Você está na página 1de 28

In collaborazione con

Il caos calmo della Siria degli Assad

In Siria le rivolte sono iniziate nellaprile del 2011, sulla scia dei movimenti rivoluzionari noti come Primavera Araba - che hanno investito i paesi arabi. Dopo 10 mesi di costante escalation del conflitto innescato dalle richieste di una maggiore equit economica e sociale e di una reale apertura politica alle opposizioni presenti nel paese, la situazione ancora estremamente instabile e difficilmente decifrabile.

di Margherita Leone per Osservatorio Iraq

Anche in questi giorni di parla molto di Homs, considerata il simbolo la citt simbolo della protesta siriana, mentre le altre maggiori citt, da Damasco ad Aleppo, sembrano essere state colpite solo relativamente dalla rivolta1. Dinanzi a questo scenario estremamente complesso, si pu essere sicuri di una sola cosa: che quanto sta accadendo alla Siria andr irrimediabilmente a modificare i delicati equilibri geopolitici di tutto il Medio Oriente. Damasco intrattiene rapporti con alcuni dei pi importanti attori politici della regione, come ad esempio lIran di cui il maggior alleato, o anche Hezbollah, il movimento politico sciita libanese. Proprio queste due alleanze, alla base degli equilibri della regione, sarebbero molto probabilmente messe in discussione dal nuovo governo siriano2, qualora dovessimo assistere alla caduta del regime degli Assad. Alla luce di quanto appena affermato dunque possibile definire due principali chiavi di lettura della rivoluzione siriana. La prima basata principalmente sullanalisi del carattere nazionale della rivolta: il ruolo del movimento di opposizione e latteggiamento repressivo del regime di Bashar al-Assad. La seconda prende invece in considerazione laspetto regionale nonch internazionale della rivolta, concentrandosi sulle reazioni della comunit internazionale e sul ruolo della Lega Araba, cercando di analizzare le ripercussioni di una ipotetica caduta del regime sulla geopolitica regionale.

Lultimo attentato ad Aleppo si verificato soltanto pochi giorni fa (10 Febbraio 2012) e ha causato pi di 30 vittime e centinaia di feriti.
2

Paul Salem, A New Balance of Power is Syria Shifts Away from Iran

http://carnegie-mec.org/publications/?fa=46195

In collaborazione con

1. Il fronte interno Per quanto riguarda il fronte nazionale della rivolta siriana si pu affermare che lo scontro tra le forze di sicurezza del regime e le forze di opposizione ha raggiunto una sorta di stallo. Uno stallo che sembra limitato principalmente alla citt di Homs, situata nel nord est del paese, dove i due schieramenti continuano ad affrontarsi giornalmente causando centinaia di perdite tra le fila della popolazione siriana. Il regime siriano non stato in grado fino ad ora di porre fine alle rivolte e pare si stia lentamente sgretolando3. Le strutture politiche del regime si sono infatti indebolite, lesecutivo bloccato e il partito al governo rappresenta ormai una scatola vuota. In questo contesto soltanto le forze di sicurezza del regime sono rimaste coese e pronte a combattere, mentre al contrario lesercito, per quanto vi siano state poche defezioni al suo interno, pare si stia frammentando mantenendo con difficolt il controllo territoriale. Da quando il movimento di opposizione ha infatti cominciato ad organizzarsi anche militarmente, il regime ha aumentato a dismisura la violenza degli attacchi contro la popolazione, senza tuttavia essere in grado di reprimere definitivamente le proteste. Da parte sua, il fronte sociale della rivolta riuscito a non farsi schiacciare dalla violenta repressione del regime, nonostante alcune delle figure-chiave della protesta si trovino allestero, fattore questultimo che sta determinando un problema di legittimit dellopposizione. Inoltre, sebbene sia costituito da diverse fazioni a volte in netto contrasto fra loro, il movimento riuscito a dar vita a un Consiglio nazionale siriano (CNS) con a capo Burhan Ghalioun4. Secondo alcuni analisti la pericolosa situazione di stallo che si sta venendo a creare potrebbe trascinare il paese nel baratro di una guerra civile5. In questo contesto la Lega Araba e la Comunit Internazionale potrebbero sicuramente giocare un ruolo importante per far si che ci non accada6. Va ricordato infatti che, nonostante non sia stato raggiunto un accordo formale ed efficace per forzare il regime di Assad a lasciare il potere e ad aprire una nuova fase democratica, ad oggi le potenze internazionali stanno gi intervenendo nel conflitto interno alla Siria: il regime saudita e quello del Qatar stanno finanziando e fornendo armi allopposizione; lEsercito di Liberazione della Siria7 pu agire nello spazio aereo turco; le forze speciali occidentali stanno aiutando le forze di opposizione sul territorio8.

Peter Harling, Collectively failing Syrian society

http://www.crisisgroup.org/en/regions/middle-east-north-africa/egypt-syria-lebanon/syria/op-eds/harling-collectivelyfailing-syrian-society.aspx
4 5 6

Yezid Sayigh, Syrian stalemate? http://carnegie-mec.org/publications/?fa=46696#opposition Cit. Peter Harling

Ian Black, Syria on brink of civil war as diplomacy fails to dislodge Assad http://www.guardian.co.uk/world/2012/feb/05/syria-brink-civil-war
7 8

Free Syrian Army Cit. Seuman Milne

In collaborazione con

2. Il fronte internazionale Dopo essersi duramente espressa contro la violenta repressione condotta dal regime di Bashar al-Assad contro la popolazione siriana e dopo aver inviato sul territorio una missione di osservatori al fine di controllare e limitare luso della forza da parte delle forze di sicurezza, la Lega Araba ha recentemente presentato una risoluzione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite chiedendo al presidente Assad il passaggio di poteri ad un governo ad interim e, in vista di nuove e libere elezioni presidenziali da tenersi entro 6 mesi dal passaggio di poteri9, lapertura di una fase di transizione democratica guidata dalle forze politiche interne al Paese. La risoluzione avrebbe rappresentato una presa di distanza netta e unitaria della Comunit Internazionale dalle continue violenze del regime contro la popolazione siriana e avrebbe aperto la possibilit a un reale cambiamento in accordo con le richieste legittime del movimento di opposizione al regime. In questo contesto, il veto posto da Russia e Cina per ladozione della risoluzione in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha vanificato gli sforzi della Lega Araba ed ha, almeno momentaneamente, allontanato la possibilit di fermare le violenze del regime tramite unazione unita e condivisa della Comunit Internazionale. Come accennato in precedenza, unipotetica caduta del regime di Assad andrebbe a modificare i delicati equilibri geopolitici della regione, e per questo il veto di Cina e Russia deve essere analizzato non solo sotto un aspetto puramente economico10. La Siria infatti uno dei principali alleati strategici dellIran nella regione e una detronizzazione di Bashar al-Assad significherebbe per Teheran non solo perdere un alleato, ma perdere anche uno dei canali di contatto, anche se minoritario, con Hezbollah in Libano, e quindi con Hamas, la causa palestinese e con i confini israeliani11. Questultimo fattore decisivo nel quadro politico della regione, soprattutto alla luce di quanto dichiarato dal segretario della Difesa degli Stati Uniti Panetta riguardo a un possibile attacco di Israele allIran durante il prossimo mese di aprile, mese in cui probabilmente la Repubblica islamica accuser le sanzioni economiche dellUnione Europea legate al programma di arricchimento nucleare12. Inoltre, una detronizzazione del regime siriano potrebbe generare nuove dinamiche nel conflitto araboisraeliano. Senza la Siria, Hezbollah potrebbe diventare pi vulnerabile13, situazione che potrebbe portare a un nuovo conflitto tra Israele e Libano.
9

Risoluzione firmata da tutti i Paesi appartenenti alla Lega Araba il 22 Gennaio 2012 in Marocco e presentata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 4 Febbraio 2012.
10

La Siria infatti uno dei maggiori acquirenti di armi dalla Russia e il terzo maggiore importatore di beni provenienti dalla Cina. (Holly Yan, Why China, Russia wont condemn Syrian Regime http://edition.cnn.com/2012/02/05/world/meast/syriachina-russia-relations/index.html)
11

Cit. Paul Salem

12

Seuman Milne, Intervention in Syria will escalate not stop the killing http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/feb/07/syria-intervention-escalate-killing
13

Il segretario del Consiglio Nazionale Siriano ha dichiarato che il nuovo governo non solo prenderebbe le distanze dallIran ma che taglierebbe la fornitura di armi ad Hezbollah (cit. Paul Salem)

In collaborazione con

3. Conclusioni Alla luce di quanto detto sinora, quindi difficile prevedere se e quando la situazione in Siria andr a risolversi e soprattutto verso quale direzione. La Comunit internazionale, nonostante le difficolt, sta cercando di supportare le richieste della popolazione siriana e parallelamente fermare la violentissima repressione del regime. A questo proposito, va ricordato che alcuni paesi - tra cui Francia, Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti - hanno richiamato i propri ambasciatori dalla Siria e si preparano a nuove azioni contro il regime di Assad, cos come molte di queste potenze sembrano ormai pi che favorevoli allipotesi di un intervento militare. Ad aggiungere ulteriore tensione c il nuovo pacchetto di sanzioni contro la Siria che lUnione Europea si prepara a imporre: misure contro la commercializzazione di fosfati e metalli preziosi dal Paese, contro la Banca siriana centrale e limitazione delle le transazioni bancarie. Il tutto pur cercando di non colpire, seppure indirettamente, la popolazione.

In collaborazione con

Dentro alla questione siriana: Campanini, Tripp, Adib-Moghaddam e la blogger Sasha Gosh-Siminoff

Questa serie di interviste nascono dallesigenza di comprendere i movimenti rivoluzionari, meglio conosciuti come la Primavera Araba che stanno scuotendo il Medio Oriente dallinizio del 2011 e che ancora non si sono placati. Dopo la caduta del regime tunisino e di quello egiziano, e dopo la drammatica cronaca della caduta di Gheddafi, oggi lattenzione principalmente rivolta verso la Siria.

a cura di Margherita Leone*

Grazie allaiuto di diversi esperti di Medio Oriente, ho cercato di presentare un quadro completo della situazione siriana, partendo dallintervista al Prof. Campanini, con il quale abbiamo approfondito la componente islamista delle rivoluzioni arabe, cos come la possibilit di una rinascita politica di questi movimenti. Con il Prof. Tripp abbiamo cercato di definire un quadro politico del regime degli Assad al governo in Siria da circa 40 anni, mentre con laiuto del Prof. Adib-Moghaddam abbiamo cercato dinterpretare il ruolo dellIslam politico nelle attuali rivoluzioni siriane, con particolare attenzione ai Fratelli Musulmani. Infine, con Sasha Gosh-Siminoff, Phd di Exeter e blogger della rivoluzione siriana, abbiamo disegnato un quadro abbastanza completo delle componenti politiche che caratterizzano il movimento di opposizione.

*Margherita Leone: dopo essersi laureata al Corso di Laurea Specialistico della Facolt di Studi AraboIslamici di Napoli, la D.ssa Leone ha ottenuto un Master in Politiche del Medio Oriente presso The School of Oriental and African Studies University of London. Successivamente ha vissuto al Cairo per diversi mesi, per continuare gli studi della lingua araba e per lavorare presso la sezione politica della Ambasciata dItalia al Cairo ed stata testimone dellinizio della rivoluzione araba in Egitto. Dopo aver lavorato come Assistente Ricercatore presso lONG No Peace Without Justice di Bruxelles, ad oggi EU Policy and Funding Assistant presso lorganizzazione no-profit ECRAAL European Centre for Research in Asia Africa and Latin America di Bruxelles e da Marzo lavorer presso il Committee of Foreign Affairs del Parlamento Europeo. Ha gi collaborato con il CISIP, pubblicando una analisi del regime degli Assad sul Working Paper n. 4.

In collaborazione con

Intervista al Prof. Massimo Campanini*: Islam politico e rivolte arabe

Alla luce dei movimenti rivoluzionari che stanno scuotendo il Medio Oriente, secondo lei possibile parlare di una rinascita dellIslam politico? Interpretando le rivolte (personalmente non le chiamerei rivoluzioni, perch, come diceva Gramsci, le rivoluzioni avvengono quando si verificato un cambiamento della classe dirigente, e questo non si ancora verificato in nessuno dei paesi coinvolti) del mondo arabo, Olivier Roy e altri studiosi anche italiani hanno parlato di post-islamismo, intendendo che il carattere laico e secolare delle rivendicazioni aveva (definitivamente) mandato in soffitta utopie come lo stato islamico o slogan come "l'Islam la soluzione". Credo sia necessaria maggiore cautela. In Egitto e in Tunisia in special modo, ma anche in Libia sebbene in una situazione pi confusa e difficile da decifrare, le forze islamiste stanno svolgendo un ruolo da protagoniste. Questo protagonismo dovrebbe ulteriormente accentuarsi in occasione delle elezioni previste per la Tunisia nel mese di ottobre e per l'Egitto tra novembre e gennaio. Le forze islamiste rappresentano probabilmente le organizzazioni maggiormente strutturate e pi sicuramente dotate di programmi e di un piano politico tra quelle che compongono il quadro interno sia in Tunisia sia in Egitto. Vi sono elementi di novit del resto. Se al-Nahda in Tunisia, con la leadership di Rashid Ghannushi, costituiva da tempo un partito politico efficiente e propositivo, la novit principale consiste nella decisione dei Fratelli Musulmani egiziani di creare il loro proprio partito politico (Libert e giustizia) sfatando una tradizione decennale che li voleva alieni dal perseguire qualsiasi organizzazione partitica, accusata di settarismo e di minare l'unit della umma. Ma accanto a Libert e giustizia sono nate altre formazioni partitiche come quelle capeggiate da Ibrahim al-Zaafarani e da 'Abd al-Mon'eim Abu'l-Futuh. Senza considerare realt gi preesistenti, come Wasat, nato negli anni novanta come costola del movimento degli Ikhwan. Questo proliferare di organizzazioni partitiche implica indubbiamente, a mio avviso, una rinascita dell'Islam politico. E' vero che pochi fanno esplicito riferimento allo stato islamico, ma la tradizione rinnovata pur sempre, mi sembra, quella di al-Banna, che pressoch per primo negli anni Trenta ha (ri)proposto una chiave di lettura politica della religione, rinnovando o forse meglio innovando il concetto basilare di Islam din wa dawla, che nell'et classica dell'Islam era stato tutto sommato poco praticato e poco teorizzato. In questo rinnovarsi dell'Islam politico, che sembra contestare l'ipotesi di Roy del post-islamismo, ci sono alcuni problemi e aspetti che meritano di essere evidenziati. Il primo che, a mio parere, la (ri)proposta dell'Islam politico potr aver successo solo se sar accompagnata da una profonda revisione dei pilastri concettuali del pensiero politico islamico classico. Le nozioni di shur, ijma', maslaha, ikhtiyar, eccetera, devono assumere nuovi contenuti e, non voglio dire adattarsi alle necessit del mondo moderno, ma senza dubbio plasmarsi a seconda delle sfide e delle richieste del mondo moderno. In questo senso, si fa urgente l'elaborazione, sul piano teorico e pratico, della prospettiva della democrazia islamica, cui hanno offerto contributi importanti pensatori come alJabri (purtroppo scomparso) o Hasan Hanafi. La questione della proceduralit e/o della valorialit della democrazia diviene centrale: accettare le forme procedurali della democrazia occidentali e inquadrarle in un orizzonte valoriale islamico? s, ma come?
6

In collaborazione con

Questa la sfida dell'Islam politico del Ventunesimo secolo, che dovrebbe sapere andare oltre le limitazioni imposte da quei salafiti o revivalisti alla rovescia che, alla luce di una concezione di utopia retrospettiva, si limitano a rimpiangere i tempi del profeta e a riproporre la societ perfetta di Medina. Ci sono stati, nell'ultimo scorcio del Ventesimo secolo, diversi esperimenti di nuovo "potere costituente dell'Islam", a partire dal progetto di islamizzazione dal basso dell'eredit di al-Banna, passando per il messaggio rivoluzionario jihadistico di Qutb, per arrivare alla velayat-e faqih di Khomeini. In quest'ottica di grande interesse l'esperienza politica di Hizballah che deve per sottrarsi ai rischi di istituzionalizzazione che gli sono posti nel quadro politico libanese per conservare la forza e l'energia del potere costituente. Il problema sar vedere se e fino a che punto le organizzazioni partitiche islamiste che stanno trovando spazio nei rivolgimenti della "primavera araba" sapranno sfruttare l'opportunit di rinnovamento teorico e pratico che le circostanze di grande movimento attuale offrono. Dunque, Islam politico s, ma con una serie di specificazioni che dovranno trovare concreta attuazione nell'arena politica sottraendosi alle lusinghe della tirannia per trovare nuovi spazi di partecipazione e di trasformazione istituzionale.

Dinanzi alle numerose rivolte che hanno colpito i paesi arabi si diffuso il timore che la caduta di questi regimi, piuttosto che portare ad una transizione democratica, possa condurre piuttosto al rafforzamento politico di un Islam pi conservatore. Il quadro precedentemente prevede un futuro per l'Islam progressista, all'interno dei quadri di riferimento islamici. Progressista nel senso che dovrebbe o potrebbe superare la dicotomia tra Stato o, meglio, sistema politico islamico e teocrazia. Al proposito, interessante la riflessione di Qaradawi che, come del resto Khomeini, ha sottolineato il carattere costituzionale e non teocratico dell'Islam (sarebbe in quest'ottica interessante discutere della teodemocrazia di Mawdudi o dello stato islamico come democrazia non fondata sulla sovranit popolare di Turabi). Ma, a prescindere da queste divagazioni di dottrina politica, cui indulgo volentieri, nei confronti di un islamismo progressista e potenzialmente in grado di evolvere e di sviluppare nuove concezioni politiche, vi il rischio che si affermino tendenze di Islamismo conservatore, come quello neo-salafita, che renderebbe ancora una volta predominante la distorsione del tempo storico implicita nell'utopia retrospettiva. Questo Islam conservatore tenderebbe a fossilizzare le strutture sociali e normative e a non lasciar spazio al rinnovamento. Purtroppo non ho una percezione esatta di quanto l'islamismo neo-salafita, in tutte le sue molteplici diramazioni, abbia seguito e si sia radicato nella societ civile musulmana. Indizi puntano nella direzione di una presenza non trascurabile. E vi anche un salafismo quietista e pacifista che forse quello pi intransigente nel negare i diritti delle donne o delle minoranze. I leader "progressisti" dovrebbero saper far breccia nella coscienza delle masse per far trionfare l'idea dell'evoluzione e dell'utopia costruttiva su quella dell'utopia retrospettiva. Ma anche questo tutto da costruire e realizzare, e le congetture non possono che essere confermate o contestate alla luce dell'evoluzione reale dei fatti. Non credo invece, neppure questa volta, nelle possibilit di radicamento di al-Qa'ida che la primavera araba rappresenta ancora una volta e ancor di pi come una sonfitta della storia.
7

In collaborazione con

Definire le richieste democratiche dei popoli arabi e le conseguenti manifestazioni e rivoluzioni come una Primavera Araba sottintende un approccio orientalista al fenomeno rivoluzionario? Non credo che il concetto di primavera araba o di rivolta o ammettiamo di rivoluzione abbia connotati orientalistici. L'interazione e il fecondo scambio di idee e di esperienze sempre stato produttivo per l'umanit e del resto caratteristico della flessibilit e del sincretismo della civilt islamica classica. Per cui ben vengano utili categorie euristiche (come anche quelle gramsciane) se aiutano a meglio catturare e definire la realt, anche se queste categorie euristiche derivano dall'Occidente. Come diceva Averro, per la validit di un sacrificio non importa se il coltello appartiene a un musulmano o a un credente a un'altra religione, l'importante che siano rispettate le condizioni del sacrificio. Fuor di metafora: non ha importanza se alcune idee vengono mutuate dall'Occidente, l'importante che servano a svolgere una funzione ermeneutica.

*Dopo aver insegnato per molti anni a contratto presso le Universit di Urbino e Milano, stato ricercatore all'Orientale per sei anni e dall'a.a. 2011-2012 Professore associato a Trento. Si occupa principalmente di movimenti islamici contemporanei, di pensiero politico e di studi coranici. Nel corso della sua carriera accademica, ha pubblicato molti testi tra cui: Islam e politica (1999 e 2003 Mulino, tradotto in spagnolo), Introduzione alla filosofia islamica (2004 Laterza, trad. in inglese, spagnolo e portoghese), Il pensiero islamico contemporaneo (2005 e 2009 Mulino), The Qur'an: modern Muslim interpretations (2010 Routledge).
8

In collaborazione con

Intervista al Prof. Charles Tripp*: Il clan Assad e il sistema Siria

Potrebbe tracciare un profilo della struttura politica siriana degli ultimi 40 anni? Dal 1963 la Siria stata governata da un regime Bathista militare, che stato inizialmente testimone di lotte interne tra diverse fazioni che tentavano di prendere il potere le une sulle altre. Nel 1970 Hafiz alAssad port a termine un colpo di Stato deponendo il suo rivale Salah Jadi, divenendo conseguentemente Presidente e controllando ogni ente dello Stato e del partito dando cos il via ad una gestione autocratica dello Stato Siriano. Uno Stato allinterno del quale non esisteva alcuna istituzione realmente rappresentativa, non vi erano libere elezioni e ogni forma di dissenso pubblico subiva una violenta repressione. La Siria quindi diventato il primo esempio di ci che stato definito dawlah almukhabirat (Stato dei servizi segreti) dato che, in ultima istanza, gli Assad e i servizi segreti (questi ultimi operanti sotto il controllo diretto degli Assad), controllavano tutti gli enti dello stato e assicuravano lordine se necessario con ogni mezzo: dalla prigione alla tortura, all omicidio, allesilio. Questo sistema perdurato fino allanno della morte di Hafiz al-Assad nel 2000. Al centro del potere si trovavano coloro i quali godevano della fiducia del clan Assad e non necessariamente perch fossero ideologicamente affidabili (questa affinit ideologica, infatti, sempre stato un elemento problematico del Bath) ma piuttosto perch condividevano la sua visione del potere e a lui avevano legato i propri destini. A volte dipendeva dal fatto che provenissero dalla sua numerosa famiglia o da clan imparentati tra loro della zona rurale di Jabal Alawi nella Siria Occidentale. Come lo stesso Assad, del resto, molti di loro facevano parte della comunit degli Alawiti gruppo religioso, sincretico ed eterodosso legato ai seguaci dellImam Ali, cognato del Profeta Maometto, risalente al X-XI secolo. Limportanza di basare il proprio potere su una famiglia leale e su legami clanici fu rinforzata dalla designazione da parte di Hafiz al-Assad di suo figlio maggiore, Basil, come suo successore. Quando Basil rimase ucciso in un incidente dauto nel 1994 suo fratello pi giovane, Bashar, fu conseguentemente designato da suo padre come probabile successore. Bashar, ad oggi Presidente, assunse la presidenza nel 2000, alla morte del padre. Un potente incentivo per garantire la sua ascesa al potere fu la convinzione da parte del clan, del partito Bath, dellalto comando militare e dellapparato di sicurezza, che la successione di Bashar, per quanto potesse apparire strana in una Repubblica nominalmente socialista, rappresentasse la miglior garanzia di stabilit e continuit rispetto ad una probabile futura lotta per il potere. Esistevano infatti molti poteri forti interessati a veder continuare il tipo di il regime costruito da Hafiz al-Assad. Del regime non facevano parte soltanto le persone legate al Presidente o provenienti dalla sua stessa comunit, ma erano inclusi anche membri della classe media urbana emergente, la quale aveva tratto beneficio dall Infitah (apertura) delleconomia siriana, dalle opportunit di commercio in Libano (dove erano stanziati circa 30mila soldati dal 1976) e dallordine che il governo autoritario sembrava garantire. Facevano inoltre parte di questi poteri forti anche molti membri della societ multi-confessionale siriana: cristiani, drusi e ismailiti, comunit che, insieme agli Alawiti, costituivano il 35% della popolazione.
9

In collaborazione con

I membri delle minoranze etnico religiose, gi preoccupati dallemergere dellIslam politico (si erano gi verificate violente rivolte per 4 anni tra il 1978 e il 1982 durante cui frange armate dei Fratelli Musulmani si erano opposte alle forze repressive del governo), pur non entusiasti della famiglia Assad o del partito Bath, temevano per la loro condizione in un Paese in cui rappresentavano una minoranza. Difatti il governo, apertamente laico o comunque gestito dalla minoranza Alawita, garantiva la non discriminazione delle altre minoranze sulla base della loro identit religiosa, un rispetto che essi temevano non sarebbe stato altrettanto garantito se un governo fortemente islamista avesse preso il potere in Siria o e, come successo in Libano, le differenze confessionali avessero portato alla guerra civile. Questo tipo di appoggio fu estremamente utile a Bashar al-Assad, almeno allinizio della sua ascesa al potere. Nonostante durante i primi anni del suo governo si fosse parlato di una Primavera di Damasco sulla base delle promesse di liberalizzazioni, questa apertura democratica non arriv mai a compimento. Piuttosto lo Stato si riorganizz ed il clan occup tutti le alte cariche statali. La repressione divenne consuetudine e le opportunit di protezione e corruzione, come mezzi di cooptazione della classe media siriana, divennero nuovamente preminenti. Lesplosione di proteste in diverse parti del paese, specialmente nelle citt curde del nord-est insieme al ritiro forzato delle truppe siriane dal Libano nel 2005, rappresentarono un colpo al prestigio di Bashir alAssad, creando di conseguenza un certo scompiglio allinterno del partito: ci furono diverse defezioni dalla cerchia pi stretta del potere e si verificarono alcune morti sospette tra gli ufficiali pi anziani. Tuttavia, nonostante questi contrattempi ed una situazione economica in netto deterioramento, Bashar fu in grado di riaffermare la sua autorit nel 2010. A riprova della sicurezza di Bashar, fin dallinizio delle rivolte in Tunisia ed Egitto durante i primi mesi del 2011, il governo siriano si largamente vantato per lapparente calma siriana, sostenendo come lassenza di chiare proteste nel Paese fosse dovuta sia alla ferma posizione anti-Imperialista e antiSionista del governo quanto alla legittimit di cui godeva il Presidente. Le cose sarebbero poi tragicamente cambiate nel Marzo del 2011.

Dopo la caduta di Ben Ali in Tunisia, del regime di Mubarak in Egitto e di Gheddafi in Libia, impossibile non chiedersi quale sia la forza che permette agli Assad di continuare a governare da oltre quattro decenni e di resistere agli ultimi mesi di rivoluzione. Dal marzo 2011, il regime siriano sta fronteggiando in molte zone del paese una serie di manifestazioni ostili, ma generalmente pacifiche, che si oppongono ad ogni elemento del governo. stato evidente allinizio, e forse lo ancora adesso, che queste manifestazioni di protesta e di ostilit si sono verificate da un lato allaltro del Paese, in diversi centri, villaggi, paesi e citt di provincia. Le grandi citt, come Aleppo e Damasco, non sono per state scenario di proteste di massa sicuramente niente in confronto a Tunisia, Egitto e Libia. Durante gli ultimi sei mesi14, la gente scesa pacificamente per le strade di queste citt di provincia per esprimere il proprio odio nei confronti del regime e di tutto quello che lo rappresenta. I manifestanti sono stati fronteggiati dalla violenza concentrata e mirata delle forze di sicurezza del regime, sia in uniforme che in borghese. Una violenza che ha causato, fino ad ora (Ottobre 2011), circa 3.000 vittime.
14

Ndr. aprile ottobre 2011

10

In collaborazione con

Allo stesso tempo alcune decine di migliaia di siriani sono stati arrestati e imprigionati o alcune volte rilasciati solo per fare spazio ad altre migliaia. Nonostante la violenza usata contro di loro, i siriani hanno continuato a manifestare e, in alcune zone, hanno cominciato ad armarsi per difendere le loro citt e le loro comunit contro la violenza del regime. Negli ultimi mesi questa frangia armata diventata pi forte in alcune zone, causando circa 400 perdite alle forze del regime e rafforzandosi grazie alle defezioni e diserzioni nelle stesse forze armate. In ogni caso risaputo che il regime e le sue forze di sicurezza non sono crollate o non si sono ritirate, come successo in altre Nazioni della regione, quando si sono trovate ad affrontare le proteste di massa. Questo pu essere spiegato dalla natura stessa del regime e da come questo sia stato capace di organizzare le forze di sicurezza. Nel corso degli ultimi mesi non si sono verificate grandi defezioni e, sicuramente, non ve ne stata alcuna tra gli alti comandi delle forze armate. Si pu affermare, quindi, che lopera di reclutamento e di monitoraggio come il rafforzarsi ed intrecciarsi degli interessi dellalto comando dellEsercito, a cui Hafiz al-Assad si dedicato con particolare attenzione, ha funzionato. Allo stesso modo la cooptazione di questi uomini nel sistema di benefici del regime e la paura di quanto si sarebbe potuto perdere se il centro del potere fosse crollato, ha rappresentato un potente mezzo per assicurare, se non con la fedelt ideologica, un senso di appartenenza ad un regime che ancora in grado di dispensare benefici. Lesempio dellIraq e della sua deriva nella guerra civile settaria nel periodo 2005-2008, quando il governo centrale era particolarmente debole, ha rappresentato una potente prospettiva dissuasiva e al tempo spesso spaventosa e non solo per la cerchia pi ristretta del regime siriano. Egualmente il destino di Gheddafi e dei suoi seguaci ha rappresentato una chiara indicazione di cosa accade quando la solidariet della cerchia pi stretta del regime si rompe. E' stato quindi interesse del regime dipingere i manifestanti come soggetti guidati da pregiudizi settari, animati da una ideologia islamista estremista e pronti ad usare la violenza per abbattere lattuale governo siriano. Sul piano generale questo non accaduto, ma il fatto che queste componenti siano apparse in diversi momenti e luoghi - qualcuno aggiungerebbe con pi frequenza nellultimo mese15 ha permesso al regime di portare avanti questo genere di propaganda. Il problema a medio termine del regime siriano capire come confrontarsi con le manifestazioni pubbliche di massa senza usare mezzi violenti e repressivi. I segnali dicono che ogni qualvolta le forze del governo non intervengono contro le manifestazioni, il movimento di opposizione prende coraggio e si rafforza, interpretando questa mancanza di azione come segno di debolezza e scendendo in piazza ancora pi numerosa. Questo non accade solo in un luogo specifico, ma in tutta la Nazione. Di conseguenza il regime bloccato in un ciclo permanente di repressione. Per quanto riguarda Bashar la sua paura che, dovesse decidere di alleggerire la repressione, questo sarebbe interpretato come segno di debolezza personale da parte di coloro che appartengono alla cerchia pi ristretta del regime e, forse, principalmente dal suo giovane, ambizioso e spietato fratello, Maher. Il problema a lungo termine, invece, riguarda leffetto che queste rivolte stanno avendo sulleconomia siriana e la prospettiva futura delle stesse rivolte. Fino ad ora molti sono stati contenti di accettare il carattere autoritario del regime in cambio di benefici personali scaturiti dalle opportunit che le connessioni e il wasta (nepotismo) ha offerto. Ad oggi tutto
15

Ndr. ottobre 2011

11

In collaborazione con

ci non pi scontato e questo potrebbe causare un ripensamento tra coloro i quali hanno appoggiato il regime fino ad ora.

Nel contesto della rivoluzione cominciata ad aprile, e che continua ancora oggi, qual il ruolo del partito Bath e del clan Alawita. Secondo lei possibile parlare di due posizioni differenti? Il partito Bath non un attore unico o indipendente in Siria nonostante rispecchi gli schemi del potere nel cuore del regime. A livello pi alto dominato da persone che devono tutta la loro fortuna al clan degli Assad e al loro controllo del potere. Ai livelli pi bassi costituito da persone che hanno deciso di farne parte perch rappresentava lopzione pi sicura per ottenere promozioni ed avanzamenti di carriera. Di conseguenza il regime resiste o cade insieme a quella piccola lite che domina il nucleo dello Stato. Questa lite non esclusivamente Alawita e daltro canto non tutti gli Alawiti appoggiano il regime. Molti si sono profondamente opposti ad esso sia perch gli Assad tendevano a favorire soltanto certi clan e certe famiglie allinterno della grande comunit Alawita, ed anche perch non si sentivano prevalentemente Alawiti nel senso della loro identit politica. In ogni caso il regime ha fatto tutto ci che era in suo potere per convincere tutti gli Alawiti (come anche i Drusi, i Cristiani e gli Ismailiti) che sarebbero in grande pericolo qualora lattuale governo dovesse essere ribaltato, perch probabilmente sarebbe sostituito da un regime uidato da una frangia islamista intollerante ed estremista. Il governo ha ribadito il messaggio schierando la milizia al-Shabbiha (fantasmi) per reprimere i manifestanti, particolarmente nella citt di Latakia e Banias, ma anche altrove. Questa milizia notoriamente controllata dai giovani Alawiti che, a loro volta, controllano le reti di contrabbandieri, estorsori e ladri a cui stato concesso negli ultimi anni il diritto di agire liberamente nella zona di Jabal Alawi e della pianura costiera.

* professore di Politica, con un focus sul Medio Oriente, presso The School of Oriental and African Studies-University of London. I suoi studi comprendono la natura della autocrazia, dello Stato e della resistenza in Medio Oriente e le politiche dellidentit Islamica. autore di: Islam and the Moral Economy: The Challenge of Capitalism (Cambridge University Press, 2006); A History of Iraq (Cambridge University Press, 2007); al momento sta completando la stesura del suo prossimo libro, intitolato: The Politics of Resistance in the Middle East

12

In collaborazione con

Intervista al Prof. Arshin Adib-Moghaddam*: I Fratelli Musulmani in Siria E possibile definire un ruolo chiaro dellIslam politico nella rivoluzione siriana? I Fratelli Musulmani hanno avuto e stanno avendo un ruolo rilevante allinterno dellopposizione ad Assad? Forme politicizzate di Islam sono elementi che fanno parte dellintera politica della regione: Siria inclusa. Piuttosto non esiste un fronte di confronto laici VS islamisti. Sicuramente, qui come altrove, le rivolte sono guidate da richieste molto concrete: democrazia, diritti umani ed emancipazione socioeconomica. Questi sono obiettivi universali che si sono diffusi durante le rivolte arabe e hanno assunto un enorme valore. Di sicuro nella rivoluzione sono coinvolti estremisti che traggono ispirazione dal movimento wahabita e sono finanziati dai sauditi, ma questi gruppi si posizionano ai margini della rivoluzione e non hanno un chiaro elettorato politico in Siria. Gli stessi Fratelli Musulmani sono profondamente cambiati dai tempi doro dellIslamismo teorizzato da Sayyid Qutb, arrivando ad avanzare le attuali richieste di un Islam civico (al-Islam al-madaniya) che dovrebbe fungere da punto di riferimento culturale per la societ piuttosto che come sistema totalitario. Se dovessimo proporre un termine di paragone, lIslam politico siriano potrebbe assomigliare al modello turco e a quello che si potrebbe configurare in Tunisia16. Non stiamo assistendo a rivoluzioni islamiche modellate sullesperienza iraniana fondamentalmente perch in queste rivolte post-moderne non vi un Islam ideologico pronto a guidare le masse. Quello a cui stiamo assistendo sono rivolte decentralizzate e nucleari che colpiscono i sistemi politici dal basso. Sono delle micro-battaglie che si trasformano in movimenti di massa grazie alla legittimit di richieste fondamentali quali democrazia, diritti umani ed equit economica. Richieste che, inoltre, toccano tutti gli strati della societ. Lassenza dei Fratelli Musulmani dallarena politica siriana durante gli ultimi anni, come anche durante gli ultimi mesi di rivoluzione, legata ancora alla dura repressione condotta dal regime durante gli anni 80 o legata esclusivamente ad una assenza di leadership sul territorio? Lo stato siriano ha dovuto affrontare due dilemmi: in primis, ha dovuto sforzarsi per colmare la divisione confessionale tra la minoranza alawita degli Assad al potere e la maggioranza Sunnita; in secondo luogo, ha dovuto necessariamente trasformare un'ideologia militare, come il Bathismo, in una forma di governo che fosse responsabile dinanzi al popolo. Durante lultimo decennio il modello socialista del Bath siriano ha perso una gran parte, se non la totalit, del suo fascino ideologico. Dinanzi allassenza di una qualsivoglia forma ideologica e di una legittimazione politica ottenuta grazie ad un processo democratico, il supporto politico si concentrato intorno alla figura del leader: Hafez al-Assad prima e Bashar al-Assad dopo di lui. Non c da meravigliarsi che gli slogan gridati dai manifestanti pro-regime presenti in minoranza ma pur sempre attivi fossero unicamente rivolti alla persona di Bashar al-Assad, mentre lopposizione, dallaltro lato, sta portando avanti richieste concrete, incentrate sui concetti di democrazia e diritti umani.
16

Ndr. Dopo che le elezioni tenutesi nellOttobre del 2011 hanno portato alla vittoria dei partiti Islamisti

13

In collaborazione con

Anche prima della caduta di Ben-Ali e di Mubarak, era palese quanto non bastasse sviluppare uno stato incentrato intorno alla figura mitizzata del leader. Di conseguenza durante il corso della storia contemporanea siriana si riproposto uno schema di violenza e reazione alla violenza. Lopposizione ha continuamente sfruttato lassenza di legittimit democratica dello Stato, che a sua volta ha utilizzato la repressione sistematica per zittire la societ. Senza un ordine democratico ogni futuro governo siriano dovr confrontarsi con simili periodi caratterizzati dal malcontento delle masse. Non credo che le proteste siriane siano settarie. Piuttosto si fondano sulla condanna di una distribuzione del potere e di benefici economici iniqui. Pertanto non sono dirette contro la minoranza alawita, ma contro loligarchia statale e contro il suo substrato economico rappresentato da una vasta rete di amici che non sono stati in grado di rispondere alle richieste della societ.

Lei pensa che Hamas stia avendo un ruolo attivo nella rivoluzione siriana? Non credo che Hamas possegga le capacit operative per avere un ruolo diretto in Siria. Ma, daltro canto, noto come Khaled Meshaal e altri leader non abbiano appoggiato pubblicamente gli Assad. Tuttavia, allo stesso tempo, Hamas ha represso ogni dimostrazione di sentimenti anti-siriani a Gaza. Sicuramente il movimento di resistenza islamico non vuole la caduta del regime degli Assad, principalmente a causa dellincertezza che ne seguir per lo stesso movimento. Allo stesso modo non ha per assunto una chiara posizione nei confronti delle repressioni e del futuro politico del regime siriano, preoccupati per il proprio futuro nel paese. Credo che qualunque governo prenda il posto del regime degli Assad dovr dare risposte pronte circa la critica questione palestinese. Ci rifletter la posizione dominante della maggior parte delle societ arabe, il che rende difficile per ogni governo ignorare i sentimenti pro-Palestina. Hosni Mubarak e Zine El Abidine Ben-Ali lo hanno fatto e questo ha contribuito alla loro caduta: erano considerati asserviti alle richieste di Israele e degli Stati Uniti. Del resto proprio grazie al costante supporto alla causa palestinese che forse Assad continua a meritare una minima lealt in Siria e altrove. Nonostante la violenza scatenata sulla sua gente, probabilmente questo lultimo baluardo ideologico da difendere.

* Lettore in Politiche Comparative e Relazioni Internazionali presso The School of Oriental and African Studies University of London. autore di: The International Politics of the Persian Gulf: A cultural genealogy (Routledge, 2006, 2009), Iran in World Politics: The question of the Islamic Republic(Columbia University Press/Hurst, 2008, 2010) e di pi di una dozzina di articoli accademici. La sua ultima pubblicazione A Metahistory of the Clash of Civilisations: Us and them beyond Orientalism (Columbia/Hurst, 2011). Dopo aver studiato presso le universit di Amburgo, di Washington DC e di Cambridge, stato il primo Jarvis Doctorow Fellow in Relazioni Internazionali e Studi di Pace presso la St. Hedmund Hall e il Dipartimento di Politica e Relazioni Internazionali dellUniversit di Oxford. Presso lUniversit di Cambridge, dove ha ottenuto un MPhil e un PhD, stato eletto Honorary Fellow della Cambridge European Trust Society. I suoi scritti sono stati tradotti in molte lingue e spesso collabora con eminenti testate giornalistiche ed emittenti televisive di tutto il mondo. Il Prof. Adib-Moghaddam ha tenuto lezioni su scala mondiale su vari argomenti quali la politica Iraniana e dellAsia Occidentale, lIslamofobia, la teoria critica e il mito dello scontro di civilt.

14

In collaborazione con

Intervista a Sasha Ghosh-Siminoff*: Il ruolo delle opposizioni

Quali sono, secondo la sua opinione, i reali motivi che hanno spinto il popolo siriano a ribellarsi al regime degli Assad dopo 4 decenni di governo? Esistono diverse cause che hanno portato alla rivoluzione in Siria. Detto questo mentre la Siria si faceva influenzare dagli eventi che stavano accadendo nel resto della regione, generalmente conosciuti come Primavera Araba, le problematiche proprie del paese, ed alcuni eventi, hanno portato la nazione alla rivoluzione: Lapertura di Facebook a febbraio ha permesso agli attivisti di usare il social network per propagandare la democrazia su internet, seguendo le stesse dinamiche dellattivismo tunisino ed egiziano: Siria, il giorno della rabbia17. La cattiva gestione delle rivolte da parte del regime degli Assad. La pesante risposta contro alcuni bambini che avevano disegnato dei graffiti nella loro scuola (15 marzo) e la risposta ancora pi pesante alle proteste che ne sono scaturite, ha richiamato i siriani e li ha spinti ad agire. La rivoluzione siriana stata, fino ad ora, una rivoluzione a fuoco lento. E' infatti iniziata con richieste di riforme interne e non per rovesciare il sistema, ma la dura risposta del regime a queste proteste pacifiche ha spinto la gente a modificare le loro richieste verso un totale rovesciamento del regime. Alcuni problemi sociali hanno poi portato ad una maggiore pressione, producendo una rivolta demografica18per la rivoluzione: lalta disoccupazione, anche i laureati; la difficolt di sposarsi per gli uomini tra i 20-30 anni ( luomo a comprare casa e a pagare una dote di circa 500 $); la bassa disponibilit di case (e quindi il loro alto prezzo). Di conseguenza, uomini disoccupati e non sposati, con molto poco da perdere, hanno potuto, nonch voluto, scendere in piazza tutti i giorni manifestando pacificamente e consapevoli che questo significava affrontare pallottole e carri armati. Lo slogan ricorrente dei manifestanti sempre stato legato alla loro frustrazione per essere continuamente umiliati dal loro governo, e la violenta repressione delle proteste a Deraa ha rappresentato, per molte persone, la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Pensa che sia presente una componente islamica nella rivoluzione? Non esiste una componente esplicitamente islamica nella rivoluzione. Questa rivoluzione riguarda la dignit, lonore e la richiesta di basilari diritti umani del popolo siriano. In molti modi, questa una rivoluzione nazionalista e trascendentalista, in cui lenfasi sempre stata lidentit nazionale e solo in un secondo momento le identit etnico-confessionali.

17

Ndr. Sia in Tunisia che in Egitto, le proteste sono state lanciate tramite Facebook da gruppi di attivisti che proponevano di scendere in piazza nel Giorno della Rabbia del popolo, contro le ingiustizie economiche, sociali e politiche di cui stato vittima per decenni 18 Ndr. Per rivolta demografica si intende la rivolta di un certa fascia di et della societ maggiormente colpita dai disagi sociali, economici e politici che hanno scatenato la rivolta. In Egitto la fascia di et interessata dal fenomeno quella dei giovani tra i 15 e i 29 anni, colpiti dai fenomeni elencati nel testo. ( fonte http://www.insead.edu/facultyresearch/research/doc.cfm?did=47411)

15

In collaborazione con

Alcuni Islamisti fanno parte dellopposizione, ma con una connotazione religiosa che spazia dagli islamisti simili al partito AKP turco al governo, ai Fratelli Musulmani, sino ai salafiti. I Fratelli Musulmani non sono popolari in Siria e non lo sono fin dal 1980, quando il regime degli Assad represse il loro ultimo tentativo di rivolta. Gli islamisti rappresentano una certa parte della societ e, di conseguenza, fanno parte dellopposizione siriana. In particolare ricoprono posizioni di rilievo nel Consiglio nazionale siriano (CNS) e nellAssemblea Generale.

In generale, quali sono i diversi attori che stanno avendo un ruolo nella rivoluzione? Esistono tre maggiori componenti della rivoluzione. 1.Lopposizione interna: La nascita di unopposizione interna stata naturale e spontanea, e ha rappresentato il bisogno dei manifestanti di organizzarsi, rimanere in contatto e produrre materiale video e fotografico per i media. Man mano che la rivoluzione si evoluta questi gruppi di persone hanno iniziato a tenere il conto delle vittime, riportando le notizie dei singoli eventi e mettendo i media in contatto con gli attivisti desiderosi di testimoniare quanto stava accadendo, registrando - con fotografie e video - le brutalit del regime. Alcuni membri delle stesse organizzazioni sono stati imprigionati, torturati e uccisi. Lopposizione interna si presenta cos suddivisa: Coalizione ufficiale interna: Ghad Democratic Coalition Organizzazioni nazionali: Local Coordination Committees of Syria; Syrian Revolution General Commission; Higher Council of the Syrian Revolution; Coordination Union of Syrian Kurdish Youth; Nabed Coalition for Syrian Civil Youth Gruppi di opposizione pi localizzati: Revolution Command Council in Idlib; Revolution Command Council in Lattakia; 17 Nissan youth Movement in Deraa; Union of Homs Free People; Union of Homs Neighborhoods; Euphrates Revolution in Deir Ezzor; Damascus Coordinations Union

2. Lopposizione esterna: Esistono numerosi gruppi esterni di attivisti, oppositori del regime, che operano al di fuori dei confini siriani specialmente negli Stati Uniti, in Europa e in Libano. Nonostante siano stati fatti diversi tentativi per creare un consiglio nazionale, ispirato al Consiglio nazionale di transizione libico, fino ad ora questi sforzi sono falliti. Lultima iniziativa ha portato alla nascita del Consiglio nazionale siriano (CNS), guidato da attivisti che si trovano allestero. Il CNS dovrebbe essere formato da 140 rappresentanti, di cui il 60% costituito dai gruppi di opposizione interna e il 40% costituito da membri esterni. Fino ad ora, sono state nominate 71 persone, e 34 di queste sono state identificate come islamiste. A causa di questa tendenza a favorire gli islamisti in seno al CNS, molti gruppi di opposizione interna hanno richiesto ulteriori negoziazioni affinch le componenti del Consiglio rispecchino al meglio le diverse componenti etniche e religiose della societ siriana.

16

In collaborazione con

3.Lopposizione armata: Lopposizione armata costituita da due gruppi principali, Esercito per la Siria Libera e Movimento degli Ufficiali Liberi. Riguardo questultimo non si sa molto, mentre lEsercito per la Siria Libera sembra rispettare una gerarchia dovuta al fatto che sono ufficiali che hanno lasciato lesercito siriano. Il colonnello Ryad Assad il leader dellesercito e al momento si trova in Turchia, insieme ad altri suoi ufficiali. I diversi attori coinvolti possono essere quindi divisi, ulteriormente, in tre categorie: attori individuali: intellettuali esiliati, professori, attivisti politici del web, ex bathisti che sono diventati critici nei confronti del regime e sono stati esiliati; organizzazioni non governative/gruppi della diaspora gruppi di opposizione, interni ed esterni, che sono nati quando sono cominciate le rivolte in aprile.

Pensa che sia possibile definire una leadership del movimento rivoluzionario? Dallinizio della rivoluzione, la vera sfida delle opposizioni stata quella di creare un fronte unitario e una struttura a capo del movimenti. Questo bisogno scaturisce in parte dalla spontaneit della rivoluzione, che implica la mancanza di coordinamento del movimento di opposizione siriano.

17

In collaborazione con

Ugualmente, la nascita spontanea delle proteste ha escluso la comunit della diaspora, che non si aspettava una rivoluzione e che era ancora impegnata a riformare la Siria dallinterno dellattuale sistema politico. Attualmente il Consiglio nazionale siriano dopo diverse false partenze sta diventando lautorit dominante e la struttura portante del movimento. Il CNS ha ottenuto il supporto del 90% dei movimenti di opposizione interna ed esterna, ed strutturato in modo da bilanciare diverse sezioni rappresentative: opposizioni interne VS opposizioni esterne; rappresentanze geografiche e rappresentanze etniche e settarie. Il CNS sta ancora lavorando per consolidare la sua autorit allinterno del movimento rivoluzionario e per ottenere il supporto della comunit internazionale. Lattuale formazione del CNS la seguente19: - Consiglio esecutivo (CE), che rappresenta la leadership del CNS ed composto da 7 membri; - Segreteria Generale (SG), consiglio politico e consultivo della CE composta da 29 membri; - Assemblea Generale (AG), corpo rappresentativo generale che viene consultato e che ha il diritto di voto su ogni decisione presa dal CE e dalla SG. Composta attualmente da 140 membri i quali potrebbero aumentare fino a 230. Inoltre si sta valutando lidea (e, personalmente, penso sia altamente probabile) che alcuni posti della AG e almeno un posto della SG siano riservati alla comunit alawita e ai loro rappresentanti, dato che la maggior parte della comunit ha deciso di appoggiare la rivoluzione. Qual lo stato attuale della rivoluzione?20 difficile a dirsi. Giudicando lo stato attuale delle cose, al momento stanno avendo luogo due rivoluzioni parallele: una pacifica e una armata. La maggior parte dei manifestanti ancora pacifica e il CNS continua a sottolineare la natura pacifica e non armata della rivoluzione siriana. Detto questo, lalto numero di vittime e di atti violenti perpetrati dalle forze di sicurezza, atti che possono essere definiti come crimini contro lumanit, stanno portando alcuni elementi della rivoluzione ad armarsi e difendersi. Laumento delle defezioni nelle forze di sicurezza, tradizionalmente fedeli al regime degli Assad, e la formazione Esercito per la Siria libera da parte del Col. Ryad Assad, sono gli elementi chiave dellopposizione armata. Lesercito del Col. Ryad ha condotto piccole operazioni nella regione prevalentemente contro la Shabiha facendo crescere lopposizione al regime ed ha altres inflitto un alto numero di perdite alle forze di sicurezza. Tra laumento delle defezioni, lunirsi delle opposizioni siriane sotto una unica direzione e laumento della pressione della comunit internazionale, pronta ad intervenire con sanzioni economiche, sembra che tutto porti ad un momento di svolta in favore dellopposizione siriana.

19 20

Ndr. La conformazione del CNS potrebbe cambiare. Ndr. Ottobre 2011

18

In collaborazione con

* Laureato presso lUniversit di Exeter con un Master in Politiche del Medio Oriente, il suo interesse per la regione si concentra sul Levant (Siria, Libano, Giordania, OPT, Israele) e ha portato avanti studi in Israele e nella West Bank. Ultimamente, ha passato tre mesi e mezzo ad Aleppo, in Siria, dove ha portato avanti gli studi della lingua araba. In questo periodo, stato testimone dellinizio della rivoluzione siriana ed ha quindi creato il blog www.thesyriareport.blogspot.com, in risposta alla mancanza di notizie riguardo la situazione in Siria negli Stati Uniti. Prima di ottenere il master, Il Dr. Ghosh-Siminoff stato giornalista presso il Congressional Quartlerly a Washington DC, e ha continuato ad usare le capacit apprese per riportare le notizie dalla Siria. Ha anche scritto un Op-Ed per il Guardian intitolato Life in Syria's Psychological Prison of Fear. Attualmente, sta lavorando come assistente presso il POMED (Project on Middle East Democracy) a Washington DC.

19

In collaborazione con

Interview with Charles Tripp

Would you like to define a political profile of Syria in order to get a clear idea of the political establishment existing in the region since the last 40 years? Since 1963 Syria has been ruled by a Ba`thist/military regime that has witnessed various factions seeking to dominate the others. In 1970 Hafiz al-Asad carried out a coup and overthrew his rival, Salah Jadid. Asad became President, dominating all agencies of state and party and ruling Syria as an autocracy in which no truly representative institutions, free elections or even public dissent was allowed. Syria thus became a prime example of what has been called dawlah almukhabirat [state of the intelligence services] since, in the final analysis, they and the security services, working under the direct control of Asad dominated all agencies of the state and ensured order, if necessary through imprisonment, torture, murder and exile.This system was sustained until the year of Hafiz al-Asads death in 2000. At the heart of power were those who were implicitly trusted by Asad, not necessarily because they were ideologically reliable (this had been notoriously fractious within the Ba`th) but because they shared his worldview and because their fates were tied to his. Sometimes this was because of years of trusted personal service; sometimes it was because they came from his extended family or from related clans in the impoverished rural Jabal Alawi in Western Syria. Like Asad himself, therefore, many of them were from the Alawi community a heterodox and syncretic religious grouping with its origin in the followers of Imam Ali, son-in-law of the Prophet Muhammad that dates from roughly the 10/11th centuries.The importance of trusted family and clan ties at the heart of power was reinforced by Hafiz al-Asads designation first his eldest son, Basil, as his successor. When Basil was killed in a car accident in 1994, hisyounger brother Bashar was promoted by his father as his likely successor. Bashar, now President of Syria, did indeed take over the presidency in 2000 when his father died. A powerful incentive for the clan, the Ba`th Party, the military high command and the security apparatus to allow this to happen was the belief that Bashars succession, strange as it may have looked in a nominally socialist republic, was a better guarantor of stability and continuity than the struggle for power that might have followed. There were many vested interests keen on seeing the continuation of the kind of regime set up by Hafiz al-Asad. These were not simply the people who were related to the president or from his community. It also included large numbers of the emerging urban middle class who had benefited financially from the infitah [opening up] of the Syrian economy, the trade opportunities in Lebanon (where some 30,000 Syrian forces had been stationed since 1976), and the kind of order that authoritarian rule appeared to guarantee. This also included many members of Syrias multiconfessional society the Christians, the Druze and the Ismailis who, with the Alawis, comprise about 35% of the population. Already perturbed by the rise of political Islam there had been a violent four year uprising between 1978 and 1982 that had pitted the armed units of the Syrian Muslim Brotherhood against the repressive forces of the regime these members of minorities may not have been wildly enthusiastic about the Asad family or the Ba`th party, but they feared for their own position in a country where they were minority communities. If the government were avowedly secular, or even in the hands of members of one of these minorities, it reassured them that they would not be discriminated against on the basis of their religious identity, as they feared either if a strong Islamist government were to come to power in Syria, or if, like Lebanon, confessional difference led to civil war.

20

In collaborazione con

This kind of support was very valuable to Basil al-Asad at the outset. Although there was talk of a Damascus Spring in the early years, with promises of, or hints at liberalization, this never amounted to much. Instead, the security state reasserted itself, the clan closed ranks at the top, repression was the norm and the opportunities for patronage and corruption as ways of co-opting the Syrian middle classes became prominent once again. Protests broke out in some parts of the country, notably in the Kurdish towns of the northeast and the Syrias forced withdrawal of its troops from Lebanon in 2005 was a blow to Asads prestige. As a result, there was some disruption, and a few defections from the inner circle of power, as well as some suspicious deaths of senior officials. Nevertheless, despite these setbacks, and a deteriorating economic situation, it appeared to many that Bashar had managed to reassert his authority by 2010. Indeed, when the upheavals in Tunisia and in Egypt took place in early 2011, the Syrian regime congratulated itself on the apparent calm in Syria itself, arguing that the absence of open protest in Syria was due to the steadfastly anti-imperialist and anti-Zionist stance of the government, as well as the legitimacy of the president. Things were to change dramatically by March 2011.

After the fall of the regime of Ben Ali in Tunisia and Mubarak in Egypt and having a look to what is happening in Libya, in your opinion, what has been the fundamental strength of the Assad regime which permitted them to rule for over 4 decades and which is helping them to dont give up the power during the last months of revolution? From March 2011 the Syrian regime has been faced by a series of hostile but in many areas largely peaceful demonstrations, voicing opposition to all aspects of its rule. It was noticeable that initially, and to some extent still, these open demonstrations of protest and hostility have taken place across the country in multiple centres, villages, small towns and provincial cities. By and large, the major cities of Aleppo and Damascus have not witnessed scenes of mass protest certainly nothing on the scale of Tunisia, Egypt or Libya. For the past six months people have repeatedly gone out on the streets of these various provincial towns to voice their protest and indeed hatred of the regime and all it stands for. They have been met by concentrated and targeted violence by the security forces of the regime, both in uniform and in civilian clothes, that has claimed some 3000 lives. At the same time, some tens of thousands of Syrians have been arrested and detained, sometimes released to make way for thousands of others. Even so, despite the violence used against them Syrians have gone on demonstrating and in some places have begun to take up arms to defend their towns and communities against the violence of the regime. In the past few months, this armed element has become more obvious in a number of places, inflicting perhaps 400 or so casualties on the governments forces and strengthened by defections and desertions from the security forces themselves. However, it is noticeable that the regime and its security forces have not crumbled or split apart, as in some of the other countries in the region when faced by mass protest. This may be explained by the nature of the regime and the way it has organized the security forces. There have been no major defections and certainly none within the high command of the armed forces. It appears therefore that the recruitment, vetting and cementing of the loyalties of the high command that was so much a preoccupation of Hafiz al-Asad has been successful. Equally, the co-option of these men into the reward system of the regime and the fear of what might be lost if the centre gives way has been a powerful way of ensuring, if not loyalty, then self-interested adherence to a regime that can still deliver the goods.
21

In collaborazione con

The example of Iraq and its descent into sectarian civil war in 2005-8 when central government was weak has been a powerful and frightening prospect, not simply for the inner circle of the Syrian regime. Equally, the fate of Gadhafi and his followers has been a clear indication of what happens when the solidarity of the inner circle breaks down. It has therefore been in the interests of the regime to portray the protesters as driven both by sectarian prejudices, animated by extremist Islamist ideology and willing to use armed force to overthrow the government. For the most part, this has not been the case through the months of demonstration, but the fact that these features have appeared at different times and places and some would argue with more frequency in the past month allows the regime to make its case.The medium term problem for the regime is how to deal with mass public protest without using violent and repressive measures. Every indication is that wherever government forces have failed to intervene, people take heart, see this as a sign of weakness and come out onto the streets in their tens of thousands. This happens not just in one place, but across the country. Thus, the regime is locked into a permanent cycle of repression. For Bashar, the fear is that if he eases up, it will be taken as a sign of his own personal weakness by some of those around him in the inner circle, including and perhaps principally by his ambitious and ruthless younger brother, Maher. The longer term problem is the effect that this unrest is having on the Syrian economy and its prospects. Hitherto, many were content to put up with the authoritarian character of the regime if they felt that they could profit personally from the opportunities that connections and wasta offered.Now this is not so certain and this too may cause second thoughts among those who have hitherto been supportive.

In the context of the revolution which started in April and is still on the field, what is the role of the Bath party and of the Alawis clan (if it is possible to discuss about two different positions) during the revolution? The Ba`th party is not an independent or autonomous actor in Syria. It mirrors the preoccupations and patterns of power at the heart of the regime. Thus, at the senior levels it is dominated by men who owe everything to the Asad clan and its hold on power. Lower down, it is full of people who have joined it because this seemed to be the sure path to promotion and career advancement. It stands or falls therefore with the small elite that dominates the heart of the state. This elite is not exclusively Alawi, nor do all Alawis support the regime. In fact, many have been bitterly opposed, in part because the Asads tended to favour only certain clans and families within the larger Alawi community, in part because they do not see themselves primarily as Alawi in their political identity. However, the regime has done everything it can to persuade all Alawis (and Druze, Christians and Ismailis) that they would be in grave danger if the present regime were to be overthrown, since, they argue, its most obvious replacement would be a regime driven by an intolerant and extreme brand of Islamism. The government has reinforced this message by deploying the plain clothes al-Shabbiha [ghosts] militia to use violence against demonstrators, particularly in the Western cities of Latakia and Banias, but also elsewhere. This militia is notorious for being drawn from the young men who formed the Alawi dominated networks of smugglers, extortionists and thugs who have been given a license to terrorise the Jabal Alawi and the coastal plain for the past decades.

22

In collaborazione con

Interview with Moghaddam

Is it possible to define a clear role of Political Islam in the Syrian revolution? Do you think that the Muslim Brotherhood had a relevant role in the revolution? Politicised forms of Islam are a factor of politics throughout the region including in Syria. But there are no secular versus Islamist battle-lines. Certainly, in Syria and elsewhere the revolts are driven by very concrete demands: democracy, human rights, and socio-economic emancipation. These are norms that are universal and that are being dispersed and enriched in the Arab revolts. Of course, there are Saudifinanced Wahhabi inspired extremists involved, but they are at the margins and do not have a political constituency in Syria. The Muslim Brotherhood too has undergone profound changes from the heydays of Qutbian Islamism to the current calls for civic Islam (al-Islam al-madaniya) which would function as a cultural reference point for society, rather than a totalitarian system. If anything, Islamic politics in Syria would look like Turkeys model and the future of Tunisia. We are not witnessing Islamic revolutions modelled after the Iranian experience, exactly because in these post-modern revolts there is no ideological Islam that drives the masses. What we are witnessing are de-centralised, nuclear struggles that affect politics from the bottom-up. These are micro battles that transmute into mass movements because of just and legitimate demands for democracy, human rights and economic equality that permeate different strata of society.

Their absence from the Syrian political arena during the last years and almost during the last months of revolution is still related to the harsh regime repression conducted against them during the 80s? or, otherwise, is related only to a field leadership absence? The Syrian state has had to deal with two dilemmas: First, it has been challenged to bridge the sectarian divide between the minority Alawite rule of the Assads and the Sunni majority. And secondly, it has been hard-pressed to transmute a militaristic ideology such as Bathism into a form of governance that is accountable to the people. Syrian Baathism and its socialist pretexts have lost most, if not all of their ideological appeal in the past decade. In the absence of such an ideological momentum and democratic legitimacy, political support has been organised around the person of the leader, i.e. Hafiz-al Assad and Bashir al-Assad after him. It is no wonder that the slogans of the pro-government demonstrators - visibly in the minority but still active are almost entirely geared to the persona of Bashir al-Assad, whereas the opposition brings forward concrete demands that are enveloped in a language of democracy and human rights. Even before the fall of Mubarak and Ben-Ali, it was simply not enough to cultivate a state around a heroised leader image. Hence, the flare ups of violence and counter-violence throughout the contemporary history of Syria. The opposition has continuously exploited the absence of democratic legitimacy of the state, which in turn used systematic repression to mute society. Without a democratic order, every Syrian state will have to deal with similar periods of mass discontent. I dont deem the protests sectarian. Rather, they are driven by the unequal distribution of power and economic benefits. Therefore, they are not directed against the minority Alawites per se, but against the oligarchy constituting the state and its economic underbelly, a vast network of cronies that have not been responsive to the demands of society.

23

In collaborazione con

Do you think that Hamas is having an active role in the Syrian revolution? In which sense? How an hypothetical fall of the Assad regime will affect Hamas? I dont think that HAMAS has the operational capability to have any kind of direct role in Syria. But it is noteworthy that Khaled Meshaal and other HAMAS leaders have not come out in explicit support for Assad. At the same time, HAMAS has suppressed the display of anti-Syrian sentiments in Gaza. Certainly, HAMAS would not want the downfall of the Assad regime, not at least because of the uncertainty that would follow. But they are also sitting on the fences, unsure about their own future in the country. I believe that every successor state to the Assad regime would be responsive to the plight of the Palestinians. This reflects the preference setting of most Arab societies. Hence, it is very difficult for states to ignore pro-Palestinian sentiments. Hosni Mubarak and Zine El Abidine Ben-Ali did so and it contributed to their downfall; they were deemed to be subservient to the demands of Israel and the United States. And perhaps it is due to the support to the Palestinian cause that Assad continues to command residual loyalties in Syria and beyond. Amidst the violence he has unleashed on his people, this maybe the last ideological plank to hold on to.

24

In collaborazione con

Interview with Sasha Ghosh-Siminoff

Which are the real reasons, which brought the Syrian people to rebel against the Assad regime after 4 decades? There are several main causes for the revolution in Syria. That being said, while Syria was influenced by the events in the region, commonly known as the Arab Spring, Syrias own unique set of issues and localized events really propelled the nation into revolution: unbanning of Facebook in February which allowed online activists to take advantage of the social media tool to promote and advance democratic activism in the same vein as the kind of activism found in Tunisia and Egypt, i.e. Syria Day of Rage. Mismanagement of the initial situation by the Assad regime. The heavy handed response against the children who sprayed graffiti in their school (March 15th) and then the even worse response to the protests that erupted afterwards really appalled many Syrians and spurred them into action. Syrias revolution was a slow-burning revolution: started out with demands for internal reform not and overthrow of the system and again, the response of the regime to these peaceful protests propelled people to change their demands from internal reform to the demand for the toppling of the regime. Societal issues added extra pressure that produced a demographic ripeness for revolution: 1) high-ish unemployment, even for those with college degrees; 2) men between the age of 20-30 have a hard time marrying due to the fact that getting married in Syria requires the man to buy a house and pay a dowry that can run at least $5,00; A housing shortage (and thus housing was expensive) contributed to the marriage issue. Thus, unemployed, unmarried men with little to loose were willing to go out every day and peacefully protest, even if that meant facing bullets and tanks. The general refrain from protesters was that they were sick of being humiliated by their government, and the violent repression of the protests in Deraa was the last straw for many people.

Do you think that there is an Islamic component in the revolution? In which sense? There is not an explicitly Islamist component to this revolution. This revolution is about the honor, dignity and the demand for basic human rights for the Syrian people. In many ways, this is a nationalistic and transcendentalist revolution, in which the emphasis has always been on the Syrian national identity first, ethno-sectarian identities second. There are Islamists present in the opposition, but these elements range from Islamist similar to the ruling Turkish AK Party to the Muslim Brotherhood, to Salafists. The Muslim Brotherhood are not popular in Syria and have not been popular since the 1980s when the Assad regime crushed the last attempted revolt. Islamists do represent some portions of the population and as such they are included in the Syrian opposition- specifically, they have seats on Syrian National Council, in the General Assembly.

25

In collaborazione con

In general terms, which are the different actors having a role in the revolution? Three components to the revolution: (please review attachment for a more detailed explanation of these three groups) Internal opposition External opposition Armed opposition

The Opposition:

1.

The internal opposition:

Internal Official Coalitions: Ghad Democratic Coalition (see those highlighted) National Organizations: - Local Coordination Committees of Syria - Syrian Revolution General Commission - Higher Council of the Syrian Revolution - Coordination Union of Syrian Kurdish Youth - Nabed Coalition for Syrian Civil Youth More Localized Opposition Groups: - Revolution Command Council in Idlib - Revolution Command Council in Lattakia - 17 Nissan youth Movement in Deraa - Union of Homs Free People - Union of Homs Neighborhoods - Euphrates Revolution in Deir Ezzor - Damascus Coordinations Union The creation of internal opposition organizations were spontaneous in nature and a direct result of a need for protests to be effectively organized, kept track of, and filmed/photographed for the media. As the uprising has evolved, and the repressive tactics of the regime have changed, so has the sophistication with which these organizations operate and the scope of their of their responsibilities. These organizations also keep track of protester deaths, general news events on the ground, putting the media in touch of activists willing to speak as eye-witnesses, and recording (in film, pictures and words) the regimes brutality against protesters. Many of these organizations have had their own organizers jailed, tortured and killed on numerous occasions.

2.

Armed Opposition

The armed opposition consists of two main groups: The Free Syria Army and the Free Officers Movement. Not much is known about the latter, but the Free Syria Army seems to have a cohesive hierarchy that consists of officers who have defected from the Syrian army. Colonel Riad Assad is the head of the Free Syria Army and is currently in Turkey along with his other officers. The Colonel has stated that hundreds of soldiers are defecting weekly mainly conscripts or career soldiers, and a few
26

In collaborazione con

officers. Estimates put the FSA at anywhere from one to four thousand troops outside of Syria, and several thousand inside Syria itself. The SFA also has a network of spies within the forces loyal to the regime who feed them information. Generally, the SFA conducts operations against the Shabiha and in defense of unarmed protesters, but these operations are limited. It is unknown what kind of weaponry they have but in an interview with the Washington Post an SFA officer said they have Kalashnikov rifles, RPGs, and some anti-aircraft guns.

3.

The external opposition:

There are numerous external opposition groups and activists operating outside of Syria- especially in the United States, around Europe and Lebanon. While several attempts have been made to form a national council reminiscent of the Libyan TNC, so far these efforts have failed unto now. The latest genesis has come in the form of the Syrian National Council- spearheaded by external opposition activists. The SNC is supposed to consist of 140 seats split 60% in favor of internal opposition groups, 40% external opposition groups. Thus far, 71 people have been appointed to the council with 34 people who have been identified as Islamists. Due to this lopsided favoring of appointing Islamists to the SNC, numerous internal opposition groups most notably the Local Coordinating Committees of Syria- have asked that further discussions be had regarding the SNCs makeup to better reflect the diverse ethnic and religious nature of Syrian society. The different actors involved can be broken up into three categories: - Individual actors: exiled intellectuals, professors, online political activists, former Baathists who became critical of the regime and were exiled. - NGOs/Diaspora groups that focus on the Syrian or Arab at-large Diaspora - Internal and external opposition groups that sprung up starting in early April.

3. Do you think that it is possible to define a leadership in the revolutionary movement? Attempts to create a unified opposition and leadership structure has been a serious struggle since the beginning of the revolution. This is in part due to the spontaneity of the revolution which meant there was no initial coordination of the internal opposition in Syria and the revolution caught the Diaspora community off guard who were not expecting a revolution to occur in Syria and were thus still committed to the reform of Syria from within the current political system. Currently, the Syria National Council after several false starts- is setting itself to become the dominant authority and leadership structure in the movement. The SNC garners the support of 90% of the internal and external opposition and is structured to balance several representative sections: external verses internal opposition, geographic representation and ethno-sectarian representation. The SNC is still working to consolidate its authority within the revolution and garner international support, but steps have definitely been taken in the right direction. The current makeup of the SNC is the following but could change as the SNC remains in flux. Three Parts: - Executive Council (EC) which consists of the leadership of the SNC: 7 members - General Secretariat (GS), policy making and advisory council to the EC: 29 members - General Assembly, general representative body which is consulted and then votes on all main decisions taken by the EC and GS: 140 members have been named, and possibly as high as 230 members will be representative. It has also been contemplated (and I think likely) that several seats
27

In collaborazione con

at the GA level and maybe 1 seat at the GS level will be reserved for the Alawi community and their representatives as more of this community chooses to switch sides and support the revolution. What is the actual stage of the revolution? It is hard to tell, but judging by the current state of affairs there are two parallel revolutions taking place: One peaceful, one armed. The vast majority of protests are still peaceful and the SNC continuously stresses the peaceful and un-armed nature of the Syrian revolution. That being said, the high death toll and acts perpetrated by the security forces, which can be constituted as crimes against humanity, are also driving some elements of the protest movement to arm themselves in self-defense. The rise in the number of defections among soldiers, and the formation of the Free Syria Army (FSA) by dissident Colonel Riyad Assad are the key elements spearheading an armed opposition. Col. Riyads FSA has been conducting small operations in-country- largely against the Shabiha- have risen the stakes for the regime and has inflicted higher casualties amongst security forces. It seems, between the increased defections, the coalescing of the Syrian opposition under a single umbrella group and increased pressure from the international community in the form of economic sanctions all point to a swinging of momentum in favor of the Syrian opposition.

28

Você também pode gostar