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Dalla dispensa di M.A. Polesana, Come parla la pubblicit, Milano, Arcipelago, 2003.

La retorica
Perch tirare in ballo la retorica una disciplina che ha pi di duemila anni - quando si parla di pubblicit? La risposta semplice, nel senso che sia luna che laltra hanno quale fine principe la persuasione. E condividono anche gli stessi mezzi. O meglio sarebbe dire che la pubblicit mutua dalla retorica gli strumenti che costruiscono la sua comunicazione. Per luna e per laltra tre sono infatti gli obiettivi fondamentali da raggiungere: docere, movere, delectare. Ossia far uso di strategie che influenzino opinioni e comportamenti altrui in modo intelligente, trasmettendo cio informazioni (docere) che sappiano appellarsi sia alla razionalit delluomo, emisfero sinistro, che alla sua emotivit, emisfero destro, e che quindi (vedremo, Aristotele ce lo insegnava, quanta importanza riveste per un buon comunicatore poter contare sulladesione emotiva del suo uditorio) ne mantengano vivo linteresse (delectare) fuggendo la noiosa ripetitivit dellabitudine. Retorica dunque come strumento per individuare le strategie linguistiche e discorsive per produrre argomentazioni persuasive. Come cassetta degli attrezzi da cui estrarre sfumature/coloriture che sottraggano la lingua, limmagine, il suono al dj vu. In questa breve introduzione ai linguaggi della pubblicit ho dovuto, oltre che voluto, fare riferimento alla storia della retorica sia per evidenziare quanto la pubblicit deve ai vari oratori, filosofi, studiosi, che alla prima si sono dedicati, sia per dimostrare, attraverso un esempio celebre, ossia il Giulio Cesare di Shakespeare, la forza che la parola esercita sulle menti delluomo. Una parola che per deve essere manipolata in modo sapiente. Una parola che non semplice ornatus, vuoto artificio, ma che si fa ponte per stabilire inediti e affascinanti contatti con significati altri. Parola, ma anche immagine (la retorica riguarda anche questultima), che improvvisamente illumina aspetti dellesistente che avevamo fino a quel momento ignorato. Parola che organizza le nostre idee di e sul reale. Parola che si espande (catacresi), si dilata1, a partire dal suo significato originario, sino a comprenderne di nuovi alterando,
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Ad esempio il collo della bottiglia.

accrescendo, migliorando le nostre conoscenze. Illuminando aspetti della vita spesso ignorati. Credo sia calzante, a tal proposito, citare la definizione che Wittgenstein d di linguaggio servendosi, tra laltro, proprio di una figura retorica: la metafora. E ricordare linteressante commento che ne fa Bottiroli.
Il nostro linguaggio pu essere considerato come una vecchia citt: un dedalo di stradine e di piazze, di case vecchie e nuove, e di case con parti aggiunte in tempi diversi; e il tutto circondato da una rete di nuovi sobborghi con strade dritte e regolari, e case uniformi2. A un primo sguardo, tale metafora insiste soprattutto su due aspetti del linguaggio: quello labirintico (un dedalo di stradine e di piazze) e quello rigido/normativo (strade dritte e regolari, e case uniformi). Ma essa mostra anche un terzo aspetto, lagire strategico, in base al quale il linguaggio appare come uno spazio dazione, un insieme di luoghi collegati (forse sarebbe meglio dire: costituiti) da percorsi possibili.[] Sicuramente una citt fatta di abitudini e di gusti [] E fatta per anche di itinerari non prevedibili, di ricognizioni casuali, di vagabondaggi e di spostamenti irregolari e unici. A queste improvvisazioni ed eccezioni corrisponde la nozione di creativit [] creativi sono tutti quei percorsi che collegano con sorpresa anche nostra luoghi normalmente separati, e comunque lontani, chiusi nella propria autonomia: le figure retoriche attualizzano possibilit iscritte nella grande mappa del linguaggio [corsivo mio]3.

Breve excursus storico


Qui di seguito traccio una breve storia della retorica per sottolineare quanto ogni forma di comunicazione sia debitrice nei suoi confronti. La retorica nasce nel V secolo a.C., in Sicilia (Magna Grecia), assieme alla democrazia. Infatti con la caduta dei tiranni Gelone e del suo successore Gerone I, nel 467 a.C., le famiglie di Siracusa, tornate in patria, dopo un esilio forzato, danno vita a una serie di cause con cui tentano di rientrare in possesso delle propriet confiscate a favore dei soldati mercenari. Dunque la retorica si sviluppa come tecnica del
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L. WITTGENSTEIN, Ricerche filosofiche, Torino, Einaudi, 1974, p.17. G. BOTTIROLI, Retorica della creativit. Per linterpretazione e la produzione di testi, Torino, Paravia, 1987, pp.69-70.

costruire discorsi persuasivi per confrontarsi coi giudici. E anche se, come attesta Cicerone, essa si sviluppa prima del V secolo, tuttavia sono Corace e Tisia che teorizzano la pratica retorica con metodo e precettistica (via et arte)4. Secondo Corace e Tisia il sembrar vero conta pi dellessere vero. Essi cio pongono al centro della retorica la ricerca di tutte le prove atte a dimostrare la verosimiglianza di una tesi. Sempre in Sicilia unaltra scuola va teorizzando la retorica cosiddetta psicagocica ossia trascinatrice degli animi5. Si tratta cio di una retorica che si fonda sul fascino irrazionale che la parola pu esercitare sullascoltatore trascinandolo nella magia che emana dallabile uso della parola, facendo quindi leva sulla sua emotivit. I due punti fondamentali di questa concezione della retorica sono la politropia, ossia la capacit di cambiare le proprie modalit espressive in funzione del proprio pubblico e lantitesi, ovvero la dimostrazione di un argomento attraverso la sua comparazione ad un altro di segno opposto. E proprio della magia del verbo parla Parmenide quando sottolinea come caratteristica del mondo della verit il ragionamento scientifico, invece caratteristica del mondo della lessere soggetta al fascino ingannatore della parola 6. Nello stesso periodo, ad Atene, Protagora sostiene che possibile rendere pi potente anche il discorso meno valido. Egli sottolinea cos il potere della parola nel modellare i discorsi in modo tale da renderli pi convincenti. Protagora sviluppa inoltre la teoria dellantitesi secondo cui uno stesso argomento pu essere affrontato da punti di vista opposti. Gorgia, altro grande sofista, insiste sulla forza psicagogica del logos. In cui si combinano la malia esercitata dalla poesia con la forza della persuasione che induce allazione. La persuasione retorica, nello specifico, fa credere che le cose siano diverse da quelle che sono a seconda degli intenti delloratore7. Una retorica, quella dei sofisti, condannata severamente da Platone secondo cui essa puramente formale, indifferente ai contenuti,
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A. PLEBE, Breve storia della retorica antica, Bari, Laterza, 1996, p.16. B. MORTARA GARAVELLI, Manuale di retorica, Sonzogno, Bompiani, 1988, p.18. 6 A. PLEBE, Breve storia della retorica antica, op.cit, p.16. 7 Ivi, p.30.

fondata sulla manipolazione degli argomenti in funzione dellobiettivo che loratore intende raggiungere. La vera retorica per Platone la dialettica che si divide in sintesi e analisi, ossia induzione e divisione. Si tratta cio di arrivare, attraverso la sintesi, alla definizione di un argomento individuando le nozioni che si possono reperire relativamente a ununica idea, mentre con lanalisi lidea viene divisa nei suoi elementi. Aristotele (IV secolo a.C.) individua i fattori fondamentali di ogni discorso: il parlante, largomento di cui si parla e lascoltatore. In particolare Aristotele sottolinea come sia lascoltatore a determinare la struttura del discorso: su di lui che si dirige infatti lazione delloratore che ne deve catturare lattenzione e il consenso. Introduce cos anche il concetto di passione quale elemento rilevante per il sostegno dellargomentazione. E cio necessaria una retorica emozionale8 accanto a una dimostrativa. Loratore deve possedere la capacit di suscitare passioni nellascoltatore in modo tale da disporre a suo favore latteggiamento emotivo di questultimo. Le passioni dice Aristotele sono i mezzi per cui si fanno mutare gli uomini nei loro giudizi e che hanno per conseguenza il piacere e il dolore: come lira, la compassione, la piet e tutte le altre passioni siffatte e quelle ad esse contrarie9. Alla logica Aristotele contrappone la retorica. Propri della prima sono i sillogismi, ossia ragionamenti deduttivi irrefutabili per cui, date due premesse, ne segue necessariamente un conseguenza (ad esempio: tutti gli animali sono mortali, tutti gli uomini sono animali, dunque tutti gli uomini sono mortali), propri della seconda sono invece gli entimemi (frequentemente usati in pubblicit), ovvero sillogismi retorici confutabili perch derivano da premesse che non posseggono lo stesso grado di certezza di quelle logiche e che, pertanto, arrivano a conclusioni probabili e confutabili. A Roma, siamo nel I sec. a.C., la retorica ridotta a precettistica di eloquenza e di stile. Rinasce col De Oratore di Cicerone che sottolinea invece limportanza della retorica per unoratore che voglia dar vita ad argomentazioni di successo. Docere, movere, delectare (insegnare, commuovere, piacere) sono gli scopi
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Ivi, p.61. Da, Rhet. II, 1, 1378a, citazione contenuta in A. PLEBE, Breve storia della retorica antica, op. cit., p.61.

indissolubili luno dallaltro che vanno perseguiti in ogni orazione. [] non si pu separare il contenuto (res) dellespressione (verba), come non si pu scindere la cultura generale, il sapere nella sua globalit, dalla parola che lo manifesta e dallarte del comunicare10. Ma questa una breve rinascita, un breve ritorno della retorica a quella forza primitiva che ne segnava lesistenza presso la libera Grecia. Limpero romano infatti, con la fine della libert, ne determina il ritiro allinterno delle scuole dove diventa puro esercizio privo di qualsiasi impegno civile o politico. Quintiliano scrive un grande trattato ovvero lInsitutio Oratoria, in 12 libri, summa di tutte le dottrine che sono state elaborate intorno alla retorica. Medioevo, Cinquecento e Seicento guardano alla retorica soltanto nella sua funzione estetica ossia della ricercatezza espressiva. Laccento tutto sulla forma intesa come puro ornamento, artificio, vuota declamazione. Il Romanticismo esprime tutta la sua riprovazione nei confronti di unarte, che ormai sinonimo di falsit, di vacuit, di artificio fine a se stesso. Uneloquenza degradata11 che ormai non altro che un noioso e sterile elenco, con relativa descrizione, delle varie figure retoriche che caratterizzano il linguaggio poetico. Se la preminenza assegnata allelocutio (e alla teoria dellornatus) a determinare lo scadimento dellantica arte del parlare, il ritorno alla concezione della retorica come teoria del discorso persuasivo, che ha nellargomentazione il suo fulcro e la sua ragion dessere, a determinare la grande rinascita della disciplina alla met del Novecento12. La nuova retorica di Chaim Perelman e OlbrechtsTyteca, autori del Trait de largumntation, incentrata sulla teoria dellargomentazione, di derivazione aristotelica, che assegna un ruolo di primo piano alluditorio, la cui conoscenza condizione essenziale per il successo dellargomentazione13. La neoretorica fa rientrare nel campo della retorica non solo le figure retoriche stesse

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B. MORTARA GARAVELLI, Manuale di retorica, op. cit, p37. Ivi, p50. 12 Ivi, p51. 13 Il problema delluditorio legato sia a quello del suo condizionamento sia a quello dell adattamento del discorso alle opinioni degli ascoltatori. In B. MORTARA GARAVELLI, Manuale di retorica, op. cit., p.52.

ma anche tutte le tecniche discorsive attraverso le quali si intende ottenere il consenso del pubblico.

Retorica e pubblicit
Un rapido accenno alla storia della retorica, al suo passato, trova il suo senso nella volont di sottolineare i punti di contatto, i legami che questarte del persuadere intrattiene con una forma di comunicazione fortemente persuasiva come la pubblicit. Tra le eredit che la retorica classica14ci ha lasciato (mi riferisco in particolare alla Retorica ad Herennium) di notevole rilievo, per la elaborazione di qualsiasi tipo di testo, la individuazione, con riferimento al discorso, di cinque sezioni dellarte del dire: inventio, ossia trovare gli argomenti adeguati a quanto si intende sostenere; dispositivo, ovvero organizzare il proprio discorso secondo un determinato ordine; elocutio, luso delle figure retoriche atte a rendere pi efficaci gli argomenti individuati nellinventio e organizzati nella dispositivo; memoria, vale a dire la memorizzazione degli argomenti che formano il discorso; pronuntiatio, cio il modo in cui loratore propone al suo uditorio il discorso quanto a voce e a gesti. Anche la pubblicit, nel costruire i propri messaggi, si rif a questo modello. E non pu che essere cos dal momento che il suo primo intento quello di convincere il pubblico ad ascoltarla, a guardarla e soprattutto a crederle. Comunicare in pubblicit significa conoscere bene il proprio target e quindi i suoi gusti, i suoi interessi, i suoi atteggiamenti, le sue abitudini: laristotelica attenzione alluditorio che ritorna alla memoria. Ed in funzione delluditorio, oltre che, ovviamente, del prodotto (di questultimo si devono conoscere la
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La retorica classica il prodotto della sedimentazione di apporti di et diverse.[] La storia della retorica classica storia degli ampliamenti parziali e delle riduzioni, degli acquisti e delle perdite, ridistribuite le parti e mutati i rapporti di forza, nellimmane congegno impiantato dai greci, passato poi ai romani e modellato esemplarmente, nel suo ultimo assetto antico dalla summa quintilianea. In B. MORTARA GARAVELLI, Manuale di retorica, op. cit., p.57.

storia, il mercato, il consumatore poich la pubblicit deve creargli una personalit, un linguaggio) da promuovere che vanno ricercati gli argomenti (inventio). Un esempio di argomentazione ampiamente usata in pubblicit lentimema ossia un sillogismo approssimativo che, a partire da premesse plausibili (una delle quali spesso sottintesa), arriva a conclusioni probabili. Ad esempio: A un ottimo fondotinta perch contiene silicone conseguenza delle due premesse, esplicite, A un ottimo fondotinta e A contiene silicone e di quella implicita, sottintesa Tutti i migliori fondotinta contengono silicone. Oppure, altro esempio: Dove c Barilla c casa. Largomentazione dunque si viluppa cos: la casa un luogo familiare, la pasta Barilla familiare quindi Dove c Barilla c casa. Gli argomenti non possono per semplicemente succedersi gli uni agli altri, ma necessitano di una coerenza (dispositio) che li renda comprensibili, chiari, credibili. E come fare a colpire lattenzione del destinatario, in unepoca di ipercomunicazione, se non attraverso lelocutio? Ecco allora che alle espressioni comuni se ne sostituiscono altre in cui le parole rifiutano i loro consueti significati per assumerne di nuovi, magari spostandosi in contesti assolutamente inediti. A questo proposito cito qui una affermazione di Emanuele Pirella, uno tra i maggiori creativi italiani:
in ogni gesto del creativo [deve] comunque risiedere uno spunto innovativo, un piccolo strappo alla regola, un momento inaspettato in un contesto atteso [] il gioco di parole, literazione, lalliterazione, la rima tend[ono] ad instaurare uno scarto dalla norma del parlare comune, una sorpresa nel ron ron della comunicazione15.

Il risultato la commozione del destinatario, commozione intesa come scuotimento, sconvolgimento, turbamento dello stesso. E la retorica psicagogica ossia una parola che trascina il destinatario nel vortice delle emozioni, che lo costringe a partecipare a quanto sente e vede. Uso il verbo vedere perch la retorica riguarda anche

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E. PIRELLA, Il copywriter. Mestiere d'arte, Milano, Il saggiatore, 2001, p.13.

limmagine un campo non considerato dalla retorica classica - che pu essere metaforica, metonimica, sinestesica e cos via.
[La pubblicit] affida il suo appello allimmagine, al suono e al ritmo del montaggio, suscitando una lettura pluricodica globale[]la grammatica la costruzione del testo globale della pubblicit essenzialmente una retorica: nel messaggio tutti i codici coinvolti vengono usati in modo marcato, in direzione di una ipersignificazione che forza i limiti e gli usi consueti di ciascuno di essi. Ipersignificazione perch la pubblicit si muove nel regno della connotazione. I suoi messaggi sono carichi di implicazioni e di echi, maggiormente ispirati alle funzioni espressiva e conativa16.
Va peraltro ricordato che in pubblicit non si d mai coincidenza tra denotazione e referenzialit: la pubblicit ha sempre una funzione assiologia. Anche quando essa prende a carico principalmente loggetto e il suo uso, non si avr mai una semplice restituzione analogica di esso, un far sapere, ma una promozione, un far valere, una asserzione marcata: diamonds are for love

Una breve parentesi, allinterno di questa citazione, per sottolineare come una simile espressione produca un effetto di straniamento poich si sviluppa in modo contrario alle nostre aspettative. Abbiamo letto o sentito dire un migliaio di volte: diamonds are for ever. Ed a questo che siamo autorizzati a pensare fino per a un certo istante, quello cio in cui, improvvisamente, la frase subisce un trasformazione. Lavverbio for ever si trasforma in un complemento di fine for love. Il secondo conserva la connotazione positiva del primo, ma vi aggiunge un ch di poetico che nasce dal legare questo oggetto, in modo palese, a un sentimento tanto profondo e importante come lamore. In qualche modo allheadline si aggiunge la citazione, anche se disattesa, che carica di ulteriore significati il prodotto.
Laffermazione apodittica raggruma una serie di statements impliciti; insieme essi formano una catena argomentativa che potrebbe essere cos rappresentata: diamonds (are precious); love (is something precious); (therefore) diamonds are (suitable) for (the expression of) love.
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G. E. BUSSI PARMIGGIANI, Larte bastarda. Analisi del linguaggio della pubblicit televisiva inglese, Bologna, Patron, 1998, p.31.

Lasserzione sintetica, ricca delle risonanze delle sue implicazioni, costituisce il claim, la pretesa indimostrabile, n vera n falsa, ovvero la base della grammatica della pubblicit. Questo processo di ipersignificazione, durante il quale oggetti comuni e irrilevanti vengono colpiti di senso, si avvale di una dinamica ricorrente, laggancio tra due sistemi di significazione, la messa in rapporto tra due isotopie dove luna riverbera sullaltra nel meccanismo semiotico dello scambio di valore. Racchiusi in un sintagma che li unifica e li rende solidali fra loro, i due sistemi di significazione riversano il loro valore sulloggetto. Il prodotto diviene simbolo significante; il messaggio costruisce in s i lineamenti del destinatario che viene a prendere posto, anchesso tra i significati: this is the car for the man you are: Volvo, dedicated to a few17.

Parlare di retorica in pubblicit significa quindi prendere coscienza di come le figure agiscono sui messaggi, modellandoli, sottraendoli a una funzione puramente referenziale (ossia informativa)/conativa per colorarli invece del fascino dellinedito, del nuovo, dellimprevisto. A questo proposito mi pare particolarmente pertinente unaffermazione di Umberto Eco:
altres pacifico che un pubblicitario responsabile (e dotato di ambizioni estetiche) tenter sempre di realizzare il proprio appello attraverso soluzioni che si impongano per la loro originalit di modo che la risposta dellutente non consista solo in una reazione di tipo inconscio alla stimolazione erotica, gustativa o tattile che lannuncio mette in opera, ma anche in un riconoscimento di genialit, riconoscimento che riverbera sul prodotto, spingendo ad un consenso che si basi non soltanto sulla risposta del tipo questo prodotto mi piace ma anche questo prodotto mi parla in modo singolare e di conseguenza questo un prodotto intelligente e di prestigio18.

La pubblicit usa cio le figure retoriche come altrettanti codici attraverso cui far parlare il prodotto. Un prodotto che si veste di novit, di sorpresa per farsi accettare, per farsi ascoltare da un pubblico ormai maturo che non condanna pi (come era prassi in passato) la pubblicit in toto (per ragioni ideologiche o per timore che questultima, in quanto arte dei trucchi e delle manipolazioni, lo
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Ivi, pp. U. ECO, La struttura assente. Introduzione alla ricerca semiologica, Sonzogno, Bompiani, 1968, p. 166.

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induca a scelte non volute) ma la sa giudicare a seconda delle sue realizzazioni. Dalla pubblicit si aspetta, in cambio della sua attenzione, del suo dispendio di tempo, una qualche forma di gratificazione, di piacere. Si cio creato una sorta di rousseauniano contratto sociale, di do ut des, tra consumatore e pubblicit. Il primo cio concede alla seconda la propria attenzione a patto che non sia troppo invasiva, che lo faccia divertire, che gli sia utile. Ecco quindi che saranno pi suscettibili di essere seguiti, di sottrarsi alla censura da zapping, quegli spot che sanno intrigare, coinvolgere lo spettatore/lettore/ascoltatore. Di qui limportanza della retorica capace di conferire la magia dellinaspettatezza, dellimprevisto, del non usuale ai messaggi su cui interviene. Tra le figure retoriche pi usate in pubblicit vorrei qui ricordare la metafora e la metonimia. La metafora consiste nella sostituzione di un termine con un altro che intrattiene col primo un rapporto di somiglianza. Della metafora va sottolineato il carattere conoscitivo che si esprime nella capacit di proporci aspetti dellesistente che altrimenti ignoreremmo. Essa infatti interazione tra elementi diversi, abitualmente lontani. Non ha quindi solo carattere ornamentale, ma soprattutto creativo. Sa cogliere le somiglianze. Realizza delle fusioni che creano un di pi di significato. E polisemica. Le sensazioni, i ricordi, le impressioni legate a un elemento si sommano ad altre, generalmente associate a elementi che appartengono a realt diverse. Essa esprime ci che familiare mediante ci che non lo , e perci essenziale nel linguaggio poetico19. Ed anche in quello pubblicitario in cui, come afferma Eco, vige il precetto barocco per cui del poeta il fin la meraviglia20. Il prodotto viene cio in qualche modo sottratto alla sua concretezza, alla sua fisicit per essere invece presentato al pubblico in una forma nuova, simbolica. Il prodotto si fa cos seduttivo, viene avvolto da un alone di magia. Viene illuminato da una luce diversa. Alcuni esempi. La pubblicit a stampa di Dixan piatti propone limmagine di una bella donna che si accarezza le mani. Il claim : Dixan piatti gel Aloe vera. Mani di velluto.
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S. MAGISTRETTI, Retorica e pubblicit, in AA.VV , Manuale di tecniche pubblicitarie. Il senso e il valore della pubblicit, a cura di Marco Lombardi, Milano, Franco Angeli, 1998, p.247 20 U. ECO, La struttura assente, op. cit., p.168.

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Lheadline di Ariel recita: Ariel. Fredda lo sporco. Accarezza i colori. Da notare il doppio senso di freddare che indica da una parte leliminare con decisione (solitamente viene usato per indicare luccisione di qualcuno con arma da fuoco o, in senso figurato, il colpire qualcuno al punto da lasciarlo senza parole), dallaltra la possibilit di lavare a freddo con sicurezza. In accarezza i colori chiaro lo spostamento di significato dal concetto di accarezzare, che segno di affetto e che, come tale, implica delicatezza, a quello di essere delicato con i capi, rispettandoli. Se nella metafora la sostituzione avviene tra due termini legati da una relazione di somiglianza, nella metonimia invece la relazione si fa di contiguit. E si esprime allinterno dello stesso campo semantico. Per cui, ad esempio, se dico di ascoltare De Andr anzich la canzone Amore che vieni, Amore che vai di De Andr sostituisco unopera con il suo autore: e questultimo , ovviamente, legato alla prima da un rapporto di contiguit. Esistono numerosi tipi di contiguit. Qui ne ricorder solo qualcuno: il brand per il prodotto, una Porsche, una Ferrari, una Mont Blanc, i Levis; il produttore per il prodotto, un Campari, un Barbour; il

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contenente per il contenuto, bere un bicchiere; il simbolo per la cosa simboleggiata, i bianco neri esultano per la vittoria, ecc. Alcuni esempi di metonimia in pubblicit. Ricordo la famosa campagna lo zucchero pieno di vita. In cui si attribuisce allo zucchero leffetto che la sua assunzione produce nelle persone.

Oppure: lItalia che si muove ha trovato un punto fermo: The bridge. In questo caso il luogo, lItalia, sta per la cosa simbolizzata, ossia gli italiani. E ancora: Mi teuco un po. In questo caso abbiamo lautore per lopera. Il senso reale infatti: mi lavo nellidrodoccia di marca Teuco. Non va per dimenticato che nel testo pubblicitario avviene uninterazione continua tra segno iconico e linguistico. Nel senso che non solo il linguaggio verbale ma anche quello iconico si serve delle figure retoriche per acquistare in fascino, in efficacia e quindi in interesse, in attenzione rispetto allo spettatore con cui intende comunicare. Il valore estetico dellimmagine retorica rende persuasiva la comunicazione, se non altro perch la rende memorabile21.
Limmagine possiede al livello massimo la capacit e la possibilit di ricostruire sensazioni reali e fantastiche attraverso vari artifici mentre con

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U. ECO, La struttura assente, op. cit., p.168.

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la parola ci non cos immediato poich essa in grado di fornire solamente rappresentazioni virtuali mediante la descrizione. Ma anche se questa scrupolosa, attenta e razionale, non riesce a raggiungere il grado emozionale offerto dallimmagine che propone un rapporto concreto con loggetto stesso [grassetto mio]22.

Immagine che si svolge con quella stessa sintesi e immediatezza che caratterizzano la comunicazione pubblicitaria nel suo insieme. Presento qui di seguito alcuni esempi di come la retorica che arricchisca la comunicazione visiva, proprio come accade per il linguaggio verbale, di significati altri, di sfumature altre. E, in fondo, lelocutio applicata allimmagine.

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A. APPIANO, Pubblicit, comunicazione, immagine, Bologna, Zanichelli, 1991, p.86.

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Unimmagine chiaramente metonimica la pubblicit di Pirelli in cui Carl Lewis, che corre a una velocit estrema e compie incredibili performances ha la pianta dei piedi come un pneumatico. La metonimia si esprime dunque in unimmagine che avvicina la velocit di Lewis, pi volte campione del mondo, alla potenza del pneumatico Pirelli (lo spot si trova al seguente indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=5qLCbSlVQpg)

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Un altro esempio di metonimia dove lassenza di impronte della donna sulla sabbia sta ad indicare la sua leggerezza.

Solo a titolo esemplificativo. Non va studiata nei dettagli Lorazione di Antonio


ANTONIO Amici, romani, concittadini, prestatemi orecchio. Io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo. Il male che gli uomini fanno sopravvive loro, il bene spesso sotterrato con le loro ossa. Cos sia di Cesare. Il nobile Bruto vi ha detto che Cesare era ambizioso. Se ci era vero, quella fu una, e gravemente Cesare lha scontata. Qui, con il permesso di Bruto e dagli altri (perch Bruto uomo donore, e cos sono tutti, tutti uomini donore) io vengo a parlare al funerale di Cesare. Egli era mio amico, leale e giusto con

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me; ma Bruto dice che era ambizioso, e Bruto uomo donore. Egli ha portato molti prigionieri a Roma, il cui riscatto ha riempito le casse dellerario: apparve questo, in Cesare, ambizioso? Quando i poveri hanno pianto, Cesare ha pianto; lambizione dovrebbe essere fatta di pi dura stoffa. Tuttavia, Bruto dice che era ambizioso,e Bruto uomo donore. Tutti voi avete visto che alla festa dei Lupercali io gli ho offerto tre volte una corona regale, che lui tre volte ha rifiutato. Era ambizione, questa? Tuttavia Bruto dice che era ambizioso, e certamente Bruto uomo donore. Io non parlo per smentire ci che Bruto ha detto, ma sono qui per dire quello che so. Tutti voi lo amavate un tempo, non senza ragione; quale ragione vi trattiene allora dal piangerlo? O giudizio, ti sei rifugiato presso bestie brute, e gli uomini hanno perso la ragione. Abbiate pazienza, il mio cuore nella bara, l, con Cesare e devo fermarmi finch non ritorni a me. PRIMO PLEBEO Mi sembra che c molta ragione in quel che dice. QUARTO PLEBEO Se consideri la faccenda in modo giusto, Cesare ha subito un grande torto. TERZO PLEBEO E cos, amici? Ho paura che al posto suo ne verr uno peggiore. QUINTO PLEBEO Avete capito le sue parole? Non voleva prendere la corona; perci sicuro che lui non era ambizioso. PRIMO PLEBEO Se si scopre che cos qualcuno la pagher cara certamente. QUARTO PLEBEO Poveranima! Ha gli occhi rossi come il fuoco per il pianto. TERZO PLEBEO Non c a Roma un uomo pi nobile di Antonio. QUINTO PLEBEO Guarda, ora riprende a parlare. ANTONIO Solo ieri la parola di Cesare avrebbe potuto reggere contro il mondo intero; ora egli giace l, e non c nessuno cos misero da concedergli riverenza. O signori, se fossi disposto ad agitare i vostri cuori e le vostre menti alla rivolta e al furore, farei torto a Bruto, e torto a Cassio, i quali, voi tutti lo sapete, sono uomini donore. Non far loro torto; preferisco fare torto al morto, fare torto a me stesso, e a voi, piuttosto che fare torto a siffatti uomini donore. Ma ecco una pergamena col sigillo di Cesare; lho trovata nel suo studio; il suo testamento. Se solo il popolo udisse questo

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testamento, che, perdonatemi, io non intendo leggere, tutti andrebbero a baciare le ferite di Cesare morto e a immergere i fazzoletti nel suo sangue sacro, s, e a mendicare un suo capello per ricordo, e, morendo, ne farebbero menzione nel testamento, lasciandolo come un ricco legato alla loro discendenza. QUINTO PLEBEO Vogliamo sentire il testamento. Leggilo, MarcAntonio. TUTTI Il testamento! Il testamento! Vogliamo sentire il testamento di Cesare! ANTONIO Abbiate pazienza, gentili amici; non devo leggerlo. Non opportuno che sappiate quanto Cesare vi amava. Non siete legni, non siete pietre, ma uomini; ed, essendo uomini, ascoltare il testamento di Cesare vi infiammer, vi render folli. E bene che non sappiate che voi siete suoi eredi; perch, se lo sapeste, oh, che cosa seguirebbe? QUINTO PLEBEO Leggi il testamento! Vogliamo sentirlo, Antonio! Tu ci leggerai il testamento, il testamento di Cesare! ANTONIO Volete avere pazienza? Volete aspettare un momento? Ho passato il segno, a parlarvene. Ho paura di far torto a quegli uomini donore i cui pugnali hanno trafitto Cesare. Lo temo davvero. QUINTO PLEBEO Quelli erano traditori. Uomini donore!. TUTTI Il testamento! Il testamento! QUARTO PLEBEO Erano canaglie, assassini! Il testamento! Leggi il testamento! ANTONIO Volete dunque costringermi a leggere il testamento? Allora fate cerchio intorno al corpo di Cesare, e lasciate che vi mostri colui che fece il testamento. Devo scendere? Me ne darete il permesso? TUTTI Vieni gi. QUARTO PLEBEO Scendi. TERZO PLEBEO Hai il permesso. QUINTO PLEBEO In cerchio! State attorno. PRIMO PLEBEO State lontani dalla bara! Lontani dal corpo! QUARTO PLEBEO Fate posto ad Antonio, al nobilissimo Antonio! ANTONIO No, non spingetemi cos, state pi in l. TUTTI- Fatevi indietro! Spazio! Indietro!

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ANTONIO Se avete lacrime, preparatevi a versarle ora. Tutti voi conoscete questo mantello. Ricordo la prima volta che Cesare lindoss: fu una sera destate, nella sua tenda, il giorno in cui sconfisse i Nervii. Guardate, in questo punto penetrato il pugnale di Cassio; guardate che squarcio ha fatto il perfido Casca; e per questo buco ha pugnalato il tanto amato Bruto, e quando ha estratto il suo ferro maledetto, osservate come il sangue di Cesare lha inseguito, quasi precipitandosi allaperto ad accertarsi se era stato Bruto o no a battere cos snaturatamene, perch Bruto, come sapete, era langelo di Cesare. Giudicate voi, oh di, quanto caramente Cesare lamava. Questo fu, di tutti, il taglio pi crudele; perch quando il nobile Cesare lo vide vibrare il colpo, lingratitudine, pi forte delle armi dei traditori, lo vinse del tutto; allora scoppi il suo cuore possente, e, coprendosi il volto col mantello, proprio ai piedi della statua di Pompeo che per tutto quel tempo mand sangue, il grande Cesare cadde. Oh, che caduta fu quella, miei concittadini! Allora io, e voi, e noi tutti cademmo, mentre il tradimento sanguinario trionfava su di noi. Oh, ora voi piangete, e sento che provate la forza della piet. Queste sono lacrime giuste. Anime gentili, perch piangete solo a guardare la veste ferita del nostro Cesare? Guardate qui! Qui c lui stesso, sfigurato, come vedete, dai traditori. PRIMO PLEBEO Oh, spettacolo pietoso! QUARTO PLEBEO Oh, nobile Cesare! TERZO PLEBEO Oh, tristissimo giorno! QUINTO PLEBEO Traditori! Canaglie! PRIMO PLEBEO Oh, vita sanguinosa! QUARTO PLEBEO Avremo vendetta TUTTI Vendetta! Cominciamo! Cercate! Bruciate! Incendiate! Uccidete! Ammazzate! Neanche un traditore deve sopravvivere. ANTONIO Aspettate, concittadini. PRIMO PLEBEO Fermi l! Ascoltate il nobile Antonio. QUARTO PLEBEO Lo ascolteremo, lo seguiremo, moriremo con lui. ANTONIO Buoni amici, dolci amici, non fate che vi scateni a una cos improvvisa fiumana di rivolta. Coloro che hanno compiuto questo atto sono uomini donore. Quali rancori personali essi avessero, ahim, io non lo so, che li hanno spinti a compierlo. Sono

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saggi e onorevoli, e vi risponderanno, non c dubbio, con le loro ragioni. Io, non vengo, amici, a rubarvi il cuore. Io non sono un oratore, come lo Bruto, ma, come tutti voi mi conoscete, sono un uomo semplice e rozzo, che ama il suo amico; e questo lo sanno molto bene quelli che mi hanno dato licenza di parlare pubblicamente. Perch non ho n ingegno, n parole, n capacit, n gesti, n espressione, n potere di discorso per smuovere le passioni degli uomini; io parlo solo come mi viene. E vi dico ci che voi stessi sapete, vi mostro le ferite del dolce Cesare, povere povere bocche mute, e chiedo loro di parlare per me. Ma se io fossi Bruto, e Bruto Antonio, allora ci sarebbe un Antonio che vi scatenerebbe lanima, e ad ogni ferita di Cesare darebbe una lingua che muoverebbe le pietre di Roma allinsurrezione e alla rivolta. TUTTI - Noi ci rivolteremo! PRIMO PLEBEO Incendieremo la casa di Bruto. TERZO PLEBEO Via, allora! Andiamo a cercare i cospiratori. ANTONIO Ascoltatemi ancora, concittadini. Lasciatemi parlare. TUTTI Silenzio, ehi! Ascoltiamo Antonio, il nobilissimo Antonio. ANTONIO Ma come, amici, state andando a fare non sapete cosa. Perch Cesare ha meritato fino a questo punto il vostro affetto? Ahim, voi non lo sapete: devo dirvelo io, allora. Avete dimenticato il testamento di cui vi ho parlato. TUTTI Verissimo! Il testamento! Fermiamoci, sentiamo il testamento. ANTONIO Ecco il testamento, e qui sotto c il sigillo di Cesare. A ciascun cittadino romano egli d, a ciascun singolo uomo, sessantacinque dracme. QUARTO PLEBEO Nobilissimo Cesare! Noi vendicheremo la tua morte. TERZO PLEBEO Oh, regale Cesare! ANTONIO Ascoltatemi con pazienza. TUTTI Silenzio, ehi! ANTONIO E in pi, vi ha lasciato tutti i suoi giardini, i pergolati, e gli orti appena piantati, da questa parte del Tevere; li ha lasciati a voi, e ai vostri eredi, per sempre: pubblici parchi per passeggiare dove vi va di divertirvi. Questo era Cesare! Quando ne verr un altro uguale?

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PRIMO PLEBEO Mai, mai! Venite, andiamo, andiamo! Bruceremo il suo corpo nel sacrario, e con i tizzoni incendieremo le case dei traditori. Prendete il corpo. QUARTO PLEBEO Trovate il fuoco. TERZO PLEBEO Sradicate le panche. QUINTO PLEBEO Sradicate gli stipiti, le imposte, ogni cosa. ANTONIO E ora, che tutto faccia il suo corso. Male, sei scatenato, prendi la strada che vuoi. (Dal Giulio Cesare di William Shakespeare, Garzanti, 1998, atto terzo, scena seconda, pp.111-123). Giulio Cesare fu pubblicato, per la prima volta, nella raccolta completa, o quasi, delle opere di Shakespeare nel 1623. Il dramma and in scena nel 1599 inaugurando il nuovo teatro della compagnia, il famoso The Globe. La fonte principale dellopera costituita dalle Vite di Plutarco che Shakespeare selezionava, per poi usare nelle sue opere, andando alla ricerca di conflitti esemplari che potevano risultare ancora attuali se rivisitati alla luce del confronto, in termini politici, tra Cinque e Seicento, tra una visione monarchica, ritualistica, cerimoniale, che reclamava linvestitura divina del capo, e quindi la legittimazione metafisica del potere, e una visione per cos dire repubblicana, e quindi laica del potere, con legittimazione da parte del popolo e dei suoi rappresentanti. Giulio Cesare incentrato sul contrasto tra lordinamento repubblicano, vigente a Roma da quasi cinque secoli, e la tendenza autoritaria e monarchica, rappresentata prima da Cesare e poi dai suoi successori. Il dramma inizia con la vittoria di Cesare, a Munda (in Spagna), nel marzo del 45 a.C., sui figli di Pompeo. Il popolo intende acclamare il vincitore ma viene in questo impedito dai tribuni che in ci scorgono il primo manifestarsi della monarchia. Ed proprio questo pericolo che la congiura repubblicana vuole eliminare con luccisione di Cesare. Uccisione, perpetrata da Bruto e Cassio, che dovrebbe consentire lo stabilizzarsi e il rafforzarsi del governo repubblicano. Ma ci non accade. Nel terzo atto assistiamo infatti al trionfo del cesarismo incarnato da Antonio che, con la sua orazione, conquista il

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favore del popolo trascinandolo con s contro i repubblicani. I tempi sono maturi per lImpero. Giulio Cesare un dramma della politica, della retorica della politica, e quindi della forza della parola attraverso cui si fa la storia23. Un mirabile esempio di eloquenza pubblica i cui contenuti sono organizzati in una trama di proposizioni orchestrata in modo da portare lascoltatore ad aderire al progetto politico, assiologico del suo autore, ossia Antonio. Antonio infatti con la sua parola riesce a cambiare il corso della storia. Si tratta di una clamorosa dimostrazione della funzione storica dellatto di parola. [] Shakespeare conferisce centralit allazione della parola: la parola che cambia la storia, la parola che recitazione, teatro delle passioni, allocuzione diretta ad un pubblico (il popolo) su cui si prova e si ottiene, o si perde il potere politico24. E il dramma della persuasione, persuasione che si esercita sul popolo. Dapprima infatti i tribuni convincono questultimo a non celebrare Cesare; quindi Cesare, rifiutando per tre volte la corona dalloro (offertagli in occasione dei Lupercali25), persuade il popolo della sua fedelt alla repubblica; poi Bruto lo convince che la morte di Cesare era necessaria per salvare la repubblica; Antonio, infine, lo persuade dellonest e della generosit di Cesare. Del resto la storia non fatta di programmi razionali, quanto di persuasioni, effettuate affinch gli altri aderiscano al proprio modello del mondo26. Ed esattamente quanto Antonio riesce a fare nel terzo atto. Abilmente, in modo indiretto, egli porta il popolo a seguirlo nei suoi piani, senza che per questultimo si renda conto di essere agito, di non essere altro che uno strumento manovrato dalla sua parola. Un parola che si muove in una rete di ellissi, insinuando, suggerendo, senza mai negare apertamente (pur essendo questo il suo fine), che laccusa di essere ambizioso, rivolta da Bruto a Cesare, per giustificare il suo atroce delitto, non altro che una tremenda bugia.

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A. SERPIERI, Prefazione, in W. SHAKESPEARE, Giulio Cesare, Milano, Garzanti, 1993, XLVI. 24 Ivi, XLIII. 25 Festa della fertilit. 26 A. SERPIERI, Prefazione, in W. SHAKESPEARE, Giulio Cesare, op. cit., XLI.

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Lorazione inizia con uninvocazione che sfrutta la funzione fatica. Antonio avvicina a s il popolo qualificandolo come amico. Cosa che poi continuer a fare nel corso di tutta lorazione. Amici, romani, concittadini, prestatemi orecchio. La frase che segue di tipo gnomico, proverbiale. E allude allingiustizia che, nello specifico, stata commessa nei confronti di Cesare. Il male che gli uomini fanno sopravvive loro, il bene spesso sotterrato con le loro ossa. Cos sia di Cesare. Antonio accetta, intendendo implicitamente il contrario, che anche Cesare sia oggetto di ingiustizia. In realt lintera orazione si realizza attraverso una serie di affermazioni che vengono poi capovolte nel loro opposto. Continuamente Antonio dice di non intendere ci che per, in realt, le sue parole vogliono comunicare. Il piano di Antonio quello di condurre il popolo dalla sua parte senza che questo ne abbia la percezione. E lo fa ricorrendo, oltre che alla funzione fatica, a quelle emotiva e conativa. Lobiettivo principale, da cui muove lintero discorso, , ripeto, la demolizione dellaccusa mossa da Bruto: Cesare era un uomo ambizioso. A questa affermazione egli avvicina contrapponendola quella secondo cui Bruto un uomo donore. Per farlo Antonio ricorre alla ridondanza, alla ripetizione. Egli cio ossessivamente ripete che Bruto un uomo donore. Una considerazione che perde completamente la sua consistenza allinterno di unargomentazione che, con prove schiaccianti, quali il rifiuto di Cesare a indossare la corona e il suo testamento al popolo, dimostra inequivocabilmente come Cesare fosse in realt un generoso amico del suo popolo (Quando i poveri hanno pianto, Cesare ha pianto; lambizione dovrebbe essere fatta di pi dura stoffa) che amava, tanto da farlo suo erede, e come quindi Bruto fosse tuttaltro che un uomo donore. Una proposizione questultima, ossia uomo donore, che nella sua quasi ridicola e ossessiva ripetizione perde di senso. Per diventare fastidiosa alle orecchie del popolo che, stanco di ascoltare una simile fandonia, spontaneamente la rifiuta e la rovescia (Quelli erano traditori. Uomini donore!. Erano canaglie, assassini!). Esempio dellabilit di Antonio nellincitare il popolo allazione, nello smuoverlo dalla sua cecit lespressione: bestie brute. Loriginale inglese infatti brutish bests. Una paronomasia, ossia

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un gioco di parole basato sulla somiglianza fonetica, fra brutish e brutus che viene cos associato a bestie. Il messaggio chiaro e terribile. Non solo moralmente, sposando la causa di Bruto, assassino di Cesare, il popolo divenuto bestiale ma anche politicamente stando dalla parte di un bruto. Lorazione un sottile gioco di negazioni, adescamenti, ipotesi, emozioni in cui Antonio d sempre limpressione di essere trascinato ben al di l di quanto vorrebbe dire e fare, sia dalla sua incoercibile emozione, sia dallemozione, non controllabile da lui, del popolo. Antonio sembra alla deriva nel flusso della storia, mentre, in realt, la sta costruendo mattone su mattone. Le sue parole sono sassi27. La litote (letteralmente negazione del contrario) la figura principe di questa orazione. Una sorta di negazione apparente per veicolare un senso che Antonio finge di celare: TUTTI Il testamento! Il testamento! Vogliamo sentire il testamento di Cesare! ANTONIO Abbiate pazienza, gentili amici; non devo leggerlo. Non opportuno che sappiate quanto Cesare vi amava. In questo caso Antonio chiede al popolo di essere paziente quando, in realt, tutta la sua argomentazione intesa a renderlo impaziente, a indurlo a ribellarsi. Ci che Antonio vuole scatenare la furia del popolo facendo appello alla sua emotivit, trascinandolo in una spirale di emozioni sempre pi intense. Alla litote fa seguito unaltra figura, la preterizione che si inscrive sempre in questo sottile gioco di detto e non detto. La preterizione consiste nellaffermare che non si parler di un argomento che invece viene brevemente schizzato (esempio tratto dal discorso comune: meglio evitare di parlare della sua arroganza). Nello specifico Antonio dice proprio ci che non sarebbe opportuno rivelasse e cio quanto Cesare amasse il suo popolo. Come anche nellaffermazione seguente: bene che non sappiate che voi siete suoi eredi. La parola di Antonio si fa sempre pi accesa, pi intensa, pi ricca di passione. Come lo testimonia la forza dellossimoro: Ho paura di far torto a quegli uomini donore i cui pugnali hanno trafitto Cesare. Ossimoro per il contrasto paradossale che si crea tra lessere uomini donore e il macchiarsi dellomicidio di Cesare.
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R. GIANNETTA ALBERONI, Lera dei mass media. Note sociologiche sulla storia delle comunicazioni di massa, Milano, COOPLI IULM, 1989, p.84.

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Ed ecco che Antonio riesce in quanto desiderava. La folla dalla sua parte, parte della sua passione e spontaneamente chiama traditori quelli che fino ad ora ironicamente erano stati definiti uomini donore. Lironia, dal greco eironia, ossia finzione, infatti laltra figura, oltre alla litote e alla preterizione, che impronta di s lintera orazione. Anchessa infatti intendendo lopposto di ci che afferma si muove tra il detto e il non detto. Allude a altro rispetto a ci che sostiene. Invita ad andare sotto la superficie delle cose, a non fermarsi alla comodit delle abitudini. Ad assumere un atteggiamento critico rispetto al reale. La parola di Antonio azione. Azione che guida i comportamenti del popolo direttamente se avete lacrime, preparatevi a versarle ora e indirettamente quando gli viene chiesto leggi il testamento!. In questultimo caso infatti non Antonio a chiedere di poterlo leggere, ma lui ad indurre, sotterraneamente, il popolo a formulare tale richiesta. Lesposizione del mantello di Cesare squarciato dalle pugnalate di Cassio, Casca e Bruto costituisce un momento intensamente drammatico. Il mantello diventa infatti testimone di un atroce delitto, reliquia e simbolo di Cesare, simulacro della sua magnificenza. La colpa di Bruto ancora pi grave e infamante rispetto a quella degli altri cospiratori. Bruto, dice infatti Antonio, era langelo di Cesare, Cesare lamava e quando lo colp, quando Cesare vide vibrare il colpo, lingratitudine, pi forte delle armi dei traditori, lo vinse del tutto. Il quadro perfettamente reso in tutta la sua drammaticit attraverso luso delliperbole che evidenzia la scelleratezza di una simile azione delittuosa: allora scoppi il suo cuore possente, e, coprendosi il volto col mantello, proprio ai piedi della statua di Pompeo che per tutto quel tempo mand sangue. La brutalit dellomicidio ulteriormente richiamata dal volto sfigurato di Cesare. Shakespeare, di solito usa il verbo to mar in riferimento ad oggetto simbolico, a discorso, a scrittura, al creato in quanto scrittura di Dio, ecc. Quindi qui di particolare rilievo: Cesare il segno del cosmo simbolico. Tale verbo poi non usato con la preposizione che gli

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propria, ossia con il complemento dagente by ma con la preposizione del complemento di compagnia with: la figura segnica di Cesare morto porta inscritti (in compagnia) gli sfregi dissacranti dei traditori, scarabocchi, appunto, su quella che resta lunica figura simbolica, garante del Senso per il mondo. Il Senso per il mondo nella concezione piramidale del codice medievale: il Re il vertice della piramide. Vertice unto da Dio28. Ed questa caduta, la caduta del vertice simbolico, che significa lespressione: il grande Cesare cadde. Oh, che caduta fu quella, miei concittadini! Allora io, e voi, e noi tutti cademmo, mentre il tradimento sanguinario trionfava su di noi. A chiusura di un discorso in cui la retorica ha dato prova delle sue capacit, Antonio sembra quasi fare il verso a Socrate affermando: perch non ho n ingegno, n parole, n capacit, n gesti, n espressione, n potere di discorso per smuovere le passioni degli uomini; io parlo solo come mi viene. Antonio cio, come il grande filosofo greco finge di non sapere, usa leironeia, la finzione, la simulazione. In tutta la sua orazione ha finto di non dire, ha giocato con le parole spostandole dal piano dei significati visibili a quello del senso figurato. Ha alluso a verit altre, ha costretto i suoi interlocutori a andare oltre le loro opinioni fino a ribaltarne completamente il punto di vista. Nobilissimo Cesare! Noi vendicheremo la tua morte. Venite, andiamo, andiamo! Bruceremo il suo corpo nel sacrario, e con i tizzoni incendieremo le case dei traditori. Prendete il corpo Questo quanto ora il popolo desidera. Questo quanto determinato a fare. Perch, come aveva detto Antonio, voi non siete legni, non siete pietre, ma uomini; ed, essendo uomini, ascoltare il testamento di Cesare vi infiammer, vi render folli. E in effetti proprio cos. Il popolo sente, scosso dalla passione e, sottoposto a un simile bombardamento di emozioni, non pu che accendersi, infiammarsi della stessa rabbia, della stessa sete di vendetta che gli stata iniettata da parole, da immagini tanto forti. QUARTO PLEBEO Nobilissimo Cesare! Noi vendicheremo la tua morte.

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Ivi, p.95-96.

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Lorazione di Antonio quindi emblematica della capacit di persuasione posseduta dalla parola. Una parola che riesce a muovere le persone attraverso quegli strumenti che la retorica ha messo a disposizione delluomo nel corso di secoli di riflessioni sulla lingua.

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