo, e lascino,
et dampnis per eos nobis, ecclesie,
restituiscano e rilascino, e facciano
capitulo... ...illatos curent plenarie
lasciare e restituire a noi o ai nostri
satisfacere, et omnia castra,
emissari tutti i castelli, i possedimenti, e
possessiones et alia bona et iura
gli altri beni e diritti nostri e del
nostra et episcopatus predicti, que Vescovado, che tengono occupati o fanno
occupata detinent, seu detinere per tenere occupati da altri, o lo permettono o
alios faciunt seu permittunt, seu lo approvano;
ratum habent, libere nobis seu
25
nonciis nostris dimittant, restituant et
relaxent, et dimitti et restitui faciant;
infra quem terminum si negligentes se saranno negligenti o disobbedienti
aut inobedientes extiterint alium entro questo termine fissiamo soltanto un
terminum decem dierum immediate altro termine di dieci giorni
post terminum prescriptum eis ad immediatamente dopo il termine
predicta facienda tantum prefigimus; prescritto loro per fare le predette cose;
post quem terminum si predicta non dopo questo termine se non avranno
compleverint, tertium terminum pro compiuto le predette cose, riteniamo
peremptorio aliorum decem dierum dover assegnare un terzo termine
proximorum post predictum perentorio dei dieci giorni seguenti il
terminum futurorum eis duximus detto termine; altrimenti il predetto
assignandum; alioquin predictus podestà, gli assessori, i giudici e
potestas, assessores, sive iudices et collaterali e familiari suoi consiglieri, gli
collaterales et familiares eius ufficiali Simone e Loterio e gli altri
suddetti e i loro fautori li annodiamo con
consciliarios, ofitiales Symonem et
sentenza di scomunica in virtù di questi
Luterium et ceteros supradictos et
scritti; e di nuovo sottoponiamo
eorum fautores in hiis scriptis
all’interdetto ecclesiastico la città e la
excommunicationis sententia inno-
diocesi di Como e le loro chiese.
damus; et iterum civitatem et
diocesim cumanam et earum
ecclesias ecclesiastico supponimus
interdicto.
Item monemus primo, secundo et. Dunque ammoniamo una, due e tre volte
tertio et pro peremptorio potestatem, perentoriamente il podestà, i giudici o
iudices sive assessores eius assessori, i suoi consiglieri e i familiari
consciliarios officiales predictos ac predetti e Simone e Loterio, e tutti i
prefatos Symonem et Luterium et, precitati e il comune di Como, e tutti e
omnes predictos et commune singoli gli uomini della città di Como e
Cumarum, et omnes et singulos della sua Diocesi, che da ora in avanti
homines civitatis cumane et eius non impongano né esigano né ricevano
diocesis, ut de cetero nulla onera vel più oneri o incarichi reali, personali o
munera realia, personalia seu mista misti alle chiese o ai chierici o alle
ecclesiis vel clericis seu ecclesiasticis persone ecclesiastiche o ai loro beni con
personis vel bonis eorum imponant l’astuzia o la frode, ma desistano del
vel exigant seu recipiant ingenio tutto da simili esazioni, cassino quelle già
imposte e restituiscano quelle esatte,
aliquo sive fraude, sed ab huiusmodi
altrimenti con questi scritti colpiamo di
exactionis a desistant omnino,
scomunica tutti e singoli i
imposita cassent et exacta restituant,
contravventori. Inoltre ammoniamo una,
alioquin onmes et singulos
due e tre volte perentoriamente tutti e
contrafacientes in hiis scriptis
singoli i suddetti e tutti gli altri della
excommunicationis vinculo
26
innodamus. Preterea monemus città e diocesi di Como, che non facciano
primo, secundo et tertio peremptorie ostacolo ai nostri messaggeri e familiari
omnes et singulos suprascriptos et nell’andare e restare e ritornare per la
universos alios civitatis et diocesis città e diocesi di Como per percepire le
cumane, noncios et familiares nostros nostre rendite e sbrigare gli altri affari,
in eundo vel morando et redeundo che non li molestino in nulla, né li
per civitatem et diocesim cumanam facciano ostacolare o impediscano che
pro nostris reditibus percipiendis, et possano percepire i nostri frutti e redditi
aliis nostris negotiis peragendis non e proventi, e compiere gli affari della
impediant in aliquo vel molestent, nostra chiesa liberamente e in sicurezza:
seu impediri faciant vel permittant altrimenti con questi scritti colpiamo di
quominus possint fructus et reditus scomunica tutti e singoli i
et proventus nostros percipere, et contravventori.
nostra et ecclesie nostre negotia
peragere libere et secure: alioquin in
contrafacientes in hiis scriptis
excommunicationis sententiam
promulgamus.
Ut autem huius noster processus ad Al fine di rendere pubblico questo nostro
omnem omnium noticiam deducatur, processo a tutti, faremo appendere o
cartas seu membranas processum meglio affiggere alle porte le carte o
continentes eondem in loco de pergamene contenenti il processo
Lomatio in ecclesia sancti Syri, que medesimo nel luogo di Lomazzo, nella
est eiusdem loci cumane diocesis, chiesa di S. Siro, che appartiene alla
appendi vel affigi hostiis faciemus, diocesi di Como, che pubblicheranno lo
que processum ipsum quasi suo stesso processo come con il loro sonoro
sonoro preconio et patulo iudicio pu- annuncio e con pubblico giudizio; così
blicabunt; ita quod potestas, iudices, che il podestà, i giudici e i consoli e gli
consulles et homines civitatis et uomini della città e diocesi di Como e gli
diocesis cumane et ceteri homines, altri uomini, che il processo riguarda,
quos processus ipsi contingent, ullam non possano prendere scuse, che il
processo non è pervenuto loro, o che lo
propterea poterunt excusationem
ignorano, non essendo verosimile che sia
pretendere, quod ad eos taliter
ignoto o occulto per loro quello che è
processus non pervenerit, vel igno-
tanto palesemente pubblicato agli
rant eundem, cum non sit verosimile
uomini. A testimonianza di quest’atto
quod sit quoad eos ignotum vel
abbiamo ordinato che fossero scritte le
occultum, quod tam patenter presenti lettere e redatte in forma
hominibus publicatur. In cuius rei pubblica dal sottoscritto notaio, e inoltre
testimonium presentes per che fossero munite del nostro sigillo.
infrascriptum notarium scribi et in
publicam formam redigi iussimus, et
nostri insuper sigili appension
27
muniri.
Lata fuit sententia predicta per La presente sentenza fu ratificata dal
predictum dominum episcopum precitato messer vescovo, l’anno del
anno Domini MCCLXXXII, die sabati Signore 1282, giorno di sabato, 6° dalla
VI exeunte aprili, indictione X in fine di aprile, indizione 10.a, nella festa
festo beati Marci evangeliste. Actum di S. Marco Evangelista. Fatto nella
in predicta ecclesia sancti Syri. Unde precitata chiesa di S. Siro. Furono
plura. Interfuerunt ibi testes presenti come testimoni l’arciprete
predictus Advocatus archipresbyter Avvocati, di Monza, il maestro Zambello
modoetiensis, et magister Zambellus di Desio, il presbitero Carnevario,
de Dexio, et presbyter Carnevarius cappellano della presente chiesa,
capelanus dicte ecclesie, et Pocobello de Zulino, canonico di Lenno,
Poccobelus de Zulino canonicus de Alberto Guidoldo, Lantelmo Guidoldo e
Lenno, et Albertus Guidoldus et Ardizzone, chierici, tutti dello stesso
luogo, il presbitero Ambrogio e il
Lantelmus Guidoldus et Ardizonus
presbitero Manfredo, cappellani della
clericus, omnes eiusdemn loci, et
chiesa di S. Vito di Lomazzo, alla
presbyter Ambroxius, et presbyter
presenza di una moltitudine copiosa di
Mainfredus capellanus ecclesie sancti
fedeli.
Viti eiusdem loci de Lomatio, pre-
sente ibi etiam fidelium multitudine
copiosa.
Ego Francinus Pasta de Galarate Io, Francesco Pasta da Gallarate, figlio di
filius ser Iacobi Paste de mandato Ser Giacomo, per mandato di messer
domini episcopi et iussu eiusdem tra- vescovo e sotto suo ordine, consegnai e
didi et scripsi, et in publicam formam scrissi e redassi in pubblica forma. Io
reddigi. Ego Georgius de Binago Giorgio da Binago notaio di Como figlio
notarius Cumarum filius quondam del fu Ambrogio da Binago feci copia di
Ambroxii de Binago hanc sententiam questa sentenza dall’originale sigillato.
ex sigellato et autentico exemplavi. Io, Aliolo Ferrari, notaio di Como figlio
Ego Aliolus Ferarius notarius di Enrico Ferrari di Como, feci copia di
Cumarum filius Anrici Ferrarii de questa carta dalla copia.
Cumis hanc cartam ex exemplo
exemplavi.

28
Testo del trattato della Pace di Lomazzo
Lomazzo, 3 aprile 1286

In nomine Omnipotentis Domini In nome dell’Onnipotente Signore,


anno a nativitate ejus Domini 1286 nell’anno della nascita di lui Signore
die mercurij tertio die mensis Aprilis 1286, in giorno di mercoledì, nel
Indict. XIII. terzo giorno del mese di Aprile.
Indizione XIII.
Cum multa inimicitie jurgia et guerra Essendoci state fin qui molte
acerrima forent hactenus inter inimicizie, liti e guerra acerrima tra il
commune et homines Mediolani et comune e gli uomini di Milano e il
commune et homines Cumarum et comune e gli uomini di Como e i loro
suos amicos videlicet Dominum amici cioè il Signor Guido da
Guidonem de Castelliono et fratres et Castiglione e i fratelli e i loro parenti
eorum parentes et amicos et e amici e il Signor Balzarino da
Dominum Balzarinum de Birago et Birago e i fratelli e i loro parenti e
fratres et eorum parentes et amicos, amici, e i Signori de’ Paravicino e i
et dominos de Palavicino et eorum loro parenti e amici tanto di
parentes et amicos tam de Vallesina Valassina quanto di Martesana e
quam Martexana et illos de riperia quelli della riviera di Lecco e anche
Leuci et etiam de Valle Saxina ex di Valsassina dall’altra parte, e per le
altera parte, et ob ipsas inimicitias medesime inimicizie, dispute e
jurgia et guerra multe offensiones guerra molte offese, reali e personali,
reales et personales et multa damna e molti danni essendo stati inferti da
illata sint de una parte ad aliam et de una parte all’altra e dall’altra all’altra
alia ad aliam durante ipsa guerra, et perdurando la stessa guerra e anche
majora etiam damna in posterum maggiori danni in avvenire fra le
inter ipsas partes dari et inferri stesse parti potendo esser dati e
possent si ipsa guerra duraret, inferti se essa guerra avesse a durare,
tandem det provisione qui verus est finalmente dia provvidenza Colui
auctor pacis, et qui fluctuante statu che è il vero autore della pace, e che,
ipsarum partium dignatus est essendo incerta la situazione delle
misericorditer providere de vero medesime parti, si è degnato
nobili Dominus Lantelmo Benzono misericordiosamente di provvedere
de Crema interponente laboriose et davvero il nobile Signor Lantelmo
fideliter ad hoc partes suas et Benzone da Crema interponendo
Sapientis viri Domini Mathei de faticosamente e fedelmente, in merito
Romana Mutinensis confortatione et a questo, il suo interessamento, e del
tractatu sapiente uomo Signor Matteo di
Romana Mutinense (Modenese) per il
sostegno e la trattativa,
29
et virorum honorabilium et e degli uomini onorevoli e sapienti
Sapientium dominorum Antelmi de Signori Antelmo da Alzate, Gaspare
Alzate, Gaspari de Garbagnate, da Garbagnate, Giacomo da
Jacobi de Modoetia, et Alberti Bossij Modoetia (Modicia; infine Monza), e
Civitatis Mediolani nec non Alberto Bosso della città di Milano
dominorum Henrici de Alzate, nonché dei Signori Enrico da Alzate,
Gulielmi de Guilizono, Bertari de Guglielmo da Guilizone, Bertario da
Zezio et Petri Rusche civitatis Zezio e Pietro Rusca della città di
Cumarum solicitudine et operibus Como per la sollecitudine e le opere
mediantibus et intervenientibus qui di mediazione e d’intervento, i quali
pro ambaxatoribus communis in qualità di ambasciatori del comune
Mediolani Cumarum seu ipsarum di Milano, di Como o delle stesse
partium circa hoc et infrascripta ad parti, riguardo a questo e le cose
bonam perducendam finem scritte appresso da condurre a buon
voluntarie et fideliter multo tempore fine, volontariamente e fedelmente
laborarunt placuit suprascriptis per molto tempo si adoperarono,
partibus per eorum sindicos se piacque alle soprascritte parti, per
committere et arbitramento mezzo dei loro sindici affidarsi, e per
venerabilis in Christo Fratris domini l’arbitraggio del venerabile in Cristo
Othonis Dei et apostolice sedis gratia Fratello signor Ottone, per grazia di
sancte mediolanensis ecclesie Dio e della sede apostolica
Archiepiscopi plurimum Reverendi Arcivescovo della santa chiesa
et virorum nobilium dominorum milanese moltissimo reverendo, e dei
Ugolini (...) Jacopini Rubei potestatis nobili uomini signori Ugolino
Mediolani et domini Guidonis de Jacopino Rosso podestà di Milano e
Casteliono communis et Lotherij del signor Guido da Castiglione, del
Rusce populi Cumarum potestates de comune, e Loterio Rusca, del popolo
predictis inimicitiis jurgiis et guerra di Como, i podestà circa le predette
et de omnibus injuriis vastis incendiis inimicizie, dispute e guerra e circa
robariis damnis et offensionibus tutte le ingiurie, le devastazioni,
realibus et personalibus datis et factis gl’incendi, le ruberie, i danni e le
inter unam partem et aliam seu per offese, reali e personali, date e fatte
aliquos vel aliquem alicujus ipsarum entro una parte e l’altra o per mezzo
partium in aliquem vel aliquos de di alcuni o alcuno di qualcuna delle
ipsis partibus, tamquam in arbitros et stesse parti, conformemente agli
arbitratores et in amicabiles arbitri e arbitratori e agli amichevoli
compositores et in viros quorum compositori e alle persone
studia et animarum sinceritas ad ragguardevoli, l’impegno delle quali
ipsas partes inducendas ad statum e la lealtà d’animo verso le parti
pacificum multo tempore vigilarunt medesime da indurre a pacifica
vallato et compromisso de quo condizione, per molto tempo si son
traditum et imbriviatum fuit dati da fare stabilito un
30
publicum instrumentum per compromesso del quale fu trasmesso
Antegradum Crottum Notarium e imbreviato pubblico in strumento
Mediolani simul cum Ferrabove de da Antegrado Crotto Notaio di
Dorso Notarium Cumarum hoc anno Milano insieme con Ferrabove da
die mercurij tertio instantis mensis Dorso Notaio di Como quest’anno,
Aprilis pena decem millium mercoledì terzo del corrente mese
Marcarum argenti puri. d’Aprile sotto pena di dieci mila
Marche d’argento puro.
Unde predicti domini Onde i predetti Signori -
Archiepiscopus, Ugolinus Rubeus l’Arcivescovo, Ugolino Rosso
potestas Mediolani, Guido de podestà di Milano, Guido da
Castiliono communis Lotherius Castiglione del comune e Loterio
Rusca populi Cumarum potestates Rusca del popolo di Como, i podestà,
arbitri et arbitratores et amicabiles arbitri e arbitratori e amichevoli
compositores inter predictas partes compositori tra le predette parti
ut superius est expressum sectantes come più sopra è espresso -
viam arbitrorum et arbitratorum et ricercando la via degli arbitri e degli
amicabilium compositorum pro ut arbitratori e degli amichevoli
melius de jure valere potest ad compositori come meglio secondo il
honorem Dei patris et omnipotentis diritto può valere in onore di Dio
et Beate Marie Virginis gloriose et Padre e Onnipotente e della Beata
beatorum Ambrosij Mediolani, et Vergine gloriosa e dei beati
Abondij Cumarum confessorum et Ambrogio di Milano, e Abbondio di
patronorum et omnium Sanctorum et Como - confessori e patroni - e di
Sanctarum Dei et ad reverentiam S.e tutti i Santi e le Sante di Dio e a
Matris ecclesie et Domini Pape et riverenza della Santa Madre Chiesa e
ex.mi Romanorum Regis et ad del Signor Papa e dell’eccellentissimo
laudem perpetuam et Re dei Romani e a lode perpetua e
commendationem predicti Domini titolo di raccomandazione del
Lantelmi Benzoni et predicti Domini predetto Signor Lantelmo Benzone e
Mathei de Romana et ad perennem del predetto Signor Matteo da
memoriam bonorum operum Romana e a perenne memoria delle
predictorum ambaxatorum, buone opere dei predetti
pronuntiant sententiant et arbitrantur ambasciatori, proclamano,
et infrascripta precepta faciunt sentenziano e arbitrano e i sottoscritti
omnes quattuor in concordia. precetti fanno tutti e quattro in
concordia.
In primis statuunt precipiunt Dapprima stabiliscono, ordinano,
sententiant pronuntiant et arbitrantur sentenziano, proclamano ed
quod pax vetus servetur inter arbitrano che l’antica pace sia serbata
commune Mediolani et commune tra il comune di Milano e il comune
Cumarum. di Como.
31
Item pronuntiant statuunt, laudant, Inoltre proclamano, dispongono,
sententiant arbitrantur et precipiunt comandano per lòdo, sentenziano,
quod de presenti de predictis arbitrano e ordinano che da subito: in
inimicitiis jurgiis et guerra et injuriis merito alle predette inimicizie,
omnibus vastis robariis incendiis dispute e guerra e ingiurie, tutte le
damnis et oppressionibus realibus et devastazioni, ruberie, incendi, danni
personalibus datis factis inter e violenze, reali e personali, date e
predictas partes vel aliquem seu fatte tra le predette parti o alcuno o
aliquos de predictis partibus, fiat alcuni delle predette parti, sia fatta
pax, remissio, finis perdonatio et pace, remissione, fine, perdonanza e
pactum de non petendo et ulterius patto di non chiedere e ulteriormente
non agendo accusando vel non agire, accusare o inquisire, e che
inquirendo, et quod nec fiat ratio nec né sia fatta ragione né diritto ad
jus alicui communi collegio vel alcun comune, collegio o comunità o
universitati vel singulari persone singola persona in nessun tempo
aliquo tempore super predictis vel sopra le cose predette o alcunché
aliquo eorum. d’esse.
Item pronuntiant laudant sententiant Inoltre proclamano, comandano per
arbitrantur et precipiunt quod lòdo, sentenziano, arbitrano e
Dominus Marchio Montisferrati ordinano che il Signor Marchese di
habere debeat a communi Mediolani Monferrato debba avere dal comune
de residuo sui salarij quod sibi restat di Milano circa il residuo del suo
ad solvendum singulis annis tam pro salario, che resta da pagargli nei
tempore preterito quàm presenti et singoli anni tanto per il tempo
futuro decem millia librarum trascorso quanto per il presente e il
papiensium, ipso Domino Marchione futuro, dieci mila lire pavesi; lo stesso
faciente finem communi et Signor Marchese ponendo termine
hominibus civitatis et comitatus verso il comune e gli uomini della
Mediolani cujuscumque dignitatis città e del contado di Milano e di
aut conditionis existant de ornnibus qualunque dignità o condizione
injuriis offentionibus et damnis datis risultino in merito a tutte le ingiurie,
et factis et illatis eidem Domino molestie e danni dati e fatti e inferti
Marchioni et suis et de omni allo stesso Signor Marchese e ai suoi
dominatione et jure ac rationibus que e in relazione a ogni dominio e diritto
competere eidem possent seu dicere e ragioni che possano competere allo
velle pertinere ad eum aliquo modo, stesso o si volesse dire di pertinenza
et quod dictus Dominus Marchio sua in qualche modo, e che detto
posset cum sua comitiva ire ad Signor Marchese possa con i suoi
civitatem Cumarum a Legnano supra accompagnatori andare alla città di
dum tamen in comitatu Mediolani Como da Legnano, purché tuttavia
ullo modo pernoctare non possit, et (...) nel contado di Milano in nessun
redire cum sua comitiva a dicta modo possa pernottare, e ritornare
32
civitate Cumarum dum tamen non con i suoi accompagnatori dalla detta
pernoctet in comitatu Mediolani ut città di Como, purché tuttavia non
supra, communi Cumarum pernotti nel contado di Milano come
permittente cum effectu de damnis sopra, comune di Como
restituendis que furent in dicto permettendo, con lo scopo del
comitatu per dictum Marchionem vel risarcimento dei danni che fossero
ejus seguaces. stati fatti in detto contado per mezzo
di detto Marchese o dei suoi seguaci.
Item pro. sent. laud. arb. et pre. quod Inoltre proclamano, sentenziano,
Cumani possint ire ad ipsum comandano per lòdo, arbitrano e
Dominum Marchionem ultra ordinano che i Comaschi possano
Ticinum et redire per comitatu andare dallo stesso Signor Marchese
Mediolani. oltre il Ticino e ritornare
Item pro. laud. sent. arb. quod super attraversando il contado di Milano.
securitate per comune Mediolani Inoltre proclamano, comandano per
dicto Marchioni facienda de dicto lòdo, sentenziano, arbitrano che sulla
toto salario temporum preteriti, garanzia da parte del comune di
presentis et futuri solvendo, qualiter Milano a detto Marchese, da stabilire
et qualis securitas et quomodo circa il detto completo sa1ario – dei
solutio ipsius salarij temporum tempi passato, presente e futuro – da
preteriti presentis et futuri fieri pagare, come e quale garanzia e in
debeat sit et esse debeat in arbitrio et che modo il pagamento del salario
dispositione et ordinatione Domini stesso – dei tempi passato, presente e
Lotherij Rusce potestatis populi futuro – debba esser fatto, sia e debba
Cumani. essere in arbitrio e disposizione e
ordine del Signor Loterio Rusca
podestà del popolo di Como.
Item statuunt pro. sent. laud. arbitr. Inoltre stabiliscono, proclamano,
et precipiunt quod restituantur et sentenziano, comandano per lòdo,
dentur Domini Guidoni Castilliono et arbitrano e ordinano che siano
fratribus libras decem millia restituite e siano date al Signor
papiensium pro mendis damnis, vel Guido Castiglione e ai fratelli lire
quod comunes amici estiment dicta dieci mila pavesi in relazione agli
damna et quod estimatio solvatur errori, ai danni oppure che comuni
eisdem de Castillione, in domibus amici facciano la stima di detti danni
instaurentur per comune Mediolani, e che la stima venga pagata ai
et quod dictus Dominus Guido et medesimi di Castiglione, nelle case
fratres parentes et amici et qui secuti siano rimessi per cura del comune di
fuere eum eximantur de omnibus Milano, e che detto Signor Guido e
damnis condemnationibus fratelli, parenti e amici e coloro che lo
processibus, et quod restituantur in seguirono, siano assolti da tutti i
omnibus suis possessionibus danni, condanne, processi e che siano
33
etjuribus, et quod dictus Dominus rimessi in tutti i loro possessi e diritti,
Guido et fratres possint tenere in sua e che detto Signor Guido e fratelli
fortia Castrum Seprium, sperantes possano tenere in loro forze Castel
Dominus Archiepiscopus et Seprio, aspettandosi il Signor
Sapientes Mediolani in eis tamquam Arcivescovo e i Sapienti di Milano da
bonis civibus quod tempore congruo loro, come buoni cittadini, che in
restituent dictum castrum communi tempo congruo restituiscano detto
Mediolani. castello al comune di Milano.
Item stat. pron. laud. sent. arbitr. et Inoltre stabiliscono, proclamano,
precip. quod Dominus Balzar de comandano per lòdo, sentenziano,
Birago fratres parentes et amici qui arbitrano e ordinano che il Signor
secuti fuere eos de omnibus bannis Balzar da Birago, i fratelli, i parenti e
condemnationibus et processibus gli amici che li seguirono, da tutti i
eximantur et restituantur in banni, condanne e processi siano
possessionibus et juribus suis. assolti e siano restituiti nei possessi e
Item quod illi de Palavicino et eorum nei diritti loro.
seguaces tam in Martexana quam in Inoltre che quelli di Paravicino e i
Vallesina quam in Leuco et riperia et loro seguaci tanto in Martesana
quam etiam in Vallesaxina eximantur quanto in Valassina quanto in Lecco
de omnibus bannis e riviera e quanto anche in Valsassina
condemnationibus et processibus et siano assolti da tutti i banni,
restituantur ut supra. condanne e processi.
Item stat. precip. pron. laud. sent. Inoltre stabiliscono, ordinano,
arbit. quod Rochela de Leuco, et a proclamano, comandano per lòdo,
rochela superius ultra Abduam sentenziano, arbitrano che la
remaneat in custodia Domini Lotherij Rocchetta di Lecco, e dalla rocchetta
Rusche et fratrum et amicorum ipsius più sopra oltre l’Adda, rimanga in
Domini Lotherij Rusce de Cum. custodia del Signor Loterio Rusca e
percipientibus et habentibus Domino dei fratelli e amici dello stesso Signor
Archiepiscopo Mediolani et omnibus Loterio Rusca di Como, ricevendo e
aliis et singulis civitatis et comitatus avendo il Signor Arcivescovo di
Mediolani omnia eorum ficta fructus Milano e tutti gli altri e i singoli della
reditus et proventus domorum et città e del contado di Milano tutti i
aliorum possessionum, et intelligatur loro fitti, frutti, redditi e proventi
de fictis terris mediis quartis decimis delle case e degli altri possessi, e
et quolibet reditu domorum s’intenda in riguardo ai fitti, terre,
molendinorum et aliarum terrarum mezzadrie, quarti, decime e
et terre territorij, tamen non qualsivoglia reddito di case, mulini e
intelligatur de aliquo districtu honore delle altre terre e terra del territorio;
jurisditione temporali potestaria et tuttavia non s’intenda di qualche
regimine vel aliqua alia dominatione distretto, onore, giurisdizione
quos dictus Dominus Archiepiscopus temporale, podestaria e carica
34
vel aliqua alia persona civitatis et oppure qualche altro dominio che il
comitatus Mediolani habeat vel detto Signor Arcivescovo o qualche
habere intendat in partibus predictis, altra persona della città e del contado
et quod quodlibet commune et di Milano abbia o intenda avere nelle
universitas et quelibet singularis parti predette, e che qualsivoglia
persona illius contrate, de qua fit comune e comunità e qualsivoglia
mentio in predicto capitulo singola persona di quella contrada,
eximantur de omnibus bannis della quale è fatta menzione nel
condemnationibus et processibus, et predetto capitolo, siano assolti da
gaudere possint omnibus suis fictis tutti i banni, condanne e processi, e
reditibus et proventibus eis possano godere di tutti i loro fitti,
pertinentibus in civitate et comitatu redditi e proventi loro pertinenti
Mediolani libere. nella città e nel contado di Milano
liberamente.
Item stat. pron. laud. sent. arbitr. et Inoltre stabiliscono, proclamano,
precipiunt quod Dominus comandano per lòdo, sentenziano,
Archiepiscopus comuni .pars arbitrano e ordinano che il Signor
populus Mediolani teneantur et Arcivescovo, parte del comune, il
debeant manutenere et conservare popolo di Milano siano tenuti e
Dominum Lotherium Ruscam in debbano mantenere e conservare il
omni suo honore, et in regimine Signor Loterio Rusca in ogni suo
potestarie populi Cumarum salvo onore, e nella carica di podestaria del
ipsius Domini Archiepiscopi ordine. popolo di Como salvo ordine del
Item stat. pron. laud. sent. arbitr. et Signor Arcivescovo in persona.
precipiunt quod nullus civis Inoltre stabiliscono, proclamano,
Cumarum nec qui fuerit a XII annis comandano per lòdo, sentenziano,
citra possit habere regimen aliquod arbitrano e ordinano che nessun
in Civitate Mediolani sine voluntate cittadino di Como, né chi sia stato da
Domini Lotherij Rusce. XII anni al di qua, possa avere una
qualche carica nella città di Milano
senza il consenso del Signor Loterio
Rusca.
Item stat. pron. laud. arbitr. et Inoltre stabiliscono, proclamano,
precipiunt quod in burgo Varesij decidono per lòdo, arbitrano e
nulla munitio fortalicium moderetur. ordinano che nel borgo di Varese con
Item stat. pron. laud. arbitr. et precip. nessun lavoro di munizione sia
quod pactum Domini Simonis de regolato il fortilizio.
Orello et parentum et amicorum Inoltre stabiliscono, proclamano,
suorum qui secuti, fuere eum debeat comandano per lòdo, arbitrano e
ordinari et compleri taliter quod ordinano che il patto del Signor
dominus Archiepiscopus et Sapientes Simone de’ Orello e dei suoi parenti e
Mediolani non possint reprehendi a dei suoi amici che lo seguirono,
35
dicto Domino Simone nec ah aliqua debba esser regolato e completato in
alia persona et hoc salvo quod modo tale che il Signor Arcivescovo e
dictum Capitulum non intelligatur i Sapienti di Milano non possano
nec habeat locum nec in parentibus venir biasimati dal detto Signor
paternis dicti Domini Simonis et in Simone né da qualche altra persona e
amicis suis plebis Locarni et Ascone. questo salvo che il detto capitolo non
s’intenda né abbia luogo né verso i
genitori paterni di detto Signor
Simone e verso i suoi amici della
pieve di Locarno e Ascona.
Item stat. pron. laud. arbitr. et precip. Inoltre stabiliscono, proclamano,
quod pactum Domini Episcopi et comandano per lòdo, arbitrano e
seguacium suorum ordinetur et fiat ordinano che il patto del Signor
sicut Dominus Guido de Castelliono Vescovo e dei seguaci suoi sia
ordinavit cum Ambaxatoribus regolato e sia fatto come il Signor
Mediolani (...) Dominis Enrico Guido da Castiglione concertò con gli
Crivello, Joanne Caimo et Uliverio Ambasciatori di Milano (...). Signori
Marcellino salvo quod non Enrico Crivello, Joanne Caimo e
intelligatur nec de Domino Episcopo Uliverio Marcellino salvo che non si
(...) ipso Domino episcopo faciente intenda né quanto al Signor Vescovo
finem perdonantiam remissionem (...) lo stesso Signor Vescovo facente
communi et singolaribus personis fine, perdonanza, remissione al
Cumarum et suorum amicorum de comune e alle singole persone di
omnibus violentiis, offensionibus Como e dei suoi amici in merito a
injuriis, et trahente commune et tutte le violenze, offese, ingiurie e
homines Cumarum et suos amicos ab traente il comune e gli uomini di
excomunicationibus et interdictis que Como e i suoi amici dalle
incurrissent per ipsum Dominum scomuniche e interdetti in cui fossero
episcopum vel per ejus sententiam, in incorsi per mezzo dello stesso Signor
quod capitulum Dominus Vescovo o per di lui sentenza, nel
Archiepiscopus non consentit nec quale capitolo il Signor Arcivescovo
consentire potest propter ejus non si trova d’accordo né può
dignitatem. consentire a motivo della di lui
dignità.
Item stat. pron. laud. arbitr. et precip. Inoltre stabiliscono, proclamano,
et sent. quod omnes et singuli tam comandano per lòdo, arbitrano .e
clerici quam Laici de la Turre ordinano e sentenziano che tutti e i
Mediolani et sui heredes et omnes de singoli tanto chierici quanto laici
sua parte extrinseca Mediolani et Della Torre di Milano e loro eredi e
comitatus eorum seguaces eximantur tutti dalla loro parte di fuori Milano e
de omnibus bannis loro seguaci del contado siano assolti
condemnationibus et processibus in da tutti i banni, condanne e processi
36
quibus essent in libris vel in nei quali fossero rubricati nei registri
scripturis communis Mediolani, et o nelle scritture del comune di
quod restituantur in omnibus Milano e che siano restituiti in tutti i
possessionibus et juribus in quibus possessi e diritti nei quali erano al
erant tempore quo fuerunt expulsi de tempo in cui furono espulsi da
Mediolano sive comitatu, sive Milano o dal contado, sia al tempo
tempore quo receperunt bannum a nel quale ricevettero il bando dal
communi Mediolani, ita tamen quod comune di Milano, così però che per
per hoc non intelligatur quod questo non s’intenda che si
restituantur nec restituti sint in restituiscano né che siano restituiti in
aliquo honore potestarie populi nec qualche onore, podestaria del popolo
alicuius alterius dominationis né di alcun altro dominio, podestaria
potestarie vel Segnorie in civitati vel
o Signoria in città o contado o diocesi
comitatu seu diocesi Mediolani, et di Milano, e sia fatta la restituzione
fiat restitutio predicta, et pro predetta, e per restituiti si abbiano in
restitutis habeantur in iis in quibus quelle cose nelle quali nessuna
nulla controversia fiat, controversia ci sia,
nisi possessores, infra competentem eccetto che i possessori, sotto
dilationem dandam a judice super conveniente dilazione da darsi dal
hoc deputando qui spatium trium giudice in riguardo a ciò da
mensium non excedat, docuerint de incaricare) che non ecceda lo spazio
jure suo quo restituere minime di tre mesi, non facciano conoscere
teneantur predictis de la Turre et del diritto loro per il quale in nessun
seguacibus eorum, omnibus modo siano tenuti a restituire ai
facientibus finem et remissionem predetti Della Torre e ai seguaci loro,
pactum et perdonantiam de omnibus tutti facenti fine e remissione, patto e
et singulis damnis iniuriis et perdonanza quanto a tutti e singoli i
offensionibus vulnerationibus danni, ingiurie e offese, ferimenti,
homicidiis incendiis et vastis sibi omicidi, incendi e devastazioni a sé
datis et factis per commune et dati e fatti per mezzo del comune e
singulares personas vel universitates delle singole persone o delle totalità
burgorum et locorum comitatus vel dei borghi e dei luoghi del contado o
districtus vel diocesi Mediolani del distretto o della diocesi di
Milano,
et de omnibus fructibus fictis e quanto a tutti i frutti, fitti, proventi
proventibus hinc retro perceptis et da questo momento per l’addietro
habitis de possessionibus bonis et percepiti e avuti in relazione a
juribus que dici possent pertinere seu possessi, beni e diritti che dirsi
pertinere debere alicui seu aliquibus possano di pertinenza o debbano
predictorum de la Turre, et essere di pertinenza d’alcuno o di
seguacium de parte extrinseca alcuni dei predetti della Torre, e dei
Mediolani per commune Mediolani seguaci dalla parte di fuori Milano,
37
vel singulares personas vel per parte del comune di Milano o
universitates burgorum locorum delle singole persone o delle totalità
civitatis et districtus seu comitatus et dei borghi, luoghi della città e
Diocesis Mediolani, et item de distretto o contado e diocesi di
omnibus dominationibus Segnoriis et Milano, e parimenti in riguardo a
potestariis et omnibus aliis tutti i domini, Signorie e podestarie e
regiminibus que competerent vel a tutte le altre cariche che spettassero
competere dici possent eisdem vel o spettare dirsi potessero agli stessi o
alicui eorum in civitate comitatu, seu ad alcun di loro in città, contado, o
districtu vel diocesi Mediolani, distretto oppure diocesi di Milano,
contra commune et singulares contro il comune e le singole persone
personas seu universitates burgomm o le totalità dei borghi e dei luoghi
et locorum civitatis seu comitatus vel della città o del contado o diocesi di
diocesi Mediolani, et de omnibus que Milano, e quanto a tutto ciò che
peti possent occasionibus potesse venir richiesto per le
suprascriptis vel aliqua earum ita circostanze scritte sopra o per
quod nullum jus fiat de predictis. qualche altra d’esse così che nessun
diritto si faccia dei predetti.
Item stat. pron. sent. arbitr. et precip. Inoltre stabiliscono, proclamano,
quod similem finem et remissionem sentenziano, arbitrano e ordinano che
faciant commune et homines simile fine e remissione facciano il
Mediolani eisdem de la Turre et comune e gli uomini di Milano agli
seguacibus eorumdem de parte stessi Della Torre e ai seguaci loro
extrinseca, videlicet de damnis anche dalla parte di fuori, cioè in
injuriis et offensionibus vel merito ai danni, ingiurie e offese o
necationibus homicidiis incendiis et uccisioni, omicidi, incendi e
vastis eis datis et factis per predictos devastazioni a loro dati e fatti da
de la Turre et eorum seguaces de parte dei predetti Della Torre e loro
parte extrinseca Mediolani, et de seguaci dalla parte di fuori Milano, e
omnibus fructibus fictis et in riguardo a tutti i frutti, fitti e
proventibus hinc retro perceptis et proventi da questo momento per
habitis per predictos de la Turre et l’addietro percepiti e avuti per mezzo
eorum seguaces de parte extrinseca, dei predetti Della Torre e dei loro
de possessionibus bonis et juribus seguaci dalla parte di fuori, in
que dici possent pertinere seu conseguenza di possessi, beni e diritti
pertinere debere communi vel che dirsi possano pertinenti o
hominibus civitatis vel comitatu debbano essere di pertinenza del
Mediolani ita quod nullum jus flat de comune o degli uomini della città o
predictis. del contado di Milano così che
De fine vero facienda vel non super nessun diritto si faccia dei predetti.
predictis et singulariter amicis Sulla fine invero da farsi o no, sopra i
alterutrius partis extra civitatem et predetti e singolarmente amici
38
comitatu Mediolani retinent in se dell’una o dell’altra fazione fuori
arbitrium predicti et in sua città o contado di Milano, i predetti si
dispositione. riservano l’arbitrio e in loro
disposizione.
Item stat. pron. laud. et precip. quod Inoltre stabiliscono, proclamano,
super cognitione executione comandano per lòdo e ordinano che
restitutione facienda ut supra dictum sopra. la cognizione, l’esecuzione, la
est eligatur unus judex de voluntate restituzione da farsi come sopra è
arbitrorum qui summarie cognoscat detto, venga eletto un solo giudice
de predictis, quod autem dictum est per volontà degli arbitri, che abbia
de restitutione facienda dictis intera conoscenza delle questioni
intelligatur fieri debere et executioni predette; quello poi che è detto circa
mandari per dictum judicem la restituzione da farsi ai detti,
assumendum. s’intenda debba esser mandato a
esecuzione da parte di detto giudice
da assumere.
Item stat. pron. laud. sent. arbitr. et Inoltre stabiliscono, proc1amano,
precip. quod pactum partis comandano per lòdo, sentenziano,
extrinsece Mediolani sit in provisione arbitrano e ordinano che il patto
dispositione et arbitrio Dominorum della parte di fuori Milano sia di
Archiepiscopi, Guidonis de provvedimento, disposizione e
Castelliono potestatis Cumarum et arbitrio dei Signori Arcivescovo,
Lotherij Rusce potestatis populi Guido da Castiglione podestà di
cumani arbitrorum et arbitratorum, Como e Loterio Rusca podestà del
ordinandi et favendi qui ex eis de popolo comasco, arbitri e arbitratori
ipsa parte debent morari et stare in dell’ordinare e del favorire quelli fra
civitate et comitatu Mediolanj et qui loro della stessa parte che debbano
extra civitatem et comitatum, dimorare e stare in città e contado di
nondum tamen ipsi omnes tres Milano e quelli che (debbano
arbitri sint super his in concordia dimorare e stare) fuori città e
salvo tamen capitulo decreto de quo contado; se pure non ancora i
data est balia per arbitros Domino medesimi tre arbitri siano d’accordo
Lantelmo Benzono de Crema. sopra queste cose, salvo nondimeno
il capitolo decretato, del quale è stata
data balìa da parte degli arbitri al
Signor Lantelmo Benzono da Crema.
Item stat. pron. laud. sent. arbitr. et Inoltre stabiliscono, proclamano,
precipiunt quod omnes et singuli comandano per lòdo, sentenziano,
homines Mediolani, comitatus seu arbitrano e ordinano che tutti e i
districtus et diocesis, et omnes et singoli uomini di Milano, contado o
singuli stipendiarij communis distretto e diocesi e tutti e i singoli
Mediolani capti per commune mercenari del comune di Milano
39
Cumarum seu per eorum catturati per mezzo del comune di
stipendiarios seu per illos de la Turre Como o per mezzo dei loro
vel per eorurn partem seu per partem stipendiati o per mezzo di quelli
extrinsecam Mediolani seu per illos Della Torre oppure per quelli della
de Castroseprio, item omnes et loro parte o della parte di fuori
singuli homines dominij et Milano o per quelli di Castelseprio,
Episcopatus seu discrictus et omnes inoltre tutti e i singoli uomini del
et singuli stipendiarij cives cumani et dominio ed Episcopato o distretto e
omnes et singuli homines dicti tutti e i singoli stipendiati cittadini
domus de la Turre, seu ex parte comaschi e tutti e i singoli uomini
extrinseca Mediolani capti per della famiglia Della Torre, o dalla
commune Mediolani vel per eorum parte di fuori Milano catturati per
stipendiarios, solutis expensis cibi et mezzo del comune di Milano o per
potus et custodia libere de carceribus mezzo dei loro stipendiati (assoldati),
relaxentur. pagate le spese di cibo e di bevanda e
di custodia, liberamente dalle carceri
siano rilasciati.
Item stat. laud. sent. pron. arbitr. et Inoltre stabiliscono, comandano per
precipiunt quod suprascripta eorum lòdo, sentenziano, proclamano,
arbitramenta et quodlibet earum, arbitrano e ordinano che i soprascritti
attendi et observari debeat per arbitrati di loro e qualsivoglia d’essi,
predictas partes, et per utriusque debba esser atteso e osservato dalle
earum sub pena in compromisso predette parti, e da entrambe d’esse
ipsarum partium apposita retenta sotto pena applicata nel
tamen in ipsos arbitros, videlicet compromesso delle parti medesime,
indictos Dominum Archiepiscopum trattenuta tuttavia in facoltà degli
Mediolani, Guidonem de Castelliono, arbitri, cioè nei detti Signor
Lotherium Ruscam populi Cumani Arcivescovo di Milano, Guido da
potestates, virtute auctoritate et balia Castiglione, Loterio Rusca del popolo
iterum pronuntiandi declarandi comasco podestà, con facoltà,
interpretandi et arbitrandi inter autorità e balia di proclamare di
predictum commune et homines et nuovo, di dichiarare, d’interpretare e
singulas personas Mediolani ex una arbitrare tra il predetto comune e gli
parte, et illos de la Turre et parte uomini e le singole persone di
extrinseca Mediolani ex altera, et una Milano da una parte, e quelli Della
vice et pluribus vicibus sicut eis Torre e della parte di fuori Milano
videbitur expedere. dall’altra, e d’una o più veci come a
loro sembrerà di regolare.
Ibique eodem contextu coram Ivi e nel medesimo contesto, davanti
suprascriptis arbitris in presentia ai soprascritti arbitri, in presenza dei
infrascriptorum, Dominus Gasparus sottoscritti, il Signor Gaspare da
de Garbagnate jurisperitus nomine Garbagnate giurispento, in nome del
40
communis Mediolani cujus sindicus comune di Milano del quale è sindico
est, ut supra laudat approbat come sopra decise per lòdo, approvò
suprascripta precepta i soprascritti precetti, dichiarazioni,
pronuntiamenta arbitramenta arbitrati dei predetti signori arbitri e
predictorum dominorum arbitrorum arbitratori e agli stessi arbitrati e
et arbitratorum, et ipsis arbitramentis precetti di preparare l’attuazione
et preceptis parare effectus in nelle mani del Signor Alberto de’
manibus Domini Alberti de Interligna, sindico e procuratore del
Interligna sindici et procuratoris comune di Como, e di Fernabove da
Cornmunis Cumarum, et Ferrabovis Dorso Notaio ed entrambi riceventi
de Dorso Notarij et utriusque eorum ‘in solido’, in nome e da parte del
in solidum recipientium, nomine et comune e degli uomini e delle
ad partem communis et hominum et singole persone della città e del
singularum personarum civitatis et distretto di Como, e dei predetti
districtus Cumarum, et predictorum amici del comune di Como
amicorum communis Cumarum,
fecit finem pacem et perdonantiam et fece fine, pace e perdonanza e
remissionem et pactum de non remissione e patto di non chiedere, e
petendo, et de ulterius non agendo ulteriormente non agire, accusare o
accusando vel inquirendo de inquisire in merito a tutte le offese,
ornnibus offensis injuriis, rapinis, ingiurie, rapine, danni, ferimenti,
damnis, vulnerationibus homicidiis omicidi, incendi e qualsiansi altre
incendiis et quibuscumque aliis offese date, inferte o fatte per mezzo
offensionibus datis illatis seu factis del comune e degli uomini e delle
per commune et homines et singole persone della città e del
singulares personas civitatis et distretto di Como. (...)
districtus Cumarum, seu per pre
ictos eorum amicos vel per aliquos
seu aliquem eorum communi et
hominibus et singularibus personis
civitatis et comitatus Mediolani
cujuscumque status et conditionis vel
dignitatis existant.
Et his super promisit (...) nomine E oltre a questo promise (...) nel
predicto obligando ipsum commune nome detto prima impegnando il
et homines Mediolani et eorum res et medesimo comune e gli uomini di
bona in manibus suprascripti Domini Milano e le loro cose e i beni nelle
Alberti de Interligna et Ferrabovis de mani del soprascritto Signor Alberto
Dorso et utriusque eorum de Interligna e Ferrabove da Dorso e
recipientium in solidum, nomine d’entrambi riceventi “in solido”, in
communis et hominum et nome del comune e degli uomini e
singularum personarum Cumarum et delle singole persone di Como e del
41
ejus districtus et suorum amicorum suo distretto e dei suoi amici
predictorum quod ipsum commune predetti, che il comune stesso, gli
homines et singulares persone de uomini e le singole persone da
Mediolano et comitatu Mediolani Milano e dal contado di Milano con
cum effectu attendent et observabunt esecuzione si atterranno e
predictas pacem, finem, osserveranno le predette pace, fine,
perdonantiam et remissionem et perdonanza e remissione, e il patto di
pactum de non petendo et ulterius non richiedere, e ulteriormente non
non agendo accusando vel agire, accusare o molestare e che in
inquietando et quod ullo tempore nessun tempo contravverranno in
non contravenient vel facient alio altro modo o ingegno, e queste cose
modo vel ingenio, et hec promisit promise il detto Signor Gaspare in
dictus Dominus Gasparus dicto detto nome, con tutti i danni,
nomine cum omnibus damnis pagamenti (...) sostenuti in favore dei
expensis et interesse que fierent et predetti da avere e sostenere.
sustinerentur pro predictis habendis
et sustinendis.
Et versa vice predictus Dominus E viceversa, il predetto Signor
Albertus de Interligna sindicario Alberto de’ Interligna sindicario, in
nomine communis Cumarum et nome del comune di Como e in nome
nomine suorum amicorum dei suoi predetti amici comandò per
predictorum laudavit et approbavit lodo e approvò i soprascritti precetti,
suprascripta precepta dichiarazioni e arbitrati dei predetti
pronuntiamenta et arbitramenta Signori arbitri e arbitratori, e agli
predictorum Dominorum stessi arbitrati e ordini di preparare
Arbitrorum et arbitratorum et ipsis l’attuazione nelle mani del predetto
arbitramentis et preceptis parare Signor Gaspare da Garbagnate,
effectus in manibus predicti Domini sindico del comune di Milano e
Gaspari de Garbagnate sindici Danesio da Buccinago notaio di
communis Mediolani et Danesij de Milano e d’entrambi “in solido”
Buccinago notarij Mediolani et riceventi in nome e per parte del
utriusque eorum in solidum comune e degli uomini e delle
recipientium nomine et ad partem singole persone della città, contado e
communis et hominum et distretto e Diocesi di Milano,
singularum personarum civitatis
comitatus et districtus et Diocesis
Mediolani,
fecit pacem finem et perdonantiam et fece pace, fine e perdonanza e
remissionem et pactum de non remissione e patto di non domandare
petendo et de ulterius non agendo e ulteriormente non agire, accusare o
accusando vel inquietando, de molestare in merito a tutte le offese,
omnibus offensis injuriis rapinis ingiurie, rapine, danni,
42
damnis vulnerationibus homicidiis et ferimenti,omicidi e incendi e
incendiis et quibuscumque aliis qualsiansi altre offese date,inferte o
offensionibus datis illatis seu factis fatte per mezzo del comune e degli
per commune et homines et uomini e delle singole persone della
singulares personas civitatis et città e contado e distretto e diocesi di
comitatus et districtus et diocesis Milano sia da alcuni sia da alcuno di
Mediolani vel aliquos vel aliquem loro, al comune e agli uomini e alle
eorum communi et hominibus et singole persone.
singularibus personis.
Actum in territorio de Rudello super Fatto nel territorio di Rudello
brugaria que est inter Rudellum et (Rovello) sopra la brughiera che c’è
Lomatium in strata qua itur de uno tra Rudello (Rovello) e Lomatio
loco ad alium, presentibus pro (Lomazzo) nella strada per la quale si
notariis Antegrado Crotto civitatis va dall’uno all’altro luogo, essendo
Mediolani et Bizone de Dorso presenti pro notai Antegrado Crotto
civitatis Cumarum notariis. della città di Milano e Bizone da
Dorso della città di Como, notai.
Interfuerunt ibi testes vocati et rogati Vi intervennero, testimoni chiamati e
Domini Henricus Scacabarocius, richiesti, i Signori Enrico
Cunradus Grassus, et Petrus Scaccabarozzo, Corrado Grasso e
Prealonus, domini Petrus Villanus Pietro, Prealono, i signori Pietro
prepositus Ecclesie de Corbeta, et Villano preposto della Chiesa di
Oldo de Ravacota prepositus ecclesie Corbetta, Oldo de’ Ravacotta
de Galiano mediolanensis diocesis et preposto della Chiesa di Galliano
Frater Ioannes de Modoetia della diocesi milanese, e Frate
guardianus Fratrum minorum de Giovanni da Modoetia (Monza)
Serono, Frater Soldanus suprascripte guardiano dei Frati minori di Serono
domus, Frater Rainerius de Focho de (Saronno), Frate Soldano della
conventu Fratrum minorum de soprascritta casa, Frate Rainerio da
Canturio, Frater Joseph de Arluno Foco del convento dei Frati minori di
ipsius domus, Frater Bertramus Canturio (Cantù), Frate Giuseppe da
Cossa ipsius domus, et Domini Arluno della stessa casa, Frate
Antelmus de Alzate et Jacobus de Bertramo Cossa della stessa casa, e i
Modoetia et Albertus Bossius et signori Antelmo da Alzate e Giacomo
Gasparus de Garbagnate jurisperiti da Modoetia (Monza) e Alberto
ambaxatores communis Mediolani et Bossio e Gasparo da Garbagnate
Dominus Lantelmus Benzonus de giurisperiti, ambasciatori del comune
Crema, et Domini Henricus de di Milano, e il signor Lantelmo
Olzate, Gulielmus de Gentizzono, Benzono da Crema, e i Signori Enrico
Bertarus de Zezio, Petrus Rusca da Olzate (Olgiate Olona), Guglielmo
ambaxatores communis Cumarum. da Gentizzono, Bertaro da Zezio,
Pietro Rusca, ambasciatori del
43
comune di Como.
Ego Gulielmus de Rovezano notarius Io Guglielmo da Rovezano notaio di
Cumarum filius quondam Ser Pauli Como, figlio del fu Ser Paolo da
de Rovezano de Cum. hoc Rovezano di Como, questo
instrumentum pacis et finis rogatum instrumento di pace e di fine, rogato
suprascriptorum Danisii de dei soprascritti Danisio da
Buccinago Not. Mediolani et Buccinago, Notaio di Milano e
Ferrabovis de Dorso Not. Cum. Ferrabove da Dorso Notaio di Como
scripsi. scrissi.

44
Web Immagini Maps News Video Gmail altro Gruppi Libri
Calendar Foto Documenti Reader

1.
All’ultimo momento mi sono reso conto di non avere inserito al posto giusto parecchio materiale.
Altre carte o notizie sono emerse a lavoro ultimato.
Perciò in questa parte, in ordine sparso, aggiungo quanto ho tralasciato.

Alcuni utili e graditi contributi lasciati sul mio blog.


Etichette: ricerche

EUGENIA83 ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Lo


stemma: interpretazioni.":
PER QUANTO RIGUARDA LO STEMMA PRESENTE
ALL'INTERNO DELLO STEMMARIO CARPANI LA
BLASONATURA CORRETTA EFFETTUATA DA ME E' :
TRONCATO: NEL PRIMO D' ARGENTO AL LEONE PASSANTE
DI ROSSO, ILLUMINATO, DENTATO, CRINITO DI NERO,
OSCENO DEL CAMPO, ACCOMPAGNATO IN CAPO DA SEI
SCORTICATOI DI VERDE; NEL SECONDO BANDATO DI
ROSSO E D'
ARGENTO DI OTTO PEZZI; AL CAPO CUCITO D' ORO,
ALL'
AQUILA DI NERO, CORONATA E LINGUATA DI ROSSO.

RUSCA' IN DIALETTO COMASCO SIGNIFICA SCORTECCIARE PER CUI


RITENGO CHE SIANO SCORTECCIATOI.

Postato da EUGENIA83 in Blog di Marco il 23 gennaio 2008 19.50

Ruschi-Rusca-Rusconi.
Etichette: ricerche
De Ruschi ha lasciato un nuovo commento sul tuo post :

“Ipotesi sull'origine del cognome Rusca Rusconi “

Postato da De Ruschi in Blog di Marco

18 Gennaio 2008 20.56

Proveniente da blogger.bounces.google.com

L . M. De Ruschi

Buenos Aires – Argentina.

Muy interesante el material publicado

2.
Ringrazio L. M. De Ruschi che mi ha scritto ed ha trovato interessante il
materiale che sto pubblicando.
Lo invito a continuare a leggermi.
Che poi la segnalazione arrivi dall'Argentina!!!!!!
Non è poco: potenza di internet!

De Ruschi ha lasciato un nuovo commento sul tuo post

"Ruschi. Rusca. Rusconi.":

Estimado Marco: le agradezco vivamente su respuesta!

Le pido mis disculpas por no escribirle en su lengua, que


comprendo con suficiente holgura, más no como para escribirla
sin errores.De mi familia, por datos ciertos y documentados,
puedo decirle que moraban en Brescia, Chiari (BS) y Milano.

Yo desciendo de Giovanni Battista De - Ruschi [en los


documentos aparece con esa grafía, utilizando el guión], nacido
en Chiari en 1845 y padre de Luigi De - Ruschi, nacido en la
misma en 1881 y muerto en Buenos Aires en la decada del sesenta.

Luigi De - Ruschi tuvo dos hijos, Juan Bautista y Agustín, ambos


con descendencia en Argentina. Yo soy nieto de Juan Bautista.

Le agradezco nuevamente su gentileza y quedo a sus órdenes,


affmo.

L. M. De Ruschi
Postato da De Ruschi in Blog di Marco alle 21 gennaio 2008 16.45

3.
Ho utilizzato il preziosissimo traduttore
Beta di GOOGLE ed ho capito quanto
necessario.

Traduzione: Spagnolo » Italiano

Estimado Marco: le agradezco v Caro Marco: la ringrazio per


Le pido mis disculpas por no es la vostra risposta con forza!
De mi familia, por datos ciertos y
Yo desciendo de Giovanni Batti
Chiedo le mie scuse per non
Luigi De - Ruschi tuvo dos hijos scrivere nella loro lingua,
di capire che con sufficiente
slack, ma non di scrivere
senza errori.
Nella mia famiglia, per
alcuni dati e documentati,
posso dirvi che abita a
Brescia, Chiari (BS) e
Milano.
I DESC De Giovanni Battista -
Ruschi [nei documenti appare
a questo script, usando lo
script], nato a Chiari nel
1845 e padre di Luigi De -
Ruschi, nati nello stesso nel
1881 e morto a Buenos Aires
nel decennio di anni
Sessanta.
Luigi De - Ruschi ha avuto
due figli, John the Baptist e
Agostino, entrambi
discendenti in Argentina. Io
sono la nipote di John the
Baptist.
Grazie ancora per la vostra
gentilezza e rimango al suo
comando, affmo.

4.
I RUSCHI
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Non è facile trovare una stirpe antica che, meglio dei Ruschi , abbia saputo
incarnare il paradigma di famiglia nobile e potente , ma sopratutto colta e
sobria , lontana in ogni sua manifestazione dagli eccessi smodati propri di
certo mondo dal sangue blu , ma anzi incline a coltivare i valori pragmatici
del lavoro insieme all'intimità degli affetti familiari.

Fin dalle origini , invero lontanissime , i Ruschi si sono sempre distinti nel
saper comprendere lo spirito dei tempi , riuscendo così ad affermarsi nelle
imprese pubbliche e private , politiche ed ecclesiastiche.

Già Cicerone nel secondo libro del "Oratore" si trovo a parlare di un certo
Marco Pinario Rusca quale promulgatore della Lex annaria , ed è forse
questa pretesa origine romana uno dei rari peccati di superbia ascrivibili al
casato.

Comunque stiano le cose , l'originario cognome suonava proprio Rusca , al


plurale Rusconi o Ruschi.

Quest' ultimo venne definitivamente adottato da quel ramo della famiglia che
prese dimora a Pisa nella metà del cinquecento.

Si racconta che fu un esponente di questa importante famiglia a salvare la


vita proprio al Barbarossa durante la battaglia di Legnano , il 29 maggio 1176,
contro la Lega Lombarda , che lo sconfisse.

Nell'infuriare dello scontro l'imperatore era stato disarcionato del proprio


destriero e solo il provvidenziale intervento del Rusca permise al sovrano di
disimpegnarsi e poi raggiungere l'avita rocca di Baradello e trovarvi riparo.

In premio ne venne il privilegio di portare sullo stemma l'aquila imperiale ad


ali spiegate che i Rusca “interzarono” nella propria arma gentilizia insieme
all'antico emblema del leone e a tre bande bianche e rosse .

Queste ultime avrebbero perpetuato il ricordo dello stendardo strappato ai


milanesi sul campo di Legnano.

5.
Ma non è tutto .

I membri dell'illustre stirpe poterono anche fregiarsi del titolo di VICARI


IMPERIALI , un riconoscimento tanto ambito quanto pericoloso in

quell' epoca di veleni tra potere politico e ecclesiastico .

Alla corte pontificia infatti quella promozione si trasformo nella goccia fatale
di un vaso già colmo .

A prendere provvedimento verso i signori di Como intervenne il papa


Alessandro 3zo in persona , nemico dichiarato del Barbarossa .

Fu così che i Rusca furono colpiti da una bruciante scomunica .

La supremazia sulla città lombarda su mantenne ancora a lungo , fino agli


inizi del quattrocento .

In tale periodo i Rusca , per concessione imperiale , batterono anche


moneta .

Intorno alla meta di quel secolo il potere del casato iniziò ad incrinarsi ,
indebolito dalle lotte con l'avversa frazione dei Vitani , complice il voltafaccia
dei Visconti di Milano , considerati fino ad allora alleati fedeli e parenti
generosi.

Il patto tra le due famiglie era stato suggellato davanti all'altare con le nozze
tra Zaccarina , figlia di Matteo Visconti , e Franchino Rusca .

Un matrimonio che fede forse la felicità dei due sposi , ma poco servi alle
ragioni della politica .

I Visconti infatti mostrarono infatti il viso delle armi e presto si venne a


guerra aperta: i Rusca ebbero la peggio e dovettero abbandonare Como.

Nella città lombarda lasciarono un passato di gloria e numerose


testimonianze.

Va qui ricordata la tomba della bella Lucrezia Casati andata in sposa a un


Rusca di quei tempi antichi.

6.
Era costei una donna di rare virtù , autentico angelo del focolare , tutta dedita
alla casa e alla famiglia.

Tradizione vuole che i fiori deposti sul suo sepolcro non appassiscano mai ,
quale omaggio terreno a tale esempio di imperitura bontà e purezza.

Da citare è anche l'imponente monumento funebre di Franchino , oggi


custodito al museo del castello sforzesco a Milano .

Le vicende della famiglia furono raccolte e descritte da don Roberto Rusca ,


monaco cistercense , che diede alle stampe il volume intitolato

”IL RUSCO OVERO DELL'HISTORIA DELLA FAMIGLIA RUSCA “

edito a Venezia e Torino nel 1657.

La vita dei Ruschi trascorreva serena e fortunata tra la bella villa di Calci

( PISA ) , a due passi dall'antica certosa , le tenute in maremma e il palazzo in


città , all'odierna piazza Alessandro d'Ancona , è quest' ultimo uno dei recinti
sacri dell' urbs , uno di quei rari luoghi cioè dove Pisa , smorzati tutti i toni di
una quotidianità frenetica , riesce ancora ad offrire il volto amico e
rassicurante che solo le vecchie strade e le antiche case , così cariche di
ricordi, sensazioni e stralci di vita vissuta riescono a trasmettere, è qui che
sorge il palazzo avito.

La bellezza dei suoi appartamenti è difficile anche solo da immaginare , nei


grandi spazi del piano nobile si aprono infatti fughe di saloni , corridoi e
gallerie affrescate o dai pregevoli soffitti a cassettoni. L'intero edificio ,
abitato dai Ruschi fino agli anni 60 di questo secolo , venne risistemato nel
settecento , epoca che ispiro sentimenti di puro mecenatismo in numerose
famiglie della nobiltà locale. Si può dire che venne ingaggiata h a vera e
propria gara nell'offrire ai migliori architetti e artisti del momento interi
palazzi da ristrutturare , nonché pareti e soffitti da affrescare. Mattia Tarocchi
lavoro cosi a palazzo Franceschi , Da Silvativi e in casa Curini Galletti .
Bartolomeo Busoni abbellì i saloni di palazzo Quarantotti , mentre i fratelli
Melani operarono in numerose chiese e a palazzo arcivescovile. Ma il più
richiesto , certamente per la singolare maestria , fu Giovanni Battista
Tempesti , al quale i Ruschi commissionarono la realizzazione degli affreschi
della propria dimora.

La progettazione dello stupendo scalone d'ingresso è invece opera


dell'architetto IGNAZIO PELLEGRINI.

7.
L'estensione complessiva del palazzo, su due piani , supera i 1300 metri
quadrati , edificati su strutture antichissime cosi come testimoniano le
poderose colonne ancora visibili negli ambienti a pian terreno , non mancano
la cappella privata e l'ampio parco con fontane e statue .

In fondo al giardino sorge la grande serra , praticamente un altro edifico , per


proteggere piante e fiori di limoni durante l'inverno.

Altri contributi
Un anonimo lettore ha lasciato questo contributo sul post :

"Ipotesi sull'origine del cognome Rusca Rusconi”


Anno 988: esenzione dai dazi concessa ad Ariberto Rusca.
Lamberto Rusca fu uomo consolare ed illustre capitano della repubblica comasca nell' anno 1121 e
morì per ferite riportate in battaglia il 12 settembre 1126.
Lotario Rusca nel maggio 1176 in battaglia fra le truppe di parte imperiale ed i milanesi ebbe a
salvare la vita allo stesso imperatore Federico Barbarossa ed impossessarsi dello stendardo portato
Da un alfiere milanese.

nonimo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post


"Ricerche genealogiche Casata Rusca Rusconi":

Sono A………Rusconi ,
ho letto con interesse il blog, sarebbe interessante poter consultare la documentazione
raccolta
saluti
A.Rusconi

Postato da Anonimo in Blog di Marco 22 maggio 2008 22.22.

Gentile sig. Marco


ho visitato il suo blog e volevo dirle che sto preparando una tesi di Laurea sulla
Suora Rusca e al conservatorio di Lecce e mi chiedevo se lei può aiutarmi per
capire le origini della musicista.
Alcuni dicono che sia milanese altri ticinese...lei ha qualche documento?
la ringrazio
Cordiali saluti
Marcello S.

8.
Anonimo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Gian Carlo Bronzi
Rusconi: notizie storiche della ...":

Complimenti per l'appassionata ricerca, ho scoperto per caso questo sito.


Tutto ciò è molto interessante in quanto mia moglie discende da questa
famiglia (Tav. XIV del libro di Alberto Rusconi)

Postato da Anonimo in Blog di Marco alle 16 dicembre 2007 18.20

Anonimo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Ipotesi sull'origine


del cognome Rusca Rusconi":

l'anno 988 esenzione dai dazi concessa ad Ariberto Rusca.


Lamberto rusca fu uomo consolare ed illustre capitano della repubblica
comasca nell'anno 1121 e morì per ferite riportate in battaglia il 12 settembre
1126 Lotario nel maggio 1176 in battaglia fra le truppe di parte imperiale ed i
milanesi ebbe a salvare la vita allo stesso imperatore Federico Barbarossa ed
impossessarsi dello stendardo portato da un alfiere milanese

Anonimo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Ricerche


genealogiche Casata Rusca Rusconi":

Caro Marco,
sono rimasto stupito dalla quantità di documenti interessanti sulla famiglia
Rusconi (sono un Rusconi di Bologna).
Mi potrebbe dire come se li è procurati per curiosità ?
Può scegliere uno degli indirizzi mostrati sulla pagina web ………………….
Cordialissimi saluti.
F. Rusconi
Postato da Anonimo in Blog di Marco alle 24 gennaio 2008 21.38

9.
Buongiorno,
mi chiamo A. Cavazza e mi sono imbattuto nel suo blog mentre stavo
effettuando ricerche sulla mia famiglia.
Poichè i Rusconi compaiono per due volte nella mia storia famigliare chiedo
se potesse essermi di aiuto.
Le mie ricerche sono tese alla ricerca del mio stemma di famiglia in quanto
tramandatomi essere una famiglia nobile vivente a Mezzolara.
Ma nel 1860 il mio avo N. Cavazza perde il patrimonio familiare,tre poderi,e il
resto dei soldi gli viene rubato da dei briganti lasciando la famiglia nella
miseria più nera. I figli, due di primo letto e due di secondo,dopo un pò
incominciano a litigare.
Dovette intervenire il Rusconi mettendoli a lavorare in zone distanti tra loro.
Non so di quale Rusconi si parli,
probabilmente l'episodio si riferisce a pochi anni dopo il 1860.
Ma mi sono sempre chiesto a che titolo il Rusconi riusì a intervenire in questa
lite famigliare .Leggendo il suo blog ho letto il nome di una Girolama Maria
Caterina Cavazza(1735) nella linea di Bologna. Per caso nei tempi addietro
avevano sposato una Cavazza?
Inoltre esisteva un palco al comunale dei Cavazza agli inizi del 1900 il cui
intestatario era l'impresario dei Rusconi Pallavicini.
Un altro ramo dei Rusconi?
La ringrazio in anticipo se riuscirà a darmi qualche delucidazione.
Ho letto che a Mezzolara è conservato un esemplare del libro sui Rusconi.
Appena possibile andrò a darci un'occhiata.
a mia famiglia non vive più a Mezzolara dagli inizi del 900,ma si è trasferita a
Bologna.
Porgo distinti saluti
A.Cavazza

Salve anch'io mi chiamo Rusconi:G. Rusconi di Como, nata a Milano.


A dir il vero non mi sono mai interessata alla famiglia ma ho molti documenti del
passato.
Contattami e forse mi appassionerò.
Buona giornata G.Rusconi

10.
Chest artícol al è scricc in Cumasch, ortograféa
Semplificada

Comm ( in lengua italiana Como) l'è una citaa italiana de 83.200 abitant
[1]
, capital de la s provincia. Sitüada in foont al Lac
de Comm, la cunfina a nord-ovest cun la
Svizera.

N disègn de Comm, de Jean-Baptiste Camille Corot

• El primu centru el fundarun prubabilmeent i Orobi, ' n'


antica populazion ligür o
gallica.
• Vers el V secul prima de Crist, l' area l'
ocuparunt i Galli Insubri, che i ghe
fundarun ' n'oppidum, che 'l sarìs 'n centru furtificaa.
• Nel 196 a.C. la Gallia cisalpina l'è stada definitivameent conquistata di Ruman.
• Dopu che ghe fu la teribil invasion di Reti, per vuluntà de Cesar l' è stada
costrüida Novum Comum, al centru de la convall bonificada.
• Nel 77 a.C. se insediarun 5000 coloni, di quai 500 nobili greci, dai quai la
deriva l'etimulugia di paees cuma Lecch [Leucos], Corenn [Corinto], Lenn e
Lemna [Lemnos], Ness [Nasso], Derv [Delfo].
• Nel 49 a.C. Comm la deventa ' n municipium.
• Nel 354 el vee esiliaa a Comm quel che sarà l' imperadoor Giulian l' Apostata.

[Mudifica] El Medioevu

• In de l'alt Mediuevu Comm la subiss l' invasion di Goti, prima, e di Lungubardi,


pöö; in del 951, vee sgioo in Italia l'imperadoor Otton I, e tra i sò sustenidoor
gh'è anca Gualdon, vescuf de Comm.
• In del'era di Comün, Comm l' è stada contesa tra i grüpp rivai di Rusca
(Rusconi) e di Vitani.
• Con Azzone Visconti, Com l' entra definitivameent in de l'orbita di Viscoont.
• A la mort de Gian Galeazzo Visconti (del 1402), Franchino II Rusca el cerca
de instaurà a Comm ' na signurìa persunaala. Pöö el seguìss un period de
devastazion e stragi, in fin al 1416, quant Comm la se cunsègna a Filippo
Maria Visconti.

11.
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Genealogie der Familie


Torriani
Aus:
"Lavoro attorno ad un prospetto genealogico e storico
sui Torriani di Mendrisio"

Da Guidino oltre diversi rampolli derivò Suseso o Sisinio che ebbe in moglie
Francesca Rusconi o Rusca, come è accennato dal Litta, da Suseno padre di altri figli
ne venne Gaspare come fin qui accenna giustamente il Muoni, ma dopo lo
scoprimento di altre carte abbiamo la genealogia
seguente:……………………………………..

16.
Michael Shamansky, Bookseller Inc.
Title: Notizie storiche della Casatta Rusconi Author: BRONZI RUSCONI, GIANCARLO
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Title: Notizie storiche della Casatta Rusconi
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Title: Notizie storiche della Casatta Rusconi
Author: BRONZI RUSCONI, GIANCARLO
Price: $33.25 Original Price: $47.50
ISBN:
Description: Bologna: Avenue Media, 2001.
28cm., pbk., 103pp. illus., pt. color. Privately
printed.
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Michael Shamansky, Bookseller Inc.


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Phone: 845-331-8519
Fax: 845-331-0852
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Rusconi :Casata decorata con il titolo di marchesi.

La giurisdizione del Marchese si estendeva sulla "marca", ovvero


paese di confine, per cui la sua autorità, specialmente dal punto di
vista militare, era superiore a quella della contea; infatti prima di
coniare il titolo di Marchesi, questi territori erano destinati ai Conti,
ai Duchi o ad altri Gran Signori, i quali avevano ai loro ordini un
buon numero di armati per difendere i territori contenuti nella
"marca"; furono perciò chiamati "Custodes limitum", poi
Marchiones, Marchisii, ed infine Marchesi.
Il titolo di Marchese è oggi puramente onorifico e gentilizio, è
maggiore a quello di Conte e inferiore a quello di Duca.

18.
Rusconi : Casata decorata con il titolo di conte.

Conte (dal latino "comes" ossia "compagno del principe").


Questo titolo di nobiltà era già esistente in età romana e conservato
dai barbari alla caduta dell'Impero.
Nel IV secolo, il conte era detto il governatore di un distretto, ad
esso preposto dal re.
Nel IX secolo, il nome contea significò non soltanto l'ufficio del
conte, ma il territorio stesso sul quale egli aveva giurisdizione con
particolari privilegi.
A partire dallo stesso secolo, si ebbe il conte palatino ovvero comes
sacri palatii alle corti dell'impero romano germanico, sebbene il
titolo fosse nato alla corte dei re franchi.
Cessato il regime feudale, il titolo di conte rimase puramente
onorifico e gentilizio e tale si conserva oggi come grado maggiore di
barone e minore di quello di marchese.

Rusconi : Casata che fu decorata con il titolo di nobili.

Il titolo di nobile, antichissimo, è il primo gradino dell'ascesa


nobiliare e veniva concesso grazie a particolari meriti conseguiti per
opere compiute in favore della Patria.
La classe dei nobili era ben distinta dalla classe borghese e poteva
fregiare la propria casa con il loro emblema o stemma

19.
Disponibilità di: Notizie storiche della casata Rusconi

Biblioteca Nazionale Centrale Roma

• Consistenza: 1 v. (ALTRO ESEMPLARE)


o Inv: CR003711114 Collocazione: DUP.AT00 04650
Disponibilità: (disponibile)
Precisazioni: 1 v. (ALTRO ESEMPLARE)
• Consistenza: 1 v.
o Inv: CR003677256 Collocazione: BAL *00 07727
Disponibilità: (disponibile)
Precisazioni: 1 v.

Data inventario Jul 16, 2002

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OPAC Biblioteca Nazionale Centrale Roma


Documento generato il 10/10/08 alle ore 16:07:17
©Copyright Università di Firenze. ,

20.
Ruscã ou rusco-, mot attesté tardivement par des gloses latines des VIIIème et IXème
siècles, pour désigner les ruches. Toutefois les langues celtiques montrent que le
terme a d'
abord désigné l'
écorce, "on élevait autrefois les essaims d'abeilles dans des
troncs d'arbre creux" (P.-Y. Lambert, La langue gauloise, Errance, Paris, 2003,
page 201). Ce mot s'
est conservé dans la langue française avec le mot “ruche".

Traduzione: Francese » Italiano

Ruscã ou rusco-, mot attesté ta Rusca o Rusco-parola, attestata da tardo


siècles, pour désigner les ruche latino glosse di ottavo e nono
secoli, a designare gli alveari. Tuttavia,
le lingue celtiche si desume che il termine
è stato nominato primo corteccia ", che ha
sollevato una volta sciami di api in tronchi
d'albero cavo (P.-Y. Lambert, La lingua
gallica, errante, Parigi, 2003, pagina 201).
Questa parola è stata mantenuta in lingua
francese con la parola "alveare".

21.
Ruggero Rusca o Rusconi (+ post 1234/ante VII-1237), appartenente a una importante dinastia
comasca nota fin dal 998, che diede numerosi amministratori ed ecclesiastici alla città di Como;
Console di Giustizia di Como nel 1202 e 1205, Podestà di Chiavenna nel 1213 e 1215. Sposa N.N.

A1. Giovanni (+ ante V-1283)

= ………

B1. Sumerio (+ ante VII-1292), fu scomunicato con i parenti il 25-4-1282 per aver conquistato
Como e aver scacciato il vescovo.

B2. Alberto, scomunicato il 25-4-1282.

= ……..

C1. Lotario, Sindaco di Chiavenna nel 1279, Cancelliere del Comune di Como, riordina gli
statuti comaschi

nel 1296, fu scomunicato con il padre e il resto della famiglia.

C2. Pietro (+ post 1331), scomunicato con la famiglia il 25-4-1282.

B3. (Brunoro) (+ post VI-1292), scomunicato con i parenti nel 1282.

22.
A2. Lotario (+ primavera 1291), era il capo dei ghibellini di Como, ammesso nell’elenco dei patrizi
milanesi stilato nel

1277 dall’Arcivescovo di Milano; Podestà del Popolo di Como (= Signore) dal 1283, conquistò
Locarno, Bellinzona e Lugano. = ……

B1. Pietro (+ ante 1340), fu scomunicato con i parenti il 25-4-1282, Sapiente alle provvisioni
nel 1286, Podestà di

Milano nel 1286, Vicario del Podestà di Como il V-1288, cacciato da Como alla morte del
padre; il VII-1307

vende il castello di Bellinzona, e nel 1311 ebbe la consegna del castello di Montorfano.

= ……..

C1. Francesco detto Franchino (+ ca. 1339), investitura delle rendite sui beni ricevuti
dall’Imperatore Enrico

VII a Como e nella sua zona, Capitano e Signore Generale delle popolazioni e città di
Como dal 1313,

Vicario Imperiale di Como e giura fedeltà all’Imperatore nel 1327, scomunicato con la
famiglia per aver

appoggiato la nomina al vescovato del fratello nel 1327 (confermata nel 1331), Vicario
della città di

Como per conto del Re Giovanni di Boemia il 1-2-1331 con mero e misto impero e
podestà di spada;

rinuncia alla signoria su Como il 25-7-1335 e cede la città ai Visconti riservandosi il


dominio su

Bellinzona; esentato dai tributi dai Visconti il 5-5-1336.

a) = N.N.

b) = una figlia del Vicario Imperiale Bailardino di Nogarole e di Caterina della Scala
dei Signori di Verona

D1. Lotario (+ 14-6-1399), cede Bellinzona ai Visconti il 1-5-1340, armato Cavaliere dai Visconti,

Podestà di Milano nel 1356 e 1373, Podestà di Piacenza nel 1374, 1378 e 1382,
Podestà di Asti nel

1379, Podestà di Vercelli nel 1385, Podestà di Parma nel 1386, Podestà di Verona
nel 1389,

confermato cittadino milanese nel 1386, Consigliere del Duca di Milano.

= Enrica Visconti, figlia naturale di Bernabò Signore di Milano (* 1344 ? + ?)


(vedi/see)

23.
E1. Franchino II (+ poco dopo XI-1412), ambasciatore milanese in Sicilia nel 1393,
armato

Cavaliere dal Duca di Milano nel 1395, Capitano di cavalleria ducale nel 1395,
Luogotenente a

Pisa nel 1401, tenta di occupare Como nel 1403; Signore di Como con
Mugliasca, Bellano,

Gravedona, Mandello, Esino, Varenna e Lugano (questa perduta nel 1411) dal
17-10-1408,

compra Chiavenna nel 1411.

= ……..

F1. Lotario II (+ poco prima del 27-9-1420), Signore di Como dal 1412,
Vicario Imperiale dal

19-8-1413; Conte di Como con Osteno, Bellano, Varenna, Mandello,


Esino, Muggiasca

investito dal Duca di Milano il 25-7-1416, ma rinuncia in favore del Duca


stesso per avere

l’investitura di Conte di Lugano con il castello di Capolago, le ville e terre


di Morcote, San

Pietro, le pievi di Riva San Vitale e Balerna e la valle e rocca di Chiavenna


l’11-9-1416 (con

patto di successione in mancanza di eredi in favore del fratello Giovanni e


suoi discendenti).

Ebbe dei figli illegittimi da Donnetta Turconi, donna sposata e adultera.

F2. Giovanni, per la sua discendenza v. Parte II

F3. Luigia

= Bartolomeo di Antonio Visconti (vedi/see)

F4. Giovanna

= Gaspare di Giovanni Pietro Visconti

F5. Fiorbellina

= Conte Antonio Porro, Patrizio Milanese

F6. Elisabetta

24.
= 1413 Giacomo I Mandelli Conte di Maccagno Imperiale (vedi/see)

F7. Un figlio (+ post 9-1416), monaco cistercense.

E2. Giovanni, per la sua discendenza v. Parte V.

E3. Cavaliere Giovanni detto “Zanolo”, Capitano di Belluno nel 1395, 1397 e
1401, ambasciatore

milanese a Belluno nel 1395, Podestà di Reggio Emilia nel 1412 ca.

= ………

F1. Mosca

E4. Baldassarre (+ ucciso durante il tentativo di riconquista di Como da parte del fratello
Franchino

1403), Canonico della Cattedrale di Como, ambasciatore milanese in Sicilia nel


1393.

E5. Enrica

= Antonio di Ottone Rusconi (vedi/see)

E6. Donnina

= Pietro Besozzi, giureconsulto (+ ante 1448).

E7. Maddalena

= il Cavaliere Francesco Caimi, Patrizio Milanese (+ ante 1399).

D2. Francesco (+ ante XI-1386)

= ………..

E1. Corrado, Podestà di Novara nel 1387, Decurione di Milano nel 1388, Podestà di Vercelli nel

1389, Nobile Famigliare del Signore di Milano nel 1389, Deputato alla
fabbrica del Duomo di

Milano nel 1409 e 1411, dei XII di Provvisione a Milano nel 1411, Patrizio
Milanese.

= ………

F1. Cristoforo, Patrizio Milanese.

F2. Guglielmo, Patrizio Milanese.

25.
D3. Bonacossa (+ post 1360)

= Calcino Tornielli Vicario di Novara (+ post 1332).

D4. Prusarnolo o Trusarnolo, partecipa alla cessione di Bellinzona nel 1340.

C2. Ottone (+ Milano ante III-1336)

= X-1301 Zaccarina Visconti, figlia di Matteo I Capitano del popolo di Milano e di


Violante Borri

(+ ante VII-1328) (vedi/see)

D1. Tommaso, per la sua discendenza v. Parte VI.

C3. Gregorio, per la sua discendenza v. Parte VII. *


C4. Valeriano (+ ca. 1332), Arcidiacono della chiesa di Como, venne eletto Vescovo di
Como senza

l’approvazione pontificia ma solo imperiale e scomunicato nel 1327 per non aver
rinunciato alla carica, il

28-2-1331 venne dichiarato decaduto e confermato nella scomunica.

C5. Giovanni detto “Ravizza” (+ assassinato 1333), Podestà di Valtellina nel 1321 e 1331,
Podestà di Milano

l’XI-1322, Podestà di Chiavenna nel 1323, 1325, 1329 e 1331; venne scomunicato nel
1325 per aver

appoggiato la nomina a vescovo del fratello Valeriano, armato Cavaliere dal Signore di
Verona nel 1328.

= ……….. Avogadro

D1. Landa, il 5-5-1336 venne esentato dai tributi dal Signore di Milano e nel 1340 partecipa alla
cessione

di Bellinzona ai Visconti.

D2. Bartolomeo, il 5-5-1336 venne esentato dai tributi dal Signore di Milano C6.
Simone (+ post V-1340), Podestà di Novara nel 1327.

= Giacoma, figlia di Riccardo Tizzoni

D1. Giovanni, Dottore in legge, Canonico della Cattedrale di Como nel 1332 ca. e forse anche
Arciprete.

D2. Francesco

26.
C7. Maria = Antonio Giovio detto Trono (vedi/see)

B2. Corrado (+ assassinato, sepolto a Como 5-10-1302), Podestà di Bormio nel 1287, Podestà
di Lugano nel

1290, Podestà di Chiavenna nel 1299.

= Una figlia di Pietro Visconti (vedi/see)

B3. Ruggero (+ ante 1292), scomunicato con i parenti dopo la conquista di Como il 25-4-1282.

A3. Alberto (+ ante 1329), Giudice in Como, Sopraintendente alle provvisioni nel 1286,
Decurione di Como, presta

omaggio all’Imperatore Enrico VII nel I-1311.

= ……….

B1. Ruggero detto “il Negro” (+ ante XI-1365), fu dei Supplenti eletti a ratificare la cessione di
Como ai Visconti

il 29-7-1335.

= ……..

C1. Franchino (vediivente 1363/1383).

C2. Corrado (vediivente 1363/1388), per la sua discendenza v. Parte VIII.

B2. Lotario (+ ante 1328)

=…

C1. Gaspare, Podestà di Chiavenna nel 1328, Podestà di Morbegno e Traona nel 1333.

= ……..

D1. Rinaldo (+ post 1346).

v. Parte VII.

C3. Gregorio, per la sua discendenza …

27.
Biglietto da visita del nonno

28.
Parte diciasettesima

Se non sai dove


stai andando girati
per sapere da dove
vieni.
vieni.

DIAMO UN FUTURO ALLA MEMORIA

. 1
Se non sai dove stai andando girati per sapere
da dove vieni.
vieni.
Diamo un futuro alla memoria

La passione per la genealogia nasce dal bisogno di svelare il mistero delle


proprie origini affrontando una delle domande esistenziali più ricorrenti
degli uomini e delle donne di ogni tempo.

Spesso si è convinti che le tracce del proprio passato siano andate


irrimediabilmente perdute; in realtà è possibile rintracciare molti indizi
lungo il filo che ci lega alla storia, addentrandoci negli archivi dove sono
depositati i documenti che custodiscono i legami con i nostri predecessori.

Mettersi alla ricerca delle proprie radici non consente solo di ricostruire
nomi e date dei nostri antenati ma rappresenta un viaggio a ritroso nei
meandri della memoria familiare e collettiva che il tempo ha cercato di
cancellare, laddove la storia ufficiale sembra dare spazio solo ai grandi
personaggi ed agli avvenimenti che li hanno visti protagonisti.

Un tempo conoscere il passato era il modo che aiutava gli uomini e le


donne a stare dentro il proprio presente; ora la ricerca della propria identità
passa soprattutto dallo rispecchiarsi in sè stessi e nelle proprie scelte
contingenti. Basta provare a volgere lo sguardo alle proprie spalle indietro
nel tempo ed immaginare quante persone ci hanno preceduto ed in qualche
modo si sono passate il "testimone" nella grande staffetta della vita; è un
sentimento che in qualche modo incrina il proprio senso d’unicità.
Non si tratta di pensare ai nostri avi solo come parte del patrimonio
genetico che portiamo dentro di noi ma anche a chi con le sue scelte ed il
suo modo di interpretare la vita ha condizionato in qualche misura la
nostra esistenza attuale.

. 2
Pensare che l'uomo nacque senza una storia dentro di sé, è una malattia.
É assolutamente anormale, perché l'uomo non nacque dal giorno alla notte.
Nacque in un contesto storico specifico, con qualità storiche specifiche e,
pertanto, è completo soltanto quando ha rapporti con queste cose.

Se un individuo cresce senza legami con il passato, è come se fosse nato


senza occhi ed orecchie e tentasse percepire il mondo esterno con
esattezza.

È come mutilarlo.
CARL JUNG

Cammino nelle orme dei miei antenati.


I miei antenati camminano nelle mie orme.
Cammino nelle orme di tutti gli esseri viventi.
Tutti gli esseri viventi camminano nelle mie orme.
Cammino nelle orme delle future generazioni.
Le future generazioni camminano nelle mie orme.
MANTRA BUDDISTA

. 3
si disponesse della genealogia autentica ed
esatta di ciascuna famiglia, è più che
verosimile che nessun uomo sarebbe stimato
o disprezzato in virtù della sua nascita.
Infatti, non v’è mendicante per le vie che non risulterebbe
discendente diretto di qualche uomo illustre, né un solo
nobile elevato alle più alte dignità dello Stato, degli ordini e
dei capitoli, che non scoprirebbe tra i suoi antenati una
quantità di gente oscura.
Supponiamo che un gentiluomo d’alto rango, tutto gonfio d’orgoglio per la sua alta
nascita, si vedesse passare in rivista sotto gli occhi l’intera serie dei suoi avi, un po’
come Virgilio fa contemplare a Enea tutti i suoi discendenti.
Da quali contrastanti passioni non sarebbe agitato, vedendo, nello spazio di quattro
millenni, un alternarsi continuo, magari a brevi intervalli, di condottieri e di pastori,
di ministri di Stato e di artigiani, di principi e di bifolchi?!
Da quale tristezza o da quale gioia non si sentirebbe prendere alla vista di tutti gli
scherzi della sorte: di fronte a uno spettacolo così variopinto, fatto di cenci e di
porpore, di strumenti di lavoro e di scettri, di insegne di onore e di marchi
d’obbrobrio?!
Quale flusso e riflusso di speranze e di timori, di trasporti di gioia e di mortificazione
non verrebbe a patire, via via che la sua genealogia gli apparisse brillante o
tenebrosa?
Ma se il nostro gentiluomo, già cosi fiero dei suoi avi, riuscisse a rientrare in sé,
considerando con occhi di filosofo tutte queste vicissitudini, non ne sarebbe più
affatto turbato.
Le generazioni dei mortali, alternativamente illustri e abiette, si cancellano, si
confondono e si perdono come le onde di un rapido fiume: nulla può arrestare la
corsa del tempo, che trascina seco ciò che sembrerebbe più fermo e imperituro, e lo
inghiotte per sempre nella notte eterna".

Diderot D’Alembert:
Encyclopédie .
Voce Genealogia di De Jancourt.

. 4
Commiato
Sono arrivato alla fine del lavoro.
Il testo è risultato molto più ampio di quanto ho scritto nel blog.
E’ stata una bella avventura.
Mi ha appassionato molto la ricerca in internet.
A conclusione allego un pensiero postato nel blog.

Etichette: pensieri

Ciappinare, per noi qui in Emilia significa:

"trafficare con aggeggi di varia natura al fine di farli


funzionare".
Il ciappinaro è una persona straordinaria che sa fare di
tutto…imbianchino, idraulico, muratore, elettricista e
“aggiustatutto”.
E’una persona preziosa, eccezionale ma oggi è INTROVABILE.
Per me ciappinare è perdere tempo interessandomi a varie attività,
come ”smanettare “col PC.
Il PC è un “aggeggio” che, tra le tante opportunità, ti consente di
scrivere un blog.
Scrivere sul blog è ciappinare.
E' lavoricchiare realizzando, a volte, prodotti geniali, ma spesso
producendo cose penose.
Geniali o penose che appaiano sono opere mie, quindi, uniche.
E la cosa splendida è che…
ai propri ciappini ci si affeziona , tanto, tantissimo.

a 12.15 Pubblicato da Marcobr43 1 commenti

A r r i v e d e r c i su:

marcobr43.blogspot.com www.bronzirusconi.com
Vi saluto con questa riflessione:
Se non riesci ad uscire dal tunnel…arredalo!!!!

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