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Cultural Echoes of the Historical Piracy

di Virgilio Ilari

Thomas Tew (1640-1695) relates his exploits to Gov. Fletcher of New York. Painting by Howard Pyle He Had Found the Captain Agreeable and Companionable: this was originally published in Janvier, Thomas (November 1894). "Sea Robbers of New York". Harper's Magazine

La "Libertatia" dei sette mari. Echi culturali della pirateria storica


di Virgilio Ilari

"Pirata" titilla subconscie corde anarchiche: la Tortuga dell'infanzia, il Puerto Escondido degli exsessantottini, le Maldive dei cafoni, le Antille degli evasori. Teschi e tibie, bende nere, gambe di legno, pennacchi, uncini e coltellacci d'abbordaggio sogghignano dalle insegne balneari sulle spiagge settentrionali del Mediterraneo, punteggiate dai ruderi delle tremila torri d'avvistamento costruite fra il XII e il XVI secolo. Ancora due secoli fa erano presidiate, ma oggi siamo immemori dei "Turchi alla marina". I pirati per antonomasia sono quelli dell'altro Mediterraneo, i Caraibi: simpatici agli anglosassoni, e tramite Hollywood a tutti, perch si cuccano i galeoni, si fanno di Pampero e iniziano alla vita libera le figlie ribelli dei governatori spagnoli (ovviamente malvagi e impotenti come nazisti e musi gialli). L'edizione inglese di Wikipedia ha censito almeno 80 libri dedicati ai pirati dal 1719, un decimo dei quali di Emilio Salgari, senza contare la storia dei bucanieri di Alexandre Exquemelin (De Americaensche Zee-Roovers, 1678) e il sottogenere piratesco delle dime novels americane (otto romanzi a sensazione solo dal 1864 al 1869). E ancora 150 film dal 1908 (inclusi 5 Peter Pan, 14 Treasury Island e un Treasury Planet), 10 fumetti e manga, 22 videogames, 22 opere o gruppi musicali, 25 squadre sportive, 6 musei e una mostra itinerante solo in Nordamerica e senza contare The Crimson Permanent Assurance (1983) dei Monty Pythons, i pirati della Playmobil e lo sbarco di pirati che dal 1916 caratterizza il Gasparilla Festival di Tampa (Florida), nato per celebrare la filantropia americana dopo la liberazione di Panama dalla tirannia colombiana (1903). Come spiega wikipedia alle dottissime voci "Piracy in the Atlantic world", "Pirates in popular culture" e "Golden age of piracy", il successo mediatico della pirateria caraibica riflette ancora l'esordio marittimo e coloniale dell'Inghilterra elisabettiana e i canoni narrativi erano gi codificati nella General History of the Pyrates, pubblicata sotto pseudonimo a Londra nel 1724 e attribuita a Daniel Defoe (16591731) o, pi probabilmente, a Nathaniel Mist (m. 1737). E gi allora il segreto dell'archetipo stava nel suo calco femminile, come si vede dal frontespizio della prima edizione che metteva in risalto le fittizie biografie delle due amanti di Calico Jack Rackham, le piratesse Anne Bonny e Mary Read catturate nel 1721 e graziate perch incinte [Mary fu interpretata sullo schermo da una Lisa Gastoni bionda, e perci surclassata come badgirl della castana Gianna Maria Canale, entrambe protagoniste di due concorrenti film italiani del 1961]. In realt la storia annovera parecchie regine di pirati assai pi documentate di quelle dubbie precorritrici di Thelma & Louise, eppure trascurate dal canone letterario occidentale, come la celtica Teuta (230 a.C.), l'irlandese Grace O'Malley (1530-1603), la cantonese Ching Shi (17851844). E senza contare, ovviamente, la pi grande e fortunata, cui Susan Ronald ha dedicato un ottimo saggio (The Pirate Queen. Elizabeth I, her pirate adventurers, and the dawn of the Empire, Harper Perennial, 2008). Del resto en.wikipedia ha censito 41 "women in piracy" storiche dal 600 a. C. al XX secolo contro appena 24 di carta o di celluloide su un totale di 186 "fictional pirates" (di cui 21 "space pirates"): e manca dalla lista la pi sexy di tutte, l'indimenticabile Jolanda de Almaviva di Milo Manara (1971), derivata dalla salgariana figlia del corsaro nero (1905). Figlio io invece di magistrato, piccolo borghese, statolatra, legalitario, militarista, visceralmente illiberale e soprattutto bastian contrario, da ragazzino aborrivo sia le compiacenze radicaloidi verso la pirateria caraibica sia l'apologia triplicista di quella malese, tenendo nel massimo disprezzo il proto-castrista Yanez de Gomera, traditore della civilt europea e dell'ordine costituito, per me rappresentato da sir James Brooke (1803-1868), il primo rajah bianco di Sarawak che ispir a Joseph Conrad il personaggio di Lord Jim (1899). Fedele a me stesso, da vecchio mi sono poi

deliziato, proprio sulle pagine di Risk, di spezzare una lancia a pro dei corsari barbareschi e infierire sui patetici fiaschi degli Stati Uniti nelle prime guerre da loro combattute dopo la Revolution, ossia quelle contro "i barbary pirates". Guerre che US Navy e marines, a rimorchio di Hollywood, spacciano spudoratamente per vittorie quando invece si fecero fregare una fregata e per riprendersela dovettero ingaggiare cento picciotti siciliani che sapevano come trattare i dirimpettai (una faccia una razza). Questo epiteto di pirata appioppato ai corsari nordafricani manifesta lo strabismo e il relativismo morale della vulgata occidentale che eroicizza, specchiandovi s stessa, la schiuma dei Caraibi. Il primo sovrano a riconoscere l'indipendenza delle Tredici Colonie fu il callido sultano del Marocco. Il suo tornaconto stava nel fatto che, non essendo pi coperti dalla bandiera britannica [garantita dal trattato anglo-turco del 1728], i succulenti mercantili americani diventavano prede del tutto legittime, ricadendo sotto lo stato generale e permanente di guerra agli infedeli proclamato dalle quattro reggenze barbaresche (Sal, Algeri, Tunisi e Tripoli) nominalmente soggette al Sultano ma di fatto indipendenti. In base al diritto internazionale europeo, i capitani (rais) barbareschi non erano infatti pirati, ma corsari. Gi nel Mediterraneo antico era ben chiara la distinzione tra pirati e corsari, cio tra la rapina illegale e quella autorizzata da un sovrano contro i suoi nemici. Nell'Occidente moderno le regole di legalizzazione della rapina marittima risalgono al medioevo e, per l'Inghilterra, al Liber niger Admiralitatis di Riccardo Cuor di Leone. Sebbene vietata fra i contraenti della pace di Westfalia, la guerra corsara caratterizz le guerre europee del 1688-1748, costate oltre 10.000 mercantili alla sola Inghilterra. Durante la guerra d'indipendenza gli americani armarono 1.700 legni corsari con 55.000 marinai e predarono 2.283 mercantili inglesi, ma a loro volta ne persero 2.500 fra il 1783 e il 1812, alcuni dei quali predati dai corsari siciliani e napoletani. I record del Seicento e Settecento furono largamente superati durante le guerre napoleoniche [famosissimo tra i corsari francesi il ligure Capitan Bavastro, amico del maresciallo Massna]. Nel diritto inglese l'istituito detto "privateering" e in olandese "vrijbuiterij" (libero bottino, filibustiere), perch appunto i corsari erano imprese commerciali private autorizzate ad "armare in corso" contro il commercio marittimo dei paesi in guerra con il sovrano che rilasciava la "patente di corsa" o "lettera di rappresaglia" e i contrassegni ("lettere di marca") di salvacondotto ai mercantili neutrali. Il sovrano si riservava la giurisdizione sulle controversie (tribunali dell'ammiragliato o delle prede), una quota dei profitti e magari l'affitto dei cannoni. I rais, molti dei quali erano europei rinnegati (cio convertiti all'islam) e le cui spedizioni in corso erano finanziate da banchieri cristiani ed ebrei [la tolleranza religiosa era ottomana, non europea, come scriveva Jean Bodin], aggiungevano a ci il sequestro di persona a scopo di riscatto (con riduzione in schiavit a cui ci si poteva sottrarre convertendosi alla vera fede e rinunciando a rivedere un giorno la patria, perch l'apostasia era punita con la morte). L'altra caratteristica delle reggenze barbaresche era di utilizzare la minaccia dei corsari e la rivalit commerciale tra le potenze marittime cristiane per estorcere colossali tangenti [agli Stati Uniti costarono, nel solo anno 1800, un quinto delle rendite federali]. Estenuanti negoziati bilaterali tra ciascuna reggenza e ciascuna potenza cristiana, spesso accompagnati da costosi blocchi e bombardamenti che le capitali nordafricane incassavano senza grossi traumi, regolavano a costi apocalittici lo scambio e il riscatto degli schiavi e l'ammontare dei tributi annuali in armi e denaro pagati per ottenere il temporaneo rispetto della propria bandiera. Il sistema rimase in piedi per secoli finch serv agli equilibri strategici e commerciali del Mediterraneo e dell'Europa. I cavalieri di Malta e gli Ordini dei Trinitari e dei Lazzaristi (fondato da San Vincenzo de Paoli) prosperavano su rappresaglie e riscatti: ma soprattutto la cooperazione strategica e i trattati commerciali col Sultano consentivano alle grandi potenze marittime (Francia, Inghilterra e Olanda) non solo di ottenere il rispetto delle loro bandiere da parte delle reggenze, ma di sfruttare i corsari nordafricani per colpire il commercio mediterraneo della Spagna e delle potenze minori. Era stata anzi la Francia, nel quadro di una formale alleanza contro Carlo V, ad

aiutare i turchi a prendere Tunisi (1535) e Tripoli (1551), gli ultimi due bastioni cristiani rimasti sulla sponda meridionale del Mediterraneo dopo la caduta di Rodi (1522) e Algeri (1525), e ad appoggiare le razzie compiute nel 1543-44 dal famoso ammiraglio Hayreddin Barbarossa sulle coste italiane e provenzali. Bench Lutero avesse perorato nel 1528 la guerra contro i Turchi che premevano su Vienna, l'analogia iconoclasta con l'islam fu invocata dai teologi riformati: durante l'assedio di Malta (1565) i ribelli olandesi tifarono per i Turchi, Carlo IX non intervenne a Lepanto e nel 1574 progett con Guglielmo d'Orange di sbarcare in Spagna turchi e ugonotti per sollevare i moriscos. Al 1585 risalgono l'alleanza anglo-marocchina e la Barbary Company. Le reggenze, pi cosmopolite che islamiche, davano pure modo ai corsari di proseguire la loro attivit, come pirati, anche durante i periodi di pace tra le grandi potenze. Dopo la pace anglospagnola del 1603 i sea dog inglesi si aggiunsero ai sea beggars (gueux de mer) olandesi, alcuni dei quali rinnegati, che utilizzavano Sal e le altre basi barbaresche per predare le navi cattoliche. Nel 1607 la Francia denunci l'alleanza "turco-calvinista". Giacomo I incass nel 1610, in cambio dell'amnistia, una buona quota dei profitti realizzati dai sea dogs. Naturalmente nei rapporti delle grandi potenze con le reggenze nordafricane vi furono alti e bassi: Algeri fu bombardata nel 1621 dall'Inghilterra e nel 1683 dal Re Sole (il quale tent tuttavia di dissuadere il re di Polonia Jan III Sobieski dal soccorrere Vienna). Naturalmente il profitto delle imprese barbaresche era tutt'altro che costante: proprio la loro insidia favoriva lo spostamento del traffico maggiore dalle rotte mediterranee alle atlantiche, ma queste divenivano a loro volta insicure durante le guerre commerciali tra le grandi potenze; le crociere atlantiche delle flotte regolari e dei corsari europei riportavano infatti in auge il traffico mediterraneo e dunque le opportunit dei corsari barbareschi. Il blocco continentale proclamato da Napoleone nella patetica illusione di proteggersi dal contrabbando inglese fu, tra l'altro, il canto del cigno dei corsari. Quando il Mediterraneo divenne un lago inglese non ci fu pi spazio per loro. Algeri, che aveva ben incassato i due bombardamenti spagnoli del 1783 e 1784, croll sotto quello anglo-olandese del 1816, e nel 1830 fu occupata dai francesi. Quanto ai corsari europei e americani, dopo il 1815 una parte si ricicl nelle guerre d'indipendenza dell'America spagnola, altri nel traffico transatlantico di schiavi (dichiarato illegale dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti nel 1807) e alcuni continuarono i sequestri sotto bandiera pirata. Tocc allora ai nipotini di sir Francis Drake (1540-1596), sir Henry Morgan (1635-88) e John Paul Jones (1747-1792) rispolverare la lex Gabinia de uno imperatore o de piratis persequendis [il plebiscito, eversivo delle prerogative senatorie, ma votato pure da Cicerone, che nel 67 a. C. concesse a Gneo Pompeo Magno il comando supremo triennale per distruggere i pirati cilici i quali, nel quadro della terza guerra mitridatica, infestavano con mille navi tutte le coste del Mediterraneo da Cadice al Mar Nero e avevano saccheggiato o occupato almeno 400 citt. L'accorto Pompeo li liquid in due mesi con una schiacciante vittoria navale seguita da amnistia e legalizzazione degli insediamenti stabiliti dai pirati, aiutandoli in pratica a trasformarsi in onesti commercianti: un buon suggerimento per venire a capo della pirateria moderna, se non ci fossimo genialmente legati le mani con tutta la baracca dei tribunali e delle flotte internazionali]. Dal 1817 al 1825 il West Indies Squadron dell'US Navy (14 unit) elimin i pirati dei Caraibi, l'ultimo dei quali, Roberto Cofres (1791-1825) era nato a Puerto Rico da padre triestino. Nel 1819 la Royal Navy pose fine ai residui dell'antica marineria araba trasformando la cosiddetta "costa dei Pirati" (ossia la costa meridionale del Golfo Persico) nei cosiddetti "Trucial States" (sultanati della tregua), gli attuali Emirati Arabi Uniti. Nel 1827 l'Inghilterra equipar il traffico transatlantico di schiavi alla pirateria e dal 1807 al 1860 il West African Squadron anglo-americano, aumentato negli ultimi anni fino a 25 unit, intercett 1.600 navi negriere liberando 150.000 schiavi. La fattispecie del reato fu inoltre regolata dai Piracy Acts inglesi del 1837 e 1850. A differenza di olandesi e spagnoli, incapaci di venire a capo dei rispettivi pirati musulmani (i cinesi Bugis delle Celebes e i Moro o Sulu delle Filippine meridionali), gl'inglesi liquidarono quelli malesi grazie al citato Brooke, la bestia nera di Salgari, investito nel 1841, dal sultano del Brunei, della sovranit su

Sarawak, ossia la parte malese del Borneo. Ma l'intransigenza europea verso la pirateria cinese era alquanto selettiva, se la seconda guerra dell'oppio (1856-1860) fu occasionata dall'incidente dell'Arrow, una giunca di Hong Kong fermata dalle autorit cantonesi per sospetta pirateria ma rivendicata dal console britannico. Attenuando lo storico antagonismo, l'alleanza anglo-francese contro la Russia e Cina pose le basi del moderno Occidente forgiato dalle due guerre mondiali ed ereditato dagli Stati Uniti. Tra le ricadute pi immediate ci furono l'unit italiana e la solenne rinuncia alla guerra corsara, dichiarata dalla maggior parte dei paesi europei, su proposta di Napoleone III, in margine della pace di Parigi del 30 marzo 1856 che concluse la guerra di Crimea. Gli ultimi corsari furono quelli patentati dai Confederati all'inizio della guerra civile americana. Infatti gli Stati Uniti aderirono alla Dichiarazione di Parigi solo nel 1908, assieme alla Spagna e dopo la Convenzione dell'Aia del 1907. Dopo di allora l'attacco al commercio nemico non fu pi condotto dai corsari, ma esclusivamente dalle marine regolari, e in particolare dalle forze subacquee. A parte sporadiche micro-bande, la pirateria organizzata sembr estinta dopo il 1870, man mano che il controllo di autorit centrali si rafforzava negli insediamenti marittimi. La sua sorprendente ricomparsa nella prima decade del XXI secolo stata attribuita alla fine della guerra fredda, ma certo vi incide il fallimento di un numero crescente di economie postcoloniali provocato dalla globalizzazione. La nuova pirateria, il cui costo annuale stimato fra i 13 ed i 16 miliardi di dollari, attualmente localizzata nei golfi di Guinea e di Aden e nello stretto di Malacca (tra Malesia e Sumatra), da dove, a causa della repressione, si sta ora spostando nel Mar cinese meridionale. L'epicentro resta per l'Oceano indiano, che registra un traffico annuale di 50.000 petroliere e portacontainer. Quattro secoli fa i pirati che lo infestavano erano soprattutto europei, i quali predavano le navi moghul che portavano alla Mecca i pellegrini del Kerala. Nel 1613, reagendo alla mancata restituzione della nave imperiale Rahimi, il figlio dell'imperatrice Mariam-uz-Zamani (1542-1622) fece occupare la base portoghese di Daman. Nel 1693-95 i convogli moghul furono attaccati da Thomas Tew e da altri pirati americani che facevano scalo all'Ile Sainte Marie nel Madagascar, dove tuttora esiste un piccolo cimitero di pirati. La General History of the Pyrates (citata all'inizio di questo articolo) associa a Tew un domenicano italiano, Caraccioli, e gli attribuisce la fondazione, in Madagascar, di un'utopistica colonia anarchica di cui non si sono per mai trovati i resti. Sarebbe carino se le flotte liberaldemocratiche che difendono il libero commercio nell'Oceano indiano, fra un turno e l'altro facessero qualche ricerca archeologica e magari riuscissero a trovare la perduta colonia dei pirati "nostri". Che, giustamente, si chiamava Libertatia.

Il celebre incontro del 1593 tra Grace O'Malley (Grinne N Mhille) ed Elisabetta I, le due Pirate Queens http://www.history.org.uk/library/0807/0000/0110/Grace_OMalley_450.jpg

http://www.history.org.uk/library/0803/0000/0017/ireland_in_schools_295.jpg Copertina del libro di Susan Ronald The Pirate Queen, 2008

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